I discorsi della città di Faber

di Luna Avae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La menzogna ***
Capitolo 2: *** Le Buone Forchette ***
Capitolo 3: *** La scuola ***
Capitolo 4: *** Le ombre ***
Capitolo 5: *** Senza parole ***



Capitolo 1
*** La menzogna ***


C'è una città alla soglia del sogno, a metà tra la veglia svogliata e le domande che ci poniamo solo la notte.
é una citta come tante altre ce ne stanno al mondo, case, alberi, persone, strade e segreti.
Hanno le loro usanze, i loro piatti tipici e il loro modo di vivere e accolgono di buon grando alcune visite dal mondo di qua.
Da qualcuna delle nostre città che per loro stanno alle porte tra i loro sogni e la loro veglia.
Alcuni la chiamano "la- città -al -di -là- dello- specchio"  altri più informati la conoscono come Faber.
Per attraversare i loro cancelli a forma di punto interrogativo, opera bizzarra di un'artista post-moderno, bisogna porsi molte domande, bisogna dormire sodo
e non bisogna mangiare pesante prima di chiudere gli occhi, nè parlare nel sonno.
A chi parla nel sonno è severamente proibito l'ingresso, per qualche ragione che forse ci spiegheranno.
Potremmo ritrovarci per caso ad essere turisti involontari, impudenti  e irrimediabilmente ignoranti, solo perchè
una notte pensiamo a quattro calcoli in più invece dei soliti tre e mezzo.
Capita di rado che qualcuno accetti di rivelare le cose viste laggiù,pensando erroneamente che siano solo frutto di sogni strambi
che rivelerebbero forse troppo della loro psiche.
in realà c'è poco da rivelare sulla loro mente, non più di quanto potrebbe dirci il modo in cui stringono il cuscino.
O se non lo stringono affatto.
                                                                                                                      *


Nella città di Faber, mi dissero, le persone portano sulle spalle il peso della menzogna.
Così come noi portiamo a spasso i cani e  le  borsette.
Nessuno pensi, astenetevi dal pensare e tendete l'orecchio verso l'eco lontano della notizia.
Cè un negozio a Faber, una specie di strana farmacia,dove in un angolo se ne sta una bilancia viola tutta consunta, tutta piegata.
Ogni fine settimana le trecentotrentatrè anime del luogo fanno la fila, bambini compresi, e via di pesaggio, pesamento e pesantezza.
La povera bilancia li accoglie gemendo e non sicuramente di piacere.
Si piega, borbotta e sputa fuori un fogliettino con scritte quantità in grammi e lettere.
E fino a qui, potremmo pensare alla salute e tante grazie.
Ma poi succede che ognuno che peschi questo responso gemente va alla cassa e ritira un bambolotto, una bambola,una testa di barbie.
Piccola, media, grande, enorme, moltiplicata per due o divisa per tre braccia.
E se ne va legandosela sulla schiena, la colonna vertebrale che ulula e l'espressione rassegnata.
Sono bambolacce come manichini, senza faccia e dai capelli stinti.
Sette grammi di bambolotto o mezza libbra di braccia di barbie, molta varietà, molto assortimento.
Un giorno una ragazza chiese al vecchio:
"Che strana usanza è questa che, caricati come muli, portate a spasso bambole di plastica?"
era una ragazza assai diretta, indisponente. Forse una che per poco, pochissimo non parlava nel sonno.
Il vecchio con la pipa, sbuffò fumo a mò di treno, e sulle rotaie ardenti gli offrì una deragliante spiegazione.
"Fumo,favole,balle,panzane,salamelecchi e affini, Comprendi?Strane storie, scuse fragranti e flagranti, racconti e bugie luminose.Il mondo è pieno di invenzioni
ma le più belle sono queste e qui, ogni settimana, ritiriamo il premio.Plastica pura al 100 per cento, capelli finemente stinti in lavatrice, ogni due grammi di menzogna
accumulata sono braccia e gambe da manichino, c'è chi è davvero gourmande e ne prende più che un pizzico."
"...quindi sono premi per avere mentito? E tutti sanno chi mente e chi no?"
irritante, l'ignoranza è peggio della dermatite tra le dita delle mani, non passa neanche se ci spalmi sopra una pomata.
" Sono il peso, sciocca.Che sia premio o vanità.Non vedi come sono tutti giù piegati? è la misura, ovviamente.Bisogna porre freno
a questa naturale attività delle meningi, sopraffina gioia della mente svelta.O si finisce schiacciati dalla plastica.Vedi quella donna? Non riesce ad
abbracciare nessuno, ha gambe veloci e non può correre.
è la scelta. Sciegli se abbracciare la carne o la plastica.La misura, ti dico, la misura."
Nella città di Faber , mi dissero, danno molto peso alla misura.
Ogni due grammi di menzogna.

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Capitolo 2
*** Le Buone Forchette ***


Nella città di faber l'appetito è sano e costante.
Panifici,pizzerie,crispellerie, spizzicherie, gelaterie  e legnerie per i tarli sono sparse un pò ovunque, ad ogni metro, angolo e deviazione.
C'è poco di egoismo e per cani e gatti ci sono canerie e gatterie appositamente intavolinate a misura di animale.
Ogni tanto si assiste ad un insolito spettacolo, insolito per chi non è solito del luogo,ovvio come le calze sotto le scarpe da ginnastica.
Tra i vicoli colorati se ne stanno delle donne, camminano lungo i marciapiedi agitando allegramente l'ambaradan rotondo del loro corpo.
Chiunque non provenga dalla citta-al-di-là-dello-specchio sorride malizioso, pensando a calde notti a pagamento, a luce di lucciola e ad antico mestiere,buono come il pane.
I Faberiani sanno invece, sanno bene,e stanno alla larga.
Di cibo è pieno il mondo, ma anche di buone forchette.
Così si chiamano le donne tutte curve della città di Faber, Buone Forchette, con le maiuscole dell'importanza e del timore.
Ogni tanto tra le loro labbra vermiglie sparisce un uomo.
E lì giù di risate per gli abitanti di di qua, che hanno un chiodo fisso con appeso un quadro a luci rosse.
Ma nò.
Mangiato. Un boccone e un superbo esemplare di uomo è lì, e un secondo dopo non c'è più.
Sparisce, cravatta compresa.
A volte sono corpulenti camionisti e allora lì l'operazione è ardua, e si può ammirare la digestione delle buone forchette.
Un bimbetto spaventato chiese al vecchio:
"..ma lo sta mangiando! Lo manda giù, con tutti i capelli!Lo ingurgita partendo dalla testa!Soccorso, polizia,mamma e papà!"
Il vecchio sorrise di rimando, spiegando con la semplicità che di deve alla gioventù.
" Si, lo mangia, Intero, manda giù persino i calzini. Sono Buone Forchette, mangiatrici di tradimento.Da qualche parte qui vicino ci sta
una moglie o una ragazza, che ha pagato a peso di cuore per il servizio di smaltimento.Adesso lui verrà digerito e lei rimborsata
se la qualità della carne era buona. Vedi capita che si spezzino cuori e per ogni cuore spezzato si viene mangiati. Hai capito?"
"...e mangia solo uomini?"
" Oh no, prova un pò a spezzare il cuore alla mamma.Credo che tu sia tenero e gradito".
Nella città di faber il peso si porta sulle spalle e il vuoto nella pancia.

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Capitolo 3
*** La scuola ***


Nella città di Faber, mi dissero, la scuola è giardinaggio.
Ci sono questi campi curati all'inglese, con questi enormi fiori variopinti, grandi come una piccola persona.
Gli steli di un verde brillante e foglie come culle.
Ogni mattina suona la sveglia del giardiniere, enorme omone sulla quarantina, un pò stempiato ma muscolosamente affascinante, ogni mattina alle
cinque e quarantacinque in punto, Rastrello va a fare il suo dovere.
E ad uno ad uno, con le sue grandi mani, apre i petali dei fiori, che rivelano al loro interno un cuore segreto di polline e rugiada notturna.
Delle trecentotrentatrè anime della città al di là dello specchio, un buon quarto di bue sono bambini.
Fanciullini esili, dalle carni bianche e dagli occhi vivaci, pelle come spugna che assorbe il mondo e lo risputa fuori colorato.
Cappellini, tutine, gonnelline e sciarpette affollano i campi alle sette e un quarto di sempre.
Per ognuno un fiore, diverse le grandezze, diversi i colori, uguale la sostanza.
Via, dentro al fiore, dritto al centro, i piedi immersi nel miscuglio vitale di pollini e acqua, inzuppati fino al midollo di vita nascente.
E sguazzare in allegria,macchiare tutine, gonnellini,cappellini e tante grazie, che le madri smacchieranno con pazienza.
Costa l'istruzione nella città di Faber.
Passava di lì un avvocato, ventiquattro  ore di valigia,tre ore e mezza di sonno prima di piombare alla città, in mezzo ad un campo profumato.
Chiese al vecchio, seduto a bere sole:
" Chiedo scusa, buon uomo, come mai questi fiori sono così grandi? E perchè dentro ci stanno dei bambini? Non sarà mica qualche strana forma di sfruttamento?"
Come facesse a sapere che il vecchio è un uomo buono è domanda da farsi, ma prima si risponde a quella sopra.
Il vecchio bevve un lungo sorso di raggio luminoso,e gli tremarono i baffi, superbi baffi bianchicci da esposizione,e dal tremolio passò parola.
"Sfruttamento? Oh no, vede sono diverse classi. Quel fiore blu e di media grandezza è la prima elementare. Dal colore ,mi pare  si stia studiando storia là dentro, e dalla zazzera di capelli corvini
quello dovrebbe essere Castello, il figlio del mugnaio."
"..mi vuol dire che si chiudono dentro enormi fiori e studiano?"
"...io non le voglio dire niente, è lei che chiede.Vede I fiori crescono, ed insieme a loro crescono le conoscenze, e i bambini passano da fiore in fiore apprendendo
questo e apprendendo quello, leggiucchiando un petalo e sfogliando un altro, innaffiano e si prendono cura della pianta, e così il nutrimento è doppio.
Poi quando arrivano al diploma, portano con loro questo grande fiore variopinto, se lo hanno curato per bene resta per tutta la vita.
Non è bello? "
"Ma i numeri? Le lavagne?E far di conto?I voti?"
"  I voti li lasci alle monache dell'istituo mangiaebevi.Lei crede davvero che non sappiano fare due più due, se riescono a coltivare un fiore gigante?"
Nella città di Faber la vita è conoscenza e la conoscenza è un fiore all'occhiello.

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Capitolo 4
*** Le ombre ***


Nella città di Faber le ombre sono cittadini, così pare.
In piena regola, passaporto e permesso di soggiorno sui muri e sui pavimenti.
è come se tutti nascessero con un gemello nella città-al-di-là-dello specchio, un gemello di anima scura.
Nascono per mano e poi, come il cordone ombelicale tranciato dalla madre, si staccano e prendono la loro strada.
Chi in tre dimensioni e chi in due, chi in orizzontale e chi in verticale.
Ma si rimane amici per tutta la vita e quando si muore, lo si fa falangi nelle falangi.
Le ombre prendono il nome al contrario dei gemelli colore della luna.
Mauro e Oruam, Gabrelle ed Ellerbag, e via dicendo di sillabiche composizioni.
Non è raro ammirare un uomo e la sua ombra che bevono il caffè, chi con una zolletta chi con due.
Le ombre non si calpestano nella città di Faber.
Non capita di rado però,come nelle riunioni familiari natalizie,che quando un uomo e la sua ombra si incontrino
dopo tanto tempo stentino a riconoscersi e nascano diatribe.
Non eri forse tu l'ombra di Alberto? Alberto non c'è più. adesso sulla carta sono Carmen dalle sode coscie.
E tu forse non portavi sempre abiti di colore nero? Cos'è adesso questa esplosione variopinta?
E non ci si riconosce.
perchè le ombre non cambiano, rimangono immagine di come siamo nati.
Sono nude e spaventate dalla mutevolezza dei loro amici di carne bianca.
Passò un giorno per di qua una vecchina, minuscola e pantofolata, rugosa come la pasta, quella buona che trattiene il sugo.
Allo stesso modo si aveva l'impressione che tra le pieghe della sua carne lei trattenesse  magnificamente la vita.
Camminava con lentezza,oramai aveva poco che fuggire, e sembrava non trovarsi lì per caso, cosa strana, pensò il vecchio
mentre se la mangiava con gli occhi e il parmiggiano.
E per la prima volta Baffo, pose una domanda.
"..signora..o signorina? Non per interesse personale, ma formale.Lei sa dove si trova?Cosa cerca? Non domanda?"
" Ti pare forse che tutti i vecchi debbano per forza mancare di memoria?Non è ancora arrivato il tempo per me di ricatalogare le foto
e buttare quelle troppo vecchia. In quanto a domande ne avrei una, quando sono arrivata avevo un'ombra assai graziosa, adesso pare sparita nel nulla
la cosa mi inquieta, non me ne sono mai separata, sà."
"Niente paura, niente paura, signorin..signora. Tornerà quando lei tornerà di là, starà assaporando la libertà che la nostra città le offre.
sa qui le ombre vanno a spasso.Mangiano, dormono,lavorano e si innamorano."
"Ma che bizzarria è mai questa?"
"Ah non so,noi qui con le ombre ci nasciamo e ci moriamo, ma non ci viviamo, signorina, si credo che lei sia signorina.Sono come i parenti e lei ha mai sentito
parlare di qualcuno che volesse sempre i parenti tra i piedi?"
Nella città di Faber nessuno nasce o muore da solo.

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Capitolo 5
*** Senza parole ***


Questo capitolo,che arriva dopo tanto tempo, è dedicato alla mia tonnola, alla mia ceppina, alla mia Honey.
Con la speranza che desideri sempre scrivermi, anche quando non trova le parole.



N
ella città di Faber ancora si narra la storia delle prime due persone che si innamorarono l'una dell'altra.
Erano tempi remoti, dove la memoria era ancora allenata a ricordare le cose davvero importanti
e a vomitare fuori tutte quelle tossine velenose che sono le incombenze della routine.
Si narra quindi che queste prime due persone, non si specifica il sesso o l'età poichè la memoria le ha rimosse come poco 
importanti,si accorsero del sentimento che li pervadeva poichè persero la parola.
Di botto,senza preavviso di quindici giorni la loro voce si era licenziata.
Provarono ad andare da i mastri taglia e cuci, dagli azzeccagarbugli per fare causa alle loro gole
fecero visita a tutte le autorità del paese per capire quando era stata revocata loro la libertà di parola.
Ma nessuno seppe dare una risposta.
Poi, mentre disperatamente sbrigavano le loro faccende e cercavano di raccapezzarsi
si incrociarono sulla strada che portava alla via delle bruje, si stavano per ricorrere agli espedienti più estremi.
"ciao"
"ciao"
si guardarono stralunati, non tanto per il ciao - lo sanno tutti che il saluto di Faber non è quello- ma peril fatto di avere 
proferito parola.
Era un intero giorno che non parlavano e poi, improvvisamente e senza l'aiuto di madama logica, ecco quei fonemi che lasciavano le 
loro labbra.
Si avvicinarono guardinghi l'uno all'alaltro- o l'una all'altra o l'una alle due non è rilevante- e cercarono di parlare ancora.
Una delle due persone quando cercò di parlare riuscì solo a produrre un suono strozzato, si afferrò la gola tra le mani
e fece una smorfia. Tra tutti i momenti in cui aveva desiderato parlare quello era il più vitale, il più essenziale.
E ancora non capiva perchè, il destino coi baffi dall'alto osservava tutto e si dava manate sulla testa
per la stupidità del genere umano, che riesce a vedere tanto lontano nel futuro, nel passato e mai nel presente.
L'altra persona invece quando aprì bocca fece fuoriuscire un lungo e spaventoso sibilo, che sembrava tutto fuorchè invitante.
Anzi, tutti i presenti attorno dissero che sembrava volesse caccaiare tutto e tutti.
I due si sedettero nel bel mezzo della strada, ed il sindaco di Faber, dall'alto del suo metro e venti fece recintare
dalle piante quello spiazzo, in modo da isolare quella che credeva essere una contagiosa malattia, contagiosa almeno quanto la scarabella.
Ma quella è un'altra storia.
Finalmente una bruja decise di intervenire,le bruje sono le streghe del luogo, donne bellissime con occhi uguali a quelli dei gatti.
Tengono sempre occhiali scuri perchè si dice che si innamorino perdutamente delle persone che guardano dritte negli occhi.
Ed immaginate che chiavica innamorarsi ogni tre minuti buoni,  peggio del mal di pancia premestruale.
Questa Bruja aveva fluenti capelli colore del cielo, pelle pallida e tanti foglietti di carta.
Diede a due i foglietti e le penne, non dicendogli che cosa dovevano fare.
Sperando che almeno se non avevao imparato ad amarsi, avessero imparato a scrivere.
Per una notte intera le piante protessero quel luogo e i due si scrissero, le loro parole 
a volte prendevano forma solida e si depositavano sul sentiero.
Un sentieo lastricato di parole, di cose che dovevano dirsi.
Avrebbero potuto dirle a chiunque altro ma non sarebbe stata la stessa cosa.
L'indomani convolarono a nozze e scrissero le promesse di matrimonio più lunghe e più belle del mondo.
I matrimoni  a Faber non hanno invitati, solo lettere, una maestosa quercia a cui appenderle e il rumore delle foglie al vento.
Mi dissero che nella città di Faber l'amore è fatto di parole.

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