I don't want to be a Black

di esthernathalie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo -Lettera da Hogwarts ***
Capitolo 2: *** 1. Una Bacchetta poco da Black ***
Capitolo 3: *** Ciao Grimmauld Place numero 12 ***
Capitolo 4: *** Hogwarts Express ***



Capitolo 1
*** Prologo -Lettera da Hogwarts ***


Autrice: Esther
Titolo: I don't want to be a Black

 


Prologo

Lettera da Hogwarts


 
Il piccolo Sirius Orion Black osservava con occhi passivi l’uomo bardato di nero che sedeva a fianco del padre e discuteva animatamente con lui e sua madre.
Dalla espressione disgustata dei tre il bambino capì che l’argomento poteva essere uno solo: Babbani.
A dire il vero, effettivamente poteva sbagliarsi: magari questa volta erano i Mezzosangue o i traditori del proprio sangue al centro del disprezzo. Il bambino non capiva come mai gli adulti spendessero tanto tempo a parlare di cose (o in questo caso persone) che odiavano: non era meglio lasciarli perdere, questi Babbani? Non passava  un giorno senza che qualcuno in quella casa li insultasse: una volta era la madre,l’altra l’elfo domestico di turno che cercava di evitare così un impiccagione per cause indefinite.
-Muoviti, è ora di cena. Vai a lavarti le mani.- Sirius si voltò verso suo fratello Regulus, che dietro di lui scendeva le scale facendo scivolare la manina sul corrimano troppo alto. Non perché temesse di cadere, ma perché era buona educazione: il corrimano esisteva per qualcosa, e doveva essere usato.
-Le ho già lavate- mentì lui in risposta, e uscì dalla penombra del corridoio per raggiungere con il fratello gli altri, già seduti in attesa del cibo.
-Sirius, Regulus, questo è Rodolphus Lestrange, salutatelo come si conviene, un giorno sposerà vostra cugina e diventerà parte della famiglia.
 La voce del padre indusse i due bambini a piegare la schiena in un rigido inchino, e mentre accennavano parole come “onorato” e “benvenuto, signore” Walburga Black dichiarava con voce fiera che con l’unione tra i Black ed i Lestrange il motto “Toujours Pur” sarebbe apparso ancora più glorioso e veritiero agli occhi degli altri maghi, senz’altro invidiosi.
Regulus e Sirius presero poi posto, e immediatamente gli elfi portarono le pietanze al tavolo.
“Toujours Pur” ripeterono tutti in coro, e poi cominciarono a mangiare, per la gioia di Sirius che non ne poteva più di sentire la voce spiritata della madre blaterare di purezza: mangiando era costretta anche lei a tacere.
Il bambino infilzò il pezzo di carne sul suo piatto con più forza del dovuto, ma fortunatamente nessuno se ne accorse. Odiava tutto questo. Odiava avere sei posate, tre da un lato e tre dall’altro del piatto intarsiato d’oro. Odiava gli elfi domestici e odiava le parole che ogni giorno sentiva sulla volontà delle famiglie nobili di ripulire il mondo dalla feccia dilagante che aveva oramai contaminato Hogwarts.
Odiava le punizioni che le infliggeva la madre se sbagliava postura a tavolo, se rideva a voce troppo alta o se faceva qualcosa di imbarazzante davanti ad un ospite. Odiava lo sguardo distaccato dal padre e l’espressione ubbidiente di Regulus, nonché le urla indispettite che lanciava quando Sirius gli faceva uno scherzo.
Il bambino pensava a tutto questo, e non si accorse del gufo che entrato dal camino lasciò cadere sulla sua testa una busta, facendolo sobbalzare dalla sorpresa e rovesciare così il contenuto del calice che aveva in mano sui pantaloni del fratello seduto di fianco a lui.
-Oh, ma questo è assolutamente inaudito!- tuonò Walburga, e impugnando la Bacchetta schiantò il Gufo contro il muro, girandosi poi verso l’ospite ed il marito e convenendo con lui che Silente avebbe dovuto selezionare un Gufo più appropriato, perché loro non erano una qualunque famiglia di medio ceto. Mentre tutti scuotevano sdegnati la testa chiedendosi dov’era finito il rispetto di un tempo Sirius contemplava incredulo la busta con lo stemma di Hogwarts, stringendola con entrambe le mani come se da un momento all’altro un soffio di vento gliela potesse portare via.
Non fu un soffio di vento, ma suo padre. -Accio busta! Leggerai la lettera più tardi, in camera tua. Ora mangia, Sirius, e chiedi scusa a tuo fratello per l’acqua versata.
***
Ci vollero due interminabili ore prima che Sirius si trovasse finalmente solo con la busta ancora sigillata dalla ceralacca. Si sdraiò a pancia in giù fra i cuscini di seta del suo grande letto e la aprì, prendendo la lettera e scorrendo il testo con gli occhi, aiutandosi con il dito per  non perdere il segno.

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Albus  Silente (Ordine di Merlino, Prima Classe, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed. Internaz. dei Maghi)

Caro Signor Black,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà
l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1o settembre. Restiamo in attesa della
Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Con ossequi,
Minerva McGranitt

***


Salve a tutti, lettori!
Prima di tutto, grazie di essere arrivati fino in fondo: questa è solo un' introduzione, la storia comincia dal prossimo capitolo.
Ho deciso di scrivere una fanfiction sulla vita di Sirius perchè è un personaggio che stimo tantissimo e credo che ci sia molto da raccontare.
Però è indispensabile che recensiate, non importa se in bene o in male: recensioni positive mi motiveranno a continuare, mentre quelle negative mi aiuteranno a migliorare!

Grazie,
Esther

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Capitolo 2
*** 1. Una Bacchetta poco da Black ***


 


Capitolo uno

Una Bacchetta poco da Black



-Sirius, portami con te. Voglio venire anch’io a Hogwarts, domani. Per favore.
Aggiunse quest’ultima preghiera a voce bassa, il piccolo Regulus, perché un Black non chiede, ma esige. Il fratello maggiore non gli rispose e guardò la scacchiera magica che li divideva: come al solito Reg aveva scelto gli scacchi neri, un modo come un altro per rimarcare la sua appartenenza ai Black. Era sempre così posato ed ubbidiente, così fiero del suo cognome. Sirius talvolta si ritrovava a chiedersi se fosse normale, il fatto che a nove anni un bambino potesse essere così impeccabile. Lui non era mai stato così. Ci provava, ma non ci riusciva, ad essere come i genitori volevano.
Sì, si mostrava sprezzante verso Babbani e Mezzossangue, ma fingeva, e nelle parole non riusciva a mettere nel suo tono la giusta dose di disprezzo e di supremazia. Per questo il più delle volte restava in silenzio, nonostante il suo cuore urlasse a pieni polmoni “Fatemi uscire, voglio giocare!

Regulus invece sembrava bere avidamente ogni parola uscita dalla bocca dei genitori, al punto che Walburga aveva cominciato a dire “Sirius, prendi esempio dal tuo fratello minore.” Eppure lui non ci riusciva, e l’unico rancore che provava era in realtà rivolto verso tutte quelle maledette regole ed imposizioni. A dirla breve, verso la sua stessa famiglia.

-Perché vorresti venire ad Hogwarts? Pensaci, fratellino, qui hai i nostri genitori che ti adorano. Hai una camera tutta tua, ad Hogwarts avrai un domitorio. E poi, ci saranno compiti, e il cibo sarà senz’altro più scadente… porta pazienza, fra un anno mi raggiungerai anche te. Nel frattempo, allenati con gli scacchi, gioca meglio l’Elfo Domestico!- Concluse vittorioso, comandando poi ad una sua pedina di distruggere l’avversario. La faccia del piccolo Reg divenne rossa di rabbia e vergogna, ma sorprendentemente non si mise a strepitare chiamando la madre. Si ripulì dai cocci neri della sua pedina e disse solo, in risposta alla domanda del fratello:
-Ma ad Hogwarts ci sarai tu. E saremo a Serpeverde, Sirry, quindi anche se si dormirà in una stanza comune, gli altri studenti saranno certamente alla nostra altezza, o perlomeno,non correremo il pericolo di avere come vicino di letto un Filobabbano.

Sirius si alzò bruscamente dalla sedia, stanco di dover sentire discorsi tipici dei genitori anche per bocca del fratellino, conscio tuttavia del fatto che effettivamente quello che sentiva era vero. Sarebbe finito a Serpeverde, e anche lì avrebbe continuato a fingere interesse verso quegli insulsi discorsi tutti uguali, stirando le labbra in un sorriso falso come la persona che avrebbe avuto di fronte. Non sarebbe potuto capitare diversamente. Lui era un nobile Black, e di riflesso, era degno di essere Serpeverde.

-Dovrai aspettare, Regulus, così come ho aspettato io. Ora scusami, devo andare in bagno.- Salì le scale, ma giunto in cima si diresse invece verso la sua camera, entrandoci e chiudendo la porta dietro di sé. Si avvicinò ai piedi del letto,dove giaceva il suo grande baule, già chiuso e con tutto l’occorrente per Hogwarts. Si inginocchiò e fece scattare la sicura, aprendolo. Ovviamente erano state apportate delle modifiche magiche, in modo da farci stare più di quello che in realtà un baule normale potesse contenere. C’erano le uniformi, i guanti, il mantello invernale nero con alamari d’argento, e su ogni indumento campeggiava una targhetta con il nome dello studente: Sirius Black. C’erano poi i libri di testo, il set di provette in cristallo, il calderone, la bilancia ed il telescopio.
Sirius ignorò tutto ciò e rivolse la sua attenzione alla tasca laterale interna nascosta del baule,dove ad insaputa di tutti aveva nascosto il suo beneamato manico di scopa. Prese la lettera da Hogwarts e rilesse la parte finale:

 SI RICORDA AI GENITORI CHE AGLI ALLIEVI DEL PRIMO ANNO NON ÈCONSENTITO L'USO DI MANICI DI SCOPA PERSONALI.

Sorrise furbescamente. La scuola lo ricordava ai genitori, non agli alunni, teoricamente lui non stava infrangendo nessuna legge. Ad ogni modo, avrebbe dovuto fare attenzione a non farsi scoprire. C’erano i manici della scuola, ma lui aveva sentito dire che per gli studenti del primo anno erano bloccati a sessanta chilometri orari, e non aveva intenzione di passare un anno senza volare come si deve.

Dopo aver appurato che la sua Nimbus 1500 fosse ancora ben nascosta richiuse il baule e si diresse verso il suo comodino, prendendo la sua Bacchetta e sedendosi sul letto. Lo scontrino in fine pergamena ancora attaccato recitava:
“Bacchetta in Mogano, 11 pollici e ½. Anima: pelo di unicorno. Eccellente per la Trasfigurazione e per allontanare le Arti Oscure.”
Sirius ripensò a quanto era accaduto due giorni prima a Diagon Alley, da Ollivander.

***
-Ah bene, il signorino è un Black! Sarà una cosa veloce, so esattamente cosa fa al caso suo!- Con queste parole Ollivander era corso nel retrobottega a prendere una custodia allungata. Tornato al bancone aveva porto la bacchetta in essa contenuta a Sirius. Lui l’aveva agitata, e i capelli del commesso avevano preso fuoco. No, decisamente era la Bacchetta sbagliata. Ma non si era perso d’animo, il mago, e, spenti i capelli, era sparito di nuovo dietro agli scaffali. –Non si preoccupi, signorino, sono cose che capitano! Eppure è bizzarro, quella Bacchetta è uguale a quella di Orion Black, teoricamente dovrebbe andar bene anche ai figli, soprattutto se primogeniti… oh, ecco, le farò provare questa, è degna di un sangue nobile come il suo. Tredici pollici, Cedro, anima in lingua di vipera. Dovrebbe funzionare… avanti,la agiti!- E Sirius l’aveva agitata, ottenendo come risultato l’esplosione del lampadario sopra le loro teste.

Ollivander non si era perso d’animo neanche questa volta. Ma dopo quindici minuti, tre esplosioni, una bruciatura e una bottiglia rotta, giudicò saggio fermarsi un attimo ad analizzare la situazione. Aveva fatto provare a Sirius dieci fra le bacchette più in voga tra i nobili del mondo magico, ma con risultati deludenti. A questo punto, non poteva far altro che uscire dagli schemi ed ingegnarsi per scoprire la Bacchetta giusta fra gli scaffali del negozio.
-Mi do del matto da solo, eppure… provi questa, signorino. Mogano, 11 pollici e ½, anima in pelo di unicorno.
Sirius prese la Bacchetta e ancor prima di agitarla sentì un calore insolito percorrergli il braccio destro ed espandersi in tutto il corpo.
-Eccellente! Curioso, ma eccellente, finalmente abbiamo trovato la sua Bacchetta! Certo, chi poteva immaginarlo… d’altronde, il mondo intero è un mistero… ma prego, da questa parte per pagare.-
Il bambino lo fissò confuso e anche un po’ irritato da quella frase evasiva. Mentre Walburga pagava chiese quindi:
-Mi scusi, come mai è curioso che questa Bacchetta abbia scelto me?
Il commesso finì di contare i soldi e li mise in un taschino del suo mantello grigio, dopodiché alzò il capo e spinse con la punta delle dita gli occhiali sul naso, cominciando a spiegare:
-Beh, lei è un Black. Chi lo immaginava che sarebbe stato scelto da una Bacchetta simile? Voi Black… solitamente avete bacchette corte, rigide e con molti fronzoli ornativi. Non che la sua non sia elaborato finemente… ma è curioso che sia lei il padrone, considerando che il legno è stato intagliato da un Magonò… un mio grande amico nonché l’unico a cui permetto di aiutarmi in questo lavoro, dato che sa il  fatto suo… ma appunto, le sue Bacchette non scelgono mai maghi che vantano una discendenza tanto Purosangue e Serpeverde come la sua. Non dimentichiamo inoltre che l’anima di questa Bacchetta è fatta di peli di unicorno… noti da secoli come talismani contro le Arti Oscure… ironico, non trova? Un Black con una Bacchetta del genere… ah ma non si preoccupi, è un’ eccellente Bacchetta… solo, è sorprendente che sia lei il prescelto.

Dopo queste parole la madre di Sirius si era indignata a tal punto che aveva fatto provare al figlio altre quindici Bacchette. Solo quando il negozio intero aveva minacciato di prendere fuoco si era rassegnata ed era uscita in strada, furibonda ma conscia che non c’era nulla da fare. Quella sarebbe stata la Bacchetta di suo figlio.

***
Sirius si chiese per un attimo cosa volesse dire quel fatto. Ollivander non fingeva, gli aveva letto in faccia la sorpresa, eppure il piccolo mago non giudicava importante l’accaduto, non capiva come potesse influire sul suo futuro. Lui era il primogenito della nobile casata dei Black, sarebbe stato un Serpeverde, avrebbe ereditato i beni della famiglia e mantenuto alto l’onore, poco importava che Bacchetta avesse. Malgrado avesse appena concluso che quello strumento magico non avrebbe influito sul suo futuro prestabilito, Sirius si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto al ricordo dell’inquietudine di sua madre, e ringraziò mentalmente il Magonò creatore del magnifico pezzo di legno tanto discusso.
Ripose la bacchetta nella custodia e poi mise il tutto nel baule. Non gli sarebbe servita, fuori da Hogwarts: non amava le regole, ma non era neanche così stupido da farsi espellere ancor prima di mettere piede nella scuola.
Scese al piano di sotto, dove nel frattempo si erano riuniti anche gli altri membri della famiglia per la cena. Per un momento Sirius si ritrovò a pensare che quella sarebbe stata la sua ultima cena a casa e avrebbe dovuto aspettare molti mesi prima di sedersi di nuovo al suo posto, di fianco al fratello.
Poi quel pensiero volò via, e lui si dedicò al suo piatto, mangiando di gusto: non aveva idea di com’era il cibo di Hogwarts e nel dubbio preferì abbuffarsi a più non posso, temendo che per i mesi successivi non avrebbe avuto a disposizione cibo così prelibato.
Con la faccia praticamente immersa nel piatto non si accorse dei soliti discorsi dei genitori. Non si accorse nemmeno del fratello che quella sera rimase insolitamente silenzioso e non mangiò quasi niente, tenendo lo sguardo imbronciato fisso davanti a sè.

Se Sirius avesse alzato lo sguardo avrebbe certamente trovato il modo di consolare il fratello, con una battuta o un sorriso sghembo. Se Sirius avesse alzato lo sguardo quella sera, Regulus in futuro magari non avrebbe deciso di odiare il fratello.
Ma Sirius aveva fame, e non immaginava lo stato d’animo del bambino seduto di fianco a lui. Mangiò, poi andò in camera sua a dormire: domani sarebbe stata una giornata importante.

***
E il domani arrivò, prima di quanto il giovane potesse sperare. Decisamente molto prima. Un elfo domestico lo svegliò di buon mattino, rischiando il linciaggio. Assonnato, dopo un paio di minuti Sirius si alzò e bofonchiando andò a lavarsi e prepararsi, con in testa parole come “odio” e “ sonno”.
Ovviamente, la sua indole dormigliona si faceva sentire sempre: quel giorno, seppur così speciale non faceva eccezioni.



-
Salve a tutti!
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso. Nel prossimo Sirius partirà per Hogwarts, e fra le altre cose incontrerà uno (o forse più?) dei futuri Malandrini.
In questo capitolo avete potuto vedere un po' di Regulus. Spero di non avervi annoiato, ma credo che il fratello di Sirius, in quanto tale, debba ogni tanto apparire in questa fanfiction. Cercerò di raccontare la vita del nostro Felpato attenendomi ai libri, ma creerò anche una trama personalizzata, pur restando fedele ai margini imposti da zia Row. :)

Recensite se potete, mi raccomando!

Fatto il misfatto.

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Capitolo 3
*** Ciao Grimmauld Place numero 12 ***



 


Capitolo tre

Ciao Grimmauld Place numero 12



Sirius scese gli scalini due a due, facendo rimbalzare pesantemente il baule ingombrante che si stava portando appresso. Si trascinò assieme al suo bagaglio fino all’entrata di Grimmauld Place numero dodici, sollevando le proteste e i rimproveri dei suoi avi dipinti, bruscamente svegliati grazie al fracasso del piccolo rampollo.
Ignorandoli come suo solito, il bambino lasciò il baule davanti alla porta e fece retrofront per tornare in cucina, con l’intento di fare una lauta colazione d’addio. Non che l’ormai prossimo momento di commiato gli pesasse particolarmente, ma era sua abitudine fare una vasta colazione per incrementare le sue energie, che già di per sé, ammettiamolo, non erano certo poche.
-Dove credi di andare, figlio? Non intendo arrivare in ritardo alla stazione solo per le pretese del tuo insulso stomaco. E non fare quella faccia, sono sicura che sopravviverai senza troppi problemi.
Dopo che la madre gli ebbe spiegato che il cibo per ora sarebbe rimasto un’ utopia, a Sirius non rimase che seguirla fino all’ingresso. 
-Dov’è il papà?- Chiese.
-Aveva affari urgenti da sbrigare, non pretenderai mica che rimanga qui a salutarti! Ricordati che siamo dei Black, e come tali abbiamo dei precisi doveri.
Il bambino annuì, poi si girò dall’altra parte per camuffare la sua smorfia insofferente. Così facendo si accorse del fratello, che ai piedi delle scale lo guardava in silenzio, ancora in pigiama. Provò un insolito calore al cuore: allora a qualcuno importava di lui, in quella casa fredda. “Ciao Reg, ci vediamo” sussurrò, ma non poté aggiungere il sorriso incoraggiante che il fratellino in fondo si aspettava: Walburga prese il baule e si smaterializzò artigliando la spalla di Sirius, che prima del vortice scorse la mano di Regulus alzarsi a mo’ di saluto.
***
Sirius si guardò intorno, colto di sorpresa dal caos che accolse lui e la madre al binario nove e ¾, una volta attraversato il muro magico. C’erano studenti che si chiamavano a gran voce, altri, nuovi come lui, si aggrappavano alla mano dei genitori, restii a staccarsi. Bisognava prestare attenzione a dove camminare, perché si correva il rischio di inciampare in un baule o in una gabbia per gufi.
-Sirius, prestami attenzione- cominciò la madre, e artigliandogli nuovamente la spalla lo fece voltare verso di lei, proseguendo con voce severa (ma quando mai non lo era stata, del resto) il suo discorso:
-In questi mesi dovrai comportarti non bene, meglio. Come un vero Black. Come un vero Serpeverde. Ricordati che questa scuola sarà piena di feccia: Mezzosangue, Filobabbani… la maggior parte di essa risiede nelle Case dei Grifondoro e dei Tassorosso. Sta lontano da loro, e se ti cercano, fai in modo che comprendano la vostra diversità, e fallo con metodi che i più considerano cattivi, ma noi Purosangue li definiamo giusti.  Sciaguratamente, a volte capita che anche dei Mezzosangue finiscano a Serpe verde, in quel caso, limitati a trattarli con sufficienza, in attesa di vedere se si riveleranno degni della Casata più rispettabile di Hogwarts.
-Dovrai scriverci una volta al mese, informandoci  sul tuo rendimento scolastico e su qualsiasi altra novità che ritieni degna di nota, noi ti risponderemo. Userai il gufo Hermes. Si trova già ad Hogwarts, quando l’ho acquistato ho provveduto a fargli spedire una busta vuota indirizzata a te, la riceverai domani mattina e così vi conoscerete. Hai compreso tutto?” Walburga non aspettò neanche una risposta. “Su allora, svelto. Sali ora, e riuscirai a trovare dei compagni di viaggio adatti ad un Black.

Con sollievo Sirius sentì la mano della madre lasciargli la spalla. Era sicuro che sarebbe apparito un livido lì dove prima stava il pollice. Si chinò a prendere il baule ai suoi piedi e poi, raddrizzatosi,si girò per salutare la madre, constatando che si era già smaterializzata. Rimase fermo per qualche secondo, poi si riscosse scuotendo la testa e cancellando con quel gesto i pensieri cupi che lo minacciavano quando i suoi genitori si comportavano… beh, da Black. Era stupido restarci male, ma lui non poteva farci nulla. Provava quella sensazione di abbandono da quando aveva scoperto che non tutti i genitori educavano freddamente i propri figli, ma ce n’erano alcuni –tanti, la maggioranza- che li abbracciavano, che ridevano con loro, e non di loro.
Sbiffando irritato –odiava lasciarsi prendere di sorpresa da quegli sporadici attimi di debolezza- si avviò verso l’Hogwarts Express, trascinando il suo bagaglio.
Non fece molta strada.
-ATTEN…- non riuscì a finire la parola, perché un ragazzo che correva in avanti guardando inspiegabilmente dietro di sé gli finì addosso, e Sirius si ritrovò con la schiena per terra e quello sconosciuto che rideva a crepapelle comodamente seduto sul suo stomaco. Sirius cominciò a dargli pugni sulla schiena. Non perché fosse arrabbiato, ma perché ne andava della sua sopravvivenza, gli mancava l’aria. Dapprima il ragazzo non capì il perché di quell’aggressione e tentò di pararsi come meglio poteva,poi dovette stufarsi, perché rispose a quella che giudicava un’aggressione ingiustificata colpendo la guancia di Sirius con un pugno. Solo allora notò il viso particolarmente paonazzo del giovane e capendo al volo la situazione balzò in piedi, permettendo così all’aria di circolare nel modo giusto. Sirius restò per terra con gli occhi chiusi, respirando a pieni polmoni. Udì distintamente il giovane sconosciuto smettere di ridere e cominciare a chiamarlo, prima esitante e poi più forte, con una nota di panico nella voce. Sirius stava meditando il da farsi: restare sdraiato e spaventare lo sconosciuto ancora un po’ oppure alzarsi e togliersi quel maledetto sassolino conficcato nella schiena? Tuttavia quando sentì le mani del giovane scuoterlo,non gli rimase che aprire gli occhi e borbottare: -Sono vivo, anche se non grazie a te.- 
-Sai, credo che qualcuno dovrebbe aiutarlo ad alzarsi.- Costatò una timida voce sconosciuta, e Sirius si accorse così della folla attorno a lui radunatasi ad osservare la scenetta. A parlare era stata una ragazzina con dei lunghi e mossi –lui però li avrebbe definiti arruffati- capelli arancioni che lo osservava con gli occhi sgranati, stringendo con entrambe le mani una piccola palla di pelo grigia che lui associò subito alla parola “gatto”.
-Ce la faccio da solo, grazie…- disse spingendo indietro lo sconosciuto ed alzandosi, ammiccando in direzione della ragazzina le cui guancie si tinsero leggermente di rosso. Malgrado ciò non sorrise, si limitò ad alzare le spalle e se ne andò con il suo gatto e il bagaglio, leggermente indispettita, facendo da esempio a tutti gli altri presenti che si dispersero in breve tempo, lasciandolo con il ragazzo che l’aveva buttato a terra.
Sirius guardò per mezzo secondo la chioma accecante che si allontanava velocemente, pentendosi di aver offeso quella ragazza e chiedendosi subito dopo che cosa Merlino stava pensando: non l’aveva mica offesa, eppure quella era fuggita via come se lui l’avesse insultata… a quanto pare era suscettibile… quasi quanto suo fratello Regulus. Una voce lo riscosse dalle sue ponderazioni.
-Quel baule è tuo?- A parlare era stato il ragazzo-bolide che lo aveva quasi ucciso, e stava appunto indicando il baule di Sirius che giaceva a terra, aperto e con mezzo contenuto fuori.
-Sì, dannazione! Ma come ti salta in mente di correre guardando indietro?- Sbottò il ragazzo, cominciando a raccogliere frettolosamente le sue cose da per terra. In risposta lui ridacchiò e disse:
-Beh, correresti anche tu se alle tue spalle ci fossero due energumeni del terzo anno pronti a picchiarti perché hai aperto la gabbia dei loro rospi e li hai lasciati scappare… Ad ogni modo prima di farti cadere ho potuto vedere che si erano rassegnati,sai, non credo che corrono tanto spesso… Oh, aspetta che ti aiuto a mettere a posto il casino che ho combinato. Io sono James, lieto di fare la tua conoscenza.- Concluse in un finto tono pomposo, poi ridacchiando raggiunse il primogenito dei Black e cominciò ad aiutarlo.
-Io sono Black, Sirius Black. E non devi aiutarmi. Non voglio.- Aggiunse, cercando di apparire deciso. Se James avesse scoperto la scopa clandestina Sirius sarebbe finito nei guai. Dato che però il giovane non sembrava dargli ascolto e continuava imperterrito a raccogliere le cose da per terra,a lui non rimase che cercare di fare conversazione, nel tentativo di distogliere l’attenzione dal baule.
-Io sto per iniziare il primo anno, anche te, vero? Sai,spero di finire a Serpeverde… anche tu,immagino, Serpeverde è la Casa più ambita… io è sicuro che finisco a Serpeverde… sono un Black, è una cosa scontata. Il tuo cognome qual è, James?-
Il ragazzino smise di raccogliere le cose di Sirius e lo guardò, smettendo di sorridere.
-Il mio cognome è Potter, e mio papà  è un Auror. Lui mi ha detto che tutti i maghi malvagi finiscono a Serpeverde, ed è per questo che io non finirò lì,fra le persone che mio padre combatte. Ora scusami, ma devo tornare dai miei genitori. Ah, e nascondi meglio quella scopa, in quella tasca la troverebbe anche un cieco.
Detto ciò se ne andò, lasciando Sirius basito, preoccupato e confuso.
Basito, perché James Potter (che cognome ridicolo) era il primo essere umano in tutta la sua vita che gli aveva parlato male di Serpeverde.
Preoccupato, perché James Potter (seriamente, il cognome gli ricordava qualcosa di scoppiettante. Uno di quei funghi che esplodono se li calpesti, ad esempio) aveva scoperto il suo manico da scopa incriminato, e probabilmente alla prima occasione l’avrebbe detto a qualcuno.
E poi confuso, estremamente confuso, per le parole udite sui Serpeverde ma anche perché effettivamente il piccolo Potter non aveva minacciato di rivelare a qualcuno l’esistenza della sua Nimbus 1500… anzi, gli aveva pure consigliato di nasconderla bene!
Scuotendo la testa, Sirius richiuse il baule e salì sull’Hogwarts Express. Mancavano ancora dieci minuti alla partenza, quindi con un po’ di fortuna avrebbe trovato uno scompartimento vuoto o in alternativa uno contenente compagni di viaggio adatti ad un Black, come si era raccomandata la madre.
Compagni il cui cognome non ricordava un fungo esplosivo,per intenderci.
Camminòun po’ lungo il corridoio del vagone, sbirciando di tanto in tanto nei vari scompartimenti. Ad un certo punto, mentre ne stava sorpassando uno, udì una voce femminile sconosciuta uscire da esso e si fermò, ascoltando attentamente.
-E così, mio padre ha mandato una lettera alle altre tre scuole che aspiravano ad avermi, spiegando brevemente che Hogwarts era il mio posto,poiché far parte della casata dei Serpeverde è una tradizione a cui la mia famiglia non viene meno, almeno da sei generazioni a questa parte. Ci fu effettivamente un cugino di terzo grado che capitò a Tassorosso, ma i suoi ebbero la prontezza di disconoscerlo ancor prima che la notizia cominciasse a circolare fra i salotti dei lord… fu mandato in orfanatrofio, e tutto finì bene, senza scandali.-
Sirius provò un disgusto istintivo verso quella voce sconosciuta, eppure sapeva che era quello il posto giusto per lui. Udì una seconda voce uscire da esso. Ancora una voce femminile, ma decisamente meno spiacevole, e soprattutto, conosciuta.
-Non è un po’ esagerato mandare qualcuno in orfanatrofio per la scelta che ha fatto un cappello?-
Sirius aprì la porta dello scompartimento ed entrò, richiudendola dietro di sé. Notò così che oltre alle due ragazze c’era anche un altro studente, che si limitava ad ascoltarle con il gomito appoggiato sul bordo del finestrino.
La studentessa che prima aveva parlato tanto male del cugino Tassorosso lo fissò con aria di sufficienza e chiese: -E tu saresti?-
-Black, Sirius Black. Non disturbo, vero?
La ragazza sentendo quel cognome cambiò immediatamente tono, e gli sorrise: -Oh, per niente! Io sono Effie Macnair. Lui invece è Julian Travers, e lei è-
“Adara Ellis. Ci rivediamo.” Concluse la ragazzina, presentandosi da sola.
Sirius salutò Effie e Julian, ma sul suo volto apparve un sorriso sincero solo quando riconobbe la terza persona presente in quello scompartimento.  Adara era la studentessa dai lunghi capelli arancioni incontrata poco prima al binario. Si era legata la massa informe in una coda e teneva il piccolo gatto grigio sulle sue gambe.
A Sirius venne naturale andare a sedersi proprio di fianco a quest’ultima,anche se c’erano altri tre posti liberi.
Anche se lui odiava i gatti. Però il ragionamento sul cappello non faceva una piega.





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PARDON! Credevo che non avrei più continuato, ma oggi ho letto una FF sui malandrini ed é tornata la voglia di scrivere... non cruciatemi! Spero di non avervi deluso con questo capitolo. Al prossimo!

Domanda del cap: Cosa ne pensate di Adara?

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Capitolo 4
*** Hogwarts Express ***



 


Capitolo quattro

Hogwarts Express



Erano passati solo dieci minuti, e già sentiva che se Effie Macnair non avesse smesso  di parlare entro pochi secondi lui si sarebbe buttato fuori dal finestrino. Dal finestrino chiuso. Con il treno in movimento. E pochi gradi fuori. Forse era meglio uscire semplicemente dalla porta della cabina. Che idea geniale!
Ad Effie non sarebbe dispiaciuto avere un ascoltatore in meno –o forse sì, dato che quell’ascoltatore si chiamava Black- , in fondo ne aveva altri tre. Oltre a lui, la Macnair, Travers ed Ellis nello scompartimento sedeva ora pure un altro ragazzino. Minuto, con gli occhiali, aveva detto di chiamarsi Minus, Peter Minus. L’unico motivo per cui probabilmente sedeva lì era il fatto che il cognome parlava da sé: mago purosangue. Anche se di certo non fra i più famosi o nobili.

I Minus erano noti per il loro voltafaccia nei momenti più delicati o scomodi. No, non godevano di una grande reputazione, venivano trattati con sufficienza più o meno da tutti i nobili, nonostante alcune casate si comportassero allo stesso modo. Semplicemente, i Minus erano bersaglio facile, in quanto mai uno della loro stirpe avesse avuto il fegato necessario per rispondere a tono ed estirpare i pregiudizi nei loro confronti. Pregiudizi piuttosto fondati, si disse Sirius, osservando accigliato Peter annuire con foga ogni volta che la Macnair lo guardava. Si prese qualche attimo per osservare anche gli altri compagni di viaggio.

John Travers era simile a suo fratello Reg, almeno a primo acchito. Stessa espressione composta, stessi modi composti, nonostante ciò Sirius con un certo compiacimento notò una sottile differenza. Regulus sotto i suoi modi affabili nascondeva un cuore focoso e sincero quanto quello del fratello, invece a guardare Travers negli occhi apparentemente distaccati vedeva solo… beh, occhi distaccati. Niente scintillio nascosto.
Effie continuava a parlare. La voce era acuta… come quella di tante bambine, direte voi, ma qualcosa convinse Sirius che la tonalità sarebbe rimasta la stessa negli anni: sgradevolmente stridula.
Sirius si stiracchiò platealmente. “Vi lascio, ho bisogno di sgranchirmi un po’ le gambe!” disse alzandosi, senza preoccuparsi di aver interrotto la Macnair. Aprì la porta scorrevole e diede un’ultima occhiata all’interno dello scompartimento. Il suo sguardo si soffermò su Adara, e impulsivamente aggiunse: “vieni anche tu? Ti devo parlare. In privato…” aggiunse poi, ghignando fra sè e sè nel notare il palese scontento di Effie e Travers.

Adara saltò su come una molla, evidentemente anche lei non sopportava il cianciare soporifero della loro compagna di viaggio. Uscirono tutti e due nel corridoio e quando la porta si chiuse alle loro spalle emisero simultaneamente un sospiro di sollievo, mettendosi a ridere subito dopo.
“Dunque, cosa dovresti dirmi?” chiese Adara ricomponendosi.
Sirius la guardò incredulo. “Cosa vorrei dirti? Merlino, credevo che ci saresti arrivata da sola. Quella del parlarti era una scusa come un'altra per scappare dalla cabina… e ho pensato che avrebbe fatto piacere anche a te evadere, se non altro per dare riposo alle orecchie… Bolide, quella Macnair ha una voce insopportabile!”
Adara alzò un sopracciglio. “Vorresti dire che tu, un Black, hai sentito il bisogno di cercare una scusa per andare dove volevi? Mi stupisco. Un Black è al di sopra di queste cose.” Sirius rimase spiazzato dall’osservazione, poi però sbuffò irritato e disse: “Bene, invece di ricevere la tua gratitudine per averti salvato mi accusi di non essere abbastanza Black. Sai che ti dico? Non sono affari del mondo cosa faccio o non faccio. Solo perché porto un cognome importante non vuol dire che devo comportarmi come tutti si aspettano. Non mi interessa. Sei forse mia madre? Loro, là, sono miei parenti? No, e non avete il diritto di dirmi come un Black dovrebbe comportarsi!”
Adara lo guardò stupita. Ma Sirius oramai era inarrestabile, e continuò a sfogarsi,come se aspettasse da tanto tempo di farlo. E, a pensarci bene, era proprio così.
“Ho passato tutta la vita a sentirmi dire come comportarmi. Prendi la forchetta così, non parlare con quella feccia, non guardare quel signore, stai ridendo troppo forte, Sirius!  Troppo forte, puah! Troppo forte per cosa? Per il mio nome? Devo essere Serio? Io credevo di si, credevo che avessero ragione,che il mondo girasse attorno ai miei genitori, ma poi ho cominciato a guardarmi in giro. Una volta, ad Hogsmeade, ho visto un bambino con i capelli neri, come i miei, mi assomigliava tantissimo! Volava con la sua scopa giocattolo fra i pasanti, e quando questi si spaventavano lui rideva, rideva come un pazzo! I loro genitori lo rimproveravano, ma con il sorriso sulle labbra. Anch’io ho riso, e come da copione mia madre mi ha strattonato. Un Black non ride in quel modo. Ma sai, Adara, io credo che si sbaglino, tutti i Black, e tante altre famiglie nobili. Noi… anche noi siamo dei bambini. Non sai quante volte ho sognato di venire qui ad Hogwarts… qui potrò essere me stesso! Capisci? Al diavolo le reg-“
“Shhht!” Adara lo aveva ascoltato sempre più incredula, e Sirius aveva parlato senza rendersi conto dell’effetto che le sue parole avevano sortito nella ragazzina. Quindi rimase sorpreso e piuttosto deluso quando lei lo aggredì verbalmente.

“Sei un pazzo, Sirius Black! Ti rendi conto di quello che stai dicendo? E per Merlino,abbassa la voce quando dici queste cose! Ti sembra facile, vero? Pensi che anch’io non abbia mai pensato quello che dici? Pensi che anch’io non voglia vivere una vita diversa, più libera? Ma ti sbagli, se pensi che qui le cose cambieranno. Hai presente le Case, Sirius? Siamo Purosangue, e finiremo a Serpeverde, perché è giusto così. La sola idea che nomi come Travers, Ellis o Black siano associati ad altre Case è impensabile. Credi di essere al sicuro, ad Hogwarts,ma ti sbagli. Come pensi che reagirebbero, i tuoi genitori, se tu venissi smistato in un'altra casa? Nessuno ti salverebbe da una maledizione.”
Si fermò, perché parlando quasi senza accorgersene aveva cominciato a camminare lungo il corridoio,come per volersi allontanare dalla loro cabina. Sirius, che le camminava appresso, fece lo stesso e rimasero in silenzio, finchè lui non aprì di nuovo la bocca per parlare.
“So benissimo a cosa vado incontro, comportandomi a modo mio. Ma credo che sia un prezzo giusto da pagare. Pensaci bene, e poi non dirò più niente: ho sentito dire che puoi chiedere al cappello parlante dove vorresti essere smistato. Puoi scegliere, capisci? È questa la scelta che determinerà il tuo futuro. Io non voglio diventare come mio padre. E tu?” Sirius la guardò con occhi quasi imploranti. “Ti prego, pensaci! Ti conosco da poco,ma vedo che sei diversa anche tu dagli altri Purosangue. Io ho già scelto. ”
Adara lo guardò a sua volta, torcendosi le mani.”Non è vero,” disse infine. “Non abbiamo scelta, e in fondo lo sai. È il nostro destino, e credo che anche tu prima o poi dovrai piegarti ad esso. Ma pensaci, Sirius! Ora sai che anche io dentro di me la penso come te… sarà bello, fidati! Saremo a Serpeverde, in mezzo agli altri Purosangue che parleranno male di questo e di quello, ma andrà bene lo stesso, perché noi siamo simili! Non saremo soli, anche essendo nella casa che in realtà temiamo tutti e due… Serpeverde.”
Sirius la guardò, scuotendo convinto la testa. “No. È una sfida, non capisci? Se tutti fanno come ci si aspetta, andrà avanti così per sempre.”
Adara pestò i piedi a terra, in un gesto rabbioso. “Bene, sai che ti dico? Non mi importa! Pensavo che avremmo potuto essere amici, ma a te non importa, è più importante andare contro la tua famiglia! Allora vai, fatti smistare nella Casa che vuoi, ma ricorda questo, quando saremo in due case diverse e non ci parleremo: l’avrai voluto tu!” E voltandosi di scatto si incamminò velocemente, dirigendosi verso lo scompartimento e cacciando indietro le lacrime.
Sirius rimase fermo, completamente spaesato. Che gli prende adesso? Si chiese stupito, poi alzò le spalle e si incamminò verso la parte opposta, con la sensazione di aver appena fatto qualcosa di sbagliato e incredibilmente stupido. Ma ai tempi era solo un bambino, e non sapeva nulla di ragazze.

Dopo pochi minuti era già stufo di camminare senza una meta, e cominciò a sbirciare negli scompartimenti per vedere dove avrebbe potuto sedersi. Era arrivato in fondo all’ultimo vagone quando trovò il posto che faceva per lui: uno scompartimento occupato solo da un ragazzino che dormiva. Non era lui che aveva catturato l’attenzione di Sirius, ma il mucchio di cioccolato che giaceva pressoché intatto accanto allo studente.
Fece scorrere la porta e entrò nello scompartimento cercando di non far rumore, in modo da poter prendere qualche cioccolatino senza svegliare l’altro ragazzo. Però Sirius non aveva fatto i conti con il gufo che stava appollaiato su un trespolo, in una gabbia per terra. Il pennuto scelse proprio quel momento per mettersi a beccare le sbarre, producendo un clangore improvviso e facendo sobbalzare dallo spavento Sirius che perse l’equilibrio e cadde sul coetaneo, svegliandolo bruscamente.

“Hey Gid, guarda un po’ cosa ho trovato! Così piccoli, eppure così affettuosi tra di loro!”
“Eddai Fabian, andiamo via, non vedi che hanno bisogno di privacy?”
Sirius si rialzò –non senza ficcare per sbaglio il gomito nello stomaco dello sventurato su cui era caduto- e si voltò per dare un occhiata ai nuovi arrivati. Si trovò di fronte due ragazzi chiaramente più grandi di lui, sicuramente erano almeno del quarto anno. Avevano lo stemma di Grifondoro appuntato al petto e lo guardavano con due enormi sorrisi identici. A dirla tutta, non erano solo i sorrisi ad essere uguali: i due studenti erano gemelli.
“Noi siamo Fabian e Gideon Prewett, al vostro servizio!” dissero quelli in coro, accennando ad un cerimonioso inchino e mettendosi a ridere subito dopo. “Beh, forse non esattamente al vostro servizio, ma queste parole davano un certo tono alla frase, sapete.”
“Oh, Gideon, siamo così bravi a fare le entrate ad effetto!” sospirò quello che doveva essere Fabian. “Ma voi siete?”
“Sirius Black.” Rispose meccanicamente ancora in piedi, ed era così preso dall’arrivo di quei due ragazzi che sobbalzò quando udì dietro di sé una voce.
“Io mi chiamo Remus Lupin, e…Sirius, mi stai schiacciando il piede.” Aggiunse con una nota di chiara sofferenza nella voce. Sirius si spostò, smettendo finalmente di attentare alla vita del piccolo Lupin. “Oh, mi dispiace. Credevo fosse… non lo so, qualcosa abbandonato per terra.”
Il piccolo Black si sedette astutamente di fianco alla montagna di cioccolato, e i due Prewett si accomodarono di fronte a loro, probabilmente più per la voglia di mangiare qualcosa di dolce che per vero interesse verso i due.
“Siete primini, vero? Oh, Gideon, sarà così divertente!” Fabian si allungò verso i due e, prendendo un cioccolatino, disse con fare tremendamente serio: “lo sapete, vero, che i primini devono superare La Prova?”
Remus lo guardò. “Io non ho letto di nes-“ cominciò, ma venne interrotto dal gemello numero due che esclamò: “Ah, ovvio che non avete letto niente in proposito! Non è scritto da nessuna parte, capisci? La Prova viene svolta in gran segreto, tutto il corpo docenti ne è all’oscuro… c’è stato un anno in cui il professor Ruf ci ha scoperti, ma lui non è esattamente un corpo, sapete, quindi non fa parte del corpo docenti.” Fabian emise una breve risata, e Gideon, dopo essersi grattato il mento, continuò: “dicevamo, La Prova. Non vi è dato sapere quando, non vi è dato sapere come, o in cosa consisterà. Studenti come noi –veterani, rispettabili- vi strapperanno dai vostri letti e vi porteranno a svolgere La Prova. I risultati saranno appesi alla bacheca principale fuori dalla Sala Grande… su una pergamena appositamente stregata, visibile solo agli studenti.”
Sirius e Remus ascoltavano con gli occhi spalancati, il primo con un espressione estremamente interessata, l’altro con un cipiglio scettico ma anche un po’ preoccupato.
“E in cosa consiste la prova?” Chiese Sirius, e i gemelli, lieti di avere un pubblico così attento, continuarono a parlare di bagni con la piovra gigante, gite notturne nella foresta e intrusioni nei dormitori dei docenti.
Così, dopo una buona dose di cioccolatini e molte storie di avventure vere e inventate, il mondo fuori dal finestrino si fece gradualmente più buio, ed infine l’Hogwarts Express rallentò la sua corsa, prossimo alla destinazione.

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