E’ un bacio lento, dolce, è un bacio tra due amici, dato in un momento di sconforto. Non so che senso abbia e mi separo da lui, guardandolo stupita e scossa per quello che è appena successo. Vorrei dire qualcosa, qualcosa per spiegare, per mettere le cose a posto, ma l’unica cosa che esce dalla mia bocca è quasi un sussurro.
– Oh, Jane, noi non...io...tu...–
Come al solito lui mi legge dentro – sì, hai ragione, non è il caso, tu sei una delle persone più complicate che conosca ed io...beh...io sono io –
Annuisco e torno in me, è ovvio che per lui non ha significato nulla, che non pensa a me in quel senso, non voglio complicare le cose, che diavolo mi è preso?
– Senti, non è successo niente – dico – è stato un momento di debolezza, non ne riparliamo più, ok? – mi affretto ad aggiungere imbarazzata.
Lui mi guarda negli occhi per qualche secondo – Certo, Lisbon, non ti preoccupare, non è successo niente –
Mi alzo e mi dirigo verso la porta.
– Ora vado, è tardi e dovresti tornare a casa anche tu. E’ stata una giornata pesante, hai bisogno di riposare. Buona notte Jane – dico prima che la porta si chiuda alle mie spalle.
Quando arrivo a casa mi infilo a letto, esausta, ma quello che è successo più di un’ora fa riempie ancora i miei pensieri. In fondo è stato un bel bacio, ancora non posso credere di aver veramente baciato Patrick Jane sulla bocca, sento ancora il sapore delle sue labbra sulle mie e solo ora mi accorgo di quanto l’avevo desiderato.
Quindi sì, sono contenta di averlo fatto, ma la nostra amicizia, questo rapporto speciale che ci lega è troppo importante per me per rischiare di rovinarlo così, lui è troppo importante per me. E’ sicuramente meglio fare finta di niente, non complicare una situazione già infinitamente complicata. E’ la soluzione migliore e Jane non poteva che essere d’accordo con me. Così, cullata da questa convinzione, mi addormento piena di uno strano senso di serenità.
Il giorno dopo un nuovo caso mi butta giù dal letto all’alba. Ho dormito poche ore, mi sento ancora un po’ stanca e per di più un’altra persona è stata uccisa. La giornata non poteva cominciare in modo peggiore.
Spero solo che tra me e Jane non ci sia imbarazzo, se voglio chiudere anche questo caso devo rimanere concentrata e devo a tutti i costi tenere sotto controllo il mio consulente.
La squadra viene convocata e ci ritroviamo tutti sul luogo del delitto. Tutti tranne Jane, so già che lui arriverà con un paio d’ore di ritardo. Non che mi dispiaccia, viste le circostanze, sarà più facile pensare al caso invece che a lui. Sì, devo assolutamente smettere di pensare a lui, assolutamente.
Quando arriva Jane il sole è ormai alto e abbiamo raccolto prove a sufficienza, così dopo essersi fatto aggiornare da Van Pelt e aver sbirciato un po’ in giro, ci dirigiamo tutti in centrale per interrogare i sospettati. Quando salgo in auto tiro un sospiro di sollievo, sembra che tra noi sia tutto normale.
E’ ovvio che, due secondi dopo averlo pensato, le mie conclusioni inizino a frantumarsi piano piano. E sì, perché alzo lo sguardo dalla strada e lo scopro a guardarmi. Come vedo che mi guarda in ufficio, quando sono distratta, e più volte in sala interrogatori.
Per un po’ l’ho ignorato, ma devo dire che la cosa comincia ad infastidirmi. Insomma avevamo un accordo. Ok, magari non proprio un accordo, ma ci eravamo promessi che avremmo fatto finta di niente, ora non può comportarsi così, ne va del mio lavoro, della mia professionalità e lui, invece, si diverte a mettermi a disagio. E’ il solito bambino e questa volta giuro che non se la cava così facilmente.
All’ennesima volta che lo scopro a fissarmi gli punto il dito contro e quasi urlo
– Jane. Nel mio ufficio. Subito –
Mentre ci dirigiamo verso la porta, gli altri gli chiedono cos’ha combinato e mi ricordo che sono pur sempre al CBI e che devo controllarmi. Non voglio certo peggiorare le cose facendo sapere i fatti miei ai quattro venti, ma la situazione va chiarita per il bene dell’indagine e, soprattutto, per la mia salute mentale.
– Jane, cosa diavolo ti prende? Smettila di fissarmi, non riesco a lavorare con te che mi guardi ogni due minuti – faccio arrabbiata. Non era mia intenzione attaccarlo così, ma la stanchezza si fa sentire e non ho voglia di discutere con lui proprio ora.
– Non ti fisso ogni due minuti –
– Sì che lo fai –
– No –
– Sì –
– No, e poi...– dice lui con tutta l’aria di voler aggiungere qualcosa per girare il discorso a suo favore. Ma ormai lo conosco e non mi frega.
– Jane, ti diverti a mettermi a disagio, vero? – strillo incurante degli altri che ci guardano stupiti al di là del vetro – ma questa volta non la passi liscia –
E’ a questo punto che vedo la sua espressione cambiare. Ora è arrabbiato anche lui. Per una frazione di secondo mi passa per la mente l’idea che forse ho esagerato, ma cavolo come si permette di trattarmi così e la sua espressione arrabbiata getta solo olio sul fuoco.
– Sei il solito bambino immaturo ed egocentrico –
– Io sarei quello immaturo? Non sono io che ho cominciato ad urlare senza motivo –
Ormai siamo totalmente fuori controllo.
– E poi non sono io quello che vuole ignorare le cose che succedono nella sua vita –
Ok, forse mi sono persa qualcosa, perché davvero non capisco dove vuole arrivare.
– Ma ne avevamo parlato, eri d’accordo con me, cos’è cambiato? –
– Io – dice convinto prima di prendere il mio viso tra le mani e baciarmi con tanta passione che sembra quasi voglia divorarmi le labbra.
Il mio cervello va in blackout. Un brivido mi attraversa la schiena. Sollevo leggermente la mano con l’intenzione di afferrargli la giacca e stringerlo di più a me, quando sento delle voci provenire dall’altra stanza.
– Ragazzi guardate, Jane sta baciando il capo – Rigsby ha appena richiamato l’attenzione della squadra e già immagino l’espressione sconvolta con cui ora ci stanno osservando tutti.
Mi rendo subito conto di dove siamo e mi riapproprio del mio autocontrollo. Cazzo, penso, come può farmi questo proprio qui, in ufficio. Non posso, non possiamo.
Lo allontano con forza e, con la stessa mano con cui pochi secondi prima stavo per avvicinarlo a me, gli tiro uno schiaffo deciso che gli lascia un vistoso segno rosso sulla faccia.
– Jane, oddio, non volevo – dico pentita, avvicinandomi.
– Sì che volevi – è ancora arrabbiato, forse più di prima.
– Scusa, Jane. Ma cosa ti è preso? Sei impazzito? Ci hanno visto tutti. Adesso cosa penseranno? –
– Tranquilla Lisbon, non ti preoccupare, hanno visto benissimo anche la tua reazione, non penseranno nulla che non sia la verità – dice prima di uscire dal mio ufficio sbattendo la porta.
Adesso sì che ho combinato proprio un bel casino. Una giornata iniziata male non poteva che finire peggio.
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