Side

di ErinKirihara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guardare con occhi diversi? Oh, cavolo. ***
Capitolo 2: *** Cambiamenti. ***
Capitolo 3: *** Doppia dichiarazione. ***
Capitolo 4: *** Kenta's Side. ***
Capitolo 5: *** Febbre, fratelli e amori complicati. ***
Capitolo 6: *** Sunshine Side ***
Capitolo 7: *** Red. ***



Capitolo 1
*** Guardare con occhi diversi? Oh, cavolo. ***


La mia mente riusciva a memorizzare ogni minuscolo nanosecondo di quel momento. Sebbene io non fossi intelligente, ma piuttosto distratta, e solita a dimenticare molto velocemente tante cose.
Ma quella volta era diverso. Ero ipnotizzata. Dal momento in cui i petali di ciliegio, si posarono sul suo viso, i miei occhi si incollarono inevitabilmente ai suoi. Indissolubilmente. Senza più via di scampo. Tanto da farmi pensare …
‘Sono in trappola.’
 
 
 
Camminando per le sponde del fiume del nostro paesino, mi venne spontaneo sorridere al cielo di quella giornata splendida. Mi stiracchiai. La vita poteva sembrare noiosa nella nostra cittadina isolata dal mondo, eppure era cosi speciale nella sua semplicità. Cosi bella, verde e pulita da sembrare uscita da un quadro. Era raro trovare qualcuno di cattivo umore, soprattutto nei pressi del periodo estivo, quando tutto si faceva ancora più stupendo e brillante. Non sorridere era impossibile. O almeno, quasi per tutti.
“Sempre allegra di prima mattina eh? Ma come cavolo fai …”
Una voce parecchio annoiata, borbottò appena l’ultima frase.
Per nulla sorpresa, mi voltai.
“Ciao Kenta.”
Alzò una mano, guardando altrove. Scorbutico come al solito.
Kenta, mi era sempre rimasto accanto, fin da piccolo. Ai miei occhi, la sua figura infantile che mi correva incontro, era la cosa più familiare che mi rimaneva .
Posai lo sguardo sul suo viso arrabbiato fin dal mattino. Poi scesi.
Oh, giusto in tempo, pensai.
“Fammi salire!”
Ordinai, puntando un dito verso la bici  che stava reggendo. Portando gli occhi al cielo, mi fece un cenno con la mano, e sospirò.
“Muoviti, scansafatiche. Sappi che se continui ad essere cosi pigrona e poco femminile non troverai mai marito. Immagino già le scritte sulla tua tomba. Aoi Kurama, zitella in vita, fino alla morte.”
Sorrisi, e mi poggiai al sedile. Kenta salì, cominciando piano a pedalare. Ripresi il discorso, chiudendo gli occhi e stiracchiando le gambe.
“Ma tu mi hai detto che mi sposerai, no?”
Frenò di colpo. Aprii gli occhi per portarli alla sua schiena con aria interrogativa. Girò il capo verso di me, in modo tremendamente lento. Il suo viso sembrava aver preso colore.
“S- stupida. Quella era una promessa fatta quando eravamo ancora dei mocciosi. Non tirare fuori cose che non stanno né in cielo né in terra.”
Sorpresa del fatto che mi avesse presa sul serio, inclinai il capo.
“Calmo. Scherzavo, non agitarti cosi.”
Sputò a terra.
“Beh, mi fa arrabbiare che tu dia per scontato che ti sposerò solo perché sai che sei racchia e non ti prenderebbe nessun’altro in moglie.”
Mugugnò, dandomi di nuovo le spalle. Gli mollai un pugno in testa.
“Il fatto che sei piuttosto quotato a scuola, non significa che hai il diritto di parlarmi cosi. Scusami tanto se sono una ragazza ordinaria.”
Incrociai le braccia. Non mi ero mai abituata a quel suo essere a volte tanto offensivo. Senza dire una parola, Kenta riprese a pedalare.
Oh, che scorbutico.
Sorrisi. Anche quel suo modo di fare faceva parte del suo essermi tanto familiare. Pensai  che non era cambiato per nulla. Gli portai una mano ai capelli, accarezzandogli la testa come un cagnolino. La abbassò un po’, senza voltarsi.
“… Mi vai bene cosi.”
Sussurrò. Rimasi sbigottita per un attimo, temendo di aver sentito male.
“Umh? Che intend-..!”
In quel momento si  alzò una gran folata di vento. Portai le mani ai capelli, che rischiavo di mangiarmi. Kenta cominciò a muovere il manubrio da una parte all’altra, come fosse impazzito.
“MA CHE DIAVOLO?!”
Urlò in modo impacciato.
“Che succede?!”
Kenta mosse le mani davanti al viso. Riuscii a scorgere per qualche secondo delle foglie che gli volavano via dalla faccia, prima di cadere entrambi, a terra.
Aprii cautamente gli occhi. Kenta, con la faccia piantata sul mio petto, si alzò piano, aprendoli poco dopo, a sua volta. Sistemò le mani a terra, una per una di fianco al mio collo, facendo per alzarsi.  Poi si bloccò. Ancora distesa a terra, lo guardai senza capire cosa gli passasse per la testa. Si sedette appena sulle mie gambe, e mi toccò il viso con le dita, delicatamente. Scuro in volto, avvicinò il suo al mio. A quel punto gli scompigliai i capelli. Sorrisi.
“Ti sei fatto male e ti viene da piangere? Pensavo fossi cresciuto almeno un po’. Su, in via eccezionale un abbraccio te lo concedo.”
Mi lasciai scappare una risatina.  Kenta sembrò non gradire, e si bloccò di nuovo. Cercai di sbirciare sotto i capelli che gli oscuravano lo sguardo.
“…Kenta…??”
Mi stavo davvero preoccupando. Quel comportamento non era da lui. Incrociò le sue dita alla mano che gli tenevo tra i capelli. Poi la lasciò, bruscamente.
“… Non sono più un bambino. Perché non riesci a vedermi come un’ uomo ?”
Rimase fermo per qualche secondo, poi si alzò, frettoloso, salendo in bicicletta. Protesi una mano verso di lui .
“Che cosa …? “
“Ti porto io la cartella in classe. Ora vorrei stare un po’ da solo.”
Senza dire nulla, lo osservai allontanarsi.
‘Come … un’uomo … ?’

Fissai per qualche minuto la sua schiena.
Notai una cosa. In effetti … le sue spalle erano diventate più larghe. Non ci avevo ancora fatto caso. Le sue … Erano diventate spalle in grado di proteggere qualcuno. Però … Era sempre Kenta, no ..?
D’istinto, portai una mano al cuore. Da quanto, Kenta aveva cominciato a cambiare? Perché non me ero accorta?
Sospirai. Ero confusa. Ma la campanella non mi aspettava certo per questo. Cominciai a correre.

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Capitolo 2
*** Cambiamenti. ***



2.
 
 
Non era cosi sorprendente forse, il fatto che qualcosa tra noi, prima o poi sarebbe cambiato. Le persone crescono, lo sapevamo bene entrambi. Ma io, avevo preso la mia vita sotto gamba. Tutto quello che avevo avuto fra le mani fino a quel momento, pensavo non lo avrei mai perso, ero certa sarebbe rimasto per sempre immutato. Io … davo tutto dannatamente per scontato.
Mi guardai attorno varie volte, prima di avviarmi verso casa, da sola. La giornata era stata estenuante. E Kenta era la mia cura,  solitamente. Solo il vederlo sbadigliare e giocherellare con i suoi capelli che non se ne stavano mai al posto giusto, riusciva a mettermi di buon umore. Ma quel giorno non era li ad aspettarmi. Ripensai alle parole di quella mattina. Ed al modo in cui mi aveva evitata per tutto il giorno. Anche a quel momento, in cui mi era sembrato cosi … diverso.
Tornando a casa gettai uno sguardo alla porta della sua. Mi fermai a fissarla per qualche secondo, chiedendomi se bussare o no.

“Ora vorrei stare un po’ da solo.”

Già, aveva detto cosi. Scossi la testa. Non dovevo. Probabilmente mi avrebbe cacciata e avremmo finito addirittura per litigare. Non dovevo peggiorare ulteriormente le cose.
Sospirando, girai i tacchi.
O almeno, tentai di farlo prima che una voce sconosciuta mi fermasse.
“Aocchan!”
Mi bloccai. Senza riuscire a voltarmi in tempo, sentii delle braccia stringersi sui miei fianchi, e delle labbra poggiarsi per nulla delicatamente su una delle mie guance.
Oddio, che succede, che succede. CHE SUCCEDE.
Rimasi bloccata, senza parole. Il mio “aggressore”, invece, sembrava aver molto da dire.
“Pchu ! ~☆ Che fortuna incontrarti! Waaah, Sei diventata ancora più carina! E un po’ più alta, sbaglio? Uh, e ti sono anche cresciute le tette finalmente!”
Tossii, shockata.
“L-le tett-..? Ma cosa… Chi..?!”
Mi voltai di scatto, scrutando il ragazzo dalla testa ai piedi, rossa in viso.
Niente. Niente di familiare. Portando la cartella al petto per evitare altri commenti sulle mie tette, cercai di controbattere, seccata , ma mi ritrovai a balbettare un mucchio di parole insensate.
“ C-chi diavolo saresti tu?!?”
Il ragazzo rimase immobile, sbigottito.
“ Stai scherzando Aocchan? Non ti ricordi di me?”
Piagnucolando, puntò un dito verso la propria faccia.
Lo scrutai ancora. Capelli nerissimi, sparati all’infuori. Masse di orecchini. Occhi grigi.
… Occhi grigi.
Continuai a pensare, soffermandomi su quell’ultimo particolare che sembrava suscitare qualcosa all’interno del mio cervello. Portando una mano ai capelli, il ragazzo guardò altrove, stranamente imbarazzato.
“Eppure … dovresti ricordarti del ragazzo che ti ha rubato il tuo primo bacio.”
Impietrii.
Eh? Come, scusa? Ahah.
Riportai la cartella alla spalla.
“S- senti … Penso proprio tu abbia sbagliato persona.”
Mi voltai. Quello era di certo uno svitato. O uno stalker, o qualcosa di simile.
E non sembrava affatto voler demordere.
“Cooosa?! Ma … Non è possibile, io ne sono sicuro! Tu sei Aoi Kurama, non è cosi?”
Mi soffermai a guardare il vuoto, e poi di nuovo verso di luil suo viso sconosciuto.
“Sei … Sei sul serio uno stalker?!”
Arretrai un poco,  terrorizzata.
“Stalk… Ma che..?! Possibile che non ti ricordi di me?! Sono Yoh, Yoh Motomi!”
Portò una mano al petto.
E a quel nome, sovrapposi l’immagine del mio ricordo alla sua.
Poggiai una mano sulle labbra, sorpresa.
“..Quel.. Quello Yoh!? L’operazione, e …! Eravamo … Eravamo dei bambini!”
Sul suo viso si allargò un sorriso spensierato, pieno di soddisfazione.
“Sisisisisisisisi! Sono io, sono io! Dopo l’operazione al cuore sono tornato in Giappone, e sto pensando di trasferirmi qui. Dicono che l’aria pulita sarà la miglior cura, e crescerò sano, forte e bello! Eppoi … Beh, ho suggerito questo posto anche come scusa.”
Lo guardai, interrogativa.
“Come scusa?”
“Yesss.”
Mi abbracciò forte, stringendomi a se. Era strano quanto fosse cambiato. Era sempre stato più basso di me, ed ora mi superava. I capelli castani e lisci che si lasciava sempre cadere sul viso per la timidezza, erano ora di un nero focato, e completamente scombinati. L’espressione insicura che aveva costantemente da bambino, ora era piena di sé.  Sembrava pronto ad affrontare il mondo. Lo strinsi a mia volta. Mi sentivo una sorella fiera del proprio fratellino.
“Sono contenta che tu sia tornato. E che l’operazione sia andata bene. Sai, dopo che ci hai mandato quella lettera con l’esito del tuo intervento eravamo davvero felici, però allo stesso tempo un po’ tristi, perché non sapevamo se saresti mai tornato, dopo esserti stabilito in un posto bello quanto l’ America.”
Dissi, nostalgica. Sussultò, e il suo viso sembrò perdere colore.
“Perché parli al plurale? Non ti starai riferendo anche a quel Kenta Kurosaki, vero? Quello mi odia a morte! Gaaah, rabbrividisco solo a pensare allo sguardo assassino che mi rivolse prima della partenza!”
Si lamentò, tremante.
Abbozzai un sorrisetto.
“Sai … Siamo proprio di fronte a casa sua.”
A quelle parole vidi chiaramente la pelle d’oca formarsi sulle sue braccia. Mosse qualche passo indietro, soffocando un’ urlo.
“Siamo sotto casa di quel vecchio burbero?!”
“E-Ehi, hai solo un’ anno in meno di noi!”
Ribattei, sentendomi quasi ferita nell’orgoglio.
“Lui è vecchio dentro.”
Rispose prontamente determinato.
“E tu … sei … morto …”

 
E… altrettanto pronta fu la risposta che ricevette.
Ci voltammo entrambi esitando un pò.
Con uno sguardo che uccide, Kenta fissava Yoh, quasi  stesse tentando di strangolarlo con gli occhi. Sembrava anche vagamente disgustato.
“ G-GUAAAAAAAAH! È LUI!”
Yoh tentò di correre verso di me, ma Kenta lo afferrò dal cappuccio della maglia. Mentre il povero Yoh si dimenava, Kenta non sembrava accennare a lasciarlo.
“Su … Chiedi scusa al tuo senpai. In ginocchio.”
“N-Non lo farò mai! MAI!”
“ORA.”
Yoh deglutì.
“… C- certo … che la tua voce si è fatta p- profonda.”
Si inginocchiò ai piedi di Kenta, con il pentimento sul volto.
Wow ,facile ad arrendersi. Pensai.
“Mi dispiace Signore. Perdoni la mia insolenza nel chiamarlo vecchietto.”
Kenta, continuò a guardarlo arrabbiato.
“Non per quello. Non è per quello che devi scusarti!”
Il ragazzino alzò di scatto la testa, seccato.
“Cosa?! Che vuoi ancora?!”
Kenta gli mostrò lo sguardo severo di poco prima.  Yoh riprese la frase precedente.
“… Che cosa desidera ancora, signore?”
Portando una mano allo stomaco, Kenta sembrò ripercorrere pensieri orribili. Il suo viso si fece violaceo, poi  pallido.
Passandosi una mano tra i capelli sospirò.
“ … Lascia … Lasciamo perdere, non voglio più ripensarci. Ma sappi che ti odierò per sempre. Me ne torno dentro.”
Lo seguii con lo sguardo mentre si avviava verso la porta. Non mi aveva neanche rivolto la parola. Yoh si alzò in piedi, scattante.
“Quindi sei uscito di casa solo per dirmi che mi odi?! Sei orribile!”
Kenta si lasciò scappare un risolino sarcastico.
“Come se perdessi tempo nello scendere le scale per te. A dire la verità non ero in casa, sono appena tornato.”
Disse in procinto di sbadigliare, indicando la giacca della divisa scolastica.
“Beh, ci vediamo. Il meno presto possibile, spero.”
Yoh fece una smorfia, e mostrò un’ espressione offesa parecchio infantile.
Sorrisi distrattamente a quel suo sbuffare, e rivolsi di nuovo lo sguardo verso Kenta. Presi fiato.
“K- Kent-..”
“Scusa, ho fretta.”
Abbassai la testa. Avendo paura di peggiorare la situazione lo lasciai andare senza dir nulla. Yoh, avvertì la tensione del momento, e si stiracchiò, guardando distratto il tramonto. Sembrava stesse pensando a cosa dire per rompere l’atmosfera gelida che si era creata.
“Beh … Sai, vivrò da solo. E cenare senza compagnia proprio il primo giorno sarebbe parecchio deprimente.” Mugugnò.
Sorrisi, e mossi qualche passo avanti a lui.
“Non ho soldi.”
Mostrò un sorriso determinato.
“Offro io, ovviamente. Ormai sono un’ uomo ed è mio dovere!”
Mi raggiunse correndo, fino ad unirsi al mio passo. Gettai un’ ultimo sguardo verso la finestra della camera di Kenta, prima che sparisse dalla mia visuale.
“Oh … “
La luce era accesa, e Kenta era li, che ci guardava. Per un interminabile secondo, i nostri occhi rimasero incollati tra loro. Fino a che i suoi non cambiarono direzione. Yoh, che nel frattempo mi era passato avanti, si fermò.
“Aocchan?”
Kenta chiuse gli occhi. Il suo viso trasmetteva nervosismo da tutti i pori. Ma anche … Delusione? Portò una mano tra i capelli e chiuse le tende, con un movimento cosi veloce da esser quasi impercettibile, al quale istintivamente, sussultai.
Forse Yoh sospirò, ma in quel momento non ci feci molto caso. Sentii poi la mia mano, intrecciarsi ad altre dita. Sorpresa, mi voltai. Yoh mi fissava. La sua espressione determinata, di nuovo.  Portò ancora una mano al cuore.
“Sono qui. Sono tornato. Guarda me!”
Rimasi impietrita. Scossi la testa, per riprendermi.
Poi ritornai in me, e cercai di abbozzare qualche parola, abbassando lo sguardo. Ma Yoh, mi anticipò sui tempi.
“… E non voglio un’ espressione triste sulla tua faccia, quando io sono con te.”
Il suo sguardo non accennava a vacillare. Come faceva a dire frasi simili senza il minimo imbarazzo?  Era cambiato. Era davvero cresciuto. Strinse la mia mano, e sorrise sereno.
“Ramen. Ho voglia di ramen.”
Si voltò, continuando a trascinarmi. Sospirando, cercai di scacciare i pensieri.
“Chissà se ti sbrodoli ancora tutto come quando eri piccolo. “
“Ehi, sono un’uomo ora, ti ho detto!”
Urlò, offeso, mentre io trattenevo una risata.
Ero davvero felice del suo ritorno. Lo ero molto.
Ma sentivo … Che mi mancava qualcosa. Qualcuno.

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Capitolo 3
*** Doppia dichiarazione. ***


Tutte le stupide battute e l’allegria contagiosa di Yoh mi avevano distolta dai pensieri. Ero davvero sorpresa del suo cambiamento. Tornando a casa, lo salutai, e lo guardai andarsene saltellando. Lo osservai, ripensando al passato. Era un bambino cosi chiuso, anni fa. La causa, probabilmente, era il suo bell’ aspetto. Aveva un viso e dei modi tanto delicati, da sembrare in tutto e per tutto una ragazzina. E la cosa probabilmente lo imbarazzava molto. La prima volta che io e Kenta ci avvicinammo a lui, non parlò per una giornata intera.
“Ehi, smettila di fare l’antipatico, stiamo cercando di diventare tuoi amici!”
Kenta, gli disse qualcosa del genere. E il piccolo Yoh di allora, scoppiò a piangere.
Non sembrava un pianto triste però, il suo.
Non sapendo come comportarci, gli rimanemmo accanto, in silenzio. Fino a che, una bella signora dagli occhi grigi e lunghi capelli chiari, probabilmente una straniera, lo prese per mano. Sua madre. Lo capimmo subito, i loro occhi erano dello stesso, bellissimo colore.
Sorrise verso noi due, dolcemente. Prima che sparissero completamente all’orizzonte, presi fiato.
“Torna anche domani! Ti aspetteremo qui! Vero Kenta?”
Kenta sbuffò, apparentemente scocciato.
“… Certo. Quindi … Torna presto.”
Così, iniziò la nostra avventura estiva.
Una volta, i nostri genitori ci diedero il permesso di dormire nel giardino di casa mia. E fu proprio dopo quella sera, che i rapporti tra Kenta e Yoh si frantumarono. Non ne capii il motivo. Anche a quel loro ultimo incontro, il viso di Kenta si era fatto di nuovo pallido, e disgustato. Strano, troppo strano.
Ripercorrendo quei pensieri, entrai in casa, e mi buttai a letto, senza salutare. I miei genitori erano entrambi fuori città per l’anniversario di matrimonio dei nonni. Che bello quando l’amore è tanto duraturo.
Mi sfilai le calze, e tolsi la gonna. Portai gli occhi al soffitto. I pensieri stavano tornando ad annebbiare la mia mente. Chiusi gli occhi. Non era mai successo che io e Kenta litigassimo, a pensarci bene. Non seriamente. Chissà che cosa stava facendo. Chissà se anche lui ci stava ancora pensando, come me. Il casino nel mio cervello, venne interrotto dal vibrare del mio cellulare. Svogliatamente, lo aprii.
“Un messaggio … Umh …”
Era Yoh.
‘Sei tornata a casa? Sei di nuovo triste, o non devo preoccuparmi?’
Sorrisi. Com’era premuroso. Cercai di rispondere in modo tale da non farlo preoccupare.
‘Sono tornata. E sto bene. Sto solo pensando un po’, ma non sono triste.’
La risposta alla mia risposta, arrivò in modo immediato.
‘Pensi ancora a Kenta?’
Sopirai.
‘Un po’.’
‘Però con me sei riuscita a stare serena, vero?’
Oh, non l’avevo ringraziato.
‘Si, mi hai tirata su per un po’, grazie mille.’
La risposta a quell’ultimo messaggio, arrivò un po’ più in ritardo.
‘Se solo stessi con me, non ti lascerei tempo per i brutti pensieri. Ti farei sempre sorridere.’
Guardai lo schermo del cellulare, perplessa. Che intendeva dire? Stare con lui?
‘Infatti stasera, stare con te mi ha fatta sorridere. Intendevi questo?’
Esitando, inviai anche quel messaggio.
‘No. Se ti affacci al balcone, te lo spiego.’
Mi alzai di scatto. Infilai dei pantaloncini neri, e corsi fino al balcone.  Yoh era li sotto.
Estremamente serio.
“Y-Yoh …?”
“Ehi. Quanto tempo, ah?”
Si lasciò scappare una risata nervosa, alzando la mano in segno di saluto. Il lampione che illuminava il vialetto di casa mia dava luce al suo viso. Riuscivo a scorgervi un rossore, che mi sembrò insolito da parte del ‘Nuovo Yoh’.
“Tutto … Apposto?”
Sospirò, e tentò di prendere fiato. Poi, sorpreso, si voltò, alla sua destra. Diressi lo sguardo nella stessa direzione. Già in lontananza, riuscii a riconoscere quella sagoma, tanto familiare.
“K- Kenta!”
Kenta si fermò,fulminando Yoh con lo sguardo.
“Che ci fai qui, tu?”
Chiese a Yoh. Sembrava davvero arrabbiato.
“Potrei farti la stessa domanda. Comunque … Se vuoi resta. Ho qualcosa da dire ad Aoi.”
Kenta rimase immobile, a guardarlo. Poi mi rivolse uno sguardo impacciato. Sembrava nascondere qualcosa dietro la schiena. Yoh nel frattempo, sospirò di nuovo, e chiuse gli occhi.
“Aoi … Il motivo per cui sono tornato qui dopo l’operazione … E’ che.”
Kenta sembrò allarmarsi tutto d’un tratto. Che diavolo stava succedendo?
“L’aria di campagna ti fa bene. Non era questo?”
Scosse la testa.
“Non solo. La verità è che…”
Yoh era visibilmente in difficoltà. Ma anche Kenta aveva una strana espressione sul viso. Sembrò borbottare qualcosa come ‘Dannazione’. Yoh alzò lo sguardo, strinse i denti.
“La verità è che, mi ero ripromesso, che se avessi superato la mia ultima operazione, sarei tornato dalla ragazza che amo, per dirle quello che provo. E … “
Gonfiò i polmoni, prima di pronunciare quell’ultima frase.
“Q-quella… QUELLA RAGAZZA SEI TU AOI!”
Riflettei un attimo. Poi, sorrisi, imbarazzata.
Probabilmente ho capito male.
“Ecco io … Anche io ti voglio molto bene!”
Yoh, sembrò voler ribattere, ma fu interrotto.
“E’ possibile che tu sia tanto scema? Ti ha appena detto che ti ama. Non come si amano due amici. Ma come si amano ragazzo e ragazza. Sei davvero cosi idiota da non capire?”
Yoh sembrò calmarsi. Guardò Kenta, quasi preoccupato, poi, ancora con decisione, portò lo sguardo a me.
Voleva … una risposta? Rimasi impietrita, a guardarlo. Finchè non fui distratta da un’altra intromissione di Kenta. Aveva un’espressione che non gli apparteneva, sul viso. Sembrava … Amareggiato. Arrabbiato. Come se qualcosa di cattivo si fosse appena svegliato dentro di lui.
“Se neanche delle parole tanto chiare riescono a smuovere qualcosa dentro di te. Penso proprio di non essere io il problema. Siate felici insieme. Ma penso non verrò al matrimonio.”
Disse sorridendo.
“C-cosa..? Kenta, io non …”
“… Capisci? Stavi per dire che non capisci, non è così? Non mi sorprende.”
Da dietro la schiena, tirò fuori un grande mazzo di fiori azzurri. Sul fondo del mazzo, un nastro dello stesso colore, teneva legata a se una lettera. Kenta lasciò cadere quei fiori a terra.
“Apri bene le orecchie, Aoi. Non sono più un bambino. Ed è tanto … Troppo tempo, che sono innamorato di te. Ora mi sono davvero stancato. Non parlarmi più, d’ora in poi, perché voglio solo dimenticarti.”
Infilando le mani in tasca, si avviò verso casa.
Yoh, imbarazzato, abbassò la testa.
“P-pensaci.”
Scappò via correndo.
Cercai di far uscire qualcosa dalla mia bocca, ma senza risultato.
Gli eventi di quell’ultima giornata, si sovrapposero ai ricordi che conservavo gelosamente da tanto tempo. I ricordi di noi stessi, bambini. E tutto quello che riuscii a fare, fu …
Pensare di voler tornare a quei tempi. Dove tutto era semplice, e bellissimo.

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Capitolo 4
*** Kenta's Side. ***


Non è che fossi arrabbiato sul serio. Ero solo … shockato. Tremendamente shockato. Mentre tornavo a casa, avrei  voluto correre più forte che potevo, e buttarmi a letto. Ma le mie gambe tremavano.  Anni e anni, per riuscire a farle capire i miei sentimenti. Eppure, quel ragazzo, in un giorno ci era riuscito. Era riuscito a trovare il coraggio di dirle tutto. Da una parte, sentii di dovergli rispetto. Quasi come fosse un mio rivale. Dall’altra, lo odiavo. Profondamente. La dichiarazione che volevo farle da tanto tempo, era completamente andata a monte. Non era cosi che l’avevo immaginata.
Come qualcosa di fin troppo sdolcinato, ma che stranamente mi sembrava tutto quello che avessi mai desiderato.
“Ti amo da sempre Aoi. Diventa la mia ragazza.”
Lei mi avrebbe guardato imbarazzata, con quei suoi occhi che sono capaci di catturarti per non lasciarti più. Avrebbe pianto un po’. L’avrei abbracciata forte, e accarezzandole le guance bagnate, le avrei dato un bacio, di quelli come nei film.
Bah.
Il solo ripercorrere quei pensieri mi fece arrossire come uno stupido. Portai la testa fra le mani.
Lo aveva appena saputo.
“Lo sa. Ora lo sa.”
Espirai più volte, tentando di tornare a respirare come un’ essere umano.
“Sa che la amo.”
Già, glielo avevo detto. Anche se in un modo orribile. Il suo viso era sconvolto. Era rimasto impresso nella mia mente, ed era un’ immagine che volevo cancellare al più presto.
Chiusi gli occhi, tentando di farmi prendere dal sonno. Sapevo che sarebbe stato difficile. Ma in qualche modo ci riuscii. Consapevole, che il giorno seguente sarebbe arrivato.

La brezza estiva stava iniziando a diventare un’abitudine. Svegliarsi con un’arietta simile che ti rinfresca il viso era davvero una cosa piacevole, ma il pensiero che avrei rivisto presto  Aoi, mi mise immediatamente agitazione. Mi stiracchiai come se fossi già troppo stanco di quella giornata appena cominciata. Fissai la mia immagine allo specchio, dandomi dello scemo più e più volte. Ma fui interrotto.
“Si si, abbiamo capito, sei uno scemo! Muoviti in quel bagno, non sei l’unico che deve andare a scuola!”
Mia sorella, che insopportabile.
Sbuffando mi infilai la camicia della divisa, mi buttai un po’ d’acqua in faccia, la asciugai in fretta, e pettinandomi a malapena, mi diressi verso la porta. Mi sedetti sul gradino d’entrata, poggiando la testa fra le gambe.
“Coraggio … Coraggio. Le chiederò scusa. E … tornerà tutto come prima.”
Infilai le scarpe.
“E chissà, magari con un po’ di fortuna mi dirà che ricambia i miei sentimenti.”
Arrossii come una femmina, grattandomi la testa in modo impacciato. Mi feci quasi un po’ di pena.
Che femminuccia innamorata.
“Bene. Ora esco. Ora…”
“… Vuoi levarti da davanti alla porta? E smettila di parlare da solo.”
Guardai male mia sorella, che mi fissava torva a sua volta.
“Ehi vuoi litigare, stamattina?”
Sbadigliò.
“E’ da ieri sera che ti lamenti neanche fossi in punto di morte. Sei stancante. Se ti sei dichiarato ad Aoi sii uomo e affronta la cosa, insomma.”
Impietrii. Feci qualche passo indietro.
“Cos-…?! Come… Come lo sai, strega?!”
Lei si stiracchiò, tranquilla, ed aprì una merendina.
“Sei tornato a casa con dei fiori. E poi ieri, quando era con quel ragazzo davanti a casa nostra, l’hai evitata. Quando te ne sei andato con i fiori, sei tornato senza. Avevi una faccia depressa, blateravi, e cose simili. E’ tutto così semplice da capire.”
La guardai, quasi spaventato, arrossendo. Tutto tornava, effettivamente. Però, era stata cosi precisa in ogni singolo particolare che …
“Maki chan. Se inizi a spiare la gente fin da ora, non voglio immaginarmi che diavolo diventerai quando sarai vecchia.”
A  quelle parole, uscii di fretta, e chiusi la porta, correndo via. Sentii mia sorella urlare qualcosa. Bah, le sorelle maggiori. Sembrava quasi più infantile di me.
Camminai per la riva del fiume, guardandomi bene attorno. Magari l’avrei vista in lontananza.
Niente.
Entrai in classe, In modo fintamente disinvolto. Poggiai la cartella a terra, ed esitante, mi voltai verso il banco di Aoi.
Sussultai.
Era vuoto.
Quasi tremante, lasciai che il mio sguardo si perdesse nel nulla.
Era impossibile. Secchiona come era, non era mai mancata da scuola. Una volta era venuta perfino con la febbre, e la dovetti accompagnare a casa da morente. Se non c’era doveva per forza essere perché … Non voleva vedermi.
Mi bloccai. Un altro orribile pensiero percorse la mia mente.
Oppure … Si è vista con Yoh?
I brividi mi percossero tutto il corpo. Non potevo starmene li. Mi alzai di scatto.
“Dite al prof che ho avuto un’emergenza a casa o qualcosa del genere!”
Sentii balbettare un ‘ si ‘ poco convinto da qualcuno. Corsi fuori.
E feci una vittima. Qualcosa era caduto violentemente a terra.
“Ahi!”
Era una ragazza. L’avevo urtata.
Questa non ci voleva.
La aiutai a rialzarsi.
“Tutto bene …?”
La ragazza sembrò guardarmi con stupore.
“Umh… S-Si.”
Sospirai sollevato. Per fortuna la cosa sembrava non dovermi rallentare.
“Bene, allora io vad-“
“A- Aspetta!”
Oh no.
Rimasi in attesa.
“Dimmi.”
Giocherellò con le dita, senza guardarmi negli occhi.
“Ecco … Sono Orihara della sezione C. E … E’ molto … Raro trovarti senza Kurama Aoi attorno.”
Storsi un po’ il naso. Non capivo dove volesse arrivare. O forse non volevo capirlo. Non che non fosse carina, ma il mio cuore era già occupato.
“Beh?”
Arrossì. 
“V- volevo chiederti … Visto che da ieri non vi vedo assieme. Se per ... caso … Ti andasse di uscire insieme.”
Ecco, lo sapevo.
Sospirai. Sembrava una brava ragazza. Proprio una brava ragazza. La scrutai da cima a fondo. Brava e carina.
“ Mi dispiace.”
Cercai di abbozzare un sorriso.
“Non penso di poterlo fare. Mi dispiace.”
Si allarmò tutto d’un tratto.
“Ho … Ho qualcosa di sbagliato?”
Scossi la testa.
“E’ che il mio cuore è occupato da una stupida. E tu sembri una brava ragazza.”
Proprio perché sembrava una brava ragazza. Non potevo usarla.
Mi guardò triste. Però, le sarebbe di sicuro passato. Le voltai le spalle, e ricominciai a correre.
Dovevo andare affondo a quella faccenda. Una volta per tutte.

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Capitolo 5
*** Febbre, fratelli e amori complicati. ***




Forse la sveglia aveva suonato. Non ricordavo bene di averla spenta. Il sonno era arrivato a stento la sera prima, e quel poco di riposo che ero riuscita a racimolare non mi era affatto bastato. Non avevo mai saltato la scuola, ma quel giorno non sentivo né la volontà, né le forze per alzarmi dal letto. Per precauzione misurai la febbre.  O meglio, mio fratello lo fece per me. Non avevo voglia di fare nemmeno quello. Preoccupato, mi portò una mano alla fronte.
“Aspettiamo 5 minuti e poi lo togliamo. Sono sicuro che hai la febbre, ma non ti preoccupare, mi prenderò cura di te.”
Mugugnai qualcosa. Mi stava trattando come una bambina.
… Non sono più un bambino. Perché non riesci a vedermi come un’ uomo ?’
Quelle parole mi rimbalzarono di nuovo in testa. Come ero stata insensibile. Me ne rendevo conto solo in quel momento.
Mio fratello infilò una mano gelida sotto il mio braccio, e il film di pensieri che stava cominciando nel mio cervello, si bloccò improvvisamente.
“G-GAAAH! M-MA SEI PAZZO?!”
Sospirò, scrutando il termometro che aveva tirato fuori.
“Ti ho chiamata 3 volte, ma eri cosi assorta nei tuoi pensieri che non mi hai calcolato. Umh … 38.3. Ieri sera sei tornata tardi, ti sta bene. Saresti dovuta passare a casa a cambiarti.”
Infilai la testa sotto le coperte,  voltandogli le spalle. Non volevo ricordare la sera prima.
“ Non ci ho pensato, scusami.”
Mio fratello si alzò dall’angolo di letto su cui era seduto per stiracchiarsi.
“Avrei avuto un impegno stamattina, ma come fratello maggiore è mio dovere farti guarire con tutte le cure possibili. Vado sotto a prepararti il brodo.”
Mi alzai di scatto, mentre lui usciva dalla porta.
“B-brodo?! Non mettere le mani ai fornelli, la tua cucina è pessima!”
Arretrò,  un po’, scorgendomi con uno sguardo torvo.
“Senti, accontentati di ciò che offre la casa, ingrata. E poi era tanto che non cucinavo. Magari crescendo sono migliorato.”
La cosa sembrava piacergli, dal sorriso che stava facendo.
“E’ una cosa che vale solo se hai fatto pratica però …”
Piagnucolando, mi ributtai a letto, tentando di riaddormentarmi. Oramai ero rimasta a casa.
E non mi andava di rimuginare sui miei pensieri. Poi, chissà, magari se mi fossi addormentata, avrei potuto scamparla con la cucina di mio fratello.
Tentai di abbandonare la mia testa al nulla più assoluto. Scacciai pensieri, problemi, ricordi. C’ero quasi, due minuti e …
Aprii gli occhi.
Avevo sentito qualcosa suonare. Il campanello? Il cellulare? L’allarme anti incendio? Con mio fratello era una cosa piuttosto possibile.
Mi alzai piano, la testa girava.
Sospirai, e presi di nuovo fiato.
“Fratellone, hai combinato uno dei tuoi casini?”
Sentii dei passi. La porta si aprì.
“Ho capito da chi hai preso il tuo favoloso talento in cucina. La roba di tuo fratello è immangiabile, mi ha usato come cavia. “
Col suo tono sempre scorbutico, Kenta entrò, poggiando la cartella a terra, e sedendosi ai piedi del mio letto.
Lo guardai sorpresa per qualche secondo, prima di coprirmi fino a sopra il naso, d’istinto. Rivolgendomi a sua volta uno sguardo interrogativo, Si sbottonò il sesto bottone della camicia, come quelli prima. Stava sudando. Come se avesse corso molto. Kenta guardò altrove.
“Non è da te nasconderti in quel modo.”
Mollai le coperte, continuando a guardarlo, senza dir nulla. Avevo paura di poter peggiorare le cose. Lui sospirò, grattandosi la testa.
“Senti … Sono venuto qui per parlarti.”
Sempre istintivamente, mostrai un’espressione offesa.
“Non avevi detto che non volevi più parlarmi? Dovresti tornartene a scuola, o finirai nei guai.”
Kenta, in modo inaspettato, rise.
“Prova ad assistere al magnifico spettacolo di una persona che si dichiara a quella che tu ami, davanti ai tuoi occhi. Poi ne riparliamo, delle reazioni che avresti.”
Abbassai lo sguardo.
“Effettivamente …”
Tornò serio.
“Ho pensato … di aver fatto male a dirtelo.”
Sobbalzai. Non era cosi, non credevo affatto che fosse cosi. Ero io che mi sentivo tremendamente in colpa.
“N- No Kenta, tu n-..”
“Ma non era cosi.”
Mi interruppe, guardandomi dritta negli occhi.
“Io … S-sono … Anni che voglio stare con te. E … Non valeva la pena prendere in giro la nostra amicizia, visto che non era lo stesso da entrambe le parti, non so se mi spiego. Anche io, dovevo esternare tutto, prima o poi. Quindi, anche se so che probabilmente ora sei confusa e non sai che cosa provi e se lo provi, sappi che farò di tutto per fartelo capire. Come amico, ma anche come ragazzo che ti ama. E sempre in nome di questo ultimo ruolo …”
Non avevo mai sentito Kenta parlare cosi. Volevo dire qualcosa, ma non ne uscì nulla. Fissandomi deciso, scandì bene le parole di quell’ultima frase. “  … Sappi, che non ti lascerò a Yoh.”
Persi un battito.
Chi era quello? Kenta? Quello sempre scorbutico, che sembrava non volermi mai trai piedi? Era sul serio, sul serio lui? Mi morsi le labbra, nel tentativo di pensare a qualcosa da dire o fare. Mi passai una mano tra i capelli, in difficoltà. Forse per la febbre, forse per il momento, stavo davvero sudando molto. Arieggiai un po’ con il colletto della maglia. Notai di soppiatto che Kenta, aveva abbassato lo sguardo. Sembrava seccato, ed aveva preso colorito.
“H- ho fatto qualcosa che non va ?”
Scosse immediatamente la testa.
“No, hai la febbre, è normale.”
Lo scrutai, per capire di che diavolo stesse parlando. Nessuna risposta. Sospirando, mi infilai sotto le coperte.
“Kenta … Mi dispiace di averti ferito in qualche modo.”
Kenta non sembrò minimamente sorpreso di quelle scuse. Si stiracchiò.
“Non sono mica una femminuccia. E’ colpa mia, che confidavo in te. Tu sei troppo stup- … ingenua, per arrivare da sola a cose del genere.”
Mi imbronciai. Il fatto che gli piacessi non lo aveva  reso più gentile. Un pochino ci speravo.
“Sempre il solito, eh?” mugugnai.
Poggiò i gomiti sul letto, e il mento sulle sue mani. Sembrò riflettere per qualche secondo.
“Non proprio. Ora sai che … Insomma, quello. Però … E’ ciò che ho sempre provato. Perciò se qui c’è qualcuno che a seconda della situazione cambierà, quella sei tu.”
Parlò quasi tra sé e sé, senza guardarmi negli occhi.
Non riuscivo bene a ricordare, quando di preciso, Kenta fosse diventato capace di fare discorsi tanto adulti.
Era sempre stato un bimbo un po’ fuori dal mondo. Sembrava rendersi conto di cose, a cui gli altri bambini non facevano caso. Ma proprio per questo, a quei tempi, sentivo quasi con presunzione, di essere l’unica che capiva cosa provasse. Questo perché, mio fratello, durante la separazione dei miei, era maturato tutto d’un tratto, e aveva contagiato un po’ anche me. Un bambino maturo come Kenta, che nessuno capiva a causa di questo, mi sembrava aver bisogno di aiuto, dell’amicizia di qualcuno.
Iniziai a prendermi cura di lui.
Ma proprio a causa di questo mio modo di pensare, forse avevo perso di vista il fatto che lui fosse molto maturo. Molto più di me.
Giocherellai con le dita.
Nonostante lo avessi trattato come una sorella maggiore per tutto quel tempo, ora che avevo scoperto che mi amava e non me ne ero mai accorta, mi sentivo io la stupida e infantile della situazione.
Portai le coperte fin sopra la testa.
“Io … Queste cose non le capisco ancora. Credo di non capirle ancora.”
Sentii Kenta sospirare.
“Non preoccuparti, so che sei lent- “
Si interruppe, allo squillare del suo telefono. Guardò lo schermo perplesso prima di rispondere.
“Che vuoi Yusuke?”
Parlava in modo svogliato, come se non vedesse l’ora di chiudergli in faccia. Finchè la sua espressione non cambiò. Sembrava un po’ più allarmato.
“D-davvero? Mi dispiace… Si ma … Che posso farci io? Non posso accettare solo per farle un favore. …Si. Si riprenderà. …Oh? Beh, con loro me la vedrò domani. Si. Ciao.”
Concluse la chiamata infilandosi bruscamente una mano tra i capelli con fare indaffarato, sbuffando di continuo.
Ero piuttosto curiosa.
“Che succede?”
Esitante, si alzò dalla sedia.
“Ho da fare.”
Non mi andava che evitasse le mie domande in quel modo. Gli lanciai uno sguardo minaccioso.
“Dimmelo!”
Roteando gli occhi, ed emettendo un verso poco umano, Kenta si sedette di nuovo, grattandosi la testa.
Sembrò riflettere per dei secondi su cosa dire. Si morse le labbra, e chiuse gli occhi.
“I prof si sono arrabbiati perché me ne sono andato in anticipo.”
Mi sentii un po’ in colpa per questo. Dopotutto era preoccupato per me, e per questo si era assentato. L’avrei dovuto avvertire. Ma prima che potessi scusarmi, Kenta continuò il discorso, che a quanto pare non era ancora finito.
“… C’è una ragazza della classe accanto. La sua migliore amica è in classe con noi, hanno saputo che l’ho fatta piangere io. Cosi Yusuke mi ha chiamato per rimproverarmi. Quello scemo, che non sa neanche come sono andate le cose.”
Mi sentii spaesata. Kenta che faceva piangere una ragazza? Perché? Non ce lo vedevo a far loro del male.
Rimasi zitta, in attesa del seguito che sembrava non voler arrivare. Spazientita, lo incitai.
“Beh, quindi? Perché piangeva?”
Kenta si imbronciò, girando distrattamente i pollici. Esitante, provò a concludere la frase.
“ Si era dichiarata. “
Ero ancora più spaesata.
“ Oh, e a chi? “
Mi fissò sbalordito.
“ Ma sei scema? “
Sobbalzai, stringendo i pugni, per quanto la mia poca forza da convalescente me lo permettesse.
“ Che ho detto ora?!”
“Collega le cose. Yusuke ha chiamato me. La ragazza piangeva. La ragazza si è dichiarata. Allora?”
Riflettei per un’attimo, portando una mano al mento, come se davvero avesse potuto aiutarmi a trovare la concentrazione. Quando un’idea, che mi sembrò alquanto inverosimile, mi balzò in testa. Risi.
“ Non vorrai dirmi che quella ragazza si è dichiarata a te? “
Non parlò, e non mi guardò negli occhi. Per qualche strano motivo, non avevo più voglia di ridere. Rimasi in silenzio anche io, per un po’, ma di nuovo, il seguito che volevo sentire non sembrava dover arrivare.
“  E … che le hai risposto? “
Alzò lo sguardo, deciso.
“A questo puoi arrivare da sola.”
Anche se non ne capivo bene il motivo, il suo parlare poco chiaro, mi stava irritando.
Con uno sguardo ed un tono di voce quasi imploranti, strinsi  a me le coperte.
“ Rispondimi e basta. “
Kenta sembrò sorpreso. Rimase sovrappensiero per pochi istanti, fino a lasciarsi scappare un risolino.
“ Beh? Come mai ti interessa tanto? “
Impietrii.
Il mio cervello cercò di combinare tra mille parole casuali, la giusta frase che potesse prendere le mie difese.  Eccola, la mia prima via di  fuga. Sembrava anche plausibile.
“ Perché, sei mio amico, e mi preoccupo per te! Voglio sapere quello che ti succede!”
Il suo sorriso, si trasformò subito in una smorfia di disappunto.  Chiuse gli occhi e si alzò dal letto, caricandosi in spalla la cartella.
“ Che brava persona. Sei cosi premurosa con tutti i tuoi amici?”
Un brivido mi percosse la schiena. Avevo l’impressione di aver detto di nuovo qualcosa di sbagliato.
“ M-mi prendi in gir…-“
“ Gli ho detto di no. Razza di idiota, vorrei sapere che ti parlo a fare. “
A quelle parole mi sentii sollevata. E colpevole, allo stesso tempo.
Mentre se ne andava verso la porta, Kenta si fermò, voltandosi.
“ Vedi di rimetterti presto. “
Annuii, esitando un po’, mentre con lo sguardo, seguivo il suo uscire dalla mia stanza.
Appena fui sicura che Kenta fosse fuori, buttai la testa al cuscino, rivolgendo gli occhi verso il soffitto.
Mi sentivo strana. Molto strana. Ed era una sensazione che non mi piaceva.
Ma magari, è solo la febbre.
Tentai di rassicurarmi, per evitare il turbine di pensieri che sentivo già farsi spazio dentro la mia mente.
Portai le ginocchia al petto.
“Vedi di rimetterti presto.”
Sospirai, preoccupata. Chissà per quale motivo, avevo una gran voglia di tornare a scuola.



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Capitolo 6
*** Sunshine Side ***


Quella luce che filtrava dalla finestra era davvero fastidiosa.  Ma in qualche modo, mi ricordava che in quel momento, ero finalmente indipendente. Quegli anni passati in ospedale, servito e riverito, circondato solo da luci artificiali … I raggi del sole mi dicevano che ero vivo, che ero fuori di lì. Un nuovo giorno era arrivato, e nuovamente dovevo combattere. Mi alzai velocemente dal letto, solitamente mi aiutava a svegliarmi. Ma quella mattina, era pressoché inutile. Non avevo affatto dormito. Distrattamente, mentre infilavo una maglietta, lo sguardo cadde sulla cicatrice nel mio petto. Il segno della mia debolezza che non c’era più, e delle difficoltà che avevo affrontato. Mi venne spontaneo sorridere. Quella mattina finalmente potevo farlo.
Posai gli occhi sullo specchio, la mia immagine riflessa era più che raggiante.
Presi fiato.
“CONGRATULAZIONI YOH!”
Iniziai a ridacchiare, pur sentendomi davvero stupido. Ma finalmente, finalmente, finalmente! Finalmente ero fiero di me. Avevo affrontato la mia malattia, e ne ero uscito vincitore. Tutto per poterle dire che l’amavo. E lo avevo fatto, poche ore prima, lo avevo fatto sul serio.
Sono un uomo. Mi sento davvero un uomo realizzato ora.
Mi affacciai alla finestra.
“Ciao mondo! Come staaaai?!”
Ecco … La mia gioia fu interrotta. Dovevo prevederlo.
La causa era la stessa persona che lo faceva ogni volta.
“Che cretino. A chi stai urlando? Fai senso.”
Kenta. Stava passando proprio sotto casa mia, con il suo solito viso imbronciato.
Mi chiedo che diavolo di problema abb- … Oh.
Me ne resi conto in quel momento. Lui … Era furibondo, la sera prima.
Nonostante tutto, non mi faceva affatto piacere, il pensare che potesse stare male. Abbassai per un attimo lo sguardo. Forse avevo fatto male a lasciare che rimanesse ad ascoltare la dichiarazione. Ma pensavo che fosse irrispettoso tenerlo all’oscuro. Volevo mettere in chiaro tutto, con entrambi. Per una battaglia equa e a carte scoperte. Però …
CAVOLO, COME SI PERMETTE DI DIRE CHE FACCIO SENSO?!
“Sei passato sotto casa mia per rovinarmi la giornata vecchio scorbutico?!”
Kenta, stranamente non alzò neanche lo sguardo. Eppure, quando era un bambino, aveva sempre guardato negli occhi chiunque, in modo quasi combattivo, senza alcun motivo plausibile. Quel suo essere sicuro di sé, severo, saggio e forte. L’avevo sempre un po’ invidiato, e ammirato.
“Non mi interesserebbe mai una cosa simile, figurati se ci perdo tempo.”
Fece una breve pausa, ridendo in modo sarcastico.
“Ma d'altronde sembra che perdere tempo con gli idioti sia la mia specialità.”
Alzò un braccio in segno di saluto. Che cosa gli stava succedendo? Non era il solito, non lo era per niente.
Dovremmo essere rivali. E cosi non mi piace.
Non potevo rimanermene li, aspettando che se ne andasse.
Scesi le scale di corsa, dando le spalle alla finestra per qualche secondo. Aprii la porta con un calcio, ed eccolo li, proprio di fronte  a me. Sbuffò, come era previsto.
“Ti fai un giretto? Spero per te che tu non sia uscito per seguirmi.”
Ops.
“In effetti invece è proprio cosi! Devo parlarti!”
Con fare svogliato, si grattò distrattamente il capo.
“Va bene, va bene. Ma vacci piano, sono appena tornato da casa di una stupida.”
Sobbalzai. Solo quando si riferiva ad una certa persona, parlava in quel modo.
“Eri a casa di Aocchan?!”
Sentii tutta la mia precedente energia, sciogliersi in men che non si dica. Un turbine di pensieri ed insicurezze si fecero spazio nel mio cervello, quasi a farlo esplodere. Dovevo fargli davvero tante domande.
“Ti ha invitato lei!? H-ha scelto te?! Perché non è andata a scuola? Perché TU non sei a scuola? Di me non ti ha parla..”
Usando un tono di voce davvero poco cortese, Kenta urlò.
“Ehi, frena, cos’è questo terzo grado? Non penso siano affari tuoi, ma in ogni caso, ieri sera ha preso freddo. Ha solo qualche linea di febbre.”
Sospirai, sollevato.
Per fortuna. Anzi, un attimo…
Saltellando per qualche passo, mi ritrovai di fronte a lui. Ero ancora curioso di sapere un paio di cose. Anche se forse, Kenta non era la persona adatta a cui chiederlo.
“Ti ha avvertito lei, del fatto che si è ammalata? Non è da Aocchan. Lei di solito si prende cura degli altri, e non viceversa!”
Kenta sembrò rallentare un po’ il passo. Era leggermente più assorto nei suoi pensieri.
“ No, sono uscito prima. Non l’ho vista a scuola e ho pensato …”
Mi guardò, torvo. Poi alzò gli occhi al cielo, lasciandosi scappare un altro sospiro seccato.
“Aaah, lascia perdere.”
Cos-…?Può essere che…?
Kenta aveva avuto il mio stesso pensiero? Era preoccupato del fatto che fosse con me?
In qualche modo mi sentii lusingato. Sorrisi soddisfatto.
Kenta era sempre stato una specie di fratello maggiore per me. Non mi trattava con premura, ma neanche in modo freddo. Aoi emanava una gentilezza ben visibile. La gentilezza di Kenta invece, era sempre stata trasparente, ma calda, la si sentiva a pelle. L’ho sempre rispettato e ammirato. Il fatto che si fosse preoccupato di me, significava forse che mi stava mettendo sul suo stesso piano? Che mi considerava al suo livello?
Una sorta di imbarazzo mi scosse tutto d’un tratto. Grattandomi il viso, mi voltai dalla parte opposta a Kenta.
Ma si, glielo chiedo.
“Kenta … Siamo rivali?”
Kenta sobbalzò, facendo un passo indietro.
“Come mai una domanda del genere? Che differenza farebbe?”
Come potevo spiegarglielo? In effetti era sempre stato un ragazzo serio, che non si perdeva in inutili fantasie. Prendeva le cose come gli si presentavano davanti. Si era dichiarato ad Aoi. Ed anche io. Il fatto che fossimo rivali o no, per lui era superfluo. Ciò che era davvero rilevante per lui, era la situazione in cui ci trovavamo in quel momento, probabilmente.
Cercai comunque di esprimermi in qualche modo, roteando gli indici l’uno sull’altro.
“Umh … Ecco … Anche se mi piace Aoi, non voglio perdere Kenta. Kenta a me piace molto, anche se mi tratta male! Quindi …!”
Alzai lo sguardo. Kenta non era più al mio fianco.
Mi voltai più e più volte fino a notarlo dietro di me. Era immobile, con lo sguardo perso nel vuoto. Stringeva forte una mano alla bocca, mentre il suo viso sembrava perdere gradualmente colore.
Istintivamente, cacciai un’ urlo. E uscì davvero poco mascolino.
Corsi verso di lui, ma tese una mano davanti alla mia faccia, in segno di stop.
“M-ma che cosa ti prende?! Che succede?!”
Kenta tremava. Mi stavo seriamente preoccupando. Io ero stato malato di cuore, ma in quel momento Kenta sembrava messo 100 volte peggio di me. Mi guardai attorno ancora, in cerca di aiuto, quando sentii Kenta borbottare qualcosa. Non ero riuscito a capire nulla.
“Cosa? Che cosa hai detto?”
Il ragazzo chiuse gli occhi.
Oddio … Oddio che cosa …?
“ Kenta…? ”
“Ti sembrano … TI SEMBRANO CAZZATE DA DIRE?!”
A quell’attacco a sorpresa, caddi a terra.
“EH?!”
Kenta sembrava furioso, e quel colorito violaceo non accennava a sparire. Stava urlando cosi forte da sputarmi in faccia.
“DOPO CHE HAI OSATO BACIARMI, TI SEMBRANO COSE DA DIRE?! Dio, che schifo. Mi viene da … ”
Si voltò, piegando le ginocchia verso terra, portando questa volta un braccio a stringere lo stomaco.
Che? Bacio? Che cosa? Cosa?! EH!?!
Non capivo. Non capivo davvero. Di che diavolo stava parlando?!
Mi alzai in piedi di scatto, puntando un dito accusatorio verso la sua testa.
“Si può sapere di che diavolo parli?!? Non ho mai avuto certi gusti nauseanti io! Intendevo come amico, mi piaci come amico dannazione!”
Kenta si alzò a sua volta, ancora più furibondo.
“Un’ amico non bacerebbe il suo AMICO, di notte, nel giardino della ragazza che in teoria dovrebbe piacergli! Fai davvero schifo, fai schifo!”
Mi bloccai.
“Eh? … Il giardino di Aoi?”
Tanti ricordi si accavallarono l’uno sull’altro.
Quella volta eravamo dei bambini. Prima che partissi, i genitori di Aoi ci diedero il permesso di dormire in tenda, nel loro giardino. Quella notte, pensando che non l’avrei vista per molto tempo, mi avvicinai ad Aoi e la baciai.
Era andata cosi, no? L’unico motivo per cui avrei potuto sbagliare era che Aoi e Kenta si fossero scambiati di posto. E non era successo. Perché avrebbero dovuto? Perché mai …
“Vi siete … Scambiati di posto quella notte?”
Kenta sembrò sorpreso. Iniziò a riflettere, e arrivato alla conclusione, fece uscire delle parole incerte.
“ Aoi era vicino all’entrata, tremava dal freddo, perciò …  l’ho spostata …”
I nostri sguardi si incontrarono, shockati, mentre i brividi di disgusto ci percossero tutto il corpo. Presi fiato, tentando di controllare il respiro.
“ Noi …”
Kenta deglutì, rassegnato.
“ … Ci siamo baciati. ”
In quel momento, una vecchietta ci passò accanto, e arrossì timidamente.
Dio. E’ troppo imbarazzante.
In tutti quegli anni, ero fiero di averle rubato il primo bacio, mentre … Lo avevo rubato a Kenta.
Senza dire una parola tornammo a casa. Sentivo di aver sviato completamente il discorso. Insomma, avevo la sensazione che io e Kenta dovessimo parlare di qualcos’altro.  Eppure la nausea sembrò offuscarmi anche il cervello.

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Capitolo 7
*** Red. ***


Guardo spesso il cielo. Non che io sia particolarmente sognatrice, ma il cielo, è un punto fermo. Puoi trovarti in qualsiasi parte del mondo. Al mare, oppure in montagna, in campagna o a scuola. Ma se alzi la testa, il cielo è sempre li. Di qualunque colore sia in quel momento, di un grigio minaccioso o di un azzurro rassicurante, il cielo non cadrà mai. Se solo il cielo non ci fosse più, non ci sentiremmo tristi e spaesati? Come se ci fosse venuta a mancare una delle cose più preziose in nostro possesso?
Eppure stamattina ho alzato gli occhi al cielo. Ed era sempre al solito posto. Ma non ho sentito in me un briciolo di sicurezza.


Mi stiracchiai svogliatamente, cosa piuttosto insolita. La scuola mi è sempre piaciuta molto. E’ un luogo per crescere, ed insieme ad altre persone. Sorrido ogni volta a questo pensiero. Kenta odia la scuola a morte, eppure è perennemente tra i primi sette classificati agli esami in tutta la scuola. Beh, il talento è il talento. Oltretutto ha sempre avuto successo, è costantemente attorniato da compagni e compagne, che lui reputa però “fastidiosi”. In un certo senso, sono sempre stata fiera di lui, e di essergli tanto vicina.
Ma in quel momento, provavo uno strano formicolio allo stomaco. Davvero fastidioso.
Ripensai a ciò che Kenta mi aveva detto riguardo quella ragazza. Si era … dichiarata. Perché mi risultava così strano? Mi metteva a disagio. Prima la dichiarazione di Kenta. Poi una ragazza si dichiara a lui.
… Collegare Kenta a questo tipo di cose … Mi rendeva irrequieta.
Sospirando a questi pensieri scomodi, misi la cartella sulle spalle. Probabilmente mio fratello mi salutò, perché pochi secondi dopo essere uscita, me lo ritrovai alle spalle che si lamentava, piagnucolando.
“Da piccola mi adoravi, ora invece, guarda come mi tratti! Mi ignori!”
Infilò un sacchetto con il pranzo nel mio zaino, rassegnato, e se ne tornò in casa, sbattendo la porta.
“… Ma che cavolo gli prende?! Uff.”
Abbassai lo sguardo. ‘Quando eri piccola’, eh? Avevo davvero nostalgia di quei tempi, dove tutto era semplice. O forse … Solo a causa della mia stupida mentalità, era sempre stato tutto facile? Chissà se Kenta e Yoh, già in quei giorni …
D’istinto, portai le mani alla testa. Quel turbine di novità, stava degradando l’interno del mio cervello, a poco a poco. Scossi il capo, tentando di riprendermi. Poi, una voce mi riportò alla realtà.
“A-Aocchan!”
Mi voltai.
“… Oh.”
Yoh. Stringeva a sé un borsone quasi più grande di lui. Lo fissai intensamente, con lo sguardo vuoto.
Kenta, Kenta, Kenta.
Avevo pensato cosi tanto a lui, da dimenticare che il problema era doppio, ed uno dei due si chiamava proprio Yoh. Notai che iniziò a grattarsi il capo, distogliendo lo sguardo. Il suo viso era praticamente in fiamme.
“N- Non fissarmi in quel modo così esplicito …”
Sobbalzai, voltandomi a mia volta. In effetti, assorta come ero, non mi ero davvero resa conto di avergli dedicato la mia attenzione inconscia per cosi tanto tempo. Tentai di elaborare qualcosa, una qualche frase, per poter rompere quel silenzio imbarazzante, senza però avere successo. Azzardai ad una fuga.
“Umh … Devo andare a scuola, perciò ora …”
“Anche io!”
Fui interrotta bruscamente, da una risposta inaspettata, oltretutto. Lo guardai interrogativa, evitando di fissarlo ancora troppo. Yoh, infilò una mano nel borsone, e tirò fuori una cartellina, come se fosse un trofeo di guerra. La sua espressione era davvero raggiante.
“I miei genitori potranno trasferirsi solo dopo l’estate, sai? Per riuscire a pagare le mie cure, sono stati costretti a dei lavori davvero impegnativi. Perciò hanno provveduto a firmare i documenti, e mandarmeli per posta.”
Continuavo a non capire. Dov’è, che voleva arrivare? Sorrise ancora, infilando di nuovo la cartellina nel borsone. Si avvicinò cauto, abbassando la testa. Sentii le sue mani calde, poggiarsi sulle mie, fino a stringerle delicatamente. Il mio viso iniziò immediatamente a bollire, e feci d’istinto due passi indietro.
Yoh sembrò deluso, e lasciò la mia mano sinistra, per portarla a grattarsi di nuovo la nuca. Stringendo ancora l’altra, poi mi guardò serio, tanto da farmi intuire la sua determinazione a pelle.
“… Te l’ho detto. Sono tornato per te.”
I suoi occhi grigi, mi lasciavano incollata al suo sguardo. Nonostante il freddo mattutino, le sue mani erano davvero piene di calore. Calde e grandi. Era cambiato. Come era cambiato Kenta. Come ero cambiata io. Il passato. I noi stessi bambini. Ormai erano un lontano ricordo. E doverlo lasciare, mi procurava costantemente, continue fitte al petto.
Eppure, tutti avevano fatto dei sacrifici per me. Kenta aveva portato pazienza. Yoh aveva sempre sperato in noi due. Io, che cosa stavo facendo?
Rimasi a contemplare i suoi occhi, persa nei miei pensieri, cercando una risposta. Anche se, beh, la sua non era neanche una domanda. Eppure mi sembrava un’affermazione davvero impegnativa. Abbassai il capo.
“Io … Sono … confusa.”
Oh, bene, che frase scontata.
Effettivamente, era ciò che sentivo. Però, in mezzo a quello strano triangolo, ero l’unico elemento che non faceva che rimanere fermo, senza prendere una posizione. Ed era una cosa davvero snervante. Volevo dire qualcosa di chiaro e coinciso, qualcosa in grado di riscattarmi, e far felici entrambi. Ma c’era davvero? Probabilmente non esisteva. Alzai piano la testa. La sua espressione ... non era certo ciò che mi aspettavo. Le sue guance erano piene di colore, eppure, in quel momento Yoh sembrava davvero sicuro di sé, pieno di iniziativa. Poggiò le mani sulla mia faccia. Si avvicinò velocemente, nel giro di mezzo secondo, e mi schioccò un bacio sulla fronte. Spiazzata, feci di nuovo un passo indietro, toccando la mia testa come per verificare che fosse ancora al suo posto.
“ C-che … ?! ”
La mia reazione, ne scatenò una a sua volta su di lui, che ridacchiò, mostrando tutti i denti in modo spensierato. Passò le dita tra i miei capelli, scompigliandoli sulla nuca.
“ E’ meglio così. Sono contento! In questo modo, per me e Kenta sarà una sfida ad armi pari. Farò in modo di non perdere. ”
Lo fissai esterrefatta, ed ancora più confusa. Yoh, sistemò per bene la borsa sulla spalla, ed alzò un braccio, simulando un saluto militare.
“ Ti  farò innamorare di me Aoi. Per ora mi sono preso un piccolo bacio. Ma ti assicuro che mi prenderò anche il tuo cuore. ”
Ed il mio cuore, perse un battito. Yoh si voltò ed iniziò a correre via, mentre con un braccio, tentava di coprire il viso. Era davvero veloce, sorprendentemente veloce, per uno che si era operato da poco.
“ A- Allora ti precedo! Ci vediamo a scuola! ”
A quelle parole, rivolse il capo verso di me per qualche istante.
Riuscii ad intravedere un rossore davvero intenso, che mi fece quasi pensare che si stesse ammalando. Mi voltai piano verso lo specchietto all’angolo della strada.
Il mio viso. Lo stesso rossore.

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