Spy girls

di Alison_95
(/viewuser.php?uid=123824)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nuova vita ***
Capitolo 3: *** Benvenuti alla Jubaan School ***
Capitolo 4: *** Il ballo incombe ***
Capitolo 5: *** Una serata... ***
Capitolo 6: *** Prom is coming ***
Capitolo 7: *** Too much death ***
Capitolo 8: *** Feelings ***
Capitolo 9: *** Enemies ***
Capitolo 10: *** My past ***
Capitolo 11: *** The truth ***
Capitolo 12: *** Can't ***
Capitolo 13: *** The final fight ***
Capitolo 14: *** Sad sunrises ***
Capitolo 15: *** The beginning in the end ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclameir: i personaggi di Sailor Moon appartengono esclusivamente a Naoko Takeuchi.

Prologo

 
Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri. Quegli alberi di ciliegio in fiore che ornano il viale. Le villette a entrambi i lati della strada, i bambini che giocano e urlano, sorridendo. Ricordo il profumo della tranquillità, della serenità. Marta che guida la macchina e piano piano accosta, Ami che inizia a fare disquisizioni sul cemento utilizzato per costruire la strada e Marzio che prende le valigie, mentre io respiro ancora per qualche istante il profumo di aria nuova.
Siamo arrivati in Giappone.
Ricordo l’emozione. Ricordo quel giorno perché mi ha cambiato la vita.
 
Avevo diciassette anni appena compiuti, ma avevo una vita ricca di avventure alle spalle. Ero nata e cresciuta a New York fino a quando i miei genitori non morirono in un incidente stradale, due anni prima. A quel punto, vagando per le strade della Grande Mela, incontrai lui: Marzio. Condivideva la mia stessa storia, fu dolcissimo con me e mi presi una bella cotta. Fu proprio questo ragazzo che mi fece diventare quella che sono oggi.
Conobbi Marta e Ami. La prima era una delle ragazze più allegre che conoscessi, prendeva sempre la vita col sorriso, era molto simile a me, imbranata e pasticciona, anche se in realtà era molto diversa. Ami invece era un genio, niente a che vedere con me e Marta, riusciva a risolvere problemi che un laureato in fisica non tocca nemmeno e la sua mente assomigliava a una calcolatrice.
Marzio mi aveva accolto. Eravamo al completo. Noi tre e lui. Lui che ci coordinava, lui di cui mi ero innamorata tremendamente. Era  un tipo molto timido, schivo ma un gesto, con lui, valeva più di mille parole. Il suo essere così misterioso mi affascinò subito. Ovviamente lui era il mio capo ed aveva sei anni in più, quindi non era a conoscenza di questa mega cotta.
Un momento: ho detto “capo”?
Giusto. Dovrei spiegarvi un po’ di cose. Non vivevo in un orfanotrofio, ma in una semplice casetta. Cucina, camera da letto, bagni e… qualche sotterraneo! Giusto un intero piano sottoterra attrezzato di palestra, centro computer, laboratorio, Sala di arti marziali, di difesa, di matematica, fisica, lingue straniere (dove dei piccoli robot ci insegnavano le varie materie) e centro ricerca. Cosette da niente se si pensa al fatto che nessuno sapeva dell’esistenza di tutto ciò. Eravamo bravi a nasconderci? E già.
Ci fu poi assegnata una missione e partimmo per il Giappone, dove andammo ad abitare in una villetta ovviamente costruita sempre nella stessa maniera. Ma non vi voglio annoiare con questi dati tecnici. Li scoprirete se seguirete il mio racconto.
Il mio racconto? Ho deciso di narrarvi i fatti della mia vita perché voglio che qualcuno possa addentrarsi in questo fantastico mondo fatto di avventura, di tecnologia ma anche di paura, amore e sofferenza.
 
Quello che vi serve sapere? Non date niente per scontato, la nostra vita non è quella che si vede in televisione.
 
Ricordo il Giappone. Ricordo il giorno in cui io, Bunny, nome in codice Violet, misi piede in quella favolosa terra con le mie amiche e la persona di cui ero innamorata. Ricordo la nostra missione, ricordo come mi sentivo orgogliosa di essere una spia, non una comune, ma una speciale. Ricordo ancora quel giorno, il giorno che mi cambiò per sempre la vita.


Angolo dell'autrice: Lo so, lo so, lo so! Ho un'altra ff in corso però spero di riuscire a continuare entrambe a tempi ragionevoli. Ieri, durante l'ora di fisica, pensavo: come sarebbe far diventare bunny una spia? E così ho azzardato questa storia. Spero che non vi abbia annoiato e che continuerete a seguirla.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nuova vita ***


Capitolo I: Nuova vita
 
Nel momento esatto in cui entrai nella mia nuova dimora sentii profumo di casa. Era strano: mai e poi mai avrei pensato di provare una sensazione di serenità. In fondo, mi era davvero dispiaciuto dover lasciare gli Stati Uniti ma la nostra missione lo richiedeva.
Salii le scale e depositai i bagagli, iniziando a fare un giro per i corridoi e soprattutto non vedevo l’ora di visitare le stanze segrete.
 
“Bunny, scendi per favore dobbiamo parlare”. Udii la voce di Marzio e subito il mio cuore iniziò a battere. Vi sembrerà esagerato però sono una persona molto emotiva quindi magari per una semplice cotta sento i battiti arrivare a mille. Ma questa non era un semplice cotta, era amore. Almeno così credevo. C’era stato un altro ragazzo, ma non aveva funzionato. Perché? Avevo deciso di rimuovere l’accaduto. Il solo pensiero mi dava il voltastomaco e le lacrime salivano agli occhi. E’ una brutta storia che non ho mai voluto raccontare a nessuno.
 
Entrai in salotto e ad aspettarmi c’erano le mie amiche e Marzio. La stanza era davvero molto larga ma il fatto interessante stava nella libreria. O meglio, una libreria girevole che faceva accedere al laboratorio. Evviva! Finalmente siamo arrivate alla parte emozionante.
Marzio ci condusse nell’ultima sala in fondo al corridoio. Porte scorrevoli davano l’accesso a una stanza completamente bianca che però disponeva di uno schermo al plasma, che occupava tutta la parete nord, collegato a una tasteria, dotata di lettere, numeri, codici, ideogrammi e quant’altro.
Marzio si voltò “Ragazze questa è la sala che utilizzeremo prevalentemente. Ci da’ informazioni di ogni genere sui nostri avversari e…”
Marta lo guardò perplessa “Aspetta un attimo…da quando abbiamo avversari? Nessuna associazione, nessun organo di stato, neanche la Cia sa della nostra esistenza e tu vuoi dirci che abbiamo degli avversari?!”
“La situazione è ben diversa. Negli Stati Uniti il nostro compito era quello di sventare rapine o crimini senza che nessuno se ne accorgesse. Ora tutto è cambiato. La nostra missione consiste nel sventare un omicidio di massa, se ben ricordi. Omicidio che è appoggiato da un gruppo di spie come noi. E loro sono i nostri avversari. Ovviamente non ne conosciamo l’identità, si vestono tutti di nero, coprono gli occhi e spesso usano parrucche, esattamente come noi. In fondo sono spie anche loro. Ragazze, dobbiamo stare attenti.”
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.” Sorrise Ami.
 
Tra le tre, ero la più paurosa però la spia era un mestiere che amavo. L’adrenalina che infondeva nel corpo era qualcosa di magico, pensare che il nostro piccolo intervento poteva aiutare la comunità rendeva ogni missione più allettante.
 
“Ragazze, ora è tardi. Dovrete andare a riposare. Domani comincerete il vostro primo giorno alla Jubaan School. Le divise sono sui vostri letti.”
Detto questo, Marzio si chiuse nel laboratorio e noi andammo a riposare. O meglio, facemmo un piccolo pigiama party.
 
“Ragazze, vi rendete conto?! E’ una catastrofe!” Marta ci guardava con occhi assassini.
“Si, non abbiamo mai avuto dei rivali…” Riflesse Ami.
“Ma senti, tu pensi che quella sia davvero una catastrofe?! Se sono delle ragazze basterà chiamarle oche o combattere, e se sono dei ragazzi basta scuotere i capelli.” Marta gesticolava con il fiocco rosso che portava sempre.
“Marta, prima di tutto non penso che sarà così semplice…e secondo, quale sarebbe questa catastrofe?” Dissi.
“Ragazze, il sole smetterà di battere e non girerà più intorno alla Terra…”
“Santo cielo! E’ la Terra che gira intorno al sole, ignorante!” intervenne Ami.
“Non è questo il punto! Dovremmo indossare delle divise?! E’ una tragedia, io non ci sto.”
Ami la guardò sconvolta, penso che non avesse parole per quello che aveva appena sentito. Se avessi detto che, in fondo, ero d’accordo con Marta penso che mi avrebbe strozzato, anzi mi avrebbe tagliato a pezzettini e infilata nel congelatore. Si, Ami era alquanto strana.
 
“Che ne dici se non la mettiamo?” Proposi.
“Si, sorella. Quest’idea spacca.” Iniziò a muoversi a ritmo di “I love rock n roll” e io non feci altro che saltare sul letto e canticchiare. Adoravamo quella canzone.
“Ragazze. Non vorrei interrompervi ma non siete Lita e Joan, lo sapete?” Sempre la solita guastafeste.
Tanto ormai noi eravamo partite per la tangente.
 
Il mattino seguente.
 
“Ragazze, che fine ha fatto il buon senso? Se vi impongono una divisa, mettetela.” Sbraitò Ami.
“Ami, dobbiamo divertirci, e poi la prima nota al primo giorno sarebbe fenomenale.” Rispose Marta.
“Potremmo saltare sui tavoli della mensa?” Proposi io.
“Non vorrei essere associata a voi quindi grazie evitate queste cose. Evitate di farvi riconoscere come le solite americane presuntuose. Evitate di fare atti osceni in luogo pubblico o di prendere insufficienze continuamente” Ami aveva dettato la legge.”Ora salite in macchina, guido io.”
“Le leggi sono fatte per essere infrante.” Bisbigliò Marta
“Pronta a mettere a soqquadro la scuola?” Le chiesi.
“Pronta a far cadere i ragazzi ai nostri piedi?”
“Sogna, chi vuoi che ci guardi?”
Violet, più autostima. Forza, Blue ci aspetta” Mi incoraggiò.
 
La verità è che ero stranamente nervosa e cercavo di sdrammatizzare. Probabilmente dopo questo dialogo ci avrete preso per delle pazze psicopatiche, narcisiste, snob e facili. Noi eravamo l’opposto. E’ vero eravamo un po’… trasgressive, anche se non è il termine giusto. Oserei dire che non ci interessava molto il voto a scuola e che ogni tanto ci piaceva violare le regole, ma stop. Ci divertivamo a fingere di essere snob e odiavamo chi si comportava come tale. In America la nostra scuola era popolata da gentaglia di questo tipo e ogni giorno era un supplizio vedere le reginette distruggere le loro vittime. Fortunatamente noi non eravamo da nessuna delle due parti, bastava rimanere neutrali. Speravamo che le cose in Giappone fossero diverse.
Ma presto capimmo che tutto il mondo è paese.
I’m an anarchist, I am an antichrist, don’t know what I want but I know what I get…
 
“Quanto amo quella canzone, lasciala.” Urlai a Ami affinché mi sentisse. Eravamo sulla tangenziale a bordo della nostra decappottabile quindi i suoni erano abbastanza compromessi.
“Mi chiedo come ti fa a piacere questa robaccia…” Rispose la mia CARA amica.
“Robaccia? Vuoi scherzare? I Sex Pistols fanno punk, non robaccia.” Le dissi con tono offeso.
Amavo quel genere di musica: punk, rock e metal erano la musica della mia vita. La gente chiama gruppi come Iron Maiden, Guns n Roses, Scorpions, Ramones assatanati, ma la verità è che per me sono uno sfogo. Alcune canzoni hanno dei testi incredibili e ogni volta che le sento vengo percorsa da sensazioni di rabbia, dolore, a seconda del momento.
 
Arrivammo a scuola, parcheggiammo. Vedevo un sacco di ragazze e ragazzi in divisa però a quanto pare non eravamo le uniche a essere vestite in maniera decente. C’era più di qualcuno che evidentemente era stufo della divisa, anche tra studenti giapponesi. Forse non saremmo state punite.
E così entrammo in quella scuola. Ami si recò subito in segreteria e Marta ed io rimanemmo  a guardare quello che sarebbe stato il nostro liceo. Noi che eravamo bionde, che avevamo degli stivali e dei jeans, ci sentivamo a disagio tra tutte quelle persone che condividevano una cosa importante: la razza. Eravamo fuori luogo.
“Ricordate: non fatevi scoprire, seguite le lezioni, non combinate guai e non innamoratevi!” Ci ripetè Ami.
Come ho detto prima, le leggi sono fatte per essere infrante.

Angolo dell'autrice: Eccomi qui con questo nuovo capitolo che spero vi sia piaciuto. Diciamo che ho illustrato una parte della loro missione ma mi sono stata molto vaga sia su di essa che per esempio sul passato di Bunny. Capirete con l'evolversi della storia cosa è successo.
E ora le nostre ragazze vanno a scuola, come si troveranno?
P.s. la piccola parentesi sulla musica è una cosa personale cioè quella è la musica che io ascolto ;)
Grazie  a tutte quelle che seguono e recensiscono :)
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Benvenuti alla Jubaan School ***


Capitolo II: Benvenuti alla Jubaan School
 
Ami ci aveva già consegnato l’orario delle lezioni.
Prima ora? Inglese. Evvai! In America avevo voti pessimi in letteratura perché non studiavo però adesso che l’inglese era la seconda lingua non c’era alcun problema per me, almeno in una materia avrei avuto la sufficienza, oltre che al Giapponese.
Dovete sapere che le spie, come lo ero io, conoscono circa venti lingue, sanno nascondersi ovunque, passare inosservate e solo loro sono capaci di aprire una cassetta di sicurezza attrezzata di password con una semplice forcina. Non chiedetemi come, è top secret.
Ovviamente appena entrammo in classe tutti si voltarono a guardarci.
Punto numero uno, non avevamo la divisa, punto secondo avevamo gli stivali e i jeans strappati – Marta ed io chiaramente -  e punto terzo eravamo più belle della media, ve lo posso assicurare.
Non è per vantarsi, ma tutti i ragazzi si voltarono verso di noi e le ragazze ci guardarono con odio, con invidia.
Come in ogni aula di ogni scuola del mondo c’erano gli emarginati, i secchioni, i normali, le oche e i ragazzi belli.
Improvvisamente si avvicinò una ragazza con i capelli scuri, gli occhi altrettanto neri, vestita come una spogliarellista. Forse vedendo che avevamo stile, si era impaurita e aveva pensato che il suo ruolo da pornostar potesse essere rubato. No problem mia cara! La corona è tutta tua o, forse dovrei dire, il palo per la lap dance.
 
- “E voi chi siete?” Ci domandò avvicinandosi sculettando.
- “Non so se te l’hanno insegnato ma per prima cosa si saluta.” Rispose educatamente Marta sfoderando un sorriso che la annientò sul colpo.
- “Non ho bisogno di una bionda per l’educazione. Volevo solo conoscervi e capire di che pasta siete fatte. Qui governo io.”
- “Tesoro, stai tranquilla non abbiamo intenzione di rubarti il podio di poco di buono, quindi puoi continuare a fare il tuo mestiere tranquillamente.” Tutta la classe sorrise timidamente, erano tutti impauriti da quella ragazza. Ma che diavolo succedeva?
- “Farò finta di non aver sentito. Comunque vorrei dire che sono anche la più brava della classe. Ops! Bella e intelligente, ma che caso! Io sono perfetta come un quadrato!” Tirò fuori quella parte di geometria solo per dimostrarci di essere leggermente acculturata.
- “Dipende dai punti di vista. Se si considera la diagonale del quadrato che è il lato per la radice di due, il quadrato non è perfetto. Radice di due è un numero irrazionale, ti ricordo.” Ami sorrise soddisfatta.
- “1 a 0 per noi! O guarda, ma che caso!” La oltrepassai e mi diressi ad occupare gli unici tre banchi liberi.
 
Lentamente poggiai la borsa e mi sedetti, ovviamente vicino alla finestra così durante la lezione potevo distrarmi. Sentii un urletto delizioso provenire dalla porta della classe. Certo, era l’oca di prima con le sue tirapiedi.
 
- “Ma è insopportabile! La distruggo!” Marta sbattè la borsa sul tavolo.
- “Dopo la lezione che le abbiamo dato non penso che ci creerà problemi.” Le dissi, volgendo il mio sguardo verso la porta e osservando incuriosita la scena, insieme alle mie due amiche.
 
- “Ragazze come sto? Dimmi che ho i capelli perfetti, sono perfetta non è vero?” Disse la perfidia fatta a persona mentre si toccava i capelli.
- “Certo, come la diagonale del quadrato” Mi sussurrò sarcasticamente Ami.
Mi pare logico omettere la parte durante la quale le sue presunte amiche, cioè due leccapiedi che volevano essere solo popolari, le facevano i complimenti. Roba da voltastomaco.
Non riuscivo a capire perché si stesse comportando così, ma il motivo fu molto più chiaro –anzi cristallino- quando tre ragazzi entrarono in classe. Ammettiamolo: io avevo per la testa solamente Marzio però si può guardare lo stesso no?
E va bene ve lo dirò: rimanemmo tutte e tre colpite. Erano davvero tre ragazzi splendidi, probabilmente gemelli. Erano alti, avevano un fisico da urlo e i capelli rispettivamente neri, castani e argentati –il che può sembrare strano però a quanto pare Marta non la pensava così visto che stava letteralmente sbavando per terra-.
 
- “Seiyaaaaa! Come stai? Hai fatto i compiti?” La malefica si appoggiò sul suo banco con i gomiti in modo tale da mostrare il suo abbondante davanzale –un po’ troppo abbondante per i miei gusti-.
- “No, sinceramente li copierò da Taiki oppure mi inventerò una scusa tanto prendo i massimi voti comunque.” Rispose il ragazzo incrociando le mani dietro alla nuca e signori e signori senza degnare neanche di uno sguardo la camicetta della spogliarellista!
- “Hai ragione. Hai notato che ho tagliato i capelli?”
- “Infatti sembri un cespuglio” Commentai ad alta voce.
- “Hai per caso qualche problema?”
- “Non sopporto le persone come te semplicemente. Un conto è voler sentirsi bene con se stesse, un conto è andare a fare la “Facile” in giro.” Non capii perché ma tutta la classe si voltò verso di me. Forse perché era la seconda volta che parlavamo in tono acido alla reginetta della scuola. Wow! Ma quei ragazzi avevano le palle? Evidentemente no. Ricordo però che Seiya –era questo il suo nome?- e gli altri due scoppiarono a ridere e ci rivolsero la parola.
 
- “Che ragazze forti! Piacere io sono Taiki. Siete nuove?”
- “Io sono Ami. Noi veniamo dall’America e voi? Non sembrate Giapponesi.”
- “Siamo nati qui, a Tokyo. Ma i nostri genitori erano inglesi quindi non abbiamo i tratti tipici orientali. Comunque io sono Yaten e lui è Seiya.”
- “Sì, l’avevamo capito dagli sparnazzamenti di quella lì.” Aggiunsi io.
- “Non badate a Isa, pensa di essere il centro del mondo, la tipica ragazza stupida.” Seiya iniziò a fissarmi.
- “Si ma a quanto pare è brava anche a scuola, al contrario tuo Bunny!” Marta mi tirò una pacca sulla spalla.
- “Udite udite la grande Marta ha parlato!”
- “Quindi voi due siete Bunny e Marta. Bene! Comunque non badate a lei, ad esempio Taiki è molto più intelligente.” Seiya si sedette sul banco.
- “Quindi ci sarà un’agguerrita rivalità con Ami.” Risposi io.
Continuava a fissarmi ed io fissavo lui e la cosa mi metteva in imbarazzo. Non ero uno sguardo da “Ehi tesoro vuoi uscire?”, ma sentivo che quel ragazzo aveva qualcosa di strano che mi attirava tremendamente. Forse l’aspetto fisico faceva la sua parte però aveva uno sguardo misterioso e allegro allo stesso tempo, mi affascinava. Ma l’avevo già catalogato: figo, gentile e simpatico, ma grande montato, presuntuoso e forse andava con tremila ragazze.
 
Entrò il professore e ci sedemmo ai banchi, la Malefica Isa ogni tanto ci tirava qualche occhiataccia perché eravamo sedute davanti ai suoi tre amori, o meglio lei aveva un’ossessione per Seiya, ma non le dispiacevano neanche gli altri due.
Vicino a lei le sue tirapiedi ascoltavano la lezioni. Povere ragazze: sottomesse da quella vipera. Non erano neanche male, entrambe castane, di media statura, magroline e avevano anche un viso molto dolce, ma il tutto scompariva quando si muovevano con la loro regina. Sicuramente si facevano comandare e trattavano i compagni come sacchi dell’immondizia. Odiavo quelle situazioni.
Giunse l’intervallo ed ero emozionatissima. Volevo fare la visita della scuola per cui presi la mia merendina –Si, lo so sembro una bambina piccola- e mi diressi verso l’uscita.
 
- “Ehi Testolina Buffa, che dici se ti faccio fare il giro della scuola?” Seiya diede un colpo ai miei odango.
- “Come mi hai chiamato?!” Quel nome me l’avevano affibbiato per anni, pensavo di averlo dimenticato e invece.
- “Dai su! Andiamo”
- “Le tue fans non saranno gelose?!”
- “Ma che fan e fan! Forza su!”
 
Mi trascinò in giro per la scuola e dovetti ammettere che era un tipo molto allegro, energico e simpatico. Si dedicò completamente a me, a parte il fatto che molto spesso salutava ragazze in giro – o meglio, contraccambiava il loro saluto-. Era un ragazzo educato! No, odiavo questa situazione. I ragazzi così popolari non mi erano mai piaciuti, erano strani.
 
- “Senti non sarebbe meglio tornare in classe?” Gli chiesi.
- “Mica è finita la ricreazione!”
- “Si ma non voglio problemi con la tua ex, ragazza o non so cosa di nome Malefica Isa.”
- “Vuoi scherzare?! La mia ragazza? La mia ex? Ti sembro tipo da mettermi con certa gente!” Si puntò il dito contro.
- “Francamente sì!”
Invece di offendersi, di andare via o di mandarmi a quel paese, scoppiò a ridere! L’avevo detto che la gente popolare è strana!
- “Cosa c’è adesso?!” Gli chiesi alquanto irritata.
- “Sei una tipa molto schietta, mi piace questo tuo modo di fare. Tanto per la cronaca il fatto che sono bello, simpatico e che piaccio a metà scuola non mi rende per forza un deficiente.”
- “Un presuntuoso sì”
- “Solo un pochino e comunque non mi piacciono le ragazze come Isa, quella vuole solo portarmi a letto.”
- “Di solito siete voi ragazzi che volete portare a letto noi.”
- “Anche voi ragazze non scherzate, Testolina Buffa.”
Bene. Era ufficiale: lo detestavo.
In quel momento, mentre percorrevamo il corridoio per tornare in classe, mi arrivò un messaggio. Era Marzio! Si, era Marzio! Basta, un bel respiro! Lessi il messaggio: “Ragazze, come procede il primo giorno di scuola? A casa vi aggiornerò.”
Probabilmente aveva fatto l’invio multiplo, ma non mi interessava. Ero diventata fucsia, viola e rossa.
 
- “Ehi, scendi sul pianeta Terra! Hai ricevuto un messaggio e sei fucsia! Che tenera.”
 
Lo odiavo. Lo odiavo. Lui non era come Marzio. Lo odiavo. Lo odiavo.
Odio ufficiale tra me e Seiya.
 
 
 
 Angolo dell'autrice: ecco qui il nuovo capitolo dopo tre settimane di assenza in questa ff; scusate è che mi sto concentrando a finire l'altra! Comunque ora c'è una panoramica del carattere delle ragazze, della loro classe e dei Three Lights.
Si, seiya e bunny si odiano, un odio molto intenso xD
Spero vi sia piaciuto:)
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il ballo incombe ***


Capitolo III: Il ballo incombe
 
Dove eravamo rimasti?
Ah sì: Seiya. Ci conoscevamo da neanche due ore e già mi prendeva in giro a morte, era insopportabile. Poteva essere figo quanto voleva ma questo non mi smuoveva affatto dall’opinione che avevo di lui: anche Marzio era bello eppure non si comportava così.
 
Tornammo in classe dove Isa aveva richiamato l’attenzione di tutti grazie alla sua voce stridula. Era di fronte alla lavagna e ci guardava come se fossimo i sudditi e lei la regina, dopo si sedette sulla cattedra, si scostò leggermente i capelli e prese un foglio, iniziando a leggere. Era la più brava della classe (fino all’arrivo di Ami) ma dubitavo seriamente che fosse in grado di formulare periodi di senso compiuto.
 
“La prossima settimana ci sarà il ballo di inizio anno e siete tutti invitati a partecipare. Vestitevi bene mi raccomando. Per piacere Mizuko non mettere quell’orrendo vestito che avevi l’altro semestre, fa venire il voltastomaco, questa scuola ha gente di una certa classe e non vuole essere paragonata a ehm…come si può dire? Beh a delle nullità!”
 
Vidi Marta divenire rossa improvvisamente e una caratteristica della mia amica è che raramente si controlla, è una pazza furiosa, avvocato delle ingiustizie.
- “Senti un po’ reginetta di un regno inesistente modera i termini!” Si voltò verso Mizuko, che aveva chinato il capo per la vergogna, sorridendole “Non sei tu qui a comandare, ognuno può vestirsi come pare e piace e forse lei non avrà un perfetto vestito da sera, ma sicuramente ha qualcosa che a te manca: il cervello!”
- “Credi di spaventarmi americana da quattro soldi? Sei la prima a voler primeggiare qui dentro solo perché vieni dagli Stati Uniti, qui comando io e non la tua pettinatura bionda.” Iniziò ad avvicinarsi a Marta.
- “A casa mia questa si chiama invidia e paura. Ops! La cara Isa ha paura che il trono venga spodestato da delle Americane; come ho già detto, a noi non interessa la popolarità, ma se vedo un’altra ingiustizia te la farò pagare. E’ una promessa.”
E Marta si voltò, mentre le due si erano appena dichiarate guerra, ovviamente coinvolgendo anche me ed Ami.
 
La situazione era alquanto tesa. Il professore di matematica entrò in aula e fece l’appello, poi ci presentammo e iniziammo la lezione. Francamente non ho, ancora oggi, la più pallida idea di cosa si stesse parlando perché di geometria non ho mai capito niente e non ne volevo sapere. Ero molto più interessata a disegnare cuoricini in rosso con la M al centro. Ero persa a tal punto che immaginavo la scena del nostro matrimonio, ovviamente in un centro spaziale con la Federazione delle Spie di tutto il mondo; sì, ero proprio matta.
A un certo punto il professore mi interpellò per testare il mio livello di conoscenza e io nascosi in fretta il foglio per paura di essere beccata dall’individuo davanti a me e soprattutto dalle mie amiche, che non sapevano niente della mia cotta, cioè del mio innamoramento, va bene, del mio grande amore. Se l’avessero scoperto probabilmente si sarebbero trovate alquanto imbarazzate poi davanti a lui e, visto che non avevo neanche una mezza chance, tanto valeva starmene in silenzio, sola col mio dolore e col mio amore impossibile. Okay, sto diventando drammatica.
- “Signorina Tsukino, cosa ne sa dei criteri di congruenza?” Il professore indicò un triangolo sulla lavagna.
- “Riguardano i triangoli…?” Tutta la classe scoppiò a ridere come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Per me non lo era, bisognava ringraziare il cielo che ci fosse sulla lavagna quella sottospecie di figura geometrica chiamata triangolo, altrimenti avrei detto che quei teoremi non mi riguardavano e  francamente non mi sarebbero serviti a niente nella vita, io facevo la spia non la scienziata. Ovviamente Ami mi avrebbe strangolata visto che mi fulminò solo per averlo pensato.
- “Signorina, fa la spiritosa?”
- “Prof mi dispiace, sono un caso disperato in matematica.”
- “E va bene, vorrà dire che dovrà impegnarsi di più.”
- “Lo farò.” Bugia. Non l’avrei mai fatto. Avevo abbandonato ogni speranza di capire la materia in prima elementare, avevo lasciato sul banco sia la sapienza che la voglia di apprendimento. Non mi interessava.
 
Quando terminò l’ora di lezione, mister stronzo numero uno  simpatianumber one mi si avvicinò e iniziò a parlarmi. Qualcuno gli aveva chiesto qualcosa?
 
- “Testolina Buffa, visto che sei impedita in matematica potrei darti una mano io…”
- “Seiya, caro dolce ragazzo, preferisco tenermi il mio impedimento. Conservati la tua intelligenza per qualcuno che la gradisce, c’è mezza scuola a tua disposizione.” Sorrisi ironicamente.
- “Nervosetta… Ho capito, hai il ciclo! Ciao Stati Uniti” Si allontanò verso i suoi amici.
Fastidioso, lo odiavo. Ma come si permetteva? Era il solito spocchioso, insopportabile coetaneo che non faceva altro che montarsi la testa. Dovevo ammettere che il suo atteggiamento mi suscitava qualche momento di ilarità, ma poi veniva immediatamente sostituito da un enorme fastidio.
 
- “Io avrei accettato le ripetizioni…” Marta mi bisbigliò all’orecchio.
- “E’ solo un montato…”
- “Sarà…ma è figo..e simpatico!”
- “Prenditelo tu se vuoi, a me non interessano i tipi così. Ora vado a casa, manca la prof delle ultime due ore e ci spediscono fuori.” Presi la borsa.
- “Io sto già lavorando su Yaten, ma sarà ardua la faccenda…” Marta mi fece l’occhiolino e si diresse verso la sua preda. Quando si metteva in testa qualcosa, non c’era verso di farle cambiare idea.
Mentre mi avviavo verso la porta, mi accorsi di una scena degna di essere raccontata. E sì perché al mio paese, le ragazze vengono invitate ai balli invece di invitare. Evidentemente il mondo aveva cominciato a girare al contrario e non me ne ero accorta o forse quella scuola era tutta strana.
 
-“Seiyaaa, senti mi chiedevo … ecco se avevi già la damigella per il ballo della prossima settimana…”. Chi poteva essere secondo voi? Isa! E chi se non lei? Si sedette sul banco proprio nel momento esatto in cui l’antipatico stava prendendo lo zaino e si spostò la gonna in modo da renderla ancora più corta di quanto non lo fosse già.
- “Non saprei… perché?” il ragazzo aveva perfettamente capito dove mirava Isa, ma cercava di evitare. Evidentemente non aveva voglia di ballare con lei, si riteneva superiore sicuramente. In realtà, forse lui aveva due neuroni anziché uno come Isa.
- “Beh sai potremmo andarci insieme, ballare e dopo…” Lei gli fece gli occhi maliziosi, ero sconvolta. In che maniera flirti così spudoratamente con una persona che non è il tuo ragazzo! Aveva un po’ di amor proprio? Si era appena venduta, che schifo. Ero molto interessata alla scena, volevo proprio vedere Seiya che iniziava a sbavare, a spostarsi i capelli e a dire: “Certo che ci vengo con te!”. Tipico dei ragazzi, di quei tipi di ragazzi. Vidi improvvisamente il mio migliore amico voltarsi e guardarmi, fece un sorrisetto. Capii troppo tardi cosa significava.
- “Veramente Isa mi dispiace, ma io avrei già un’altra con cui andare…vero, Bunny?”
Panico totale. Cosa dovevo fare? Il lato razionale di me diceva di rifiutare categoricamente quell’offerta e lasciare lo spocchioso ai suoi problemi, ma dall’altra parte volevo dare una lezione alla spogliarellista così annuii, sorrisi e dissi: “Beh, diciamo che è il mio cavaliere per quella sera.”
La scena successiva fu uno spasso, una vera vittoria, Marta, Ami ed io ne spettegolammo per tutta la sera. Il volto di Isa si tinse di un colore simile al porpora, poi si alzò dal banco, fece cadere una sedia, prese la sua borsa di marca, chiamò a sé le sue tirapiedi e si avviò verso l’uscita, sbraitando.
Seiya mi fece l’occhiolino e si avvicinò a me.
- “Grazie, mi hai salvato. Visto che non ti sto così antipatico?!” Si incamminò.
- “Non pensare che l’abbia fatto per te. Volevo solo darle una lezione.” Lo seguii.
- “Intanto vieni al ballo con me. Ce l’hai il vestito?”
- “Sì. Ma potrei sentirmi male proprio quella sera e lasciarti sprovvisto di ragazza…”
- “Ne troverei un’altra nell’arco di cinque minuti.”
- “Certo, come no.”
- “Hai ragione, tre minuti.” Scoppiò in una risata.
Mamma mia quanto era presuntuoso! Ma devo ammettere che era divertente e lui si dava tante arie solo per farmi ridere, almeno appariva così.
- “Verrò ma ad una condizione.” Mi fermai e gli misi l’indice sul petto.
- “Quale?” Chiese lui prendendomi la mano. Ci sapeva proprio fare, ma io non ero tipa da cascarci.
- “Devi trattarmi bene e non devi pensare che lo faccia perché mi piaci perché non è vero, non sei il mio tipo.” Mi divincolai dalla presa.
- “Affare fatto.” Uscì, si diresse verso la sua macchina, poi si voltò. “Stati Uniti… io non sono quello che sembro, sappilo.”
- “Me lo ricorderò.” Gli sorrisi appena.
Sapevo come erano questi ragazzi, ma qualcosa mi diceva che non stava mentendo. Non capivo la sua affermazione, ma avevo fatto qualcosa di positivo: andare al ballo sarebbe stata una buona occasione per investigare sul nuovo caso. Mandai un messaggio a Marzio e mi avviai verso casa, mentre le parole di Seiya tornavano a ronzarmi nella testa. Non sono quello che sembro.
E allora, chi sei?


Angolo dell'autrice: scusate l'immenso ritardo ma non ho avuto tempo, un sacco di casini mi hanno occupato la mente. Ma ecco il nuovo capitolo. E così la nostra Bunny deve andare al ballo con Seiya, anche se forse avrebbe voluto Marzio. E adesso? Cosa succederà?
Grazie per le recensioni :)
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Una serata... ***


Capitolo IV: Una serata... “normale
 
Non sono quello che sembro.
Non sono quello che sembro.
Non sono quello che sembro.
 
“Damn, you must be joking!” (Dannazione, vuoi scherzare!)
Mi sentì tutto il quartiere. Perché mi dovevo far sempre assalire dai dubbi? Era una stupida frase, detta da un ragazzo idiota, il tipico fighetto della scuola. Ma era il modo in cui l’aveva detto, quel sorrisetto sghembo, l’occhiolino e quel non so che di misterioso. Magari voleva dire che in realtà faceva parte di una setta satanica o che era un secchione o che era gay. Forse l’ultima era l’ipotesi più probabile visto che allontanava ogni ragazza gli capitasse a tiro. Mi scappò una risatina. Il più amato della scuola: gay. Si, sarebbe stato proprio da prima pagina.
Dimenticai improvvisamente tutti i dubbi che mi avevano assalita e entrai a casa, dove ad attendermi c’era Marzio. Le altre due erano andate a fare la spesa con la macchina e noi due eravamo soli, evviva! Va bene, Bunny contieniti!
- “Ehi, Violet, come è andato il primo giorno di scuola?” Mi porse un bicchiere d’acqua.
- “Solito. Le scuole sono tutte uguali.” Afferrai il bicchiere, bevetti e feci una faccia disgustata. “Bleah! Ma cosa diavolo c’è qua dentro, sembra succo di tartaruga!”
- “Succo di tartaruga?! Ma come ti vengono!” Scoppiò a ridere, era adorabile.
- “E’ salaticcio.”
- “E’ un nuovo integratore che provavo, ma devo aver esagerato con qualche ingrediente e adesso sembra… succo di tartaruga!”
- “Che fai? Prendi in giro?” Gli diedi una sberla sul braccio.
- “Probabile”
 
- “Ragazzi! Siamo tornate! E abbiamo la spesa!” La voce di Marta interruppe quel momento, ma perché? Avremmo potuto baciarci. Già immaginavo i nostri bambini, stupendi come lui. No, doveva arrivare quella guastafeste.
- “Brave le mie spie! Ora andiamo, vi devo mostrare cosa dovete fare stasera.” Marzio prese le buste e le appoggiò sul tavolo.
- “Perché dobbiamo lavorare?!” Cantilenò Marta.
- “Direi proprio di sì, ma è solo una ronda di controllo. Forza scendiamo.”
 
Accese il computer e iniziarono a passare le immagini di vari posti in città.
 
- “Queste sono le stelle di Tokyo, ovvero le zone più malfamate e a rischio della città.”
- “Non dovremo andare lì vero? Mi rovino i vestiti!” Marta puntò con un dito lo schermo. La ignorammo, era inutile focalizzarci sulle sue affermazioni, non cambiava mai.
- “Sarà una semplice perlustrazione. Ho delle novità per quanto riguarda la missione. E’ vero che dobbiamo sventare un omicidio di massa, ma è probabile che ci saranno delle uccisioni prima della data fissata, di cui ovviamente non siamo a conoscenza.”
- “Quindi dobbiamo perlustrare quelle zone per..?”
- “Perché quelle saranno soggette a uccisioni, mentre l’omicidio di massa probabilmente avverrà a una serata di gala, di beneficenza o qualcosa del genere perché sono posti che nessuno sospetterebbe.” Intervenne Ami.
- “Esattamente. E probabilmente saranno in perlustrazione anche i nostri avversari quindi voi potrete recuperare informazioni utili.” Concluse Marzio.
Marta ed io ci fissammo. E’ vero, eravamo abili come spie, ma loro due ci stupivano sempre. “E perché i nostri nemici dovrebbero perlustrare quelle zone?” Chiesi.
- “Semplice. Per testare il terreno. Per capire come uccidere e farsene accorgere. Se muore un barbone, probabilmente nessun telegiornale lo dirà. Ma se muore una persona comune che stava passando di là, allora la notizia verrà trasmessa. Quindi cercheranno le sere con più affluenza e le zone più visibili per commettere l’omicidio.” Ami incrociò le braccia, io la adoravo, era fantastica.
- “Ma perché lo fanno?” Marta era perplessa.
- “Mi piacerebbe tanto saperlo. Probabilmente perché sanno che eliminare avversari politici li porterebbe ai vertici della società con più facilità e da lì potrebbero controllare lo Stato e non solo.” Marzio si alzò dalla sedia.
- “Cosa intendi?”
- “Il loro obiettivo è il Mondo.”
- “E’ assurdo, non ci riusciranno mai.”
- “Ne sei sicura? Ti ricordo che è un’associazione vastissima e che tutta l’Europa è caduta già in loro possesso perché noi non ne sapevamo niente. Ora è arrivato il nostro turno, è il momento di sconfiggerli. Ho contatti con la base in America, loro lavorano a Los Angeles e New York, noi qui a Tokyo.”
- “Ma siamo in tre? Come facciamo a sventare un’intera associazione?”
- “L’associazione non esiste senza il capo. Qui a Tokyo saranno al massimo dieci le spie, ma ovviamente c’è il presidente. A lui interessa molto di più conquistare il Giappone dell’America, sa che è più semplice, agli Stati Uniti ci penserà dopo. Se noi abbattiamo il presidente o sventiamo l’omicidio, i membri perderanno fiducia e probabilmente questo porterà alla disgregazione delle loro forze.” Marzio aprì la porta e ci consegnò le nostre divise da spia.
- “Questo è tutto. Ora andate.” Ci fece l’occhiolino e iniziammo a prepararci.
Avete presente le tutine superaderenti che si vedono nei film? Dimenticatele. Noi avevamo stile.
Pantaloni neri elastici, stivaletti col tacco (vi chiedete come sia possibile? Noi andavamo in missione solo e rigorosamente con i tacchi- al rogo le ballerine- perché erano più comodi e riuscivamo a muoverci perfettamente), top nero, occhiali da sole scuri ben legati ai capelli nascosti occasionalmente da una parrucca e ovviamente modulatore vocale. Si narrava una leggenda su una nostra antenata spia. E’ una storia romanticissima. Si era innamorata di un avversario, ma non conoscevano le reciproche identità, così si sfidarono e lui la uccise con un colpo di pistola, poi però sul punto di morire lei disse “Ho perso”, lui riconobbe la voce e si tolse la vita con lei. Cose d’altri tempi.
Tutte e tre avevamo un braccialetto di un colore specifico attorno al polso, che ci rendeva riconoscibili con i nomi di battaglia: Violet, Yellow, Blue.
Da questo momento, in azione.
 
Ormai era buio, le luci cominciavano a spegnersi ed era arrivato il momento tanto atteso. Saltavamo tra i tetti delle case, osservavamo i bar colmi di gente, le luci delle macchine e i clacson. Progredendo verso il punto stabilito, ci allontanavamo sempre di più dal centro e il rumore diminuiva fino a quasi scomparire del tutto, fino a diventare un sottofondo.
 
- “Certo che questo quartiere incute terrore!” Bisbigliai
- “E’ tutto così silenzioso e in questi vicoli è pieno di delinquenti..” Aggiunse Marta, come se la cosa dovesse tranquillizzarmi. Dai tetti delle case guardavamo verso la strada e non c’era altro che desolazione, qualche passante ogni tanto vestito come un barbone e degli spacciatori.
Improvvisamente sentimmo uno sparo proveniente dal palazzo accanto, iniziammo a correre.
- “Violet, tira fuori la pistola e tu, Yellow, il sonnifero istantaneo.” Ci ordinò Ami.
- “Sparo proveniente dalla seconda finestra sulla destra, al mio tre saltiamo e spacchiamo il vetro, entriamo e…”
- “Chi vivrà, vivrà.” Concluse Marta.
- “Devi sempre rubarmi la frase finale?” Ribattei in tono seccato.
- “Non siamo in un film d’azione, ricordalo. Forza, andiamo!”
Senza che avessi neanche il tempo di risponderle, Marta si era già lanciata ed Ami ed io dovemmo seguirla a ruota.
 
Il vetro si infranse e ci apparve un panorama alquanto tetro. Quattro spie stavano ferme davanti alla porta, mentre la quinta stava per conficcare un coltello nel petto di un povero uomo la cui unica disgrazia era non aver soldi sufficienti per permettersi una casa fuori da quel quartiere, fuori dall’incubo.
Feci in tempo a sparare il sonnifero a quell’essere senza cuore e a un’altra spia sulla porta, altre due fuggirono dalla porta e una tentò di uscire dalla finestra così decisi di inseguirla lasciando Marta ed Ami a tranquillizzare l’uomo. Volevo inseguirlo, dovevo capire perché esistessero delle persone tanto crudeli, iniziai a correre più veloce che potevo cercando di dimenticare la terribile visione: una donna  a terra senza vita e quegli uomini che guardavano impassibili la scena.
- “Fermo! Non mi scapperai!” Urlai. Lui, lo intuii dalla corporatura, si fermò.
- “Io non scappo.” Si voltò, aveva i capelli biondi, era tutto vestito di nero e aveva un anello al pollice destro.
- “Perché fate tutto questo? Erano delle persone innocenti!” Ero completamente fuori di me.
- “Fatti gli affari tuoi. E’ necessario. Il mondo sarà diverso.”
- “Uccidendo delle persone che non hanno colpe?!” Gli puntai addosso la pistola.
- “Non avresti il coraggio di sparare. Sei troppo buona. Io non uccido, non mi piace farlo, lascio sempre il compito agli altri. Però credo in quello che crede l’associazione e voi non potrete fermarci. Siamo più forti.” Iniziò ad avvicinarsi.
- “Stai fermo o sparo!”
- “Ti do un consiglio: una bella ragazza come te non dovrebbe giocare a fare la spia, è pericoloso.” Sussurrò e sorrise maliziosamente.
- “E tu, se ci tieni ai tuoi gioielli di famiglia, dovresti andartene prima che ti privi della facoltà riproduttiva.”
- “Me ne vado, me ne vado. Alla prossima, ci rincontreremo.” Soffiò il vento e lui era sparito.
Mi raggiunsero Ami e Marta e insieme tornammo a casa, dopo facemmo un’attenta ricostruzione della serata a Marzio.
Bevetti una cioccolata calda e osservai che avevo perso il braccialetto, probabilmente saltando da un tetto all’altro. L’avrei cercato il giorno dopo, chissà dove era finito, avevo quel portafortuna da ormai tre anni, da ancor prima di conoscere Marzio, Marta ed Ami ed era estremamente importante per me.
Sorseggiai la cioccolata e mi addormentai sul divano, dopo aver riflettuto su Seiya e sulla sua frase, sulla spia dai capelli dorati e sulle sue convinzioni e su Marzio e così chiusi gli occhi col sorriso.
 
Dall’altra parte della città alcune spie complottavano.
- “Ehi torna sul pianeta! Sei un po’ distratto questa sera…”
- “Si scusa pensavo…”
- “A cosa?”
- “Niente di importante.” Detto questo il ragazzo dai capelli dorati si allontanò, guardò la Luna in cielo mentre stringeva in mano un braccialetto, viola.


Angolo dell'autrice: ed eccoci qua con la spiegazione della missione. Spero che abbiate capito in cosa consiste il loro scopo, se non sono stata chiara, fatemelo sapere :)
Le nostre spie entrano in azione a la nostra Bunny ha trovato del filo da torcere. Ora la situazione per lei si complica: abbiamo Marzio, il grande amore, Seiya, l'antipatico di turno che la fa divertire, e la spia coi capelli dorati che la stuzzica.
E adesso??
Grazie mille a colore che recensiscono sempre :)
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Prom is coming ***


Capitolo V: Prom is coming 

- “Non sono mai stata ad un ballo prima!” Esclamai infilando il vestito che il sarto aveva cucito per me.
- “Qualcuno è nervosa, come mai?” Marta mi guardò maliziosamente.
- “Non per quello che pensi tu. Semplicemente non voglio fare brutte figure.”
- “Qualcuno ha una cotta…”
- “Per quello sbruffone?! Mai e poi mai!” Urlai così forte che le mia guance si tinsero di un colorito alquanto insolito.
Ma che razza di idee si erano messe in testa le mie due migliori amiche?! Volevamo paragonare Marzio e Seiya? Non ce n’era neanche bisogno.
- “Però ci tieni particolarmente all’aspetto…” Aggiunse Ami.
- “Perché non voglio darla vinta ad Isa. Piuttosto voi due, mi sembra che vi siate molto interessate a questo ballo.. nascondete qualcosa?”
- “Almeno io lo ammetto che mi piace Yaten” Marta mi guardò truce.
- “Io invece devo controllare la zona, anche senza cavaliere…”
- “Ami, tu potresti prenderti Taiki!” Ridacchiò la bionda.
- “No, no cioè lui mi ha detto che ci vedremo lì, ma non è come pensate voi, assolutamente…” Balbettò il genio di famiglia.
- “Sì sì lo vedremo. Hanno suonato! Tesoro, il tuo cavaliere è arrivato.”
Non riuscivo proprio a comprendere da dove derivava tutta quell’energia che Marta sprigionava. In fondo era solo un ballo. Certo, c’erano tante persone, ragazzi carini e sarei stata a dir poco invidiata quella sera, però dove stava la parte emozionante? Avevo Marzio, non c’era bisogno che il figo della scuola mi esibisse come un giocattolo e detestavo ballare.
Scesi le scale scuotendo la testa e maledendo il giorno in cui avevo accettato l’invito di Seiya, sbuffavo e il mio passo assomigliava a quello di un elefante, fino a quando non alzai il volto e lo vidi.
Fu uno di quei momenti che non dimenticherò mai perché, per quanto lui non fosse il mio tipo, era davvero bellissimo: aveva una camicia bianca, dei pantaloni neri e la giacca appoggiata sul braccio, mentre la sua mano teneva una rosa bianca. Avrei ricordato per sempre il suo sguardo, quegli occhi blu oceano che luccicavano alla vista del mio vestito senza spalline bianco che ricadeva sulle gambe con delle pieghe ampie. Avrei ricordato per sempre il suo modo di deglutire, il suo tono di voce che diveniva un sussurro: “Sei bellissima”.
Lo presi a braccetto e insieme ci dirigemmo verso la limousine. Era cominciata la festa, il ballo che tutti aspettavano e, forse, non mi sentivo più fuori luogo, mi sentivo serena.
Quella sensazione sarebbe durata poco.
Entrammo nella palestra della scuola e subito tutti gli occhi erano puntati su di noi. Le ragazze single cercavano di evitare ogni contatto visivo con noi, ma la loro curiosità era troppo grande, mi sentivo osservata, invidiata e alquanto imbarazzata anche perché non sapevo come comportarmi.
- “Testolina Buffa, te l’ho detto che stasera sei bellissima?” Mi sussurrò vicino all’orecchio.
- “Grazie Seiya, anche tu stai davvero bene!”
- “Perché, esiste un solo momento in cui la mia bellezza non è pari a un milione?”
- “Solito presuntuoso. Possibile che un attimo prima sei il ragazzo più dolce del mondo e il momento dopo mi piacerebbe ritirare tutto quanto quello che ho pensato?” Sbuffai.
- “Dai, lo sai che ti prendo in giro. La verità è che se ti ho invitata al ballo c’è un motivo…”
- “Non mi hai invitata, mi hai obbligato a venire per toglierti dalle scatole Isa” Lo guardai.
- “Io volevo…”
Improvvisamente suonò l’allarme antincendio, maledissi quel momento. Sentii il mio cercapersone vibrare e capii immediatamente che gli avversari avevano disseminato il panico.
Lasciai la mano di Seiya, ancora impietrito dal suono dell’allarme, salii le scale ed entrai nel primo bagno che trovai. Fu un cambiamento di abiti molto rapido, passai da dolce principessina del ballo a Violet, spia senza pietà; contattai le mie amiche e saltai fino a raggiungere il tetto della scuola.
- “Cosa diavolo è successo?!” Chiesi con rabbia.
- “Quale migliore occasione di mostrare la loro potenza se non un ballo studentesco?” Rise sarcasticamente Ami.
- “Mi hanno rovinato il ballo” Obiettò Marta.
- “Non c’è tempo per questo. Violet la spia a destra, Yellow tu quella a sinistra e io mi occupo di distruggere la bomba visto che so già dove è.” Ordinò fermamente Blue.
- “Sai già dov’è?!”
- “Forza, non c’è tempo, andate.”
Sfrecciai alla velocità del fulmine per rincorrere l’uomo che aveva interrotto la festa a dei semplici studenti, disseminando terrore per tutta la sala. Era una questione personale. Proprio mentre Seiya stava dicendo qualcosa proveniente dal suo cuore, una frase di senso compiuto che fosse formata da un soggetto e un verbo, era suonato l’allarme. No, questo non era giusto. Non perché mi importasse di quel montato, ma per una questione di principio. Quante altre ragazze erano rimaste lì, in piedi, sul più bello come me? Era inaccettabile.
Lo stavo raggiungendo, scesi nelle fogne. Un posto migliore poteva trovarlo questa spia da quattro soldi?
Il nascondiglio che aveva trovato però si rivelò un vicolo cieco e ben presto dovetti fronteggiarlo.
- “Hai rovinato la festa!”
- “Non sapevo neanche che ci fosse una bomba, non sempre ci avvisano, quindi non prendertela con me, spietta.”
- “Modera i termini, sei tu quello che è finito in un vicolo cieco.”
- “L’ho fatto per divertirmi un po’ a combattere contro di te, come l’ultima volta.”
Era lui, la spia, quel ragazzo dai capelli biondi, con una mschera nera che gli copriva il volto, lasciando intravedere solo il colore degli occhi. La sua vista era ipnotica, era come se celasse dei sentimenti…buoni. Sembrava che il suo sguardo chiedesse aiuto. Sembrava che con i suoi movimenti non fosse davvero intenzionato a ferire.
Credetti che i miei pensieri fossero solo fantasie.
Fantasie che, però, avevano un fondo di verità.
Corsi verso di lui, appoggiai un piede contro la parete per fare leva e saltare più in alto, poi tentai di colpirlo ma, con una grandissima prontezza di riflessi, riuscì a farla franca.
Mi girai e riuscii a parare un suo pugno, poi un calcio. Dopo alcuni minuti, ansimavamo tutti e due, ci eguagliavamo, sarebbe stato impossibile stabilire un vincitore.
- “Te la cavi, devo ammetterlo. La prossima volta però farò sul serio.” Sorrise.
- “Lo scontro non è ancora finito.”
- “Il piano è saltato, avete distrutto la bomba complimenti. Sappi che, alla fine, vinceremo noi.”
- “Non ve lo permetteremo.”
- “Allora morirete” La sua voce era dura, quasi non assegnabile a quel viso che nascondeva emozioni contraddittorie.
- “Non ci arrenderemo, ce la faremo.”
- “Pensala come vuoi. Te l’ho già detto, non giocare a fare la spia, ti farai male.”
- “Te l’ho già detto. Taci o saranno guai per te.”
Così dicendo gli passai accanto e balzai fuori da quelle fogne, pronta per tornare alla festa.
Ritrovai il mio vestito dove l’avevo lasciato, mi ripassai il trucco e cominciai a pensare a quegli occhi azzurri. Quell’oceano immenso, quei capelli così biondi, quelle caratteristiche così angeliche all’apparenza che celavano un individuo al servizio di assassini.
Dentro di me sentivo l’irrefrenabile desiderio di salvarlo.
Perché sapevo che quegli occhi avevano chiesto aiuto, me lo sentivo.
Ma da dove cominciare?
E se lui non avesse voluto cambiare?
Percorsi tutto il corridoio fino a giungere nel cortile.
Mi sedetti su una panchina, alzai gli occhi e fissai il cielo notturno, mentre in lontananza udii dei passi.
- “Ehi, ti ho cercata dappertutto Testolina Buffa” Seiya mi porse la sua giacca e sorrise.
- “Sono scappata, sono una fifona. Quell’allarme mi ha messo in agitazione. Tu invece? Non avrai avuto paura vero?”
- “Sempre la solita! Paura? Io? Sono rimasto in palestra, cercando di mantenere la calma.”
- “Almeno il peggio è passato, mi dispiace solo che questa serata sia stata rovinata.”
- “Non mi dire che anche tu sei incline al mio fascino? Ma che domande faccio, è ovvio!”
- “Guarda che prima di quest’affermazione avevi guadagnato dei punti!”
- “Che onore! Why are you so different?”
- “Facciamo gli internazionali!”
- “Hai qualcosa che ti distingue dalle altre, hai un insolito coraggio, c’è determinazione nei tuoi occhi e… No, niente, Nevermind”
- “Suppongo che tu mi abbia fatto dei complimenti quindi, grazie.”
Continuava a fissarmi attraverso quegli occhi oceano e io ero ipnotizzata, non riuscivo a muovermi. Cosa mi stava succedendo?
- “Seiya, Why don’t we dance?”
Lui annuì, probabilmente non si aspettava una simile richiesta ma, in quell momento, volevo sentire il suo calore e le sue braccia.
Volevo sentirmi protetta per una sola volta, in tutta la mia vita.
Non riuscivo a togliermi dalla mente quegli occhi così bisognosi d’affetto, un sentimento che stavo dando a Seiya, la persona sbagliata. Ma guardando il suo sorriso capii che, forse, dietro quell’animo da duro, da presuntuoso ed egocentrico, si nascondeva un semplice ragazzo che non si era mai innamorato e che non si sentiva importante per nessuno.
In qualche modo, per me lo sei.
Avrei voluto dirglielo. Ma capii che, in quell’occasione, il silenzio valeva più di mille parole.


Angolo dell'autrice: Lo so, questo aggiornamento arriva dopo un mese e non so quanto ce ne vorrà per il prossimo. La verità è che non ho avuto tempo e mi mancava l'ispirazione. Adesso ho già impostato i prossimi capitoli come degli schemi e devo solo scriverli, cioè mi manca la parte più complicata.
Francamente non so quando arriverà il prossimo aggiornamento ma vi assicuro una cosa: con la fine di agosto sarà conclusa. L'8 agosto parto e quindi, in vacanza, avrò tutto il tempo di scrivere e scrivere. Mi mancherà internet ma potrò lo stesso scrivere, avendo a disposizione il pc, quindi la concluderò e poi, una volta ritornata a casa, la pubblicherò.
Chiedo davvero scusa!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!
Grazie:)
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Too much death ***


Capitolo VI: Too much death
 
Mi alzai quella mattina col sorriso sul volto, ero proprio di buonumore.
Feci colazione, infilai il mio vestito azzurro preferito con un coprispalle blu e vi abbinai i miei stivaletti preferiti.
Presi la macchina e mi diressi a scuola, c’era il test di matematica. Non chiedetemi come avessi fatto a ricordarlo visto che non avevo praticamente toccato libro, ma speravo di essere aiutata da qualche anima pia come ad esempio Ami.
La matematica non mi frullava neanche minimamente per la testa –non che fosse mai stata presente- perché la mia mente era ben impegnata a fare ragionamenti astrusi. Prima fase, identificare la spia dal volto angelico e capire cosa nascondesse; seconda fase, capire perché Seiya si comportasse in quella maniera assolutamente ossimorosa, mi avrebbero regalato la medaglia al valore della psicologia un giorno.
Salii i gradini che conducevano all’ingresso del mio istituto e ottenni numerosi fischi da parte di alcuni ragazzi, con conseguente aumento dell’autostima che mi portò a rivolgere la parola a Seiya.
- “Buongiorno!” mi appoggiai all’armadietto accanto e sorrisi.
- “Bonjour mon amour! Have you spent a great night?”
- “Non chiamarmi amore e sì, ho dormito molto bene”
- “I postumi della dolcezza di ieri sera… ammettilo che ho fatto breccia nel tuo cuore” Mi fece l’occhiolino. Brutto arrogante, presuntuoso, possibile che non ci sia un momento nel quale non esalti le tue qualità?!
- “Non so se te l’hanno mai detto, ma non sei il ragazzo più bello del mondo, c’è di meglio.” Risposi sospirando.
- “No, mai. Invece, immagino che a te abbiano detto che si può fare di meglio.”
- “No, mai.” Lo guardai con aria di sfida, i nostri sguardi si incrociarono per qualche secondo, fino a quando non sentii una voce stridula urlare il nome del ragazzo che mi stava fissando.
- “Ehi, Liz, come stai?” Aspettate, riavvolgiamo il nastro. Fino a tre secondi prima ci stavamo guardando intensamente e adesso stava parlando affettuosamente con un’ochetta?
- “Seiya, tesoro, veramente bene. Mi accompagni in classe? Sempre che non dispiaccia alla tua amica..” Mi squadrò da capo a piedi, gelosia.
- “Seguramente, vamos.”
- “Quanto adoro quando parli in altre lingue.” Poi mi guardò. Ma dico io, l’avete sentita. Probabilmente non l’avevate sentita con la sua voce stridula e il suo modo di agitare i capelli, odioso! Certo tesoro, ti piacciono le lingue, ma non quelle che si parlano immagino.
- “All’amica non da’ fastidio, tanto se ne stava andando.”
- “See you later, dumpling!”
- “Quanto adoro quando parli in altre lingue.” Chiusi l’armadietto, feci il verso alla ragazza, gli passai davanti, scavalcai la sua dolce fiamma e mi diressi verso la mia classe.
Ci rendiamo conto?! Accompagnava quella? Una tipa del genere? Lui non era il gran “io non guardo quelle cose nelle ragazze”, immagino che sia un maschio, dopotutto.
In me nasceva la voglia immane di ucciderli entrambi, magari sarebbero stati contenti di morire insieme, che teneri.
Un momento, se state pensando che questa sia gelosia vi sbagliate di grosso. Si tratta di… fastidio provocato dal fatto che quel ragazzo riesce a mettervi su un piedistallo e poi vi fa cadere dopo neanche due secondi che avevate cominciato a considerarlo umano.
- “Allora, Americana, come è andato il ballo?” Ci mancava solo Isa a rendere questa mattinata stupenda.
- “Alla grande, ci siamo divertiti un sacco, mi ha fatto un sacco di complimenti però sai una cosa? E’ tutto tuo, io non lo voglio, evidentemente i tipi tutti tette e niente cervello sono quelli che desidera!” Non mi ero accorta che il mio tono di voce era leggermente alto quindi i pochi presenti avevano sentito tutto.
Mi sedetti al banco, ero a dir poco esasperata.
- “Wow! Violet, l’autocontrollo è cosa da pochi e tu non rientri nella categoria” Disse sarcasticamente Ami.
- “Non è che sei gelosa e inizia a piacerti Seiya?”
- “Marta, non ci pensare neanche. Ha tutte le qualità che detesto in un ragazzo e ieri è stata proprio una bella serata ma lui è esattamente come tutti gli altri, ti fanno sentire speciali e poi…niente, lascia stare” Interruppi la frase.
- “Ti è tornato in mente il tuo ex?”
- “No, quella è acqua passata.”
- “Ti ha tradito, capisco che tu possa starci ancora male..” Marta era davvero dolce in quel momento, ma io non avevo voglia di parlarne perchè lei non conosceva tutta la storia, la nostra storia.
Ed ora capivo perché, in qualche modo, sentivo che dovevo stare lontana da Seiya. Lui, in alcuni atteggiamenti, era simile al mio ex. Stesso modo di fare lo spavaldo, di prendermi in giro, stesso modo di reagire.
Entrò il professore e tutti dovettero fare silenzio. Compilai il test copiando le risposte da Ami, poi mi alzai e il resto della mattinata passò fino a quando non suonò l’ultima campanella, indizio che quella giornata era giunta al termine.
Quando tornai a casa, trovai Marzio che stava facendo una torta.
- “Ehi, Bunny, aspetta ancora un po’ e questa torta sarà pronta così potrai ingozzarti.” Mi sorrise.
- “Che bello! Marta ed Ami sono andate a fare la spesa…”
- “Bunny, ti vedo preoccupata…cosa è successo?”
- “Qualche piccolo problema con un mio compagno, niente di che…”
- “Ti piace qualcuno? Sai che è proibito e…”
- “Lo so. Non mi piace, puoi stare tranquillo.” Ma mentre dicevo quelle parole, non solo mi accorgevo che non era quello il problema, ma anche che Marzio mi trattava come una sorella minore. E la verità era che non faceva neanche così male averlo capito. Tutti dicono che si soffre a non essere ricambiati? Forse avevo altro per la testa, forse semplicemente la mia cotta non era così forte. Forse ero solo troppo stanca e neanche Marzio mi avrebbe potuto tirare su di morale.
- “C’è dell’altro?”
- “Perché devono uccidere così tante persone? E’ assurdo, non voglio pensare che esistano delle persone così cattive e diaboliche…Quel presidente... merita lui di morire!”
- “E’ il loro scopo, so che è ingiusto ma devi continuare a lottare…”
- “Sono stufa di lottare contro questa organizzazione anche perché penso che sotto sotto ci sia del buono in alcuni di loro…” Mi ricordai di quegli occhi oceano.
- “Bunny, no. Vanno sconfitti e se sarà necessario per difenderti dovrai ucciderli.”
- “No, non voglio! E’ il presidente la causa, ne sono sicura!”
- “Anche se è solo lui, per arrivarci, bisogna passare su di loro!”
- “Non capisci che forse anche loro avranno le loro ragioni se sono lì?”
- “No, non ce le hanno. Sono cattivi e malvagi esattamente quanto il loro capo… Sei troppo buona, l’ho sempre detto.”
- “Con questo cosa vorresti dire?”
- “Che sai essere la più agile, la migliore dal punto di vista fisico, ma questo tuo buonismo ti frena dal portare a termine le missioni e se non ci fossero Marta ed Ami forse saresti morta a quest’ora. Però mentre sei così buona verso i nemici, sei fredda nelle relazioni.”
- “Quindi il fatto che sia umana mi penalizza?!” Urlai, lasciando perdere l’ultima parte della frase. Perché era questa la verità, solo perché non volevo essere spietata ero catalogata come la “buona”, quella che offre rifugio a chiunque.
- “Lascia stare, forse ho esagerato. E’ che non ti vedo mai abbracciarti con le altre, consolarle e…”
- “No, non hai esagerato, hai detto la verità. Sappi però che io penso esistano delle persone da salvare e non è buonismo gratuito. E se sono fredda, c’è un motivo.”
Scesi nel sotterraneo, mi preparai e iniziai a fare la ronda sui tetti.
Avevo bisogno di schiarirmi le idee. Due calde lacrime cominciarono a rigarmi il viso. Era quindi questo che tutti pensavano? Che fossi troppo buona e fredda? Che fossi una contraddizione vivente?
Lo sapevo troppo bene che avevano ragione. Sapevo di essere fredda, gelida con le persone a cui tenevo di più.
Marta, Ami. Le mie migliori amiche che avevano sempre condiviso tutto con me, ma io niente con loro. Pensavano che non avessi segreti, ma la verità è un’altra.
Avevo detto che dopo Lui non mi sarei mai più affezionata a nessuno, ma succedeva continuamente e io avevo solo paura di mostrare i miei sentimenti, perché l’ultima volta li avevano calpestati.
Se solo pensavo a Lui, a quel giorno di pioggia… Non volevo ricordare, l’avevo cancellato dalla mente. Non volevo più provare l’amore disperato, per questo mi ero attaccata a Marzio. Lui mi dava un amore buono, genuino, fatto di piccoli sorrisi e di dolci parole, ma era qualcosa di incompleto. Per il momento però, mi accontentavo di quello.
Squillò il telefono.
- “Violet, torna alla base. Stasera non serve che fai la ronda…” Era la voce di Ami.
- “Potrebbero attaccare…”
- “L’hanno già fatto e ci sono riusciti, sono morte cinquantotto persone. Torna a casa.”
- “Stai scherzando?! E perché non li abbiamo fermati?!”
- “Non siamo arrivate in tempo, ci dispiace…”
- “Non è colpa vostra…” Riattaccai.
 
Altre vittime innocenti. Tutto per un desiderio di potere. Fu quella la prima volta nella mia vita in cui credetti davvero in me stessa.
“Li fermerò” pensai.
E mentre saltavo da un tetto all’altro, notai una figura dall’altro lato della strada, seduta su un cornicione. Era lui, la spia, la mia spia, quella che avrei salvato.
Stava piangendo.
Potevo vedere le lacrime solcare il suo volto perché eravamo separati in linea d’aria ma la distanza tra i due palazzi era minima. Lui non mi vide. La mia attenzione si spostò poi sul mio cellulare, che avevo dimenticato di lasciare a casa.
“Dumpling, te la sei presa oggi? Non era mia intenzione. Spero di poter parlare con te domani. Voglio parlare con qualcuno che non mi racconti bugie, perché il mondo intero sembra una menzogna. Non so neanche perché ti ho scritto queste cose. Scusa”
Dovevo salvare Seiya.
Sollevai gli occhi e vidi la spia che si alzava, metteva la mano in tasca e dopo se ne andava.
Dovevo salvare anche lui.
C’era troppa morte nell’aria.
Sembrava che l’amore fosse stato ucciso.

Angolo dell'autrice: eccolo, il nuovo capitolo!!! SO che magari non è divertente, ma ora la nostra spia si trova faccia a faccia con una realtà di morte e soprattutto si trova a dover affrontare il passato. Cosa è successo di tanto grave da averla fatta diventare "Fredda"?
E adesso penserà all'amore?
Grazie mille per le recensioni!
Un bacio^^

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Feelings ***


Capitolo VII: Feelings
 

I sentimenti sono qualcosa di inconscio e indefinito. Cambiano loro stessi e cambiano te. E’ impossibile decifrarli completamente. Li fraintendiamo, spesso. E sbagliamo per colpa loro. Qualche volta ci portano a vedere le persone in un modo diverso da come sono realmente.
 
Misi il punto finale al mio tema e consegnai. Per la prima volta nella mia vita l’insegnante aveva dato un tema degno di essere elaborato dal mio cervello. Uscii dalla classe, aprii l’armadietto e ritrovai un pezzo blu di carta accartocciato: “Ci vediamo tra dieci minuti sul tetto. Seiya”
Il cuore iniziò a battere sempre più forte, cosa mi stava succedendo? La parte razionale di me mi diceva di non andare, ma da quando io ascoltavo la mia mente? Erano le emozioni che prevalevano. E dopo quel messaggio del giorno precedente sapevo che forse avrei potuto conoscere un nuovo lato di Seiya, diverso, magari dietro quella faccia spavalda si nascondevano grandi sentimenti.
Salii le scale e intanto immagini dell’Organizzazione attraversavano la mia mente senza sosta. Chi erano davvero? Perché uccidevano così tanto?
- “Testolina Buffa, sapevo che saresti venuta..”
- “Me l’hai chiesto tu…”
- “Hai ragione, sai ogni tanto anche io ho i miei momenti di debolezza e pazzia..” Sorrise.
- “Vuoi parlarne?”
- “No, ti ho fatto venire qui per dirti che non ne ho più bisogno e che puoi cancellare il messaggio di ieri… non so neanche perché te l’ho scritto” Alzò gli occhi e iniziò a guardare le nuvole con un’espressione assorta. Non l’avevo mai visto così.
Una folata di vento mi fece venire i brividi, ma non riuscivo a proferire parola.
- “Hai freddo, dumpling, torniamo a scuola.”
- “No, io non me ne vado di qui finchè non mi dici cosa diavolo ti succede…” Lo presi per un braccio “Tu, tu sei la persona più strana che io conosca, hai degli sbalzi di umore incredibili, prima mi tratti come se fossi una principessa, dopo te ne vai con la prima che capita… Sono convinta che tu non sia quello che vuoi cercare di essere..”
- “Perché tu sei convinta di essere quello che sembri?” I suoi occhi blu mi penetravano, mi spaventai al solo pensiero di quanto potessero scavarmi nell’anima.
- “Sono molto più equilibrata di te.” La mia voce tremava
- “No, non è vero. Anche tu sai recitare molto bene. Dietro a questa tua corazza da “Comando io e ti posso distruggere quanto voglio”, c’è solo tanta…”
- “Tanta? Hai paura?” Mi stupii di quanto il tono della mia voce fosse duro e severo. Sembravo Violet, non Bunny.
- “No, sei tu quella che ha paura.. Hai tanta paura di amare.” Gli lasciai il braccio, continuai a fissarlo senza replicare. Mi aspettavo un’affermazione come “avevo ragione io” eppure il silenzio continuò. La sua espressione non mutò. Rimase mista tra tristezza, serietà e malinconia. Non iniziò a esultare per aver detto la verità. Si limitò ad annuire e cominciò a camminare.
Fu allora che decisi di parlare “Perché, invece tu sei pronto?”
- “Non ho mai detto questo, ma almeno non mi nascondo dietro una persona normale.”
- “Una persona “normale”? E cosa c’è di male?”
- “Tu sei diversa dagli altri. Non so cosa ci sia in te. Il tuo carattere mi ha sempre colpito però, osservandoti, vedo in te solamente paura di provare affetto. Fai finta di essere una ragazza semplicemente con un carattere forte però senza la capacità di legarsi.”
- “C’è gente che semplicemente non ci crede.”
- “Io penso che tutti quelli che non credono nell’amore mentano. Forse sono convinti di tale affermazione, ma essa è semplicemente frutto di una delusione proveniente dal passato..” Si voltò e mi guardò intensamente “Io preferisco essere spavaldo ed egocentrico ma ho impiegato molto tempo a comprendere ciò che ti ho appena detto e se lo sto facendo è perché penso che tu abbia bisogno di essere salvata.”
E svanì dietro la porta del tetto. Rimasi di sasso nel sentire quelle parole. Perché esse erano così vere.
Ero io che dovevo salvarlo. E se fossi stata io in pericolo?
Ma l’emozione che mi aveva trasmesso rimaneva comunque la stessa di sempre. Nonostante credessi alle sue parole, percepivo la profonda inquietudine del suo animo, il suo bisogno di qualcuno accanto.
Forse entrambi dovevamo salvarci.
 
Il profondo silenzio della scuola fu interrotto dalla pausa pranzo. Non avevo molta fame, ma decisi di recarmi in mensa almeno per tenere compagnia ad Ami e Marta.
- “Si può sapere dove eri finita?” Lo sguardo inquisitorio di Ami mi metteva in agitazione.
- “Prendevo aria, mi ero stufata di fare lezione..” Mi sedetti.
- “Non ce la racconti giusta… Eri con Seiya vero? Stavate pomiciando per caso?” La solita delicatezza di Marta.
- “No, stavamo parlando…”
- “Inizia tutto col parlare e poi…beh si usa sempre la lingua, ma non si producono esattamente parole..”
- “Marta!” Ami diventò rossa come un peperone a quelle parole, lei non è esattamente una ragazza con cui si possono fare certi tipi di conversazione.
- “Marta, tra me e Seiya non c’è niente, e mai ci sarà..” Ma neanche io ero convinta di quello che dicevo. Sapevo che c’era una connessione, ma non riuscivo a capire perché. Era come se il destino avesse voluto farci incontrare.
Improvvisamente squillò il cellulare. Era Marzio. Ma il cuore non mi batteva più come un tempo. Non stavo diventando rossa in viso, la mia bocca non si protraeva in un sorriso. Era semplicemente Marzio, il mio capo. Che diavolo stava succedendo?!
“Ragazze, emergenza! Magazzino in periferia attaccato. Dovete recarvi subito sul posto”
Detto, fatto.
Le spie all’azione. Lasciammo la scuola immediatamente e partimmo per la missione.
Il magazzino era all’interno di un vecchio edificio, grigio, cupo e tetro situato in un quartiere piuttosto silenzioso infatti il rombo delle macchine si sentiva raramente.
Riuscimmo ad entrare attraverso una finestra al secondo piano. Non avevo paura. In fondo sapevo che il rischio era parte del mio mestiere e la cosa mi piaceva un sacco.
- “Allora, ragazze, io vado a cercare qualcosa nella stanza in fondo al corridoio, voi due perlustrate la zona” Dissi con voce decisa.
Le due annuirono e iniziarono la ronda mentre io correvo verso la porta di fronte a me. Sentii il rumore del combattimento che era appena iniziato tra le mie due migliori amiche e le spie avversarie. Ma sapevo che non potevo aiutarle. E’ una delle principali regole. Dobbiamo dedicarci alla missione e lasciare che i nostri alleati se la cavino da soli. Dovevo spegnere la bomba all’interno della sala, bastava un piccolo sforzo.
Entrai, sentii il ticchettio dell’orologio che annunciava i dieci secondi rimanenti all’esplosione. Ero giunta giusto in tempo. Trovai il meccanismo dietro una cassa di legno e distrussi l’apparecchio che provocò un suono stridulo, doveva essere senz’altro un allarme. Una di quelle campanelle che avvertivano l’Organizzazione che l’operazione era fallita.
Sentii dei passi, la porta si aprì. Dovevano essere Marta ed Ami.
- “Bene, ora possiamo andare.” Sussurai.
- “Io non credo proprio”. Non era una voce femminile. Aprì la tenda per far filtrare un raggio di luce.
- “Chi sei?”
- “Potrei offendermi. Non riconosci la tua spia preferita?!” Lo guardai meglio. Era lui. La mia spia.
- “Cosa vuoi tu da me?”
- “Volevo fermarti, ma hai distrutto la bomba.”
- “Quindi perché non sei andato via come tutti gli altri?”
- “Perché volevo occuparmi di te. Sai, sei poco furba. Quella bomba non avrebbe provocato nessun danno, vi abbiamo teso una trappola.”
- “Vuoi dire che la bomba non è qui?”
- “No, è dall’altra parte della città…chissà se le tue amichette riusciranno ad arrivare in tempo.”
- “Maledetti bastardi! Perché fate tutto questo?”
- “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, piuttosto puoi scegliere se batterti con me o venire consegnata direttamente al presidente.”
- “Preferisco uscire. Adesso ti sposti dalla porta e io lascio l’edificio.”
- “Perché pensi che lo farò?”
- “Perché so che non mi ucciderai e non mi consegnerai in mano a nessuno..” Stavo giocando col fuoco.
- “Sei proprio sicura? Io ho un lavoro da compiere..”
 
Improvvisamente sentii il rumore di una chiave, una chiave che gira in una serratura. Anche lui lo sentì, si girò verso la porta e iniziò a battere i pugni. Io non mi muovevo, avevo perfettamente capito la situazione, ma non volevo fare un passo falso.
 
- “Lo sai, penso che non ci resti altra soluzione che combattere. Ci hanno chiusi dentro.”
- “Potremmo sfondare la porta”
- “E’ blindata.”
 
Era una situazione assurda. Bloccata in un edificio con il tuo acerrimo nemico.
- “Uno dei due sopravvive e trova il modo di uscire da qui, ora dobbiamo solo decidere chi.”
Lo guardai. Non c’era altra soluzione.
- “Oppure potremmo prima uscire e poi combattere.”
- “Hai paura?”
- “Di quelli come te? No. Combatterò, se è questo quello che vuoi, ma prima usciamo da qui.”
- “Va bene.” Annuì, non mi contraddisse, si avvicinò e sussurrò “Allora, mia cara spia, da dove cominciamo?”
 
Non sapevo come uscire e cosa fare. Ma di una cosa ero certa: non dovevamo cominciare dai nostri sentimenti. Sarebbe stata una catastrofe.


Angolo dell'autrice: Eccomi qui dopo tre mesi! Mi scuso immensamente per questo ritardo. Avevo promesso che l'avrei conclusa presto, a settembre e invece la mancanza di ispirazione non mi ha aiutato per niente. Ora l'ho ripresa e potrò concluderla, stavolta per davvero.
Questo capitolo inizia a introdurre la parte più seria del racconto, in quanto Bunny deve afforntare i suoi sentimenti e il suo modo di essere.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo!
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Enemies ***


Capitolo VIII: Enemies
 
Il suo respiro era vicino al mio orecchio, il cuore non voleva rallentare, era stretto in una sorta di morsa, non era doloroso, era piacevole. Le mie gote cominciarono a  dipingersi di un colorito rosa. Non succedeva da anni, da quando… Appena quel pensiero sfiorò la mente mi ritrassi da quella situazione così equivoca. Che diavolo mi stava succedendo?! Sentivo attrazione per un essere senza sentimenti. Già.. ma quegli occhi così inquisitori mi chiedevano aiuto, una disperata necessità di poter essere liberati. Ma non potevo.
Probabilmente nessuno potrebbe capire quale fosse il mio stato d’animo, codesto individuo innanzi a me abbatteva tutte le difese che cercavo di creare.
“Bunny, ragiona, non si va a letto col nemico.”
Mentre questo pensiero si infiltrava tra le mie membra, la spia mi cinse i fianchi e con un abile movimento mi fece sedere su una delle casse di legno agli angoli della stanza.
- “Allora, vuoi che ci mettiamo a lavoro o continuiamo ad oziare?”
- “Direi che non ho alcuna idea quindi perché non ti dai da fare”
- “Vuoi che ci diamo da fare insieme? Certo, il pavimento è scomodo ma si può sempre trovare un modo…” Mi fece l’occhiolino.
- “Da quando ti prendi tutte queste confidenze?!”
- “Avanti, rimaniamo sempre soli…”
- “Hai ragione. Penso sia un caso del destino. Perché non cominciamo subito?” Mi alzai e lo raggiunsi, iniziai ad accarezzargli i biondi capelli e sorrisi maliziosamente.
- “Oggi la spia ha voglia di essere trasgressiva” Mi prese la mano e la intrecciò alla sua.
- “Io sono sempre trasgressiva e poi ammettiamolo che la nostra alchimia è evidente.” Il mio viso era a due centimetri dal suo, avvicinò le labbra alle mie, chiuse gli occhi e io? Io, con una grande prontezza di riflessi, gli tirai un calcio tra le gambe. Ne seguì un vero e proprio urlo e il conseguente rumore delle sue ginocchia che cadono e atterrano sul cemento del pavimento.
- “Ma che diavolo..?!” Con la voce strozzata, mi guardò.
- “Dobbiamo uscire così, non possiamo perderci in simili sciocchezze, commetteremmo solo uno sbaglio irreparabile..”
- “E allora genietto come pensi di uscire da qui?”
- “Ci sto ancora pensando, ma questo non mi sembra il modo di concentrarsi..” Gli diedi una mano affinché potesse rialzarsi, ma rifiutò il mio aiuto.
- “Siete proprio delle brave ragazze. Capisco perché vogliate salvare il mondo, ma non ci riuscirete.”
- “Siete convinti di fare la cosa giusta?! Uccidete tutte queste persone per un semplice amore nei confronti del potere… E strappate i mariti alle mogli, i figli ai genitori senza pietà.” Stavo urlando e i suoi occhi azzurri cominciarono a guardarmi. Stavolta non chiedeva aiuto, voleva forse che smettessi di parlare? Voleva uccidermi? Voleva picchiarmi?
Non fece niente di tutto questo. Si accasciò, si passò la mano tra i riccioli d’oro e disse:”Esistono alcune persone che non vogliono niente di tutto questo… ma sono obbligate…”
- “E tu sei uno di questi?” Vidi attraverso la maschera che c’era un luccichio diverso nei suoi occhi quella sera. Volevano confessare, ma non potevano.
- “Ci sono cose che non puoi sapere, non ti è concesso.”
- “Io voglio solo aiutarti.”
- “Non puoi. Nessuno può.”
 
Estrassi dalla tasca dei miei jeans una forcina e cominciai a girarla nella serratura, voltandogli le spalle. Mi fidavo. Era assurdo eppure sentivo che non c’era pericolo, che non mi avrebbe mai ferito.
Aprii la porta e mi fermai.
- “Dobbiamo combattere.” Mi voltai.
- “No, vai, lasciami solo.”
- “Ma…”
- “Non mi hai sentito? Perché vuoi a tutti costi cercare di aiutarmi quando sai che non servirà a niente?!” Si avvicinò.
- “Perché c’è del buono in te…”
- “Ti sbagli. Io sono il cattivo..” Mi strinse tra le sue mani e posò le labbra sulle mie in un bacio che divenne sempre più acceso.
Sentivo dentro di me il rischio, il pericolo, ma sapevo che non poteva durare. Quando realizzai cosa stavamo facendo, lo spinsi via e la mano si preparò a sferrare un sonoro schiaffo che lo colpì sulla guancia destra.
- “Scappa. Finchè sei in tempo. Non perdere tempo con me…”
 
Non replicai, istintivamente balzai fuori dalla finestra e cominciai a correre. Avevo paura.
Paura di amare. Aveva ragione Seiya. Ero stata ferita troppo nel profondo. Ero costantemente alla ricerca di qualcuno che mi facesse sentire viva, che mi provocasse i brividi sulla pelle. E l’avevo trovato.
Anzi, erano in due, stavolta. Seiya e la spia. Non sapevo cosa ci fosse in loro ad attrattami tanto, ma ero conscia del fatto che dovevo capirli. Potevo farcela.
 
- “Finalmente sei tornata a casa!” La voce di Marzio risuonò per tutta la cucina.
- “Ho avuto più problemi del previsto..” Iniziai a salire le scale.
- “Aspetta, Bunny… io volevo scusarmi per quello che ti ho detto, non era mia intenzione…” Sorrise. Un tempo quel sorriso avrebbe creato in me una forte emozione, ma adesso era vuoto, era il modo di scusarsi del mio capo.
Realizzai quanto fossi stata sciocca.
Memore della delusione d’amore, avevo cercato qualcosa di semplice, una persona che mi sarebbe sempre stata accanto. La mia era una cotta. Era il sentimento che provano i bambini delle elementari. Era l’affetto che sentono le adolescenti per gli idoli del momento.
Non era amore.
Per me l’amore era altro: era passione, era guardarsi negli occhi e sapere che, non importava quanto fosse difficile la situazione, ce l’avrei sempre fatta, era condividere i miei segreti, i miei stati d’animo, era sentire i brividi che percorrevano la schiena a un semplice bacio sulla fronte.
L’amore era ciò che avevo rinnegato per tutto quel tempo, ferita e incapace di perdonare.
Ma non potevo continuare a vivere intrappolata in un castello per potermi salvare dagli attacchi esterni. Dovevo uscire e combattere.
 
Il telefono squillò: “Testolina Buffa, gelato, al parco tra quindici minuti.”
- “Marzio, accetto le scuse, ora devo uscire però.” Feci un cenno col capo e mi incamminai verso l’ignoto.
Arrivai al chiosco dei gelati, mi guardai intorno e lo vidi appoggiato a un albero, col telefonino in mano e la sciarpa intorno alla bocca.
- “Perché non esci con Liz?” Domandai curiosa.
- “Non mi piace, te l’ho già detto. E’ gelosia?”
- “Forse.” Sorrisi e lui rimase spiazzato da questa risposta, si aspettava tutta un’altra reazione. Ma avevo capito di aver sbagliato gioco e, per la prima volta, ammettevo a me stessa di provare forti sentimenti verso questo ragazzo.
 
Nella mia vita non mi ero mai sentita così. Era tutto nuovo e diverso, ero felice. Stavo vivendo un momento magico grazie alle persone che mi circondavano e forse era giunto il momento di aprirsi del tutto.
 
- “Seiya, sediamoci sulla panchina… volevo parlarti.. Questa mattina avevi ragione, mi nascondo e ho paura di amare ma c’è un motivo per tutto questo.”
- “Testolina Buffa, io non volevo ferirti…ecco, non so cosa mi sia preso..”
Gli posi un dito sulle labbra. “Ascolta, ti prego, ascolta la mia storia.”
 
La mia storia riguarda il mio passato. Un argomento che ho chiuso tempo fa. DI cui non ho mai parlato a nessuno.
Il passato è il mio incubo di notte.
E’ morte del mio sorriso.
E’ vita di sentimenti crudeli.
Il mio passato è il mio peggior nemico.

Angolo dell'autrice: in questi giorni sto male, ho la febbre, di conseguenza ho deciso di scrivere alcuni capitoli, ma avendo un forte mal di testa, non prometto niente.
Dunque... Finalmente la nostra Bunny prende atto della verità, ma adesso cosa c'è stato di tanto tragico nella sua vita in passato?
P.s avete visto quanto è adorabile la spia? Ok, ho un amore per lui, chiunque egli sia.
Spero vi sia piaciuta.
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** My past ***


Capitolo IX: My past
 
Non ne avevo mai parlato con nessuno.
Avete presente le bambole di porcellana, quelle da collezione? Le ho sempre reputate meravigliose. Il loro viso così raffinato, perfetto, connotato da un lieve rossore. I loro vestiti ricamati a mano, nobili, quasi aristocratici. La loro espressione così serena, pacifica, fiera, ricca di una dolce e non altezzosa carica di autostima. Loro sono dei piccoli tesori, sono perfezione, nobiltà, si distinguono dalla massa.
Non sono come le solite bambole di stoffa. Non è la consistenza che cambia. E’ come si sentono. Importanti. Decise. Sono troppo per il resto. Ma non è presunzione e arroganza, è una legge che nessuno può cambiare.
 
Io ero così. Ero una bambola di porcellana.
Perfettamente ordinata, avevo i cerchietti abbinati a ogni mio possibile abbinamento nel vestiario. Camicia e gonna, capelli raccolti in una coda, un leggero accenno di trucco che mi donasse un’aria maggiormente da “donna in carriera”, non che ne avessi bisogno perché ogni volta che passeggiavo per le strade della Grande Mela, sentivo la gente bisbigliare “Guarda, lei ha la faccia proprio da brava ragazza, dovresti seguire il suo esempio.”
 
- “Tu, una brava ragazza?! Vuoi scherzare?! Vorrei proprio vederti un giorno conciata in quella maniera…”
- “Se non ci credi potrei portarti una foto…”
- “Potresti venire domani a scuola vestita da donna in carriera..”
- “No, quella ragazza è morta. Non esiste più..” Lo guardai negli occhi e con un’espressione seria, ricominciai a raccontare.
 
Ero l’orgoglio della mia famiglia. Non era certo un genio a scuola, ma mia mamma aveva già pensato che per i miei metodi seri e calmi avrei potuto sposare un membro di qualche famiglia ricca.
Una parte di me amava essere la brava ragazza della situazione, ma la verità è che mi costringevo ogni giorno a indossare quella maschera perché ero abituata e non avrei mai saputo vivere in un’altra maniera.
Forse ero troppo insoddisfatta per rendermi conto che non avrei dovuto cambiare, mai, neanche per un ragazzo.
 
Le mie compagne di scuola dedicavano i loro sabati sera ad ubriacarsi e ad andare col primo che ballava con loro in discoteca. E per “andare” intendo vendere il proprio corpo al primo sconosciuto giusto per sentirsi grandi. A me non interessava. Io sognavo il grande amore e non ascoltavo le cattiverie che dicevano su di me. In realtà credevo che, dette da loro, fossero dei complimenti.
 
Sospirai e guardai il cielo notturno. Volevo smettere di raccontare perché sapevo che forse non gli interessava la mia storia.
Invece lui era lì. Aveva accavallato le gambe e seguiva con lo sguardo i lineamenti del mio volto. Voleva davvero capirmi. Finalmente c’era qualcuno che voleva conoscere la vera me stessa.
Così continui la storia di “Bunny, la santa, la casta, la pura” che diventa “Bunny, la sgualdrina”.
 
Una sera mentre portavo a spasso il cane, incontrai lui.
Avevo sempre sognato il principe azzurro, biondo con gli occhi azzurri con un sorriso che poteva illuminare anche la notte più oscura.
 
- “Ehi, Biondina, dove vai di bello?”
- “Ecco… sto portando il mio cane a fare un giretto..” Il buio nascondeva il rossore delle mie guance.
- “Una bella ragazza come te dovrebbe stare attenta ad andare in giro la sera…”
- “Abito qui a due passi e si è fatto anche tardi, devo andare..”
- “Almeno mi dici come ti chiami?”
- “Bunny” Sorrisi.
- “Io sono Moran” E scomparve nel buio della notte.
 
Penso che, avendo quindici anni, fossi una semplice adolescente alle sue prime esperienze e ora sono in grado di riconoscere che non era lui il mio vero amore.
Ma a quel tempo divenne praticamente un’ossessione.
Ci vedevamo spesso, ci scambiammo i numeri di telefono, iniziammo ad uscire, passava a prendermi a scuola e tutte le mie amiche erano gelose, si chiedevano come avessi fatto a conquistare un ragazzo così bello e, all’apparenza, così perfetto.
Ero talmente stupida e cieca che non riuscì a capire i guai a cui stavo andando incontro.
Mi presentò ai suoi amici e iniziammo a frequentare alcune feste. Mi sentivo parte della massa, iniziai a snobbare le persone più piccole che mi salutavano nei corridoi perché mi sentivo superiore. Uscivo con persone più grandi e questo aumentava di molto la mia autostima, facevo tardi la sera ma ricordo perfettamente che non bevevo e non fumavo. Un minimo di autocontrollo l’avevo mantenuto.
Con i mesi però, l’alcol diventò fumo, il fumo diventò canne e le canne diventarono droga.
Io non la provai mai. Ma, di certo, per paura di essere ancora considerata Miss Perfettina, non la toglievo agli altri.
Uscivano dai bagni completamente sballati e soprattutto con gli occhi fuori dalle orbite, quasi non li riconoscevo.
 
- “Moran… ecco, io vorrei parlarti di..insomma…quello che fate alle feste la sera…non ti pare eccessivo?” Provai a parlarne con lui, col mio ragazzo, con la persona che avrebbe dovuto proteggermi.
- “Tesoro, è giusto un po’ di divertimento, non siamo dipendenti! Tranquilla, è tutto sotto controllo.”
E continuava a ripetermi quelle parole. Ancora oggi le sento stridere nel mio cervello e pulsare nel mio cuore.
Non era tutto sotto controllo e io non volevo ammetterlo.
C’erano giorni in cui neanche ci sentivamo perché lui doveva smaltire la sbronza o semplicemente il fatto di essersi fatto una dose troppo elevata. Ma io lo volevo. Perché? Non lo so. In fondo, mi faceva solo del male. Mi feriva perché non era più dolce con me. Mi feriva perché aveva lo sguardo assente, ma non potevo abbandonarlo.
Mi accorsi solo dopo che, invece, sarebbe stata la scelta migliore.
 
Le lacrime cominciarono a rigare il mio volto. Nessuno mi aveva mai vista piangere dopo anni. Istintivamente, Seiya mi strinse forte contro il suo petto e iniziò a darmi piccoli e teneri baci sulla fronte.
Sussurrava dolci parole e diceva: “Tranquilla, adesso ci sono io, il peggio è passato.”
Ma non era vero.
Io alzai il capo e gli risposi: “Il peggio deve ancora venire”.
 
E’ stata una precisa notte quella che cambiò la mia vita e il mio modo di vedere le cose.
Ero in discoteca insieme al solito gruppo e non parlavo con Moran da più di tre giorni, così a metà serata decisi di andare a casa sua.
Sapevo che le chiavi erano sotto lo zerbino, ma ciò che non sapevo era lo spettacolo raccapricciante che avrei trovato davanti ai miei occhi.
Era steso sul divano e sul tavolino c’era una quantità enorme di droga e vodka.
 
- “Che diavolo stai facendo?! Quando ti ho conosciuto non eri così!” Iniziai ad urlare.
- “Ragazzina, non devo di sicuro giustificarti le mie azioni! Sei tu quella che ha deciso di seguirmi e non sei buona a niente perché sei solo una suoretta da quattro soldi!” Prese la bottiglia e la scaraventò contro il muro mentre io indietreggiavo sempre più impaurita, ma non fui abbastanza veloce.
Mi bloccai completamente, non riuscivo a proferire parola. Ricordo perfettamente ogni singolo fotogramma di quel momento. I suoi occhi rossi, la forza con la quale mi prese per i fianchi e mi buttò sul divano e io urlavo, mi dimenavo, cercavo di colpirlo, ma le mie grida erano sorde. Nessuno le sentì. E io rimasi intrappolata lì, sotto di lui, sotto quel corpo che si era trasformato in un mostro privo di ragione e di cuore.
E io sognavo il grande amore, di condividere quel momento speciale con qualcuno che mi avrebbe rispettata.
E  provai solo un enorme dolore lancinante dentro di me, che mi spaccò l’anima. Non lo dimenticherò mai.
Le mie suppliche non lo fecero smettere. Mi sentivo vuota, senza più neanche una ragione per andare avanti a vivere.
Quando quella tragedia terminò, mi alzai e senza mai voltarmi uscii da quell’appartamento e tornai a casa. Non rividi mai più Moran.
Volevo dimenticare, ma non potevo. Non riuscivo a rimuovere quell’atto di violenza dalla mia mente, si era impossessato di me, del mio cuore e del mio spirito.
Come se non bastasse, il giorno dopo a scuola tutti dicevano e raccontavano la storia di come uscissi la sera e andassi a letto con tutti i ragazzi del mio gruppo.
E io? Io non potevo fare niente. Nessuno mi avrebbe creduto.
Avevo perso la mia innocenza nelle mani di un ragazzo che credevo l’amore della mia vita e che pensavo, ingenuamente, che fosse perfetto.
Giurai di non amare più. Giurai di diventare fredda e calcolatrice. Giurai di non essere mai più popolare. Giurai di non essere più Bunny.
Tre giorni dopo sono morti, in un incidente stradale, i miei genitori.
 
Ormai non facevo altro che singhiozzare.
Seiya mi prese la mano, ma improvvisamente una sensazione di rabbia, di sconforto si impossessò di me così iniziai a correre.
Pensavo che, dopo tutto ciò che aveva sentito, lui sarebbe rimasto lì, fermo a fissarmi mentre me ne andavo.
Ma sentii una mano calda che mi afferrava il polso, un caldo corpo che aderì perfettamente contro il mio, una voce soave che adagiò semplici parole: “Io ci sarò sempre per te. Non scappare via, adesso.”
Mi voltai e iniziai a guardarlo: “Tu non capisci cosa mi ha fatto! Io non posso amare di nuovo! Ero convinta fino a quando…”
- “Fino a quando?”
- “Fino a quando non ho incontrato te…”
- “Bunny, io non posso prometterti niente, ma cercherò di non ferirti… Io… e so che non posso capire quello che hai passato… e so che deve essere qualcosa di tremendo ma io voglio far parte della tua vita, voglio che tu superi e lasci il passato alle spalle e voglio che tu lo faccia con me. Sono la persona più felice del mondo perché tu hai deciso di aprirti proprio con me… e so che è difficile amare quando hai perso tutto, quando hai perso la fiducia in qualcuno.”
- “Io sono un essere orribile..” Continuai a singhiozzare.
- “Non devi neanche pensarlo! E’ stato lui il mostro, è stata la tua vita passata a indebolirti! Ma tu sei forte, non devi lasciarti andare così, tu hai carattere, sei sempre sorridente, sei l’unica persona che riesce a tenere testa a Isa, sei l’unica che riesce a tenere testa perfino a me! Ed esistono persone in questo mondo che ti amano per quello che sei adesso…”
Mi bloccai, non avevo la forza di replicare. I suoi occhi erano delle dannate calamite e più cercavo di allontanarmi, più queste con forza mi attiravano.
 
- “Amore mio, sono sicura che un giorno troverai una persona che ti ama, che ti guarderà e sarà capace di capirti a pieno, ti scaverà nel profondo, ma solo per poterti amare ancora di più. Ricordati, non importa quante difficoltà ci saranno tra di voi, l’amore vero trionfa in ogni caso. Ascolta la tua mamma.”
 
E avevo smesso di fuggire.
Smisi nel momento esatto in cui le sue labbra si posarono sulle mie.
E, in quella notte stellata, sapevo che non potevo scappare dal mio passato.
Dovevo affrontarlo e sconfiggerlo. Dovevo guarire le ferite, dovevo renderle delle cicatrici che non si sarebbero più aperte.
Forse grazie al Tempo ce l’avrei fatta.
Ma soprattutto, grazie all’amore, quello vero, stavolta.

Angolo dell'autrice: Ecco alla fine scoperto cosa è successo alla nostra povera Bunny :( Allora io ho mantenuto il rating verde proprio perchè gli argomenti sono trattati in maniera molto "tranquilla", senza particolari descrizioni perhcè non me la sentivo. Ci tengo a precisare che questo non vuole comunicare superficialità, in quanto i sentimenti di Bunny sono chiaramente espressi, solo che non volevo approfondire troppo questi temi perchè non sapevo se ce l'avrei fatta o meno. Spero lo stesso che il capitolo vi sia piaciuto.
Grazie a tutte!
Un bacio^^

Alison_95
P.s. se qualcuno pensa che il rating debba essere portato a Giallo, me lo faccia sapere :)


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** The truth ***


Capitolo X: The truth
 
Ero sdraiata sul mio morbidissimo letto e abbracciavo il guanciale decorato con dei coniglietti viola. Ripensavo alla serata precedente, a tutte le emozioni che avevo provato, al momento in cui le sue labbra si erano posate sulle mie, a quando mi aveva sollevato in braccio e mi aveva condotto a casa sua. Il mio corpo era ancora intorpidito, i brividi della notte precedente sembravano ancora sfiorarmi. Per la prima volta nella mia vita ero riuscita a donare tutta me stessa alla persona di cui ero innamorata e non mi aveva forzato.
Era amore.
Era amore quando ero arrivata a scuola la mattina dopo e lui mi aveva sorriso, poi avevamo scherzato e lui mi aveva portato sul tetto della scuola.
Era amore all’ora di pranzo quando avevamo steso una piccola tovaglia sul prato adiacente la scuola.
Era amore quando la giornata era finita e dovevamo salutarci.
Era amore anche in quel momento quando, stesa sul letto, ripensavo alle emozioni provate.
Era amore.
 
- “Ehi, donzella innamorata, abbiamo la serata di Gala stasera, ricordi?” Improvvisamente Marta mi riportò alla realtà.
- “Certo che ricordo!” Me ne ero completamente dimenticata.
- “Farò finta di crederti, muoviti a prepararti!”
 
Così a malincuore dovetti interrompere i miei pensieri, indossare un vestito viola senza maniche, leggermente sopra il ginocchio che mi fasciava completamente le cosce, scarpe col tacco, telecamera incorporata nelle perle della mia preziosa collana, parrucca riccia e mora in modo tale da non essere riconosciuta.
La serata di Gala era l’evento annualmente più facoltoso di Tokyo. Vi partecipavano politici, ministri, i personaggi più illustri della nobiltà del Giappone e ovviamente, quale luogo migliore per piazzare una bomba se non una serata di beneficenza?
 
- “Ricapitolando, ci teniamo in contatto tramite l’auricolare, se notiamo qualsiasi movimento sospetto mandiamo un segnale, nel frattempo a turno cerchiamo nei vari posti della residenza la bomba e ricordate che oggi ci sono anche LORO, tutto chiaro?” Ami ci guardò con aria di superiorità.
- “Ami, tesoro, da quanto facciamo questo lavoro?” Marta la guardò sorridendo.
- “Anni ormai.”
- “E TU PENSI CHE NON SIAMO IN GRADO DI FARE LE COSE SENZA LA TUA SUPERVISIONE?”
- “No, Marta, siete delle frane.”
- “Beh, hai ragione!” E scoppiammo a ridere.
 
La villa era magnifica: appena entrammo nella sala principale gremita di gente, c’erano due camerieri pronti a prendere i nostri cappotti e ad accoglierci. Le luci che provenivano da quattro lampadari di cristallo illuminavano un salotto enorme ammobiliato con divani d’epoca e tavolini in legno. Le pareti erano caratterizzate da una serie di greche e di quadri raffiguranti dei paesaggi.
Eppure, nonostante la magia della festa, c’era qualcosa che non mi convinceva. Tuttavia non la percepivo tra i volti degli sconosciuti presenti; sentivo un’inquietudine provenire dritta dal cuore, mi spaventava, prendeva possesso di me e mi innervosiva.
Rassicurai me stessa ricordandomi che, probabilmente, era l’adrenalina della missione.
Qualche volta, so essere davvero ingenua.
 
Sentii improvvisamente una mano calda che si posava sulla mia spalla nuda, sentii una scossa e mi voltai.
- “Buonasera signorina, non volevo disturbarla.” Il ragazzo davanti a me era alto, aveva i capelli rossi, gli occhi scuri e un naso a dir poco buffo, per non parlare dei lineamenti della bocca. Non che io fossi conciata meglio, ovviamente nel travestimento dovevamo modificare anche qualche caratteristica del viso. La cosa buffa però era che lui non portava una maschera quindi mi appariva come un ragazzo davvero goffo.
- “No, stia tranquillo, non mi disturba affatto. Posso esserle d’aiuto?”
- “Niente di particolare, l’ho vista qui sola e spaesata e ho pensato di fare quattro chiacchiere con lei”
- “Lei è davvero molto gentile. Come mai si trova qui questa sera?”
- “Sono il figlio di alcuni ospiti e lei?”
- “Beneficenza, mi occupo di raccolta fondi verso dei poveri bambini disagiati.”
Sentii suonare l’allarme installato nel mio braccialetto e collegato all’auricolare. Ami e Marta avevano trovato la bomba.
- “Tutto bene signorina?”
- “No, ecco, io avrei bisogno del bagno, me lo può indicare?” Avevo bisogno di una scusa nel minor tempo possibile.
- “In fondo a destra, a presto, signorina.” Mi sorrise.
Un tuffo al cuore. Avevo già visto quel sorriso, ma non ricordavo dove.
Continuai a pensare allo strano ragazzo dai capelli rossi e al fatto che non portasse alcuna maschera in volto.
Magari avessi saputo che non portava una maschera, ne indossava mille.
 
Iniziai a correre e raggiunsi le mie due compagne che erano intanto indaffarate in una stanza matrimoniale per distruggere l’oggetto di morte senza fare alcun rumore  e destare sospetto.
Bastarono due colpi e la minaccia fu annientata.
Marta ed Ami decisero di uscire dalla finestra, io mi ritrovai in corridoio. Dovevo allontanarmi dalla casa senza destare alcun sospetto.
Iniziai a sentire dei passi. Mi voltai, ma non c’era nessuno. Vidi però una sagoma nell’altra ala dell’edificio, così accelerai il passo ed entrai in una stanza. Sembrava uno studio, la luce era soffusa.
Buttai a terra la parrucca e tornai ad essere Violet.
Stavo per avvicinarmi alla finestra quando sentii il rumore della serratura che si chiude e una voce alle mie spalle.
 
- “Oh, la mia spia preferita” Non servì neanche che mi voltassi. Era lui. Ma quando lo vidi in volto capii che ero stata davvero stupida. Era il ragazzo dai capelli rossi.
- “Tu…” sussurrai.
- “Sai, all’inizio non avevo capito chi fossi fino a quando non sei scappata. Brava la mia bella spia, anche oggi hai distrutto una bomba, ma non hai vinto la guerra”. Sorrise. Eccolo il sorriso, il suo maledettamente attraente sorriso.
- “Però sto vincendo molte battaglie. Senti Spia ti piaccio davvero tanto vero? Perché continui a seguirmi continuamente…”
- “Sono follemente innamorato di te.”
- “Anche io, non sai quanto.”
- “Mi attiri davvero però, questa tua aria da brava spia ti rende ancora più ragazzaccia..”
- “Invece la tua aria da strafottente mostra il cucciolo indifeso che è dentro te.” Sorrisi malignamente e ripensai a quegli occhi che avevano così bisogno d’aiuto.
 
So here we are
We are alone
There’s weight on your mind
I wanna know
 
- “Sai mi ricordi tanto una persona… ma devo ucciderti”
- “Anche tu, i tuoi occhi e poi… devo ucciderti” Mi fermai e ripensai a quel sorriso
Quel sorriso pazzescamente allegro. Non poteva essere.
 
The truth, if this
Is how you feel
Say it to me
If this was ever real
 
Si avvicinava a me. Mi sforzavo di pensare a Seiya, ma dentro di me quel ragazzo davanti con I suoi modi terribili me lo ricordava incredibilmente. E mi ricordava anche Moran.
Ero in trappola, non potevo scappare.
Dovetti reagire e lo colpii con un pugno in pancia. Tuttavia a causa del contraccolpo mi ritrovai sulla scrivania, mi erano cadute la maschera e la parrucca, tentai di voltarmi e scappare.
Il cuore mi batteva a mille. Vidi la sua posizione. Nel semi buio presente nella stanza, vidi la sua schiena alzarsi sempre di più fino ad essere in piedi, la maschera e la parrucca erano per terra.
E poi vidi, vidi qualcosa che non avrei mai voluto vedere.
 
I was blind
I want the truth from you
Even it hurts.
 
Lui si voltò. Il suo sguardo pietrificato.
Aveva bisogno di aiuto. I suoi occhi erano lucidi. E anche i miei.
 
Avevo finalmente capito tutto.
Perché volevo salvarlo.
Il perché di tutti quegli strani discorsi.
 
- “Non .. ci credo..” La mia voce era rotta dai singhiozzi.
- “Non può essere…” E poi crollò, si sedette sul pavimento con le mani che coprivano il volto.
 
Volevo la verità, ma non volevo che fosse questa.
 
Mi alzai e mi diressi verso la porta.
- “So che mi lascerai andare.”
- “Lo farò” I suoi occhi blu mi guardarono, mi supplicarono di lasciarlo solo e così feci.
- “Addio..”
Così doveva essere e così sarebbe stato.
- “Addio..”
 
Cominciai a piangere e scappai.
Gridai al cielo quello che avrei voluto lui sentisse da me.
I singhiozzi erano udibili e la notte incoraggiava la mia solitudine.
Urlavo alle stelle e alla luna.
Urlavo.
Urlavo che lo amavo.
Urlavo che lo odiavo.
Urlavo: “Addio, Seiya.”


Angolo dell'autrice: scusate il ritardo con cui arriva questo capitolo.
Eccovi svelata la verità: molte di voi avevano già capito chi fosse la spia, ma... adesso come faranno a contrastare il loro amore?
Spero che vi sia piaciuto!
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Can't ***


Capitolo XI: Can’t
 
Quando ero bambina navigavo in un mondo di innocenza fatto di bambole, di vestiti con i fiori, di tazzine per il tè delle cinque.
Io ero la bambola di porcellana.
Ma quando sei piccolo c’è una vera e propria qualità in te che si spezza con il passare degli anni: la determinazione.
Sei convinto di poter sconfiggere tutti i mostri, vuoi diventare il capo del mondo e finchè non ottieni qualcosa, urli, piangi e lotti.
Col tempo sparisce.
Un senso di arrendevolezza si sviluppa nella nostra anima e diventiamo delle marionette incapaci di raggiungere gli obiettivi. La verità è che continuiamo a ripetere costantemente a noi stessi: “Lotta per quello in cui credi. Lotta per quello che ami”. Ma poi non lo facciamo. Molliamo. Capiamo di preferire la sofferenza della rinuncia a quella della battaglia.
Tutti un giorno ci svegliamo e leggiamo proprio di fronte ai nostri occhi la parola: ”Impossibile”.
Ed è quello che mi successe quella mattina quando, ancora assonnata, davanti alla tazza del latte, osservando i volti delle mie migliori amiche, iniziai a percepire quelle tre parole, chiare e nitide come non mai: Tu non puoi.
Ed era vero.
Non potevo, dovevo lasciarmi tutto alle spalle.
 
-  “Pianeta Terra chiama Bunny, che ti succede?”
-  “Sto benissimo, perché?” Replicai alla domanda inquisitoria di Marta
-  “Hai le occhiaie e hai una faccia cadaverica, sembra che tu abbia appena scoperto dell’esistenza di un mostro!”
 
Lui non era un mostro. Lui era un mostro. Queste due voci continuavano a rimbeccarsi nella mia mente senza lasciarmi neanche un attimo di respiro. Che cosa dovevo fare? Ammettere che la persona di cui ero follemente innamorata era il mio più acerrimo nemico, un uomo che uccideva persone senza una giustificazione?
Eppure lui aveva detto più di una volta che non era un assassino, che non aveva mai fatto del male a nessuno. Eppure mi sembrava così difficile da credere.
 
Quando entrai a scuola, mi diressi subito verso la caffetteria perché avevo bisogno urgente di un cappuccino, ma quando mi voltai avrei voluto spedire quella deliziosa tazzina in faccia alla persona che avevamo appena oltrepassato la porta: Seiya.
I suoi occhi blu avevano la solita durezza che velava però una grandissima tristezza, capivo come si sentiva. O almeno, in qualche modo, speravo che lui provasse le mie stesse emozioni.
Pagai, misi il portamonete in borsa ma la sua mano mi bloccò.
 
-  “Io non volevo… non pensavo..” Sussurrò e poi chinò lo sguardo.
-  “Neanche io, ma è successo e adesso…”
-  “Mi dispiace, io vorrei dirti tutto, ma non posso, tu sei… insomma…”
-  “E tu sei una spia al servizio di un subdolo uomo che è il mio peggior rivale, tu sei il mio peggior rivale Seiya.”
-  “Pensi che per noi sia facile? Pensi che noi sapessimo a cosa andavamo incontro?”
-  “Aspetta… noi chi?”
-  “Io, Yaten e Taiki, mi pare ovvio.”
-  “Quindi anche loro sono… non ci posso credere!”
-  “Pensavo che avresti collegato, come io ho subito capito che anche le tue amichette erano delle spie.”
-  “Bene, penso che non ci sia altro da aggiungere allora.”
-  “Forse solo che per noi è la fine..”
-  “Non c’è un noi, Seiya, non c’è mai stato. Io e te. Due entità distinte. Dimentichiamo quello che ti ho raccontato, quello che ci siamo detti e la notte che abbiamo trascorso insieme.” E così dicendo, lasciai quel posto che, ormai, era diventato solo un cumulo di falsità.
 
Shaking your head
Like it’s all wrong
Before you’re here
You’re already gone
 
La pioggia scendeva costante e il suo ticchettio mi ricordava quelle uggiose giornate a New York.
Sentivo le mie migliori amiche cantare a squarciagola, ridere, ma lo sarebbero state ancora per poco. Era giusto dire la verità? O forse era meglio lasciarle vivere il loro sogno?
 
-      “Ragazze, dovrei parlarvi…” La voce mi tremava.
-      “Bunny, sembri molto agitata, va tutto bene?” Marta sorrise. Quanto avrei voluto stampare bene nella memoria quel dolce movimento.
-      “No… Sedetevi qui vicino a me, devo dirvi una cosa.” Presi un bel respiro e, con gli occhi lucidi, proseguii. “Sapete, io non avrei mai creduto di innamorarmi. Di innamorarmi così tanto di lui. Di Seiya. E poi però c’erano i nostri avversari, c’era quella spia con cui io rimanevo sempre e inevitabilmente sola e sembrava che scoppiassero le scintille ogni volta, ma lui era un mio nemico. Un paio di giorni fa ho incontrato Seiya al parco e abbiamo parlato e lui mi è sembrato il migliore ragazzo del mondo, la persona con cui avrei voluto trascorrere il resto della mia vita…”
-  “Quindi vuoi dirci che siete una coppia ufficiale? Che teneri! Ma cosa c’entra la spia di “attrazione fatale”?” Marta mi tirò una pacca sulla schiena.
-  “No. Non siamo una coppia e non lo saremo mai. E’ impossibile. Siamo troppo diversi…”
-  “Ma come è possibile? Avete parlato, vi siete trovati e volete buttare tutto al vento?”
-  “Non è facile, Marta. Ci sono cose che ogni tanto sfuggono dalla nostra portata.”
-  “Non mi dirai che voi avete…?” Mi guardò maliziosamente.
-  “Non stavo parlando di quello.”
-  “Quindi è un no?”
-  “Ne parleremo in un altro momento.”
-  “Allora è un sì! Siete stati attenti vero?”
-  “Marta, ti prego. Si, visto che ti interessa tanto siamo stati attenti, ora però devi ascoltarmi e soprattutto devi lasciarmi cancellare quei momenti dal cuore…”
-  “Violet, cosa è successo?” Ami aveva capito che c’era qualcosa che non andava nel mio sguardo.
 
And even with the light
All around you
You’re all alone in the dark
 
- “Seiya è la spia nemica. E lo sono anche Yaten e Taiki” Dissi tutto d’un fiato. Poi scoppiai a piangere e i miei singhiozzi riuscirono a coprire il silenzio che si era creato.
 
You’re breaking your own heart
Taking it too far down a lonely
Road, you say you just want love
But when it’s close enough
You just let it go.
 
Mi stavo spezzando il cuore da sola. Succedeva sempre. E vedevo i volti delle mie amiche. Marta fissava il vuoto ed Ami cercava di trovare una logica a ciò che avevo appena detto. Ma non la trovava. Quello che Marta avrebbe imparato è che l’amore dei film non esiste ed Ami avrebbe realizzato che non si può essere razionali in tutto.
E io? Io avrei capito che non ero più una bambina. Avrei compreso che quando giocavo con la porcellana avevo ancora la voglia di essere qualcuno un giorno. In quel momento mi sentivo una nullità, un’essenza inesistente e vuota.
E nonostante una parte di me gridasse di lottare, i muscoli e tutto il corpo non volevano. Preferivano lasciare andare.
 
The very thing you’ve been
The most afraid of
You’ve been doing from
The start
Breaking your own heart.
 
Ci stringemmo in un abbraccio fraterno che evidenziava la nostra voglia d’affetto. In fondo, non avevamo una vera famiglia, c’eravamo solo noi tre e, proprio quando l’amore era riuscito a colmare il vuoto delle nostre anime, ecco che ci veniva portato via da un destino crudele e ingiusto.
 
Too many tears, too many falls
It’s easy to hear behind these walls
But you don’t have to walk
In the shadows ‘cause
Life is so hard
 
E quella notte la porcellana conservata in un angolo remoto della mia anima fu cancellata. Quella notte fu uccisa quella bambina. Fu assassinata la persona che voleva lottare.
Si dice che il vincente non si arrende mai, mentre l’arrendevole non vince mai.
Evidentemente io ero fedele suddita del “Tu non puoi”.
Io ero la perdente.
 
You’re breaking your own heart.


Angolo dell'autrice: eccoci qua che vediamo come Bunny affronta la dura separazione e come cerca di riferirlo alle sue amiche. Mancano tre capitoli alla fine di questa storia (molti diranno: finalmente xD).
Con questo capitolo colgo l'occasione per ringraziare chi mi segue sempre e per augurare a tutti Buon Natale!
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** The final fight ***


Capitolo XII: The final fight
 

Una settimana dopo
 
Il cellulare squillò alle dieci e mezza quella sera. Ricordo benissimo la scena. Avevo addosso il mio pigiama rosa ed ero andata a dormire presto. Ero stanca, triste, delusa. Il mio animo ormai si nutriva solo di onde negativi, di sentimenti poco piacevoli.
Vedevo il suo viso nei corridoi e chinavo la testa quasi in segno di vergogna. Perché avevo aperto il mio cuore a qualcuno che non ne aveva uno. Probabilmente era un vampiro, di quelli cattivi. L’organo della vita non batte e non pulsa.
Sì, era decisamente un incrocio tra un vampiro e la bestia.
Una terribile creatura che aveva un effetto pazzesco su di me. E non riuscivo a controllare l’amore che provavo. Più cercavo di allontanarlo e più tornava e non avevo armi per combatterlo.
 
Ricordo ancora il suono di “November rain” che echeggia per la stanza, il mio sguardo assonnato che tenta di decifrare le lettere sul cellulare, un balzo felino, un veloce cambiamento, battiti rapidi e tanta paura.
Marzio mi aveva scritto. No, non è come pensate. Non ero emozionata. Affatto. Il suo messaggio diceva chiaramente: Codice Rosso. Tokyo Tower.
E l’espressione “Codice Rosso” per noi spie significava una sola cosa: Lo scontro finale.
 
Indossammo le nostre divise, prendemmo più armi possibili e salutammo, quasi per scaramanzia, la nostra base. C’era il rischio che non saremmo più tornate.
 
-      “Non è un po’ troppo presto per il Codice Rosso? In fondo abbiamo controllato bene gli attacchi..” Chiese Marta correndo.
-      “Sì ma evidentemente si sono potenziati in questi ultimi giorni e siamo state noi ingenue, avremmo dovuto capire di un possibile attacco finale alla Tokyo Tower. A quest’ora c’è un sacco di gente” Rispose prontamente Ami.
-      “E per di più oggi ci sarà lo spettacolo di luci della città, quell’evento pazzesco dove i palazzi si illuminano creando una grande bandiera del Giappone… Ci sarà un sacco di gente sulla terrazza.” Aggiunsi.
 
I magazzini del piccolo negozio al secondo piano erano decisamente piccoli e scomodi, ma indispensabili per cambiarci d’abito ed accedere direttamente ai corridoi meno affollati.
Per la prima volta nella mia vita mi sentivo vuota durante una missione. Era come se mi avessero strappato via tutta la forza in corpo e avessero lasciato il mio animo abbandonato sulla strada.
Perché in realtà era quello che era successo.
Il solo pensiero di dover combattere ancora una volta con lui mi terrorizzava. Cosa avrei fatto?
Cosa si fa quando sai che dovresti uccidere l’unica persona che tu abbia mai amato in tutta la vita?
Cosa si fa quando lui è un mostro?
Cosa si fa quando l’affermazione precedente non ti spaventa neanche un po’?
Ecco i miei flussi di pensieri. Il mio monologo interiore.
 
-      “Bunny, ripassiamo il piano. Bunny, Bunny, Bunny!”
-      “Cosa c’è?!”
-      “Potresti stare più attenta?” mi rimproverò Ami.
-      “Allora, Ami perlustrerà l’ala Ovest, io rimango qui per controllare movimenti sospetti. Tu ti dirigi verso l’ultimo piano, prima della terrazza. Quando capiremo che tutto è pronto e che la bomba è stata disattivata faremo evacuare la torre con una chiamata anonima, speriamo che il tempo ci assista.” Marta mi pose una mano sulla spalla.
-      “D’accordo ragazze. Io vado.”
 
Corsi verso l’ascensore e mi diressi verso l’ultimo piano che era quasi deserto, come mi aspettavo. Metà di esso era occupato da lavori e l’altra metà era di una noia mortale. Sicuramente tutti quanti erano sulla terrazza ad aspettare lo spettacolo di luci o ai ristoranti del primo piano.
L’illuminazione era davvero scarsa, probabilmente le luci erano state rese più fioche per osservare al meglio il resto della città. C’era troppo silenzio. Avevo freddo. I vestiti presi in prestito, e per prestito intendo rubati, erano davvero troppo leggeri per quella serata fresca e la mia tuta da spia era rimasta nel camerino. Come si poteva spiegare a dei comuni mortali una persona vestita da spia in un giorno che non è Carnevale? Non si può. Appunto.
Stavo iniziando ad innervosirmi, non trovavo nulla di strano e la cosa non mi piaceva affatto. Così mi voltai ad osservare il panorama. Era splendido. Io ero disattenta. Troppo. Ma non importava. Mi sentivo sporca dentro perché non stavo facendo niente in quel momento in cui centinaia di persone rischiavano la vita.
Dipendeva da me eppure osservavo le luci. Delle stupide luci in una stupida città illuminata. Ed erano malinconiche. Tanto.
Ed io ero stupida. Mi sentivo poco furba, poco bella, poco dolce, poco adatta, poco tutto. Mi sentivo una nullità.
Io ero quella forte. Eppure mi sentivo intrappolata da fili di cotone che non riuscivo a spezzare.
E aspettavo. Ma cosa stavo aspettando? Dovevo agire.
Cosa si fa quando si aspetta e si è consapevoli che ciò che stiamo aspettando non arriverà mai?
 
-      “You shouldn’t be here.” Il mio cuore sobbalzò, ricordò quel tono di voce e comandò alla mia mente di non permettere ai muscoli di muoversi. Ma non successe.
-      “Plurilinguismo inutile a mio parere.”
-      “Torniamo ai vecchi tempi in cui facevi l’acida.”
-      “Non esistono i vecchi tempi. Esistono i tempi di bugie.”
-      “E di amore.”
 
Silenzio. Interminabile. Non sapevo cosa dire. Voleva per caso prendermi ancora in giro? Voleva distruggermi del tutto?
Mi voltai.
 
-      “Come mai non hai la tua parrucca da angioletto biondo molto falsa?” Fui tagliente.
-      “Per il tuo stesso motivo.”
-      “E quale sarebbe?”
-      “Dimmelo tu.”
-      “Non ho voglia. Ora se non ti dispiace dovrei andare.”
-      “Non ti lascerò andare.” Sorrise.
-      “Invece lo farai. Altrimenti ti ferirò, per davvero.” Lo guardai negli occhi.
-      “Lo hai già fatto. Sei davvero brava.”
-      “Anche tu sei un esperto nel campo della sofferenza.” Voltai le spalle e cominciai a camminare, perché volevo fuggire. Scappare via. Le emozioni erano degli esseri da sopprimere.
-      “Bunny… non è colpa mia.”
-      “Sì, lo è. Tu sei un mostro, un essere viscido. Tu mi hai mentito perché io pensavo che mi amassi davvero. Ma sono una stupida, pensavo di aver trovato qualcuno con cui condividere il mio dolore, ma vedendo chi sei veramente avrei voluto non averti mai conosciuto.” Gridai e gli occhi divennero lucidi.
-      “Non sono quello che sembro. Te lo ricordi? L’ho sempre detto. Bunny scappa, ti prego. Vattene via. Non ne uscirai viva. Ti uccideranno”
-      “L’hai già fatto tu.”
 
Cominciai a correre verso la parte inaccessibile, ma sentivo dei passi dietro di me e presto una calda mano si serrò attorno al mio polso e mi fece voltare.
 
-      “Ci sono due bombe, una è nell’ufficio del presidente al primo piano e l’altra è nell’angolo remoto della terrazza.”
-      “Perché dovrei crederti?”
-      “Perché devi distruggerle. Io non ho mai ucciso una persona in tutta la mia vita e non so qui perché sono un assassino. Sono qui per vendicarmi. La bomba nell’ufficio la distruggerò io, ma tu devi far evacuare la torre. Ascoltami.”
-      “Seiya, perché? Perché mi stai dicendo questo? Vendicarti?”
-      “Perché devi fidarti di me. Bunny, il Presidente ha ucciso i miei genitori. E io devo ucciderlo. Non tu. Non le tue amiche. Io.”
-      “E vuoi diventare un assassino?”
-      “Vuoi che tutta questa gente continui a morire?”
 
Non risposi. Non sapevo cosa fosse giusto o sbagliato in quel momento. Una vita in cambio di mille?
Non riuscivo più neanche a capire se mi stesse dicendo la verità.
 
-      “Tu hai il diritto alla vita, Bunny. Sei un angelo, anche se pensi il contrario. Ti prego, vai dalle tue amiche, salvati e salva tutti quanti.”
-      “E tu?” Iniziai a piangere.
-      “Io ce la farò. Devo solo compiere la mia missione. Devo.”
-      “Ti prego… non farti del male…”
 
Lo abbracciai, lui mi prese il volto tra le mani e mi baciò. Ed io capii che non potevo lasciare andare tutto il mio amore fuori da me. Era troppo grande. Troppo per dimenticare.
 
Suonò l’allarme, codice rosso per tutti.
 
-      “Seiya, cosa sta succedendo?”
-      “Bunny, corri. Fai quello che ti ho detto, ti prego.”
-      “Perché?”
-      “Perché ti amo.” Sorrise e mi lasciò la mano.
 
Mentre correva e lo vedevo allontanarsi, sussurrai: “Ti amo anche io”.
Dopo fui inghiottita dalle urla della gente terrorizzata e capii che dovevo fidarmi di lui.
 
Perché amare per la prima volta è facile. Ma amare dopo aver sofferto, quella è la grande sfida. Quello è il vero amore.

Angolo dell'autrice: ecco un aggiornamento dopo un sacco di tempo!! Ho avuto un sacco di cose da fare e mi è mancata l'ispirazione ma spero lo stesso che il capitolo vi piaccia. Ormai mancano solo due capitoli e anche questa storia (che è stata un agonia in senso di tempi di aggiornamento) si concluderà!
Grazie a tutte coloro che la seguono
Un bacio^^
Alison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sad sunrises ***


Capitolo XIII: Sad Sunrises
 
La luce era saltata. Solo delle luci di emergenze illuminavano quei freddi corridoi. Avrei voluto tanto sapere perché quelle dannate luci di emergenza fossero bianche perché se quella me la chiami LUCE DI EMERGENZA allora io sono Edinson. E avrei potuto trovare una lampadina più efficiente anche costruendola sul momento.
Terminate le mie imprecazioni contro il sistema, mi diressi verso la postazione delle mie amiche.
Le vidi, ancora lì. Tentavano di tranquillizzare le persone.
Mi voltai. Il panorama era splendido. Col buio lo spettacolo era ancora più visibile ma era impossibile goderselo nelle condizioni sopracitate.
I miei occhi si soffermarono sullo sguardo di Ami, così diligente, timida, dolce e di Marta, così allegra, estroversa, solare.
Mi erano sempre state accanto, eppure per qualche motivo particolare io non ero mai riuscita a confidare niente riguardo la mia situazione. Mi sentivo in colpa.
 
- “Eccoti qua. Dove sei stata? Dobbiamo andare.” Mi sussurrò Marta.
- “Dovete ascoltarmi: ci sono due bombe. Una è sulla terrazza e l’altra è nell’ufficio del presidente.” Dissi tutto d’un fiato.
- “Bunny, sei sicura? Come fai ad esserne certa?”
- “Dovete solo fidarmi di me.”
- “Hai visto Seiya. E’ un nemico, vuoi capirlo? Non devi dargli ascolto!” Marta alzò il tono della voce.
- “Sappiamo che è difficile.. ma devi accettare questa situazione.” Continuò Ami.
- “No. Io so che lui dice la verità. Voi dovete ascoltarmi, vi prego. Per la nostra amicizia. Non ci costa niente provare a distruggere la bomba sulla terrazza anche perché dovremmo comunque perlustrarla.”
- “E per quanto riguarda l’ufficio?”
- “E’ andato Seiya. E io mi fido di lui. Vi prego, ragazze. Marta, vai a distruggere la bomba, Ami occupati di far evacuare la torre e io andrò a combattere.”
- “Bunny, non essere sciocca. Tu verrai con me e non discutere.” Marta mi strinse il polso.
- “Tu non capisci. Lui è in pericolo, vuole ucciderlo, non può farcela da solo. Ha detto che devo distruggere la bomba ma io voglio aiutarlo, io devo!”
- “Bunny, io lo so che tu sei innamorata di lui, ma devi lasciarlo andare, per il tuo bene, per il bene di tutte queste persone. Ti daremo ascolto, evacueremo la torre e andremo a distruggere la bomba, ma non possiamo farlo da sole e la nostra missione ora come ora è distruggere il nemico e salvare la vita di tutte queste persone. E questa missione è anche la tua. Ti voglio bene come se fossi una sorella, ti prego. Seiya starà bene e se ti ha detto di fuggire, ci sarà un motivo, anche lui vuole salvarti, vuole proteggerti in qualche modo.”
 
Non seppi controbattere. Lasciai che i biondi capelli di quella ragazza mi guidassero verso le scale per giungere verso la terrazza.
In fondo, aveva ragione. Per quanto la vita di Seiya fosse importante, io avevo una missione. Confidavo nel potere delle stelle affinchè lo salvaguardassero, lo proteggessero.
Dovevo donare tutto l’amore che provavo a quelle persone indifese che avevano bisogno di aiuto e che non erano forti abbastanza da fermare una catastrofe.
Io lo ero.
Ero caduta, mi ero rialzata con dolore e con fatica ma ce l’avevo fatta. Ed è ciò che mi ha insegnato la vita.
E’ più facile arrendersi, deprimersi, rimanere fermi in un punto perché, ad un certo punto, il dolore diventa una consuetudine e si trasforma in una parte di te stesso. E’ forte chi riesce ad andare avanti, chi porta il dolore all’estremo, ma lo combatte.
Io l’avevo fatto.
Io ero forte.
Io potevo salvare tutte quelle persone.
Io amavo.
Amore equivale a forza. Perché la capacità di amare veramente è cosa da pochi. E in pochi sono forti.
In pochi sono capaci di dare la vita per la persona che amano.
In pochi sono disposti ad aspettarla, sapendo che non arriverà più.
In pochi continuano a guardarla con gli occhi lucidi, nonostante il loro sguardo non sarà mai ricambiato.
In pochi scelgono di andare avanti, se non possono averla, perché vogliono solo la sua felicità.
 
E corsi. Corsi. E, mentre correvo, sussurrai alla mia migliore amica: ”Appena usciamo da qui, devo raccontarvi un avvenimento del mio passato.”
Sorrise. E bastò quel gesto come conferma. Chissà che poi, in realtà, loro non lo sapessero già.
 
Arrivammo nell’angolo destro della terrazza. Doveva essere lì per forza. Avevamo già perlustrato tutto il piano. Non poteva avermi mentito.
 
- “Bunny, l’ho trovata! Coraggio”
- “Arrivo!” Sorrisi perché, in fondo, io sapevo di poter contare su di lui.
 
Ci vollero pochi secondi.
Pochi secondi per distruggere la bomba.
Pochi secondi per correre.
Pochi secondi per vedere la gente correre.
Pochi secondi per osservare la fine.
 
La bomba si spense. Credemmo di essere salve.
 
“Uscite. Sono riuscita a portare via tutti.”
Lessi e rilessi il messaggio di Ami.
Ce l’avevamo fatta.
Seiya forse era già là fuori. Aveva ucciso il presidente. L’Organizzazione si sarebbe sciolta. Avremmo vissuto felici e contenti.
 
Varcai la porta d’uscita e vidi un incredibile numero di persone, le auto della polizia.
Mi voltai a destra e a sinistra.
Mi diressi verso Ami: “Hai visto Seiya?”
- “Non ancora. Ragazze, siete state bravissime!”
 
E poi una voce conosciuta interruppe i miei pensieri e le lodi della mia amica.
- “Bunny, hai visto Seiya?” Era la voce di Yaten.
- “No, pensavo che tu l’avessi visto…”
- “No, ha detto che doveva parlarti e da quel momento è sparito.”
- “Sarà fuori da qualche parte. Deve.” Era un’affermazione. Un’autoconvinzione.
 
Bambini che piangevano.
Donne che urlavano per lo spavento.
Uomini che fissavano la torre.
 
Le stelle decoravano il cielo che diveniva sempre più chiaro.
Non mi ero resa conto che fossero passate delle ore.
Presto ci sarebbe stata l’alba.
Dov’era Seiya?
I poliziotti decisero di entrare a pattugliare la zona.
Successe tutto in pochi secondi.
 
Pochi secondi per vedere la fine.
Pochi secondi per vedere l’aria dinnanzi a noi tingersi di rosso. Erano fiamme.
Pochi secondi per far spezzare il mio cuore.
Pochi secondi e la Tokyo Tower non esisteva più.
 
Corsi. Corsi. Caddi per terra. Ai piedi di Yaten.
“Ti prego, ti prego, dimmi che ti ha mandato un messaggio, qualsiasi cosa!” Piangevo, urlavo.
Poi vidi le lacrime del fratello e capii.
Yaten mi diede in mano il suo cellulare: “Scusa. Devo ucciderlo. Ma, per farlo, la bomba dovrà esplodere. Per questo ho detto a Bunny di far evacuare la popolazione. Io non sono un assassino. Ma dovevo vendicarli. Dille che la amo. Addio. Seiya. Ore: 4.57”
Erano le cinque e due minuti. I miei singhiozzi erano percepibili anche a metri di distanza.
Ero distrutta.
L’avevo perso.
Per sempre.
Mi sentivo come se mi avessero strappato via il cuore e l’avessero fatto a brandelli. Sentivo il respiro mancare, le gambe cedere.
Per sempre.
Voleva dire vivere senza di lui.
Ma ormai non si trattava più di vivere, ero morta dentro.
Non avevo più la forza per andare avanti, non senza di lui.
Ricordo di come Ami e Marta cercarono di portarmi a casa.
Ricordo di essermi rifiutata.
Quando ami, aspetti anche se sai che non tornerà mai.
Quando ami lo vedi accanto a te, anche se sai che è totalmente in un altro posto.
Quando ami, il suo ricordo è sempre chiaro e nitido nella tua mente, anche se poi passano gli anni.
Quando ami e quella persona muore, muori con lei.
E io ero morta.
Il sole stava sorgendo.
Sorgeva su quella triste città.
Sentii il cellulare vibrare: “There will be sad sunrises without you. Goodbye. Ore: 4.58”.
E sprofondai di nuovo. Sarebbero state davvero tristi albe senza di lui, per sempre.
Un’eternità senza di lui.
Avrei voluto che l’eternità fosse finita il giorno dopo.
Vidi nel cielo la sua immagine allontanarsi.
Dissi addio.
Perché sapevo che non l’avrei più rivisto.

Angolo dell'autrice: non linciatemi! So che io sono quella dai finali tragici, ma la storia è stata concepita così anche se... vabbè vedrete nell'epilogo che magari ci sarà una piccola, piccola consolazione! 
Spero che lo stesso vi sia piaciuto il capitolo e ci vediamo all'epilogo che conclude questa storia! :)
Un bacio^^
ALison_95

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** The beginning in the end ***


 
Capitolo XIV: The beginning in the end
 
 
Tredici anni dopo.
 
Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri. Quegli alberi di ciliegio in fiore che ornano il viale. Le villette a entrambi i lati della strada, i bambini che giocano e urlano, sorridendo. Ricordo il profumo della tranquillità, della serenità. Marta che guida la macchina e piano piano accosta, Ami che inizia a fare disquisizioni sul cemento utilizzato per costruire la strada e Marzio che prende le valigie, mentre io respiro ancora per qualche istante il profumo di aria nuova.
Eravamo arrivati in Giappone.
Ricordo l’emozione. Ricordo quel giorno perché mi ha cambiato la vita.
 

- “Quindi.. questa è la storia di come hai conosciuto papà?” Gli occhi lucidi della bambina davanti a me, aprono in me una voragine.
- “Si.. tesoro. Ma ricorda che lui ti guarda da lassù..”
- “Mamma… perché io non ho potuto conoscerlo? E perché hai aspettato così tanti anni per dirmi la verità?”
- “La vita a volte è ingiusta, ti strappa le persone che ami… non volevo far sì che il peso che portavo sulle mie spalle divenisse anche il tuo. Ho provato ad amare di nuovo, ma l’unica persona che abbia mai amato dopo di lui sei stata tu… il frutto del nostro amore.”
- “Mamma… ti voglio bene.”
- “Anche io, amore. Ora vai a fare la nanna.”
 
Guardo ancora una volta il viso della mia bambina. Ormai è grande. Gli assomiglia tanto.
Una lacrima solitaria scende.
Avrebbe dovuto sapere la verità prima.
Sono stata egoista. So di averlo fatto per il mio bene.
Ogni volta che il ricordo si addentra mi spezza il cuore.
Mi allontano.
Non ho molto sonno. Continuerò la mia storia, devo scrivere il finale.
Ma come faccio a scrivere qualcosa a cui non credo neanche io?
La parola fine mi ha devastato, ucciso per tutti questi anni. Non ho mai davvero creduto ai miei occhi. Mi aveva lasciato per sempre.
Le dita battono sulla tastiera. Sono mesi che battono inesorabilmente. Voglio che la mia storia venga ricordata.
 
Quello che vi serve sapere? Non date niente per scontato, la nostra vita non è quella che si vede in televisione.
 
Ricordo il Giappone. Ricordo il giorno in cui io, Bunny, nome in codice Violet, misi piede in quella favolosa terra con le mie amiche e la persona di cui ero innamorata. Ricordo la nostra missione, ricordo come mi sentivo orgogliosa di essere una spia, non una comune, ma una speciale. Ricordo ancora quel giorno, il giorno che mi cambiò per sempre la vita.

 
Mi aveva cambiato la vita.
Avevo conosciuto l’amore. L’avevo perso. Avevo avuto una dolcissima bambina che ormai era diventata un’adolescente e il padre non l’aveva vista crescere.
Ogni volta che fisso lo schermo devono trascorrere minuti interi prima che riesca a scrivere qualcosa. Devo trovare le parole giuste. Non voglio che la banalità infetti l’amore che provavo per lui.
 
Dopo quel giorno decisi di andarmene via.
Quella città era ricca di troppi ricordi.
Mi trasferii a Parigi, una città che mi aveva sempre affascinato.
L’Organizzazione? Si sciolse. Il Presidente era morto.
Si scoprì che tutti i suoi dipendenti venivano ricattati da lui e per questo continuavano a prestare servizio.
Quel viscido verme aveva ottenuto ciò che si meritava, dopotutto.
Aveva causato la morte di migliaia di persone e tra queste c’era anche Lui. Seiya. Come dimenticare quegli occhi azzurri, quel sorriso intrigante, quel modo da sbruffone e presuntuoso che nascondeva l’animo più dolce del mondo.
 
Marzio? L’ho sentito per telefono qualche anno fa. Sta bene. E’ sposato con una dottoressa, di nome Sydia. E’ felice.
 
Ami e Marta? Non le ho mai più riviste. Ho scritto due mail qualche tempo fa, ma non hanno risposto.
Sì, mi sono comportata male e lo so. Ma non potevo sopportare di vederle felici con Taiki e Yaten che mi avrebbero per sempre ricordato la perdita del mio unico amore.
Forse, un giorno ci rincontreremo. Parleremo dei nostri figli, delle nostre avventure, dei loro matrimoni, di tutti questi anni.
Ma so che in realtà è un’utopia.
Mi mancano terribilmente, ma non rimpiango per nulla ciò che ho fatto.
Dovevo andarmene.
Dovevo smettere di essere una spia.
E oggi, esistono spie?
Non lo so. Probabilmente esisteranno per sempre.
Nel mio cuore ci sarà per l’eternità inciso il nome di Violet e delle sue avventure. Non rinnego chi sono stata.
Ma ho dovuto rimuovere le emozioni provate in quei mesi.
 
Bevo una tazza di caffè. Sono davvero molto stanca.
Il lavoro di giornalista mi tiene molto impegnata e spesso devo scrivere testi davvero complicati. Ma faccio del mio meglio.
Ho trasformato l’amore verso Seiya nella passione verso il lavoro e nell’affetto verso mia figlia, nostra figlia.
Un giorno gli ho addirittura inviato una e-mail nella speranza che rispondesse. Non l’ha fatto.
 
Concludo dicendo che l’ho amato e lo amerò per sempre.
Non lo dimenticherò mai.
Lo amo da quattordici anni. Vorrei soltanto che lui lo sapesse.
So che lui è stata la persona più importante della mia vita.
Amo sognare. Nei miei sogni stiamo ancora insieme ed è bellissimo.
Amo aspettare. E’ facile. Ciò che è difficile è sapere che non tornerà mai.
 
La verità è che sono rimasta lì, ferma in quel momento.
Sono morta quel giorno.
Ormai vivo solo per mia figlia.
 
Avrei voluto invecchiare con lui.
Dire a nostra figlia che il mio primo amore sarebbe stato anche l’ultimo.
Capisco che l’amore porta spesso a sofferenza e dolore.
Ma preferisco aver amato e aver sofferto, piuttosto che aver vissuto indifferente.
Niente dura per sempre, neanche la pioggia di novembre.
Viviamo in un mondo dove la parola sofferenza è diventata la ripetizione nelle nostre giornate e dove dolore, amore, rabbia costellano la mente. E’ un mondo di anafore e allitterazioni.
Lo amo ancora. Lo amerò per sempre.
E auguro a ogni persona, per quanto io abbia sofferto, di amare così.
Perché significa essere maturi, essere consapevoli di ciò che si prova, significa affidare la felicità nelle mani di un’altra persona.
Questa è la mia storia, la storia di un amore, la storia di una spia, la storia di un’avventura.
Questa è la mia storia. E lui ne ha fatto parte. E ne fa ancora parte, nei ricordi.
E ogni tanto sento ancora l’odore degli alberi di pesco e ricordo quel giorno.
Ricordo quel giorno perché mi ha cambiato la vita.
 
Epilogo
 
Mi infilo sotto le calde coperte.
Sento il cellulare vibrare. Troppo stanca per rispondere, ci penserò domani.
 
La sveglia suona, accendo il telefono.
“E’ passato tanto tempo… sarebbe il caso di fare due chiacchiere. Spero questo sia ancora il tuo numero. Ho saputo che ti sei trasferita a Parigi. Domani alle “Galeries Lafayette”. Ore 8. Marta”
 
Il mio cervello non fa in tempo a connettere.
7.30
Vengo pervasa da una voglia enorme di vederla. Non so perché, ma sento che deve parlarmi.
Dopo tredici anni la tua ex migliore amica si presenta con un messaggio stile bigliettino da visita. Eppure era a Parigi. Per me.
Infilo i primi vestiti che trovo. Prendo un taxi.
8 05.
Attraverso la strada. Le porte si aprono.
 
-“Solita ritardataria, non sei cambiata di una virgola. Scusa, avrei dovuto rispondere alla tua mail anni fa, ma non potevo. Ci stavano ancora cercando, ma adesso è finita. Non potevo metterti in pericolo.”
 
Porto le mani alla bocca. Comincio a piangere.
 
Nella fine della storia che vi ho raccontato, c’è un inizio.
Non avrei mai pensato di concludere la storia, svegliarmi il giorno dopo e capire che non potevo mettere la parola fine.
Era un inizio.
 
-“Ti prego, dimmi qualcosa. Sei sempre bellissima e ho una voglia matta di baciarti.”
 
Continuo a piangere, sorrido, vorrei urlare e sussurro “Ho tante cose da dirti.”
 
-      “So do I, dumpling.”


Angolo dell'autrice: questa storia, che è stata un vero e proprio parto, è finalmente terminata! Vedete alla fine, l'ho fatta finire bene! In realtà non sappiamo cosa succederà adesso, lascio un finale aperto in modo che tutte le lettrici possano creare il loro seguito. Contente? Il nostro Seiya doveva scappare...ma adesso è tornato! E hanno una figlia! E Bunny ha scritto una storia!
Ringrazio davvero tantissimo tutte coloro che mi hanno seguito!
Un bacio^^
Alison_95

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=712588