Dieci regole per farla innamorare di thecarnival (/viewuser.php?uid=111714)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Regola numero uno. ***
Capitolo 3: *** Regola numero due. ***
Capitolo 4: *** Regola numero tre. ***
Capitolo 5: *** Regola numero quattro. ***
Capitolo 6: *** Regola numero cinque. ***
Capitolo 7: *** Regola numero sei. ***
Capitolo 8: *** Regola numero sette. ***
Capitolo 9: *** Regola numero otto. ***
Capitolo 10: *** Regola numero nove. ***
Capitolo 11: *** Regola numero dieci. ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Gentilmente
betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce
Prologo
Le
donne potevano essere complicate, è vero. Non erano nulla,
però,
paragonate alla testa dura di un uomo.
Specie
se la testa dura apparteneva al mio migliore amico.
Damon
si era messo in testa di voler conquistare una ragazza e non era una
semplice ragazza ma la bellissima e biondissima Caroline, figlia del
senatore e ragazza più popolare della città.
Non
sapevo il motivo di quella sua cotta, più che altro mi
sembrava
davvero strana, dato che lui non era il tipo di innamoramenti e cose
varie.
In
pratica era il classico farfallone che ammaliava le ragazze con il
solo sguardo e le portava a letto per poi non ricontattarle mai
più.
Era uno stronzo, ma gli volevo un gran bene.
Ecco,
Caroline era il motivo dei nostri incontri settimanali pomeridiani.
Gli
avevo spiegato che per conquistare una donna, per farla innamorare,
esistevano 10 regole che lui avrebbe dovuto imparare e tenere a
mente, per sempre!
Quegli
incontri erano il motivo della profonda gelosia di Stefan, il mio
ragazzo. Gli avevo detto che non aveva nessun motivo per essere
geloso, che io e Damon eravamo così amici da essere quasi
fratelli,
ma lui mi aveva risposto che era un ragazzo e che si accorgeva quando
un uomo era attratto da una donna.
Ovviamente non era vero, non
che lui non lo capisse, erano gli uomini in generale a non capirlo.
Lì
mi sbagliavo, ero così stupida da non capire quanto mi
stessi
sbagliando.
Le
cose iniziarono a cambiare dalla regola numero sei e precipitarono
alla dieci, quando gli occhi azzurri di uno e quelli verdi dell'altro
spezzarono il mio cuore in due.
**********
Buon
pomeriggio e buona Domenica,
sono
molto emozionata perchè è la mia prima storia in
questo fandom e spero sinceramente di non deludervi.
Sono
Thecarnival, ma chiamatemi Alessia, lo preferisco.
Dunque,
questa storia nasce da un'idea abbastanza semplice e buffa, stavo
scrivendo una storia sul fandom Twilight dove due personaggi avevano i
volti di Nina Dobrev e Ian Somerhalder e mi è venuta voglia
di parlare di loro, niente vampiri o roba varia, ma di Elena, Damon e
Stefan come persone, amici e fidanzati. Rapporti semplici che si
trovano tutti i giorni.
Non
voglio perdermi in altre chiacchiere, ringrazio già da
adesso chi avrà voglia di seguirmi in questa nuova avventura.
Ho
un profilo facebook, potete aggiurgermi se volete, ma per favore
specificate chi siete, Thecarnival
efp .
Esiste
anche un gruppo, dove pubblico storie e scemenze varie, e dove possiamo
parlare liberamente, sempre su facebook, Le
mie storie ed altro.
Alla
prossima.
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Capitolo 2 *** Regola numero uno. ***
Gentilmente
betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce
Regola
numero uno.
La
luce entrava timida da un piccolo spiraglio, illuminando quelle
pochissime cose che incontrava.
Aprii
gli occhi infastidita e sorrisi nel vedere la scena. I vestiti sparsi
sul pavimento e sulla scrivania, il piumone, tutto arrotolato, era
finito ai piedi del letto e l'unica cosa che ci copriva era il
lenzuolo celeste, regalatogli una settimana prima in occasione del
trasferimento nel suo nuovo appartamento.
Il
mio bellissimo fidanzato dormiva ancora.
Il
sedere in aria, la gamba sinistra piegata e poggiata su quella destra
che, invece, era completamente distesa, un braccio sotto il cuscino e
l'altro che mi stringeva a sé. Era protettivo anche mentre
dormiva
ed era bello anche in quel momento.
Le
labbra appena dischiuse in un'espressione buffa. La fronte distesa,
segno che stava facendo sogni tranquilli.
Mi
strinsi di più a lui, lasciandogli un dolce bacio su suo
naso
all'insù. Nessun segno di risveglio perciò gli
diedi altri baci,
finchè non lo vidi aprire gli occhi ed illuminarmi con il
suo
sorriso.
-
Non potevi farmi dormire ancora? - Mi abbracciò fortissimo.
-
Stai sempre a lamentarti...- gli sussurrai sulle sue labbra -... ed
io che pensavo di darti il buongiorno in un modo diverso dal solito.-
Sorrisi
maliziosa e poi lo baciai. Venimmo interrotti, però, dallo
squillo
del suo cellulare. Sbuffai mentre mi allungavo per passarglielo,
senza neanche vedere chi fosse, ma lo capii dall'espressione sul suo
viso.
-
Mamma!-
Il
suo sorriso si allargò ancora di più, adorava sua
madre tanto
quanto lei odiava me.
Lo
guardavo sorridere ed annuire mentre si alzava dal letto e si vestiva
in fretta e furia.
-Certo
che non si sono problemi, verrà anche Elena.-
Gli
mimai un NO con le labbra, con il corpo e con tutto ciò che
c'era
attorno a me, ma fece finta di nulla e continuò la sua
telefonata.
-No
che non vengo!-
-
O andiamo Ele... sai che mia mamma ci tiene!-
Non
mi avrebbe mai convinta. Odiavo i pranzi domenicali a casa Orlando,
li odiavo più di qualsiasi cosa al mondo.
Non
mi sentivo per niente accettata in quella famiglia. Solo il padre mi
era simpatico forse perché sorrideva ed era gentile con me,
al
contrario di quella vipera della madre. Non era colpa mia se quando
entravo in quella casa cercavo di essere il più naturale,
gentile e
cortese possibile, ma non potevo non notare gli sguardi assassini
della sorella di Stefan e della signora Orlando, Sharon.
-Ci
vediamo più tardi allora, ok?-
Lo salutai baciandolo sulle
labbra e scesi dall'auto entrando in casa.
Il
silenzio regnava sovrano, evidentemente mio fratello Jeremy era in
giro con la sua nuova fidanzata, Anna, quindi ero completamente sola
con casa a mia completa disposizione.
Musica a palla, sali da bagno nell'acqua calda della vasca e candele
profumate alla vaniglia, mi immersi rilassandomi completamente e
cantando alcuni versi di “It Will Rain” amavo la
modalità random dello stereo, chiusi gli occhi non pensando
a nulla, finalmente ero sola lontana da pensieri e preoccupazioni
varie, ogni donna, anzi, ogni essere umano meritava un momento del
genere almeno una volta a settimana.
Forse mi addormentai perchè fu davvero traumatico quando
sentii suonare il campanello insistentemente, caddero persino due
candele per terra, lontane dal tappeto per fortuna, quando corsi ad
aprire la porta tremando di freddo.
-Accidenti! E se fossi stato un maniaco?-
-Non è che ci sia tutta questa differenza- Gli feci spazio e
si accomodò in casa dirigendosi direttamente in cucina. -Ti
serve qualcosa?-
-Andiamo Lena così mi offendi! Mi apri in accappatoio, dai a
me del maniaco e insinui che sia qui perchè mi serve
qualcosa.-
Incrociai
le braccia, in attesa della verità.
Con
tutta calma lo vidi armeggiare prima con il frigorifero poi con il
contenitore del pane.
-D'accordo, ho bisogno del tuo aiuto.- Addentò il suo toast
e io mi sedetti sullo sgabello di fronte a lui, prima o poi avrebbe
parlato ne ero certa. -IeriFonouFitoe...-
-Se parlassi con la bocca vuota forse riuscirei a capirti- Sbottai,
togliendogli il toast dalle mani, quel ragazzo era in grado di farmi
saltare i nervi anche dopo un bel bagno rilassante.
-Ieri sono uscito con Caroline...-
Scoppiai
a ridergli in faccia, e cominciai a salire le scale che mi dividevano
dalla mia camera da letto.
-Lo
sapevo che non dovevo dirti nulla.- borbottò.
-Quella Caroline?
La figlia del Senatore Forbes? La ragazza più popolare e
bella della
città?- Gli chiesi ironica dal bagno mentre mi vestivo,
sapendo che
lui era sdraiato sul mio letto a torturare i peluche che gli tolsi
dalle mani non appena lo raggiunsi.
-Non capisco tutto questo
sarcasmo-
Risi di nuovo.-E sentiamo, casanova, come è andata?-
Mi distesi accanto a lui.
-Oh..diciamo che non è andata come mi
aspettavo- Lo invitai a continuare con lo sguardo - Siamo andati al
cinema, ho fatto la mia solita mossa, lei se n'è accorta e
quindi ho
dovuto lasciar perdere. Non ridere! La cosa più grave
è stata
quando ho cercato di baciarla-
-Che è successo?- Gli chiesi
abbastanza curiosa.
-Mi ha respinto!- Urlò sconvolto causando la
mia ilarità.
Damon
era così, tremendamente tragico nei suoi racconti amorosi.
Non
riuscivo a smettere di ridere nel vedere la sua espressione afflitta
al ricordo di quel bacio mancato, al ricordo del rifiuto di Caroline,
il primo rifiuto in tutta la sua vita. Più ridevo
più il suo
sguardo si faceva minaccioso, lanciò i peluche in aria,
perchè
sapeva che erano i miei piccoli figlioletti, e si buttò su
di me
iniziando a farmi il solletico. Non riuscivo a respirare.
-Ti
prego Damn, non res.respir.ro-
Alzò
le mani, scrutandomi a fondo, come per controllare se stessi dicendo
la verità, e poi si alzò, permettendomi di
rilassarmi e ridarmi la
vita.
- Mi devi aiutare- Lo guardai interrogativa, oltre che
terrorizzata. -Tu sei una ragazza e voi sapete sempre cosa fare in
questi casi. -
- Che dovrei fare esattamente?-
- Aiutarmi a
conquistarla, insegnarmi qualche trucchetto- Lo guardai scettica, e
lui continuò -Mi piace davvero Lena.. Caroline non
è la solita
ragazza da portare a letto e basta! Lei è bella e simpatica,
voglio
conoscerla.-
- Sembri serio. Sicuro di non avere la febbre?-
-
Sono davvero serio- I suoi occhi azzurri mi fulminarono e in quel
momento presi la decisione più sbagliata in tutta la mia
vita
-D'accordo ti aiuterò-
Damon e io ci conoscevamo da... beh,
in pratica una vita, eravamo cresciuti insieme, l'avevo visto in
tutte le situazioni possibili ed immaginabili.
Appena sveglio, in
pigiama, in accappatoio, ubriaco, in lacrime e anche nudo, in
realtà
avevo visto solo il suo "lato B", ma c'era chi avrebbe
pagato per essere al mio posto. Prima che mi mettessi insieme a
Stefan dormivamo spesso insieme quindi anche lui mi aveva visto nei
miei momenti peggiori e non me ne vergognavo perché era come
se
fossimo fratelli. Per queste ragioni avevo deciso di aiutarlo ed
anche perchè sapevo che se avessi avuto bisogno io di lui
non se lo
sarebbe fatto chiedere due volte.
-Quindi? Devo farmi la ceretta
con lei? Accompagnarla a fare shopping o dal parrucchiere?-
Gli
risi in faccia. In effetti l'idea di Damon dall'estetista urlante nel
patire i dolori della ceretta non era una brutta idea, ma optai per
dirgli la verità. -Vedi, caro mio, per conquistare una donna
soprattutto una come Caroline è come se ci fossero dieci
regole-
-E
tu le conosci?- Mi chiese con quel ghigno fastidioso.
-Lo vuoi o
no il mio aiuto?- Sbuffai lanciandogli una ciabatta in testa, era il
mio migliore amico ma a volte avrei voluto strozzarlo, farlo a
pezzettini e seppellirlo in qualche parco disperso. -Dunque, seguendo
queste dieci regole, potresti farle cambiare idea sul tuo conto e
addirittura farla innamorare di te- I suoi occhi si illuminarono,
pensai che forse era davvero interessato a lei e che Caroline non
fosse il solito sfizio o la solita scommessa fatta con gli amici del
pub -Però devi seguirle alla perfezione Damn o non
funzionerà!-
-Che
cosa devo fare?-
Fu il mio turno di sorridere, da un lato ero
felice di aiutarlo perchè se tutto quel lavoro avesse
funzionato,
allora si sarebbe sistemato con una ragazza seria, ma dall'altro lato
mi sentivo molto sadica, lui era il mio burattino e gli avrei fatto
fare qualsiasi cosa. Mi trattenni dal ridere per quel pensiero, lo
avevo immaginato di legno come un Damon-Pinocchio.
-Le hai già
detto che vuoi uscire con lei?- Negò con il capo facendomi
venire
l'istinto di picchiarlo a sangue. -Bene, fallo-
-E che le
dico-
-Come che le dici?- Mi sbattei una mano sulla fronte con
fare disperato, era senza speranza -Tu non sei il Casanova, il Don
Giovanni? Adesso la chiami e le dici che ti piacerebbe uscire di
nuovo con lei e..- lo ammonii con lo sguardo prima ancora che mi
interrompesse -se si nega, ti scusi per l'altra volta e gentilmente
le chiedi un'altra possibilità-
-Gentilcosa?-
-Accidenti
Damon! Hai un cuore ed un cervello anche tu, usali piuttosto che
ragionare sempre con il tuo cosetto lì sotto-
-'Etto' sarà
quello del tuo ragazzo- Uscì dalla mia camera con il
cellulare in
mano, sapevo che colpendolo proprio in quel punto, si sarebbe sentito
ferito nell'orgoglio ed avrebbe fatto quella telefonata.
In
attesa che lui finisse, sistemai la mia camera e finii di vestirmi
prendendo anche la borsa ed indossando le scarpe, lo vidi rientrare
con una faccia sconvolta che quasi mi fece preoccupare.
-Mi.. mi
ha detto di sì-
Scrollai
le spalle, ne ero sicura che avrebbe accettato. Damon era bello, gli
bastava essere gentile per avere tutti ai suoi piedi.
-Ha
funzionato! Tu sei un genio e io ti adoro-
-Lo so. Adesso dobbiamo
andare- Il suo sguardo interrogativo mi obbligò a parlare di
nuovo
-Si va a fare shopping-
Me ne stavo seduta sulla
poltroncina in attesa che uscisse dal camerino per farmi vedere
l'ennesimo paio di jeans o l'ennesima camicia, ormai non sapevo
più
che cosa stesse provando.
-Puoi ripetermi la prima regola?- Mi
urlò da là dentro, e per fortuna le commesse ci
avevano lasciato
soli.
-Di nuovo? L'ho già fatto per d..-
-Per favore Lena, ne
ho bisogno- mi interruppe.
Sbuffai - Al primo appuntamento non
vestirsi troppo, e neanche troppo poco. Non mettersi in mostra troppo
presto, non fare il timido troppo a lungo ma nello stesso tempo non
parlare troppo di te stesso. Al secondo appuntamento valgono le
stesse regole, con una differenza: non si ha il diritto di fare
sesso. E molto importante: Una donna si accorge sempre se un uomo le
sta guardando la scollatura, non importa quanto si è stati
rapidi o
furtivi.- Ormai ripetevo quelle parole come un mantra e lui
mi
veniva dietro come se le stesse imparando a memoria.
-E questo per
me sarebbe il primo o il secondo appuntamento?-
-In pratica è il
secondo, in teoria potresti comportarti bene e fare due in
uno-
-Anche tre- Lo ammonii con lo sguardo dato che era uscito dal
camerino. Indossava un paio di jeans sul blu scuro, una camicia
bianca e un gilet grigio sopra, lasciato sbottonato. -Mi manca
qualcosa, vero?- Mi voltai e vidi un cappello borsalino dello stesso
colore del gilet -Sono il Dio della figaggine-
-Sei il Dio degli
idioti, su spogliati e paga, non abbiamo tempo da perdere- Lo spinsi
verso il camerino per mettergli fretta, ma non fu una buona idea,
perchè mi intrappolò i polsi in una sua mano
sollevandomi con una
gamba e mettendomi su un fianco, mi sentivo un sacco di patate
più
che una persona. -Dai Damn, mettimi giù-
-Devi dire la parola
d'ordine-
-Padrone??- Scosse la testa -Non la conosco, per
favoreeee- Una commessa venne a vedere la situazione e trovandoci in
quel modo si mise a ridere, strano dato il modo in cui aveva guardato
Damon non appena eravamo entrati. -Ci scusi, adesso la smettiamo- Non
ero molto credibile in quella posizione.
-Tranquilli tanto non c'è
nessuno. Siete una bella coppia-
Damon sorrise -Grazie- Aspettò
che quella se ne andasse prima di continuare -Dunque, dimmi la parola
d'ordine e ti lascio andare, ti aiuto, l'ho detto prima io-
Ci
pensai su, e se avessi potuto mi sarei data un colpo di mano in testa
-Sei il Dio della figaggine- Mi mise giù ed ebbi la
tentazione di
picchiarlo ma sapevo che la sua vendetta sarebbe stata tremenda.
Finalmente dopo aver pagato uscimmo dal negozio, si era fatto
tardissimo e non avevo neanche sentito Stefan, se avesse saputo che
ero uscita con Damon senza neanche farglielo sapere si sarebbe
arrabbiato da morire.
Gli
mandai un messaggio spiegandogli quindi la situazione ma omettendo lo
shopping, non perchè volessi mentirgli ma per evitare
discussioni
inutili.
-Grazie davvero Lena, ti farò sapere come va a finire-
Lo abbracciai prima di scendere dall'auto -Andrà bene, non
preoccuparti- Chiusi lo sportello e lo salutai con la mano,
ovviamente non si mosse, aspettava che entrassi in casa e chiudessi
la porta per ripartite.
Stavo per infilare la chiave nella toppa
quando sentii il clacson della sua auto. Mi voltai con il cuore che
scalpitava dallo spavento, l'idiota aveva suonato a mio fratello per
salutarlo e si erano messi a parlare in mezzo alla strada, si
lasciarono dopo qualche minuto.
-Dove sei stato?- Il mio non era
un tono accusatorio o chissà che, mi preoccupavo solo per il
mio
fratellino minore.
-Potrei chiederti la stessa cosa riguardo
questa notte- Mi rispose sornione incrociando le braccia al petto,
mentre posavo le chiavi di casa sul mobiletto all'ingresso. -Eri con
Damon?- Il mio sguardo fu più eloquente di qualsiasi altra
parola.
-Stavo scherzando, lo so che eri con coso-
-Stefan-
-No, mi
chiamo Jeremy-
-Idiota, si chiama Stefan, quindi smettila di
chiamarlo 'coso'- Sbuffai. A volte mio fratello e Damon facevano la
gara a chi riusciva a farmi impazzire per prima, Jeremy perdeva quasi
sempre. -Quindi? Eri con Anna-
-Sì, ci siamo visti verso le 10.
Non ha dormito qua, tranquilla- Sapeva della regola fondamentale
'nessun ragazzo o ragazza doveva dormire in casa nostra', ovviamente
era sempre stata fatta eccezione per Damon, considerato un fratello
anche da Jer. -Che hai fatto fino a quest'ora con Damon?-
Scrollai
le spalle -L'ho aiutato a fare una cosa-
-E il tuo Stefan non è
geloso?-
-No, perchè mi ama e capisce l'amicizia che ci
lega-
-Bah, se lo dici tu. Io non permetterai alla mia fidanzata
di fare quello che fai tu con Damon-
-Questo è perchè sei un
idiota-
-No.- Rispose mentre saliva le scale -E' perché vedo
quello che c'è tra te e quell'altro-
Non gli risposi nemmeno,
tra me e Damon c'era un bellissimo legame d'amicizia, che mai e poi
mai avrei scambiato per amore, lo conoscevo troppo bene, c'era fin
troppa confidenza per poter solo pensare di iniziare qualcosa di..
qualcosa che non fosse amicizia insomma. Era stupido anche fare quel
discorso, dovevo piuttosto, risolvere la questione con Stefan, dato
che mi aveva mandato tantissimi messaggi dopo aver saputo che stavo
con Damon.
La mia vita stava cominciando a incasinarsi in maniera
allarmante, dovevo fare qualcosa per calmare le acque.
*********
Buon pomeriggio, buon pranzo e
buon sabato.
E' trascorsa quasi una
settimana dalla pubblicazione del prologo di questa nuova storia e
prima che lo dimentichi vorrei ringraziare tutte quelle fantastiche
persone che hanno letto ciò che ho scritto, coloro che hanno
aggiunto -sulla fiducia- la storia tra preferiti, seguiti e ricordati e
ancora chi ha commentato. GRAZIE.
Nel primo capitolo
conoscete già tutti i personaggi principali, Elena
-ovviamente- Stefan, Damon e Jeremy. Non darò molto spazio
agli altri e non mi interessa neanche dare una precisa collocazione
temporale, quello che voglio è descrivere le dinamiche dei
loro rapporti.
L'amicizia da un lato e
l'amore dall'altro.
O entrambi in entrambi i
lati.
Ci si legge la prossima
settimana.
Ho
un profilo facebook, potete aggiurgermi se volete, ma per favore
specificate chi siete, Thecarnival
efp .
Esiste
anche un gruppo, dove pubblico storie e scemenze varie, e dove possiamo
parlare liberamente, sempre su facebook, Le
mie storie ed altro.
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Capitolo 3 *** Regola numero due. ***
Gentilmente
betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce
Regola
numero due.
Dopo
quel pomeriggio intero trascorso insieme a Damon, avevo
maledettamente litigato con Stefan, prima per telefono e poi, come se
non bastasse, si era presentato a casa, continuando ad urlare e a
rinfacciarmi inutili sciocchezze sulla nostra amicizia, su come
Damon, per esempio, mi fissasse il sedere quando indossavo degli
abiti o jeans più attillati ed ancora sul nostro modo di
scherzare.
Se
da un lato, all'inizio, poteva avere ragione ad essere minimamente
geloso, dall'altro, dopo avergli spiegato milioni di volte che vedevo
Damon come un fratello maggiore, non sopportavo il modo in cui lui mi
rinfacciasse certe nostre frasi o momenti, non volevo che giudicasse
la nostra amicizia come io non mettevo becco sulla sua con
quell'idiota di Klaus.
– Quindi non vi parlate? – mio
fratello faceva sempre le domande sbagliate al momento sbagliato.
–
No
– Te
l'avevo detto che sarebbe stato geloso di Damon, anche io lo sarei se
Anna passasse il suo tempo con un ragazzo del genere –
– Jer,
lo dirò solo una volta perché mi sono stufata.
Non c'è niente di
cui essere gelosi e poi tu, caro fratello traditore, dovresti sapere
meglio di me quello che c'è tra me e Damon, siamo cresciuti
tutti
insieme!
– Oh, ma io lo so benissimo cosa c'è tra di
voi...–
quel suo tono di voce non mi piaceva – E quando lo capirete
anche
voi due, sarà davvero un gran bello spettacolo!
– Ti diverti a
vedermi impazzire e soffrire?– mi alzai dal divano e il suo
annuire
mi fece scattare – Brutto stronzo che non sei altro
Lo rincorsi
per mezza casa, anche su per le scale, urlandogli le peggio parole
del mondo, ma fu più veloce e riuscì a chiudersi
in camera sua, non
feci in tempo neanche entrare dal bagno comunicante perché
avevano
suonato il campanello, così scesi a vedere chi fosse.
–Scusa–
disse senza neanche salutare.
Mi si sciolse il cuore nel vedere
Stefan con gli occhi bassi e le mani strette a pugno.
Lo
tirai per la maglietta, baciandolo non appena mise il piede in casa.
–
Forse
dovremmo litigare più spesso, per poi scusarmi
così.
Gli diedi
uno scappellotto. – Saltando la parte del litigio
possibilmente
–
Mi sorrise teneramente, stringendomi e baciandomi subito dopo.
Odiavo litigare con lui, in realtà odiavo litigare in
generale, era
così semplice parlare civilmente con le persone e andare
d'accordo
quindi perché complicarsi la vita?
Ci buttammo sul divano,
difficile spiegare il come, ma eravamo presi dalla smania di far
pace, mi liberò dalla canotta azzurra di cotone mentre mi
baciava il
collo scendendo verso la spalla.
– No, accidenti! – Jeremy era
entrato in salotto facendomi sobbalzare – Non sul divano! Lo
uso
per sedermi – indignato mi lanciò la canotta che
era finita
accanto la porta e mi diede le spalle aspettando che mi rivestissi.
–
Scusaci Jeremy, pensavo che tua sorella fosse sola a casa. –
Stefan
mi fulminò con lo sguardo e cercò di ricomporsi,
dato che era
visibilmente eccitato.
– Hai pensato male – si sedette su uno
sgabello, alternando il suo sguardo tra me e Stefan, poi sorrise e mi
preoccupai perché conoscevo benissimo quella sua espressione
– Ho
sentito Damon su twitter, vuole parlare con te urgentemente.
Ebbi
l'istinto di tirargli il telecomando in testa, peccato fosse troppo
leggero.
– Come mai deve parlarti?
– Non lo so.– Misi su
una faccia da poker, non mi piaceva mentire, ma nello stesso tempo
non volevo spiattellare i segreti del mio migliore amico.
–Più
tardi lo chiamo.
– Ah no, ha detto che sarebbe passato qui. Era
abbastanza grave, ero sceso a dirtelo
– Non potevi dirgli che
ero impegnata? – mi alzai di scatto, come a volerlo
intimorire.
–
No, perché non lo sapevo. Ora devo andare, buona giornata.
Ciao
Stef, a presto
Capii che se la stava ridendo sotto i baffi, sapevo
anche che mentiva, gli aveva sicuramente detto che c'era Stefan in
casa e quell'altro ne aveva approfittato.
Volevo urlare dalla
rabbia perché odiavo quell'assurda situazione di scegliere
con chi
trascorrere un paio di ore pomeridiane.
– Quindi dovrai stare di
nuovo con lui oggi.
– Non per forza. Vedo che vuole e poi
possiamo continuare quello che stavamo facendo prima di essere
interrotti– mi strusciai a lui come una gattina ed ottenni
l'effetto desiderato. Con un colpo secco mi tirò a
sé, stringendomi
dalla schiena e baciandomi con passione, ma fummo di nuovo
interrotti, questa volta dal campanello di casa. Jeremy si
precipitò
dalle scale.
– Ero convinto fosse Anna, ma anche tu mi vai bene
Damon– si salutarono come al loro solito, con vari gesti e
versi
strani, sembravano delle scimmie. –Nanà, appena
arriva Anna, puoi
dirle di aspettarmi qua giù? Sto finendo una cosa al pc.
Annuii
reprimendo l'istinto di ucciderlo ancora una volta per aver usato
quello stupido nomignolo che usava quando era piccolo.
– Ciao
Lena– mi posò un bacio sulla fronte e con un gesto
del capo salutò
il mio ragazzo – Stefan.
– Damon – stesso identico saluto. –
Come mai di nuovo qui?
Quegli occhi di ghiaccio sputavano fiamme.
– Ho bisogno di un consiglio dalla mia migliore amica. Spero
non
sia un problema – si accomodò sullo sgabello in
cucina,
cominciando a prepararsi un sandwich come se fosse a casa sua.
–
Io vado, ci sentiamo più tardi allora.
Annuii accompagnandolo
alla porta – Sì, ti chiamo non appena sistemo
questa cosa– gli
lasciai un delicato bacio sulle labbra – Mi dispiace Stef .
Il
suo sorriso mi rassicurò.
Chiusi la porta e tornai in cucina
furiosa, questa volta mi avrebbe sentita sul serio e forse, da quello
scontro, ne sarebbe uscito morto. Lo trovai seduto sempre allo stesso
posto, che mangiava in silenzio, nessun ghigno o sguardo sarcastico
perché era riuscito a buttar fuori da casa mia Stefan,
sembrava
turbato per qualcosa.
– D'accordo hai vinto. Che succede?
–
Succede che le ragazze stanno con me solo perché ho gli
occhi di
ghiaccio, perché sono ricco e perché...–
Non riuscivo a
seguire il suo discorso – Spiegati meglio.
Si alzò cominciando
a camminare avanti e indietro per la stanza – Se incontro
qualcuna
e ci provo quella ci sta perché sa benissimo che
sarà per una notte
e il giorno dopo addio chi si è visto si è visto.
– E di
questo non te ne sei mai lamentato, mi sembra.
– No, però se
faccio capire a una di loro...
– A Caroline, stiamo parlando di
lei, giusto?
Mi fulminò con lo sguardo e gli sorrisi stile 'bimba
innocente che convince il padre a comprargli il gelato più
grosso
del mondo' – Se faccio capire a Caroline che vorrei costruire
con
lei qualcosa di serio si tira indietro .
Esasperato si sedette
nuovamente sullo sgabello.
– Cosa è successo ieri sera?– se
magari si degnava di spiegarmi tutto dal principio potevo
aiutarlo.
Sospirò – Ci siamo visti al Mystic. Sono stato
puntuale e lei in ritardo, quando è arrivata le ho fatto i
complimenti, perché era davvero bella, e lei ha risposto che
stavo
bene anch'io– sorrise sornione guadagnandosi uno
scappellotto. –
Siamo entrati, ci siamo accomodati e dopo aver ordinato è
calato il
silenzio. Non sapevo di che parlare perché ogni argomento mi
sembrava stupido e lei lo liquidava con 'si grazie' oppure 'non lo
so, forse tra qualche anno'– Terminò cercando di
imitare gesti e
voce di Caroline, facendomi ridere a crepapelle.
– Dio Damon,
sei senza speranza– non riuscivo a smettere di ridere nel
guardare
le sue espressioni di sofferenza e umiliazione sul volto. –
Ti
consiglio di lasciarla un po' in pace, per adesso. Questo non
significa però che devi darti alla pazza gioia con altre
ragazze,
stai un po' buono, d'accordo?
– D'accordo– mi guardò
intensamente – E dopo?
– E dopo ti dirò la seconda regola, ma
solo quando lo riterrò opportuno.
Mi abbracciò quasi
stritolandomi e, dopo aver urlato a Jeremy un saluto, se ne
uscì da
casa.
Era passata una settimana, o forse qualche giorno in
più, dall'appuntamento disastroso di Damon e per fortuna lui
aveva
seguito il mio consiglio, anche se sentirlo ogni giorno lamentare
perché era in astinenza sessuale, non era una gran bella
cosa.
“Tu
hai il tuo bel biondino che ti soddisfa” diceva “io
invece devo
starmene buono senza toccare tette e culi”.
Molte
volte uscivamo, incontrandoci con altri amici al Mystic Grill o a
delle feste organizzate vicino al bosco, e tenevo d'occhio Caroline,
che a sua volta non smetteva di fissare Damon.
La salutava,
scambiava con lei qualche parola però poi si allontanava
andando a
divertirsi con i suoi amici.
Era arrivato il momento di passare
alla seconda regola.
– Ti ho mandato un messaggio mezz'ora fa. –
lo feci entrare in casa.
– Aspettavo che finisse un film, che mi
devi dire? Litigato con il biondino? Non ti soddisfa più?
–
Togli i piedi dal tavolino! Ti ho fatto venire per la seconda regola,
ricordi?– i suoi occhi si illuminarono – Ma sto
quasi per
pentirmene.
– No, ti prego Lena. Mi dispiace di essere uno
stronzo, prometto di cambiare.
Lo guardai sconvolta e poi risi
–Ti ho mai detto che sei senza speranza?
– E' stata la tua
prima parola quando sei nata– mi abbracciò
portandomi sul divano –Dicevi su questa seconda regola?
Roteai gli occhi – “Alle
donne piacciono gli uomini che le facciano ridere. Ma fai attenzione,
le battute non devono essere troppo volgari o forzate. Una donna si
accorge la differenza tra un uomo simpatico e un uomo
pagliaccio” –
recitai in modo solenne.
Era in preda al panico – Quindi che
faccio?
– Smettila di fare lo stronzo e sii naturale.
– Ma
io sono naturalmente stronzo!
Scoppiai a ridere – Ecco, sei
sulla buona strada– salii le scale andando verso la mia
camera,
dovevo iniziare a prepararmi per la festa di compleanno di un'amica
di Stefan. –Vuoi seguirmi anche sotto la doccia?
Fece finta di
pensarci e gli tirai una scarpa addosso – Come se non ti
avessi
vista già nuda.
Lo disse ormai troppo tardi, quando sapeva che
non potevo uscire dal bagno perché stavo per entrare in
doccia, ma
l'avrei picchiato dopo, soprattutto per sapere quando mi aveva vista
nuda. Che stress che dovevo subire ogni giorno con lui.
Sciacquai
per l'ultima volta i miei lunghi capelli castani e poi chiusi l'acqua
per avvolgermi nel telo di spugna bianco, c'era troppo caldo per
utilizzare ancora l'accappatoio. Legai i capelli in alto con
l'asciugamano e asciugai il resto del corpo, così da potermi
vestire
e tornare in camera per uccidere quell'idiota che era rimasto in
silenzio per tutto il tempo della doccia, segno che stava combinando
uno dei suoi tanti guai. Damon era come i bambini, se parlava era una
buona cosa, ma se calava il silenzio, era impegnato a combinarne una
delle sue.
Dopo aver indossato dei pantaloncini e una canotta,
entrambi colorati, lo raggiunsi, stava dormendo sul mio letto
abbracciando il mio cuscino. Sorrisi malignamente e mi buttai su di
lui, svegliandolo.
– Questo è molto peggio di un terremoto.
–
Si perché, essendo vecchio decrepito, tu di terremoti ne hai
vissuti
tanti.
– No, perché durante i terremoti ti cadono tetti e
mobili addosso, tu pesi più di tutti questi messi insieme.
–
Brutto
stronzo!– lo picchiai, senza fargli nulla, fingendomi offesa,
anche
se la battuta era molto divertente.
Mi stesi accanto a lui,
respirando lentamente per calmarmi dalla “lotta” di
prima,
restammo vicini in silenzio per un po' come quando eravamo piccoli,
come se in quel modo potessimo comunicare con il pensiero.
–
Pensi che riuscirò a conquistarla?– annuii
solamente – Come fai
ad esserne sicura?
– Perché ti conosco meglio di chiunque altro
e so che in realtà non sei quello che hai sempre dimostrato
di
essere. – lo guardai negli occhi, come a volerlo rassicurare
maggiormente – Sei molto di più. –
Intrecciò la sua mano alla
mia e restammo ancora sdraiati in silenzio a fissare il tetto della
mia camera.
Qualche ora dopo ero in auto con Stefan verso
villa Cassady dove si sarebbe tenuta la festa di compleanno
dell'amica di Stefan.
Io
la conoscevo a malapena ma quella aveva invitato quasi tutta Mystic
Falls per festeggiare i suoi 25 anni.
– Stefan sei venuto– ci
corse incontro quella che intuii dovesse essere Kyla Cassady
– Sono
davvero contenta!
– Non potevo perdermi la tua festa. Ti
presento Elena.
– Uh! Sono felice di conoscerti. Vieni voglio
presentarti le mie amiche, ti troverai benissimo con loro.
– Io
veramente...
– No no! I ragazzi devono stare con i ragazzi e le
ragazze...– mi esortò a continuare con lo sguardo
–
Con
le ragazze? – domandai tra l'ironico e lo scocciato.
–
Certo!
Ero disgustata ed erano trascorsi solo 5 minuti dal mio
arrivo alla festa.
Ci
avvicinammo ad un gruppo di ragazze che parlavano tra di loro, ne
riconobbi solo una, Caroline Forbes.
– Ragazze, lei è Elena,
fatela sentire a suo agio mentre io vado ad accogliere le altre.
–
disse e se ne andò.
Non riuscivo a capire il motivo di quella
assurda situazione, perché mi aveva portata dalle sue
amiche,
dicendo che le ragazze dovevano stare tutte insieme, se poi lei se ne
andava in giro?
– Fa così ad ogni sua festa– fu Caroline
a
parlare a bassa voce, per non farsi sentire dalle altre. –Mi
ero
ripromessa di non metterci più piede ma...– si
guardò intorno
fino a quando il suo sguardo non si fermò, lo seguii anche
io e
capii subito chi stesse guardando. Feci finta di nulla.
– Perché
fa così?
– Ci raduna in un angolo in modo da avere campo libero
su tutti i ragazzi.
Scoppiai a ridere – Me ne torno da Stefan.
– Non puoi farlo– mi bloccò
–Si vendicherà rendendo la
tua vita un inferno. Fidati.
Ci spostammo sul retro della villa,
stare lontane dalla musica e dal resto delle ragazze ci sembrava
un'ottima idea, soprattutto per parlare un po'. Ovviamente mandai un
messaggio a Stefan per avvertirlo.
– Non hai paura che il tuo
ragazzo possa fare qualcosa?
Scossi la testa – No. Mi fido di
lui. Tu?
– Non sto con nessuno.
Cercava
di evitare il mio sguardo.
– Caroline, siamo state compagne di
scuola per molti anni e sai che io e...
– DAMON!–
Mi
voltai scettica e lo vidi arrivare con un espressione sconvolta sul
viso. Mi diede un bacio sulla fronte e ignorò Caroline
cominciando a
parlare a vanvera, non riuscivo a seguire il suo discorso.
–
Sanguisughe. Potrei fare un trapianto agli occhi... color cacca, tipo
i tuoi. E dare tutti i soldi in beneficenza... e chi me l'ha fatto
fare poi venire qui, sono tutte mezze nude che non fanno altro che
provarci e non posso neanche bere perché sai che succede se
bevo
VERO ELENA?
Si fermò solo quando sentì la risata di Caroline,
all'inizio pensò che stessi ridendo io ma quando mi vide
estremamente seria si voltò ancora più sconvolto
di prima,
scusandosi per non averla vista prima e per non averla salutata.
–
Non ti preoccupare, capisco il tuo stato d'animo– Caroline
non
smetteva di ridere.
– E' ubriaca?
Negai. – Qualcuno ha
visto che stavi venendo qui?
– E' probabile che tra un attimo
quelle sanguisughe vengano qui a tentare di succhiarmi la vita.
–
si bloccò un attimo, come se avesse realizzato di aver detto
qualcosa di sbagliato – E con vita intendevo davvero la vita,
non
qualcosa di porno.
Caroline rise di nuovo e non riuscivo a capire
cosa ci fosse di divertente in quello che diceva Damon. Decisi di
lasciarli soli con la scusa che Stefan mi stava cercando.
Quando
lo trovai riuscii a convincerlo ad andare via, sperando che Kyla non
si arrabbiasse e mi torturasse per il resto dei miei giorni.
–
E' stata una bella festa no?
– Sai che Kyla...– mi guardò e
non volli deludere le sue aspettative perciò gli mentii
– … è
molto meglio di quanto immaginassi!
– Te l'avevo detto, non ti
fidi mai di me – mi sorrise baciando il dorso della mano.
Mi
accompagnò fin davanti alla porta di casa, aveva una strana
luce
negli occhi.
– Va tutto bene?
– Sì, cioè no. Tu questa
sera sei stupenda e non vorrei lasciarti adesso.– il suo
broncio mi
fece ridere.
– A volte sei davvero un bambino. – mi sporsi a
baciarlo. Mi strinse e mi abbracciò baciandomi con passione.
–
Possiamo fare piano, tuo fratello non se ne accorgerebbe.
–
Assolutamente no. Ho messo io questa regola, lui ne sarebbe felice se
la infrangessi così da esserne legittimato anche lui a
farlo.
–
Allora infrangiamola – Lo ammonii con lo sguardo –
D'accordo, ma
sappi che ho solo rimandato a domani. Ti rapirò e ti
porterò a casa
mia.
Risi
per la sua espressione e mi baciò di nuovo.
Lo salutai ancora
sulla soglia della porta, mentre saliva in macchina per poi sparire
nel buio della notte.
***********
Buon
pomeriggio e Buona Domenica.
Come state? Spero bene.
Mi scuso
per il ritardo ma sono indietro con la scrittura del terzo capitolo e
avrei voluto aggiornare con il capitolo successivo pronto, ma non si
può avere tutto nella vita. Prometto di impegnarmi questa
settimana
e di riuscire a finirlo... il problema è che ho avuto tanti
di quei
pensieri per la testa da non avere il tempo di aprire word.
Passiamo
a questo capitolo. L'appuntamento precedente tra Damon e Caroline non
era andato molto bene, i due infatti non avevano trovato argomenti
comuni di cui parlare ed Elena -venendolo a sapere- ha riso come una
pazza. Adoro questo personaggio, perché è
spensierata, felice e
tanto affezionata al suo migliore amico...
Kayla non è un
problema, è apparsa adesso e non penso apparirà
mai più, perché
-lo ripeto- i personaggi principali sono Elena, Stefan, Damon,
Caroline e anche Jeremy (dato che è presente in quasi ogni
capitolo)
A proposito del fratellino minore, che mi dite di lui?
Siete d'accordo su quello che pensa?
Fatemi sapere! ;)
Ringrazio
ancora chi ha letto, chi ha aggiunto la storia tra preferiti,
ricordate e seguite e chi si è fermato a commentare, SIETE
FANTASTICHE.
Alla prossima.
|
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Capitolo 4 *** Regola numero tre. ***
Gentilmente
betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero tre.
– Una
volta a settimana? – le sue urla mi avevano fatto venire il
mal di
testa. – Non può andarsene da uno psicologo se ha
dei problemi?
–
Spero tu stia scherzando...
– Assolutamente no. Perché deve
assillarti in questo modo? –
Non faceva altro che strillare e
la cosa mi urtava parecchio.
– Non mi assilla, mi chiede solo
qualche consiglio.
– Bel modo di chiederli, Elena.
Il suo
camminare avanti e indietro per la cucina mi rendeva ancora
più
nervosa
– Allora, secondo il tuo ragionamento, non dovrebbero
esistere gli amici.
– Non quelli come lui.
Mi trattenni
dall'urlare anch'io perché ero davvero stanca di sentirgli
dire
quelle cose. Non riuscivo a spiegarmi il perché non capisse
il mio
punto di vista, perché non riuscisse a vedere la purezza nel
rapporto d'amicizia tra me e Damon.
– Cos'ha lui di diverso
dagli altri? – sospirai rassegnata sedendomi sul divano.
– Io
lo vedo come ti guarda, come ti sfiora e sorride. Non è una
semplice
amicizia è... qualcos'altro.
Scossi il capo. – Non so davvero
in che altro modo dirtelo... Siamo. Solo. Amici. – ribadii il
concetto scandendo bene le parole, fosse mai che stavolta Stefan
capisse.
Mi raggiunse sedendosi accanto a me – Mi dispiace ma
non è quello che vedo io – mi prese le mani
stringendole –
Vorrei tanto Elena perché ti amo e non voglio perderti ma
sento che
accadrà.
– Ti sbagli – asciugai in fretta una lacrima
traditrice.
– Allora non vederlo, ti prego.
– Non puoi
chiedermi questo, io non ti ho mai proibito di uscire con i tuoi
amici soprattutto con Klaus.
– Sai bene che non è la stessa
cosa.– Lasciò le mie mani e riprese a camminare su
e giù per la
cucina. – Lui è un ragazzo.
– Non ne voglio più parlare. –
ero esausta.
– E' assurdo, adesso ti arrabbi pure? Sono io
quello che dovrebbe essere in collera.
Avevo esaurito ogni
argomento per fargli capire che si sbagliava, ormai avevo perso la
battaglia; Stefan era un bravissimo ragazzo con milioni di pregi e
pochissimi difetti, uno di questi era la sua testardaggine: quando si
metteva in testa qualcosa niente e nessuno poteva fargli cambiare
quell'idea.
– Non può trovarsi un altro con cui risolvere
questa misteriosa situazione?
– Tu andresti mai a raccontare i
fatti personali a un tuo amico qualsiasi che non sia Klaus? –
sottolineai quel nome con una smorfia. Non sopportavo quel ragazzo e
lo stesso era per lui.
– Il modo in cui lo difendi è
incredibile.
– Perché lui ha sempre difeso me! Oddio mi sembra
di impazzire; mi ha vista nascere, crescere, litigare con i compagni
di scuola e mi è stato accanto in ogni momento: è
il mio migliore
amico non potrei mai e poi mai rinunciare a lui.
Asciugai un'altra
lacrima, quella discussione mi stava corrodendo l'anima.
–
Spero, un giorno, di essere almeno un quarto tanto importante per te,
rispetto a lui.
-Ma che...
Provai a fermarlo mentre si dirigeva
verso la porta ma riuscì lo stesso ad uscire e andare via.
Jeremy
mi trovò sul letto della mia camera sommersa dal piumone.
–
Sembri una crisalide.– sentii il letto abbassarsi, segno che
s'era
seduto accanto a me. – Solo che tu non diventerai una
stupenda e
bellissima farfalla.
– Lo so – tirai su il naso e mi
abbracciò, nonostante l'enorme piumone a dividerci.
– Perché
lo sei già, scema. – tirai fuori gli occhi e il
naso per poter
vederlo e respirare meglio. – Hai litigato con di nuovo con
Stefan?
– Sì. E' geloso marcio e mi ha chiesto di non
vedere Damon, a
modo suo, ma l'ha fatto.
– Hai accettato?
– Sei pazzo? –
scattai come una furia mettendomi a sedere sul letto e sciogliendomi
dal groviglio del piumone – Chiedermi di non vederlo
è come
rinunciare ad una parte di me stessa: quella più bella,
più
allegra, più solare e sorridente. Quella migliore insomma.
– mi
rigettai nello sconforto, coprendomi fino alla testa.
– Dovresti
riflettere su quello che hai appena detto.
Chiuse la porta della
mia camera da letto e sbuffai; non volevo rinunciare al mio migliore
amico e non volevo perdere Stefan ma lui era così
testardo... perché
non capiva come mi sentivo io stando insieme a Damon? Perché
non
riusciva a capire che avevo bisogno della mia dose quotidiana del mio
migliore amico per cominciare o continuare una giornata?
Risolvere
quella situazione sarebbe stato impossibile: avevo promesso a Damon
d'aiutarlo, di conquistare Caroline dicendogli le famose dieci regole
un po' per volta; ma come potevo fare senza continuare a ferire il
ragazzo che amavo?
– Quand'eri piccola e avevi qualche problema,
correvi a casa mia e ti nascondevi nell'armadio in attesa che
tornassi dagli allenamenti e potessimo parlare.
– Il buio mi
aiutava a pensare meglio.
– Quando tornavo ti trovavo lì,
rannicchiata in un angolo con gli occhi confusi...
– Non
piangevo perché non volevo distrarmi dal pensare.
– E allora
chiudevo l'armadio, mi sedevo di fronte a te, ti stringevo le mani e
pensavamo insieme ad una soluzione. Abbiamo sempre risolto tutto
insieme.
Con un colpo secco mi srotolò dal piumone, si distese
accanto a me e coprì entrambi: buio e mani intrecciate,
quasi come
quand'ero piccola. – Perché non eri nel mio
armadio?
– Sono
troppo grande per infilarmi là dentro.
Nonostante non lo vedessi
riuscii a sentire il suo sguardo su di me – Sai che non mi
riferivo
all'armadio vero e proprio.
– Ho litigato con Stefan per...
perché è geloso di te. Non volevo correre tra le
tue braccia.
–
Non volevi dirmelo? – la sua risatina mi fece innervosire.
–
Sei qui per prenderlo in giro o per trovare una soluzione.
–
Scusa, continua.
Trascorsi il resto del pomeriggio a sfogarmi come
non facevo da tempo. Amavo stare al buio perché
lì ero sola con me
stessa e pensare era molto più semplice; forse era per
questo che
molta gente ne era terrorizzata.
– Ti ho fatto perdere una
giornata intera.
Mi tirò di più a sé, intrecciammo
anche le
nostre gambe – Non dire sciocchezze: stare con te non
è
assolutamente una perdita di tempo.
– Posso farti una domanda?
Devi promettere, però, che mi dirai la
verità.– Poggiai la testa
sul suo petto mentre me lo prometteva. – Hai mai,
cioè... tu hai
mai fatto pensieri, come dire... o anche sogni; sai no?
La sua
risata mi scosse – Mi stai chiedendo se ho mai fatto dei
pensieri o
dei sogni erotici su di te? – io annuii e lui rise di nuovo,
tanto
che lo colpii per farlo smettere. – Perché me lo
chiedi? Ne hai
fatto uno su di me e vuoi vedere se sono all'altezza del tuo sogno...
fidati, sono molto di più.
– Sei un cretino. Non t'ho mai
sognato, in quel senso. – Gli diedi una gomitata e mi liberai
dal
piumone per scendere da letto. – Adesso non lo voglio
più sapere,
idiota.
Lui intanto non la smetteva di ridere, era senza speranza.
Damon aveva questo potere: quello di farti passare ogni
malinconia e farti tornare il sorriso; era uno dei motivi per cui gli
volevo un gran bene.
Uscii dal bagno dopo una doccia fredda
veloce, stare sotto quel piumone tutte quelle ore mi aveva fatto
sudare tantissimo.
“Puzzi
come una barbona” aveva detto Damon non appena eravamo scesi
in
cucina per bere un po' d'acqua.
Indossai un vestitino leggero e lo
raggiunsi: era sul divano intento a guardare la tv.
– Come vanno
le cose con Caroline?
– Mh, mh. – mugugnò.
– E' una
cosa negativa o positiva?
– Lena, sto guardando la partita di
beach-volley femminile, sono troppo impegnato per
risponderti.
Assottigliai lo sguardo e spensi la tv. – Adesso
posso avere la tua attenzione?
-Ma... Stefan dovrebbe essere
geloso del mondo intero non di me.
– Come scusa?
– Che
razza di vestito hai addosso?
– E' estivo, fresco, colorato...
–
E' corto. Se ti abbassi ti si vedono le mutande.
– Non ho le
mutande.
– COSA?
Risi come una matta e mi accasciai per terra
nel vedere la sua faccia sconvolta – Ho degli shorts.
– Continuai
a ridere e, non appena mi ripresi, gli spiegai che avevo indossato
dei pantaloncini sotto l'abitino perché sapevo fosse troppo
corto.
Ogni volta però che ripensavo alla sua espressione ridevo
come una
scema.
Quando riuscii a superare la fase di riderella acuta, mi
disse di Caroline: dopo la festa si erano visti qualche volta di
sfuggita ed era stata lei a fermarlo e salutarlo.
– Bene,
potresti chiederle di uscire di nuovo.
– Non saprei... e se poi
non avessimo argomenti su cui parlare?
– Adesso è lei che ti
cerca e che vuole un contatto con te; se dovesse calare l'imbarazzo
vedrai che sarà la prima a cercare un argomento: le
interessi.
–
Tutti questi discorsi seri mi hanno messo appetito, andiamo a
mangiare.
Ebbi il tempo di prendere la borsa con le chiavi di casa
e il cellulare che mi trascinò fuori di peso; da piccoli io
e Damon
adoravamo camminare a piedi e a volte fare delle gare di corsa per
vedere chi fosse più veloce: all'inizio vincevo sempre io,
poi lui
iniziò a fare sport e le cose cambiarono.
Quella sera decidemmo
di onorare una vecchia tradizione e di andare al Mystic Grill a
piedi, per goderci al meglio la pace notturna, per poter parlare in
tranquillità senza farci distrarre dalla radio o altre auto
e anche
per prolungare il tempo da trascorrere insieme.
– Lo fai mai con
lui? – Lo guardai interrogativa – Intendo
passeggiare in questo
modo. Pervertita.
Sorrisi. – No. Non ci ho mai pensato in
realtà, è una cosa nostra.
– Non ne sarei geloso.
– Lo so
ma io non farei altro che fare paragoni nella mia mente e non
voglio.
– Lo fai spesso? – Lo guardai di nuovo. –
Dio Elena!
Sei in astinenza? Parlo dei paragoni.
Dovetti fermarmi per le
troppe risate, come faceva a non capire quando lo prendevo in giro?
– No, siete diversi... sarebbe strano.
– Ti è mai
capitato di aver fatto la stessa cosa con entrambi e di non saper
dire con chi ti è piaciuta di più.
Ci pensai su – No, per
fortuna no.
– Non
sapresti decidere?
Me lo chiese proprio quando arrivammo al
Mystic, ci fermammo davanti la porta d'ingresso perché
dovevo ancora
rispondergli. – Sì e forse è proprio
questo che mi spaventa.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi ed entrai.
Tutte quelle
domande che Damon mi aveva rivolto durante la nostra passeggiata mi
avevano turbata. Aveva la capacità di far passare la
tristezza ma
aveva anche quella di insinuarti un fastidioso tarlo in testa e farti
rimuginare sopra quel pensiero fino a farti scoppiare la testa.
Era
quello che mi stava succedendo: cosa avrei fatto, anzi, chi avrei
scelto?
– Mentre eri nel tuo mondo del 'perché Damon mi ha
fatto tutte quelle domande' ho ordinato il tuo piatto preferito.
–
Mh... e se avessi voluto qualcos'altro?
Mi guardò scettico e
poggiò i gomiti sul tavolo, incrociando le mani sotto il
mento –
E' sempre la stessa storia: prendi il menù, lo sfogli
quattro volte,
storci la bocca in una smorfia strana, leggi qualcosa che
può aver
attirato la tua attenzione e quando viene Matt per ordinare prendi il
solito hamburger senza cetriolini con patatine, poco piccante e con
cipolla a parte.
Incrociai le braccia al petto offesa – Oggi
non volevo le patatine.
– D'accordo lo chiamo e glielo dico.
–
No no no. Stavo scherzando – Il suo sorriso mi
infastidì –
Potresti smetterla?
– Non sto facendo nulla.
– Neanche
Stefan conosce il mio piatto preferito. – mi morsi la lingua
non
appena mi accorsi di averlo detto ad alta voce, era l'inizio della
fine. – Cioè...
– Ti conosco da ventitré anni, sarebbe
strano non saperle queste cose.
– Cambiamo discorso? Ti
prego.
Mangiammo i nostri hamburger alternando il silenzio a
discorsi stupidi e senza senso, più volte però
pensai alla frase
detta in precedenza; mi ero sempre ripromessa di non fare paragoni
tra il mio migliore amico e il mio fidanzato, di non cercare i
difetti di uno nei pregi dell'altro: ma allora perché avevo
quella
strana sensazione che tutto stava per cambiare, meglio dire, per
precipitare?
Ci alzammo per andare alla cassa e Damon pagò per
entrambi, mi opposi chiedendogli almeno di prendere i soldi della mia
parte ma non volle sentir ragioni.
–
Hai
appena imparato la terza regola. – dissi uscendo dal Mystic.
–
Sarebbe?
– “Pagare la cena non è per le
donne un segno di
emancipazione! Offrire la cena o il pranzo la prima volta che si esce
insieme è molto importante ed anche galante, si acquistano
molti
punti.”
– Quindi la tua era una messa in scena?
–
Idiota – Lo spinsi leggermente – Mi dispiace quando
spendi dei
soldi per me.
Scosse la testa rassegnato mentre tornavamo verso
casa mia – Chi sarebbe l'idiota adesso?
Sorrisi e restammo in
silenzio per il resto della passeggiata. Quando arrivammo a casa le
luci del portico erano accese, segno che Jeremy era rientrato.
–
Posso darti un consiglio? – mi voltai per ascoltarlo.
– Dovresti
chiamare Stefan e dirgli che vuoi passare del tempo con lui. Posso
cavarmela senza di te per qualche giorno, non sono così
grave.
–
Non è questo...
– Potreste andare nella casa al lago dei tuoi
genitori. Una settimana di puro amore e vedrai che tutto si
sistema.
– Non voglio abbandonarti, ti ho promesso di
aiutarti.
– So che ci sei sempre per me ma non voglio che
litighi con lui a causa mia, ancora.
Lo abbracciai forte: questo
era un altro dei motivi per cui lo adoravo e non potevo fare a meno
di lui.
– Grazie.
Rientrai e chiamai Stefan proponendogli
quello che mi aveva consigliato Damon; accettò dopo qualche
minuto
di tentennamento: quella settimana sarebbe servita per fargli capire
che lo amavo e che Damon era solo un amico.
********
Buooooooona
Domenica, buona Domenica delle P(p)alme (non so se si scrive grande
ma per sicurezza l'ho scritto in entrambi i modi!) Buon pesce
d'Aprile.
Come state e che mi raccontate di bello?
Ah beh, io
nulla di che... è sempre la soooolita vita. Studio, esami,
scrivo,
litigo con Youtube. Ok la smetto.
Che dire su questo
capitolo?
Elena e Stefan hanno litigato pesantemente, maledetti
fidanzati che non capiscono il significato dell'amicizia. Damon ed
Elena si sono avvicinati ancora di più e le domande di Damon
hanno
fatto sorgere in Elena qualche dubbio, non sui suoi sentimenti ma su
un'ipotetica scelta. Le scelte sono sempre una brutta cosa.
Devo
dire che oggi non è una bella giornata e lo si capisce anche
da
queste note orrende che sto scrivendo.
Ringrazio chi ha aggiunto
la storia tra i preferiti, seguiti e ricordati e chi ha commentato.
Siete meravigliose.
Alla prossima!
Un bacio, Alessia.
|
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Capitolo 5 *** Regola numero quattro. ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero quattro.
Era
strano stare in quella casa dopo l'incidente dei miei genitori, era
proprio una strana sensazione vivere lì senza di loro anche
se per
una settimana. Dovunque guardassi riuscivo a percepire la loro
assenza; ogni oggetto in cucina mi ricordava mia madre, il suo
preoccuparsi per l'avere un pranzo sempre perfetto, il suo
rimproverare papà perché si sedeva in ritardo a
tavola troppo
occupato a guardare lo sport in tv, il suo bacchettare Jeremy da
bambino perché non lavava mai le mani.
Sospirai e spensi il
forno.
– L'odorino non è niente male. – Stefan
mi abbracciò
aiutandomi poi a tirar fuori il polpettone – Spero sia lo
stesso
anche per il sapore.
Gli diedi una gomitata nel fianco e iniziai
a tagliare il mio capolavoro culinario – Che stronzo.
Quando
gli avevo proposto di trascorrere una settimana da soli nella casa al
lago, dopo i primi minuti di tentennamento, si era dimostrato
entusiasta, proponendo, come cose da fare, un sacco di cose
divertenti; aveva addirittura portato da casa dei giochi da tavola:
mi sembrava un bambino in gita scolastica.
Alla fine, però,
avevamo trascorso quei primi quattro giorni a coccolarci e,
soprattutto, senza litigare.
– Accidenti, è buonissimo.
Gli
risposi con una smorfia e continuammo a mangiare tranquillamente,
seduti uno di fronte all'altra, la televisione spenta, sentendo
quindi i versi degli animali attorno al lago e sugli alberi.
–
Che programmi abbiamo per domani?– Gli chiesi mentre
m'aiutava a
sparecchiare e lavare i piatti. Scrollò le spalle facendo
attenzione
a mettere nel posto giusto le stoviglie. Sembrava strano. –
C'è
qualcosa che non va?
– Volevo farti la stessa domanda.
Mi
bloccai con il piatto a mezz'aria: il suo tono era stato abbastanza
serio da farmi preoccupare.
– Dimmi.– Gli risposi fingendo
tranquillità.
– Ultimamente sei strana e non mi riferisco solo
alle liti che abbiamo avuto a causa di Damon; non ridi come prima,
non scherzi o ti comporti come prima: è come se fossi
un'altra
persona.
Continuavo a sciacquare quella pentola, evitando di
guardarlo.
– Ele, che succede?
Alzai lo sguardo con lentezza;
avevo paura di affrontarlo. – Non lo so.
– Non mi ami più?
–
Certo che sì.
– E allora?
Mi allontanai dalla cucina, volevo
scappare anche da lui per evitare quel discorso: la verità
era che
non sapevo cosa dire; non mi ero accorta di quei miei comportamenti,
come potevo, quindi, spiegarglieli?
– Non so che dirti Stefan.
Non so di cosa tu stia parlando.
– Di questo. Io parlo e tu
scappi: da quando sei così codarda?
– Da quando tu mi accusi di
cose che non sono vere.
Aveva alzato la voce provocandomi, aveva
fatto scattare in me un qualcosa di non ben definito.
– Ti ho
già chiesto scusa per quello che t'ho detto.
– L'hai detto
comunque. Non bastano le scuse; è come se domani uccidessi
qualcuno
e poi mi scusassi con la sua famiglia.
– E allora dimmi cosa
devo fare.
– Non lo so.
Sentivo la gola in fiamme per tutte
quelle urla. Gli occhi di Stefan erano di un verde acceso a causa
della rabbia e miei, non potevo vederli, ma erano sicuramente rossi
per le lacrime che stavo trattenendo.
– Io ti amo Elena– Fu
quasi un sussurro, e ne fui lieta perché significava che le
acque si
erano calmate; il peggio era passato, forse.
– Anche io.
–
Non voglio, però, stare con te se devo dividerti con qualcun
altro.
Sospirai avvicinandomi a lui, mi spezzava il cuore sentirlo dire
quelle cose; lo amavo e non volevo farlo o vederlo soffrire.
–
Io sono tua, e basta.
– Sei anche sua.
I suoi occhi verdi
stavano, pian piano, cominciando a tornare chiari come sempre.
–
Sono solo la sua migliore amica, nulla di più.–
Gli sorrisi e mi
sollevai sulle punte per lasciargli un bacio sulle labbra. –
Tu
invece sei il mio ragazzo e posso farti questo.
Mi aggrappai stile
koala, baciandolo con passione: ero stanca di litigare e urlare;
volevo rilassarmi e non pensare a nient'altro se non a lui.
Sorrise
contro le mie labbra mentre camminava verso la camera da letto;
sbatté più volte contro i muri e le porte,
facendomi ridere di
gusto. Mi lasciò cadere sul letto per poi sdraiarsi su di
me; quello
era il miglior modo di far pace.
Mi svegliai ancora tra le
braccia di Stefan e sorrisi nel vederlo rilassato; decisi tuttavia di
non svegliarlo, indossai una sua maglietta e andai in cucina per
chiamare Jeremy, la sera prima non l'avevo sentito e dovevo pur
informarmi su quello che stava combinando a casa.
– Ti ho detto
che va tutto bene. Mi hai svegliato.
– Mi dispiace. Hai portato
Anna a...
– Non ti fidi di me?
– Devo dirti la verità?–
Lo dissi ridendo per fargli capire che stessi scherzando.
–
Lasciamo perdere. Mi ha tenuto compagnia Damon in questi giorni.
–
Puoi pass...
– Sta dormendo.
– Sveglialo.
– No, perché
poi dovrebbe andare a fare jogging, quindi non potrebbe parlare con
te.
– Jeremy. Cosa avete combinato?
Non sentii cosa rispose
mio fratello perché Stefan mi tolse il telefono dalle mani,
spegnendolo. Mi augurò il buongiorno riempiendomi di baci,
risi
felice; mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando non
avevamo ancora litigato per tutte quelle inutili sciocchezze su
Damon.
– Devi smetterla di preoccuparti per tuo fratello. E'
abbastanza grande.
– Io non mi preoccupo per lui... Mi preoccupo
per casa mia.
Mi regalò un sorriso che mi sciolse il cuore; mi
alzai dalla sedia per sedermi sulle sue gambe e continuai la mia
colazione lì, come se fossi una bambina. Gli sporcai il naso
con la
cioccolata: nacque una vera e propria guerra e vinse lui: mi
intrappolò i polsi in una sua mano dietro la schiena, e con
l'altra
mi spalmò Nutella dovunque potesse farlo: non riuscivo a
smettere di
ridere.
– Sei un idiota, guarda come mi hai ridotta.– Dissi
guardandomi allo specchio dell'ingresso.
– Hai iniziato tu.
Gli
risposi con una linguaccia – Sarà meglio che vada
a farmi la
doccia...
Non ebbi neanche il tempo di scappare; mi prese in
braccio, come se fossi un sacco di patate, mi portò in bagno
e,
nonostante le mie urla e il mio dimenarmi, aprì i rubinetti
della
doccia, mettendomi sotto. Rabbrividii per il freddo e quasi soffocai
per l'acqua ingoiata.
– STEF!
Lui intanto non smetteva di
ridere.
– Chiudi la bocca o affoghi.
Stropicciai gli occhi
con le mani, per togliere l'acqua e lo guardai in cagnesco: se ne
stava in piedi, appoggiato al muro, con un sorrisino impertinente a
guardarmi soffocare; decisi di vendicarmi a modo mio.
Mi spogliai
lentamente, godendomi la sua reazione: strabuzzò gli occhi,
divorandomi con lo sguardo mentre sfilavo il reggiseno lanciandolo ai
suoi piedi. Sorrisi.
– Beh, sembra che tu abbia visto un
fantasma.
In un lampo si tolse i pantaloncini e la maglietta,
raggiungendomi dentro la doccia – Sei tremenda.
La sua mano
strinse i miei capelli, ormai bagnati, attirandomi a sé; mi
baciò
con passione e ricambiai aggrappandomi a lui con foga: l'acqua ci
aveva fatti impazzire.
Legai le gambe intorno al suo bacino; un
brivido mi percosse quando sentii il freddo delle mattonelle sulla
schiena, ma non ci badai e continuai a baciarlo, a scompigliargli i
capelli.
Gli morsi una spalla per non urlare quando fui totalmente
soddisfatta; uscì da me prima che potesse venire anche lui:
normalmente usavamo il preservativo ma quella volta era successo
tutto così in fretta da dimenticarlo.
Prima che potesse finire
l'acqua calda finii di lavarmi, avevo davvero bisogno di togliere
tutta quella cioccolata dal mio corpo. Stefan era ancora dentro la
doccia con me che mi insaponava la schiena.
– Non usciremo più
da qui, vero?
Rise – Mi hai provocato tu.
– Ma sentitelo.–
Mi voltai per guardarlo negli occhi. – Mi hai infilato tu qua
sotto.
Aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito: si
era arreso. Mi alzai sulle punte dei piedi per lasciargli un bacio
sul naso e finimmo di sciacquarci.
Stefan caricò l'ultima
valigia nel bagagliaio mentre io controllavo che non avessimo
dimenticato nulla; mi dispiaceva partire e tornare in città
ma quei
sei giorni erano bastati per ristabilire la pace tra e me lui e per
permettere a Jeremy di distruggere casa.
– A che pensi?
Mi
voltai verso Stefan che aveva intrecciato le nostre mani mentre
guidava – Ai mille guai che ha potuto combinare mio fratello.
Si
fece pensieroso. – Tranquilla gli ho lasciato i numeri delle
emergenze attaccati al frigo.
– Idiota. – Lo colpii al braccio
facendolo ridere.
Dormii per il resto del viaggio, svegliandomi
davanti casa, con il cretino di mio fratello che mi urlava
nell'orecchio: avrei voluto prenderlo a pugni se solo avessi potuto.
Gli feci i complimenti per come aveva mantenuto casa: pulita e
intatta, senza nessun segno di incendio o atto vandalico; salii in
camera mia per posare la valigia quando notai un particolare.
–
Tutto bene?
Annuii – Stavo controllando anche qui dentro.
–
Davvero non ti fidi di tuo fratello?
– Certo che mi fido, solo
che non voglio che lui lo creda.
Accompagnai Stefan alla porta,
doveva passare a salutare la sua famiglia e poi sarebbe andato
direttamente a casa: era stanco e aveva bisogno di riposo; aveva un
rapporto strano con il suo cuscino e il suo letto, al rientro da ogni
vacanza passava le successive ore, sdraiato su di esso, a ripetergli
quanto gli fosse mancato.
Chiusi la porta e mi lasciai cadere sul
divano: stanca ma felice.
– Allora? Come è andata questa
settimana?
– Sei una donna pettegola Jer.
– Mi preoccupo
solo per mia sorella e per la sua vita di coppia.
Alzai un
sopracciglio. – Bene.
– Non avete parlato? Litigato?
–
All'inizio no, poi però... Oh andiamo Jer, mi fa strano
parlarti di
queste cose.
– Perché non ho gli occhi azzurri e i muscoli al
posto giusto? Mh, forse dovrei guardarti come ti guarda lui...
–
Perché sei mio fratello, idiota. Se vuoi ti dico quello che
abbiamo
fatto sotto la doccia.
La sua espressione sbigottita mi fece
scoppiare a ridere. – No no, per carità.
– Ecco. Dov'è
Damon? So che ha dormito in camera mia, ho visto la mia maglia dei
Coldplay sul letto.
Scrollò le spalle e prima che potessi
chiedergli altro sparì in camera sua.
In realtà quella era la
maglietta di Damon, l'aveva comprata ad un loro concerto ma me
l'aveva regalata perché non avevo potuto andare con lui e
sapendo
quanto io li amassi: era la mia maglietta preferita ma la usavo per
dormire quando andavo da lui, era enorme e sul grigio, con i visi dei
quattro componenti della band sul davanti, e le tappe dei concerti
sul dietro; mi vestiva enorme, perché era della sua taglia:
una L
maschile, ed ero sicura si fosse messo quella per dormire in quella
settimana a casa mia.
Gli mandai un messaggio per dirgli di
venire, avevo voglia di vederlo, salutarlo e parlare con lui.
Quando
salii in camera per disfare la valigia, presi anche la maglia per
metterla al posto: odorava di lui. Sorrisi e la nascosi tra i miei
vestiti, non volevo che nessuno la toccasse.
Esausta mi
addormentai sul mio letto, dopo aver diviso i vestiti tra sporchi e
puliti.
–
Lena. Svegliati... Lena-bella-Elena.
Mugugnai infastidita e aprii
un occhio, trovando quelli azzurri di Damon. – Mhhhh.
– Sono
d'accordo con te.
Sorrisi e mi accoccolai a lui, affondando la
testa tra la spalla e il suo collo. – Shhh.
– Mi hai fatto
venire per dormire? Perché potevo venire in qualche altro
modo
insieme a qualcun'altra...
Gli diedi un pizzicotto sul fianco, ma
mi prese la mano, intrecciandola alla sua; restammo abbracciati in
quel modo e in silenzio, non so per quanto tempo, fin quando non ebbi
di nuovo la facoltà di parola.
– Mi sei mancato in questi
giorni.
– Anche tu.
– Lo so bene. Ho visto che hai usato la
mia maglia.
– Fino a prova contraria è la mia.
– Ma me
l'hai regalata e quindi è mia.
– E' andato tutto bene?
Annuii
stringendomi ancora di più a lui, portai la gamba destra su
di lui,
volevo abbracciarlo e sentirlo più vicino possibile; con il
ginocchio però, sfiorai qualcosa di inopportuno. Mi mossi
allarmata
e irrequieta non appena me ne resi conto e quei miei movimenti
peggiorarono la situazione.
– Ok. Stai ferma.– Mi morsi il
labbro per trattenere una risata. Damon sollevò la mia gamba
rimettendola a posto. – Adesso va meglio, non lo fare mai
più.
–
Scusa.
– Sono sempre un maschio Elena, se ti strusci in questo
modo...
– Non mi stavo strusciando– Scattai colpita
nell'orgoglio. – Volevo abbracciarti
– Lo so, non intendevo
quello.
– Sì ho capito. Scendiamo giù. Ho sete.
Non gli
rivolsi parola per tutto il resto del pomeriggio, lui però
rimase a
casa, a scherzare con mio fratello e a giocare con la Play; volevo
che fosse lui a scusarsi perché mi aveva ferita con quelle
parole:
io non mi ero strusciata.
All'ennesima
battuta entusiasta di quei due idioti per un passaggio
“fenomenale”,
mi alzai dalla poltrona con il mio libro da leggere e mi chiusi in
camera.
– Posso?
Lo fulminai con lo sguardo. – Che ti
rispondo a fare, tanto fai come ti pare.
– Hai le tue cose?
–
Damon, stai peggiorando la tua situazione.
– D'accordo scusa.
Non so che altro dirti: mi dispiace averti detto quelle cose oggi,
non ti sei strusciata.
– Lo dici solo per accontentarmi ma in
realtà lo pensi.
Si alzò dal letto, iniziando a camminare su e
giù per la stanza: faceva così quando era nervoso
e lo capì quando
iniziò a toccarsi i capelli, si stava trattenendo.
– Accidenti
Elena, si può sapere che hai? Vuoi davvero litigare? Ti ho
chiesto
scusa, cos'altro devo fare? Mettermi in ginocchio? Se vuoi lo
faccio.
– No. Voglio che tu capisca come mi sono sentita. Non mi
sono strusciata per provocarti.
– Lo so, ho solo sbagliato
termine, non volevo offenderti.
Per fortuna il nostro stupido
battibecco si chiuse lì.
Dopo cena mi raccontò dei progressi
che aveva fatto con Caroline: in quella settimana si erano visti al
Grill molte volte, o per caso o come appuntamento, oppure erano
usciti per andare a fare un giro in macchina come semplici amici
anche se Damon sotto sotto aveva avuto molte volte la tentazione di
saltarle addosso.
– Non è ancora il momento.
– E quando
sarà “il momento” ? – Rispose
esasperato accasciandosi sulla
sedia.
Sorrisi nel vederlo in quella situazione, non era da lui
limitarsi con una ragazza, Caroline doveva piacergli davvero tanto, e
fui fiera di lui, oltre che di me.
– Deve essere lei a baciare
te; non perché è spinta dai suoi ormoni ma
perché le piaci
davvero, perché le hai conquistato il cuore.
Mi guardò scettico
alzando un sopracciglio. – Sei una femminuccia.
– Fino a
qualche tempo fa ero un maschiaccio. Per fortuna hai cambiato idea.
–
Risposi cominciando a sparecchiare e facendogli la
linguaccia.
Scherzare con Damon, rispondere alle sue battutine
idiote, mi veniva naturale; sapevo che anche se ci fossi andata
giù
pesante, lui non se la sarebbe presa, e in fondo neanche io, ci
conoscevamo fin troppo bene per sapere dove arriva la pazienza e il
limite di sopportazione di entrambi.
– E' ora di andare. Mi
racconterai della vostra luna di miele un'altra volta.
– Ma
veramente...
– Lo so, non vedevi l'ora di dirmi quanto i miei
consigli sono stati utili.
Incrociai le braccia al petto,
guardandolo seria. – Non ho la minima intenzione di dirti
quante
volte io e Stefan abbiamo fatto l'amore e soprattutto dove.
–
Signore, fulminami e fammi perdere la memoria.
Scoppiai a ridere e
gli lanciai lo strofinaccio che stavo usando per asciugare le
stoviglie; ovviamente lui, non fu così magnanimo da
perdonarmi e far
finta di nulla, mi si scagliò contro prendendomi in braccio
e
trascinandomi al piano di sopra.
– Da-Mo-Damon cosa stai.
Fa-cendo?
– Non ti capisco.
Gli diedi un morso nel sedere e
lui contraccambiò.
– Accidenti Elena, quando si dice “culo
da prendere a morsi”.
Rise come un'idiota e mi dimenai per
convincerlo a lasciarmi andare, soprattutto quando mi accorsi che
eravamo in bagno; mi prese il panico.
Lo sentì trafficare con il
soffione e poi mi infilò dentro la vasca da bagno: un getto
d'acqua
mi colpì in faccia, per fortuna era tiepida.
Urlai, ma rischiai
di soffocare, come nella doccia con Stefan; possibile che tutti
avessero voglia di annegarmi?
Intanto
quell'idiota rideva che era un piacere, e io non sapevo come
liberarmi e come vendicarmi, perché sapevo che qualsiasi
cosa avessi
fatto, la sua vendetta sarebbe stata tre volte peggio.
Ad un certo
punto si fermò ed uscì dal bagno.
Tirai un sospiro di sollievo e
chiusi i rubinetti; stavo asciugando l'acqua dal pavimento quando
entrò Jeremy, tutto trafelato.
– Devo andare in bagno, puoi
fare vel... WO! Concorri per Miss maglietta bagnata?
Con un gesto
istintivo mi coprii, guardandomi poi allo specchio inorridii: stupida
canotta rossa che lasciava vedere tutto e stupida me che aveva il
vizio di dormire senza reggiseno. Avevo dimenticato a metterlo dopo
essermi svegliata.
– Quindi Damon è andato via... – Dissi
tra
me e me, cambiandomi.
Scoppiai a ridere sola come una scema ma gli
mandai un messaggio per scusarmi, dopo quello che era successo nel
pomeriggio non volevo che pensasse fosse tutto un modo per
provocarlo; io non avrei mai potuto fare una cosa del genere,
soprattutto con lui: sarebbe stato troppo strano.
“Non sono
andato via per le tue tette al vento, anzi, all'acqua. Avevo da fare.
Ci vediamo domani, mi devi dire della quarta regola”
Esatto,
sarebbe stato troppo strano: io Damon, potevo solo ucciderlo.
Mi
svegliai accaldata e stanca, non sapevo il motivo, ma ero
incredibilmente sudata e tanto accaldata.
Guardai la sveglia ed
erano ancora le 9 del mattino: odiavo alzarmi presto d'estate, non
avevo nulla da fare la mattina, preferivo dormire un po' di
più per
essere in forze nel resto della giornata.
Feci una doccia e scesi
a fare colazione; in tutta la casa regnava il silenzio più
assoluto:
Jeremy dormiva beatamente.
Mi mancavano i miei genitori,
svegliarmi e trovare mia madre intenta a preparare i pancake, sedermi
a fare colazione con lei e litigare perché bevevo troppi
caffè a
soli sedici anni.
Mi
mancava mio padre, il suo essere protettivo ma il suo continuo
volermi accasare con Damon.
Asciugai quella maledetta lacrima
traditrice e salii di corsa in camera di mio fratello.
– Jer.
Jeremy svegliati.
– Mhhh che vuoi?
– Posso stare qui con
te?
Scattò sul letto, improvvisamente sveglio, fissandomi negli
occhi. – Hai avuto di nuovo gli incubi?
Negai e la mia risposta
lo convinse. – Ho solo un po' di nostalgia e volevo stare
qui. Con
te.
Mi fece spazio nel letto e mi accoccolai a lui, che mi strinse
forte: odorava di famiglia, dei miei genitori, di casa. Di amore.
–
Sta dormendo. Mh, sì, glielo dirò... No, sta
bene. Muori.
–
Jer?
– Era Stefan.
Aprii un occhio per guardare mio fratello
che se ne stava in piedi, accanto al letto, con un sorriso ebete sul
viso. Cercai di fare mente locale: mi ero svegliata alle nove, e dopo
aver fatto colazione mi ero rifugiata nella sua camera... Aveva detto
a Stefan...
– MUORI?
– Quando la chiamata era chiusa.
–
Non si scherza con queste cose, rincretinito.
– Possiamo tornare
a letto, in silenzio, dimenticando quel baccalà?
Feci
finta di nulla e mi alzai, prendendo il mio telefono dalle sue mani:
odiavo quando si comportava come uno stupido quindicenne brufoloso in
crisi per non so cosa.
Guardai
l'orologio per capire quanto avessi dormito, di lì a poco
sarebbe
arrivato Damon, non avevo proprio voglia di affrontare anche lui quel
giorno, ma dovevo farlo: una promessa era una promessa.
Poco dopo
suonò il campanello e andai ad aprire salutando Damon con un
cenno.
– Ti sei alzata con il piede sbagliato?
– Sì. Per
ben due volte, quindi niente battute, niente commenti. Facciamo
quello che dobbiamo fare e poi sparisci.
– Mi piaci quando fai
la dura; dove lo facciamo?
Mi scappò una risata e lo abbracciai
istintivamente, il bacio tra i capelli poi, mi fece sciogliere ancora
di più.
Si sdraiò sul divano, come se fosse da un'analista, e io
mi accomodai sulla poltrona più vicina; prima di passare
alla tanto
agognata regola, gli dovetti raccontare quello che era successo
durante la mattina, inutile dire che si mise a ridere quando gli
dissi della chiamata di Jeremy e Stefan.
Un
lampo improvviso mi colse: non avevo richiamato Stefan.
Gli
mandai un messaggio, scusandomi e dicendo che mi ero svegliata da
poco e avrei pranzato a casa sua. Come sempre avevo omesso la
presenza di Damon, il mio corpo e il mio cervello, quel giorno, non
erano proprio in vena di litigi e urla.
– “Alle donne piace
sentirsi rivolgere domande personali. Ma se risponde con monosillabi,
o devia subito argomento, tornare alla seconda regola. Falla ridere
perché magari ha ricordato un'esperienza personale negativa,
o
peggio si sente a disagio.” – Dovetti
ripetergliela più
volte e addirittura spiegargliela, non riusciva proprio a capire.
–
Quindi, per esempio: Come stai Elena?
Corrucciai la fronte, non
era un esempio, ma stetti al suo gioco. – Mh, bene, oggi sono
un
po' stanca ma tutto sommato bene. Grazie
– Stanca, a quest'ora?
Hai fatto qualche brutto sogno?
– Non che io ricordi però...–
Mi rabbuiai un attimo. Avevo accennato a Damon dei miei genitori:
voleva chiedermi dell'incidente. – No.– Scattai in
piedi.
–
No cosa?
– Non voglio parlarne e no, io non sono una cavia.
–
Io volevo solo sapere se magari avessi fatto qualche sogno erotico...
– Incrociai le braccia sotto il seno alzando un sopracciglio,
non
sapevo dove volesse arrivare. – Che so, magari mi hai sognato
in
tutto il mio splendore, sotto la doccia...
Risi – Sei un'idiota.
E poi sei tu che avresti dovuto sognare me. Lo hai fatto?–
Chiesi
puntandogli il dito contro.
– Oh sì. Ho sognato di morderti il
sedere e le tue tett...
– DAMON!
Lo colpii sul braccio per
farlo stare zitto, ma scoppiò a ridere dopo qualche secondo;
mi
tranquillizzai all'istante: sapere che il mio migliore amico avesse
fatto dei sogni del genere su di me, mi aveva leggermente,
terrorizzata.
Dopo alcuni momenti di ilarità, andò via,
lasciandomi preparare per raggiungere Stefan nel suo appartamento;
non appena aprì la porta mi baciò con irruenza,
non lasciandomi
neanche il tempo di salutarlo o di respirare.
Chiuse la porta con
il piede, mi spogliò tra la pausa di un bacio e l'altro.
– Non.
Sai. da. Quanto. ti. Desidero.
Sorrisi sulle sue labbra.
–
Vuoi saperlo?– Mi chiese guardandomi negli occhi. Quel verde
così
intenso da farmi rabbrividire; annuii semplicemente, incapace di
emettere alcun suono. – Dalla nostra doccia insieme. Non
faccio
altro che sognarti, sotto la doccia, in ogni momento.
Mi sollevò
da terra portandomi sul letto, mentre continuava a spogliarmi e
baciarmi: quella passione mi stava risucchiando le forze e divorando
l'anima, era qualcosa di nuovo e inaspettatamente incredibile. Non
avevo mai visto uno Stefan così preso e caloroso.
Fu un attimo
però, il mio cervello staccò la spina, o meglio,
la mise al posto
giusto.
– E se...
Ma non ebbi il tempo di finire il pensiero,
perché lui fu dentro me, e tutto il resto scomparve.
***
Cosa
posso dire per scusarmi dell'immenso ritardo? Colpa dello studio,
dello stress e di altri mille impegni. Arrivo al dunque
perché ho
mal di testa e ho bisogno di stendermi e riposare:
Il capitolo mi
fa un po' schifo, e con questo non voglio complimenti, voglio solo
dire che l'ho scritto con fatica, in non so quanti giorni e forse
è
per questo che non mi convince. Abbiate pietà!
Elena e Stefan
hanno fatto pace, personalmente li ho odiati/amati in questo
capitolo, avrei voluto che Elena fosse più sincera con lui,
che gli
dicesse qualcosa in più ma evidentemente non è
ancora pronta o
forse è sincera quando dice che non sa quello che sta
accadendo.
Non
so se avete notato alcune incongruenze: Damon che non vuole parlare a
telefono con Elena; Damon che va via quando le fa lo scherzo della
vasca e infine, la battuta sul sogno. Cosa ne pensate?
Perché si è
comportato così? Non pensate subito a: è
innamorato di lei.
Andateci piano con i pensieri, è molto semplice come
concetto.
Infine... di nuovo Stefan ed Elena e il loro momento di
passione.
Non odiatemi ma, avevano bisogno del loro spazio, del
loro chiarimento: stanno insieme, si amano (perché
è vero che si
amano) glielo dovevo!
E basta.
Grazie per aver
aspettato.
Grazie per aver letto, e a chi ha avuto la pazienza di
commentare.
Grazie a Mary per aver corretto il capitolo e per aver
fatto quella meravigliosa immagine che trovate all'inizio.
Alla
prossima.
|
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Capitolo 6 *** Regola numero cinque. ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero cinque.
– Sai,
non mi convince molto questa cosa.
Lo guardai assottigliando lo
sguardo: odiavo il suo scetticismo. – Mi ami?
– Direi di sì.
–
Allora fidati di me.
Era il 23 luglio, il mio ventiquattresimo
compleanno, e per l'occasione avevo deciso di organizzare una cena
intima invitando Stefan, Damon, Caroline e Anna. Mio fratello,
insieme al mio caro fidanzato, mi aveva aiutato tutto il pomeriggio
ad abbellire casa con festoni e a preparare degli aperitivi; la cena
l'avevo ordinata ad un ristorante, qualcosa di semplice, mentre la
torta l'avrebbe portata il mio migliore amico.
Stefan non era
convinto della cena, aveva capito che, in fondo, era solo un pretesto
per far stare insieme Caroline e Damon; il suo pessimismo
però mi
stava irritando sul serio, avevo paura che di quel passo avrebbe
portato, solo tanta sfiga.
Quando fu tutto pronto, cominciai a
prepararmi; nonostante la cena fosse destinata a far avvicinare la
nuova coppia del momento, era pur sempre il mio compleanno, quindi
indossai l'abitino che avevo comprato giusto per l'occasione,
raccolsi i miei lunghi capelli castani in una coda alta, passai un
filo di ombretto e matita viola sugli occhi, insieme al mascara;
prima di scendere in cucina misi al polso un bracciale che si
intonava perfettamente al vestito e anche un paio di orecchini.
Mancavano solo le scarpe che avrei indossato prima dell'arrivo degli
ospiti, tanto per non morire dal dolore ai piedi ancor prima del
tempo.
– Sei... bellissima.
– Grazie.
Era raro che
Jeremy mi facesse dei complimenti, il nostro rapporto era basato
più
sul “ti vorrei uccidere perché ti voglio troppo
bene” non sul
“ti voglio troppo bene e basta”, perciò
mi sentivo in imbarazzo
ogni volta perché sapevo che era sincero.
Stavo finendo di
apparecchiare, quando suonarono il campanello; corsi immediatamente
in camera per indossare le scarpe, ero così indaffarata da
non
sentire chi fosse arrivato: quando scesi trovai Jeremy, Damon e
Caroline seduti sui divani a scherzare tranquillamente.
–
Eccola. – Damon si alzò per venirmi incontro e
stringendomi forte
mi sussurrò. – Tanti auguri, di nuovo.
Gli sorrisi mentre mi
staccavo. – Grazie – Poi mi rivolsi a Caroline che
aveva visto
tutta la scena – Ciao Caro, benvenuta a casa mia.
– Era
esattamente come la ricordavo.
Avevo dimenticato che i nostri
genitori si frequentavano quando noi eravamo piccole, lei era venuta
più volte a casa mia, ma non credevo se lo ricordasse. Mi
fece gli
auguri e mi porse un piccolo pacchettino, che riposi accanto a quello
di Jeremy.
– Mangeremo qui dentro?
– Noi sì Damon, tu però
mangerai in bagno.
– Ehi, piccolo Gilbert non sfidarmi.
–
Solo perché perderesti.
– Smettetela di fare i bambini. – Mi
intromisi ancor prima di vederli scattare sul divano e sfidarsi alla
Play per decidere chi fosse il più forte e chi, di
conseguenza,
avrebbe fatto da schiavo all'altro; la verità era che erano
due
cretini e a me toccava subirmeli entrambi, non che mi dispiacesse,
però avrei preferito se ogni tanto avessero mostrato anche
un po' di
maturità.
– Mi piace il tuo vestito Caroline.
– Oh,
grazie. Io adoro le tue scarpe, cioè, mi piace anche il tuo
vestito,
ma ho un debole per le scarpe quindi...
Risi nel vederla
giustificarsi in quel modo – Tranquilla ho capito e poi
poteva
anche non piacerti il mio vestito, non ci sarebbe stato nessun
problema.
Restammo a parlare fino a quando non arrivarono prima
Anna e poi Stefan, dal viso capii subito che era successo qualcosa,
anche perché lui non arrivava mai in ritardo, soprattutto in
occasioni come quelle.
Un momento piuttosto imbarazzante fu la
scelta dei posti a sedere, avrei dovuto pensarci prima ma sarebbe
stata la stessa cosa dato che Stefan mi aveva aiutato a preparare
tutto durante il pomeriggio.
Ad un capotavola si sedette Jeremy
alla sua destra si posizionò Anna e alla sua sinistra
Caroline; a me
non piaceva molto essere al centro dell'attenzione, ma era il mio
compleanno e Damon mi cedette il suo posto, facendomi sedere di
fronte mio fratello, all'altro capotavola, tra lui e Stefan.
–
Anna, come sta tua mamma?
Damon conosceva la fidanzata di Jeremy;
in realtà Damon conosceva ogni cosa riguardasse me e la mia
famiglia, si preoccupava di informarsi su tutto e non perché
fosse
una persona pettegola ma perché teneva a noi e poi sapevo
che con
quella domanda voleva spezzare quello strano imbarazzo che si era
creato.
– Ma con la casa enorme che ti ritrovi non hai mai
pensato di trasferirti in una più piccola?
E come al solito poi
la situazione si ribaltava: tutti cominciavano a fare domande a lui,
sulla sua vita, sul perché non lavorava, su come si
manteneva,
sull'enorme casa.
– In realtà ci ha pensato – Jeremy
spiazzò
tutti con la sua risposta alla domanda di Caroline – Aveva
pensato
di trasferirsi qui, un paio di anni fa e io ero d'accordo, poi
qualcosa è andato storto e...
– Jeremy, mi aiuteresti in cucina
per favore?– Mi alzai obbligandolo a raggiungermi nella
stanza
accanto – Cos'è questa storia? – quasi
sussurrai per non farmi
sentire dagli altri.
– E' la verità: avevo proposto a Damon di
abitare con noi ma poi tu e Mr. Gelosone avete iniziato a fare coppia
fissa e lui ha preferito lasciar perdere.
– Ti sembrava il caso
di dirlo in quel momento?
Non mi rispose, scrollò le spalle e
portò i piatti a tavola, lasciandomi in cucina con il fumo
che mi
usciva dalle orecchie. Il resto della cena, per fortuna, trascorse
tranquillamente, senza momenti imbarazzanti; Stefan e Damon non si
rivolsero né una parola né tanto meno uno sguardo
e questa cosa mi
faceva stare piuttosto male: le due persone più importanti
della mia
vita si odiavano e io non potevo fare nulla per rimediare
perché ne
ero la causa.
– Ti aiuto.
– Tranquilla Caroline,
raggiungi gli altri sul portico.
– Davvero Elena, voglio
aiutarti.
Mise le stoviglie nel lavello mentre io sistemavo il
resto della roba; avevo già male ai piedi perciò
ero contenta che
almeno lei si fosse fermata per darmi un mano.
– Come fai? –
La guardai confusa – A sopportare gli sguardi omicidi che si
mandano.
– Non so di cosa tu stia parlando.
– Damon e
Stefan: sono entrambi gelosi e lo capisco. Damon è geloso
come lo è
tuo fratello, solo che Jeremy cerca di nasconderlo, lui invece no,
farebbe qualsiasi cosa pur di vederti lontana da Stefan.
– Penso che Damon voglia la mia felicità e io con
Stefan sono
felice.
– Forse non lo sei, lui lo ha capito ma non sa come
dirtelo.
– Ti ha per caso detto qualcosa che non so?
– Non
parliamo di te: sei un argomento taboo. Credo che preferirebbe
elencarmi tutte le sue ex piuttosto che dirmi qualcosa di te, di
voi.
Le sorrisi timida perché quella situazione mi metteva
davvero in imbarazzo: non volevo che lei iniziasse a pensarla come
Stefan o si facesse strane idee sulla nostra amicizia, non avevo la
minima intenzione di giustificarmi anche con lei.
– Ehi, che
fate ancora qui?– Per fortuna era arrivato Damon, salvandomi
da
quella situazione imbarazzante; il modo in cui lo guardò
Caroline fu
davvero eloquente, stava per mangiarselo con gli occhi: mi tratteni
dal ridere e gli risposi.
– Stavamo
mettendo in ordine.
– E' il tuo compleanno, non dovresti.–
Alzai un sopracciglio; il suo lato da scansafatiche era sempre pronto
ad emergere – Ok, ti aiuto. Non guardarmi così
però.
Scossi la
testa sorridendo e mi lasciai aiutare anche da lui, in tre avremmo
finito prima e avrei potuto raggiungere Stefan e gli altri sul
portico.
– Caroline, puoi andare: devo solo sistemare queste
ultime cose, mi aiuterà Damon.
– Sicura?
– Sì e grazie,
sei stata davvero gentile.
Aspettai che uscisse e quando fui certa
che non potesse sentirmi, iniziai a bombardare Damon con domande
sulla loro “relazione” e su quello che diceva di me.
– Non
voglio parlare di te alle altre.
– Ti sto chiedendo il motivo.
–
Perché non so, magari poi potrebbero essere gelose o andare
fuori di
testa per cercare di piacerti o peggio somigliarti per piacere a me.
E' una sorta di protezione.
– Protezione?– Annuì e gli
sorrisi. – Non dovrebbero essere gelose e tu puoi parlare di
me con
chi vuoi.
– E poi tu sei importante, sei l'ultimo gradino della
conoscenza – Lo guardai scettica perché non
riuscivo a comprendere
il suo ragionamento. – Prima di presentarti una mia ipotetica
fidanzata, devo esserne sicuro: è come quando si presenta
quella che
pensi sia la donna della tua vita, alla propria madre.
– Stai
dicendo che mi vedi come tua madre?
Alzò gli occhi in cielo
disperato e poi mi guardò: uno sguardo sicuro e dolce nello
stesso
tempo che mi fece venire i brividi. – Sei importante quanto
lei.
Lo abbracciai di slancio, sapevo quanto fosse difficile per lui
parlare di quella donna magnifica che era stata sua madre; e mi
sentii onorata, oltre che contenta, nel sentirmi dire di essere
importante allo stesso modo, anche se sapevo che non era vero, era
impossibile eguagliare l'affetto e l'importanza della figura
materna.
Avevamo finito di mettere al posto l'ultimo piatto, così
Damon stava per andare dagli altri, quando mi ricordai del discorso
di Caroline e della quinta regola.
– Hai intenzione di uscire
con lei questa sera o domani?
– Non lo so, dipende da come
procedono le cose, perché?
– Dovrei dirti la quinta regola ma
non so se sia il caso...
– Me la dirai domani, adesso andiamo di
là: è la tua giornata, rilassati e divertiti.
Trascorsi
la serata con i miei amici e il mio fidanzato, a scherzare e ridere e
a raccontare aneddoti imbarazzanti sulla nostra infanzia e
adolescenza.
Jeremy si era messo a parlare di quando, da
piccolina, avevo scambiato uno spaventapasseri per un alieno e avevo
convinto tutto il vicinato a catturarlo e chiedergli se volesse farci
del male.
Anche Damon sapeva quella storia, perché era presente
quel pomeriggio estivo di molti anni prima, ma nonostante
ciò ogni
volta rideva come uno scemo, soprattutto durante la parte
più
tragica, secondo me, e più spassosa, secondo lui: quella in
cui mi
rivelavano che si trattava solo di uno spaventapasseri, mi portavano
al campo di grano per vederlo da vicino e...
– Iniziò ad urlare
come una pazza nel vedere quel coso muoversi. Credeva fosse vivo.
–
Avevo avuto paura, idiota. Mi era stato detto fosse un pupazzo e poi
quel coso si mosse.
– Mi ricordo la tua faccia.
– Stai
zitto o potrei odiarti e smettere di parlarti di nuovo.
Risero
tutti a quel racconto, anche Stefan accennò un sorriso e mi
abbracciò più forte dandomi un bacio sulla
fronte. Quando Damon e
mio fratello smisero di mettermi in imbarazzo, rientrammo in casa;
sia perché si era fatto tardi ma anche perché era
arrivato il
momento di aprire i regali e mangiare la torta.
Ringraziai tutti,
uno per uno per quello che mi avevano regalato; mi sentivo sempre un
po' in imbarazzo quando li spacchettavo, ma poi tutto era superato
dallo stupore e dalla gioia.
Rimasi a bocca aperta quando aprii il
pacchettino da parte di Stefan: trovai dentro un meraviglioso
bracciale Tiffany; sapeva che mi piaceva e che desideravo averlo, ma
non credevo fosse così pazzo da comprarmelo.
– Aspetta a
ringraziarmi. Lo farai questa sera, in camera mia.
Risi per la sua
espressione – Sei il solito idiota ma... ho il ciclo quindi
niente
grandi festeggiamenti.
– Neanche un piccolo happy hour?
Scossi
la testa e quando assunse un'espressione buffa e triste lo baciai,
cercando di contenermi e non farmi trasportare dalla passione.
–
Andiamo a mangiare la torta, sarà meglio.
Quando
mi lanciai sul divano ero esausta: avevo i piedi gonfi ed ero
stanchissima; era stata una bellissima giornata ma stancante allo
stesso tempo.
Avevo bisogno del mio pigiama e del mio letto, ma
non avevo la forza di salire le scale, così mi addormentai
su quel
comodissimo divano; ero convinta che non appena Jeremy mi avesse
vista mi avrebbe portata in camera, o almeno lo speravo.
–
Secondo te, bacio addormentata? O neve, morta?
Non capivo se stavo
ancora sognando o se quelle voci erano uno spiraglio di
realtà;
aprii un occhio e non riuscii a distinguere quello che avevo di
fronte, solo dopo qualche secondo capii si trattasse di una gamba.
Impiegai qualche minuto per prendere coscienza; i miei risvegli erano
sempre piuttosto lenti.
– Vuoi... vorresti violentarmi per caso?
La risata di Damon mi fece innervosire: mi aveva svegliata e si
stava prendendo gioco di me. Mi voltai dandogli le spalle e cercando
di riaddormentarmi.
– Da quando in qua dormi sul divano?
–
E da quando in qua tu ti alzi presto al mattino?
– Da mai, dato
che sono le due del pomeriggio.– Aprii gli occhi voltandomi
di
scatto: aveva un sorriso impertinente da farmi venire voglia di
prenderlo a pugni. Sì la mattina ero violenta.
Mi misi a sedere,
rendendomi conto di essere vestita come il giorno prima; mi alzai
svogliatamente ed andai in cucina, per dissetarmi, con Damon alle
calcagne.
– Che cosa ti serve?
– Prima svegliati e poi ne
parliamo; accendo la tv, c'era un film interessante.
– Fai cosa
vuoi io vado a farmi la doccia.
Gli cadde il telecomando dalle
mani. – Ok.
– Nessuna battuta?– Il suo comportamento mi
aveva stranita. – Di solito ti metti a dire cose del tipo
“Vuoi
che ti faccia compagnia?”– Dissi imitando la sua
voce – Oppure
“Vuoi una mano per insaponarti la schiena?”
– No. – Alzò
il volume della tv. – Vai pure, io guardo il film.
– Tu mi hai
sognata.– Mi posizionai di fronte a lui, con le braccia
incrociate.
– Tu hai fatto un sogno erotico su di me.
– Non so di cosa tu
stia parlando; ti sposti? Non riesco a vedere.
Mi abbassai per
guardarlo dritto negli occhi e gli puntai il dito contro – Ti
conosco da quando sono nata, so quando menti e quando c'è
qualcosa
che ti turba; il fatto che io stia per andare di sopra, che mi spogli
completamente e che mi faccia una doccia: ti turba!
Lo vidi
deglutire e mi bastò quello per una mia soddisfazione
personale;
certo mi faceva un po' strano che il mio migliore amico facesse dei
sogni erotici su di me ma... anche a me era capitato una volta.
Iniziai a salire le scale solo che mi bloccai a metà,
perché
Damon mi aveva presa per il braccio; mi voltai per capire cosa
volesse e mi ritrovai con le spalle al muro, lui addosso a me e i
suoi grandi occhi azzurri puntati nei miei. Era così serio
da farmi
rabbrividire, ed era già la seconda volta.
– Non farlo mai più,
Elena. Non scherzare con il fuoco quando non sai cosa e quanto
potresti bruciarti.
– Io...– Non riuscivo a parlare; averlo
così vicino e con quello sguardo, non riuscivo a trovare le
parole
adatte.
Si allontanò ma rimasi per qualche istante in quella
posizione, immobile; mi risvegliai solo quando Jeremy mi
passò
davanti.
– Tutto bene?– Annuii ancora scossa e corsi verso
il
bagno.
Forse
avevo dormito male su quel divano, forse avevo sognato qualcosa di
brutto che non riuscivo a ricordare o forse c'era qualche altro
motivo che non sapevo perché quello sguardo e quelle parole
mi
avevano davvero turbata; non capivo cosa avessi detto di
così
sbagliato da far reagire Damon in quel modo.
Finii di asciugarmi i
capelli e, respirando a fondo, scesi in cucina dove ero convinta ci
fossero sia mio fratello che...
– Dov'è Damon?
– E'
andato via, mi ha detto che si sentiva poco bene.
– Ha detto
altro?
– Sì, ti chiamerà lui il prima
possibile.
Ero sul
punto di impazzire: non solo quel cretino era andato via senza dirmi
nulla e dopo quello che era successo ma, cosa ancora più
fastidiosa,
non rispondeva alle mie chiamate.
Gli lasciai tre messaggi in
segreteria, sperando che li ascoltasse e mi chiamasse subito dopo; ma
neanche nelle ore successive ricevetti una sua chiamata.
“Spero
che tu abbia perso il telefono perché non trovo altri motivi
per cui
non dovresti rispondermi”
Decisi di passare ai messaggi,
almeno li avrebbe prima letti e poi cancellati; dovevo calmarmi o
avrei rovinato anche la mia uscita con Stefan, non mi andava di
litigare con lui.
19.30 “Damon, per favore. Chiamami”
19.45
“Maledizione, posso sapere che ti ho fatto?”
20.00
“Spero che tu sia morto o ti ucciderò con
le mie stesse
mani”
20.05 “Cioè, non spero che tu sia morto,
ma ti
ucciderò comunque!”
Urlai
quando il mio cellulare squillò, perché ero
davvero convinta fosse
lui; invece era solo Stefan che mi avvertiva del suo ritardo di
un'ora. Feci dei calcoli rapidi e senza neanche pensarci due volte,
salii in macchina per andare a casa di quello screanzato.
– Chi
è?– Sapevo che la telecamera del campanello gli si
era rotta
qualche giorno prima, quindi non poteva vedermi.
– Salve...
credo mi si sia rotta la macchina qui fuori e il mio cellulare
è,
praticamente, morto. Non è che potrebbe farmi fare una
chiamata?–
Il suo silenzio era preoccupante, eppure credevo di aver finto un
ottimo accento Canadese – Non sono del posto e avrei davvero
bisogno di aiuto.
Qualche secondo dopo il cancelletto automatico
iniziò ad aprirsi – La raggiungo subito, mi
aspetti fuori.
Mi
nascosi dietro un albero, sperando che non mi vedesse, e attesi che
uscisse. – Damon.
– Maledizione. Lo sapevo che non dovevo
fidarmi.
– Oh andiamo, aspetta.– Gli bloccai l'entrata,
mettendomi davanti il cancello. – Ti rendi conto che ho
dovuto
mentirti per vederti?
– Hai pensato che non volevo farlo dopo il
tuo secondo messaggio in segreteria?
– Possiamo parlare?
–
No.
– Perché? Che ti ho fatto? Cosa ho detto? Sei
ancora
arrabbiato per la storia del sogno e delle doccia? Mi dispiace, non
volevo che te la prendessi. Ho esagerato ma noi scherziamo sempre
e...
– No. Io scherzo e tu ti arrabbi. Quello era provocare e
non puoi farlo.
– Co... cosa? Io non volevo provocarti, stavo
solo scherzando. Io volevo vedere se mi avresti detto la
verità.
–
Elena, ho da fare, va via.
– No. Io voglio parlare.
– NO,
vattene. – Quell'urlo mi mise paura; non l'avevo mai visto
così
arrabbiato, neanche quando a scuola picchiava i ragazzini che mi
trattavano male.
– Ero venuta a...– Sospirai per non piangere
–...darti questo.
Prese dalle mie mani il foglio e lesse il
contenuto – “Il passato. Di
solito è un argomento molto
gettonato, quindi se chiede delle ex, non mentire spudoratamente,
perché una donna viene sempre a sapere la verità,
prima o poi.
Quindi raggira la verità.
Se non ne hai avute, bene. Se le avete
avute,invece, dì che non sono state molto importanti e, se
lo sono
proprio state, dì che non ne vuoi parlare per qualche
motivo.
Quando chiedi a lei del suo ex, e risponde allo stesso modo, sai
il perché. Se invece sorride, beh: sono in buoni rapporti.
Non c'è
da preoccuparsi. Se una donna è in buoni rapporti con il suo
ex,
vuol dire che non vuole tornarci insieme... il problema è
quando
dice di odiarlo.”
– E' la quinta regola. Avevo
pensato che non mi avresti aperto e volevo lasciartela nella cassetta
delle lettere ma dato che sei qui.
– Elena.
– No ho capito.
Ora devo andare.
Non
ero arrabbiata, avevo solo una paura incredibile di perderlo e tutto
solo per una stupida battuta.
Durante il tragitto verso casa,
chiamai Stefan, gli dissi che non avevo più voglia di
uscire, che
avevo litigato con mio fratello e avrei rovinato la serata a tutti
con l'umore che mi ritrovavo.
Sperai che mi credesse e che non
fosse già a casa mia, non avrei saputo spiegargli il motivo
per cui
ero in giro in auto; tutto andò liscio come previsto.
Mi
arrotolai nel mio piumone, sperando che Damon venisse a srotolarmi e
consolarmi come sempre.
****
SET
ABITI ELENA: http://www.polyvore.com/day_elena/set?id=47978534
SET
ABITI CAROLINE:
http://www.polyvore.com/day_caroline/set?id=47979100&.locale=it
SET ABITI ANNA:
http://www.polyvore.com/day_anna/set?id=47980259&.locale=it
Scusate
il ritardo. Ultimamente lo dico spesso, ma come ho anche detto sul
gruppo: il mio cervellino fa i capricci e non vuole farmi scrivere
questa storia, ANZI, sforna nuove trame che non ho il tempo di
elaborare e scrivere. Sì, potete picchiarlo se volete! XD
Cosa
dire del capitolo?
E' il compleanno di Elena e lei invita anche
Caroline per farla avvicinare a Damon; parla con lei e si avvicinano
ancora di più. Adoro questo personaggio, quello di Caroline
dico:
non è principale e non ha chissà quale parte
nella storia (se non
quella di essere corteggiata) Ma quando compare, ha sempre la cosa
giusta da dire, un po' come la coscienza.
Sì lo vedo l'enorme
elefante nella stanza: la lite con Damon.
Che sembra stupida
soprattutto perché è successa per un motivo
totalmente idiota ma,
c'è sempre un ma in questi casi, non è come
sembra.
Qui si legge
solo il punto di vista di Elena, non sappiamo cosa sia davvero
successo a Damon mentre lei parlava, e durante tutte le chiamate: non
sappiamo la sua reazione reale e i suoi pensieri, insomma.
Questo
è il quinto capitolo, dal prossimo fino al decimo,
(perché vorrei
ricordarvi che i capitoli in tutto sono DODICI, prologo ed epilogo
compresi) saranno tutti in salita, o in discesa: dipende dai punti di
vista.
Ne succederanno delle belle, quello che avete letto fino ad
adesso era solo sciocchezze!
Grazie per aver letto, commentato e
per chi aggiunge la storia tra preferiti, seguiti e ricordati.
Siete
meravigliose, alla prossima.
|
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Capitolo 7 *** Regola numero sei. ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero sei.
Mi
svegliai sudata e con le lacrime agli occhi: quell'incubo mi aveva
davvero uccisa. Sognare che Damon morisse per un'incidente d'auto mi
avrebbe turbata per tutto il giorno ne ero certa.
Questo
perché non avevo chiarito con lui, nonostante fossero
trascorsi un
paio di giorni dalla discussione avuta a casa sua.
In
realtà aveva discusso solo lui, io non sapevo che dire.
Stefan
aveva intuito qualcosa ma non sapeva tutta la verità e si
dispiaceva
nel vedermi così triste. Mi aveva addirittura chiesto se
poteva
parlare lui con Damon, sperava di farlo ragionare.
Era
strano vederlo così disponibile ad un dialogo con lui,
credevo che
fosse stato felice nel vedere me e Damon in quella situazione, data
la sua gelosia; eppure mi aveva espressamente detto che se stare
lontana da lui significava essere così triste e depressa
allora lo
avrebbe accolto nella sua vita a braccia aperte: era disposto anche a
diventare un suo amico, se quello mi avesse fatta tornare la Elena di
prima.
Il
problema però, non era il rapporto tra loro due, ma quello
tra me e
Damon: avevo una paura assurda di perderlo; avevo perso tanto nella
mia vita, non avrei retto anche a quello.
–
Ancora nulla?
Anche
Jeremy si preoccupava, soprattutto perché Damon non parlava
neanche
con lui, era come se si volesse estraniare dalla nostra vita.
–
No.
Non ho provato
neanche a chiamarlo, aspetto che sia lui a convincersi.
–
Secondo
me...
–
Sarebbe
tutto inutile:
aspetterò, anche se ci volesse una vita intera, io lo
aspetterò.
Quella
sera ero stata invitata ad una festa al Grill; non volevo andare ma
Jeremy mi aveva chiesto di accompagnarlo e non potevo disdire
all'ultimo momento.
Stefan
era partito con Klaus e altri suoi amici, per l'addio al celibato del
fratello di Klaus, sarebbero tornati dopo tre giorni, appena in tempo
per il matrimonio a cui, per fortuna, non ero stata invitata.
Mi
preparai con la musica a palla, sperando che quella sovrastasse i
miei pensieri: ma fu tutto inutile.
Arricciai
i capelli, sempre per impegnarmi su altro e non pensare; indossai
degli shorts rossi e una maglietta larga bianca, semi trasparente.
Misi le scarpe solo quando anche Jeremy fu pronto per andare.
Il
Grill era addobbato con festoni, metteva allegria vederlo
così
colorato; intravidi Caroline al bancone, mi avvicinai per salutarla
ma feci un grande errore: non calcolare la presenza di Damon.
–
Elena,
che piacere.
Credevo che non venissi data l'assenza di Stefan.
Damon
mi guardò confuso, non parlando non avevo potuto aggiornarlo.
–
Avevo
promesso a Jeremy
di accompagnarlo.
–
Vuoi
qualcosa da bere?
Posso ordinare anche per te, se vuoi.
Stavo
per rifiutare, ma forse l'alcol era l'unica soluzione a farmi
smettere di arrovellarmi il cervello. – Sì grazie.
Un mojito.
Restai
a parlare con lei fino a quando Ben, il barista, mi diede il mio
drink; Damon non aveva aperto bocca e sperai che quel Mojito fosse
molto alcolico: dovevo togliermelo dalla testa.
In
realtà non so quanto bevvi ma mi piaceva quella sensazione
di
libertà e spensieratezza; mi piaceva anche ballare a piedi
nudi, sul
bancone: mi stavo divertendo come non mai.
Jeremy
mi guardava da lontano e rideva, anche lui aveva bevuto ma non era ai
miei livelli: io potevo bere qualsiasi cosa, non mi sarei mai
ubriacata: ero forte.
–
Ehi,
bellezza, perché
non scendi e balli con me?
–
No
grazie.
Quel
ragazzo mi stava importunando da qualche minuto e il suo allisciare
la mia gamba mi innervosiva, ma ero felice, non mi importava
più di
tanto.
–
Dai,
vieni giù.
Quando
mi prese in braccio, dalle gambe, urlai. Volevo che mi lasciasse in
pace, volevo ballare.
– Lasciami! Mettimi giù.
–
EHI!
Hai sentito cosa
ha detto? Lasciala stare.
–
Tu
chi sei, suo padre?
–
Quello
che ti spaccherà
la faccia se non la lasci immediatamente.
Non
so cosa gli fece cambiare idea, ma quel verme mi mise giù e
mi
voltai per ringraziare il gentile ragazzo che mi aveva salvata;
cambiai idea quando incontrai i suoi occhi.
Damon
mi stava fulminando. – Andiamo.
Mi
trascinò lontano dal bancone e dalla folla, prese le scarpe
e mi
mise in braccio.
L'aria
fresca mi fece rinsavire.
–
Cosa
diamine ti è
preso questa sera? Ti sembra il caso di ballare in quel modo?
–
Non
urlare, mi dai
fastidio.
–
Andiamo
a casa.
–
No,
lasciami Damon! Non
mi hai rivolto parola per tutta la sera, per non parlare degli altri
giorni, e adesso cosa pretendi?
–
Sei
ubriaca, ti porto a
casa.
Mi
riprese in braccio, come fossi una bambina e mi caricò nella
sua
auto. Gli urlai di fermarsi non appena svoltò l'angolo
perché ebbi
un conato di vomito; aprii lo sportello giusto in tempo per non
sporcargli la tappezzeria.
–
Come
ti sei ridotta?
–
Non
mi sembra...– Il
mio stomaco e la mia gola chiedevano pietà. –
...il momento giusto
di accusarmi.
Mi tenne i capelli e la fronte fino a quando non
rigettai anche i succhi gastrici: mi sentivo uno schifo.
– Hai
bisogno di mangiare qualcosa o domani mattina sarà peggio.
Non
appena arrivammo a casa mi lasciai cadere sul divano mentre sentivo
Damon chiudere più volte gli sportelli in cucina; lo vidi
arrivare,
poi, con un sandwich in mano: non aveva un bell'aspetto ma dovetti
mangiarlo per forza.
–
Posso
andare a dormire
adesso?
Mi
trascinai a malapena fino alle scale: non avrei mai avuto la forza di
salirle fino in camera; Damon mi sollevò e in pochi minuti
fui sul
mio letto, stretta al cuscino.
Mi
tolse le scarpe e lo sentii dire qualcosa ma non ne ebbi la certezza
perché mi addormentai subito.
Quando aprii gli occhi avevo un
mal di testa incredibile e mi sembrava di essere ancora ubriaca,
l'orologio segnava le tre del mattino e mi maledii per essermi
svegliata a quell'ora, ma avevo sete e rischiavo di morire
disidratata.
Mi
spogliai perché stavo anche morendo di caldo e scesi in
cucina,
facendo attenzione a non cadere dalle scale; per poco non urlai dallo
spavento quando accesi la luce: Damon dormiva sul divano, non
ricordavo neanche il perché fosse a casa mia.
Una
volta in cucina mi attaccai alla bottiglia come se fosse la mia
ancora di salvezza, stavo davvero morendo di sete.
–
Stai
bene?
Damon
si era svegliato e la sua testa faceva capolino dal divano.
–
Sì,
credo. Avevo
bisogno di bere.– L'imbarazzo si tagliava a fette.
– Come mai sei
qui?
–
Ti
ho accompagnata a
casa ieri sera.
–
Perché
sei rimasto?
–
Non
volevo lasciarti
sola.
Avrei
voluto chiedergli altro, avrei anche voluto abbracciarlo e sentirmi
dire che era tutto tornato come prima ma, gli augurai la buonanotte e
me ne tornai in camera.
Mi
girai e rigirai più volte nel letto perché non
riuscivo a prendere
sonno, era una situazione insostenibile; eppure stavo male e il mio
corpo aveva bisogno di dormire ma il mio cervello me lo impediva con
tutti quei ragionamenti. Solo quando sentii dei passi chiusi gli
occhi di scatto.
–
Dormi?
– Non risposi.
– Lena, stai dormendo?
Il
materasso si abbassò da un lato, Damon si era disteso
dall'altro
capo del letto; mi voltai guardandolo negli occhi.
–
Mi
dispiace.
Riuscii
a dire solo quello, prima che mi stringesse forte e mi accarezzasse i
capelli dolcemente.
–
Non
pensiamoci più,
ormai è tutto finito.
–
Ho
avuto paura di
perderti.
–
Avevo
solo bisogno di
starti lontano per un po'.
–
Per
sbollire la rabbia?
Ci
pensò su. – Anche. Te l'ho detto Elena, sono pur
sempre un maschio
e anche se sei la mia migliore amica, vederti mezza nuda mi
destabilizza.
Risi
abbracciandolo ancora di più, mi era mancato. – Ti
attraggo sul
serio?
–
Sei
una bellissima
ragazza ma sei la mia migliore amica, non potrei mai voler far sesso
con te. Sarebbe strano.
Rabbrividii
al pensiero. – Molto strano.
Chiusi
gli occhi perché finalmente stavo riuscendo ad addormentarmi.
–
Scusa
se ti ho fatto
stare male.
Mugugnai
e gli strinsi la mano per fargli capire che accettavo le scuse ma che
in fondo non avevo più le forze di continuare a parlare.
Mi
addormentai in quel modo, stretta a lui e sicura di fare dei bei
sogni.
Io
e Damon non litigammo più, eravamo troppo impegnati a
cucinare
dolci, guardare film, mangiare come i maiali e cercare di passare il
più tempo possibile insieme prima che tornasse Stefan e poi
dovevamo
recuperare tutti quei giorni perduti.
–
Che
vuoi guardare oggi?
“Remember Me” oppure “The
Notebook”?
Lo
sentii imprecare contro il pacco di patatine e poi mi rispose:
–
Nessuno dei due, non fanno nient'altro?
– No. In DVD però, ho
tutti i cartoni Disney, ho una voglia incredibile di rivedere
Rapunzel. Posso metterlo?
–
Sempre
meglio di quei
due attori che si spogliano per avere fan.
–
Avrebbero
fans anche
con due sacchi neri in testa.
Mi
guardò alzando un sopracciglio e gli feci un sorriso di 54
denti –
Metti il cartone e sta' zitta.
Mi rimproverò più volte perché
anticipavo le battute dei personaggi, anche le loro mosse; ad un
certo punto mi alzai dal divano e iniziai a cantare insieme a
Rapunzel: Damon mi guardava sconvolto.
Mi
aveva legato le mani con degli strofinacci e mi aveva tappato la
bocca con le sue di mani, per evitare che mi muovessi ancora, alla
fine del cartone animato mi liberò.
–
Potevi
uccidermi sai?
–
Ucciderti?
Guardare un
film con te è estenuante, non ho capito nulla.
–
Se
vuoi te lo riassumo.
Gli
proposi e il suo sguardo impaurito mi fece ridere, quei giorni a
stretto contatto con Damon mi avevano rinvigorita; mi sentivo nuova,
diversa, viva, mi sentivo me stessa.
–
No
grazie sto bene
così.
Risi
e restammo ancora sul divano a guardare la tv, fin quando non
decidemmo di uscire: faceva troppo caldo per stare in casa.
Damon
mi aspettava davanti la porta d'ingresso, mi urlava di sbrigarmi ma
io non sapevo cosa indossare per non squagliarmi lentamente sotto il
sole cocente di luglio; alla fine optai per un abitino leggero giallo
e delle infradito bianche abbinate al cappellino e agli occhiali da
sole.
–
Allora?
Come sto?
–
Sembri
una turista a
Parigi.
–
Quindi
dovrei
cambiarmi?
–
Per
carità, usciamo di
qui prima che diventi poltiglia.
Mi
trascinò fuori di casa e finalmente respirammo un po'
d'aria; sì,
c'erano su per giù quasi quaranta gradi ma per fortuna quel
poco di
vento rinfrescava i nostri animi. Arrivammo fino al Grill e ordinammo
due gelati.
–
Devo
dirtelo: non sei
per niente un gentiluomo.
–
Tocca
a te pagare,
quindi non fare storie.
Roteai
gli occhi. – Mi riferivo al discorso di prima.– Mi
guardò
scettico quindi decisi di spiegargli cosa intendevo e dirgli quindi
la nuova regola, la sesta. – Negare fino alla
morte. Può essere
contraddittorio, dato che ho detto che non bisogna mentire, ma negare
è importante.
–
Appunto,
molto
contraddittorio.
–
Ok,
facciamo un
esempio. Damon, mi sta male questo vestito?
Lo
guardai ricordandogli quello che avevo detto poco prima e lui
sembrò
capire – No.– Fissò i suoi occhi nei
miei e continuò: – Per
niente, credo che il giallo sia il colore che ti dona di più
d'estate perché risalta il colore dei tuoi occhi. Se sei
abbronzata
poi, sei ancora più bella; dovresti indossare spesso questo
vestito.
Sbattei
le palpebre incredula più volte: mi aveva sconvolta. O aveva
perfettamente capito e centrato il punto del mio discorso e quindi
aveva recitato la sua parte, oppure, quello era un vero e proprio
complimento.
–
Per...
perfetto. Perché
le donne sono molto sensibili, a volte anche un po' stupide: sanno
che mentite ma hanno bisogno di quella piccola bugia per sorridere.
–
Tu
non fai parte di
questa categoria?
–
No.
Assolutamente.
Non
distoglieva i suoi occhi dai miei e di solito non era un problema, ma
quella volta mi sentivo in soggezione, come se fossi sotto esame.
–
Queste
regole valgono
solo se si deve conquistare una donna o viceversa?
–
Non
lo so, non credo
che si debba sempre assecondare un uomo.
Per
fortuna il nostro gioco di sguardi fu interrotto dall'arrivo nel
locale di Caroline; era così ogni volta che entrava, tutti
si
voltavano a guardarla, come se fosse chissà quale essere
immortale.
Ci vide e si avvicinò sorridendo al nostro tavolo.
–
Vi
disturbo?
–
Certo
che no Caroline.
Le
risposi per tranquillizzarla e poi Damon continuo al posto mio
–
Oggi sei ancora più bella del solito, hai qualcosa di
diverso... hai
tagliato i capelli?
Trattenni
una risata, Damon che faceva dei complimenti così smielati
ad una
ragazza e Caroline che arrossiva senza ritegno era una scena davvero
comica; finii il mio gelato e li salutai inventando una scusa su due
piedi: non potevo restare ancora con loro due dovevo per forza
ridere.
Nel
tragitto verso casa chiamai Stefan per farmi raccontare come aveva
trascorso la sua giornata, risi un po' con lui e, ovviamente, evitai
di dirgli che in quei giorni stavo passando tutto il mio tempo a
disposizione con Damon, volevo evitare che al suo ritorno staccasse
la testa ad entrambi. Chiusi la chiamata non appena entrai in casa;
ero esausta e avevo bisogno di una doccia fresca per sentirmi meglio.
Mi
beai del getto d'acqua fredda per un bel paio di minuti, avrei voluto
restare lì sotto per sempre, ma non si poteva ottenere tutto
dalla
vita, perciò uscii e mi asciugai alla bene e meglio,
indossando poi
un paio di shorts e una canotta leggerissimi: non volevo sudare e
morire di caldo di nuovo e ancora.
Asciugai
i capelli lasciandoli umidi e li legai in una coda alta poi,
finalmente, scesi in cucina per cenare.
Era strano mangiare e
guardare la tv senza Damon, ormai mi ero abituata alla sua presenza
costante, a vederlo girovagare per casa, sbuffai quando realizzai che
avevo bisogno di lui quanto avevo bisogno di Jeremy; decisi di
mandargli un messaggio e quando, neanche dopo tre ore, ricevetti una
sua risposta, me ne andai a letto.
–
Lena–bella–Elena?– Sentivo voci
chiamarmi, ero convinta di
stare sognando: ero a Londra, precisamente in vacanza in Europa.
–
Elena?– Ero sola all'inizio quindi mi stranii quando comparve
Damon
al mio fianco; mi sorrideva e mi stringeva la mano. – Devi
svegliarti– Lo guardavo scettica, non riuscivo a capire
perché mi
dovessi svegliare: eravamo a Londra, da cosa dovevo svegliarmi? Un
urlo però mi fece impaurire. – SVEGLIATI!
Aprii
gli occhi di scatto e mi trovai gli occhi blu ghiaccio di Damon
davanti: lo spinsi allontanandolo perché avevo bisogno di
respirare
e riprendermi dallo spavento.
–
Che
ci fai qui?
–
Ho
ricevuto il tuo
messaggio.
Lo
fulminai con lo sguardo – E perché mi hai
svegliata?
–
Volevo
farti vedere che
sono qui, sono tornato.
Le
parole mi morirono in gola, gli sorrisi e mi distesi di nuovo, lui
fece lo stesso e mi addormentai subito dopo, accanto a lui con la
consapevolezza che era tornato e lo aveva fatto per me.
******
Ok,
sono di nuovo in ritardo, perdonatemi davvero.
E' colpa dei miei
esami universitari – che odio tantissimo- In
realtà non ho ancora
finito, ho approfittato di una piccolissima pausa per finire il
capitolo, dato che me ne mancava una parte.
Non c'è molto da
dire, anche perché sono di fretta e non posso stare qui a
chiacchierare con voi, dunque:
Stefan è partito ma tornerà
quindi non fate i salti di gioia.
Damon ed Elena fanno pace <3
sono carinerrimi vero?
Avevo detto che dalla regola numero 6 in
poi le cose sarebbero cambiate, in realtà non succede nulla
di che
ma ho inserito alcune frasi che spero voi possiate cogliere. Detto
questo, ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite
e ricordate.
Grazie a chi ha recensito, siete state davvero molto
carine.
Per chi volesse ho un gruppo, non succede nulla di che ma
almeno lì avete notizie su quando aggiorno e su quando
scrivo ecc
ecc LE
MIE
STORIE E ALTRO.
E
poi basta, grazie ancora, alla prossima.
|
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Capitolo 8 *** Regola numero sette. ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero sette.
Posteggiai
di fronte casa di Stefan e aspettai che finisse la canzone che
stavano trasmettendo il quel momento alla radio prima di spegnere
l'aria condizionata, scendere e suonare il campanello. Non lo vedevo
da un paio di giorni, era rientrato la sera prima dall'addio al
celibato del fratello di Klaus e avevo deciso di andarlo a trovare il
giorno dopo per lasciarlo riposare.
Mi aprì dopo la seconda volta
che pigiai il campanello, assonnato e in mutande; sorrisi nel vederlo
in quello stato, mentre si stropicciava gli occhi con la mano: era
così tenero.
– Ben tornato.
Lo abbracciai e lo baciai
dolcemente, mi era mancato anche se non così tanto come mi
sarei
immaginata.
– Sembri diversa – Mi diede un bacio sulla fronte
e ci sdraiammo sul divano – Allora che hai fatto in questi
giorni?
– Niente di che, te l'ho detto. Tu, piuttosto, ti sei
divertito?
– Uhm sì, ma mi sei mancata, avrei voluto averti
accanto.
Riprese a baciarmi mentre la sua mano si intrufolava
sotto la mia canotta rosa pallido carezzandomi la pancia e arrivando
fino al reggiseno: mugugnai e mi mossi per cercare di fermarlo, non
volevo fare l'amore con lui in quel momento, preferivo parlare e
farmi raccontare quello che aveva fatto in quei tre giorni.
–
Tutto ok?
– Sì, ma perché non mi racconti meglio
come è
andata?
– È andata bene. – Riprese a baciarmi il
collo
infastidendomi; lo allontanai con una spinta più forte.
– Che
ti prende?
– Mi prende che voglio parlare e tu mi stai saltando
addosso.
Strabuzzò lo sguardo e, finalmente, si spostò del
tutto, sedendosi accanto a me. Ero nervosa e non volevo stare
più di
un secondo su quel divano, così mi alzai e iniziai a
camminare come
una pazza su e giù per la stanza, sotto lo sguardo
esterrefatto di
Stefan.
– Sicura di stare bene?
– Sì. Veramente non lo
so.– Sospirai e finalmente trovai il coraggio di parlare.
–
Questi giorni li ho trascorsi insieme a Damon e mi sono divertita
tantissimo, come non lo facevo da tempo. E ho dovuto nascondertelo,
non posso dirti la verità perché ho paura della
tua reazione,
perché non voglio litigare con te e sono stanca di farlo.
– Mi
stai incolpando delle tue bugie?
Quella sua domanda mi fece capire
che non aveva compreso nulla del mio discorso, che era inutile
parlare con lui perché non avrebbe mai ascoltato
attentamente le mie
parole. Avevo paura di continuare o di ripetere quello che avevo
detto perché sapevo che di lì a poco si sarebbe
scatenato l'inferno
e non ero psicologicamente pronta ad affrontarlo.
– Vieni qui
dopo tre giorni che non ci vediamo, mi rifiuti, mi dici anche che mi
hai mentito in questi giorni al telefono e, come ciliegina sulla
torta, mi accusi di farti comportare in questo modo. Dimmi tu adesso
cosa dovrei dirti.
– Ma sei stupido di natura o lo fai apposta
con me?– Stavo iniziando a perdere la pazienza – Tu
non ascolti
quando parlo quindi concentrati perché lo dirò
una volta sola.–
Mi sedetti su una sedia di fronte a lui, forse in quel modo mi sarei
calmata – Io odio mentirti ma sono costretta a farlo
perché ho
paura di come reagiresti nel sapere che ho passato del tempo con il
mio migliore amico. Non sopporto la tua gelosia nei suoi confronti e
odio da morire non poter sentirmi libera di vederlo, chiamarlo,
abbracciarlo quando voglio.
– Sono fatto così, mi dispiace.
–
E io sono fatta così. Ho bisogno di lui per essere felice,
per
essere me stessa.
Vidi una luce strana nei suoi occhi, come se in
quel momento avesse finalmente capito una qualche verità; si
alzò
dal divano e questa volta fu lui a camminare avanti e indietro come
un forsennato.
– Significa che con me non sei felice e non sei
te stessa? Che con me hai sempre finto?
–
No.
Non ho detto questo.
– Elena, so le vostre stupide regole:
“Sì
significa no e no significa sì”
– Ti basi su delle regole per
stare con me?
Il nostro dialogo era ormai diventato un botta e
risposta fatto solo da domande al quale nessuno dei due voleva
rispondere, forse per paura o forse perché ci volevamo
troppo bene
per farci così tanto male.
Quel silenzio assordante poi mi
faceva stare ancora più male, non riuscivo a guardarlo negli
occhi
senza sentire una strana sensazione al petto, esattamente all'altezza
del cuore, era la fine, sapevo che prima o poi sarebbe successo ma
non credevo fosse così difficile e nello stesso tempo facile.
Facile
per me e difficile per lui, ecco perché mi odiavo;
perché l'unico a
stare davvero male, in quel momento, era lui e io mi sentivo
tremendamente in colpa perché, forse in fondo, non l'avevo
mai amato
così tanto come credevo ma quello che avevo provato per lui
era
sempre stato affetto e gratitudine per essermi stato accanto e per
avermi supportata nei momenti difficili.
Mi sentivo in colpa
perché dopo tutto quello che lui aveva fatto per me io lo
stavo
ripagando in quel modo, sbattendogli la porta in faccia e
lasciandolo.
– Io ti amo– Fu un sussurro che mi gelò
il
sangue nelle vene. – Non dico che ti amerò per
sempre perché
siamo giovani e abbiamo una vita davanti ma ti amo e credo di averti
amata dal primo momento in cui ti ho vista passeggiare nel parco quel
giorno.
Riuscii finalmente ad alzare la testa e guardarlo negli
occhi, non potevo continuare ad essere codarda ed evitarlo. –
Stef,
mi dispiace io...
– Ma hai ragione, continuare così non ha
senso. Tu che stai con me quando in realtà sei innamorata di
un
altro.
Immediatamente cambiai espressione: dal triste allo
stupita. Io innamorata di chi?
– Come scusa?
– Tutto il
tuo difenderlo sempre, il voler stare con lui almeno un'ora al
giorno. Il tuo sentirti dipendente da lui e sentirti te stessa solo
con lui. C'ho messo un po' a capirlo ma finalmente ce l'ho fatta: tu
sei innamorata da lui, probabilmente da sempre, solo che non lo hai
mai capito. Non te ne faccio una colpa.
– Puoi smetterla? Non
sono innamorata di Damon, non lo sono mai stata. La questione siamo
io e te, perché finiamo sempre con il parlare di lui?
Sbottai
esasperata perché non ne potevo più: ogni cosa
riguardasse me e
Stefan portava sempre, alla fine, a discutere sul mio migliore amico;
e, per quanto gli volessi bene, cominciavo ad odiarlo sotto quel
punto di vista, lui non era il centro del mio mondo e quello Stefan
non riusciva a capirlo.
La sua reazione mi fece spaventare; si
avvicinò a me con gli occhi rossi dalla rabbia e la mascella
contratta.
Indietreggiai fino alla porta come a volergli scappare,
mi intrappolò fra la porta e le sue braccia
– Lui è sempre
presente e io sono stanco di sentire anche solo il suo nome.
Sibilò
ad un centimetro dal mio viso; il suo sguardo mi metteva paura
perché
non l'avevo mai visto così arrabbiato; una lacrima
scappò dai miei
occhi e l'asciugai velocemente, non sapevo come avrebbe reagito e
cercavo di farlo innervosire il meno possibile.
– Perché stai
piangendo? Accidenti Elena, ti rendi conto di come quello ti
condiziona la vita?
Si allontanò da me quanto bastava per
lasciarmi respirare ma le sue braccia erano sempre vicino al mio viso
e le mani ben salde alla porta, come se non mi volesse far uscire.
–
Stefan, calmati per favore.
– Hai paura?– Il suo naso sfiorò
il mio, anche se il suo tono non fu minaccioso quell'avvicinamento
improvviso mi fece sussultare – Cosa ti ha detto quello
stronzo per
farti cambiare idea su di me? Ti avrà sicuramente fatto il
lavaggio
al cervello. Perché tu prima mi amavi e adesso hai paura di
me.
–
Stef per fav...
– CHE TI HA DETTO?– Urlò e diede un
pugno
alla porta: urlai spaventata e le lacrime scesero sole.
Non so
come trovai il coraggio ma lo guardai negli occhi, quel verde
così
accesso e scuro da far paura, e gli dissi di allontanarsi. Non
nominai Damon o nient'altro ma dissi solo di spostarsi
perché volevo
andare via e che ne avremmo parlato solo quando si sarebbe calmato;
per fortuna lo capì e mi lasciò andare, aprii la
porta e prima di
uscire lo guardai: non era più arrabbiato ma dispiaciuto ed
afflitto, ebbi una fitta al cuore, tirai su il naso per cercare di
smettere di piangere e mi chiusi la porta alle spalle, correndo verso
la macchina e verso casa mia.
Mi tremavano ancora le mani
quando arrivai tant'è che mi caddero più volte le
chiavi a terra,
frustrata scoppiai in lacrime accasciandomi accanto il dondolo,
ripensando a tutto quello che era successo.
Non avevo mai visto
Stefan reagire in quel modo, era sempre stato tranquillo, gentile, il
tipico ragazzo da sposare che tutte le mamme vorrebbero come genero o
come figlio e io lo avevo fatto impazzire con i miei stupidi
comportamenti.
– Elena?
Quando sentii la voce di Jeremy mi
asciugai le lacrime in fretta e raccolsi le chiavi.
– Ehi Jer,
come mai sei già a casa?
– Che ci facevi a terra?
– Mi
erano cadute le chiavi.– Feci un sorriso forzato, ma
ovviamente,
non mi credette; nonostante ciò fece finta di nulla ed
entrammo in
casa. – Non lavoravi oggi?– Cercavo di essere il
più naturale
possibile, anche perché non volevo pensare alla situazione
'Stefan'.
– Sì, ma avevo solo il turno di mattina, quindi ho
appena finito.– Gli sorrisi e iniziai a trafficare in cucina
per
preparare il pranzo – Hai visto Damon?
– No.
Risposi secca,
sapevo che adesso sarebbero iniziate le sue domande per capire quale
fosse il mio problema; era la tattica del 'Jeremy il detective'. Lui,
quindi, mi raggiunse in cucina e mi aiutò a tagliare le
verdure per
l'insalata.
– Credevo dovessi vederti con lui oggi, anche
perché
non è neanche venuto al Grill e di solito tutte le mattine
è là.
–
Forse è uscito con Caroline.
– Naaah.– La sua smorfia mi fece
sorridere. – Caroline è a New York per un non so
che, con suo
padre, deve imparare il mestiere di politico.
– Suo padre?–
Chiesi sconcertata.
– Ovviamente Caroline, anche se qualche
lezione servirebbe anche a lui.–
Risi
e fui d'accordo con mio fratello, quell'uomo a volte era un
troglodita – Penso che sia uno stage. Non sapevo comunque che
fosse
partita, Damon non me l'ha detto.
– Perché avrebbe dovuto, mica
stanno insieme. Cioè non credo che Caroline gli dica tutto
quello
che fa durante l'arco della giornata, non lo faccio io con
Anna.
Apprezzai il gesto di Jeremy, stava facendo di tutto per
farmi distrarre dai miei problemi, per farmi pensare a tutt'altro e
farmi ridere, cosa che non facevo da tempo. Amavo mio fratello, da
quando i nostri genitori erano morti avevamo trascorso un periodo
difficile, c'eravamo allontanati prima ma poi ci eravamo riavvicinati
senza più separarci. Certo, avevamo i nostri momenti di puro
litigio
come era giusto che fosse, ma il bene che ci volevamo era
ineguagliabile.
– Credo che tu ed Anna siate un caso a parte.
Finii di condire l'insalata e la portai a tavola, ci sedemmo per
pranzare, non avevo molta fame ma dovevo mantenere le apparenze e se
Jeremy avesse visto che avevo anche perso l'appetito sarebbe stata la
fine per me e per i miei poveri timpani.
– Ho ancora fame–
Sorrisi nel vedere mio fratello alzarsi e preparare qualcosa con il
cibo in scatola, le sue solite schifezze impossibili da digerire che
l'avrebbero costretto al bagno per due giorni di seguito – Ne
vuoi
un po'?
– No grazie, ci tengo alla mia vita.
Mi fece una
smorfia e iniziò ad ingurgitare come una maiale, mentre io
lavavo i
piatti e rassettavo la cucina.
– Quindi dove sei stata questa
mattina?
Sospirai afflitta, ormai non avevo più nessuna via
d'uscita – Da Stefan.– Sentivo il suo sguardo
puntato sulla mia
schiena, sapevo che voleva chiedermi altro così gli
risparmiai la
fatica – Abbiamo litigato ed è stato diverso dalle
altre volte,
perché credo di non voler più stare con lui.
Iniziò a tossire
e rischiò di soffocare. – Vuoi uccidermi per caso?
Non dire mai
più una cosa del genere mentre sto mangiando!
– Sei un
cretino.– Gli risposi dandogli uno scappellotto in testa e
sedendomi accanto a lui. Portai la testa tra le mai, in un gesto
disperato. – Sono seria Jer: abbiamo litigato di brutto,
abbiamo
urlato, mi ha accusata di essere innamorata di Damon e ha capito
che...
– Che?– Mi guardò curioso di sapere di
più ma non
sapevo se era una buona idea continuare. Era la prima volta che mi
confidavo così tanto con Jeremy, sapevo il suo punto di
vista: era
“team Damon”, quindi confessargli quella cosa
avrebbe significato
vederlo esultare o non so che altro. – Sei mia sorella, puoi
dirmi
tutto quello che ti passa per la testa e puoi fidarti di me.–
Sospirai affranta – Elena– mi strinse la mano e lo
guardai negli
occhi – credo che in questo momento ti serva il mio parare,
quello
più neutro possibile. Hai bisogno del mio consiglio
perché non
credo che Damon possa aiutarti.
Asciugai una lacrima e ingoiai
quel groppo amaro che si era formato in gola – Non credo di
amarlo
o forse non l'ho mai amato, e con questo non dico di essere
innamorata di Damon, solo che non amo Stefan. Lui è arrivato
nel
momento più difficile della mia vita e, insieme a voi, mi ha
aiutata
ad uscirne, ma in modo diverso, ecco perché mi sono
affezionata a
lui così, ma questo non è amore.
– Cos'è l'amore?
–
L'amore è: quando ti alzi al mattino e pensi subito a quella
persona
e allora la chiami anche solo per sentire la sua voce. Quando sorridi
pensandola e quando il cuore ti batte all'impazzata nel vederla.
L'amore è quando non cambieresti niente di te stessa
perché sai che
sei amata così come sei o quando non cambieresti nulla della
persona
che ami.
Jeremy fece una smorfia così mi bloccai – Sono
frasi
già dette, cosa è per te, l'amore.
Ci pensai su e l'unica cosa
che mi venne in mente fu: – Essere me stessa.
Mi sorrise e poi
annuì – Con Stefan sei te stessa?–
Ovviamente negai con il capo
– E allora devi lasciarlo, ci starà male ma devi
pensare a te non
a quello che proverà lui, è più
importante la tua
felicità.
Sospirai e mi sporsi ad abbracciarlo, a volte, quando
non si comportava come un bambino e quando non era insieme a Damon,
sapeva dare degli ottimi consigli e sembrava addirittura
maturo.
Avvolsi intorno al corpo un asciugamano abbastanza
grande da coprire fino metà coscia, con un altra raccolsi i
capelli
in una strana acconciatura e uscii dal bagno per andare in camera a
vestirmi.
– Potrei abituarmi a questa visione.
Per fortuna
Damon era entrato nel momento in cui avevo già indossato le
mutandine e, dando le spalle alla porta, dovevo mettere il reggiseno,
perciò non vide quasi nulla, anche perché mi
coprii in tempo e lo
cacciai dalla stanza. Finii di vestirmi e asciugarmi i capelli e
scesi in cucina dove ero sicura ci fosse lui, spaparanzato sul
divano, ad aspettarmi.
– Di solito si bussa, sai?
– Da
quando ti serve tutta questa privacy? E poi ti ho già visto
nuda,
solo che non lo ricordi.
Roteai gli occhi nervosa – Smettila di
dire così o la gente potrebbe crederci davvero.
– Intendi il
tuo fidanzatino perfetto? A proposito, come mai non siete insieme?
–
Aveva da fare.
Damon capiva quando mentivo, diceva che mi tremava
il labbro superiore per qualche secondo, portavo i capelli dietro
l'orecchio e poi mordevo senza pietà il labbro inferiore;
perciò
questa volta gli risposi dandogli le spalle in modo che non mi
vedesse.
Mi dedicai alla pulizia del piano cottura, cercai di
tenermi occupata in qualche modo per evitare il discorso e anche il
suo sguardo indagatore.
– Ti conosco da quando avevi quattro
peli in testa, so quando menti e c'è qualcosa che ti turba,
perché
devi farmelo dire ogni volta?
Sbuffò sedendosi sul ripiano di
marmo ad angolo vicino il microonde e sulla lavastoviglie, di tutta
risposta lo guardai e fu più forte di me: gli occhi mi si
riempirono
di lacrime, lasciai lo straccio umido sul ripiano e lo abbracciai
forte, sperando di trovare pace e rimedio tra le sue braccia,
sperando che in quel modo, in quel momento, tutto il mio dolore e le
mie preoccupazioni sparissero.
Forse piansi quasi tutti i
liquidi che avevo nel corpo, sentivo di avere gli occhi arrossati e
il naso screpolato per colpa dei fazzoletti; non dovevo essere un
bello spettacolo. Damon mi aveva stretta a sé e in silenzio
aveva
ascoltato i miei singhiozzi, aveva aspettato che finissi di piangere
per poi chiedermi se il motivo di tutto quello fosse Stefan e io mi
limitai ad annuire.
– Ho capito che avete litigato, ti andrebbe
di dirmi cosa è successo? Magari ti sfoghi e ti senti meglio.
Negai
con il capo e asciugai per l'ennesima volta quelle maledette lacrime
– No, non voglio più parlarne; l'ho già
fatto con Jeremy e mi ha
detto quello che avevo bisogno di sapere.
– Con Jeremy?– Il
suo tono era tra il sorpreso e il deluso perché non volevo
parlarne
con lui.
– Sì, avevo bisogno di un parere neutro.
– Avete
litigato per causa mia?
Mi allontanai da lui scuotendo la testa,
non volevo parlarne, non volevo rivivere i discorsi di quella mattina
con l'altro soggetto della discussione; volevo stare sul divano e
guardare un film demente in modo da distrarmi: era così
difficile da
capire?
– Damon, ti prego.– Lo supplicai e altre lacrime
scesero prepotenti, ero stanca di piangere.
Mi abbracciò di nuovo
– Scusa, non avrei dovuto insistere – Mi diede un
bacio sulla
fronte e poi mi salutò, non era arrabbiato, ma era meglio
per
entrambi se fossi rimasta da sola quella sera e poi, a mente lucida,
ne avrei potuto parlare anche con lui.
Tamburellavo
nervosa le dita sul tavolo di legno del Grill in attesa che Damon si
facesse vivo ma, come al solito, era in ritardo; in fondo la colpa
era un po' la mia, dovevo sapere che se lui diceva “ci
vediamo alle
undici” in realtà significava “alle
undici mi sveglierò, poi
dovrò fare la doccia, prepararmi ecc ecc ecc”.
Era peggio di
una donna.
Sbuffai e ordinai un altro bicchiere di thè freddo al
limone con ghiaccio, lo stavo sorseggiando tranquillamente quando
vidi entrare Klaus, il grande amicone di Stefan; mi maledii
mentalmente, perché se anche io fossi stata una ritardataria
cronica
come quell'idiota del mio migliore amico di certo non avrei visto
l'imbecille di Klaus e lui non avrebbe visto me.
– Elena? Ciao,
che sorpresa.
Falso, come una banconota di un dollaro con la
faccia della regina Elisabetta stampata sopra!
– Ciao Klaus,
come va?– Chissà se avrebbe capito dal mio tono
piatto e freddo
che non avevo intenzione di parlare con lui.
– Potrebbe andare
meglio, l'estate sta finendo e invece di spassarmela in spiaggia sono
costretto a stare a casa con Ste– Si bloccò
all'istante notando la
mia occhiata gelida; non era solo falso, ma anche perfido: come una
donna in sindrome pre-mestruale. – Tu come stai?
Odiavo quella
domanda posta dalle persone sbagliate, se avessi detto che stavo
bene, avrebbe pensato che di Stefan non me ne fregava nulla, quando
non era così; e se avessi detto che stavo male, avrebbe
provato
piacere del mio dolore. – Né bene né
male, si va avanti. Ora
scusami, devo andare.
Mi alzai lasciando il thé a metà, non
potevo stare ancora a sentirlo e soprattutto, non volevo che mi
vedesse insieme a Damon, io e Stefan eravamo in una situazione
abbastanza complicata, ci mancavano solo le maldicenze di quel
cretino del suo amico.
– Lo
so
di essere in ritardo, ma sono già per strada, sto arrivando.
Sorrisi
– Guarda che sento il sottofondo dell'acqua che scorre. Passo
da
casa tua e andiamo al parco insieme.
–
Perché non andiamo al Grill? Io volevo il panino e la birra!
–
Cavoli tuoi. Muoviti sono qua davanti.
Chiusi la chiamata e mi
incamminai verso l'enorme villa di Damon, non avevo fretta,
perché
sapevo che lui si stesse ancora facendo la doccia, perciò,
con le
cuffie nelle orecchie, mi misi a guardare le case dei quartieri e i
giardini che incontravo man mano che camminavo.
Da piccola avevo
sempre sognato vivere nella stessa zona del mio migliore amico,
lì
avevano le case più belle e più grandi, con le
piscine e poi
c'erano i parco giochi e io li adoravo; con Jeremy, quando andavamo a
trovare i genitori di Damon, passavamo pomeriggi interi sugli scivoli
e le altalene, tant'è che il padre di Damon ne aveva
comprata una
enorme, di legno pregiato e l'aveva fatta montare nel suo giardino
per me, per la sua piccola
“Lena–Bella–Elena”, la figlia
femmina che non aveva mai avuto.
Sorrisi al pensiero del padre di
Damon, di zio Johnny, mi mancava quell'uomo, Damon aveva molti tratti
in comune con suo padre: la dolcezza, la gentilezza e la caparbia; ma
quell'uomo aveva una marcia in più, un qualcosa di
misterioso che
faceva cadere tutte le donne ai propri piedi.
Ci pensai bene, in
effetti anche Damon aveva tutte a sua disposizione, quindi forse non
era così diverso dal padre.
Suonai il campanello più volte e
quando si aprì il cancelletto mi fiondai in giardino,
direttamente
sull'altalena: era ancora lì, apposta e solo per me.
– Credevo
ti avessero rapita.
Damon comparve dopo qualche minuto con addosso
solo dei pantaloncini di jeans, mi guardava con uno strano sorriso
in viso, mentre se ne stava appoggiato ad una colonna.
– Mi
avevano rapita i ricordi.– Gli sorrisi anche io e continuai a
dondolarmi – Mi spingi?
Senza dire nulla scese i tre gradini
che ci separavano e fece come gli avevo chiesto; come quando eravamo
bambini mi faceva volare in alto; ridevamo insieme, senza motivo o
forse per l'assurdità della situazione, ma ero felice e
spensierata,
come se in quel momento avessi avuto di nuovo cinque anni e non
cadere dall'altalena per non sbucciarmi il ginocchio o macchiarmi il
vestitino fosse il mio unico problema.
Dopo un po' Damon rallentò
le spinte e iniziò ad avvolgere le corde dell'altalena,
sembrava di
essere sulle montagne russe, rischiavo di vomitare il thé
quando
Damon, finalmente, si fermò. Mi facevano male le guance per
le
troppe risate e i suoi occhi erano blu cielo di notte, un blu
così
limpido e nello stesso tempo profondo da perforarti l'anima.
Smisi
di ridere e restammo fermi in quel modo, vicini a fissarci negli
occhi, con il mio cuore che batteva a mille per la felicità
e le
emozioni provate poco prima.
– Stefan pensa che io sia
innamorata di te.
Non so perché lo dissi, ma in quel momento mi
sembrava la cosa più adatta da dire. E non riuscivo neanche
a
smettere di guardarlo negli occhi, mi sentivo come sotto incantesimo;
perciò vidi quello strano lampo che gli
attraversò lo sguardo
quando sentì le mie parole.
– Ed è vero?
– Non lo so.–
Solo in quel momento sentii l'incantesimo spezzarsi e riuscii a
distogliere lo sguardo; scesi anche dall'altalena.
– Non sai se
sei innamorata di me?– Il suo tono sembrava... arrabbiato, o
forse
era solo una mia impressione. O forse era davvero arrabbiato
perché
io ero così stupida da innamorarmi del mio migliore amico e
dirglielo.
– No. Cioè sì lo so e no non sono
innamorata di
te.– Cercai di non mordere il labbro, di non toccarmi i
capelli:
dovevo stare calma. – Mi ha confusa la situazione e sono
confusa
io. E poi quell'incontro con Klaus prima... mi dispiace non dovevo
dirtelo.
– Che c'entra Klaus? EHI, Elena aspetta non te ne
andare.
Sapevo che sviando il discorso sull'idiota non avrebbe più
pensato alla mia uscita infelice di poco prima, sorrisi dentro di me
e mi fermai.
– L'ho incontrato al Grill.
Entrammo in casa
mentre gli raccontavo cosa era successo mentre lui era ancora a letto
e prima che lo chiamassi annunciandogli il cambio di programma,
quando conclusi il discorso, finii di vestirsi ed uscimmo per andare
al parco, non che ci fosse la giusta temperatura per passeggiare, ma
molto meglio che stare a casa a guardare la tv.
Sotto l'ombra di
un albero gli dissi la settima regola, finalmente stavamo finendo: “A
volte “sì” vuol dire
“no”. Ma “no” vuol dire sempre
“NO”. Chiamasi vocabolario femminile, ed
è molto importante
impararlo. Altro esempio: se litigate e le chiedi se sta bene e lei
risponde con un sì, senza girarsi verso di te, allora
è un bel NO. Capirai la regola con il tempo.”
Mi
aveva ascoltato rapito ed interessato, come se quella fosse la
formula segreta per tornare indietro nel tempo, o per vincere alla
lotteria.
– Quindi, se io chiedo a Caroline di fare sesso con me
questa sera e lei mi dice di no...
Gli diedi una botta sul braccio
– Ti ho detto che capirai la regola con il tempo.
– Possiamo
esercitarci intanto?
Annuii e iniziammo a fare degli esempi, Damon
su questo era un po' indietro, come per gli esercizi di matematica, e
infondo noi donne con la matematica abbiamo molto in comune.
*****
Mi
sto inginocchiando al vostro cospetto e sto implorando
perdono.
Ditemi però, che con questo capitolo mi sono fatta
perdonare per l'enorme ritardo? EH EH, mi avete perdonata?
Stefan
ed Elena litigano di brutto, Elena lancia il sasso ma poi nasconde la
mano sui suoi sentimenti per Damon, il legame fraterno tra i due
Gilbert (che personalmente adoro * w * )
Sì, per voi che shippate DELENA fin dal primo momento sono
sicura che questo sia il vostro capitolo preferito, devo dire che, in
effetti, è quello che preferisco anche io, perché
finalmente Elena
dice quello che pensa a Stefan e perché leggiamo il rapporto
bellissimo tra lei e Jeremy.
Non mi soffermo ancora sul capitolo,
mi piace leggere le vostre recensioni e le vostre ipotesi.
Scusate
ancora per il ritardo, grazie a chi ha aggiunto e continua a farlo,
la storia tra preferiti, seguiti e ricordati.
Siete
tantissime!
Grazie a chi si è fermato a commentare.
Alla
prossima, abbiate pazienza, studio, fa caldo e ogni tanto ho bisogno
di riposo!
Per
chi volesse ho un gruppo, non succede nulla di che ma almeno
lì
avete notizie su quando aggiorno e su quando scrivo ecc ecc LE
MIE STORIE E ALTRO.
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Capitolo 9 *** Regola numero otto. ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero otto.
D'un
tratto, in quel momento, mi pentii d'aver detto di no a Jeremy: avevo
bisogno di lui ma era troppo tardi per tornare indietro.
Un
giorno prima.
– Non
pensi che questa situazione con Stefan sia durata abbastanza?
Eravamo
a cena, in realtà, io mi stavo ingozzando come un maiale,
mentre
Jeremy si limitava a guardarmi e parlare della mia vita privata; da
quando gli avevo raccontato di quel famoso litigio pretendeva di
sapere tutto o di poter darmi consigli su tutto.
– Ma io e lui
stiamo bene così, per ora.– Ingoiai l'ultimo
boccone di carne e
finii il discorso – Ci sentiamo solo lo stretto
indispensabile
e...
– Quel tanto che ti basta per campar, in fondo basta il
minimo sapessi come è facile.– Iniziò a
cantare imitando l'orso
Balù de “Il libro della giungla” sotto
il mio sguardo confuso e
soprattutto perplesso. – Sai Elena, ti facevo più
intelligente:
hai l'opportunità di lasciarlo e invece sei ancora
lì, a
crogiolarti in questa storia piatta, senza vie d'uscita ma a senso
unico.
– Forse non lo voglio lasciare.
– E allora saresti
una grande bugiarda, dato quello che è successo quindici
giorni fa.
Allontanai il piatto con un sonoro sbuffo, mi era pure passata la
fame. – Non ne voglio più parlare, adesso aiutami
per
favore.
Volevo bene a Jeremy, più di quanto ne volessi a chiunque
altro, ma in quel momento avevo bisogno di restare sola con me
stessa: io, i miei problemi e i miliardi di pensieri che affollavano
la mia testa.
Dopo aver finito di lavare l'ultimo piatto uscii
sul portico per rilassarmi sul dondolo e prendere un po' d'aria
fresca; eravamo quasi alla fine di Agosto, le ultime due settimane e
l'estate, per me, sarebbe finita; sarei dovuta partire e riprendere i
libri per ritornare al college.
Forse questa volta sarebbe stato
diverso, non avrei avuto Stefan accanto, e questo mi preoccupava;
l'ignoto e il futuro mi avevano sempre terrorizzata, forse era per
questa ragione che non riuscivo a lasciare andare Stefan
perché in
quel modo avevo un appiglio a cui aggrapparmi ma se lo avessi
lasciato, sarei precipitata.
La vibrazione del mio cellulare, per
fortuna, mi distolse dai miei pensieri, era un messaggio di Stefan
che mi chiedeva come stessi; era strano sentirlo solo tramite sms e
di rado, come se fossimo tornati a molti anni prima quando ci stavamo
conoscendo, forse era un bene staccare la spina e allontanarci o
forse era un male perché quello che serviva ad entrambi era
chiudere
definitivamente la storia senza guardarci indietro ma se poi fossi
stata male? O peggio ancora, se mi fosse mancato?
Avevo bisogno di
quel momento di stallo, per provare cosa significasse stare senza di
lui, per vedere come io mi sentissi e poi, nel caso, passare alla
fase successiva: il taglio netto.
C'era qualcosa che mi
infastidiva; oltre agli uccellini e al sole in faccia, qualcosa mi
solleticava il braccio e poi il collo distraendomi dal mio sogno.
Aprii gli occhi di scatto per capire cosa fosse e temetti di rimanere
cieca per la troppa luce; tolsi la mano con cui mi ero riparata dal
sole e in quel momento mi accorsi di essere sul dondolo del portico:
ecco spiegati gli uccellini, la luce e il torcicollo.
– Ben
svegliata Biancaneve.– La voce di Damon al mattino era
insopportabile, eppure dopo ventiquattro anni mi sarei dovuta
abituare – Speravo di trovarti già sveglia, ma
così non è stato;
quindi speravo che ti svegliassi solo con la mia splendida e soave
voce ma ho dovuto ricorrere a dei mezzi più divertenti, dato
che
facevi la difficile.
– Fottiti.
– L'astinenza ti rende
acida.
Lo fulminai con un'occhiataccia ed entrai in casa: avevo
bisogno di una doccia fredda, non solo stavo morendo di caldo ma mi
sembrava di puzzare e in più necessitavo di svegliarmi del
tutto.
Salii
in fretta le scale e mi chiusi in camera a chiave prima ancora che
Damon potesse seguirmi e parlare ancora a vanvera su qualcosa che, in
quel momento, non avevo la minima intenzione di ascoltare.
Il
getto d'acqua fresca mi colpì sul collo e poi sul viso: solo
in quel
momento mi sembrò di rinascere.
Finii di prepararmi e, con il
sorriso sulle labbra, scesi al piano di sotto, pronta ad affrontare
la giornata nel migliore dei modi ma alla vista di Damon e Jeremy in
mutande che si sfidavano ad una gara di ballo con la Wii i miei buoni
propositi si infransero.
– YEAH! Ti ho battuto.– Jeremy
saltava dal divano al tappeto urlando di aver battuto Damon,
quest'ultimo invece, continuava a ripetergli che aveva vinto solo
perché conosceva il gioco invece lui non ballava quasi mai.
Io,
invece, li guardavo allibita e anche un po' divertita, appoggiata
allo stipite della porta: ballavano, sculettavano e ogni tanto
cantavano; al termine della performance li applaudii felice, forse
fischiai anche.
– Avevamo un pubblico e neanche lo sapevo–
Damon posò il telecomando sul tavolino e si
avvicinò a me
sorridente – Buongiorno.– Mi diede un bacio sulla
fronte da farmi
quasi sciogliere, o forse era colpa del suo corpo mezzo nudo.
–
Grazie e scusa per prima ma non è stata una bella nottata.
–
Vuoi ballare? Ti rilassa.– Ci pensai su e quando
ammiccò non mi
restò altro che accettare.
Al secondo ballo, o meglio dire,
sfida contro Damon, ero anche io in intimo, perché
effettivamente si
moriva di caldo in casa e muoversi in quel modo vestiti, non era da
persone sane di mente.
Stracciai il mio migliore amico anche
quella volta e non mi risparmiai dal farglielo notare: come aveva
fatto Jeremy prima, saltavo e ballavo attorno a lui dicendogli che
aveva perso; fin quando non mi prese in braccio e mi
scaraventò sul
divano.
– Oddio NO.– Si mise sopra di me e, se in una mano
aveva intrappolato entrambi i miei polsi, con l'altra mi faceva il
solletico sulla pancia e sul fianco, più o meno sotto
l'ascella:
quello era il mio punto più debole.
– Chiedimi scusa.
Non
riuscivo a smettere di ridere, sia per la situazione che per il
solletico – E perché mai? Io ho vinto e tu hai
perso.
Solo
quando si accorse che stavo per morire soffocata, smise di
solleticarmi ma rimase in quella posizione: sopra di me, con una mano
sul mio fianco e l'altra a stringere le mie; mi persi di nuovo nei
suoi occhi e in quel momento mi chiesi cosa sarebbe successo tra noi
due se io non mi fossi messa insieme a Stefan, se lui mi aveva vista
sempre come sua amica o se ogni tanto aveva visto in me
qualcos'altro.
– Elena– Sbattei le palpebre e tornai alla
realtà, mi mossi un po' e Damon si tolse da sopra di me,
sedendosi
sul divano. – Devo chiederti una cosa.
Non ebbi il tempo di
rispondere perché si alzò in piedi e
iniziò a parlare, un discorso
strano e complicato che non riuscii a comprendere fino in fondo e poi
arrivò la domanda che mi spiazzò:
– Stefan aveva ragione?–
Fece una piccola pausa in cui si torturò le mani e poi mi
guardò
dritta negli occhi – Sui tuoi sentimenti verso di me, intendo.
Non
so esattamente come, ma la mia bocca si aprì da sola:
– NO.– E
questo sorprese entrambi, soprattutto per la velocità con
cui
risposi e il tono di voce che usai. – Voglio dire, io ti
voglio
bene, Dio se te ne voglio, ma non sono innamorata di te.– Mi
alzai
anche io dal divano e continuai il discorso – Lui l'ha detto
solo
per accusarmi di qualcosa, perché io non sono innamorata di
lui e
perché non si spiega il nostro rapporto speciale ma io ti
assicuro,
ti giuro che non sono innamorata di te.
Al termine della mia
diatriba si lasciò andare su una sedia, si passò
una mano sul viso
con fare stanco e mi guardò.
– Per un attimo ho pensato
che...
Non lo lasciai neanche finire, non volevo che lo pensasse;
quel discorso era senza senso: io non potevo amare il mio migliore
amico, non potevo rischiare di rovinare un'amicizia così
profonda e
importante solo per dei sentimenti che non ero sicura di provare.
–
Damon, non so come dirtelo. Non ti amo.
Mi regalò un sorriso
strano che non seppi interpretare – Ok, ho capito,
però non dirlo
più, non è un toccasana per la mia autostima.
Risi e gli diedi
una pacca sulla spalla, mi ricordai in quel momento dell'ottava
regola perché calzava a pennello con il discorso,
più o meno.
–
E'
inutile discutere se non hai la certezza di avere ragione o di averla
vinta, perché se una donna si batte con tutta se stessa per
qualcosa, è sicura di aver ragione. Ma, se dovesse avere
torto, devi
farle credere di aver ragione, non perché è
stupida o per
viziarla... ma semplicemente perché apprezzerà
quel gesto.
Mi
guardò confuso – E questa cosa sarebbe?
– La regola
successiva e ti assicuro che è molto importante.–
Gli feci
l'occhiolino e mi rivestii, stare ancora in intimo davanti a lui non
mi sembrava il caso dopo il discorso appena affrontato. – Ma
stai
attento, non ti conviene dar sempre ragione, non amiamo essere prese
per i fondelli.
– Sì, lo so.
Incrociai le braccia al petto
insospettendomi, quando se ne usciva con quella frase c'era sotto
qualcosa, lo conoscevo bene e non mi fregava – Cosa vorresti
dire?
Non mi rispose, ma alzò le mani in segno di resa e rise
scuotendo la testa: era un ruffiano, non c'era altro da fare.
Per
fortuna per il resto del pomeriggio il discorso fu accantonato, Damon
mi aiutò a sistemare e pulire casa, dato che Jeremy aveva
accompagnato Anna in ospedale a trovare il nonno; quando ricevette
una chiamata di Caroline mi salutò e scappò come
un razzo,
lasciandomi di nuova sola con i miei problemi e pensieri ma anche con
altre due stanze da pulire.
Ero contenta per lui, insomma si
vedeva quanto fosse diverso rispetto a prima, quanto stesse cambiando
grazie a quelle regole e quanto adesso avesse imparato a rispettare
una donna e trattarla come tale e non come un oggetto. Caroline era
la ragazza giusta per lui, se davvero gli piaceva e si piacevano,
avevano tutta la mia approvazione, ma se solo si fosse azzardata a
farlo soffrire le avrei fatto pentire di essere nata: Damon stava
facendo tantissimi sacrifici per diventare il ragazzo
“perfetto”
e ideale, un vero gentiluomo insomma...
Mi cadde il bastone dalle
mani quando realizzai i miei pensieri: Damon aveva cambiato il suo
modo di essere, se stesso, per piacere ad una ragazza, questo non era
assolutamente giusto. Lui era perfetto così com'era.
In un certo
senso lo avevo fatto anche io, avevo sacrificato una parte di me per
stare con Stefan e avevo sempre pensato che l'amore era
felicità,
che l'amore era essere se stessi; avevo sbagliato tutto e dovevo
rimediare.
– Sei sicura?
Jeremy mi guardava
preoccupato mentre facevo colazione, in effetti stavo mangiando
più
del previsto, sia perché ero nervosa sia per rimandare il
fatidico
momento.
– Sì, abbastanza, devo farlo per forza.
– Mi alzai
dalla sedia e infilai l'occorrente in borsa. – Adesso o mai
più, è
arrivato il momento.
– D'accordo ma vuoi che ti
accompagni?
Negai, gli diedi un bacio sulla guancia e corsi in
auto, perché se fossi rimasta un altro istante in casa non
sarei mai
più uscita.
Guidai con estrema lentezza, e quando arrivai non
riuscivo neanche a scendere per andare a suonare il campanello, come
una perfetta codarda.
D'un
tratto, in quel momento, mi pentii d'aver detto di no a Jeremy: avevo
bisogno di lui ma era troppo tardi per tornare indietro.
Sospirai
e con passo deciso andai verso quella porta e suonai chiudendo gli
occhi, in attesa che Stefan mi aprisse la porta.
– Ciao.– Mi
salutò sorpreso, ovviamente non si aspettava di vedermi,
soprattutto
alle dieci del mattino. Gli sorrisi impacciata – Oh, entra
pure.–
L'imbarazzo si tagliava con la motosega, non sapevo neanche come
muovermi. – Vuoi qualcosa? Acqua, birra, succo di frutta?
–
Acqua, grazie.– Mi sedetti sulla sedia accanto al tavolo e
aspettai
che mi desse quello che avevo chiesto, in qualche modo dovevo
calmarmi. – Come stai?
– Bene, tu?
Mugugnai mentre bevevo
e decisi di arrivare al dunque – Non voglio dilungarmi
troppo, non
avrebbe senso.
Si sedette accanto a me e fu ancora più difficile
– So quello che stai per fare quindi voglio dirti io una
cosa: mi
dispiace Elena, per quello che è successo l'ultima volta e
per non
averti dato quello che volevi.
– Stef tu..– Cercai di
interromperlo per spiegarmi, ma lui non volle starmi a sentire.
–
No, aspetta. Ti ho amata con tutto me stesso e nonostante io ti ami
ancora capisco che se con me non sei felice, non sei te stessa, non
possiamo continuare.
Mi scese una lacrima e fu lui a raccoglierla,
con dolcezza, aprì la mano in una carezza e mi lasciai
andare a quel
tocco.
– Mi dispiace– I nostri sguardi si incrociarono e
sperai davvero che lui mi credesse – Non volevo farti
soffrire e tu
sei davvero il ragazzo perfetto che tutte desiderano ma io non ti
merito. Lo so che sembrerà una scusa banale ma è
la verità; sono
stata egoista in questi anni perché ti ho voluto accanto
solo per
farmi forza: tu mi amavi e io rubavo il tuo amore per vivere, senza
ricambiarti.
Anche lui provò a dire qualcosa ma glielo impedii;
mi asciugai le lacrime e continuai.
– Non
posso stare con te Stefan, mi dispiace davvero tanto ma non possiamo
continuare in questo modo. Non voglio farti soffrire e io ho bisogno
di essere felice e tranquilla. Ho bisogno che tu mi creda e capisca."
Mi
sorrise dolce, sapevo che quello sarebbe stato uno dei nostri ultimi
momenti insieme; si avvicinò al mio viso e mi
lasciò un bacio lieve
sulle labbra: un tipico bacio di addio. Quando si staccò lo
guardai
per l'ultima volta in quegli occhi verdi che tanto mi avevano
stregata anni prima, sentii un parte del mio cuore rompersi e il
dolore che provai fu indescrivibile.
Lo salutai e con le lacrime
agli occhi mi chiusi quella porta, quella vita e quella storia alle
spalle.
Due giorni dopo la grande rottura, ero ancora
chiusa in camera a chiedermi se quella fosse stata la scelta giusta;
se lo fosse stata allora mi sarei sentita bene, invece il mio cuore
non faceva altro che sanguinare e i miei occhi piangere. Avevo anche
rifiutato le chiamate di Damon, dicendo che non volevo vedere
né
parlare con nessuno perché avevo bisogno di un momento con
me stessa
per riflettere ancora, mentre Jeremy mi aveva detto che non c'era
più
nulla su cui riflettere, che dovevo voltare pagina e pensare a
divertirmi adesso che finalmente potevo farlo.
Un po' aveva
ragione, ma io non volevo essere additata come quella che si dava
alla pazza gioia adesso che non stava più insieme a nessuno,
anche
perché, in fondo, stavo male per aver lasciato Stefan.
– Aprimi
o butto giù la porta.
Damon bussava da due minuti e io non avevo
dato segni di vita, volevo fargli capire che dormivo, o che fossi
sotto la doccia ma lui non se l'era bevuta; così mi alzai
controvoglia dal letto e gli aprii la porta.
– Quale parte della
frase “voglio stare da sola” non hai capito.
– Quella in cui
stai in camera a rimuginare su una scelta già fatta, giusta
per
giunta, e su cui non puoi tornare indietro. Quello che è
fatto è
fatto.
– Wow, adesso si che mi sento meglio.
Mi prese per le
spalle e mi scosse – Ascoltami bene: con lui non eri felice e
ti
stavi consumando lentamente, è normale stare male adesso ma
non puoi
stare chiusa qui a piangere.– I suoi occhi azzurri mi stavano
leggendo l'anima – Quindi adesso ti fai una doccia, ti vesti
e poi
vieni con me.
– Dove andiamo?– domandai ingenuamente.
– A
vivere.
******
Ok,
sono in ritardo? Ho perso un po' la cognizione del tempo con questo
cavolo di esame che, volete sapere l'ultima? Dovevo avere oggi ma il
professore lo ha spostato alla prossima settimana! Che simpatico, non
è vero?!
Ma non parliamo di me, parliamo di loro qui
su...
CONTENTE?
Vi siete liberate di Stefan, sì, dopo OTTO
capitoli finalmente non c'è più perché
Elena lo ha scaricato con
molta sofferenza e dopo averci pensato un bel po'.
Vorrei che
questo passaggio fosse chiaro: Elena non è innamorata di lui
tuttavia, gli vuole un bene incredibile e non vuole lasciarlo
perché
ha paura di cambiare vita, non vuole perdere anche questa persona
importante dato che ne ha già perse due.
Stefan, d'altro canto,
è ancora innamorato ed appunto per questo la lascia andare
perché
non vuole vederla stare male, com'è il detto? Se
ami qualcuno lascialo libero o
qualcosa del genere.
Passiamo a Damon, lui è un grandissimo punto
interrogativo, e non vi dirò niente, aspetto i vostri
pareri.
Posso
solo dirvi che sono sempre più TEAM JEREMY.
Alla prossima. Baci!
|
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Capitolo 10 *** Regola numero nove. ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero nove.
Mi
aveva interrotto circa cinque volte da quando eravamo usciti da casa
mia, avevo provato a parlare, cercare di rassicurarlo, ma lui ogni
volta mi zittiva dicendo che aveva bisogno di silenzio per
riflettere.
Se solo mi avesse accennato qualcosa...
–
Caroline, ieri sera, mi ha chiesto che cosa siamo noi due.
Storsi
le labbra – Intendi me e te?
Roteò gli occhi come se fosse
molto disperato – NO. Io e lei.– Realizzai solo in
quel momento e
mi scappò da ridere ma ovviamente mi trattenni anche
perché lui
continuò – Non ho saputo cosa dirle.
– Non hai risposto? Dio
Damon, hai mandato all'aria tutto il lavoro di questi
mesi.––
Sospirai affranta.
– Sì, che ho risposto; le ho detto:
“secondo te cosa siamo?” E le ho fatto una carezza.
Mi morsi
il labbro e poi scoppiai, quello era davvero troppo; vedere Damon in
difficoltà con una ragazza e poi non sapere cosa dirle e
deviare il
discorso era davvero troppo divertente.
– Invece di ridere,
aiutami.
Cercai di rimanere seria, ma mi risultava difficile,
soprattutto nel vederlo sbuffare e scuotere la testa
disperatamente.
– La regola numero nove dice che le
donne sanno capire se hanno davanti un uomo che le ama; quindi,
oltre al fatto che è inutile mentirci, devi parlare con lei
e dirle
quello che provi.
Si bloccò e mi guardò ancora più
confuso e
disperato – Ma il punto è che io non so
esattamente cosa provo e
anche se lo sapessi, non saprei come dirglielo.
Gli diedi due
pacche sulla spalla per consolarlo e riprendemmo a camminare
–
Quando vi rivedrete?
– Non lo so, mi ha detto che aveva da fare
con suo padre.
– Allora approfitteremo di questi giorni per
farti esercitare.
Annuì più convinto e proseguimmo la nostra
passeggiata serale fino al Grill, in silenzio, beandoci del canto dei
grilli.
Arrivati
notai l'auto di Klaus nel parcheggio del locale, sperai che non ci
fosse anche Stefan; non lo vedevo e sentivo da una settimana, sarebbe
stata una situazione piuttosto imbarazzante, soprattutto se quel
cretino del suo amico si fosse avvicinato per fare le sue solite
battute idiote e inopportune.
Lui però, era lì, a giocare a
biliardo con Klaus ed altre due ragazze, una delle due era Bonnie;
non tolleravo quella ragazza fin dai tempi dell'asilo, credeva di
essere chissà chi, forse la regina dell'universo o madre
Natura,
fatto sta che era insopportabile; quell'altra, invece, non l'avevo
mai vista in vita mia; aveva dei capelli biondi che le arrivavano
fino a metà schiena, un sorriso finto per compiacere e
conquistare
Stefan e una scollatura per farlo distrarre.
– … va bene? –
Guardai Damon interrogativa e mi sorrise – Dicevo se va ti va
bene
una birra mentre aspettiamo che si libera un tavolo.
Annuii e mi
sedetti accanto a lui sullo sgabello, sfogai la mia rabbia sulle
noccioline; non ero gelosa o forse un po'.
– Mi dici cos'hai o
stiamo in silenzio per tutta la sera?– Con le testa indicai
l'angolo di biliardo con quei quattro e Damon capì
– Ah, sei
gelosa!
– Non sono gelosa. E' solo che, ci siamo lasciati una
settimana fa.
– In teoria anche due...
Sbuffai, odiavo quando
doveva precisare ogni cosa – È sempre poco per
iniziare ad uscire
con altre o fare il cascamorto.
– Magari era uscito con l'idiota
e lui lo ha incastrato portato Bonnie e... Barbie.
Bevvi un lungo
sorso di birra – Non mi interessa, sta al gioco di quella
bionda e
se fossi stato io al suo posto...
– Elena, devi togliertelo
dalla mente: lo hai lasciato e non hai più nessun diritto su
di lui.
Può fare tutto quello che vuole e anche tu. –
Bevve anche lui –
E' il bello d'esser single.
Mi intimò a finire il bicchiere di
birra e mi portò verso il centro del locale che era stato
adibito a
pista da ballo; si muoveva a tempo di musica attorno a me, mentre io
stavo ferma; non avevo voglia di ballare! Mise le sue mani sulle
spalle e fu lui stesso a muovermi cercando una mia reazione, il suo
sorriso mi contagiò e, spinta anche dalla bella canzone,
ballai con
lui, divertendomi come non facevo da un bel po'.
Stanca e con i
piedi doloranti, tornai al bancone per ordinare altre due birre;
Damon era rimasto in pista a ballare e ad attirare l'attenzione, lo
guardavo mentre aspettavo le ordinazioni e sorridevo nel vedere come
le altre ragazze morissero per lui.
– Ciao. – Mi voltai verso
la voce sorridente e felice ma quando lo riconobbi cambiai umore;
Stefan era accanto a me che aspettava anche lui la sua ordinazione.
–
Ehi. – Non seppi dire altro: l'imbarazzo mi aveva tolto le
parole
di bocca. – Come stai?
– Bene.– Ringraziò il barista che
gli aveva passato il drink e poi si rivolse di nuovo a me; sperai che
mi desse subito le birre o che Stefan avesse da fare, perché
quella
situazione mi rendeva nervosa: non sapevo che dirgli. – Tu?
–
Anche io. Allora, chi ha vinto?
Mi guardò confuso, così indicai
il tavolo di biliardo con la testa e lui capì a cosa mi
riferivo –
Ovviamente io, questo, infatti, lo offre Rebekah.
Annuii e sorrisi leggermente, solo in quel momento capii chi
fosse quella ragazza–Barbie, era la sorella di Klaus, bella e
insopportabile tanto quanto lui, ci provava con Stefan non so da
quanto, forse fin dalla nascita, e forse adesso, che era finalmente
libero, poteva riuscire nel suo intento di portarselo a letto.
–
Elena, ecco le birre, metto sempre in conto?
– Sì, Matt...
grazie.
Per fortuna fui salvata dal momento imbarazzante – Devi
tornare in pista?
– In realtà spero che Damon abbia preso un
tavolo, ho male ai piedi.
Mi sorrise sincero e mi unii a lui –
E' stato bello parlare con te, mi mancava.
– Ti prego non...
–
Tranquilla, non dirò altro.– Mi sorrise ancora e
poi andò
via.
Damon mi aspettava seduto al tavolo sorridente e
assetato, si scolò mezza birra in un secondo.
– Che voleva
l'allocco?
– Soldi, ha detto che gliene devi tantissimi.
–
Contanti, assegno o preferisce che gli paghi delle prostit...
–
DAMON!!!
Quando era su di giri, non per l'alcool ma perché si
divertiva, non riusciva a controllare la lingua e parlava a vanvera.
– Scusa, non volevo offendere il tuo ex. Però
adesso che non
ci sei più tu ad aprire il garage, dove la mette la
macchinina?
Risi e quasi sputai il sorso di birra che avevo appena bevuto, la
serietà con cui aveva detto quella frase era stata troppo
comica. Il
mio sguardo però si spostò proprio verso Stefan e
il suo nuovo
gruppo di amici: stava parlando con Rebekah, le lisciava i capelli
rotolandosi al dito le punte.
– Credo che abbia trovato un
altro garage.
Anche Damon si girò a guardare – Mh, scusa se te
lo dico, ma lo userei anche io quel posto macchina! Sai chi
è?
Ignorai la prima parte della frase, di solito i suoi momenti
di pura mascolinità li lasciavo perdere – La
sorella di Klaus!
–
Ho cambiato idea, lascio Barbie–Klaus tutta per Stefan e mi
tengo
la versione mora.
– Ma tu stai con quella bionda – Dissi
riferendomi a Caroline.
– Parlavo di te, scema!
Gli feci una
linguaccia e bevvi un sorso di birra; trascorremmo il resto della
serata a parlare e scherzare tranquillamente, cercando di non pensare
a Stefan e alla sua nuova conquista anche perché Damon aveva
ragione, io e lui non stavamo più insieme quindi quello che
faceva
non era più affar mio.
Arrivai a casa esausta, mi tolsi le
scarpe mentre Damon chiudeva la porta a chiave, avrebbe dormito nella
stanza degli ospiti come era succedeva per le ultime settimane; salii
le scale e mi lasciai cadere sul letto.
– Stanca?
Annuii
mentre si distendeva accanto a me. – Ricordi quando, per il
mio
compleanno, Jeremy ha accennato al discorso del tuo vivere
qui?–
Mugugnò e strinse il cuscino – Che ne dici di
trasferirti
definitivamente?
I suoi occhi si sbarrarono – Sul
serio?
Sorrisi – Sì. Mi farebbe davvero piacere e poi sei
sempre qui, almeno risparmi sulle tasse di...
Mi abbracciò forte,
talmente forte da soffocarmi quasi e risi al suo entusiasmo –
Certo
che voglio vivere qui, domani metterò in vendita casa e ti
aiuterò
con le spese, perché non voglio essere un parassita.
– EHI EHI
EHI. Calma... Vendere casa?– Al pensiero che non sarei
entrata più
là dentro, che non sarei più salita
sull'altalena, mi si strinse il
cuore. – E' la casa dei tuoi genitori, dove siamo cresciuti.
Il tuo
passato, non puoi venderla.– Mi uscì quasi un urlo.
– Ne
riparliamo domani.
Mi diede un bacio in fronte e si alzò dal
letto, lo bloccai in tempo. – No, ne parliamo adesso.
Sbuffò e
si liberò della mia mano facendomi cadere – Invece
no. Per me il
discorso si chiude qui, venderò la casa perché
guadagnerò un sacco
di soldi.
– Si tratta solo di soldi? – Urlai e mi
bruciò la
gola – Quella casa custodisce i tuoi ricordi, i nostri. Ci ha
visti
incontrare e crescere. Ha tutte le foto dei tuoi genitori e dei
miei... – Un singhiozzo mi bloccò, ricordare mi
faceva ancora
male.
– Elena.
– No. Tu vuoi dare ad un estraneo un pezzo
della nostra vita e questa cosa non posso perdonartela.
Gli diedi
le spalle ed entrai in bagno, pochi secondi dopo sentii la porta
della mia stanza chiudersi; scivolai lungo quella del bagno e piansi.
Odiavo litigare con Damon ma in quel momento quelle erano lacrime di
dolore mista a rabbia per la sua decisione; non riuscivo a credere
che volesse vendere quella casa, era come vedere un pezzo del suo
cuore, o dimenticare gran parte della sua vita o ancora, smettere di
parlare con me.
Mi
asciugai il viso e feci una doccia per rilassarmi, quando fui
asciutta mi misi a letto, ancora più stanca rispetto a
quando ero
tornata a casa, perché adesso lo ero anche mentalmente.
Tre
giorni dopo Damon aveva completato il trasloco a casa mia anche se ci
rivolgevamo si e no qualche parola, ero ancora arrabbiata con lui e
non volevo sapere notizie sulla vendita di casa sua.
– Ho
parlato con il notaio.
Eravamo a cena, non potevo certo alzarmi ed
evitare l'argomento, così ascoltai quello che aveva da dire,
anche
perché Jeremy sembrava piuttosto interessato.
– Hai risolto il
problema?
– Sì.
Devo presentare dei documenti che attestino che la casa è
disabitata
e il passaggio di dimora così non pagherò le
tasse per quella
casa.
– Quindi non la venderai?– Mi venne spontaneo
chiederlo.
– Se tu mi avessi rivolto parola in questi giorni
l'avresti saputo.
– Beh, se a te non fosse venuta in mente
un'idea così stupida, ti avrei parlato.
Mi fece una linguaccia e
Jeremy intervenne – Sembrate una coppia sposata, ditemi che
non
dovrò subirmi i vostri battibecchi ogni giorno.
Io e Damon ci
scambiammo un'occhiata complice – Mi sa di sì
– E scoppiammo a
ridere insieme.
–
Qua ci sono i popcorn, qua le patatine, ecco la birra e adesso puoi
far partire il film.
– Sei sicuro che non sia un horror
vero?
Damon assottigliò lo sguardo mentre ingoiava un pugno di
popcorn. – Ti.ho.fetto.fhche.– Capì dal
mio sguardo confuso che
non avevo compreso una sola parola, quindi masticò tutto e
parlò
quando aveva inghiottito – Ti ho detto che 'Silent Hill' non
è per
niente horror, dovresti fidarti.
Neanche gli risposi, l'ultima
volta mi aveva fatto guardare “Non aprire quella
porta” e non
avevo dormito per tutta la notte, era normale non fidarsi.
–
Secondo me non... OH MIO DI...– Cacciai un urlo che
consumò le mie
corde vocali e che fece morire dalle risate l'idiota del mio migliore
amico.
Arrabbiata mi alzai dal divano, terrorizzata che spuntasse
un zombie dal nulla e mi attaccasse, e accesi la luce; spensi la tv
perché ero stufa di quei film stupidi che solo lui poteva
guardare.
– Ma no! Adesso iniziava il bello.
– Mi avevi
assicurato che non fosse un horror.– Rise più di
prima e gli
lanciai il telecomando addosso – Idiota, io vado a letto.
– Io
finisco il film e vado. Buonanotte.
Gli feci un cenno con la mano
e cominciai ad andare verso la mia camera, a metà scalinata
mi
fermai.
– Damn, prova a farmi qualche scherzo idiota e ti
caccio.
La sua risata mi terrorizzò, così mi chiusi a
chiave
quando entrai in camera e mi sotterrai sotto il lenzuolo, convinta di
essere al sicuro.
Mi
svegliai di soprassalto a causa di un continuo bussare alla porta,
guardai l'orologio ed erano appena le due del mattino; mi alzai
assonata e svogliata e aprii la porta.
– Perché hai chiuso?
–
Avevo paura di un tuo scherzo... che vuoi a quest'ora?
Damon si
buttò sul letto e mi fece segno di sedermi –
Caroline mi ha
chiamato, mi ha detto che ha voglia di vedermi che le manco e che
torna domani pomeriggio.
Mugugnai mentre cercavo di
riaddormentarmi.
– ELENA! Devi insegnarmi a dichiararmi.
–
Sì... domani.
– NO ADESSO.
Aprii un occhio e mi sembrava
davvero preoccupato – Ma io ho sonno...
– Ti prego, prometto
che poi farò tutto quello che vuoi.
Gli sorrisi. – E' semplice
Damn, devi dire tutto quello che hai qui dentro – Toccai il
suo
petto con l'indice, all'altezza del cuore – ma devi essere
molto
convincente. Dai, prova con me, dimmi tutto quello che pensi di
me.
Assunse una faccia pensierosa e poi mi guardò – Ma
non so
che dirti. – Scrollai le spalle e mi voltai dall'altro lato
per
dormire – Ok, ci penso... hai un bel culo ma a volte sei
antipatica.
Mi misi a sedere per guardarlo negli occhi, in quel
momento doveva essere serio o non avrebbe mai imparato.
–
Applicati e non fare l'idiota. Svuota il tuo cuore.
Respirò
chiudendo gli occhi e quando li riaprì mi
inchiodò con il suo
sguardo, tanto che tremai – Ti voglio bene, forse
basterebbero
queste tre parole o forse no, perché quello che provo per te
non è
così semplice da spiegare. Ti ho vista nascere e siamo
cresciuti
insieme, ti ho sempre protetta e sono tremendamente geloso di ogni
cretino che ti si avvicina perché tu, per me, sei sempre la
piccola
Lenuccia che cade dall'altalena e corre da mio padre in lacrime per
farsi curare prima che tua mamma se ne accorga. Se chiudo gli occhi,
ogni evento, bello o brutto, della mia vita l'ho trascorso insieme a
te, tu sei in ogni mio ricordo perché sei il mio passato e
sei il
mio presente e solo Dio sa quanto vorrei che fossi anche il mio
futuro. Sei la mia migliore amica, mia sorella e, se fossi Dawson,
direi che sei la mia anima gemella; sei tutto ciò che cerco
in una
ragazza e forse è per questo che sono ancora solo in cerca
della
ragazza giusta perché in realtà, la ragazza
perfetta sei tu. Mio
padre mi diceva sempre “Ricorda Damon, sposa la tua migliore
amica
perché nessuna ti renderà felice come
farà lei” E io ti ho
sposata.
Risi al ricordo, eravamo piccoli e a sposarci era stato
mio fratello, sotto gli occhi increduli dei nostri genitori.
–
Non so cosa ci riserva il futuro, perché ho imparato a mie
spese che
quello che va bene oggi, domani può andare di merda; ma ti
assicuro,
sulla mia stessa vita, che continuerò a proteggerti e che
niente e
nessuno potrà mai separarci, perché tu sei la mia
migliore
amica.
Asciugai le lacrime di commozione e lo abbracciai di
slancio ringraziandolo per quelle bellissime parole.
*****
Ancora
una volta mi scuso per il ritardo, ma finalmente essendo in vacanza
scrivo a rilento perché voglio godermi l'estate e quei pochi
giorni
di mare che mi restano prima di rimettermi a studiare. Abbiate
pazienza, riuscirò a finire la storia prima di fine agosto.
Riguardo
al capitolo, che dire? Questo è il penultimo (escludendo
l'epilogo)
e se fino ad adesso non ho detto nulla nelle vostre recensioni
capirete bene il perché... Non voglio aggiungere nulla,
aspetterò i
vostri pareri dopo queste belle parole di Damon.
Ringrazio tutte
voi che avete aggiunto questa storia tra i preferiti, seguiti e
ricordati e un grazie enorme a chi commenta.
Alla prossima!
|
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Capitolo 11 *** Regola numero dieci. ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Regola
numero dieci.
Mi
staccai da lui dopo qualche minuto, mi sorrideva imbarazzato
perché
per la prima volta si era esposto fino al punto di confessarmi tutto
quello che pensava e provava verso di me e gliene ero grata; a volte
avevo pensato di essere l'unica a provare quel bene immenso da essere
scambiato per amore ma in quel momento ebbi la certezza che anche lui
provava la mia stessa identica cosa.
– Come sono andato?– Era
curioso di sapere il mio responso, strano che non lo avesse capito
dal mio abbraccio e dalle mie lacrime che asciugavo con la mano ma
che non riuscivo a calmare.
– Direi piuttosto bene.
Si buttò
all'indietro sul letto e sospirò, come se avesse un peso
sullo
stomaco o sul petto – Non volevo farti piangere.
– Mi hai
fatta commuovere, erano delle belle parole.
– Spero che Caroline
mi salti addosso e non pianga.
Risi e mi distesi accanto a lui a
contemplare il soffitto della mia camera – Sai già
quello che devi
dirle?
– Mh, più o meno.
– Non dovrei preparartelo prima
il discorso, ma dovrai guardarla negli occhi e dire quello che pensi,
quello che c'è dentro il tuo cuore.
Si mise su un fianco e mi
scrutò attentamente – Questa è un'altra
regola?
– No. Questo
è solo un mio consiglio, con me ha funzionato e spero
funzioni anche
con lei.
Mi regalò un sorriso sghembo e mi tirò a se,
dandomi
poi un bacio sulla fronte – Si è fatto tardi,
adesso dormiamo.
Non me lo feci ripetere due volte, ero molto stanca anche prima
che lui venisse in camera e bussasse come un pazzo, perciò
mi
addormentai tra le sue braccia, ispirando il suo profumo e
abbracciandolo a mia volta.
Il
letto era freddo e piuttosto grande, strano, perché durante
la notte
mi ero lamentata del caldo e del poco spazio; solo quando aprii gli
occhi mi ricordai che Damon aveva dormito con me, ma di lui nessuna
traccia. Mi stiracchiai per bene, avevo mal di schiena a causa della
nottata scomoda, e poi mi alzai per scendere a fare colazione.
–
Che buon odorino, cos'è?
Trovai i due uomini in cucina, ai
fornelli, intenti a cucinare non so cosa; Jeremy tagliuzzava qualcosa
sul tavolo, Damon invece mescolava con un grande cucchiaio di legno
con una mano, e con l'altra spadellava ciò che mi sembravano
gamberetti.
– Stiamo preparando il pranzo: pasta ai gamberetti e
zucchine.
Mi sedetti sullo sgabello, mentre bevevo l'acqua, e li
guardai sconvolta: da dove avevano preso la ricetta? E, soprattutto,
perché volevano farmi morire di fame, o peggio, farmi
ricoverare
all'ospedale per intossicazione alimentare?
– Damon ha visto un
programma di cucina questa mattina, ha appuntato la ricetta e ha
deciso di prepararla.
Il mio migliore amico era troppo concentrato
a non far bruciare i gamberi, era sempre Jeremy a parlare e spiegarmi
le cose – Questa mattina? Ma che ore sono?
– Quasi le due, hai
dormito un bel po'.
Posai l'acqua e mi avvicinai a Damon, ecco
perché non lo trovai a letto, si era alzato presto
– Vuoi aiuto?
–
Potresti mescolare la pasta in modo che non si appiccichi?
Gli
sorrisi e feci quello che mi aveva chiesto, mentre apparecchiavo la
tavola per noi tre. Quando il condimento fu cotto e pronto, mi offrii
volontaria per assaggiarlo, dato che quei due erano troppo fifoni per
assaggiare quello che loro stessi avevano cucinato; mi scottai la
lingua perché era troppo caldo ma era buono, era la prima
volta che
lo mangiavo quindi pensai fosse ottimo anche se lo avrei preferito
più piccante.
– Buon appetito.
– Sei sicura che non
moriremo?– Jeremy era il più titubante di tutti,
perciò ci mise
un po' a mangiare il primo boccone di spaghetti.
– Zitto e
mangia, ingrato!
Sorrisi godendomi quella scena, finalmente
eravamo una famiglia, non più io e mio fratello da soli ma
c'era
anche Damon che ci completava, il cerchio si era chiuso e speravo con
tutto il mio cuore che, dall'alto, i nostri genitori fossero
soddisfatti delle nostre scelte e delle nostre vite.
– Dato che
Miss Principessina si è alzata tardi e non ha fatto nulla,
sistemerà
tutto e laverà i piatti.
Quasi mi strozzai con l'ultima
forchettata – EHI! – Inghiottii a fatica
– Cosa vi siete messi
in testa?
Si sedettero subito e mi ascoltarono, anche perché, se
non lo avessero fatto, li avrei sbattuti fuori casa in un batter
d'occhio – Solo perché avete cucinato questo non
vi esclude
dall'aiutarmi nel lavare i piatti e sistemare qui. Io non sono la
vostra serva solo perché sono donna, intesi? Viviamo insieme
e si
pulisce tutti insieme, oppure, vi faccio dormire sul portico.
Chiaro?
Annuirono entrambi e quando finii di mangiare
sparecchiarono mentre io lavavo i piatti; ero fiera di me stessa e di
come li avevo messi in riga, anche se sapevo benissimo che sarebbe
durata solo fino al pomeriggio, perché con quei due
bisognava urlare
ogni volta per ricordargli qualcosa.
Mi sdraiai sul divano e
poggiai le gambe su quelle di Damon che guardava un film in tv, era
così concentrato a non perdere neanche un secondo della
trama che
non si accorse della mia presenza, e fu un bene, dato che di solito
non sopportava quando mi sdraiavo su di lui, un po' per il caldo e un
po' perché 'lui non era la mia poltrona' come mi ripeteva
ogni
volta.
– Che film è? – Gli chiesi dopo un po',
quando aveva
interessato anche me.
– Domino.
Sapevo della sua venerazione
per Keira Knightley, perciò lo presi in giro
perché sapevo che in
realtà stava guardando quel film solo per lei e non per la
trama,
ovviamente mi rispose che non era vero, ma ogni qual volta
inquadravano il corpo dell'attrice si incantava e smetteva quasi di
respirare, facendomi ridere tantissimo.
– Al prossimo film con
Ryan Gosling sarò io a prenderti in giro.
Gli feci una linguaccia
e continuai a guardare il film; quando finii ci rimasi male, mi
aspettavo un lieto fine e volevo che i due protagonisti stessero
insieme, ma non era un film romantico quindi c'era da
aspettarselo.
Rimasi per tutto il pomeriggio con il broncio e con
una strana sensazione nel petto, odiavo i film tristi e non a lieto
fine, bastava la mia vita senza senso e con una cosa che non andasse
mai nel verso giusto, volevo che almeno la finzione fosse perfetta;
ecco perché mi rifugiavo nella fantasia dei libri e film
romantici,
perché lì potevo sognare che tutto andasse per il
verso giusto per
sempre.
– Mi sono scordato di dirti che questa sera non ci
sarò
a cena.
Mugugnai in segno di assenso, con gli occhi fissi alla tv
ma con la mente altrove, speravo che Damon non si accorgesse del mio
cambiamento di umore, ma soprattutto speravo che da un momento
all'altro iniziasse un film demenziale che mi distraesse e mi facesse
tornare il sorriso.
– Se è un problema rimango.
Lo guardai
stralunata – Perché mai dovresti rimanere?
– Non so, hai
fatto una faccia; ho pensato che magari mi volessi qui.
Scossi la
testa – No, vai pure. – Tornai a guardare la tv, o
almeno ci
provai visto che Damon la spense e si piazzò davanti a me
– EHI!
– Che è successo, e non provare a dire
“nulla” perché ti
conosco quindi, sputa il rospo prima che mi arrabbi sul serio.
Mi
alzai dal divano sperando di potergli scappare – Non ti
arrabbiare
ma non è successo nulla, mi sono solo rattristita un po' per
colpa
del film e no, non mi va di parlarne.
I suoi occhi azzurri mi
guardavano attentamente per capire se stessi mentendo poi, mi prese
per mano e con un colpo secco mi tirò verso di se
abbracciandomi e
dandomi un bacio sul naso; non mi disse nulla perché
entrambi
sapevamo che in momenti come quelli, quando la malinconia prendeva
spazio in me, non c'era nessun discorso incoraggiante che potesse
tirarmi su di morale, avevo solo bisogno di rimanere sola con me
stessa, anche se in quel momento, apprezzai quell'abbraccio e quel
bacio più di ogni altra cosa.
– Ci vediamo più tardi e se
ti trovo a letto...
– Non svegliarmi e ci vedremo domattina. –
Mi sorrise annuendo e gli diedi una pacca sul sedere prima di vederlo
uscire dalla porta – Buona serata e in bocca al lupo.
Glielo
urlai dalla soglia quando stava per salire in auto, ma ero sicura
potesse sentirmi; chiusi la porta e andai a fare una doccia
rilassante, avevo casa tutta per me, il che significava musica a
tutto volume e poter fare quello che volevo senza essere torturata da
quei due scansafatiche: una vera goduria.
Anche se l'estate era,
in pratica, finita, un bel bagno caldo con i sali e le candele
profumate, era quello che mi ci voleva per rilassarmi e stendere i
nervi che avevo accumulato in questi mesi; misi su il cd dei Coldplay
e mi immersi in acqua, lasciando che la schiuma coprisse tutto il mio
corpo e che le candele inebriassero i miei sensi; chiusi gli occhi e
mi parve di dormire e essere su una nuvola: era una sensazione
magnifica.
Forse mi addormentai perché risposi al telefono solo
quando la suoneria stava per terminare, non mi ero neanche accorta
che stesse suonando.
“Caroline mi ha invitato a casa sua!”
Damon non mi diede il tempo di parlare, aveva già urlato al
telefono come se fosse una sedicenne alla sua prima cotta; in effetti
non c'era tanta differenza, Caroline era la sua prima storia seria ma
lui era un uomo e di certo non aveva sedici anni, forse.
“A casa
sua con i suoi genitori... che faccio?”
“O accetti o
rifiuti”
Mi sembrò di averlo davanti e vederlo roteare gli
occhi scocciato “mi sembra ovvio, mica posso dirle che devo
vestirmi da Captain America ed andare a salvare il mondo”
“Certo,
se tu fossi Chris Evans non ti farei uscire dalla mia camera da
letto...”
“Idem se tu fossi Scarlett Johansson” Fece un
attimo di pausa “Quindi, accetto?”
“Mi sembra ovvio. Adesso
chiudi e va' da lei.”
Sorrisi quando riposai il telefono finendo
il mio bagno rilassante; Damon era uno dei ragazzi più belli
che
avessi visto a Mystic Falls, era il mio migliore amico sempre pronto
a tirarmi su di morale e a proteggermi e in ventiquattro anni l'avevo
visto sempre circondato da donne, fin dall'asilo; ma, quando si
trattava d'amore, era una vera frana.
Indossai un abitino lungo
fino al ginocchio e un coprispalle, nonostante fosse fine agosto le
sere a Mystic Falls cominciavano a essere un po' freddine, l'estate
stava scemando portando con sé la spensieratezza e il caldo
afoso
dei tre mesi appena trascorsi; mi sedetti sul dondolo con il mio
amato libro di lettura in mano, era un bel po' di tempo che tentavo
di finire di leggerlo ma per vari motivi non c'ero riuscita. Mi
ritrovavo nella protagonista, felice e triste nello stesso tempo,
diversa dai coetanei che cercava di salvare il mondo; certo, io non
dovevo salvare il mondo da nessuno ma credevo d'essere abbastanza
diversa dai miei amici, o da quei pochi che mi rimanevano.
Un
bacio mi svegliò, davanti a me c'era Jeremy sorridente; si
sedette
accanto a me e mi salutò lasciando che distendessi le gambe
sulle
sue cosce.
– E' tutto il giorno che mi addormento dovunque,
questa notte ho dormito pochissimo.
– Sì, mi ha detto Damon che
avete parlato; è successo qualcosa?– Scossi la
testa e invertii la
posizione, preferivo abbracciarlo piuttosto che usarlo come poggia
piedi. – Dimmi la verità Elena, cosa provi per lui?
Scrollai le
spalle, perché in fondo mi aspettavo quella domanda ed ero
già
preparata, avevo risposto mille volte, a Stefan, a Jeremy stesso e
anche a Damon – Io gli voglio bene, nient'altro.
– A volte
sembrate una coppia sposata da anni, lo si intuisce soprattutto da
come scherzate, ridete e vi guardate. Io non credo che quello che ci
sia tra voi sia solo semplice affetto o amicizia, credo che ci sia
dell'altro.
– Io me ne renderei conto se fossi innamorata di
Damon, non sono così stupida.
Mi spostai come scottata, odiavo
quella conversazione, speravo che dopo aver chiuso con Stefan avrei
messo una pietra sopra anche con quella storia – Forse
è lui ad
essere innamorato di te.
– Nessuno è innamorato di nessuno Jer
e anche se fosse non sarebbe un problema tuo, siamo abbastanza grandi
da assumerci le nostre responsabilità e da decidere con chi
stare e
a chi affidare il nostro cuore.
Entrai in casa sbattendo la porta,
solo dopo mi accorsi che in quel momento era arrivato Damon, quando
lo sentii parlare con mio fratello e chiedergli cosa fosse successo;
non so cosa si dissero perché infastidita salii in camera
mia. Al
diavolo il pomeriggio rilassante con il bagno caldo, i sali minerali
e le candele profumate: Jeremy aveva il potere di farmi girare le
scatole a volte.
Capii che anche Damon era entrato dal rumore
della porta di ingresso che sbatteva e dai i suoi passi per le scale,
un attimo dopo la porta della mia stanza di spalancò
facendomi
sobbalzare.
– Sei impazzito?
Si richiuse la porta alle
spalle, per lasciare mio fratello lontano da quel momento; sapevo che
stava per succedere qualcosa, quello era solo l'inizio della grande
catastrofe.
– Si può sapere perché questa domanda
ti da così
tanto fastidio?
Rimasi senza parole; credevo che dovesse dirmi che
ero una stupida, che dovevo smetterla di litigare con mio fratello,
che non dovevo lasciarmi influenzare dalle dicerie e invece no:
voleva sapere il motivo della mia reazione.
Ci misi un po' a
rispondere, anche perché non riuscivo neanche a trovare le
parole
adatte per dire cosa provavo – Perché sono stanca
di sentirmi fare
sempre la stessa domanda e dare sempre la stessa risposta.
– Non
c'è nessun motivo di arrabbiarsi se tu sei sicura di quello
che
provi; se le persone si interessano a te è perché
ti vogliono bene.
Jeremy è preoccupato che potresti soffrire.
– Per quale motivo
dovrei soffrire?
Urlai e mi bruciò la gola, ero davvero stanca
di dover ammettere agli altri cosa realmente provavo per Damon
perché
mai per un secondo mi ero soffermata a pensare, non avevo mai ammesso
a me stessa se fossi innamorata di lui o meno: la verità era
che non
lo sapevo.
– Mi avete sempre chiesto cosa provo io per te. –
Abbassai il tono della voce anche se dentro di me fremevo ancora
–
Ma tu, cosa provi per me?
La sua reazione mi stupì: scrollò le
spalle e mi rispose con tranquillità – Mi sembra
di avertelo già
detto questa notte. Che cosa hai capito da quel discorso, che sono
innamorato di te?
Spalancai la bocca e la richiusi subito dopo, le
parole mi morirono in gola; non sembrava neanche lui in quel momento
– Non ho detto questo. – Un moto di rabbia mi
colpì
all'improvviso – Ma chi ti credi di essere, eh? Pensi che
tutto il
mondo giri intorno a te solo perché sei bello e ricco?
Lui aveva
fatto lo stronzo, potevo riuscirci benissimo anche io: conoscevo i
suoi punti deboli e potevo sfruttarli a mio piacimento.
– Non
l'ho mai pensato e lo sai.
Da lì fu un crescendo. Non ricordo
esattamente come arrivammo ad urlare a rinfacciarci momenti e liti di
quand'eravamo così piccoli da far la pipì nel
vasino, o nel
pannolino; mancava poco che cominciassimo a picchiarci. Avevo visto
Damon sotto ogni prospettiva, anche arrabbiato, e in quel momento non
riuscivo a capire cosa e come fosse, io, dal mio canto, ero
incavolata nera con me stessa e anche con lui, per tutte quelle
accuse che continuava a rivolgermi senza darmi il tempo di
difendermi. Parlava e urlava, litigavamo e non ricordavo neanche il
motivo di quella discussione; era come se fosse esplosa una bomba ma
nessuno sapesse chi l'avesse fatta esplodere e il perché.
–
Devo ricordarti della doccia?
La sua domanda aprì un varco nei
miei ricordi e ovviamente mi fece innervosire ancora di più:
era
stato lui ad andare via da casa quel pomeriggio, senza nessun motivo,
quando scherzavamo con l'acqua; si era arrabbiato quando avevo
giocato sul suo sogno erotico e la mia doccia: aveva sempre delle
reazioni strane e non aveva mai spiegato il motivo.
– Me lo
ricordo Mr “se vedo la mia migliore amica mezza nuda la sogno
ma
non lo dico a nessuno”.– I suoi occhi si
spalancarono, non si
aspettava una mia reazione simile, ma stava esagerando! – Io
sono
stata sempre sincera e naturale nei tuoi confronti, non ho mai fatto
nulla che potesse farti fraintendere un sentimento sbagliato, eppure
tutti, non avete fatto altro che chiedermi se fossi innamorata.
Perché dovevate proteggermi, come se tu fossi il lupo
cattivo e io
cappuccetto rosso dispersa nel bosco.
Sospirai e cercai di
calmarmi, sentivo il cuore battere veloce e avevo la sensazione che
da un momento all'altro potesse uscirmi dal petto. Damon non si
decideva a parlare, così continuai.
– Dici sempre di conoscermi
da quando sono nata, quindi sai che odio i tradimenti e le bugie; se
avessi, davvero, provato qualcosa di diverso dall'amicizia per te,
sarei venuta a dirtelo e avrei lasciato subito Stefan.
– Lo so
che non provi nulla per me.
– E allora perché me lo hai
chiesto?– Il mio urlo disperato risuonò per tutta
la casa e ad
esso seguì un silenzio così assordante da farmi
quasi del male.
–
Perché stavo impazzendo, ok? Eravamo ogni giorno insieme, tu
eri in
crisi con quell'idiota, passavo più tempo nel tuo letto che
in
quello di qualsiasi altra ragazza e i pensieri di Jeremy e del
cretino mi hanno influenzato. Per un attimo ho pensato che...
Si
bloccò all'improvviso, ebbi l'impressione che avesse paura a
continuare la frase, che tutto ciò che avesse detto in quel
momento
fosse dettato dalla rabbia e invece adesso, avesse iniziato a
pensare. Lo esortai a continuare ma rifiutò e
andò via; mi mossi
prima che potesse andarsene definitivamente, era ancora sui gradini
quando lo fermai chiamandolo. Ero rimasta sul portico, forse per
mantenere le distanze.
– Perché scappi sempre? Quando le cose
si complicano tu vai via, resta e affrontale.
– Elena...
–
So come mi chiamo, maledizione. Ti sto chiedendo di restare e
chiarire; sono stufa di litigare e poi venirti a cercare per far
pace. Stai qui, adesso.
– Non posso restare, perché ogni volta
che ti arrabbi i tuoi occhi lucidi e le tue labbra rosse e carnose
sono così sexy da farmi impazzire. Quella volta in bagno ho
quasi
perso la ragione ma non potevo, capisci, sei la mia migliore amica e
non posso fare questo sbaglio.
Le sue parole mi arrivarono dritte
allo stomaco come se fossero dei pugni, le orecchie mi fischiavano e
non capivo cosa volesse dire: voleva baciarmi ma non poteva? Era
quello il problema? Quindi non avremmo mai potuto litigare
perché
ogni volta lui voleva saltarmi addosso?
Iniziai a ridere quando
metabolizzai il concetto, Damon aveva sceso un altro gradino e si
fermò nuovamente, voltandosi stupito: non ero pazza, era lui
quello
fuori di testa.
– Lo trovi divertente? – Era infastidito il
che mi fece ridere ancora di più, salì i due
gradini in un solo
passo e si avvicinò a me; smisi di ridere quando me lo
trovai
talmente vicino da riuscire a vedere le sfumature nere nei suoi occhi
azzurro ghiaccio. – Ti ho detto già una volta di
non giocare con
il fuoco quando non sai cosa e quanto potresti bruciarti.– Il
suo
sguardo vagava velocemente dai miei occhi alle mie labbra e mi
ritrovai a sperare che mi baciasse, ma si allontanò
– Non posso
baciarti Elena, non sarebbe giusto.
Il mio cuore rallentò i
battiti e cercai di regolare il respiro, non dissi nulla, temevo che
qualsiasi cosa dicessi potesse apparire stupida o fuori luogo. Si
voltò e fece per andare via di nuovo, avevo paura che se
Damon se ne
andasse da casa non tornasse più, che quel litigio strano e
quelle
mezze confessioni fossero l'inizio della fine. Abbassai lo sguardo
afflitta e non feci in tempo per girarmi e rientrare in casa
perché
lui parlò.
– Sai cosa? Sto cercando un qualsiasi motivo per cui
questo sia sbagliato, ma non lo trovo.
Mi sembrò di vivere la
scena in slow motion: la sua mano destra che si poggiava sul mio capo
e che mi tirava a sé per far unire le nostre labbra. La
sorpresa del
momento scomparve subito e fu sostituita dalla passione di quel bacio
meraviglioso; l'altra mano di Damon raggiunse la mia guancia per
accarezzarla dolcemente, mentre gettai le mie braccia al suo collo
per avere più stabilità. La sua mano destra era
ancora tra i miei
capelli a torturarli e a spingere la mia testa verso di lui, come se
avessi intenzione di staccarmi!
Mi ritrovai con la schiena alla
parete del portico e Damon su di me; non capivo cosa mi fosse preso
ma non riuscivo a smettere di baciarlo. Il cuore stava per uscirmi
dal petto, sentivo i suoi battiti fino alle orecchie, l'adrenalina e
l'eccitazione mi avevano fatta impazzire e Dio se sapeva baciare quel
ragazzo.
Quando stavo per lasciarmi andare ancora di più, il mio
cervello decise di farsi sentire: stavo baciando il mio migliore
amico, quali conseguenze avrebbe avuto quel momento? Con quale
coraggio avrei guardato Damon negli occhi, se l'avrei più
guardato.
Sarebbe stato ancora il mio migliore amico?
Sembrò che anche lui
fosse tornato in sé e ci staccammo, ancora ansimanti e con
il cuore
nelle orecchie.
– Damn...
– Shhh – Poggiò la sua fronte
sulla mia – Non dire nulla, ti prego. Non roviniamo questo
momento.
Mossi la testa quanto bastava per fargli capire che ero
d'accordo, dopo qualche minuto mi diede un bacio sulla fronte e
andò
via, questa volta senza fermarsi sui gradini e voltarsi.
Semplicemente andò via e il mio cuore tornò a
respirare.
******
Ho
assunto delle guardie del corpo, perciò non potete farmi
nulla! TZE'. Cosa posso dire prima che piovino recensioni negative? Ho
il
finale in mente da ancora prima di iniziare a scrivere la prima
parola del prologo, ho sempre amato le vostre parole nei commenti
perché mi hanno fatta sorridere, ridere e a volte mi hanno
fatto
avere nuove idee ma non ho mai e poi mai cambiato idea sul finale
(che ovviamente non vi svelo). Vorrei che fosse chiaro fin da adesso
che sentire le vostre idee fa sempre piacere ma mi è
successo già
una volta di farmi condizionare dai pareri dei lettori e poi
c'è chi
si è lamentato comunque, quindi questa volta ho seguito il
mio cuore
e l'istinto.
Spero che il capitolo
vi sia piaciuto, che abbiate
unito tutti i puntini e che gli indizi in questi dieci capitoli siano
stati abbastanza chiari.
In questo capitolo
c'è qualcosa di
diverso dagli altri, vediamo chi riesce a notarlo... XD
Grazie per
chi ha recensito e chi si è sempre fermato a recensire.
Grazie
mille a chi ha inserito la storia tra seguiti, preferiti e ricordati:
siete magnifiche.
Alla prossima con
l'epilogo.
Un bacio.
P.S.
Per chi volesse ancora leggere qualcosa di mio, ma di genere diverso,
ecco la mia nuova storia fresca di pubblicazione.
THE
HE(ART) OF THE STREAP.
Trama: Lei:
ventisette anni, francese
di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano,
meglio dire,
romano D.O.C.
Lei: vive in un
piccolo appartamento in una zona
tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che
tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è
propria a causa di esso
che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli
uomini: l'organizzatrice di matrimoni.
Lui: condivide
casa
con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo
lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne:
è uno
spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed
è la
principale attrazione del locale.
Entrambi pensano
che
l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare
sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà
per
soffrire.
Le loro vite si
intrecceranno per caso e il caso non li
lascerà più allontanare.
|
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Capitolo 12 *** Epilogo ***
Betato,
gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce
VIDEO
TRAILER DELLA STORIA
Epilogo.
Tutto
era pronto, finalmente potevo chiudere la valigia e tornare a casa
per le vacanze di Natale. Jeremy aveva finito le lezioni qualche
giorno prima di me ed era letteralmente scappato dal campus per poter
riabbracciare la sua dolce amata Anna, io avevo dovuto aspettare ma,
come diceva il detto, “l'attesa aumenta il
desiderio” perciò
avevo una voglia matta di mettere piede a Mystic falls e
riabbracciare i miei amici.
Il
comitato d'accoglienza non era dei migliori, lo dovevo ammettere.
Jeremy,
come al solito, confuse l'ora del mio arrivo in aeroporto,
così
dovetti aspettare un'ora sulla panchina degli 'arrivi' a sperare di
non morire assiderata.
Il
cielo era grigio e in quel periodo significava solo una cosa: neve;
tanta neve pronta a bloccare le strade e costringerci a casa.
Finalmente riconobbi l'auto di mio fratello a distanza, aspettai che
fosse davanti a me per alzarmi dalla panchina e aiutarlo con i
bagagli.
-
Cosa ci farai poi con due valigie in tre settimane.
Il
suo solito modo per dirmi che, nonostante non ci vedessimo da poco,
gli ero mancata e poi sapeva che una conteneva i regali che qui non
avrei mai trovato.
-
Casa dolce casa.- Respirai a fondo e trascinai, insieme a Jeremy, le
valigie nella mia camera. Mi buttai sul letto, comodo e spazioso, mi
mancava più di qualsiasi cosa al campus, costretta a dormire
in
quello minuscolo che avevo là in camera; mi coprii con il
mio
adorato piumone enorme blu e mi addormentai felice di respirare
quell'odore famigliare di casa.
-
ELENA!
Il
mio adorato fratellino mi aveva costretta ad uscire
quella
sera, voleva godersi ogni giorno e ogni istante delle vacanze
natalizie e io, secondo lui, avrei fatto lo stesso; perciò
ci
trovavamo al Mystic Grill quando Caroline Forbes urlò il mio
nome
facendo zittire mezzo locale. Mi alzai sorridente e felice di
vederla, ovviamente il suo abbraccio fu come i suoi soliti: calorosi
e stritolatori.
-
Ahi Caroline, mi fai male.
-
Oh scusa, è che sono così contenta di vederti.
Le
sorrisi ancora; mi era mancata in quei quattro mesi, c'eravamo
sentite quasi ogni giorno ma parlare dal vivo era tutt'altra cosa.
-
Devi raccontarmi tutto.
Feci
una smorfia: non avevo proprio nulla da raccontare, facevo la
classica vita universitaria, mica ero stata in vacanza ai Caraibi. -
Uhm, tutto nella norma. Tu invece?
Il
suo sorriso mi abbagliò, possibile che quella ragazza fosse
di
giorno in giorno sempre più bella?
-
Io... sai... cioè, te l'ho detto no? Beh...
Scoppiai
a ridere perché sapevo che quanto quell'argomento la
imbarazzasse e
io mi divertivo tantissimo a metterla in difficoltà. -
Quindi sei
innamorata?
-
Dai Ele, non l'ho detto neanche a lui.
-
E che aspetti?!
Mi
finsi inorridita facendo ridere anche lei; mio fratello ci guardava
perplesso, ogni tanto scuoteva la testa afflitto e rassegnato ma
sapeva che se voleva uscire con me doveva sorbirsi questi tipi di
incontri.
-
Lo hai già incontrato?
Sapevo
di chi stesse parlando perciò negai subito. In
realtà ero convinta
di trovarlo al Grill quella sera ma evidentemente aveva preferito
rimanere a casa a guardare un film, lo sport o giocare alla play;
insomma, le cose tipiche da maschio.
Non
lo vedevo da prima che ritornassi al campus e per quanto mi costasse
fatica ammetterlo, il primo mese mi era davvero mancato, poi ci feci
l'abitudine.
Bevvi
la mia birra, mangiando patatine fritte, insieme a Caroline e Jeremy,
spensierata parlando con loro del più e del meno; facendomi
raccontare dalla mia amica cosa aveva fatto in quei mesi e come
procedeva lo stage in ufficio dal padre.
Stavo
ridendo ad una battuta idiota di Jer quando con la coda dell'occhio
vidi entrare il soggetto dei discorsi miei e di Caroline di qualche
ora prima.
Era
accompagnato da una bionda che all'inizio non riconobbi, in fondo lui
aveva sempre avuto una fissazione per quel colore di capelli; le
teneva la mano e sorrideva a qualcuno in lontananza per salutarlo.
-
Non vi parlate?
La
domanda di mio fratello arrivò dritta alle mie orecchie come
un
pugnale al cuore.
-
Non so, il fatto è che non ci vediamo da molto e l'ultima
volta...
Sospirai
a quel ricordo ma avevo comunque voglia di salutarlo, parlare con lui
e chiedergli come stesse; perciò mi alzai e feci qualche
passo per
raggiungerlo, mi vide ancora prima che gli fossi vicino e il sorriso
che mi regalò mi scaldò il cuore: come avevo
potuto pensare di non
rivolgergli più parola o che lui fosse arrabbiato con me?
-
Sei tornata, finalmente.
Annuii
– Quest'anno non volevano lasciarmi andare. -
Mi
sorrise di nuovo ed ebbi la voglia di abbracciarlo, tuttavia mi
trattenni, soprattutto perché la sua nuova fidanzata ci
guardava da
lontano senza perderci di vista neanche per un secondo. - Come stai?
-
Bene, non posso lamentarmi. Tu?
Feci
spallucce – Come sempre, tutto nella norma. Vedo che ti sei
dato al
biondo, Klaus non è geloso?
Rise
e mi lasciai trasportare – Del biondo o che io stia con sua
sorella.
-
Entrambe le cose.
-
Nah, a lui piace il suo colore di capelli e poi sa che tratto bene
Rebeckah.
Questa
volta fui io a sorridergli – Sono davvero contenta per te
Stef,
vederti così tranquillo e spensierato; per un po' avevo
temuto di
averti causato tanto dolore.
-
E' tutto ok Ele, davvero. Sono felice, la mia vita va a gonfie vele e
ti voglio bene, come ho sempre fatto.
Non
riuscii a trattenermi e lo abbracciai, fregandomene di come poteva
reagire BarbieKlaus; Stefan aveva occupato un ruolo importante nella
mia vita, per questo non avevo mai avuto il coraggio di dirgli
definitivamente addio.
Il
mio letto mi era mancato. Mi era mancato soprattutto svegliarmi senza
mal di schiena e fare colazione insieme a mio fratello: home sweet
home.
-
Che programmi hai per oggi?- Mi chiese Jeremy mentre mi versavo una
tazza di caffè.
-
Oh pensavo di...- Mi bloccai quando lo vidi. - Oddio.- Mi cadde la
tazza dalle mani e corsi ad abbracciarlo.
-
Nena, mi stai strozzando.
Damon
era apparso dal nulla in cucina con due valigie enormi; era tornato
dal suo viaggio in Europa in anticipo senza avvertire nessuno,
probabilmente Jer ne era al corrente ma io no. Fu emozionante vederlo
lì, sorridente e bello come sempre.
-
Te lo meriti. Che ci fai qui?
-
Credevo fossi contenta di vedermi. Ciao Jer.
-
Certo che lo sono. Tu lo sapevi?
-
Ovvio, sono andato a prenderlo io all'aeroporto.
Gli
sorrisi e poi abbracciai Damon di nuovo, aiutandolo a portare le
valigie in camera sua. - Raccontami un po' del viaggio.
Com'è
Londra? E Parigi?
-
Bellissime ma la mia preferita è Roma, la città
dell'amore.
Lo
guardai scettica mentre dividevo i capi sporchi da quelli puliti
–
Ma non era la città eterna? Parigi è la
città dell'amore.
-
Roma/Amor è un anagramma, la guida lo ha ripetuto per tutta
la
settimana – Risi nel vedere la sua espressione sconvolta e
scocciata – Tu che hai fatto di bello?
-
Niente di che, ho studiato, fatto esami e sono tornata qui; sempre la
solita vita.
Il
sorriso che mi regalò mi sciolse il cuore; parlare con
Damon,
rivederlo dopo tutti quei mesi, era un toccasana, mi era mancato come
l'aria.
Era
partito subito dopo l'episodio del bacio, quasi come volesse scappare
da me e non parlarne; in realtà mi spiegò che non
ero io il
problema ma aveva solo bisogno di partire e trovare se stesso. Aveva
bisogno di un viaggio perché stare qui a Mystic Falls lo
stava
facendo impazzire.
Certo,
più o meno il significato era quello dato che non ne avevamo
mai
parlato ma io lo avevo assecondato, rispettando la sua
volontà;
anche perché mi imbarazzava troppo parlarne.
–
Ti
ho portato un regalo.
Urlai
eccitata – Dimmi che hai un mini inglesino dentro la valigia.
Alzò
il sopracciglio e mi guardò male – Gli inglesi non
baciano per
niente bene, sai? Tieni.
–
E
tu come...? No, non dirmelo.– Scartai il pacco in fretta e
quando
capii cos'era rimasi sconvolta per la gioia: una felpa e una
maglietta del college di Oxford. – Sono bellissime.
-
Sapevo che ti sarebbero piaciute.
Lo
abbracciai, ancora, perché non riuscivo a smettere di farlo
quel
giorno.
Nel
pomeriggio lo lasciai riposare mentre io ne approfittai per ripassare
per un esame dopo le vacanze; fu Damon stesso a intimarmi di smettere
di studiare quando si svegliò dal sonnellino pomeridiano
“non
posso dormire tutto il pomeriggio” disse “o questa
notte rimarrò
sveglio a girare i pollici”.
Dopo
cena mi costrinse ad uscire: voleva rivedere i soliti vecchi amici,
passare la serata a bere qualcosa al Grill e respirare aria di casa;
in fondo lo capivo, era quello che avevo fatto anche io la sera
prima.
-
Hai già visto Caroline? - Gli urlai dalla mia stanza mentre
cercavo
di alzare la cerniera del vestito blu appena indossato, Damon
arrivò
qualche istante dopo.
-
No.- Spostò i miei capelli su un lato e mi aiutò,
lasciandomi poi
un bacio su una spalla; gli sorrisi attraverso lo specchio. - Sei
dimagrita troppo, sai?
-
Non è vero.
-
Dovresti ingrassare, mettere un po' di pancia... così sembri
uno
scheletro che cammina.
Lo
fulminai con lo sguardo, perché lui doveva sempre andare
contro
corrente? Insomma, era l'unico a dire alla propria migliore amica
d'esser dimagrita e non ingrassata. Se glielo avessi fatto notare mi
avrebbe risposto con una delle sue solite frasi del tipo “Ma
io
sono realista e ti dico sempre la verità, Elena”.
Andammo
a piedi fino al Mystic Grill, mi mancavano le nostre passeggiate in
silenzio, vicini, ad ascoltare i rumori che ci circondavano; certo,
il tempo non era dei migliori dato che si moriva di freddo ma
trascorrere un po' di tempo da sola con il mio migliore amico era
sempre piacevole.
-
Sai a cosa stavo pensando?- Negai e lui continuò a parlare
– Non
mi hai più detto qual è l'ultima regola per
conquistare una
donna...
Quasi
mi strozzai con la mia stessa saliva; avrei davvero dovuto dirgli che
“Fiori, cioccolatini, ecc. per le ricorrenze sono
ben accetti e
fanno sciogliere le donne ma nulla equivale a un bacio spontaneo,
naturale.”? Deglutii e cercai di sorridergli
– Te la dirò
solo quando avrai conquistato, definitivamente, qualcuno.
Lo
vidi alzare gli occhi al cielo e sospirai sollevata: c'era cascato.
Arrivati
al Grill, Damon fu accolto da una folla impazzita, tutti che lo
salutavano e abbracciavano come se non lo vedessero da anni, gli
chiedevano come fosse l'Europa e, soprattutto, le europee. I ragazzi
erano tutti uguali.
Caroline
gli si avvicinò per ultima, il loro saluto fu un po'
imbarazzante;
tre mesi prima si erano ripromessi di sentirsi il più
possibile e
che avrebbero discusso di un eventuale “loro” non
appena Damon
sarebbe tornato. Lei non sapeva del nostro bacio e, ovviamente, non
sapeva del vero motivo per cui lui era partito; un po' mi sentivo in
colpa nel nasconderglielo ma, d'altro canto, non volevo complicare le
cose tra di loro e, adesso che avevo trovato un'amica, non volevo
perderla.
-
Pensi che ci sarà mai un futuro per noi?- Caroline me lo
chiese
mentre guardava Damon giocare a freccette, scrollai le spalle.
-
Non lo so ma lo spero. State bene insieme e lui sembra felice con te.
-
Quest'estate, per un attimo, ho pensato che voi due steste insieme.-
La guardai preoccupata e sconvolta, non poteva averlo pensato anche
lei, era un incubo quello – Il modo in cui voi scherzate, vi
guardate o sorridete l'un l'altra è incredibile. Sembrate
appartenervi, è come se tu fossi la sua anima gemella e
viceversa,
se voi due foste la metà perfetta della mela di entrambi.
Questo è
frustrante per chi vi guarda dall'esterno e si innamora di uno di voi
due perché sa che non potrà mai prendere il posto
tuo o suo nei
vostri cuori. Non voglio sostituirti, non potrei mai farlo, ma il
fatto è che lui non mi amerà mai neanche la
metà di quanto ama te.
Quando
avevamo bevuto entrambi abbastanza da poter affrontare il freddo e il
gelo per strada, decidemmo di tornare a casa; Damon era ancora stanco
per il viaggio e, sebbene si stesse divertendo, mi supplicò
di
portarlo via. Salutò Caroline promettendole di chiamarla il
giorno
dopo, avevano tante cose di cui parlare e io mi sentii un piccolo
verme perché prima non avevo avuto il coraggio di rispondere
a
quello che mi aveva detto lei.
Mi
strinsi ancora di più nel cappotto per evitare di morire
congelata,
mentre Damon camminava tranquillo, evidentemente lui era talmente
stanco o brillo da non sentire freddo.
-
C'è qualcosa che ti turba?
La
sua domanda mi spiazzò. - Non tanto, perché?
-
Di solito a questo punto parli a vanvera commentando la serata;
adesso il tuo silenzio mi sta preoccupando.
Sospirai
prima di rispondergli – Non ho niente, solo che Caroline ha
detto
delle cose che mi hanno fatta riflettere.
Sì
bloccò e quindi dovetti fermarmi anch'io –
Qualsiasi cosa sia non
pensarci ok?- Mi prese per mano, realizzai dopo qualche secondo che
la tolsi, portandomele entrambe al petto – D'accordo, cosa ti
ha
detto?
Ripresi
a camminare liquidando la faccenda, o almeno ci provai; Damon
però
non mollava, voleva sapere cosa fosse successo e perché ero
così
turbata, dovetti quindi dirgli la verità. - Nessuno mi
amerà mai
veramente perché tutti penseranno sempre che tu sei l'unico
e il
solo ad avere un posto speciale nel mio cuore.
Mi
guardava senza dire nulla, era incredibile che stessimo di nuovo
affrontando quel discorso, mi sembrava di vivere in un film dove alla
fine la protagonista perdeva ogni cosa e si ritrovava a vivere da
sola con tanti gatti. Io odiavo i gatti.
Non
sapevo se a darmi più fastidio fosse il suo silenzio o il
freddo
pungente di Dicembre.
-
Non so che dire. In questi secondi credo di aver pensato dieci
risposte diverse e tutte e dieci non erano adeguate: io non so che
dirti Elena.
Abbassai
lo sguardo colpevole perché ogni litigio era causa mia. -
Non fa
niente- E ripresi a camminare, sentii i suoi passi solo dopo qualche
istante.
-
No invece spiegami cosa devo fare, vuoi interrompere la nostra
amicizia?
-
NO! - Risposi senza fermarmi e senza guadarlo, sentivo la sua
presenza accanto a me.
-
Vuoi... qualcosa di più?- Mi bloccai: non potevo credere che
avesse
detto una cosa del genere. Io volere qualcosa di più da lui?
Dal
nostro rapporto? Più della nostra amicizia? Scossi la testa
come a
scacciare quel pensiero e ripresi a camminare verso casa –
Sono
partito perché se fossi rimasto avremmo peggiorato la
situazione.
Dovevo mettere un po' di distanza tra me e te, dimenticare quel bacio
e fare finta che non fosse successo nulla.
-
Credi che non parlarne elimini il problema?
-
No ma almeno cerco di non pensarci. Elena- Mi superò
mettendosi
davanti a me e camminando all'indietro come i gamberi, facendomi
sorridere per un istante – tra noi due c'è
qualcosa di speciale,
qualcosa che va ben oltre l'amicizia e so che lo senti anche tu ma,
non credo sia amore. Non so definire cosa sia esattamente quel
sentimento che ci lega ma mi piace e non voglio rovinarlo per un
bacio o per altro...
-
Chi ha parlato di altro?
-
Oh fidati, quando ti vedo in certe maniere il mio amico là
sotto fa
certi discorsi... - Lo spinsi. Quando faceva battute del genere era
proprio un cretino ma mi aveva fatto tornare il sorriso ed era per
quello che gli volevo bene, perché senza di lui non sarei
stata la
stessa. - Il punto è che non voglio perderti, non voglio
perdere
tutto questo: preferisco restare scapolo a vita che essere sposato
con una donna bellissima ma senza di te, la mia migliore amica, al
mio fianco a migliorare le mie giornate.
Damon
era così, stronzo e idiota nella maggior parte delle volte
ma dolce
e spontaneo in alcuni casi e gli volevo un gran bene per quello;
perché non era mai la stessa persona ogni giorno,
perché sapeva
sempre sorprendermi e perché avrebbe rinunciato a tutto per
vedermi
felice.
Mi
accorsi che eravamo arrivati a casa, Damon era accanto a me in
silenzio e teneva lo sguardo basso come se fosse in attesa di un
verdetto finale. Salimmo i gradini e mi fermai sul portico; doveva
essere molto sovrappensiero perché mi venne addosso
scusandosi dopo.
-
Ho avuto un fidanzato e posso averne tanti, ho già un
fratello e so
cosa significa; quello di cui ho bisogno è un migliore
amico. Vuoi
essere il mio migliore amico, per sempre?
Finse
di pensarci per qualche instante e poi mi guardò raggiante
– Lo
voglio.
Lo
abbracciai talmente forte da smettere di respirare: ero a casa; tra
le sue braccia, invaghita del suo profumo, io ero a casa.
FINE.
************
Devo
nascondermi o posso stare qui? Ad ogni modo sventolo milioni di
bandiere bianche in segno di pace! Mi scuso, prima di ogni altra
cosa, per l'immenso ritardo ma, l'altra storia che ho già
iniziato a
pubblicare mi ha rapita e non riuscivo più a scrivere questo
epilogo, per fortuna tutto si è risolto.
Non posso crederci che
sia finita... anche questa storia è giunta al termine e
spero
davvero di non aver deluso nessuno con questo finale.
Elena e
Damon sono rimasti amici perché è così
che doveva andare. Lo so
che, da buone Delene, li shippavate come non mai (e anche io ogni
tanto) ma ho pensato al finale ancora prima di iniziare a scrivere e,
onestamente, sono soddisfatta per come sia andata tutta la storia.
So
anche che molte di voi avrebbero preferito vedere loro due innamorati
e fidanzati ma, come ben sapete, esistono tante forme d'amore e loro
sono già innamorati a modo loro; non potevano rinunciare
alla
bellissima amicizia che hanno e rischiare di rovinare tutto solo per
qualche scintilla sessuale che emanavano.
Non voglio stare qui a
giustificarmi ancora ma solo a cercare di spiegare prima di essere
attaccata o insultata! :P
Prima di salutarvi, ringrazio
infinitamente Mary
per aver revisionato i capitoli.
A tutte voi per aver inserito
questa piccola storia tra le varie categorie, per averla letta e per
averla commentata con così tanta passione; per avermi
seguita e
aspettata fino alla fine.
Per chi volesse tenersi in contatto
con me può farlo tramite il mio gruppo
facebook e per chi ancora
volesse leggere qualcos' altro di
mio, ma di genere diverso, ecco la mia nuova storia:
THE
HE(ART) OF THE STREAP.
Lei:
ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui:
italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo
appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad
un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare,
perché è
propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative
sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni.
Lui:
condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei,
ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche
donne: è
uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed
è
la principale attrazione del locale.
Entrambi pensano che
l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare
sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà
per
soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li
lascerà più allontanare.
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