Ali di rondine.

di Shakechan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dio vegli su di lui! ***
Capitolo 2: *** La fortuna non è dalla nostra. ***



Capitolo 1
*** Dio vegli su di lui! ***


Spero che l’inizio di questa fic non vi annoi. (°w°)’’  Giuro che si evolve in modo molto movimentato.

Lasciatemi un commento per farmi sapere cosa ne pensate!

Più o meno metterò il secondo capitolo fra un mesetto!

Buona lettura!

 

-Dio vegli su di lui!

 

 

“E’ tutto qui quello che sapete fare?!” Gridai per poi sputare a terra del sangue misto a saliva iniziando a mischiarsi col putridume della terra.

Una decina di ragazzi rantolavano a terra, borbottando parolacce e varie maledizioni.

“Ci vendicheremo…” Mugugnò un ragazzo con una profonda cicatrice sul sopracciglio, mentre mi guardava sprezzante.

Luridi cani.

 “Non fatevi mai più vedere davanti a me.”  Dissi prima di girarmi e uscire da quel fetido vicolo del paese.

Misi le mani nelle tasche anteriori dei Jeans per nascondere le nocche sbucciate e sanguinati. Una volta uscito dal vicolo mi mescolai tranquillamente con i passanti.

Dannazione, se Leonardo scopre che ho nuovamente fatto a botte, mi rifilerà un'altra delle sue infinite prediche.

Mentre percorrevo le  strette strade del paese, un forte rintocco dell’orologio della chiesa vicina, mi fece capire che ormai era mezzogiorno.

“Diamine!” Iniziai a correre più velocemente che potevo, evitando abilmente i passanti.

Cavolo, quei tizzi mi hanno trattenuto più del dovuto!

Una motoretta con dietro un carretto pieno di mele, occupava la maggior parte della ripida stradina.

Senza rallentare mi lanciai in avanti, afferrando dall’alto una spranga di ferro reggente una lanterna.

Presi abbastanza slancio per tuffarmi in avanti e superare il carretto, facendo prendere un colpo al conducente.

“Dannazione a te, Ezio!” Gridò l’uomo fermandosi in mezzo alla strada per agitare furiosamente i pugni contro di me.

“Mi scusi signor Pietro ma vadodi fretta!” Gli urlai di rimando senza voltarmi ne fermarmi.

Uscii dalla piccola stradina, ritrovandomi in un enorme piazza piena di persone che curiosavano nei vari mercatini intorno. In fondo alla piazza troneggiava un enorme chiesa con un campanile così alto che sembrava volesse sfidare il cielo.

Cavolo è vero! Oggi è lunedì e c’è il mercato!

Allertai tutti i miei sensi e abilmente iniziai ad evitare le persone che si paravano davanti alla mia strada, tra giravolte, tagli (Intendo brusche frenate con cambi di direzione improvvisi) e salti, riuscii raggiungere l’ingresso della chiesa.

Silenziosamente e lentamente mi affacciai con la testa all’entrata della struttura.

Nessuno in vista. Bene.

Non appena provai a entrare una voce alla mia destra mi paralizzò per la sorpresa.

“Sei in ritardo di otto minuti Ezio.” Disse suor. Maria osservando il suo orologio da polso per poi coprirlo nuovamente con la sua veste nera, tipica delle suore.

“Ah! Ma ho una spiegazione molto valida per il mio ritardo!” Iniziai a dire sforzandomi di trovare una scusa credibile.

“Oh, bene. Sentiamo allora! Hai salvato un neonato da una casa in fiamme anche oggi oppure un qualche animale parlante come la settimana scorsa ti ha fatto perdere la strada?” Domandò la suora incrociando le braccia e alzando un sopracciglio.

“Bhè vede…” Iniziai a dire.

Pensa Ezio… PENSA!

Il mio sguardo si posò su una carta di caramella calpestata sul pavimento, vicino al piede della suora.

“Ho aiutato a pulire le strade.” Dissi velocemente per poi sorridere nervosamente.

“Tu che pulisci? E da quando?” Domandò la suora scettica.

“Eheh… Ma come Suor. Maria! Non lo sa che io sono un gran lavoratore?” Domandai mentre lentamente aggiravo Suor. Maria per dirigermi verso la porta alle sue spalle.

“Sinceramente? No. Scommetto che hai fatto a botte con qualche disgraziato, non è vero Ezio?” Chiese La donna afferrandomi le mani e vedendo le ferite.

Bruscamente le ritirai per nasconderle dietro la schiena.

“A botte?! Suor. Maria, lei mi offende! Non farei mai qualcosa di così avventato e stupido! Oh, credo di aver sentito qualcuno chiamarmi! A dopo Suor. Maria!” Liquidai velocemente la suora e corsi via verso la porta.

“Ezio questo tuo atteggiamento non va affatto bene! Ezio! Mi stai ascoltando?!” Mi gridò la suora mentre superavo velocemente la porta.

“Quell’Ezio mi farà impazzire…” Disse stancamente la donna sbuffando dirigendosi lentamente all’altare, dove un grande crocifissi di legno veniva illuminato dalle finestre colorate alle sue spalle.

“Oh Padre, veglia su di lui, te ne prego! Fa che non finisca mai in guai seri e riportalo sulla retta via.” La suora fece il segno della croce baciando poi il suo rosario appeso al collo.

 

Silenziosamente e abilmente mi dirigevo nelle cucine della chiesa e senza essere visto dai frati e dalle suore al lavoro, rubai una pagnotta di pane caldo.

Mmmmh… appena sfornato!

Distrattamente la infilai dentro alla tracolla bianco-sporco che mi portavo sempre dietro e con la stessa abilità di prima sgattaiolai fuori dalle cucine dirigendomi alla scala a chiocciola per salire al dormitorio.

“Ezio!” Mi chiamò un bimbetto di appena sei anni,  alto poco più di un metro e con i suoi curiosi e tondi occhi neri mi guardava rivolgendomi un sorriso bucato. Indossava una tutina di jeans con una maglietta azzurra sbiadita.

“Ciao Marco.” Lo salutai spettinandogli  i già arruffati capelli marroni.

“Ezio che ci hai portato?” Domandò un altro bambino affacciandosi dall’alto del letto a castello.

“Oh, si! Che ci hai portato Ezio?” Vari bimbi di svariate età si radunarono intorno a me saltellando eccitati e tirandomi i vestiti.

“Calmi, calmi! Ho portato qualcosa per tutti!”  Riuscii a dire mentre venivo spintonato.

“EZIO!” Un bambino biondo dagli occhi sottili di un azzurro candido e vestito con dei pantaloni da tuta neri e una magliettina grigia con sopra topolino, mi guardava dall’alto del suo letto a castello e eregendosi in tutta la sua gracilità con le braccia sui fianchi e le gambe divaricate iniziò a piegarsi all’indietro.

“Luca!” Gridai capendo ciò che aveva in mente di fare quel bambino di appena dodici anni.

“BEN TORNATO!” Con un balzo si lanciò sopra di me a braccia e gambe spalancate.

“AH!” Con i miei riflessi pronti riuscii a prenderlo ma la mia instabilità dovuta ai bambini intorno a me, mi fece cadere all’indietro.

In pochi secondi tutti i bambini, compreso Luca che mi era appena piombato addosso, mi tolsero la borsa di dosso iniziando freneticamente a farne uscire qualsiasi cosa all’interno.

“Uno Yo-Yo!” Sentii gridare con eccitazione Marco.

“Che bella macchinina rossa!” Gridò un altro bambino.

“Questo cos’è? Il vagone di un trenino? Oh! Ecco la locomofi… locotomi… la locomocifita!”

“Locomotiva, Giulio.” Lo corressi alzandomi a sedere.

“Il beniamino dell’orfanotrofio è tornato.”

Una voce alle mie spalle mi fece girare di scatto.

“Leonardo!” Lo chiamai sorridendo.

Un piede in faccia mi trascinò nuovamente a terra.

“Ho sentito che hai fatto di nuovo a botte.” Disse arrabbiato mentre strofinava il suo piede scalzo sulla mia faccia.

Come ha fatto a saperlo?! Chi glielo ha detto?!

“Non fè cofpa mia!” Provai a dire tentando di togliere il suo piede dalla mia faccia.

“Bugiardo!” Mi gridò nervosamente aumentando la pressione sulla mia faccia “Ti ho detto mille volte di non fare a botte con i ragazzi degli altri paesi!”

Sa anche che erano ragazzi di altre parti?!

Afferrai saldamente la caviglia di Leonardo e riuscendo a sollevarla ne approfittai per rotolare di lato ed infine alzarmi velocemente.

“Sono loro che mi provocano!” Mi giustificai scrollandomi energeticamente i vestiti pieni di polvere.

“Ignorali.” Disse seccamente Leonardo.

“Impossibile.” Risposi guardandolo negli occhi.

Un sospiro di rassegnazione uscì dalla bocca di Leonardo “Quando finirai in guai seri non venire a cercarmi…” mi disse girandosi per andarsene.

“Invece sarai il primo che chiamerò!” Gli dissi abbracciandolo dalle spalle.

“Ezio, questa cos’è?” Un bimbetto di quattro anni mi tirò delicatamente la camicia.

Girandomi vidi la rivista di Play Boy che avevo rubato al mercato mentre correvo verso la chiesa.

“Q-Questa non è per te!” Dissi sbrigativo afferrando la rivista e nascondendola dietro la schiena.

“Ezio…” Un aura malvagia iniziò a crescere dietro le mie spalle.

“L-Leonardo…” Balbettai girandomi lentamente verso di lui.

“Sei proprio un irresponsabile!” Un forte pugno mi colpì sulla testa, facendomi cadere a terra.

“Sequestrata!” Velocemente e furiosamente Leonardo prese la rivista che tenevo in mano e uscendo dalla stanza iniziò a strapparla rabbiosamente.

“Ma perché…?!” Borbottai massaggiandomi la testa.

“Ezio grazie dei regali!” La vocina di Luca mi riportò l’attenzione sui bambini.

“Lo sapete che se posso qualche volta i regali ve li faccio volentieri!” Dissi mettendomi a sedere.

Vidi cinque bambini intenti a mangiarsi la pagnotta di pane che avevo rubato prima.

“Aspettate! Quella non è per voi!” Gridai allungando le braccia per recuperare quel poco di pane rimasto.

“Pane?!” Altri due bambini entrarono dalla porta e scavalcandomi si aggregarono agli altri cinque.

“Insomma! Ho detto che non è per voi!” Gridai alzandomi nuovamente in piedi.

“Tranquillo Ezio, te ne abbiamo lasciato un pezzo!” Un bambino dagli occhi verdi e i capelli rossi con un faccino tondo e lentiginoso mi passò un piccolo pezzo di pane.

“…” Afferrai il pane e  senza dire niente uscii dalla stanza con una fitta al cuore.

Come potrei rimproverarli?!

Mi diressi verso una porta alla fine del corridoio del piano e aprendola mi ritrovai migliaia di gradini che scendevano e salivano.

Alzai la testa e con una sensazione di instabilità sorrisi alla maestosità dell’infinita altezza della torre del campanile.

Fantastica!

Riportando lo sguardo davanti a me ripresi l’equilibrio e iniziai a correre salendo le scale, alle volte saltavo due o più gradini.

Ci sono quasi…

Con il fiatone e le gambe doloranti, piegato in avanti appoggiai una mano sulla parete di destra per sorreggermi  e strusciando le mie dita sulla fredda pietra, salii gli ultimi gradini raggiungendo il campanile.

Guardai con occhi sognanti il panorama che mi si presentava.

Vedevo tutta la piazza con il mercato, più avanti le vecchie  case del paese che ammassate tra loro creavano le stradine che poco prima avevo percorso. Più in fondo scorgevo i campi di ulivi, grano e pascoli di pecore e vacche.

Strinsi gli occhi per vedere più lontano, sperando di scorgere qualcosa oltre il verde smeraldo dei prati.

Gli occhi iniziarono a lacrimarmi, deluso li richiusi facendomi sfuggire un sospiro.

Un forte vento spettinò i miei lunghi capelli castani.

Inalai profondamente e lentamente la fredda aria.

Un cinguettio alla mia destra mi ricordò del perché ero venuto lui.

Tirai fuori dalla mia tasca il pezzetto di pane che mi era rimasto e dirigendomi verso il cinguettio iniziai a masticare dei piccoli pezzi di pane.

In un angolo in alto del campanile, nascosto tra le travi, c’era un nido di paglia e rametti.

Due piccole teste spelacchiate con due gialli becchi si affacciarono nella mia direzione ed eccitati iniziarono a pigolare.

“Eccomi, eccomi.” Dissi sputando nella mia mano la poltiglia di pane.

Arrampicandomi sula ringhiera del campanile raggiunsi il nido, delicatamente feci scendere la poltiglia nelle bocche degli uccellini.

“Quanta fame…” Bisbigliai sorridendo.

Gli uccellini continuarono a cinguettare mentre scendevo lentamente dalla ringhiera una volta che finii il pane.

Lanciai un ultimo sguardo al panorama osservando le rondini che volavano leggere nell’aria.

Un giorno sarò libero anche io.

A passo veloce scesi le scale fino a tornare al piano del dormitorio.

“Eccoti finalmente!” Mi gridò Leonardo afferrandomi a sorpresa il braccio.

“Eh?” Chiesi confuso.

“E’ pronto il pranzo! Stanno tutti a tavola! Manchiamo solo noi due!” I rimproveri di Leonardo mi facevano sempre scappare un sorriso.

Sarà che è l’unico insieme a Suor. Maria a preoccuparsi ancora per me.

Velocemente e in poco tempo raggiungemmo la mensa silenziosa, dove tutti pregavano davanti ai loro piatti di minestra.

Leonardo ed io ci dirigemmo quatti e silenziosi come ladri verso i due posti in fondo, dove solitamente ci sedevamo.

“Amen!” Urlò Don. Donatello a capotavola.

“Amen!” Ripeterono in coro frati, suore e bambini ai tavoli, iniziando a creare il suono rumoroso del cucchiaio che sbatte contro il fondo del piatto di ceramica della minestra.

“Amen!” Ripetemmo in coro io e Leonardo afferrando poi i cucchiai.

Prima che potessi infilare in bocca la prima cucchiaiata di minestra, Leonardo mi strattonò il bordo della camicia.

“Che c’è Leonardo? Ho fame, quindi sbrigati!” Gli dissi bruscamente rivolgendogli lo sguardo.

“Tieni…” Da una mano di Leonardo spuntava una pallina stropicciata di giornale, tenuta a bada da qualche pezzo di nastro adesivo.

“Che cos’è?” Chiesi afferrando il pacchetto per esaminarlo da vicino.

“Il tuo regalo di compleanno… oggi fai diciotto anni, no?” Disse Leonardo senza guardarmi in faccia.

Rimasi stupito. Neanche io mi ero ricordato che oggi era il mio compleanno.

Bhè, teoricamente nessuno sapeva quando fossi nato, oggi era solo il giorno in cui i preti mi trovarono quando fui abbandonato davanti alla chiesa.

Notai che le guancie di Leonardo si stavano arrossando.

Sorrisi e iniziai a scartare l’involucro.

Dopo una faticosa sfida tra me, il nastro adesivo e la carta di giornale, riuscii ad arrivare al fondo del pacchetto.

Una luccicante piastrina con disegnata sopra una rondine era attaccata a una doppia catenella d’argento.

Caspita! Quanto gli sarà costata?!

Con occhi sgranati guardai Leonardo.

“Ti piace?” Mi chiese rivolgendomi un timido sguardo.

Non dovrei accettarla…

“Leonardo…” iniziai a dire.

“Me l’hanno trovata addosso quando i frati mi hanno preso.” Iniziò a dire Leonardo interrompendomi “Sono felice di poterla donare a te Ezio… Sei il mio migliore amico e spero che un giorno tu possa essere libero proprio come la rondine disegnata sopra a questa piastrina.” Leonardo mi guardò negli occhi e teneramente mi sorrise.

Strinsi il ciondolo nella mia mano.

“Grazie Leonardo.” Gli sorrisi a mia volta.

“Bene! E ora si mangia!” Disse allegramente affondando il cucchiaio nella minestra.

Misi il ciondolo nella tasca dei Jeans e iniziai a mangiare.

Una volta che tutti finirono di mangiare le suore diedero il permesso ai bambini di andare a vedere il mercato.

“Ma solo se insieme a voi ci saranno anche Leonardo ed Ezio!” Disse Suor. Maria.

Tutti e dieci i bambini dell’orfanotrofio ci guardarono con occhi da cuccioli.

Per faaavoooreee…” Dissero in coro.

“E va bene…!” Risposi seccato, distogliendo lo sguardo.

Entusiasti i bambini saltarono di gioia per poi iniziare a correre fuori dalla chiesa.

Leonardo mi sorrise ed insieme ci dirigemmo verso la piazza.

Seduti su una panchina di legno malandata io e Leonardo osservavamo i bambini da lontano.

“Non ti metti il ciondolo…?” Iniziò a dirmi Leonardo.

“Dopo.” Risposi seccamente.

“Ora.” Rispose velocemente.

“No.”

“Si.”

“Perché?”

“Perché si.”

“…”

Maledetto! E poi sarei io il prepotente!

Sbuffai e tirai fuori dalla tasca il ciondolo, lo misi al collo senza fatica.

“Felice?” Chiesi ironico a Leonardo incrociando le braccia al petto.

“Molto!” Mi rispose Leonardo sorridendo.

Arrossii, poi sentii un rumore alle mie spalle.

Velocemente mi alzai e con passo deciso andai verso una stretta stradina dietro la panca.

“Dove vai?” Mi chiese Leonardo allarmandosi.

“Da nessuna parte, controlla i bambini.” Risposi sbrigativo girando l’angolo.

Attraversai il lungo vicolo sterrato.

Dove diavolo sono…? Che sia stato solo un gatto?

Un lancinante dolore alla testa mi buttò a terra senza darmi il tempo di capire cosa fosse successo.

“Te lo avevo detto che me l’avresti pagata!”

Con lo sguardo che a poco a poco si annebbiava riconobbi il ragazzo con la cicatrice sul sopracciglio con cui avevo fatto a botte.

“C-Cosa vuoi…?” Domandai debolmente sentendo qualcosa di viscido e caldo colarmi dalla testa.

“Mai sfidare i ragazzi di città, campagnolo del cazzo!” Disse lui sputando a terra e alzando la spranga di ferro che stringeva nella mano.

Merda. Si, mi trovo proprio nella merda…!

“Bastardo…” Biascicai tentando debolmente di alzarmi facendo forza sulle braccia.

Un calcio alle costole mi rispedì a terra, smorzandomi il fiato.

“Non così in fretta campagnolo. Prima ti restituirò tutte le botte che mi hai dato questa mattina, più gli extra!” Una sadica risata proferì dalla sua bocca iniziando poi a calciarmi con forza sull’addome.

Sentii le costole piegarsi ad ogni colpo ed io non riuscivo a fare altro che raggomitolarmi per proteggermi e tossire ad ogni colpo.

Maledizione… di questo passo…

Crack!

Un dolore lancinante proveniente dal petto mi fece uscire un grido smorzato.

La costola… cazzo...!

“Ahahaha! Al campagnolo si è rotta una costola!” Gridò impazzito il ragazzo per poi fermarsi di colpo e iniziando a guardarmi con sguardo sadico “Ora tocca alle gambe…!”

Pazzo! Questo ragazzo è impazzito!

Il cuore mi batteva all’impazzata per la paura.

Ancora una volta tentai di alzarmi, tremante ricaddi a terra per il dolore all’addome.

“Di ciao, ciao alla gamba destra!” Mentre il ragazzo alzava la spranga di ferro io serrai gli occhi, preparandomi psicologicamente al dolore.

“NO!” Un grido disperato me li fece riaprire.

Vidi Leonardo afferrare la spranga di ferro mentre il ragazzo con la cicatrice sul sopracciglio, stupito si girava verso di lui.

Leonardo?! Cosa ci fa qui?!

“Leonardo… vattene…!” Provai a gridare, ma il risultato fu solo un tremante e quasi incomprensibile sussurro.

“Levati dalle palle!” con uno strattone il ragazzo spinse Leonardo, facendolo cadere.

Lo vidi cadere a terra e sbattere la testa.

Leonardo!

“Torniamo a noi due…! E se invece delle gambe ti colpissi in faccia?” Il ragazzo orami aveva uno sguardo folle. Sollevò la spranga.

Forse avrei dovuto ascoltare i consigli di Leonardo e Suor. Maria… ma ormai è tardi per pentirmi.

Strinsi gli occhi.

Sentii un Crack seguito dalla sbarra metallica che rimbalzava rumorosamente a terra.

Aprii lentamente gli occhi, la vista annebbiata non mi permetteva di vedere bene.

Il ragazzo che poco prima aveva tentato di uccidermi adesso era immobile davanti a me.

Si inginocchiò per poi cadere a poca distanza da me.

La sua faccia, davanti alla mia, iniziò a riempirsi di caldo sangue scarlatto.

Che diavolo…?

Alzai lo sguardo vedendo Leonardo con gli occhi sgranati mentre lasciava cadere a terra un masso sporco di rosso.

“L’ho ucciso…” Disse senza alcun tono.

Merda.

Tentai di alzarmi nonostante il dolore lancinante al petto.

“Leonardo…” Lo chiamai quasi con un sussurro.

Il suo volto sempre sorridente adesso era un volto di pietra privo di emozioni.

Piccole lacrime rigarono il suo viso mentre mi rivolgeva il suo vuoto sguardo.

“Va tutto bene Leonardo. Risolveremo tutto…”

Ma cosa diavolo dico?! Quel tipo è MORTO! È ovvio che non va tutto bene! Non posso mica resuscitarlo!

Leonardo assunse un espressione sofferente e iniziando a singhiozzare mi fece cenno di si con il capo.

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Capitolo 2
*** La fortuna non è dalla nostra. ***


Gente, sono veramente dispiaciuta per il ritardo del capitolo! Ho scritto parecchio in compenso! Spero che il capitolo vi aggradi! Buona lettura!

 

 

CAP 2

 

 

-La fortuna non è dalla nostra.

 

 

“Leonardo… mi devi aiutare…” Dissi faticosamente appoggiandomi con la schiena al muro della via.

Una violenta tosse mi fece sputare del sangue e mi sentii una fitta così forte al petto che pensai che un pugnale si era appena conficcato nel mezzo.

Merda…

“Ezio!” Preoccupato Leonardo si avvicinò a me piegandosi per aiutarmi

“Come ti senti?” Mi chiese trattenendo faticosamente i singhiozzi dovuti al pianto.

“Ho avuto momenti migliori…” Risposi tossendo nuovamente e stringendo la mano al petto per il dolore “Ascoltami Leonardo… dobbiamo prima di tutto nascondere il cadavere e le armi…” Iniziai faticosamente a dire, ad ogni respiro mi sembrava di essere pugnalato.

“Ma cosa stai dicendo?! Dovremmo dirlo a Suor. Maria e Don Donatello! Loro ci aiuteranno sicuramente e…”  Lo interruppi mettendogli una mia mano sulla faccia “Ci aiuteranno solamente ad andare in galera… adesso devi fare come ti dico…!” Debolmente ritrassi la mia mano dal suo volto.

Non riesco neanche a respirare decentemente…

“Devi aiutarmi a nascondermi  in un fienile dei campi, nasconderemo li anche il cadavere e le armi…” mi fermai per riprendere fiato “… Quando sarà notte butteremo il masso e la spranga in un fiume… il corpo lo seppelliremo sotto a un capanno di fieno e ricopriremo la terra con una zolla di fieno…” Tossì altro sangue e aggrappai con forza la mia camicia nel punto dome mi doleva il petto.

“Ezio…!” Mi chiamò Leonardo allarmato.

“Sto bene… adesso tu dovrai riportare i bambini alla chiesa… devi dire a Suor. Maria che non rientrerai per venire a cercarmi…”

Cavolo, non riesco più a vedere nulla…

Vaghe sagome nere si stagliavano davanti a me.

“Ma Ezio…” Provò a protestare tremante Leonardo mentre continuava a singhiozzare.

“Appena ti calmi e smetti di piangere andrai in piazza… cerca di non destare sospetti…” Gli dissi stringendo gli occhi per il dolore.

“Se ci riesci prima ruba qualche scorta di cibo dalla mensa… ce ne andiamo stanotte…” Le mie parole fecero strabuzzare gli occhi a Leonardo.

“Ezio, forse dovremmo solo parlare alla polizia di ciò che è successo… la nostra era solo autodifesa… no?” Mi domandò ricominciando a piangere più forte.

Piccolo stupido…

“Ciò che vedranno i poliziotti sarà solo un ricco ragazzino ucciso da due straccioni orfani!” Avrei voluto urlarglielo ma il dolore al petto me lo impedì e poco a poco le forze mi abbandonavano.

“Leonardo ora vai dai bambini prima che ci cerchino…” Gli ordinai quasi in un sussurro.

Con sguardo addolorato Leonardo si mise in piedi e energeticamente strofinò il braccio sul volto, pulendosi dalle lacrime.

“Cercherò di fare in tempo!” Mi disse correndo via.

Sorrisi pulendomi debolmente il rivolo di sangue che scendeva dall’angolo della mia bocca.

Forse morirò dissanguato per emorragia interna prima di stanotte… NO! Non posso morire… devo rimanere vicino a Leonardo…

Le palpebre dei miei occhi si fecero pesanti, la testa mi cadde distrattamente sulla spalla.

Vidi la pozza di sangue che continuava ad affluire dalla testa di quel bastardo figlio di papà.

Se avessi avuto le forze probabilmente gli avrei sputato ma dato che non ne avevo chiusi gli occhi facendomi abbracciare dalla vuota e fredda oscurità.

Un rumore vicino a me mi destò dal mio sonno.

Una flebile luce illuminava un indistinta sagoma di qualcuno che scavava, i miei occhi ancora erano annebbiati e non riuscii a vede nulla di più.

Che luce fastidiosa…

Pigramente richiusi gli occhi e mi riaddormentai.

Una luce accecante mi colpì l’occhio destro.

Lentamente cercai di coprirmi il volto con il braccio destro, sentendo una fitta al petto che mi svegliò totalmente riportandomi alla mente tutto il gran casino successo.

“Gh!” Dissi dolorante aprendo gli occhi.

Ero dentro a un comodo letto bianco, allarmato mi alzai di scatto sentendo un’altra fitta.

Il mio sguardo cadde sui miei vestiti, avevo uno scolorito pigiama azzurro, la camicia aveva qualche bottone mancante e seguendo con lo sguardo la catenina che mi aveva regalato Leonardo, intravidi delle fasciature sul mio petto.

Ma che diavolo…

Allarmato iniziai a guardarmi intorno.

Ero in una piccola stanza bianca con un’unica finestra sulla mia destra e una vecchia porta di legno chiusa sulla mia sinistra.

Un piccolo tavolo di legno attaccato al muro davanti al letto reggeva un cesto con qualche mela verde dentro.

Faticosamente scesi dal letto e mi diressi alla finestra.

Vidi le sporche strade della città, passanti e macchine si affollavano in esse.

Mi strofinai gli occhi e poi controllai ancora una volta fuori dalla finestra.

O santo Dio… Ma come cavolo ci sono arrivato qui?!

Lo scricchiolare della porta allarmò i miei sensi e velocemente (ma soprattutto dolorosamente) corsi dentro al letto fingendo di dormire.

Sentii dei leggeri passi entrare nella stanza mentre delicatamente l’estraneo richiudeva la porta.

Sentii i passi avvicinarsi a me e mi tenni pronto per un eventuale combattimento.

Uno spostamento d’aria vicino alla mia tempia mi fece capire che l’intruso stava per toccarmi.

Sgranai gli occhi e prontamente afferrai il polso della persona spingendola vicino a me per sferrargli un pugno in faccia.

“Ezio!” Gridò Leonardo mentre scivolava verso di me.

Per la sorpresa mi spostai con un balzo verso il bordo del letto, perdendo l’equilibrio e cadendo all’indietro.

“EZIO! Stai bene?!” Gridò preoccupato Leonardo facendo il giro del letto per raggiungermi.

“Ahi-Ahi…” Dissi massaggiandomi la schiena.

“Fiuu… per fortuna sei caduto di sedere e non di petto…” Disse Leonardo portandosi una mano al petto per il sollievo.

“Guarda che mi sono fatto male lo stesso… comunque, dove siamo?” Chiesi alzandomi con l’aiuto di Leonardo.

“Ieri ho fatto tutto ciò che mi hai detto…” Iniziò a dirmi abbassando la voce e diventando improvvisamente serio “Quando ho riportato velocemente i bambini nella chiesa ho tentato di evitare Suor. Maria ma credo che si sia lo stesso accorta del mio strano comportamento…”

Accidenti, sospettavo che Suor. Maria si sarebbe accorta di qualcosa…

“Ma senza dirmi niente mi ha dato un indirizzo su un foglietto e se ne è andata a pregare… l’ho infilato velocemente nella tasca e poi sono andato a prendere lo zaino più grande che ho trovato, riempiendolo furtivamente di cibo e bevande…”

Che Suor. Maria abbia capito che eravamo nei guai…?

“Quando sono tornato da te pensavo fossi morto…” Vidi Leonardo stringere i pugni “Per fortuna ho notato che stavi ancora respirando, ovviamente non potevo portare sia te che quel… tipo… solo con la mia forza… Così ho rubato il carretto del vecchio Pietro.”

“CHE COSA?!” Gridai per poi piegarmi in avanti per il dolore.

“Non avevo altri modi di portavi entrambi nei campi senza essere visto!” Si giustificò Leonardo con fare dispiaciuto “Vi ho caricato sul carretto insieme alle armi e vi ho coperto con un telo. La macchia di sangue che aveva creato quel… tipo…” Leonardo abbassava lo sguardo ogni volta che ricordava il ragazzo morto “L’ho lavata via con della coca-cola!”

“Coca-cola?” Chiesi stupito.

“Si, lo sanno tutti che la coca-cola contiene una sostanza ottim per togliere il sangue dall’asfalto!” Mi rispose saccente.

Per fortuna Leonardo è sempre stato un genio… Aspetta un attimo…

“Leonardo, non c’era l’asfalto in quel vicolo! Al massimo pietre e terra… ma non asfalto!” Gli feci notare.

“Comunque, ho scavato una buca abbastanza profonda nel vecchio fienile della fattoria della vecchia vedova e una volta riseppellita con il… cadavere…  l’ho coperta con quanto più fieno ho trovato.” Continuò a raccontarmi Leonardo, ignorando la mia affermazione.

Leonardo ha affrontato tutto questo da solo… per colpa MIA!

Strinsi i pugni e distolsi lo sguardo.

“Mi dispiace Leonardo… se solo… se solo avessi ascoltato i tuoi consigli…” Sentivo le lacrime agli occhi e così li stinsi più forte che potevo, sperando che così non sarebbero uscite.

Non voglio che Leonardo mi veda piangere! Devo essere forte! Devo essere forte per entrambi!

Sentii le sottili braccia di Leonardo circondarmi in un caldo abbraccio, appoggiò la sua testa sopra la mia.

“Ezio, io ti starò sempre vicino.”

Quelle parole, quelle semplici parole, invece di tranquillizzarmi rischiarono solo di farmi piangere per davvero.

“OOOOH! Noto che il paziente si è rimesso a pieno!” Gridò una donna entrando bruscamente nella stanza.

Leonardo con scatto fulmineo si allontanò da me mettendosi rigido come una statua accanto al mio letto.

Io avvampai paurosamente in volto.

“Oh? Ho interrotto qualcosa?” Ci chiese la donna con sguardo malizioso.

“N-No! Assolutamente no!” Si sbrigò a dire Leonardo agitando la testa in segno di negazione.

“Guardate che essere curiosi alla vostra età è un bene! Bisogna provare tutti gli aspetti dell’amore a mio parere!” Ci disse la donna in modo sognante e portandosi le mani al petto.

“Leonardo…” lo chiamai bisbigliando “… ma chi è questa pazza?” Gli chiesi indicando la donna, che continuava a diramarsi in argomenti sempre meno consoni per la situazione.

“E’ la dottoressa che ti ha operato, questo è il luogo indicato dal foglietto che mi ha dato Suor. Maria.” Mi rispose a tono basso.

“Esatto! Io sono colei che ti ha salvato dalla morte!” Gridò con disinvoltura la donna, posando con forza la sua mano sulla mia spalla sinistra.

“Le siamo grati del suo aiuto!Purtroppo però… non abbiamo molti soldi… ” Disse Lonardo dispiaciuto.

“Non preoccuparti! Maria è stata una delle mie compagne di avventura durante l’adolescenza! Avevo un debito nei suoi confronti, ora finalmente siamo pare.” Disse la donna con uno sguardo perso oltre la finestra, probabilmente stava rivivendo il suo passato.

“Eeeeh?! Lei conosceva Suor. Maria quando era giovane?!” Sbottai improvvisamente.

“Certo che si!” Rispose la donna “Io e lei ne abbiamo passate di cotte e di crude! Ragazzi come te ce li rimorchiavamo senza problemi!” Stacco la sua presa dalla mia spalla e iniziò a fare delle piroette nella stanza con le dita delle mani incrociate tra loro “Bei tempi, davvero bei tempi!” gridò sognante.

“… Suor. Maria che rimorchia?” sussurrai incredulo.

Nella mia mente vedevo solo Suor. Maria come una donna rigida, fissata con le regole ma soprattutto casta, pura e devota a Dio!

“Impensabile!” Dicemmo all’unisono io e Leonardo.

“Ah?! Non mi credete?! Poco conta…” Rispose la donna portandosi con una mano una ciocca dei suoi lunghi capelli castani dietro la schiena.

“Comunque sia grazie delle cure…” Iniziai a dire tentando di alzarmi dal letto “… ma io e il mio amico andiamo abbastanza di fretta. Quindi se non le dispiace…” Una forte pressione sulla mia spalle mi fece bruscamente sdraiare sul letto.

“Mi dispiace invece.” Mi disse freddamente la donna guardandomi gelidamente con i suoi occhi neri “Oggi resterai a letto a riposarti e stanotte dormirai qui. Domani vedrò come sta messa la cicatrice sul tuo addome e valuterò quando potrai abbandonare questo letto.”

“Ma…!” Provai a protestare

“Zitto e riposati!” Mi ordinò la donna stritolandomi la spalla.

“Ma lei è davvero un medico?!” Chiesi una volta che la donna mi lasciò la spalla dolorante.

“Certo che lo sono” rispose offesa “o tu non saresti qui!” continuò rivolgendomi un sorriso prima di uscire dalla stanza.

“E’ proprio una brava persona…” Osservò Leonardo sorridendomi.

“Che donna prepotente…” Dissi massaggiandomi la spalla.

“Lo fa per il tuo bene!” Disse Leonardo avvicinandosi alla cesta di mele sul tavolino.

“Tsè, Leonardo preparati, stanotte ce ne andiamo.” Lo avvisai alzandomi dal letto.

“Ma…!” Provò a protestare Leonardo.

“Prova a scappare e giuro che ti spezzerò le gambe con le mie stesse mani!” Disse sorridente la donna di prima facendo improvvisamente irruzione nella stanza.

Era ancora qui?!

“Non puoi trattenermi con la forza!” Protestai avvicinandomi a lei.

“Mh?” Fece la donna entrando nella stanza e parandosi davanti a me “Cosa credi di fare?” Mi chiese.

“Me ne vado. Leonardo vieni.” Lo chiamai voltandomi. Errore madornale.

La donna mi diede un forte pugno sulla guancia che gli avevo appena messo in bella vista.

Caddi all’indietro per la botta.

“EZIO!” Gridò Leonardo raggiungendomi.

“Non contraddirmi mai più.” Mi disse minacciosamente la donna, piegandosi su di me e alzandomi il viso con l’indice della sua mano destra.

“M-Maledetta…” biascicai.

“Chiamami pure Veronica!” Disse sorridente la donna mentre si rialzava in piedi “Ho sempre avuto un debole per i visini come il tuo ma odio chi mi contraddice. Leonardo lascio a te il compito di rimetterlo a letto.” Disse Veronica uscendo dalla stanza e richiudendo la porta alle sue spalle.

“Ezio…” Delicatamente Leonardo mi aiutò a rialzarmi e a rimettermi nel letto.

Essere battuto da una donna! Che umiliazione…

“Ezio, per favore, riposati…” Mi chiese Leonardo abbassando lo sguardo.

Sospirai all’evidenza di essere troppo debole per  fare qualsiasi cosa.

“Se ci sono problemi avvertimi… per ora mi riposerò… ne ho bisogno.” Ammisi sdraiandomi di fianco nel letto, in modo da non vedere Leonardo.

Ebbi l’impressione che sorrise.

“Si, tranquillo!” Mi rispose gentilmente.

Non appena chiusi gli occhi mi resi conto di quanto fossi realmente stanco, l’oscurità che improvvisamente mi circondò, mi avvolse totalmente in lei.

Mi addormentai di colpo, senza fare nessun sogno.

“Mh?” Aprii un occhio, la stanza era completamente buia.

La finestra alla mia destra faceva entrare la fioca luce lunare.

E’ ancora notte…

Mi misi a sedere sul letto, un peso sulla mia gambe attirò la mia attenzione.

Leonardo si era addormentato appoggiandosi al mio letto, seduto su un piccolo sgabello di legno.

Mi si strinse il cuore a quella visione.

Anche lui era stanco ma non mi sono neanche preoccupato a chiedergli come stava…

Accarezzai delicatamente i suoi sottili capelli castani.

Probabilmente non c’è un altro letto per lui… e si è dovuto accontentare dello sgabello…

“Leonardo…” Lo chiamai con un sussurro.

Nessuna risposta.

“Leonardo…” Continuai a chiamarlo, stavolta aggiunsi dei piccoli scossoni sulla sua spalla.

“Mmmh…” Mugugnò Leonardo alzando la testa.

“Vieni a dormire con me, il letto è abbastanza grande per due.” Gli bisbiglia facendogli posto.

“Ma tu stai male…”Mi rispose Leonardo per poi sbadigliare fragorosamente.

“Non ti preoccupare, vieni.” Lo incoraggiai.

Senza dire più niente, lo sentii togliersi le scarpe e salire sul mio letto.

“Mettiti dentro le coperte o ti ammalerai!” Lo avverti accarezzandogli la schiena.

“Giusto…” Mi rispose in un sussurro Leonardo iniziando a infilarsi dentro le coperte.

Ci demmo la schiena appoggiandoci di fianco sul letto.

“Buona notte.” Gli dissi richiudendo gli occhi.

“Notte…” Mi rispose pigramente.

 

“Oooooh… bambini birichini!” Una voce femminile mi destò dal mio sonno.

Aprendo pigramente gli occhi vidi Leonardo ancora addormentato stretto a me in un debole abbraccio.

Arrossi in modo così veloce, che neanche io credevo fosse possibile una velocità tale.

Spostando lo sguardo un po’ più in la, scorsi la testa di Veronica che mi sorrideva maliziosamente dal bordo del letto.

“AAAH!” Gridai facendo sobbalzare Leonardo.

“C-Che succede, Ezio?!” Gridò allarmato Leonardo ancora assonnato.

“Che tenera creaturina!” Gridò Veronica afferrando Leonardo e stringendoselo al petto.

“Eh? Che succede?!” Continuò a gridare Leonardo disorientato.

“Lo lasci andare!” Gridai minaccioso a Veronica, alzandomi più velocemente che potevo.

“Fermo, fermo… o ti aprirai la cicatrice!” Mi gridò Veronica lasciando andare Leonardo e precipitandosi da me.

“Non mi tocchi!” Sbottai quando la donna provò a toccarmi.

“Ezio…” Mi chiamò Leonardo, intento a strofinarsi gli occhi.

E’… tenero…

Arrossii per aver pensato una cosa così sciocca.

“Che c’è Leonardo? Hai fame? Scusa se ti ho svegliato!” Mi affrettai a dire riuscendo ad alzarmi e dirigendomi a passo svelto verso il cesto di mele.

“Non fa niente, piuttosto… tu come stai?” Mi chiese scendendo dal letto per sistemarsi i vestiti.

Prima che potessi rispondere, Veronica prese la parola “Sta a me decidere come sta. Ezio, siediti sul letto e togliti la camicia del pigiama.” Mi ordinò per poi posare sul letto una valigetta nera.

Che donna antipatica…

Feci come mi aveva detto e iniziò lentamente a togliermi le bende.

Una cicatrice di almeno quindici centimetri era situata in mezzo al mio petto.

“Mhh, nessuna infezione all’esterno, cicatrizzazione veloce. Qui tutto apposto!” mi disse la donna sorridendomi.

Mi scusi…” la chiamai cortesemente.

“Dimmi tesoro.” Mi rispose lei riprendendo a bendarmi il petto.

“Ma… cosa mi è successo precisamente?” chiesi.

So che mi ero rotto una costola e so anche che mi era venuta un emorragia interna… ma non ho idea di cosa abbia danneggiato la costola.

“Ti sei fratturato una costola che ha lacerato leggermente il fegato. Ho operato dopo averti fatto una tac, ora va tutto bene ma per uno o due mesetti cerca di non fare movimenti avventati.” La donna prese una siringa e una boccetta piena di uno strano liquido dalla valigetta nera.

“Che roba è?” chiesi allarmato.

“Antidolorifico, secondo te perché riesci a muoverti e a respirare senza provare dolore?” Veronica mi afferrò velocemente il braccio e mi inserì la siringa nel braccio, facendo entrare in circolo l’atidolorifico.

“Questo dovrebbe bastare per mezza giornata.” Disse la donna posando gli attrezzi nella valigetta e tirando fuori due piccoli barattolini pieni di pasticche “queste le puoi prendere solo se il dolore è insopportabile, oppure se vuoi dormire tranquillo.” Lo informò la donna dandogli sbrigativamente le boccette e richiudendo la sua valigetta.

“Sei libero di andartene insieme al tuo fidanzato.” Concluse lei dirigendosi velocemente fuori dalla stanza.

F-Fidanzato?! Ma come cavol… no! Non è questo che devo chiedere.

“Aspetti! Mi sembra strano, fino a ieri non aveva intenzione di lasciarmi andare e oggi mi da il ben servito così?! Tutto ciò è sospetto…” ringhiai minaccioso alzandomi in piedi.

“Mio caro, stupido, ragazzo.” Iniziò lei fermandosi in mezzo alla stanza e voltandosi verso di me “io sono un medico e guarire la gente è il mio lavoro, ora che stai bene non ho più motivo di trattenerti. Sei rimasto in questa clinica per quattro giorni, per quanto ancora vuoi rimanere?” mi chiese la donna con espressione seria sul volto.

Leonardo intanto non sapeva che dire, stava seduto su uno sgabello e il suo sguardo saettava preoccupato prima su di me e poi su Veronica.

“Q-Quattro giorni?!” gridai sorpreso.

Sono rimasto qui… per quattro giorni?!

“E i miei vestiti?!” gridai allarmato ricordandomi di essere in pigiama.

“Li ho tagliati e buttati. Poco male, facevano schifo.” Disse la donna facendo spallucce.

“Che cosa?!” gridai irato “e io dovrei andarmene via di qui con il pigiama?” chiesi scioccato.

“Oh no! Non lo permetterei mai!” disse la donna sconvolta “il pigiama è della clinica, ti prego di toglierlo e lasciarlo sul letto prima di andartene.” Mi disse gentilmente la donna.

Mi prende per il culo?!

“E-Ezio, non ti preoccupare… ho comprato dei vestiti più o meno della tua taglia appena ho visto che Veronica li aveva tagliati per vedere come stavi.” Mi informò timidamente Leonardo.

Lo guardai furioso “E me lo dici ora?!” gridai.

“Ma...!” provò a dire lui spaventato.

“Dove sono?” chiesi burbero.

“Ah, hem… qui… un attimo!” disse agitato Leonardo frugando frettolosamente dentro una grossa borsa verde.

“ECCOLI!” gridò felice tirando fuori una grigia maglietta a maniche corte e dei jeans scoloriti e con alcuni strappi.

Sospirai, che mi aspettavo d'altronde? Eravamo dei ragazzini, orfani, senza un soldo e in fuga da un omicidio! Che speravo? Una t-shirt colorata di qualche marca famosa e dei blu jeans appena finiti di cucire?

“Grazie Leonardo…” borbottai afferrando bruscamente i vestiti.

“Allora vi saluto miei giovani e promettenti ragazzi! Usate le protezioni se dovete fare sesso!” disse sentenziosa Veronica sventolandoci l’indice contro.

“S-Sesso?!” balbettò imbarazzato Leonardo.

“E con chi dovremmo farlo scusa?” chiesi irritato.

“Ma tra di voi sciocchino!” mi rispose la donna rivolgendomi un ampio sorriso.

“Che cos…?!” sbottai imbarazzato “Ma che diamine dice?!” gridai.

“Ma non state insieme…?” chiese Veronica con fare innocente.

“Certo che no! Siamo due maschi!” sbottai.

“E allora?” chiese la donna.

“In più siamo amici!” continuai a gridare.

Leonardo era ancora rosso in volto e nascondeva il volto tra le mani.

“Guarda che alla storia degli amici non ci casca più nessuno.” Disse seria la donna.

“Se ne vada!” gridai innervosito.

“Va bene, va bene… se volevate rimanere soli potevate anche dirlo subito!” protestò la donna uscendo dalla stanza e un attimo prima che richiudesse la porta disse “…birchini!” e la richiuse all’istante, evitando così il cuscino che gli avevo tirato.

Mi vestii velocemente, i jeans mi stavano larghi e la maglietta mi stava troppo aderente.

Che palle… non una cosa che va per il verso giusto.

“Sei pronto Leonardo?” gli chiesi.

“Mh, si.” Mi rispose timidamente afferrando la pesante borsa a tracolla e mettendosela in spalla.

“Vuoi che la porti io?” gli chiesi gentilmente.

“No, tu devi riposarti.” Mi rispose velocemente “andiamo.” Mi disse aprendo e oltrepassando la porta.

Lo seguii in uno stretto corridoio tutto uguale, niente quadri appesi o mobiletti per arredarlo.

Superammo  varie porte con numeri sopra, probabilmente erano altre camere di altri pazienti.

Uscimmo dalla clinica senza incontrare nessuno e ci ritrovammo in poco tempo a girovagare per le sporche e affollate vie di città.

“Dove andiamo?” mi chiese Leonardo con lo sguardo puntato verso il basso.

“Non lo so, per ora limitiamoci ad andarcene. Dove siamo?” chiesi a Leonardo, evitando appena in tempo la spallata di un tipo che correva velocemente nella direzione opposta alla mia.

“A dire il vero, non lo so. Credo Roma, ma non ne sono sicuro.” Mi rispose timidamente.

Mi fermai di botto “Come non lo sai?!” tentai di trattenermi dal gridare, dato che eravamo in mezzo a una strada affollata “E come ci sei arrivato qui?!” chiesi scioccato.

“E’ strano…” borbottò lui “Noi… eravamo a Roma… ma poi seguendo questo indirizzo… non so dove siamo!” mi disse quasi come se stesse per piangere.

“Che vuol dire?” gli chiesi confuso.

“Sono salito sul treno di nascosto, trascinandoti con me… il treno era diretto a Roma, dieci fermate in tutto dovevamo fare ma quando siamo arrivati, ho notato subito che non era Roma!” disse tremante Leonardo.

“Che vuol dire?” continuai a chiedergli non capendo.

“Credevo che magari Roma era diversa dai libri che ho visto e così sono sceso lo stesso, ma quando il treno è ripartito senza far scendere nessuno… li ho capito di non essere nel posto giusto.” Disse quasi in un sussurro Leonardo.

Con il vociare della folla a stento riuscivo a sentirlo, così mi avvicinai a lui.

“Suor. Maria mi ha dato solo un indirizzo, niente città, nient’altro!” continuò lui con gli occhi lucidi “però mi è bastato chiedere se conoscevano questo indirizzo che subito mi hanno dato delle indicazioni! Ezio, questo non può far parte del caso!” protestò lui afferrandomi con entrambe le mani la mia maglietta e spingendomi ancora di più addosso a lui “Ezio, ho provato a cercare di nuovo la stazione, ma è sparita!” mi gridò attirando lo sguardo di alcuni passanti.

“Come è sparita?” gli chiesi sorpreso.

“E’ sparita ti dico! Questa città è strana Ezio! Non mi piace!” mi disse disperato.

Lo abbracciai con forza “tranquillo, cene andiamo subito di qui.” Gli dissi per tranquillizzarlo.

“Ezio… la gente qui è strana… mi sono sentito solo senza di te… Ezio.” mi disse facendosi piccolo, piccolo tra le mie braccia.

“Tranquillo, adesso sono dinuovo con te. Ce la caveremo.” Gli dissi accarezzandogli dolcemente i capelli.

“Che scena toccante, mi avete commosso ragazzi, davvero.”

Mi voltai di scatto verso la direzione da cui era provenuta quella voce.

Un ragazzino dai lunghi capelli biondi radunati distrattamente con un elastico, alto non più di un metro e cinquanta stava in piedi sopra un tetto, fissandoci beffardo dall’alto. Indossava una camicetta bianca e dei pantaloni a mezza gamba verdi e grigi a scacchi, due bretelle verde scuro gli ricadevano ai lati delle gambe.

Quanti anni ha questo marmocchio?! Quattordici o forse quindici!

“Chi sei?” gli gridai.

La gente passava vicino a noi come se nulla fosse.

“Mi chiamo Remus. E tu sei Ezio, giusto?” mi chiese il marmocchio.

“Cosa vuoi?” gli chiesi minaccioso allontanando Leonardo da me e rompendo quell’abbraccio.

“La tua morte.” Mi rispose rivolgendomi un ghigno e fissandomi con i suoi occhi color ghiaccio.

Estrasse lentamente un coltello dalla tasca dei suoi pantaloncini, facendo brillare la lama all’esposizione della luce.

“Ezio…” sussurrò impaurito Leonardo.

“Stai dietro di me.” Gli dissi portandomi davanti a lui.

Che ha questa gente?! Perché nessuno fa niente! Cazzo, un marmocchio è sopra un tetto con un coltello in mano e ha appena dichiarato di volermi uccidere! Perché continuano a passeggiare come se nulla fosse?!

Ezio non distoglieva lo sguardo dal ragazzino, le persone continuavano a passare tra loro due come nulla fosse, ignorando totalmente i tre e continuando a fare ciò che stavano facendo.

Ma dove diavolo sono finito?!

Preparati…” sussurrò il ragazzino prima di saltare giù dal tetto.

 

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