L' Aria Che Respiro

di Carla Volturi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Partenza ***
Capitolo 3: *** Arrivo ***
Capitolo 4: *** Casa Dolce Casa E Vicolo Fortuna! ***
Capitolo 5: *** Allora Arrivederci ***
Capitolo 6: *** Brando ***
Capitolo 7: *** Complici ***
Capitolo 8: *** Sensazioni ***
Capitolo 9: *** Razionali? ***
Capitolo 10: *** Senza Se, Senza Ma ***
Capitolo 11: *** Il Destino Gioca Brutti Scherzi (Prima Parte) ***
Capitolo 12: *** Il Destino Gioca Brutti Scherzi (Seconda Parte) ***
Capitolo 13: *** I Conti Con La Realtà ***
Capitolo 14: *** Le Mie Parole ***
Capitolo 15: *** Presente Nel Cuore ***
Capitolo 16: *** L' Incontro Del Mare Con Il Cielo ***
Capitolo 17: *** Magari Con Me... ***
Capitolo 18: *** Sulle Note Dell'Amore ***
Capitolo 19: *** Settembre ***
Capitolo 20: *** Insieme ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic Nessuno si libera facilmente di me, compreso voi lettori! Vi lascio il prologo della mia nuova storia, spero vi piaccia.
Ecco una piccola introduzione: L’aria che respiriamo può portarci alla mente un ricordo di un evento particolare della nostra vita, un amicizia, un amore. E’l’aria, il sole, il mare a far incontrare Cecilia, giovane giornalista venticinquenne con Damiano, militare trentacinquenne.

Nella foto vi sono i due protagonisti principali Cecilia e Damiano, nonchè una bellissima immagine di Furore, città della Costiera Amalfitana, dove è ambientato il racconto.



PROLOGO (CAPITOLO 1)

Silenzio assoluto in casa mia. Silenzio tombale. Unico rumore: i tasti del computer, che normalmente utilizzo per scrivere i miei articoli, pubblicati sul quotidiano regionale, per il quale lavoro da tre anni. La mia prima produzione aveva come tema la festa del santo patrono a Vietri: a quanto pare piacque cosi tanto al direttore che dopo un paio di mesi di apprendistato ebbi il mio contratto, rinnovatomi quattro mesi fa. Sono laureata in Scienze Politiche, ad essere sincera dopo il primo anno denso di corsi ed esami avevo deciso di gettare la spugna: i miei primi lavoretti come giornalista mi appagavano piu’ di quanto facessero quegli enormi mattoni di carta, zeppi di leggi e codici da imparare a memoria. Eppure continuai i miei studi, siamo chiari la laurea mi ha permesso di migliorare la mia posizione in redazione e ciò non è poco per una ragazza giovane come me.
In amore sono la classica donna fedele, devota al suo uomo…sarà per questo motivo che il mio ragazzo Ermanno mi ha lasciata dopo una lunga relazione durata cinque anni. A pensarci bene forse il motivo di questa separazione ha il nome di Vittoria, la figlia smorfiosa del macellaio. I single di Vietri mi saranno grati a vita: Ermanno ha tolto dalla piazza una cozza antipatica, per la pace di tutti. E lo dico per cognizione di causa, non perché gelosa: ne troverò un altro di uomo da amare ogni giorno della mia vita.
Osservo la mia stanza, collocata al secondo piano della mia dimora: è vuota. Chiudo gli occhi, immagino le risate di Brando, mio gemello, Carlo ed Elena, mio fratello e mia sorella maggiori.
Il lavoro ci separa, ma ancora per poco.

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Capitolo 2
*** Partenza ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo, nuovissimo capitolo!
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 2- PARTENZA


Una valigia viola grande aperta sul letto. Una di dimensioni inferiori a terra. La mia camera sotto sopra, fortuna che non c’è mamma, mi avrebbe ammazzata per la confusione, che inevitabilmente si crea quando devi partire, a maggior ragione se devi trasferirti. Ebbene si, parto, vado via…mia nonna Lucia mi ha sempre detto che la fuga può aiutare molto quando si ha un problema, soprattutto se si conosce un tipo come mio nonno Carlo. Personalmente non fuggo proprio da nulla, il mio è solo un modo come un altro di conoscere nuova gente, nuovi posti, insomma classico di una giornalista tipo, che gironzola in giro per il mondo. Bhè io mi accontento di vagare per la Costiera Amalfitana, il che non è poco. Ora che mi soffermo un attimo sul luogo in cui mi trovo, mi rendo conto che sembra quasi passato un uragano: vestiti sparsi sul letto a castello, che all’epoca dividevo con Brando, mio fratello gemello, computer in riavvio sulla scrivania di legno, sedia letteralmente coperta da prendisole vari. Ricordo quando eravamo piccoli io e Brando, vi erano barbie e macchinine telecomandate ovunque, che prontamente mettevano a posto nelle ceste di vimini la sera: eravamo tremendi, ma allo stesso tempo buoni, la mamma doveva gestire quattro figli, da subito ci ha insegnato la teoria della collaborazione in casa. Non vi dico di notte mio fratello quante me ne faceva passare: cuscinate in faccia, oggetti vari sotto le coperte o spettacoli imbarazzanti ma divertenti di lui vestito da donna, che si faceva palpare generosamente il sedere dall’altro mio fratello, Carlo, maggiore di tre anni. Ho anche una sorella, una santa sorella, Elena, gemella anche lei ma non mia bensì di Carlo: non abita piu’ qui con noi da due anni, si è trasferita a Minori, città originaria di mio padre, dove gestisce la biblioteca creata tempo addietro da mia nonna Lucia. Credo che vi siano venute delle emicranie devastanti a causa dei continui nomi…un po’ di pazienza, sono una perfezionista, mi piace tracciarvi ogni singolo passaggio, ogni singolo dettaglio della mia vita.
Nel frattempo termino i bagagli. Miro la mia persona nello specchio a muro, attorno al quale ci sono delle piccole foto di famiglia. Scoppio a ridere nel vedere Carlo e Brando vestiti da sexy cubiste per il carnevale di un tre/quattro anni fa, io ed Elena all’epoca optammo per qualcosa di leggero: le vampire ammiccanti. Morale della favola: quei trogloditi dei nostri fratelli andarono in gelosia e invece della classica  sfilata sotto i carri festosi, ci ritrovammo a mangiare un panino salsiccia e friarielli presso un venditore ambulante, il cui sguardo era rivolto non tanto a noi donne, quanto a loro maschietti. Tiè, vi sta bene!. Il tempo trascorre velocemente, senza che te ne accorgi: il consueto carrè che la mamma (satana dei miei capelli) mi faceva fare da Tonino, il suo parrucchiere, ha lasciato spazio ad una lunga, lunghissima coda di cavallo castana, sempre ben in ordine. Seno non troppo prosperoso, una terza regolare. Pancia piatta, fianchi leggermente pronunciati. Pelle non molto scura e altezza fortunatamente non discutibile come quella di Elena. Sono una donna ormai, una donna di venticinque anni, che si appresta a salutare la propria famiglia…è giunto il momento di vedermela da sola. Proprio Elenuccia mi ha fatto omaggio di questo magnifico abito a mezze maniche blu scuro a pois. Ballerine bianche, coordinate con accessori del medesimo colore. Lucia, mia nonna, mi ha sempre detto che una ragazza elegante acquista punti dinanzi ad un uomo intelligente…chi sa, forse è anche con la sua eleganza che ha conquistato il suo Carlo. Non perché lui sia mio nonno, ma è impensabile non amare uno come il nonno Carlo, è di un fascino, di una bellezza e di un animo buono che fa paura. Anche se devo ammettere il mio peccato, gli uomini della mia vita sono senza dubbio Brando e Carlo: si è vero il papà è sempre il papà, ma i miei fratelli sono tutto per me, li amo con tutta me stessa, farei ogni cosa per vederli sempre felici. Siamo molto legati noi quattro, quando eravamo ancora piccini dormivano nella stessa stanza pur di stare insieme. E quando costruivamo la capanna segreta in giardino? Potevamo entrare solo noi, li ci mangiavamo, li giocavamo e ci raccontavamo le nostre cose. Se non ci sono loro in casa, mi sento a metà. La mia vita a metà senza la loro voce.
Prendo le valigie. Un ultima occhiata alla stanza, ormai vuota di tutto, o quasi. Chiudo la porta e mi dirigo verso il corridoio, nello specifico verso la scala a chiocciola di legno, che conduce al piano inferiore. Guardo verso il basso: non credo che ce la farò da sola a scendere questi due mattoni stracolmi di abiti, oggetti e attrezzatura varia.
Mano nel fianco e voce alta: “Babbo mi aiuti, per piacere?”.
Nessuna risposta, ma piccoli rumori sui gradini. E all’improvviso lo vedo sorridermi. Capelli brizzolati, muscoli non piu’ possenti e tesi. Rughe ben presenti sul viso: ha ormai sessantaquattro anni il mio papà, ma è sempre bello, di gran fascino, molto galante ed elegante.
Espressione da cucciolone: “Devi per forza andare?”.
Broncio: “Papà!”.
Solleva gli arti superiori: “Come non detto”.
Prende il mio bagaglio e scende giu’ in salone. Lo seguo, stando attenta a non scaraventarmi la valigia sulle gambe nude. Tutte le mie accortezze poco servono, credo che a causa degli urti mi usciranno un paio di lividi violacei sulle caviglie. Sai che novità, da piccola avevo le cartine geografiche sulle gambe. Papà mi rimproverava perennemente, diceva che ero una signorina e non un maschiaccio, come quei scellerati dei miei fratelli.
Il salone di casa mia è molto grande e soprattutto pieno di ricordi di famiglia. Ad esempio vi cito il pianoforte nero, che mamma regalò a papà il giorno del suo quarantesimo compleanno. Mio padre Cristiano suona piuttosto bene, da bambini ci faceva sedere accanto a lui e ci dedicava qualcosa, salvo le sue folli idee di interpretare delle canzoni in dialetto, sfoderando delle doti canore molto ma molto discutibili: stona che fa paura. Un altro cimelio è il divano beige, avrà all’incirca una trentina d’anni, non so quante volte mia madre l’ha riparato. Ormai non ci si siede piu’ nessuno, visto che non regge, eppure resta li in un angolo della stanza, i miei genitori dicono che li sopra c’è tutta la loro vita. Le mie domande non sono andate oltre, non mi va di sapere cosa c’è stato su quel divano. Ma ciò che adoro di piu’ in assoluto è il pezzo d’argilla, conficcato nel terreno fuori al giardino: mamma un giorno ci fece adagiare le nostre mani e scrisse il nostro nome: Carlo, Elena, Brando, Cecilia…i suoi quattro gemellini. Siamo nati a distanza di tempo, ma riusciamo a percepire distintamente i sentimenti provati l’uno dall’altro…pura telepatia la nostra.
La mamma nel suo vestito beige mi attende alla porta, con faccia un po’ triste. Le vado incontro e l’abbraccio forte: “Guarda che non vado mica in guerra”.
Sospira: “Si lo so, ma ve ne siete andati tutti via ormai”.
Prendo le sue mani tra le mie: ”Mamma è giusto cosi, sarebbe capitato prima o poi”.
Annuisce, infranta. Papà cinge il suo ventre da dietro e bacia il suo capo con amore.
Apro la porta. Osservo la mia piccola 500 verde posteggiata, con tanto di portiere spalancate. Con l’aiuto dei miei genitori porto dentro ciò che resta del mio trasloco. Ripongo il tutto e tiro un sospiro di sollievo. Un po’ mi fa strano andar via, cambiare vita. Ovvio che i miei mi saranno sempre accanto, potremmo vederci ogni volta che desideriamo. Eppure il pensiero di non vivere piu’ sotto lo stesso tetto, di non dormire piu’ insieme, getta tanta tristezza nel mio animo.
Stringo forte la mia adorata mamma, anzi no “il femminone esagerato” come la chiama papà. Dopo di che tocca proprio a lui prendere il mio saluto e il mio ringraziamento per tutto quello che mi ha dato, per tutto quello che ha fatto per me in questi lunghi venticinque anni. Ne hanno fatti di sacrifici e noi da buoni figli ci siamo sempre prodigati a non deluderli mai. Penso proprio che ci siamo riusciti, chi in un modo, chi un altro ci siamo realizzati sotto ogni punto di vista.
Entro in macchina. Metto in moto. Un ultimo saluto e vado via, non senza vedere i miei genitori, Cristiano e Bianca, abbracciarsi con trasporto ed affetto. E’raro imbattersi in un amore profondo e totalizzante come il loro, davvero molto raro.

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Capitolo 3
*** Arrivo ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti e buon fine settimana!
Vi lascio un nuovo capitolo, scritto ascoltando una bellissima canzone di Raf, vi posto il link: http://www.youtube.com/watch?v=eo0JynbIkGo&feature=share


NOTA IMMAGINE: Nella foto a partire a sinistra Brando, Cecilia ed inifine Carlo. Ho creato un gruppo su Facebook. Ecco il link per chi fosse interessato:http://www.facebook.com/groups/269759273103961/

CAPITOLO 3- ARRIVO

Finestrini abbassati: fa un gran caldo oggi. Occhiali da sole scuri. Molletta rosa che regge la coda di cavallo: voglio evitare che si appiccichi alla mia pelle sudata. E soprattutto Radio Ibiza a paletta. Sbraito come una posseduta, musica ad alto volume: chi se ne frega se è solo rumore, come dice papà, oggi sono felicissima e ho bisogno di qualcosa che stimoli la mia gioia. Dunque la musica house è quel che ci vuole per darmi la giusta carica. Se solo ci fosse Brando…già me lo vedo atteggiarsi con quei balletti sensuali, che fanno cascare le ragazze come mele cotte a terra. Non lo dico perché è mio fratello, ma è bono da paura. Ciò che distingue Brando da Carlo è il carattere: il mio gemello è furbo, scruta bene il luogo in cui si trova e se sei la sua preda è finita, tanto fa che ti conquista, usando i suoi sguardi ammalianti, le sue pose sexy, i suoi gesti raffinati, le sue battute da stronzo che ti seduce. Insomma ci sa fare, ha ereditato quest’arte da nostro padre, che prima di incontrare la mamma, si è dato da fare con il gentil sesso. Carlo, invece, è piu’ pacato, si anche lui conquista, fa e dice, ma è solo apparenza. Mettiamola cosi la sua è una maschera per nascondere il suo animo molto tranquillo. Anche se, preciso, quando i miei due fratelli stanno insieme è finita, fanno tanto di quel baccano che non avete idea. L’uno compensa l’altro. Ed io li adoro.
La strada statale è ormai terminata, percorro quel po’ di via che mi è rimasta per giungere alla meta: Furore. Furore non è un paese qualunque, ma è il paese, il che è diverso. Non è per niente grande, anzi le sue dimensioni sono piuttosto modeste, ciò nonostante è molto frequentato, anche perché si trova quasi al centro della Costiera Amalfitana: vuoi o non vuoi ci devi passare per forza qui. Le case ,tutte costruite sulla montagna, sono collegate tra di loro da un'unica arteria principale, che si articola a mo di zig-zag. Troverete ovviamente anche delle piccole vie, ma molte di queste vi condurranno solo presso ulteriori dimore o minuscoli appezzamenti di terreno. La strada principale termina nei pressi del mare: qui troverete un solo ed unico bar e dei negozi. Per avviare l’economia del paese si è deciso di convertire alcune case in locali commerciali, forse è per questo motivo che scoverete delle palazzine da tre, massimo quattro abitazioni. Ma non vi fate ingannare dall’apparenza, a Furore c’è tanta di quella gente e tanta di quella gioventù che non avete idea!. La spiaggia è abbastanza grande ed anche in questo caso, come Vietri, vi è il lido, cosi come lo spazio pubblico. Senza contare il porticciolo dei pescatori, con piccola Capitaneria annessa, che controlla la bellezza di cinque città marittime. E ciliegina sulla torta…il fiordo. Il fiordo è un ristretto specchio d’acqua cristallina posto allo sbocco di un vallonestrapiombante a mare, ed accogliente un minuscolo borgo marinaro. Il fiordo è inoltre scavalcato dalla strada statale mediante un ponte sospeso, alto una trentina di metri. Insomma è una bellezza naturale che ti toglie il fiato. Peraltro potete farci tranquillamente il bagno, poiché vi è una magnifica spiaggetta, alla quale potete accedere anche via terra, grazie ad un lungo percorso scavato nella montagna. E’ o non è il Paradiso?.
Entrata in città, mi muovo molto lentamente a causa della gente che cammina lungo il lato destro e sinistro della strada. Dal loro abbigliamento si evince che si stanno recando a mare. Come li invidio, a maggior ragione con questo caldo torrido. Abbasso il volume della musica: qui si rischia di essere additati come la cafona di turno…scansiamo occasione. Osservo minuziosamente ogni attività commerciale: un supermarket, un negozio d’abbigliamento uomo-donna e bambino, un fruttivendolo, immancabile nei paesi della Costiera ed infine una gelateria. E no, non ci siamo mica però!. Riprendo la ricerca, ma mi rendo conto che la mia 500 poco mi aiuta, dunque parcheggio: chi sa se troverò mai piu’ un posto a primo colpo!.
Chiudo l’auto a chiave e borsetta tra le mani inizio ad andare a zonzo per la città. In questo istante farei ben volentieri una danza della pioggia: il caldo uccide la mia pelle e mi fa sudare. Mille anni che scovo il mio obiettivo. Attraverso sulle strisce pedonali. Un paio di passi e bingo, ce l’ho fatta.
Entro dentro, con un grandissimo sorriso piazzato sul viso. Un sorriso pieno di felicità. Però…è stato bravo, il suo bar non è per niente male: angolo cassa per i pagamenti, dietro al quale vi è un giovanotto che prende una prenotazione a telefono, bancone lungo ad onda color bianco, con tanto di vetrina per i dolci, al muro due grandi macchine del caffè con tazze e tazzine di svariata dimensione, nonché un ampia esposizione di liquori. Classico rumore di bicchieri e piattini sporchi posti nel lavabo. Una serie di tavoli stilizzati bianchi, con piccolo vaso e rosa rossa al centro, coordinati con sedie dal materiale trasparente. Se ci fosse mia madre ora mi ammazzerebbe: una degna figlia di pittrice dovrebbe sapere come si chiama il materiale con cui sono state fabbricate queste sedute!. Faretti ovunque, sul soffitto, sulle pareti, ovviamente spenti poiché giorno. Tantissima luce solare, che illumina questo magnifico locale, molto accogliente e allo stesso tempo familiare. Mi accomodo su uno sgabello vicino al bancone, il barista è di spalle, intento a pulire i suoi attrezzi.
Sciolgo i capelli e li scuoto a mo di diva degli anni ’50. Mano sotto il mento e voce sensuale: “Se avessi saputo che eri cosi bello sarei venuta prima da te”.
Resta immobile. Sorride e replica: “Se vuoi possiamo recuperare il tempo perduto”.
Rido: “Anche ora, tesoro”.
Scoppiamo entrambi in una fragorosa risata. Si gira e mi abbraccia con trasporto, sollevandomi, senza curarsi che ho un vestito e che le mie grazie sono quasi alla mercé dei clienti.
Tiro verso il basso il mio abito: “Carlo, il sedere”.
Ebbene si, Carlo mio fratello è il misterioso barista. Ha acquistato questo locale ormai sette anni fa. Aveva ventun’anni quando decise che era giunto il suo momento, il momento di aprire finalmente il suo agognato bar. Da piccolo, precisamente diciassette anni, fece bagagli e se ne andò per l’intera stagione estiva a Minori dai miei nonni, ove ancora oggi vi è il ristorante “L’Infinito”di un cugino della nonna, Michele. Ha sempre lavorato mio fratello, diciamo che ha il mondo della ristorazione nel sangue. I suoi occhi azzurri sono sempre luccicanti, il suo sguardo dolce e rassicurante. La sua bellezza è palese, soprattutto ora che indossa una maglia verde e un jeans scuro.
Prende il mio viso tra le mani: “Mi sei mancata tanto”.
Scompiglio i suoi capelli: “Anche tu”, scuoto il volto, “ma come promesso eccomi qui, un estate e non solo tutta per noi!”.
Un minuto di silenzio e nuovi baci sulle guance. Mi prepara una limonata fresca. Mentre affetta un limone, un cliente, che preciso può avere i suoi settanta, ottanta anni, chiede a mio fratello io chi sia. Carlo non se lo fa ripetere una volta, solleva il coltello ed afferma: “E’la sorella del barista”. Mi volto e vedo tutte le persone qui presenti di sesso maschile girarsi senza degnarmi di uno sguardo. Con broncio ai massimi livelli, osservo Carlo. Braccia incrociate sotto il seno.
Spalanca le mani: “Che ti ho fatto ora Cecilia?”.
Mi guardano come se fossi un appestata”, esclamo, portando alle labbra la mia bevanda fredda.
Fa spallucce: “Tu sei appestata!”.
Aggrotto il sopracciglio: “Eh?”.
Si appoggia al balcone delle macchine: “Secondo te ti faccio avvicinare da un uomo? Solo una volta è capitato, perché avevo la febbre e Brando non c’era. Per questo è andata bene a quell’idiota di Ermanno”.
Gesticolo animatamente: “Ah,non me lo nominare proprio”.
Appunto! Essendo io un fratello premuroso, buono e geloso e sottolineo cinque volte geloso non ti faccio corteggiare da nessuno, cosi non soffri”, mi lascia un bacio sulla fronte, “Lo vedi come ti voglio bene? Dove lo trovi un fratello come me!”.
Corrugo la fronte: “Si…il tuo discorso è decisamente convincente, troglodita”, punto l’indice, “e comunque c’è Brando oltre a te, il che è tutto un dire”.
Continuiamo a parlare del piu’ e del meno, accompagnando le nostre parole a quei gesti di affetto che da un paio di mesi non ci dedicavamo, a causa della nostra lontananza o presunta tale, visto che Furore dista mezzora, massimo tre quarti d’ora da Vietri, quindi ora capire anche perché le rimostranze dei miei genitori non sono del tutto fondate. Non ci vuole chi sa quanto per giungere qui. Ma la mamma e il papà restano pur sempre la mamma e il papà: posso anche abitare al marciapiede di fronte, sentiranno ugualmente la mia mancanza.
Carlo mi affida un paio di chiavi…le chiavi della mia nuova abitazione. Inoltre mi indica il luogo preciso dove ha affittato un box per le nostre auto. Dopo una ricca colazione e un saluto, vado via dal bar, decidendo di recarmi a casa: ho bisogno di un po’ di relax sotto la doccia.
Sono proprio felice di esser qui a Furore: la città è bellissima, l’estate è in corso, abiterò con mio fratello, cosa posso aspettarmi di piu’?

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Capitolo 4
*** Casa Dolce Casa E Vicolo Fortuna! ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio e buon inizio settimana!
Vi lascio il mio nuovo capito e il link della mia pagina personale su Facebook, creata ieri: http://www.facebook.com/groups/269759273103961/

 
CAPITOLO 4- CASA DOLCE CASA E VICOLO FORTUNA!

Se prima ero leggermente sudata, ora sono fracida. Non vi potete rendere conto di quanto sia difficile guidare in un paese del genere, dove vi sono solo salite e naturalmente discese. La cosa buffa sta nel fatto che casa mia non si trova molto distante dal bar, ma non essendoci parcheggi, ho dovuto posteggiare l’auto nel box affittato da mio fratello. Tale box, peraltro, si trova all’inizio della città, dunque mi è toccato fare un paio di tratti in salita, con tanto di freno a mano ben saldo, onde evitare incidenti. Risolto il problema autovettura, afferro le valige e riscendo per la stessa strada, percorsa precedentemente. Anche in questo caso sto ben accorta a non inciampare.. Pochi passi, tuttavia e sono sul lungomare ben curato: vi sono delle panchine in ferro, sia all’ombra degli alberi, che al sole. Una fontanella spruzza acqua a getti. Il lido è aperto, è molto frequentato a quanto vedo. Un profumo piacevole, quello del mare, quello del sale. Ci avete mai pensato all’aria? Mi spiego meglio: l’aria che respiro, che voi respirate, può ricordarvi di tutto, come un profumo particolare, un amore, un episodio non troppo piacevole, un evento felice. L’aria è portatrice di emozioni, di sensazioni, magari può sembrarvi stupido quanto da me detto, eppure credo che sia cosi, che l’aria voglia costantemente comunicarci qualcosa. E non fidatevi del vento, una vecchia tradizione napoletana dice che quando arriva il vento all’improvviso qualcosa sconvolgerà la vostra vita…un po’ come le correnti che strappano le foglie delle piante. Sarà cosi? Io non ci credo molto ad esser sinceri. Prima di giungere a casa, mi fermo dal fruttivendolo, il terzo che vedo in pochi minuti. Compro dei limoni, dell’uva rossa e bianca, anguria e melone: farò una bella macedonia, cosi non rischiamo di abbuffarci di biscotti e tarallucci vari. Meglio qualcosa di salutare e pro abbronzatura.
Fatta la spesa entro in un piccolo vicolo, la targa stradale lo battezza come “Vicolo Fortuna”: bhè se da qui parte la mia vita, perché no? Perché non prendere un po’ di questa fortuna. Credo che vi starete chiedendo da un po’cosa farò del mio lavoro: assolutamente nulla. La decisione di trasferirmi  a Furore non è casuale e non dovuta unicamente al mio desiderio di trascorrere una vacanza con mio fratello: farò da giornalista presso il quotidiano di questo paese, i guadagni non saranno per nulla alti ed è per questo motivo che ho deciso di gestire il Tourist Point del luogo. Non sono mai stata ambiziosa in vita mia, l’unica cosa che voglio è lavorare, tornare a casa con uno stipendio decente e perché no formare una famiglia, trovare una persona che mi capisca totalmente. Non desidero altro, i grandi progetti li lascio a chi ha voglia di strafare, io mi accontento del mio mare e del mio sole…della mia terra.
Mi fermo dinanzi un cancello, sono arrivata. Osservo il citofono: ci sono due case qui, una a nome di “Scala”. Che ora ripensando al mio cognome mi viene in mente il bar di mio fratello: ma con tanti nomi che poteva dare al suo locale ha optato per “Bar Scala”, come dice Carlo “semplice ed economico”.
Apro il cancelletto e sbuffo mirando la scalinata composta da una ventina di gradini: ho due valigie pesanti. Anima e coraggio Cecilia, ja!. Prendo i due “mattoni”e li poso nel piccolo spazio pianeggiante, da cui partono le scale. Chiudo il portoncino. Afferro nuovamente i bagagli e con gran sforzo inizio a salire. La pressione sanguigna aumenta, credo di essere rossa come un peperone. Sento piu’ caldo del dovuto. Mi fermo su un piccolo suolo, ove momentaneamente terminano gli scalini. Mi volto verso il basso: bene, ne ho saliti solo dieci!. Corrugo la fronte: se ho capito bene qui deve esserci una prima casa. Ed in effetti è cosi: sulla mia destra di apre una fessura nel muro abbastanza profonda ed illuminata da una luce. Vi è una porta senza cognome. Questa sarà una di quelle classiche abitazioni che fittano ai turisti…speriamo non facciano casino di mattina presto, che Carlo deve dormire, altrimenti la baracca non va avanti. Non voglio trasformarmi in un assassina di inglesi o tedeschi o chi per loro!.
Percorro i restanti dieci ostacoli ed eccomi su una terrazza grandissima e meravigliosa. Lascio le valigie e mi reco vicino al muretto: riesco chiaramente a vedere il lungomare e ogni suo singolo dettaglio. E’ cosi tutto nitido che sono capace di dirvi che una ragazza dai capelli rossi indossa un costume rosa. Un bambino mangia un gelato nel patio del lido. Qualche nuvola qua e la, un sole generoso ed una montagna ricca di vegetazione. Non oso immaginare come sia bello il panorama qui di sera. Mi guardo attorno, questa casa è favolosa, che fortuna che proprio mio fratello l’abbia trovata. Il terrazzo come detto è grande, cosi grande che vi è una sorta di gazebo bianco, sotto il quale è posto un tavolo di ferro battuto rettangolare con quattro sedie. La base dello stesso tavolo è stata creata incastrando delle mattonelle quadrate in ceramica di versa rifinitura. La porta di ingresso della casa in legno. Sollevo lo sguardo: la mia dimora si compone di due piani, precisamente piano terra e primo piano, il quale presenta un ampia balconata che affaccia sul terrazzo. Vi sono delle piante in fiore. A piano terra delle enormi vetrate. Il tutto è avvolto dalla pittura color arancione molto molto chiaro.
Entro dentro. Bhè gli ambienti non sono grandissimi ma poco importa: sulla mia sinistra vi è una scala a chiocciola in ferro, accanto alla quale è posto un mobile con telefono di casa e quadro dipinto dalla mamma. Sempre nei pressi della scala un divano bianco e un tavolino, di fronte un televisore, agganciato al muro. Una credenza moderna bianca laccata posta al centro divide il piccolo angolo soggiorno dal lato cucina, decisamente piu’ grande. La cucina rossa, sopra la quale vi è una finestra, è posta nell’angolo destro della stanza, un tavolo con quattro sedie pieghevoli. Sul lato destro della scala a chiocciola un bagno, con tanto di lavatrice. Salgo al piano superiore: un piccolo corridoio con mobile bianco e specchio, due porte. La prima è la camera di Carlo, la seconda la mia. Devo dire che mio fratello pur essendo un uomo ha gusto: un letto matrimoniale, accanto al quale vi sono due comodini, composti da due cassetti bianchi, posti in una struttura di legno non troppo scuro, non troppo chiaro. Un armadio a due ante del medesimo materiale sulla mia destra e cassettiera con specchio di fronte al mio giaciglio. Come detto pocanzi ambia balconata sulla mia sinistra.
Vado via dalla stanza e scorgo un ulteriore bagno, a cui prima non avevo dato importanza. Morale della favola: questa casa è stupenda, bellissima, non so piu’ come definirla se non una casa da sogno.
Mi reco quindi in terrazza e prendo le mie valigie, dando inizio ufficialmente al mio trasloco. Al piu’presto comprerò dei fiori, cosi da dare armonia al mia casetta. Carlo si merita un bel pranzetto e due, tre coccole!

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Capitolo 5
*** Allora Arrivederci ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti,
vi lascio il mio nuovo capito e il link della mia pagina personale su Facebook: http://www.facebook.com/groups/269759273103961/


Nell' immagine i due protagonisti principali del mio racconto: Cecilia e Damiano.
 
 
CAPITOLO 5- ALLORA ARRIVEDERCI

Dolce è il risveglio di mattina ad Agosto, soprattutto se tuo fratello maggiore ti fa trovare sul tavolo in cucina un cornetto alla crema ed un ottimo caffè. Pantaloncino corto grigio, maglietta rosa chiaro. Capelli ricci, avvolti in uno chignon, con tanto di codino viola elettrico. Sbadiglio, portando la mano dinanzi le labbra. Stendo i muscoli, affondando letteralmente nello schienale della seduta, quasi non lo sfondo. Produco dei piccoli versi senza senso. Mi alzo, recandomi in bagno. Sciacquo la faccia con dell’acqua fredda, che rigenera la mia pelle. Mi specchio: broncio e tanta voglia di dormire ancora. Eppure, nonostante il  mio desiderio, desisto: se resto ventiquattro ore su ventiquattro a letto rischio di non ambientarmi, il che non è in cima alle mie aspettative. Ritorno in cucina, bevo subito il mio espresso, divenuto tiepido ormai e con croissant alla mano salgo al piano di sopra. Entro in camera, apro l’armadio ed afferro biancheria e vestitino. Porto con me anche il cellullare, non si può mai sapere!.
Ancora assonnata mi reco nel secondo bagno della mia nuova casa, di dimensioni piu’ grandi rispetto al primo. La vasca quadrata gialla mi chiama: “Vieni qui Cecilia”. Poggio i miei abiti sul mobile, ove trovo delle asciugamani. Inizio a spogliarmi quando lancio un occhiata al water. Strizzo gli occhi: c’è un messaggio per me. Prendo tra le mani un foglietto e un rasoio “Nel caso avessi bisogno di farti la barba!”. Ora corro al bar e strozzo Carlo e il suo umorismo da quattro soldi. La frase appena letta non nasce a caso, ma allude al quel periodo complicato della mia esistenza, denominato adolescenza. Da brava ragazzina anche io mi avvicinai con mia sorella Elena al mondo della bellezza, che prevedeva l’uso della ceretta al fine di rendere il mio corpo quanto piu’ pulito e piacevole possibile. Un giorno Brando e Carlo ci spiarono dal buco della serratura del bagno, mentre io ed Elena facevamo fuori la tanto detestata peluria sulle labbra. Forse la cosa che sconvolse di piu’ i maschietti di casa furono le pose strane adottate da noi: ricordo perfettamente Elena seduta a terra ed io con la striscia malefica tra le mani oppure i quintali di crema utilizzati per evitare che quel piccolo tratto di pelle sul volto divenisse piu’rosso delle nostre labbra. Insomma dal quel momento Carlo e Brando non ci diedero piu’ pace, una volta il rasoio, una volta la schiuma da barba ed una volta papà, che gli corse dietro per porre fine ai loro sfottò. Gli amori miei…e quando il mio gemello mi ruppe tutti i trucchi, perché disse che al naturale andavo bene ugualmente? E’ sempre stato geloso, precisiamo la sua è una gelosia sana. Eh ma anche io devo fare mea culpa: un po’ di tempo fa lo feci lasciare con una ragazza, una certa Marina: mi era antipatica, che ci potevo fare!.
Riempio la vasca con acqua e doccia schiuma per uomo: questo passa il convento. Oggi pomeriggio acquisterò qualcosa di piu’femminile: volete mettere un sapone dal profumo deciso con uno dall’odore dolce e sensuale?. Spogliatami completamente, mi immergo, chiudendo gli occhi e sorridendo, a causa del piacevole sollievo avvertito. Stendo un po’ la schiena, cosi da rilassarmi completamente. Sono sincera: non mi sono sentita mai cosi positiva in vita mia, ho come l’impressione che in questa città tutto andrà bene. Ho bisogno di ritrovare me stessa, soprattutto dopo la batosta presa in amore: vi ho detto che ero fidanzata con un giovane ragazzo Ermanno, mio coetaneo, praticamente siamo cresciuti insieme, pensate che la nostra storia è iniziata quando avevamo entrambi diciotto anni. Non rinnego ciò che è stato con lui, lui è stato il mio primo amore, primo in tutto ed è per tal motivo che oggi non gode piu’del mio rispetto: mi ha tradito dopo cinque anni d’amore, come se il mio sentimento per lui non contasse nulla. La cosa piu’ assurda è che fu lui a confessarmi ogni cosa, fu lui a dirmi della sua scappatella ed esordì dicendo che in fondo io e lui eravamo piu’fratello e sorella che fidanzati. Di solito rispondo a spada tratta quando mi sento attaccata o insultata, ma in quell’occasione preferì tacere ed andare via. Lo lasciai da solo per strada senza pronunciare alcuna parola, senza chiedergli perché mi avesse fatto quel torto. I giorni seguenti venne a bussarmi a casa, ma mia sorella lo mandò galantemente a quel paese, Elena sapeva che non l’avrei mai potuto perdonare, dove non c’è fiducia non c’è amore. Ed il fatto stesso che lui mi considerasse sua “sorella” e non la sua fidanzata la dice lunga. Nonostante ciò non ho chiuso le porte all’amore, anzi da un paio di mesi ho un nuovo corteggiatore, Andrea, anche lui giornalista, lavora presso il mio stesso giornale. E’carino, affettuoso, piu’ non so dirvi visto che poche sono le volte che siamo usciti insieme. Mettiamola cosi: è una persona seria, quindi perché no, potrebbe nascere un certo interesse nei suoi confronti. Sempre se non si palesa dinanzi i miei occhi l’uomo della mia vita proprio oggi e allora lì il discorso cambia.
Il mio relax e i miei pensieri vengono disturbati dallo squillo del mio telefonino, rimasto sul mobile degli asciugamani. Inclino la testa. Sbuffo: quanto mi scoccio di alzarmi, se avessi saputo avrei messo il cellulare a portata di mano. Dunque mi do una lavata veloce cosi da mandar via la schiuma e mi alzo, cingendo il mio corpo con un telo azzurro. A piedi nudi mi dirigo verso la meta. Afferro il telefono. Un messaggio da Brando: “Scendi giu’ al cancello”.
Giu’ al cancello? E che vuole ora? Guai a lui se mi fa trovare un guaio, l’ammazzo. I messaggi di Brando mi suonano sempre a minaccia: una volta fuori casa mi ritrovai una ragazzetta indemoniata, che quel galante di mio fratello aveva sedotto ed abbandonato. Curiosa, mi vesto in fretta, indossando il mio abitino rosso. Lego i capelli e prima di andare porto ai piedi delle ballerine. Scendo le scale di casa, apro la porta, percorro il terrazzo e ancora scale, sino al cancello. Sino ad una bicicletta, con tanto di cestino in ferro. Perplessa guardo il mezzo di trasporto e leggo il bigliettino bianco…a casa mia si comunica per biglietti! “Ora puoi muoverti come e quando vuoi. Tuo, Brando”.
Sorrido felice. Adoro quando fa cosi, mi fa sentire al centro dei suoi pensieri. Bhè pensandoci mica ha torto, con la bici posso girare tranquillamente per la città e magari faccio anche un po’ di esercizio fisico, che non guasta mai.
Alzo lo sguardo: cielo azzurro, azzurrissimo, sole generoso e caldo. Quasi quasi approfitto del regalo!.
 
                                                                            ***
 
Sono sicura che voi al Fiordo non ci siete mai venuti, non tutti conoscono questa bellezza naturale. Vi ho già descritto questo posto incantevole, eppure una cosa è leggere del Fiordo, un'altra è vederlo con i propri occhi. Prima di tutto vi è una vegetazione magnifica: tante piccole piante verdi crescono qui, senza contare quei piccoli fiorellini gialli, che spuntano come funghi. Il ponte, che si trova ad un altezza discreta, fa un po’ da ombra, è come se fosse un ostacolo artificiale per la luce solare, che non si lascia ingannare bensì passa di nascosto sotto la struttura, costruita un bel po’ di tempo fa. L’incontro tra sole e mare è eccezionale: al centro di questa piccola conca l’acqua è cristallina, luminosa, trasparente. Ti si brilla la pelle se te ne stai all’in piedi nel punto preciso dell’unione tra cielo e mare. Arbusti e alberi secolari coprono la piccola spiaggia con i propri rami, colmi di ampie foglie. Spesso qui circolano forti ventate d’aria. La conca naturale, inoltre, è protetta interamente dalla montagna, sulla quale si ergono delle case in pietra, senza contare i chilometri di scale, utilizzate dagli abitanti per recarsi alla spiaggia, qualora non si voglia ricorrere all’uso della barca. Proprio la spiaggia vista dall’alto ha una strana forma, sembra un cono alla rovescia: il suo apice parte dalla roccia, a differenza della sua base, che affonda le sue radici in acqua. Una sabbia bianca e rovente quella del Fiordo.
Purtroppo ho dimenticato che con la bici non posso mica scendere le scale, dunque cammino e la strascino con cura. Altro che ginnastica, qui mi sa che starò a letto per un paio di giorni, sapete che mal di gambe con tutti questi scalini?. Meno male che ho portato con me almeno una bottiglia d’acqua e un telo mare. Sono anche senza costume…ma quanto sono sbadata da 1 a 10? La mamma dice che è stata lei a trasmettermi questa peculiarità, di cui non riesco davvero a fare a meno.
Giunta a destinazione, tiro un sospiro di sollievo: è davvero bellissimo questo posto. Datemi una casa sulla montagna, una barchetta e ci posso anche vivere a vita qui. La mia stramba idea mi ricorda i nonni paterni, Carlo e Lucia e la loro decisione di dimorare per sempre nella loro abitazione sulla roccia.
Vado a riva, poggio la bici sulla sabbia. Tolgo le scarpe e mi siedo, facendo si che i miei piedi si bagnino con l’acqua salata. Mi sollevo sulle mani, testa all’indietro e respiro, respiro a pieno, inglobando nei miei polmoni la magnifica aria del Fiordo. Relax allo stato puro, io e nessun altro qui, la pace. D’un tratto un vento forte scuote i miei capelli e mi fa rabbrividire. Mi desto, guardandomi attorno con occhio minaccioso. Ma cosa diavolo è stato?. Un rumore mi fa sussultare, osservo in direzione ponte: una barca. Abbasso le palpebre, scocciata: la Capitaneria di Porto. Che vorranno? Oggi tutti mi vogliono, tutti mi cercano. Motore spento, prua direzione spiaggia. Si ferma, un uomo scende. Si avvicina con passo deciso, braccio destro piegato dietro la schiena, classica divisa bianca che non mi è per nulla nuova. Capelli scuri i suoi, niente cappello. Occhi grandi castani, che trasmettono tanta sicurezza. Espressione da duro: ma se i duri sono tutti come te, mio caro il bel militare, allora non c’è piu’ religione…eh si perché la tua è solo apparenza. Conosco bene gli ufficiali di Marina, sono tutta apparenza, forse dettato anche dal ruolo che esercitano.
Signorina lei lo sa che qui non può stare?”, mi chiede, con voce tranquilla e sensuale.
Scuoto la testa: “Se l’avessi saputo non sarei venuta”.
Alza l’indice della mano destra: “C’è un punto della montagna pericolante. Deve stare attenta”.
Non mi sono fatta nulla, non si preoccupi”, rispondo cauta.
Mi fa piacere per lei, ma la prossima volta si informi prima, rischia una multa di 400 euro se non rispetta il divieto imposto in questi giorni”, replica gentile.
Faccio spallucce: “Sono qui da due giorni”.
Sorride: “Ho capito, questa volta passa, ma la prossima si informi, lo dico per lei”.
Annuisco. Mi piego ed afferro la bici. Mi avvio verso le scale…le tanto odiate scale.
Ed ora dove va?”, mi chiede a gran voce il tipo militare.
Mi volto, con bicicletta tra le mani: “A casa, no?”.
Imposta il petto: “Con le ruote bucate?”.
Corrugo la fronte: “Eh?”.
Le ruote bucate signorina”, ripete per la seconda volta la sua frase.
Abbasso lo sguardo. Chiudo le palpebre: bene, ho bucato. La sfiga fatta persona. Immagina ora che peso con il mio mezzo fuori uso.
Venga, le do un passaggio”, afferma, indicandomi la barca.
Resto immobile, perplessa. Comprende la mia indecisione: “Signorina voglio solo esserle d’aiuto, nulla di piu’, promesso
Vabbè”: unica parola da me pronunciata.
Mi viene incontro, prende la bicicletta ed insieme ci rechiamo sull’imbarcazione. Mi aiuta a salire e mi indica il posto dove posso accomodarmi. Mette in moto il motore e partiamo. I miei e i suoi capelli al vento.
L’acqua marina schizza sulla mia pelle, sulla barca bianca. Il mare oggi è una tavola, niente onde pronte ad infrangersi. Una calma che penetra nel mio animo.
Da una manata sul timone: “Poteva farsi male, ma lo sa?”.
Ma che vuole questo?. “Sono viva e vegeta, non si preoccupi”, rispondo indifferente.
Eh ma non ci vada piu’ da sola, non posso mica salvarla sempre?”, mi dice assolutamente convinto delle sue parole.
Guardi, non ho bisogno di essere salvata da nessuno”, affermo seccata dal suo atteggiamento.
Si rende conto del mio fastidio e termina il discorso con un semplice “Mi scusi”.
Nel frattempo giungiamo al piccolo porto, utilizzato soprattutto per il posteggio delle imbarcazioni dei pescatori. Tutto sommato il Fiordo non dista molto dal centro città, io con l’ausilio della bici c’ho messo all’incirca quindici minuti.
Scendiamo entrambi dalla barca. Il giovane ufficiale mi porge il mio mezzo: “Ecco a lei la sua bici. Io ritorno al Fiordo”.
Mano sul fianco, sbuffo: “Ma come, vuole prendere una multa di 400 euro? Signore ma lei non sa che non può andarci?”.
Mi osserva sconcertato, con aria da chi se l’è fatta fare con le sue stesse parole. Sorride, divertito dalla mia battuta. Lo guardo per un attimo negli occhi. Occhi cosi profondi. Sospiro: “Allora addio”.
Inclina il viso, accennando un sorriso: “Allora arrivederci!”.
 

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Capitolo 6
*** Brando ***


Image and video hosting by TinyPic Avevo deciso di non postare oggi, ma eccomi qui...spero che il capitolo vi piaccia!
Un bacio da Carla.

P.S. = ecco il link della mia pagina Facebook:  http://www.facebook.com/groups/269759273103961/
Nella foto Brando, Cecilia ed Carlo

CAPITOLO 6- BRANDO


Oggi 4 Agosto, pieno pomeriggio: non so proprio cosa fare. Stamane ho rassettato casa, ho preparato uno spuntino a Carlo e sono rimasta un po’ al bar con lui. Il tempo di due/tre ore e sono andata via, non mi va di disturbarlo, soprattutto ora che ci troviamo in piena stagione. Ho portato la bici a riparare, fortuna che non mi è costato molto l’aggiusto. Il tizio che ha sostituito le ruote è davvero un personaggio, pensate che mi ha mostrato tutta la collezione dei suoi calendari con le donnine in pose ammiccanti e sexy. E dovevate vedere come ne era contento, non si è perso una sola edizione di Playboy. Gli ho proposto di mettere in vendita i doppioni (ebbene si ha numerosi doppioni), ci sarà in giro un collezionista del genere?. Rido sotto i baffi, pensando ad una probabile reazione del mio gemello, di sicuro avrebbe stretto la mano al signore. E’sempre lui, è sempre Brando non c’è niente da fare, l’arte del seduttore ce l’ha nel sangue. E’cosi convinto di ciò che è che si definisce il buon erede di suo nonno e suo padre, anzi precisa che lui è uno Scala purosangue, diversamente da Carlo. Carlo è bello, affascinante, ma quando si innamora è finita, è peggio di un cavallo con i paraocchi, molte volte nega l’evidenza, proprio come in questo caso: è fidanzato da piu’ di un anno con una ragazza del posto, Lisa, ventisei anni, segretaria in uno studio medico. Posso affermare con molta franchezza che mio fratello è l’unico ad amarla, a Furore non troverete una sola persona che abbia simpatia per questa donna. E come posso dare torto ai suoi e ai miei concittadini: Lisa fa di tutto per farsi odiare, è di un acidità che fa paura. Non capisco quel tonto di Carlo cosa ci veda di bello in lei e allo stesso tempo non so perché lei stia con lui, visto i caratteri assolutamente opposti. L’amore è ceco, ma qui mi sembra che sia mio fratello ad avere una grave cataratta agli occhi. La relazione tra i due non è nata sotto la buona stella: Carlo per stare con lei ha persino rotto il legame d’amicizia che aveva da un po’ con un suo amico, Fabrizio, accusato da Lisa di averci provato spudoratamente. La cretina si mise a fare la lagna cosi tanto ma cosi tanto che i due ragazzi litigarono: ci mancavano solo le mazzate!. Ovvio che Fabrizio non aveva mai sperato in Lisa, mi chiedo ancora oggi lei perché abbia creato tutta questa situazione. Nonostante ciò Carlo continua ad amarla…che forse lei abbia una porzione magica con la quale abbindolare mio fratello? Chi sa, ma una cosa è certa ora che sono qui a Furore non la passerà liscia, gliene farò passare di tutti i colori a quella serpe.
Brando, il mio caro gemello, ha avuto una sola fidanzata ufficiale: Maria, molto carina devo dire. Il loro amore è durato due anni, non è sopravvissuto al lavoro di lui. Mio fratello ha intrapreso la carriera militare: a diciannove anni è entrato nella Marina Militare e nonostante gli innumerevoli sforzi non è stato capace di gestire il suo rapporto con Maria. Lui è un tipo passionale, sente il bisogno di avere accanto la persona amata ogni istante della sua vita. Da qui la decisone di dedicarsi si alle donne, ma solo quando è in congedo dalle mille missioni che gli affidano. Tutto sommato l’amore per Maria non era cosi forte, anche i miei genitori dovettero separarsi per un po’ ma nonostante questo si sono ritrovati piu’ complici di prima. E poi diciamocela tutta meglio un fratello single, che un’arpia tra i piedi…a buon intenditore, poche parole!.
Anche il tipo di ieri mattina era della Marina. Anzi no chiamiamolo pure “Signorina lo sa che qui non può stare?”. La prossima volta che decido di andare al Fiordo chiedo il permesso a lui e al suo entourage, cosi non offendiamo nessuno e non trasgrediamo alcun ordine. Certo che ad essere bello è bello, però un po’ troppo formale. Si lo so cosa state pensando: era in servizio, che vuoi? Non voglio niente, ma un tono piu’ amichevole no eh?. L’ho spiazzato prima di andar via da porto, ben ti sta bel tipetto!. Bel tipetto davvero.
Basta riflettere, ora voglio dedicarmi unicamente alle faccende domestiche rimastemi da svolgere. Riempio un secchio d’acqua fredda in bagno, verso un po’ di detergente e afferro straccio e scopa. Vado in terrazza, lascio la porta di casa aperta. Bagno il drappo in microfibra celeste ed inizio a lavare a terra, pulendo le mattonelle in ceramica. Un ottimo odore di ammoniaca al talco si diffonde nell’aria. E’sempre piacevole sapere che la tua casa è ben pulita. Io non so come facciano determinate persone a vivere nel completo sporco, nella piu’ completa sporcizia. Non voglio neanche pensarci, mi si accappona la pelle. Lego i capelli con un elastico, tirato fuori dalla tasca del mio pantaloncino blu, al quale ho abbinato una maglia giro maniche rosa. Mi affaccio ed osservo il piccolo lungomare: quanta gente. Diamine sono quattro giorni che sono qui e non ho fatto ancora un bagno nella magnifica acqua salata, ho avuto un po’ da fare tra ultimare il trasloco e stare dietro a mio fratello, che non mangia un pasto decente da secoli. In questo istante mi vengono i nervi: ma se io so che il mio ragazzo si riempie di schifezze perché non ha tempo per cucinarsi,  come minimo gli faccio trovare qualcosa di pronto. Niente di meno Lisa non ha mai preparato, durante questo lungo anno di fidanzamento, un fetente di panino o insalata a Carlo?. No basta, è deciso, la devo mettere in croce, deve essere l’ultima parola di Cecilia Scala.
Nel mirare il paesaggio vengo colta da una sorpresa, la piu’ bella in assoluto. Pagherei sangue per averlo sempre con me, nonostante i suoi dispetti. Jeans scuro lungo, camicia bianca sbottonata con tanto di maniche alzate su. Braccio destro piegato all’indietro: sorregge un borsone verde, piuttosto pesante. Andatura da perfetto militare: gamba destra tesa che avanza, seguita dalla sinistra. Chi sa se la sua scarpa dal tacco quadrato fa rumore!. Capelli castano non molto scuro, barba incolta con pizzetto e i suoi occhi, le mie pietre rare, cosi azzurri, cosi meravigliosi. Le sue iridi mi fanno ritornare alla mente gli uomini della mia vita: Carlo, papà Cristiano e nonno Carlo. Viso rilassato e sguardo da seduttore d’altri tempi: avrà venticinque anni ma ci sa fare e come, le fa impazzire le donne. Ebbene si, Brando è ritornato da me. Il mio gemello, l’altra parte di me.
Poso immediatamente la scopa e corro per le scale, andandogli incontro. Me lo ritrovo vicino al cancello, con un magnifico sorriso. Lascia la borsa a terra ed apre la porta. Ci abbracciamo forte, lo riempio di baci. Porta le sue braccia sotto i miei glutei e mi solleva.
Si muove leggermente: “Allora ti sono mancato?”.
Gli scompiglio i capelli: “Un sacco. Carlo non mi ha detto niente”.
Annuisce: “Gliel’ ho chiesto io”.
 Gli do uno schiaffetto sulla spalla: “Ma che infame che sei!”.
Ridiamo di gusto. Eh si, mi è mancato tanto Brando: è stato impegnato in una missione di dodici mesi all’estero. Dodici mesi durante i quali ci siamo sentiti molto sporadicamente, la carriera militare eh? Io la odio, mi porta via le persone che amo. Guai a me se mi innamoro di un militare…proprio come disse la mia mamma!.

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Capitolo 7
*** Complici ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo!
Baci da Carla.


NOTA PER IL CAPITOLO 7:

In questo capitolo ci sono delle espressioni tipicamente campane come:
Non tengo genio”: non ho voglia, non lo voglio;
Femmine con la pala”: tante donne, donne in quantità;
Butta a me, piglia a te”: un po’ a me, un po’ a te;             
“Carlo si è preso collera”: Carlo si è offeso.
 
 
CAPITOLO 7- COMPLICI

Sono trascorsi due giorni dall’arrivo di Brando a Furore, eppure non abbiamo ancora avuto modo di stare tutti e tre tranquillamente insieme come una volta: Carlo è impegnato con il bar, mentre il mio gemello ha da sbrigare le ultime pratiche per il suo rientro in Capitaneria. Teoricamente gli toccherebbero le ferie…teoricamente. Io, invece, mi sono dedicata alla stesura del mio primo articolo, già inviato al quotidiano del mio nuovo paese, in cui elogio le bellezze del posto. Tutto sommato non credo che questa città abbia bisogno di me per celebrare la sua magnificenza, determinati posti come il fiordo hanno solo bisogno di occhi vivi e silenzi lunghi.
Le due del primo pomeriggio, sono ai fornelli, in un certo senso: ho preparato un insalata di mare piena piena di limone come piace a noi, piu’ bocconcini di mozzarella di bufala con prosciutto crudo. Insomma nulla di eccezionale, ma sicuramente buono.
Esco fuori sulla terrazza, intenta ad apparecchiare la tavola. Poggio sulla tovaglia, messa da Carlo, dei bicchieri e delle posate, avvolte in un tovagliolo di carta bianca. Mio fratello stappa una bottiglia di vino rosso freddo, ne versa un po’ in un bicchiere.
Dopo di che mi chiede: “Ne vuoi un po’?”.
Sollevo leggermente la testa, pronunciando il mento. Labbra protruse, che producono un lieve suono: “No, non tengo genio!”.
Beve la sua bevanda. Sfiora il suo petto nudo, si siede, poggiando le braccia sul tavolo: “Ah, no? E di cosa tieni genio?”.
Sorrido maliziosa: “Di niente”.
Curioso all’ennesima potenza esclama: “E un corteggiatore non ce l’hai?”.
Mi accomodo di fronte a lui. Mano chiusa a pugno sotto il mento, gomito sul banco di ferro: “Eh certo. Si chiama Andrea, ma niente di che”. Punto il mio indice: “Però non lo dire a…”.
Come non detto: senza ascoltare le mie ultime parole, Carlo si rivolge verso la balconata del primo piano e chiama il mio caro gemello. Brando si affaccia, anche lui a torso nudo, abbigliato unicamente con un bermuda blu. Viso sporco di schiuma da barba: stiamo aspettando che il principino smetta di radersi per mangiare. Si affaccia, scuote la testa: “Che c’è Carlo?”.
Mio fratello maggiore non si lascia scappare l’occasione, mano aperta vicino la bocca afferma: “Cecilia ti manda a dire un nome: Andrea”.
Brando mi guarda con un piccolo sorrisetto sulle labbra, poi voltandosi verso il bel barista di casa: “Carlo…” e contando sulle dita ”voglio nome, cognome, indirizzo e stasera niente ballerine di lap dance, andiamo a vedere un po’ chi è Andrea”.
Quando fanno cosi mi saltano i nervi. Ovvio che il loro è solo un modo per prendermi in giro e divertirsi, ma talvolta non li tollero proprio. Incrocio le braccia sotto il seno, stropicciando il mio abito bianco: “Siete due cavernicoli”, sbatto le ciglia, “ah Brando, il nostro Carlo le ballerine di lap dance non le guarda neanche di striscio perché…”.
Il mio gemello irrompe nel mio discorso: “Aspetta che scendo”, esclama, allungando il braccio destro, con palmo della mano aperta.
Osservo mio fratello maggiore con occhio vendicatore. Carlo mangia un po’ di pane fresco, con sguardi colmi di sfida. Chi vincerà tra i due?. L’attesa dura ben poco, ecco Brando, con tanto di asciugamano colorata, che cinge il suo collo. Punta l’indice della mano destra contro Carletto mio. Gamba destra piegata in avanti, gamba sinistra tesa indietro. Ed inizia a cantare una celebre canzone di Marco Masini: “Bella stronza…che mi hai fatto fare a pugni con il mio migliore amico”.
Dinanzi una scena cosi esilarante stento a trattenere le risate. Tutto il mondo sa quanto Brando odi la ragazza di Carlo, Lisa. Non avete idea di quante volte l’abbia schernita o semplicemente mandata quel paese per quell’aria da vipera che ha. E’ di una maleducazione fuori dal comune quella ragazza. Stiamo ancora a chiederci cosa leghi i due, sono come il giorno e la notte.
Carlo sbuffa: “Ma io e Fabrizio non ci siamo presi a pugni per Lisa, abbiamo solo litigato”.
Brando si avvicina e continuando con la sua melodia: “Ma è ugualmente una stronza!”.
Si siede finalmente ed io, morta dalle risate, mi accascio su di lui, ancora sporco di schiuma. Uso il suo asciugamano per pulirlo. Inizia il comizio del bel marinaio. Gesticola al piu’ non posso, proprio come mio padre: “Cioè Carlo tu sei un bel ragazzo, occhi azzurri, fisico asciutto, sei gentile, buono, sei un gran lavoratore e che fai? Ti fidanzi con quella cozza?”.
Carlo si volta verso di me, chiedendo man forte. Annuisco: “Tiene ragione Brando”.
E Brando continua: “Potresti essere il re di Furore, femmine con la pala e tu che fai? Ti tieni Lisa la cozza”.
Un ulteriore occhiata di Carlo ed io: “Tiene ragione Brando”.
E il mio gemello mica si ferma qui? Porta una mano al petto ed afferma: “Ascoltami, mezzora e trovo due ragazze, vengo da te al bar, tu prepari due cocktail e facciamo gli splendidi. Butta a me, piglia a te e sono cotte a puntino: dopo non te le levi piu’ da torno, parola di Brando Scala”.
Carlo è perplesso, anche tanto. Nel frattempo metto il mio braccio destro piegato sulla spalla del mio fratellino e guardo il maggiore dei tre: “Tiene ragione Brando”.
Giunto al culmine dell’esasperazione Carlo, ormai rosso in viso, insorge nei miei confronti: “Cecì ma va va, tu e Brando”.
Iniziamo a ridere, piegandoci su noi stessi. Tanto sono le nostre risa che sicuro ci sentono sul lungomare. Bevo un goccio di vino e mi alzo: “Prendo da mangiare”.
Brando annuisce: “Carlo si è preso collera, Cecilia”.
Dai Brando ha ragione, siamo stati cattivi, coccolalo un pò”, replico, facendogli l’occhiolino.
Non se lo lascia dire una seconda volta: salta a mo di scimmia sul nostro fratello maggiore, baciandolo sulla guancia e mettendogli in disordine i capelli. Ed io che resto immobile ad osservarli, a contemplare una delle nostre tante scene di quotidianità vissute insieme, complici piu’ che mai. Peccato che non ci sia Elena, ma non importa, non mancherà occasione per andarla a trovare a Minori.
Sono convinta che tutti i giorni da oggi in poi saranno cosi, tanto cosa può sconvolgere la mia vita piu’ dei due terremoti dei mie fratelli?.

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Capitolo 8
*** Sensazioni ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio e buona domenica a tutti. 
Vi lascio il mio nuovo capitolo. 
Un bacio da Carla.


CAPITOLO 8- SENSAZIONI

Come promesso una settimana fa, ovvero quando sono giunta qui a Furore, mi sto dedicando alla casa: con il lavoro sto messa piuttosto bene, il direttore del giornale mi ha concesso un po’ di ferie e tempo per potermi ambientare. Ho comprato delle piantine di bursh forsizia, un bellissimo fiore giallo dalle dimensioni piccole, di solito ha un lungo stelo verde e massimo quattro, cinque foglioline lucide. Emana un ottimo profumo, un profumo d’estate.
Piegata sulle mie gambe, afferro un vaso vuoto, lasciato ieri sul terrazzo. Un sacchetto di terreno, un innaffiatoio e una paletta di plastica verde. Prendo il tutto ed inizio a riempire il recipiente marrone con molta cura, livellando il materiale posto pocanzi dentro. Un po’ d’acqua fredda e un sottovaso, per evitare che si bagni il pavimento. Poggio la piantina all’ interno con attenzione, facendo si che non si sciupino i suoi fiori magnifici. Credo che ne metterò una sul terrazzo e l’altra sul balcone del primo piano.
Pantaloncino di jeans, maglia rosa. Infradito ai piedi e chignon, per evitare di sporcare i capelli, cosi come fatto con le mani. Radio a manetta: una bellissima canzone di Raf infonde gioia nel mio cuore e voglia di vivere bene, pienamente e con felicità. Dopo tutto mi merito il meglio, il meglio di questo mondo solo per me. Niente piu’ confini, niente piu’ delusioni d’amore, niente limiti, niente gelosie, nulla piu’ di questo: io al centro della mia vita e il resto che vada a farsi benedire con i piu’ sentiti omaggi, non ho piu’ voglia di nulla se non di me stessa.
Penso proprio che collocherò sul lato sinistro della terrazza il mio vaso, li c’è piu’ sole, sono sicura che crescerà benissimo e rigogliosa. Mi alzo. Mani sul recipiente. Inizio a spingerlo con forza, cosi da metterlo al suo posto, al posto giusto.
Una voce maschile di spalle: “Vuole un aiuto?”.
Un brivido lungo la spina dorsale, che mi fa accapponare la pelle. Ed ancora…una frase che rimbomba nella mente, una frase udita non molti giorni fa: “Signorina voglio solo esserle d’aiuto, nulla di piu’, promesso”. Lo so, è la sua voce, ne sono piu’ che sicura. Perché, per quanto posso esser sembrata acida o indifferente, quell’uomo mi ha colpita e come. Io sono cosi, vado ad istinto: un dettaglio, un profumo, una parola sussurrata e perdo il contatto con la realtà. Cosi mi sento coinvolta da una persona, per dettagli, per istinto. Mi accade sia in amore che in amicizia: se non c’è alchimia, non può esserci pressoché nulla. Non so se vi è mai capitato, ma la stragrande delle amicizie che ho sono nate grazie ad una compatibilità improvvisa, non cercata da ambo le parti. Stessa cosa per l’amore: ricordo la prima volta che vidi Ermanno dissi tra me stessa “Mi piace da morire, ma figurati se mi calcola”. Cosi non fu: un mese dopo il nostro primo bacio…e successivamente ciò che è stato.
Mi volto di scatto: le mie supposizioni sono confermate dai suoi occhi grandi, dal suo viso  e dalla barba curata. I suoi capelli mossi, aggiustati con un po’ di gel. Maglia a mezze maniche celeste, su pantalone scuro. La mia mano dietro la nuca gratta l’attaccatura dei capelli. Chiudo gli occhi e mordo il labbro inferiore. E’ questo il richiamo che aspettavo?.
Si avvicina, sorridendo: “Non credevo fosse lei”.
Io si”, replico schietta, senza dare peso alle mie parole.
Interdetto inclina il viso ed esclama: “Come scusi?”.
Mi rendo conto della gaffe, dunque corro ai ripari: “L’ho vista, sapevo che era lei”.
Annuisce, puntando su di me il suo sguardo. Tentenna: “Si, capisco”. Si guarda attorno: “In realtà cercavo Brando, Brando Scala”.
Corrugo la fronte, pulendo le mie mani con uno straccio arancione: “Mio fratello?”.
Sussulta: “Brando è suo fratello?”.
Si certo che lo è. Non vede che siamo identici? Siamo gemelli!”, affermo divertita dalla sua reazione.
Mi scusi, non avevo fatto caso a questa cosa”, tende la mano destra verso di me, “Io e Brando siamo colleghi”. Aggrotta il sopracciglio: “Giorni fa non mi ha detto che suo fratello è della Marina”.
Faccio spallucce: “Non credevo fosse importante. Non credevo le interessasse”.
Muove velocemente le pupille dei suoi occhi. Schiarisce la voce: “Si, certo ha ragione. Mi scusi”.
Poggio lo straccio sul muretto. Punto l’indice: “Lei si scusa troppo per i miei gusti, lo sa?”.
Ah si? Mi scusi allora”, replica sarcastico.
Scoppiamo a ridere. Lo vedo flettersi leggermente sulle sue gambe, preso dal divertimento. Le sue labbra che si stendono, illuminando il suo viso da uomo fatto e maturo. Labbra rosse, che miro attentamente. E proprio guardandolo, perdo espressività, il mio sorriso sfuma via, lasciando spazio alla consapevolezza. Consapevole io della sua bellezza, di quel qualcosa che mi trasmette non appena pronuncia una parola, non appena compie un azione. Ed allora lo scruto con calma, con dedizione: le spalle possenti, il suo petto tirato ed asciutto, muscoli non troppo in bella vista, credo che non gli piaccia fare lo spara pose, diversamente, ad esempio, da mio fratello, che diciamola tutta un po’ se ne approfitta del ruolo che svolge per lo Stato. Fianchi ben proporzionati al suo corpo generoso, gambe toniche. Un ottimo odore: sarà la sua pelle o chi sa un semplice profumo. Annuso vorace: quasi sembra lavanda.
Ma la donna persa che c’è in me, ritorna in sé: “Ha bisogno di parlare con mio fratello?”.
Scuote la testa: “No in realtà l’ho sentito prima. Mi ha detto che ha lasciato qui a lei le chiavi della casa”.
Un attimo sconcertata affermo: “La casa?” e continuo: “La casa giu’?. L’ha presa lei?”.
Si”, mi dice, portando le mani in tasca.
Mi dirigo verso il tavolo, dove avevo precedentemente posto il mazzo di chiavi: “Io credevo che ci venissero dei turisti. Sa, tedeschi, inglesi, francesi, credevo che la prendessero… ” , interrompe il mio discorso, voce bassa e sincera: “E’ delusa dal mio vicinato?”.
Mi volto di scatto, quasi urlando: “No, ma che dice?”.
Mi viene incontro: “Le dico che forse avrebbe preferito altri vicini”.
Non è cosi, mi creda”, gli rispondo, presa da un forte calore, che fa sudare all’inverosimile la mia pelle.
Prende le chiavi di casa sua: “Ne sono felice, anche a me fa piacere avere una vicina come lei, signorina…”.
Gli tendo la mano: “Cecilia, mi chiamo Cecilia. E puoi darmi del tu, se vuoi”.
Ricambia il mio gesto: “Damiano Ranieri, ma per te solo Damiano. Certo che voglio darti del tu Cecilia”.
Le nostre mani si sfiorano. Le dita si stuzzicano, quasi si incrociano. E sudano, sudano terribilmente.
Intanto la radio continua a strombazzare e la canzone di Raf sembra fare da cornice a questo momento particolare. Un momento bello, indesiderato, ma vissuto in tutto e per tutto.
Ora…devo andare”, esordisce, scansandosi dalla mia persona.
Mi limito, annuendo.
Di fretta va via, scendendo le scale, dopo avermi saluta abbassando la testa con un lieve sorriso sulle labbra. Mi risveglio, facendo oscillare velocemente il viso da destra a sinistra. Occhi fissi nel vuoto: mai avute delle sensazioni cosi surreali e strane in vita mia.

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Capitolo 9
*** Razionali? ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti! Nuovo capitolo, spero vi piccia.
Baci da Carla.

CAPITOLO 9- RAZIONALI?


Devo dire che i miei fratelli mi considerano una principessa, a cui tutto è concesso. Carlo si occupa della colazione e talvolta della cucina, Brando invece si dedica alla pulizia delle camere da letto. Molto spesso, tuttavia, mi infastidisco un po’: vorrei che non mi trattassero sempre con i guanti di seta, vorrei essere io a far sentire loro importanti, perché lo sono tanto per me.
Mi siedo fuori al terrazzo, dinanzi ad un ricco pasto, composto di cornetti, succo d’arancia e caffè freddo. Porto subito sotti i denti un buon croissant, divorandolo in pochi istanti: ho lo stomaco letteralmente vuoto. Un sorso di espresso, non troppo zuccherato. Sole accecante, che vuole per forza di fatti aprire i miei occhi ancora chiusi dal sonno. Li strizzo forte, odo chiaramente le urla della gente gioiosa provenire dal lungomare, nello specifico dalla spiaggia. Sono otto, nove giorni che son qui, eppure mi sono concessa solo pochi bagni in acqua. Quella magnifica acqua cristallina.
Dei rumori provenienti dal primo piano di casa. Balcone spalancato. Sollevo il capo e con voce alta chiamo il suo nome: “Brando?”.
Non si affaccia, ma risponde: “Che c’è?”.
Che stai facendo?”, replico alla sua domanda con una domanda.
Devo uscire”, afferma, “ora scendo da te”.
Analizzo la mia persona attentamente: ancora in pigiama alle 9 e mezza del mattino. Il massimo della pacchia qui a Furore: a casa dei miei genitori a quest’ora già ero lavata e vestita…a Vietri, non qui!. Qui voglio solo rilassarmi, almeno fin quando potrò.
Arriva Brando con il suo bermuda scuro e la maglia rosa. Tutto ben curato in volto e sorriso a 360 gradi. Aggiusta il portafoglio nella tasca posteriore.
Alzo il sopracciglio: “Dove vai cosi bono?”.
Gesticola con le mani, senza darmi risposta. Lascia un bacio sulla mia fronte e si dirige verso le scale. Lo guardo perplessa, di sottecchi: ”Brando dove vai?”, gli dico con voce stizzita. Sono gelosa che posso farci.
A femmine, è ovvio, mica posso andare ad uomini”, esclama ironico.
Sbuffo, innervosita: “Nessuna ti prende, perché sei proprio orrendo stamane. E’ meglio se ti stai a casa con me”.
Scuote la mano destra, sollevandola: “Sese, come no. A dopo Cecilia”.
E ritorno a mangiare, sorridendo e agitando la testa: ah Brando mio, pure ti innamorerai. Non so quando, ma succederà di sicuro.
 
                                                                          ***
 
Sarà trascorsa un ora, un ora e mezza da quando Brando è uscito di casa. Un ora lunga, lunghissima, durante la quale mi sono dedicata alla mia persona: una fresca e dolce doccia, fatta di coccole e finalmente bagnoschiuma al latte che tanto adoro. Shampoo veloce. Abitino bianco di organza, molto semplice. Capelli sciolti, dopo averli asciugati ed infine trucco per nulla pesante. Ho messo anche un po’ di smalto rosso sulle unghie, mettiamola cosi un tocco di femminilità non guasta mai. Un goccio di profumo agli agrumi, regalatomi dal mio babbo. Burro cacao, per proteggere le mie labbra già fin troppo rosse.
Ed ora io, unicamente io sul terrazzo con asse da stiro a portata di mano. Attacco una lunga prolunga, che parte dalla cucina, nella quale affondo la presa del mio ferro ad acqua, precedentemente riempito. Preferisco stirare fuori piuttosto che dentro, visto il caldo infernale. Prendo un recipiente di vimini, ove sono riposte delle camicie dei miei fratelli e delle mie magliette. Mi pongo dietro l’asse ed afferro un primo indumento di Carlo. Lo porto sotto il naso, facendo mio il suo odore di uomo semplice e affettuoso. E’ un ragazzo d’oro, uno di quei ragazzi che ti da tantissima sicurezza, è il romanticismo allo stato puro. Diversamente da Carlo, Brando è sinonimo di eros e passione. E’ lussuria, voglia di possederlo. Se non fosse stato mio fratello, credo che mi sarei innamorata di lui. O chi sa di Carlo. O chi sa di nessuno dei due. Io ho bisogno di due occhi in cui perdermi, due occhi in cui trovare l’amore, due occhi che mi permettano di toccare il cuore del mio lui. Lui il cielo piu’ bello, l’universo del mio mondo, le labbra dolci che sfiorano le mie, il senso di una vita…la mia. Io come una piccola pianta, che necessita di linfa per rinascere.
Stirata una prima camicia di Carlo ed una di Brando, ormai appese su delle stampelle di legno chiaro, passo ad una mia maglia rosa, indossata qualche giorno fa. Abbasso il capo, seguendo movimenti giusti, affinchè la stiratura sia ottima e precisa. Spruzzo un po’ d’acqua e ripasso il ferro rovente. E il caldo torrido di questa giornata, che sembra non finire mai. Mi fermo un attimo. Inclino la testa all’indietro. Braccio destro piegato e mano che asciuga il sudore. Occhi chiusi e labbra semi aperte, che fanno sfuggire un sospiro. Petto che si gonfia e sgonfia a fatica. E’ come se i miei polmoni si rifiutassero di inglobare nuova aria.  
Sei bellissima”, esclama di getto, senza aggiungere altro.
Lo fisso di scatto. Fisso di scatto Damiano, poggiato contro il muro di fronte, con tanto di mani incrociate dietro la schiena. Polo bianca a mezze maniche, che aderisce perfettamente al suo fisico asciutto. Pantalone blu.
Vediamo se hai il coraggio di ripetere quando detto pocanzi, ufficiale dei miei sogni: “No, non ho capito”.
Sorride, abbassando leggermente il viso. Ha compreso la mia sfida. Mi lancia un occhiata: “Sei bellissima Cecilia, bellissima”.
Arrossisco, dopo aver udito il complimento. Arrossisco perché è Damiano a farmelo. E ancora una volta quel brivido dietro la schiena, che mi fa tremare tutta senza ritegno. Mordo il labbro inferiore, riducendolo in poltiglia sotto i miei denti. Mi corre incontro. Affanno all’inverosimile. Ed ora che accadrà. Corre e perché? Dove corre? E l’affanno aumenta, sempre piu’. Fa oscillare l’asse da stiro, solleva il ferro: “Cecilia la maglia”.
Immediatamente osservo il mio indumento, andato ormai in fumo: un enorme chiazza nera mi fa capire che la mia maglietta può prendere solo la direzione del cesto della spazzatura. E sbuffo, perché avrei voluto che la sua corsa fosse finalizzata ad altro. Sono una passionale io, poco importa se conosco un uomo da poco o tanto tempo. L’importante è rendersi conto che ci sia qualcosa di forte a legarci.
Ci sei rimasta male?”, mi chiede serio.
Lo fulmino all’istante: “Si”.
Te l’avevano regalata?”, domanda curioso.
Aggrotto il sopracciglio: “Eh?”.
Fa spallucce: “La maglia. Te l’avevano regalata?”.
Nera dalla rabbia, lo strattono: “No Damiano, non me l’hanno regalata, ok? Sei contento”.
Scuote il viso: “No, per niente”.
E allora?”, replico, incrociando le braccia sotto il seno.
E allora ci vediamo tra mezzora Cecilia” e detto ciò scappa via, lasciandomi senza parole, senza la possibilità di chiedergli altro.
 
                                                                  ***
Preparato un piccolo cestino con dei tramezzini e frutta, mi accingo a chiudere casa, dopo aver ricevuto la chiamata di mio fratello Carlo: il bar è zeppo di gente e il giovanotto che ha assunto è impegnato con le consegne. Mi ha chiesto di dargli una mano con la cassa. Ovvio che ho subito accettato: nel momento del bisogno la famiglia risponde. Intanto porto con me anche un leggero spuntino, poiché consapevole della sua stanchezza e sicuramente della sua fame.
Chiudo la porta a chiave e mi incammino sul terrazzo, tenendo tra le mani il pranzo per mio fratello. Sto per scendere le scale quando mi imbatto in Damiano. Ci sorridiamo. Lo spazio stretto in cui ci troviamo fa si che i nostri corpi siano decisamente vicini l’un l’altro. Il cuore pulsa non appena incrocio i suoi occhi.
Stai andando via?”, mi chiede con voce premurosa.
Si, mio fratello mi ha chiesto una mano al bar”, rispondo con delicatezza.
Lo vedo perplesso: “Ma quanti fratelli hai?”.
Scoppio a ridere: “Due, Carlo il maggiore e Brando il mio gemello”.
Inclina il viso verso il basso: “Andiamo bene”.
Sarebbe?”, gli chiedo maliziosa.
Agita le mani: “No nulla, lascia perdere”.
Sto per andare via, quando mi blocca per un braccio, portandomi a se. Andiamo bene ora lo dico io, il suo profumo inebria la mia mente.
Mi porge una bustina, chiusa con un laccetto di raso rosso: “E’ per te”.
Sbigottita dal suo gesto, apro il pacchetto silenziosa, trovandoci dentro una magnifica maglietta nera con fiocco al centro a giro maniche.
Scuoto il capo: “Ma perché? Cioè non dovevi”.
Porta la mano dietro la nuca: “E’ colpa mia se hai dato fuoco alla tua maglia rosa”.
No, ma non dovevi”, replico imbarazzata dal suo gesto carino.
Volevo solo essere gentile”: sembra quasi offeso dalle mie parole.
Lo sei stato, davvero. Grazie mille”, gli dico sorridente. Scendo qualche gradino: “Ora devo andare. Grazie ancora Damiano. A presto”.
Mi saluta da lontano, mentre salgo sulla bici e mi avvio verso il bar di Carlo, piena di gioia nel cuore. Un piccolo gesto da una persona che non disdegno affatto. Tuttavia meglio non montarsi la testa e rimanere razionali….razionali?.

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Capitolo 10
*** Senza Se, Senza Ma ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Baci da Carla.

CAPITOLO 10- SENZA SE, SENZA MA


Ieri , alle due di notte, ho finalmente trovato pace, andando a dormire nel mio dolce letto. Il mio aiuto al bar si è protratto fino a tarda sera. Ci ha raggiunti anche Brando, ma capirete bene che poco ci è venuto in contro anzi, si è appostato fuori il locale, attirando tantissima gente, soprattutto di genere femminile. Carlo dice che se non si fosse arruolato avrebbe potuto fare tranquillamente il PR, visto che ne ha tutte le doti possibili ed immaginarie. Cosa strana, mi bruciano i polpastrelli delle mani, causa dieci ore di fila a battere sul registratore di cassa, senza tener conto le infinite chiamate a cui ho dovuto rispondere. Non vi dico come stava esaurito l’aiutante di mio fratello, che ha saputo essergli riconoscente, donandogli 60 euro di mancia. Carlo sa essere sempre giusto.
Stamane mi sono alzata molto tardi, alle dieci in punto. Ancora in pigiama grigio e rosa, scendo dal primo piano di casa, dopo aver visto dal balcone della mia stanza una succulenta colazione posta sul tavolo della terrazza. Mi avvio giu’, trovando Brando, splendido nel suo completo scuro, preparare un caffè. Si volta verso di me, non appena mi vede. Accenna un sorriso.
Porto una mano sugli occhi e mugugno, camminando alla cieca: “Sto uccisa, manco se mi fosse passato un treno addosso”.
Mi indica la caffettiera: “Con questo ti riprendi di sicuro”.
Annuisco ed esco fuori.
Mi siedo. Gomiti sul tavolo e ancora mani in viso. Stropiccio la mia pelle e sbuffo. Mi chiedo come faccia Carlo a sopportare ritmi del genere. Pensate che è già sceso a lavorare. Chi gliela da tutta questa forza e voglia?.
Brando poggia l’espresso e bacia i miei capelli: “Tieni bevi, è senza zucchero”.
Grazie”, replico, afferrando la tazzina. Tutto sommato il mio gemello se la cava in cucina, diciamo che il suo è stato un corso accelerato di sopravvivenza. Trovandosi da solo, lontano da casa o imparava a farsi da mangiare oppure fame ad oltranza.
Il caffè aiuta il mio corpo a rinvigorirsi. Sparisce anche quella sensazione di giramento di testa, che avevo precedentemente non appena alzata dal mio comodo giaciglio. Guardo fisso ciò che mi ritrovo dinanzi. Opto per un cornetto alla crema, che mangio all’istante.
Brando spalma del burro su un po’ di pane: “Ti piace qui Cecilia?”.
Un morso al mio croissant e rispondo: “Si certo che mi piace, perché?”.
Discosta dalle labbra il suo bicchiere: “Perché Carlo lavora qui, io anche per non so quanto tempo…vorrei che ci fossi anche tu, vorrei che ci fosse anche Elena con noi”.
Mi sollevo leggermente e scompiglio i suoi capelli mossi: “Che c’è tenerone, ti manca la tua famiglia?”.
Ride: “Eh si, mi manca e come”, punta l’indice, “ma lo sai che in cima ai miei pensieri ci sei sempre tu”.
E tu nei miei Brando”, esordisco, osservandolo con amore. Con l’amore che una sorella gemella può avere nei confronti di suo fratello. Noi siamo legati da un cordone ombelicale, che mai e poi mai taglieremo.
Il nostro momento viene interrotto da una chiamata sul suo cellulare. Risponde e sbotta. Riattacca dopo pochi istanti.
Scuoto il viso: “Cosa c’è?”.
Affonda il suo corpo nello schienale della sedia su cui è seduto: “La Capitaneria. Non sai quante carte e documenti vari mi stanno facendo firmare”. Sorride: “Fortuna che non sono cambiali!”.
Presi dal divertimento non ci rendiamo conto di non essere soli. Mio fratello si gira ed gli accenna di unirsi a noi. Ma io dico, proprio ora doveva venire? Proprio ora che sono in pigiama, con tanto di capelli spettinati? Tento di riparare, legandoli con un elastico nero.
Si accomoda accanto a Brando, dunque mi è di fronte. “Allora Damiano finalmente ci vediamo al di fuori della Capitaneria”, afferma mio fratello.
Annuisce: “Non me la nominare proprio, che ora sono tornato dopo aver autografato un centinaio di fogli. Maledetta burocrazia”.
Brando accavalla le gambe e gesticola: “Anche a te? Cinque minuti fa mi hanno chiamato e mi hanno chiesto di andare. Penso che dovrò firmare i tuoi stessi documenti, visto che abbiamo svolto insieme la missione”. Si alza, dopo aver pulito le labbra: “Vado, altrimenti faccio tardi. Mi dispiace solo che ci siamo incrociati per poco”. Si volta verso di me, facendomi capire di aver cura del suo ospite. Gli rispondo con un semplice sorriso.
Pacca sulla spalla al suo collega, un bacio sulla guancia a me e va via, correndo sulle scale.
Resto dunque sola con Damiano. Non credo che sarebbe andata a finire cosi se mio fratello avesse saputo del suo piccolo regalo o dei complimenti che il giovane uomo mi ha riservato in questi giorni.
Gli indico la colazione: “Serviti pure, sei hai fame”.
Grazie, accetto volentieri. Sono sceso a stomaco vuoto”, replica, mentre prende un po’ di pane e marmellata.
Quindi tu e mio fratello avete svolto la missione insieme?”, gli chiedo curiosa.
Scuote la testa, affermando: “Se non ci fosse stato Brando, penso che mi sarei ammazzato su quella nave. I nostri colleghi erano tipi piuttosto rigidi, mettiamola cosi. Mai una risata, mai un dieci minuti di dialogo, che andasse oltre i doveri per lo Stato. Insomma erano attivi solo per lavoro e questo dopo mesi di mare un po’ pesa sulla psiche di una persona”.
Bevo un po’ di succo d’arancia: “Ebbè ci credo”, poi continuo con le mie domande: “Come mai ti sei arruolato? Anche tu come noi hai un padre capitano di stazione?”.
Pulisce le mani, facendo segno di no: “No, assolutamente. Io tentai di entrare nella Marina dopo il diploma, ma non ci sono riuscito, quindi mi sono iscritto all’università. Sono un idrogeologo. Ma sai, io non mi arrendo facilmente, c’ho riprovato cinque anni fa e sono entrato”. Ride di gusto: “Nonostante io sia piu’ grande di Brando, lui è mio superiore di un grado”.
Aggrotto il sopracciglio: “Però, hai fatto una bella scelta prima della Marina. E non sapevo che fossi un sottoposto di mio fratello”.
Guarda io ho sempre avuto la passione per l’acqua in generale e nello specifico per il mare, quindi quando ho visto le porte chiuse in faccia dalla Marina, ho detto perché no? E mi sono buttato nel settore dell’idrologia. Ma la mia passione è sempre stata unica e sola e come ti ho detto a trentanni c’ho riprovato”.
Lo guardo negli occhi: “Dunque hai…”. Scavalca la mia voce: “Si, trentacinque anni e tu venticinque come Brando, giusto?”.
Annuisco: “Si, venticinque come Brando”.
E lavori con tuo fratello maggiore”, esclama all’improvviso.
Sgrano gli occhi: “Sei pazzo, ieri è stata un eccezione perché aveva gente al bar. No io sono una giornalista, ora lavoro per il quotidiano di Furore e tra poco gestirò anche il Tourist Point”.
Sembra compiaciuto: “Ah quindi anche tu come me resterai un po’ di tempo qui a Furore”.
Eh, si spera. Non mi va di lasciare i miei fratelli. Noi siamo molto molto legati”, gli dico, mentre mi verso una seconda tazza di caffè.
Parlare con Damiano non mi pesa, anzi è piuttosto piacevole. Un vento caldo accarezza la nostra pelle, non bruciandola visto la copertura bianca sul gazebo che fa da scudo. Però un po’ di vergogna permane, a maggior ragione se pensate che sono in pigiama. Di solito mi faccio vedere cosi solo dai miei fratelli o comunque da persone con cui ho un legame intimo. Cosa che non si può dire con Damiano.
Mi desta dai miei pensieri: “Ti va di andare a mare?”.
Corrugo la fronte, senza rispondere.
Ti va di andare a mare insieme Cecilia?”: ripete per la seconda volta la sua frase.
Si, se mi dai mezzora. Giuro che non ci metto niente a prepararmi”, esordisco, già all’ in piedi.
Fai con comodo. Tra mezzora qui, vado a mettere il costume anche io”: si alza e si dirige verso casa sua.
 
                                                                       ***
Apro con calma la porta di casa, non prima di aver dato un occhiata all’orologio in cucina. Ho spaccato il secondo, giusto giusto mezzora è trascorsa da quando ho lasciato Damiano. Borsa tra le mani, all’interno della quale c’ho posto una bottiglia d’acqua naturale fredda, dei bicchieri, dei tovaglioli e due buste con taralli di vario gusto. Diciamo che prevengo la fame con alimenti pro ciccia. In vita mia non ho mai badato alla linea, ne tanto meno mi sono mai messa a dieta. Ho qualche chilo in piu’? chi se ne frega, l’importante è che io sia felice di me stessa e del mio corpo.
Lo sguardo, non appena messo piede sul terrazzo, va su di lui, su Damiano, intento a gustarsi il panorama che si vede magnificamente da casa mia. Mi è di spalle, gambe incrociate e gomiti posti sul muretto. Immancabile bermuda blu con maglia chiara, non eccessivamente aderente al petto. Un telo mare posto sulla spalla sinistra…tipico degli uomini. Gli vado incontro senza farmi udire, effetto sorpresa in atto!. Che poi quale sorpresa e sorpresa, visto che abbiamo un appuntamento. Abbiamo un appuntamento? Non c’avevo mica pensato io!.
Metto per un attimo la borsa a terra e sfioro le sue spalle con entrambe le mani aperte. Inclina la testa all’ indietro: che forse questo sia il suo punto debole, il suo tallone d’Achille?. Si gira e petto contro petto.
Sorriso generoso sul suo viso: “Hai messo la maglia che ti ho regalato”.
Si, mi piace molto”, affermo visibilmente imbarazzata.
Ti sta bene!”, replica con gentilezza.
Gli tolgo l’asciugamano da dosso, portandolo nella mia borsa, ove spazio ve ne è in quantità. Solo noi donne abbiamo sacche del genere, molto simili a valigie. Dal suo canto preferisce fare il galante portando lui il peso, peso relativo visto che non c’è molto dentro.
Mano sul fianco e voce piena di curiosità: “Allora dove andiamo?”.
In un posto che ti piace”, mi dice, non fornendomi ulteriori dettagli.
 
                                                                 ***
 
Mai avrei immaginato di ritrovarmi ancora una volta al Fiordo. Ancora una volta con Damiano. Ha avuto ragione lui pochi minuti fa: questo è il posto che mi piace. Questo è il posto in cui l’ho visto per la prima volta. Siamo giunti qui grazie all’ausilio di una barchetta, da lui noleggiata per l’intera stagione estiva. Quando gli ho chiesto il perché mi ha semplicemente risposto che il mare è la sua vita e che almeno una volta al giorno un piccolo giro di perlustrazione e relax ci vuole. Mi ha anche raccontato che possiede una sua imbarcazione, ferma al porto di Napoli, spera di farla arrivare qui quanto prima possibile: l’ha comprata dopo un anno di duro lavoro e sacrifici.
Il mare è cristallino, tanti piccoli luccichii e un fondale praticamente visibile ad occhio nudo. Rocce nere qua e là rendono lo scenario decisamente suggestivo e particolare. Solito vento, che urta da una parte all’altra della montagna, che circonda la conca naturale in cui mi trovo. Nonostante questo piccolo dettaglio fa caldo, piu’ che altro possiamo parlare di caldo asciutto. Dunque niente afa. La sabbia è come divisa in due parti: la prima a riva totalmente illuminata dal sole e senza dubbio rovente; la seconda coperta da uno strato di ombra dato dal riflesso del ponte. Osservo Damiano tirare la barca verso la spiaggia e legarla con una corda, posta intorno ad un grande masso. Nel frattempo stendo le nostre due asciugamani ove non battono i raggi solari. Siamo soli stamane al Fiordo.
Entrambe le mie mani afferrano i lembi della mia maglietta nera, portandola all’ in su. Nel compiere tale azione tiro il ventre, facendolo apparire piu’ piatto del dovuto. Si intravede parte della gabbia toracica. Stessa sorte tocca al pantaloncino. Resto quindi in bikini, color nero con pailette sul reggiseno. Vedo la sua figura riflessa sulla sabbia. Mi è di spalle. Mi volto verso di lui, regalandogli un sorriso. Ricambia il mio gesto ed esclama: “Sei bella anche oggi”.
Scuoto i capelli e con fare da diva replico: “Sono sempre bella io”. Mi sciolgo in una forte risata, che gli fa comprendere quanto io poco prenda in considerazione la mia “bellezza fisica”.
E ti vuoi spogliare?”, alla mia richiesta arrossisce come un bambino. Il suo rossore è visibile nonostante la barba.
Resami conto della gaffe immane mi correggo: “Volevo dire per fare il bagno bisognerebbe indossare solo il costume, ma va bene anche cosi se vuoi”.
Agita le mani: “Non ti preoccupare”.
Sotto il mio occhio vigile porta via il bermuda e la maglia, mettendo in luce un fisico da 10 e lode, senza contare quel costume blu scuro che stringe i suoi fianchi tonici. Muscoli rilassati, ogni suo minimo dettaglio è proporzionato al suo corpo. Occhi magnetici, nei quali puoi tranquillamente perderti.
Mi balza un idea in mente: “Ma non avevi detto che rischiavo una multa di 400 euro se fossi venuta qui”.
Certo, ma il divieto è stato revocato e poi ora come ora non ti farei mai una multa Cecilia”, risponde, indicandomi la meta del nostro arrivo qui al Fiordo: il mare.
Ci avviamo, dunque, immergendoci completamente. Mi consiglia di pormi nella parte al sole, dove l’acqua è assolutamente calda. Sembra quasi di avere un vulcano sotto i piedi. Abbasso la testa, bagnando i capelli, dopo averci passato su le mani umide. Damiano si immerge completamente, per poi emergere all’improvviso, urtando contro il mio addome. E come le cose piu’ spontanee al mondo, cinge il mio ventre. Ricambio il suo gesto, portando le braccia dietro il suo collo. E sorridendo arriva il nostro bacio. Le punte dei nasi si toccano, le labbra accennano, ma stentano a sfiorarsi. Respiri pesanti i nostri, respiri cosi lenti, indirettamente proporzionati ai battiti dei nostri cuori. Ed infine le nostre bocche che si uniscono, un bacio forte e passionale, come mai dato in vita mia. La mia mano destra si scosta, si apre e dal suo fianco sale su, tastando i suoi muscoli addominali. Le mie gambe ruotano attorno al suo corpo, per incontrarsi dietro la sua schiena. Dal canto suo incrocia le mani sotto i miei glutei, sollevandomi. Inclina il capo verso l’esterno per fare ancora una volta sue le mie labbra fameliche. La temperatura corporea si innalza, a causa del momento non propriamente ricercato, ma pur sempre bello. Mi porta a riva, dove ci sdraiamo: io sulla sabbia, lui su di me. Il mare supera l’ostacolo, i suoi glutei e giunge sino al mio collo. Affanno, cosi come lui. Ed ancora baci lunghi, un incontro di essenze il nostro. Abbasso le palpebre, inarcando la schiena, presa da una passione strana ed improvvisa. Sfiora con il suo labbro inferiore il mio mento, sino a dirigersi sulle mie spalle, dove viene ostacolato dai laccetti del mio costume nero. Si solleva sui gomiti, con occhi sgranati e iniettati di sangue: “Madò”. Testa verso destra, che si poggia sul mio cingolo scapolare: “Che c’è?”.
Ma voi Scala siete tutti cosi?”, mi chiede ancora frastornato.
Faccio un occhiolino: “Eh caro mio, non hai ancora visto niente”.
Abbassa la testa, con sguardo preoccupato: “Stiamo messi bene”.
Dopo di che si stende accanto, portandomi su di se e proteggendomi con le sue braccia.
Non so dirvi ne come, ne quando, ne perché sia nato tutto questo. Non so dirvi di preciso se sia nato qualcosa. Preferisco godermi ogni istante della mia vita come questo in pace, senza pormi troppe domande. Senza chiedermi se sia giusto o sbagliato. Prendo ciò che mi viene regalato in silenzio. Chi si pone troppe questioni è spacciato, perde l’intimità dei piccoli momenti che mai piu’ ritorneranno. Dunque perché sprecarli per poi rimpiangerli? Tanto vale fare tutto nostro e lasciare i dubbi, i “se” e i “ma” a domani. Sempre se ci saranno.   

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Capitolo 11
*** Il Destino Gioca Brutti Scherzi (Prima Parte) ***


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Baci da Carla.

CAPITOLO 11 (PRIMA PARTE)- IL DESTINO GIOCA BRUTTI SCHERZI


Stamane, quando mi sono destata dal sonno, la prima cosa che ho fatto è prendere il cellulare e dare un occhiata al calendario: cavolo sono due settimane che son qui eppure ho come l’impressione di essere arrivata solo ieri. Sapete le cose procedono velocemente, soprattutto quando sei impegnata: qualche articolo scritto e pubblicato, le innumerevoli camicie di Brando sparse per casa, talvolta macchiate di rossetto rosso (questa gliela faccio pagare!), i polpastrelli doloranti dopo un intera giornata trascorsa dietro la cassa al bar di Carlo e i quintali di macedonia preparata per sopperire alla fame pomeridiana. Cucina sempre in ordine, grazie a mio fratello maggiore: è il suo regno, nessuno deve toccarlo. Brando si limita a fare guai, come la moretta che l’altro ieri ha bussato al citofono per la bellezza di cinque volte, solo per sapere lui dove fosse. Falle capire ora che il mio gemello di solito (di solito o sempre?) si comporta come uno stronzo di prima categoria. Non so quante volte glielo l’ho detto: liberissimo di fare quello che vuoi della vita tua, ma abbi la decenza di non comunicare il tuo indirizzo alle povere malcapitate, che dopo dobbiamo subircele noi, visto che tu, mio caro Brando, sei sempre a zonzo. Meglio quando lavora, cosi non da impicci. Sapete un paio di giorni fa stavo per prendere a capelli Lisa, la ragazza di Carlo…ringraziate il mio gemellino ufficiale di Marina se non l’ho fatto. Io sono una ragazza molto tranquilla, preferisco ragionare e dialogare anche in circostante non particolarmente felici, ma quando mi fai partire l’embolo è finita. Mi trasformo in un assassina, dunque meglio starmi lontana. Quella vipera ha passato ogni confine. Volete sapere l’ultima che ha combinato? E’ entrata nel bar, senza salutare, cosa che poco mi tange visto che mi è trasparente, e non curante dei clienti urla contro Carlo, reo di non aver risposto ai suoi messaggi. Mi si è annebbiata la vista, l’ho trascinata fuori e gliene ho dette di santa ragione: ma ti pare che quel poverino si mette a perdere tempo con te con tutta la gente che c’è da servire? Invece di essere contenta per lui…con questi tempi di crisi oggi stai sulla piazza, domani no. E non vi dico come mi ha sentito mio fratello maggiore: se non si libera di quell’arpia gli faccio fare il volo dell’angelo dalla terrazza. Brando mi ha assicurata che mi aiuterà. Tuttavia voci di corridoio danno la relazione tra i due al capolinea, proprio dopo quel che è successo. Non lo devo dire, perché mi esce dall’anima, Carlo sarà buono, gentile, romantico, tutto quello che volete voi, ma con Lisa si comporta da fesso della situazione. Ma mollala a questo guaio vivente e trovati una brava ragazza, che non ti mancano le qualità…e che cavolo, si perde in un bicchiere d’acqua certe volte. Sotto questo punto di vista non ha preso proprio da nonno e papà. Diversamente da Brando, che mi combina l’esatto contrario: donne disperate da consolare. Sapete che faccio, me ne vado proprio a Minori da Elena, mia sorella.
Eh no un attimo, niente Furore, niente Damiano: le mie labbra sono consumate dai suoi baci, scambiati ovunque, sul terrazzo, sulle scale, a mare, per strada. Ogni momento è buono per fare mia la sua bocca e viceversa. Carlo ha capito qualcosa, ma tace, si limita a sorridermi. Mi ha vista cambiata in questi giorni, ne è contento, dice che mi merito un po’ di felicità dopo la batosta con Ermanno. Brando, invece, non sa ancora nulla, non ho avuto occasione per parlarci un po’, è sempre impegnato il signorino.
Squilla il telefono di casa. Alzo la cornetta e rispondo: “Cecilia”.
Aggrotto il sopracciglio: “Che c’è Carlo?”.
Cecilia tra cinque minuti puoi scendere giu’, mi vengo a prendere il cellulare. Vedi che l’ho dimenticato sul mio letto”, replica di fretta.
Ok, non ti preoccupare. A tra poco”: stacco la chiamata e mi reco in camera sua, per trovare il telefonino.
Fatevi quattro risate con me: la casa come detto è abbastanza piccola, tutto sommato ci sono solo tre stanze, ovvero cucina-salone e le due matrimoniali. Dunque vi chiederete: e Brando dove dorme? Molto semplice: nel lettone con Carlo!. La mattina me li ritrovo sempre abbracciati l’uno all’altro come due amanti, che si nascondono dal mondo. Gambe incrociate, Carlo su Brando o viceversa. Sembrano due fidanzatini alle prese con i bollenti spiriti estivi. Inutile dirvi che ho subito scattato delle foto, gentilmente inoltrate ai miei genitori ed Elena. Una l’ho stampata ed appiccicata alla porta della loro camera con sotto scritto “True Love” in grassetto nero. Ben vi sta, li ho ripagati con la stessa moneta. La loro vendetta non è tardata ad arrivare: alle otto del mattino hanno avuto il barbaro coraggio si lanciarsi sopra il mio letto, con me che dormivo. L’ho detto che quando vogliono sanno essere trogloditi.
Intanto trovo il cellulare di Carlo, vorrei spiare i suoi messaggi, ma evito. Ha come sfondo una foto con tutti e quattro: io ed Elena in groppa ai nostri gemelli. Brando ha una coniglietta di Playboy e non aggiungo altro.
Scendo giu’ al cancelletto velocemente, facendo si che il mio vestitino giallo, stretto in vita da una leggera cinturina, si gonfi leggermente. Capelli sciolti e ballerine ai piedi. Insomma abbigliamento semplice ed adatto al caldo estivo. Vedo subito mio fratello, poggiato al muro con braccia incrociate.
Gli vado incontro: “Il telefono Carlo”.
Scuote il viso, come se l’avessi distolto dai suoi pensieri: “Ah si, grazie”.
L’accarezzo: “Non mi dire che stai cosi per Lisa”.
No, assolutamente. Non la sento neanche piu’, dopo la scenata al bar ha chiuso con me”, afferma sicuro e deciso.
Dentro di me gongolo ed esplodo di gioia a festa. Grazie San Gennaro, grazie…hai fatto uno dei tuoi miglior miracoli. Giuro che verrò da te a piedi, pur di ringraziarti ancora. Promesso!. Una ragazzina dai capelli neri ci passa davanti, facendo apprezzamenti su mio fratello.
Mi giro compiaciuta: “Eh Carlo? oggi è il complimento, domani il sorrisino malizioso e dopodomani la pacca sul sedere”.
Scoppia a ridere: “Certe volte sei peggio di Brando”.
Chi io? Ma quando mai!”, esordisco, facendo la finta tonta.
Mi da un bacio sulla guancia e scappa via a lavoro. Non sapete che sollievo che mi ha dato dicendomi che si è stufato di Lisa. Non avete idea di quanto lei abbia stufato me: brutta racchia che non sei altro, te ne sei andata a quel paese finalmente!.
 Mi incammino verso casa, ancora presa dai miei festeggiamenti interiori. Devo subito dirlo a Brando, magari parlandogli anche di Damiano, visto il loro rapporto lavorativo. Non mi va di creare dei malintesi tra me e mio fratello, tra lui e Damiano. Non voglio che Brando pensi che non senta piu’ la necessità di confidarmi con lui, cosa che è sempre accaduta in questi lunghi venticinque anni. Accanto al cancello di ferro trovo una donna bionda, stretta in un abitino rosso, intenta a scrutare il citofono. Inizialmente ho come l’istinto di chiederle chi stia cercando, ma evito: non sia mai è una delle tante conquiste del mio gemello, non me ne esco piu’ dai guai. Non mi va proprio di consolare un ulteriore vittima del fascino latino di mio fratello. Dunque mi limito ad aprire la porta, salendo a casa.

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Capitolo 12
*** Il Destino Gioca Brutti Scherzi (Seconda Parte) ***


Image and video hosting by TinyPic Buona Domenica!
Baci da Carla.

P.S. = Nella foto a partire da sinistra Mirella, nel mezzo Cecilia ed infine Damiano.

CAPITOLO 12 (SECONDA PARTE)- IL DESTINO GIOCA BRUTTI SCHERZI


Il lungomare di Furore è sempre colmo di gente energica e felice. Agosto sinonimo d’estate, estate sinonimo di ferie, ferie sinonimo di niente lavoro. Sono uscita per fare due acquisti dal fruttivendolo, per la precisione ho comprato dell’insalata e un paio di chili di frutta, che sono certa finiranno nel giro di poche ore. Ormai ci limitiamo a mangiare solo questo o mozzarella fresca di bufala, accompagnata da prosciutto crudo e pomodori rossi di Sorrento con filo d’olio extravergine d’oliva. Quando fa caldo, ti passa anche la voglia di fare le grandi abbuffate. Squilla il telefono. E’Brando: “Cecilia dove sei? Ti stiamo aspettando”.
Aprimi il cancello, sono giu’”, rispondo ad alta voce.
Che seccatura quando fa cosi. Magari ha chiamato solo per prendermi in giro. Non sapete quante volte mi ha fatto fare le corse a casa solo per il gusto di burlarsi di me. Ovvio che dopo gli sono toccati un bel paio di calci nel deretano, forse divenuto duro a causa delle mie punizioni. Spalanco il cancello di ferro, che accuratamente chiudo dietro le mie spalle. E salgo con molta tranquillità, senza tener conto dell’urgenza manifestatami da Brando per telefono.
Giungo al terrazzo. Mano sulla fronte. Tiro un sospiro di sollievo: “Non avete idea della gente che…”. Le parole si strozzano in gola non appena mi rendo conto di non esser sola con i miei fratelli: seduti a tavola con loro vi è Damiano e la donna bionda, vista qualche ora fa.
Carlo si avvicina, prendendo la busta con la frutta dalla mia mano. Gli sussurro all’orecchio: “Ma chi è quella?”. Con voce bassa replica: “E che ne so, ora sono arrivato”.
Ci incamminiamo verso i nostri ospiti. Mi pongo dietro le spalle di Brando, a cui do un bacio sulla guancia. Un sorriso a Damiano. Un sorriso che vuole esprimergli tutto il mio affetto nei suoi confronti.
La donna, sedutami di fronte, prende parola: “Brando ma allora è lei tua sorella Cecilia? Ci siamo incrociate prima, ma non sapevo chi fosse”.
Annuisco: “Si sono proprio io”, le tendo la mano, “piacere Cecilia”.
Ricambia il mio gesto: “Piacere Mirella” e con sorriso sulle labbra aggiunge: “sono la moglie di Damiano”.
La mia espressione di felicità svanisce in un colpo. Doccia fredda d’improvviso. Resto cosi shockata che non sono capace di stringere la mano alla donna, ma mi limito a sfiorarla. Viso che esprime tutta la mia amarezza, tutta la mia delusione. Cavolo hai avuto una settimana e piu’ per dirmi che eri accasato e non l’hai fatto. Ma ti sembro io una che vuole fare la tua amante per tutta la stagione estiva. Lo fulmino con lo sguardo: china il capo in avanti ed abbassa le palpebre, quasi stesse facendo un mea culpa. Che detto tra noi ora proprio non serve, visto che questo bel “pacco”, che mi hai galantemente riservato, potevi evitarlo parlando chiaro sin dall’inizio.
Faccio finta di non aver compreso quanto affermato da Mirella. Me lo deve dire lui che è sua moglie. Me lo deve dire lui, il pezzo di merda. Con occhio da “mancano cinque minuti alla tua morte” gli chiedo: “Scusa Damiano non ho capito”.
Percepisce il mio intento e puntando fisso i suoi occhi su di me, con voce bassa e colpevole ripete: “E’mia moglie Mirella, Cecilia”.
Mi inizia a girare forte la testa. Sudo freddo. Non pronuncio nessuna parola. Il coraggio non gli manca all’idrogeologo di sto cavolo e poco m’importa che sia dispiaciuto da morire, ci doveva pensare prima, non ora. Affanno incessantemente. Carlo mi osserva preoccupato, chiama l’attenzione di Brando su di me.
Il mio gemello si alza: “Che c’è Cecilia, sei pallida”.
Scuoto il viso: “Non è nulla, mi gira solo la testa, sarà il caldo”, porto le mani tra i capelli, tirandoli indietro, “guarda non ho fame, preferisco stendermi un po’ sul letto”. Mi volto verso i due coniugi: “Perdonate la mia assenza”.
Lei, Mirella, non è per nulla stupida. E’una donna e anche molto intelligente e furba. Forse piu’ridicola che furba, devo ammettere. Porta il braccio sotto quello del marito, poggiando la testa sulla spalla di quest’ultimo. Sbatte all’inverosimile le ciglia e con vocina acida esclama: “Non si preoccupi Cecilia, vada pure”.
La mia espressione indifferente la dice lunga, cosi come la spinta che la bella Mirella si becca dal marito, che non perde un secondo nell’allontanarla da sé. Sono ridicoli entrambi ora come ora, che andassero a farsi benedire con i piu’ sentiti saluti di Cecilia Scala.
Lascio i due e i miei fratelli sul terrazzo. Ma guarda te, non solo ho comprato la frutta mi devo pure sopportare la visione celestiale di Damiano e moglie. Ti si deve fermare in gola l’anguria. Ti si deve fermare e in quell’istante devi pensare a me, coglione.
 
                                                                               ***
 
Sono distesa comodamente sul mio letto. La testa ha smesso di girare. Sulla fodera arancione del mio cuscino è poggiata la mia testa, sotto la quale è piegato il mio braccio destro. Sguardo volto verso l’alto, verso il soffitto bianco, da poco tinteggiato. Mano sinistra sul ventre, i cui muscoli scalpitano per il nervosismo. Non ho idea di quanto tempo sia trascorso, poco m’interessa a dire il vero. L’immagine di lui seduto accanto alla moglie mi da la nausea. Ma io dico: mi vieni a prendere in giro fino dentro casa mia?. Cavolo lo sai che verrò anche io a pranzo, ma una scusa non sai inventarla per evitare un imbarazzo del genere?. Sono proprio senza parole. E stiamo a due, prima Ermanno, ora Damiano. Avanti il prossimo, su!...non c’è due senza tre. Offritevi in quantità, vincerà il piu’ stronzo di tutti. Cose da pazzi, credevo fosse un'altra persona. E’ vero che lo conosco da poco, però avevo avuto tutt’altra impressione. Mettiamola cosi, i miei pronostici erano altamente sbagliati…pazienza!. No, pazienza no…ti pianto una scopa nel sedere brutto idiota che non sei altro, questo si!. Sti uomini si credono i padroni del mondo, mi sono completamente rotta.
Bussano. Non rispondo. Si apre di poco la porta, fa capolino Brando. Gli dico di entrare. Si stende accanto a me. Gli porgo parte del mio cuscino.
Allora?”, chiede con voce da chi vuol dar vita ad un discorso serio.
Allora che?”, faccio finta che il fatto non sia mio.
Da quant’è che dura con Damiano?”, domanda curioso.
Una settima e piu’ forse, non lo so”, rispondo, sbuffando.
E perché non me l’hai detto? Perché Carlo lo sapeva ed io no?” : eccolo che fa il gelosone.
Se sei sempre in giro a divertiti, io quando ti becco? Comunque non ti sei perso nulla, l’hai visto stesso tu”, affermo, accarezzando i miei capelli.
Ok hai ragione sul fatto che sono stato poco presente. Ma lasciati dire che Damiano e la moglie non è che vanno molto d’accordo ormai da tempo. Pensa che noi siamo stati in missione un anno e loro erano già separati, non l’ha mai chiamata”: Brando tenta di chiarirmi la situazione, ma poco ci riesce.
Gesticolo: “Brando…e chi se ne frega, è pur sempre sua moglie”.
Tentenna: “Secondo me c’è differenza tra moglie che si ama e moglie dalla quale si è separati. Non hanno neanche mangiato con noi, dopo che tu te ne sei salita e che lui l’ha allontanata, se ne sono andati a casa di Damiano e ti posso dire che gliene ha dette di santa ragione a Mirella. Chiedi a Carlo”.
Alzo il sopracciglio: “Cioè?”.
Entra in camera anche il mio fratello maggiore, che si siede su uno sgabello celeste, posto in un angolo vicino all’armadio.
Lo guardiamo fisso. Alza le mani: “Si vabbè, stavo origliando”. Poi parla direttamente con me: “Comunque ha ragione Brando, lui stava proprio nero con la moglie, l’abbiamo sentito con tutta la porta di casa sua chiusa”.
Brando conferma ed aggiunge: “Vi siete baciati eh? E dove?”.
Mi volto di scatto: “E tu che ne sai?”.
Risponde Carlo: “L’ha detto Damiano a Mirella”.
Resto senza parole: “Damiano ha detto a sua moglie che ci siamo baciati al Fiordo?”.
Quattro occhi mi scrutano attentamente. Le loro voci si uniscono: “Ah, vi siete baciati al Fiordo?”, e Brando a nostro barista preferito, “Carlo hai capito Cecilia? Va al Fiordo con Damiano e se lo bacia pure”.
Incrocio le braccia sotto il petto: “Embè? Io almeno me ne bacio uno, tu invece tremila”.
Ha ragione Brà”, esordisce Carlo, divertito.
Il mio gemello fa spallucce: “Ma io sono un uomo di mondo, un uomo che naviga i mari e conosce tante persone”, schiarisce il timbro della sua voce, “e poi perché negare alle donne il mio fascino? Io non sono uno che fa di queste azioni cosi cattive”.
Non avevamo dubbi”, esclamo totalmente sincera.
Brando mi si getta addosso, torturandomi con il solletico. Si aggrega Carlo, che opta per le cuscinate. Morale della favola: ci vado sempre io di sotto. Due contro uno, mi trovo in inferiorità numerica, senza contare che i miei fratelli sono due pezzi di fratelli. La mia è una sconfitta annunciata.
Nonostante ciò questo momento di spensieratezza mi aiuta a dimenticare per un po’ quanto accaduto prima. Ma allo stesso tempo non voglio negare nulla, mi conosco abbastanza per dire che arriverà il momento in cui discuterò con Damiano, anche a costo di andar a bussare a casa sua, ma ci parlerò. Io le cose le chiarisco e parlo in faccia, senza nascondere dettagli della mia vita.

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Capitolo 13
*** I Conti Con La Realtà ***


Image and video hosting by TinyPic Dopo giorni ecco un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Un bacio grande da Carla.

CAPITOLO 13- I CONTI CON LA REALTA’


Saranno trascorsi cinque giorni da quando ho conosciuti Mirella? Si, lo sono. Nonostante Damiano abiti quasi sotto il mio stesso tetto, ho fatto di tutto per evitarlo, compreso non rispondere alla porta, quando sentivo il campanello bussare. Sapete che dispongo di un ampia balconata, non mi ci vuole molto a vedere chi mi cerca. Un paio di volte ho notato il suo volto scuro, forse è consapevole di aver sbagliato?. La cosa poco mi tange, sono io a dover essere arrabbiata no lui. Ciò che contesto a Damiano non è il suo matrimonio, ci mancherebbe altro se si è sposato ci sarà un perché…sono i suoi atteggiamenti che non mi vanno bene: prima la maglia, poi la spiaggia, il bacio ed infine quella serie di modi galanti, adoperati normalmente da un uomo che vuole conquistare una donna. Se il bell’ufficiale crede che io sia l’ennesima conquista tra una missione ed un’altra, bhè ha capito no male ma malissimo, non sono mai stata quel genere di donna, ne voglio esserlo. L’uomo giusto arriverà al momento giusto, non ho bisogno di gettarmi tra le braccia di nessuno. Non sono ne brutta, ne cosi sfigata. Vi dirò di piu’: sfigato è lui che a trentacinque anni si mette a fare di queste cose. E la moglie acidella? Ben gli sta!.
Anche stamane andrò ad aiutare Carlo al bar, ormai ci ho preso gusto, soprattutto quando si tratta di azzannare le tante pizzette poste nella vetrinetta del bancone. Sono sicura che manderò al fallimento mio fratello se continuerò di questo passo. Brando intanto studia la nuova mossa per il nostro bel barista: il dopo-Lisa. Nel giro di pochi giorni ha portato al bar un botto di ragazze, molte delle quali frivole. L’ho rimproverato per questo: e che facciamo, ci togliamo dai piedi una e ce ne mettiamo un'altra? E poi basta con queste ragazze che si infatuano dell’uomo gentile e romantico, qui si necessita di una con gli attributi. Una a cui Brando non debba cantare “bella stronza”.
Il vestitino bianco con fascia celeste è ciò che ci vuole con questo caldo, meglio un abito traspirante per combattere il sudore. Un goccino di profumo agli agrumi e capelli legati con elastico nero molto sottile. Ballerine ai piedi. Mi specchio: un bel po’ ci sono rimasta male per ciò che è accaduto. Volete la verità? Non so se si possa parlare di colpo di fulmine ma di certo il mio vicino di casa non mi è per nulla indifferente, ciò è ben visibile dai miei gesti…gesti chiari, spontanei e sinceri. Si i miei gesti sono chiari, spontanei e sinceri, ma i suoi? Io sono libera, lui no, ha una moglie a cui dar conto, indipendentemente da tutto.
Non so quali siano i sentimenti di Damiano nei confronti di Mirella e viceversa, dunque non mi va assolutamente di entrare nel loro rapporto, facendo la parte del terzo incomodo.
Cammino sul terrazzo, dando un leggero sguardo al tavolo, sul quale vi sono ancora delle stoviglie sporche. Me ne sono completamente dimenticata…pazienza provvederò dopo o se ne occuperà Brando. Mi chiedo: se ne occuperà Brando? Non credo, è cosi affaccendato con le sue conquiste estive che quasi perde la cognizione del tempo.
Volto verso le scale e mi imbatto immediatamente in Damiano. Sguardo serio e triste, temo che stesse venendo per l’ennesima volta da me. Faccio per superarlo, non riuscendoci, mi blocca con un braccio, la cui mano poggia contro il muro.
Inclina il viso: “Ti prego”.
Scuoto la testa: “No”.
Dobbiamo parlare”, replica, avvicinandosi leggermente.
Un mio passo indietro: “Potevi parlare prima, non credi?”.
Sorriso nervoso: “Si è vero, ma ascolta: i momenti trascorsi con te mi hanno fatto perdere lucidità”.
Sguardo indifferente: “E questo ti giustifica?”. Gli punto il dito contro: “Giovane, se pensi che io sia una delle tue tante ragazzine estive hai sbagliato palazzo…
Mi zittisce, alzando di poco la voce: “Ma come ti permetti? Ma per chi mi hai preso?”.
Affanno arrabbiata: “Ti ho preso per un uomo di trentacinque anni che fa lo scemo con una ragazza pur sapendo di avere una moglie a casa”.
Abbassa il braccio e porta la mano in tasca: “Numero uno: io non ci provo con tutte; numero due: io e mia moglie siamo separati da quasi due anni; numero tre: io con te non ho fatto lo scemo, ho provato delle emozioni fortissime e ho tentato in tutti i modi di viverti a pieno in questi giorni”.
Gratto la pelle della fronte, abbasso le palpebre: “Quello che dico io è: ma ti costava cosi tanto dirmi che eri sposato? Ci vogliono cinque secondi. Non mi hai lasciato neanche la facoltà di decidere se approcciarmi a te o meno”.
Non faccio a tempo a terminare la mia frase che percepisco il suo petto contro il mio. Il suo respiro diviene il mio. Sussurra sulle mie labbra: “Dimmi che è stato colpo di fulmine anche per te”.
Le pupille dei miei occhi si muovono incessantemente, senza controllo.
Il suo alito buono alla menta solletica la mia bocca. Voce sensuale la sua, a cui a stento riesco a trattenermi. Non mi sfiora, eppure ho come l’ impressione che mi stesse baciando, che mi stesse abbracciando. Che mi stesse semplicemente tenendo a se.
Dimmi che è stato colpo di fulmine anche per te”, afferma imperterrito per la seconda volta.
E cosa gli devo rispondere: si è cosi?  Sei il mio colpo di fulmine, ma mi hai fatta entrare in crisi quando ti ho visto con tua moglie. Dovrei dirgli che è un idiota, che avrebbe dovuto esser sincero sin da subito, che non avrebbe dovuto mettermi in imbarazzo quella mattina. Cosa dovrei dire, cosa dovrei fare?. Io vorrei solo fare mie le sue labbra carnose, aprirle e fare mia la sua essenza. Fare mia la sua passione, i suoi sentimenti. Mia la sua schiena percorsa dalle mie mani, mio il suo petto tonico e caldo. Mio lui, unicamente lui. E dopo, che ci sarà dopo? Molto spesso ho ribadito che chi si pone troppe domande rimane vittima dei suoi dubbi, ma in questo caso il mio “motto” poco vale. Posso anche baciarlo, averlo tra le mie braccia ma quel senso di delusione ed amarezza rimarrà comunque. Non me la sento, non mi va di vivere un bellissimo istante di pochi minuti, che verrà offuscato dai miei interrogativi. Non mi va per niente.
Mi scosto da lui, scendendo velocemente le scale.
Le sue mani afferrano i capelli scuri. Si flette sulle gambe e si gira: “Ti farò cambiare idea, te lo prometto”.
L’ osservo per un secondo. Sono cosi triste, delusa, non immaginavo sarebbe andata cosi. Non volevo che andasse in questo modo, eppure ora ci tocca fare i conti con la realtà.

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Capitolo 14
*** Le Mie Parole ***


Image and video hosting by TinyPic Ciao a tutti/e. Buon fine settimana e soprattutto BUONA PASQUA!
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Baci da Carla.

CAPITOLO 14- LE MIE PAROLE


E’ decisamente raro svegliarsi al mattino in piena estate qui a Furore con un cielo cupo e tetro e la pioggia, che scende copiosa. Grosse nuvole, cariche d’acqua, lentamente fluttuano, divenendo sempre piu’ scure, sempre piu’ minacciose. Niente sole, stamane è completamente offuscato. Peccato per i turisti, i loro piani in merito alla tintarella sono andati leggermente a monte!. Ciò è palese dal lungomare silenzioso e solo, non c’è anima viva che si appresti a mangiare un gelato seduto al tavolo del bar, o ad incamminarsi con tanto di asciugamano sulla spalla verso la spiaggia.
Sbuffo, pensando che mi convenga restare a casa per l’intera giornata. Peraltro Carlo non sembra aver bisogno di me al bar. Brando mi ha lasciato un messaggio sul comodino, è in Capitaneria. Sono convinta che, quando è entrato in camera mia, mi abbia baciato sulla fronte. Chi non è a conoscenza del nostro grado di parentela senza dubbio penserebbe che siamo fidanzati. E invece no, il mio Brando non è altro che un fratello speciale e stupendo…il fratello che tutte vorrebbero. No aspettate un attimo, mi correggo: il fratello che tutte vorrebbero, eccetto quando conosci un ragazzo. Si perché è di un geloso che fa paura. Tuttavia non posso lamentarmi della sua condotta, ha saputo di Damiano e soprattutto di quel piccolo particolare che il suo collega non mi aveva menzionato eppure non si è scomposto piu’ di tanto. Ciò è abbastanza strano: quando lasciai Ermanno, dopo il suo tradimento, quasi non lo prendeva a mazzate per quello che mi aveva fatto, per quanto mi aveva fatta soffrire. Il mio Brando, il mio cavaliere per tutta la vita.
Sono seduta sullo sgabello azzurro in camera mia, al primo piano. Occhiali per la vista dalla montatura nera e matita tra i denti. Computer acceso e documento Word in bella vista, senza contare gli infiniti fogli che ho sulla scrivania. Sto tentando in tutti i modi di buttare giu’ un nuovo articolo, da inviare alla redazione del mio giornale. Stavolta mi tocca raccontare ai miei lettori del Fiordo e della messa in sicurezza della montagna. E’ vero che l’intervento da parte della Capitaneria e dei Carabinieri è terminato, ma è pur sempre giusto dire ai cittadini ciò che realmente è accaduto. Un altro po’ spacco gli incisivi superiori nel mordere violentemente la matita. La Capitaneria, eh? Il Fiordo, eh Cecilia? Tutti luoghi semplici, che non ti ricordano nulla. Proprio nulla.
Col cavolo! Ho un unico pensiero: Damiano. Anzi no, meglio specificare: Damiano e Mirella, sua moglie.
Stupido di un marinaretto da quattro soldi, voglio capire perché diavolo non mi ha parlato di lei. Perché diavolo non mi ha detto “Sai, sono sposato”. Non me ne frega nulla che sono separati, io non mi ci metto in mezzo ad una relazione cosi difficile. Non mi ci metto in mezzo ad un matrimonio. Voglio dire, ma chi mi garantisce che i sentimenti di Damiano siano veri nei miei confronti?. Sono poche settimane che ci conosciamo e sappiamo tutti come vanno a finire le storie estive: belle e passionali lasciano il tempo che trovano. Senza contare che io poco so di questo matrimonio…e se lui dovesse ripensarci, se lui dovesse ritornare con la moglie?. Il mio diverrebbe il ruolo di una stupida amante senza cervello, illusa ed abbandonata. Non voglio questo per me, non lo desidero. Lui parla di colpo di fulmine…eh si è vero, la bella e forte sbandata l’ho presa anche io per lui quel giorno, ma c’è tanta e molta differenza tra noi, io non devo dar conto a nessuno!.
Certo che sono una sfigata di prima categoria: prima le corna con Ermanno, ora Damiano e questa sorta di storia-non storia. Temo che debba farmi benedire da un buon prete, che galantemente mi caccerebbe dalla sua chiesa, poiché in famiglia siamo atei: nessuno si è sposato con rito religioso, nessuno ha ricevuto i sacramenti, almeno dalla parte della mia famiglia paterna. I miei genitori ci hanno lasciati liberi di scegliere, ma ne io, ne il mio gemello Brando, ne Carlo ed Elena abbiamo seguito una diversa strada. Stiamo bene cosi, ci rivolgiamo ai nostri nonni quando abbiamo bisogno di loro. Mi viene da ridere quando penso a ciò che si mormorava a Minori, città natale di mio padre e delle sue due sorelle. La gente affermava che noi Scala eravamo strani: mai una nostra presenza in chiesa, mai una confessione, mai una processione, mai un funerale. Quando è morto mio nonno, mio padre era sereno, nonostante avesse perso il suo di padre. Rimembro poco di quel giorno, ma un particolare è vivo nella mia mente: papà scese giu’ di casa, dirigendosi verso il piccolo morso di spiaggia, ove il nonno Carlo aveva in sosta la sua barchetta bianca. Senza fiatare, prese un ascia e tagliò il pezzo di legno dove era dipinto il nome dell’ imbarcazione, la “Lucia”. Ebbene quel pezzo, che può sembrare senza valore, oggi giace tranquillo dove riposano i miei nonni…insieme anche dopo la morte. Ci piace pensare che se ne stiano li, sulla loro barchetta a ridere, a scherzare, a visitare la loro grotta. Mi piacerebbe vivere un amore cosi intenso come il loro.
Sorriso sulle labbra. Mano a mo di pugno tra zigomo e tempia. Gomito sulla scrivania. Muscoli del braccio in tensione. E quel profumo di limoni gialli, che percepisco nell’aria solo quando osservo la foto dei miei nonni sorridenti. Mi mancano un bel po’.
I miei numerosi pensieri vengono distratti da una voce maschile, che urla piu’ non posso in direzione del balcone della mia stanza. Abbasso le palpebre. Scompare il mio sorriso. Batto con decisione il palmo della mano sul tavolo. E mo mi hai rotto. Ma come funziona qua? Prima fai il guaio e poi vuoi essere perdonato? Ci pensavi prima, bello mio. Ne ho ricevute abbastanza di fregature.
Non curante del pigiama rosso da me indossato, mi affaccio, beccandomi anche la pioggia. Stringo forte la ringhiera con una mano, con l’altra reggo il mio fianco sinistro. Sollevo leggermente il mento: “Che vuoi?”.
E’ inzuppato d’acqua dalla testa ai piedi. Capelli scuri tirati indietro. Occhi puntati sulla mia persona. Maglia marrone, che delinea perfettamente i muscoli del suo torace. Jeans scuro, decisamente scuro poiché bagnato. Affanna, lo denoto dal suo petto che si gonfia e sgonfia a ritmi impercettibili. Stai morendo, Damiano?. Sai sono cosi tremendamente incazzata, che quasi non mi importa. Non mi importa?.
Urlo isterica: “Allora? Che vuoi?”.
Parlarti”, replica, non distogliendo lo sguardo.
La pioggia fa si che i miei lunghi capelli si fissino come collante sulle mie guance. I piedi scalzi sono ormai perfettamente lavati: “Chi se ne frega delle tue chiacchiere”.
Non fare la bambina”, esclama, sicuro di se. L’ha fatto apposta, ne sono sicura.
Almeno io sono una bambina e non un cazzaro, caro il mio signor ho una moglie acida, ma non te lo dico perché ho avuto il colpo di fulmine”, alzo il braccio destro, “quello il fulmine ti doveva bruciare il cervello, idiota”.
Detto ciò, entro dentro e chiudo alle mie spalle il balcone. Mordo il labbro inferiore. Calcio qualcosa che in realtà non esiste. Stropiccio la pelle della mia fronte: mannaggia la miseria!. Mi piace da morire, ma prima di tutto mi piace vivere tranquilla. Come faccio ad esserlo se so che l’uomo verso il quale ho provato determinate emozioni è sposato?. Come faccio?.
Malgrado tutto, ogni cosa è decisamente evidente: lo mando cordialmente a quel paese, ma lo penso. Lo lascio sotto la pioggia da solo e gli corro incontro. Si perché sto scendendo le scale del primo piano per andare da lui. E per dirgli cosa poi? Mi sembra che sia stata ben chiara cinque minuti fa. Cavolo ma quante domande mi faccio? non è mai successo in vita mia. Ci voleva lui, Damiano, per mandarmi in crisi.
A passo svelto mi dirigo verso la porta principale. Sollevo la placchetta di ottone dello spioncino e scopro che lui semplicemente non è piu’ li, sul terrazzo, con la sua maglia e il suo jeans bagnato.
Anche questa volta è andato via, senza ottenere successo. Solo lui con il mio rimprovero. Le mie parole. 

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Capitolo 15
*** Presente Nel Cuore ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Baci da Carla.

CAPITOLO 15- PRESENTE NEL CUORE


Le due di notte e un magnifico profumo di cornetti, gentilmente offertici da Carlo ed il suo bar. Siamo qui, io e i miei fratelli, appollaiati sul letto, intenti a vedere per l’ennesima volta il film del mio cuore, “Titanic”. Brando ha il broncio, a sua detta trova il tutto eccessivamente romantico e troppo dannoso per il suo povero fegato. Mio fratello maggiore gusta piacevolmente il dolce da lui portato qualche ora fa. Io, invece, seduta nel mezzo, affondo il cucchiaio nel barattolo di nutella e lo porto tra le mie labbra, ormai sporche di cotale crema.
Il mio gemello mi osserva con sguardo disgustato: “Ancora un'altra cucchiaiata e diventi una porca”.
Lo guardo sbigottita: “Che ti frega, tanto non sono la ragazza tua”.
Si schiarisce la voce e malizioso sentenzia: “Si ma se continui di questo passo qualcuno e non dico il nome, Damiano, non ti correrà piu’ dietro come un povero bambinone picchiato dalla mamma”.
Sono assolutamente senza parole: “Numero uno: non sono sua madre…e non l’ho picchiato al bambinone, gli ho solo detto ciò che penso. Numero due: che si mettesse a guardare la moglie e no me”.
Scoppia in una fragorosa risata: “Si vabbè ci credo, bella mia”.
Frattanto che discutiamo sentiamo dei piccoli lamenti. Ci voltiamo, trovando Carlo in preda ad un pianto sincero. Sembra affranto. Io e Brando restiamo ammutoliti, spiazzati da tale reazione.
Il bell’ ufficiale della Marina prende parola: “Incompreso perché piangi?”.
Carlo gli da una paccata sulla spalla, dopo essersi sollevato di poco: “Questo film mi fa emozionare”.
Secondo me ti dovresti far vedere da un buon medico, stammi a sentire”, afferma Brando sconcertato, “ma dove si è visto mai un uomo adulto che piange per Titanic? Ma che ti sei fumato?”.
Lo strattono: “Ma sei scemo? È sensibile che ne vuoi fare tu”, gli punto l’indice, “pensa a te e quando ti gasi per quella stupidaggine di cartone animato…Dragonball”.
Non me lo toccare!”, replica Brando furioso.
E tu non toccare Carlo e Titanic”, affermo seccata, con tanto di broncio.
 
                                                                 ***
 
Il film è ormai terminato, eppure noi siamo qui distesi. Classica scena: Brando fa il tenerone con Carlo , al quale si è avvinghiato peggio di un koala stretto al suo albero. Io non sono da meno, lascio che mio fratello maggiore mi accarezzi i capelli, facendomi entrare in trans.
Un leggero vento estivo entra dal balcone interamente spalancato. Nessuno parla, dunque silenzio assoluto. Di tanto in tanto odo dei respiri pesanti, sintomo della sonnolenza che sta per raggiungere tutti e tre. Ed un pensiero, Damiano. Chi sa cosa starà facendo. Chi sa con chi. A pensarci bene mica ho capito se la moglie è tuttora dei nostri a Furore. Personalmente non l’ho vista da queste parti, ma ciò non significa che non ci sia. Magari abbiamo orari diversi. Già! Magari abbiamo solo orari diversi io e lei, no lei e …
Mi alzo di scatto e con voce squillante apro le danze: “La moglie di Damiano è qui?”.
I miei fratelli restano un attimo interdetti ed aggrottano il sopracciglio. Carlo fa spallucce: “Non saprei, la mattina scendo presto e la sera torno tardi. Non l’ho piu’ vista…”. Brando interrompe il suo discorso e senza mezzi termini: “Si è qui”.
Annuisco, grattando sull’attaccatura dei capelli: “Non l’ho vista però”.
E ci credo, soggiorna da Ciro Liberti”, indica un numero con le dita della mano destra, “hotel a cinque stelle, Cecilia. Sta uccisa di soldi Mirella”.
Corrugo la fronte: “E tu che ne sai Brando?”.
Ma tu che credevi? Che io con Damiano non c’avrei parlato dopo quello che è successo?. L’avrei fatto indipendentemente dall’amicizia che ci lega”, esclama mio fratello.
Mi metto a sedere sul letto, con gambe incrociate: “E quindi?”.
E quindi niente. Già ti dissi che tra lui e la moglie c’è ben poco, a prescindere da te. Inoltre Mirella non è esattamente il genere di donna che ti fa impazzire, mettiamola cosi. E’ un tantino particolare”, afferma il mio gemello, “ma non devi discutere con me di queste cose, Cecilia. Sai dove abita, perché non vai da lui?”.
Io: “In realtà lui è stato qui…
Carlo: “…e tu l’hai mandato a quel paese”.
Annuisco, abbassando il capo.
Il bel barista batte una mano sul materasso: “E brava la scema”. Spalanca le braccia: “Dai Cecilia domani parlaci, cosi non concludi nulla. Te ne stai qui a casa e sono convinto che la maggior parte delle ore le trascorri chiedendoti cosa starà facendo, è con la moglie, perché non mi ha detto nulla?. Tanto vale che lo prendi, lo metti da una parte e ci intavoli il discorso”.
Subentra Brando: “Mi raccomando Cecilia, prendi Damiano in braccio, mettilo a sedere da una parte e ci intavoli il discorso”.
Scoppiamo a ridere, dopo aver udito il verso di mio fratello al nostro barista.
E la serata si conclude cosi, con la nostra risata, con il nostro dormire abbracciati insieme. Con il nostro affetto. Il mio a Carlo e Brando. Il mio a Damiano, distante da me solo un minuto a piedi. Distante fisicamente. Presente nel mio cuore.

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Capitolo 16
*** L' Incontro Del Mare Con Il Cielo ***


Image and video hosting by TinyPic Dopo giorni, ecco un nuovo capitolo. Colgo l'occasione per ringraziare tutte le mie lettrici e soprattutto per segnalarvi il contest, indetto da me e  Mathius92...vi lascio il link: "Picture Fiction: Fotografia, Emozioni e Scrittura!"  http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10201439
Un bacio grande da Carla.


CAPITOLO 16- L’INCONTRO DEL MARE CON IL CIELO


Avrei dovuto seguire il consiglio dei miei fratelli due giorni fa e non oggi, 27 Agosto. L’estate si appresta a concludersi, a lasciarci ancora una volta nelle mani di quella che sarà la prossima stagione, l’autunno, sempre carico di tristezza e di cieli poco sereni e soleggiati.
Mi godo il tramonto di questo caldo pomeriggio, aria pulita e urla di persone, ancora sul lungomare, ancora a mare. Me ne sto seduta su di una sedia in ferro battuto in terrazza a mirare un cielo dal colore arancione, con leggere sfumature in rosso. Mi sono costantemente chiesta dove fosse il punto d’incontro tra il cielo stesso e il mare. Mio padre una volta rispose a tale domanda, mi disse che l’unione di questi due elementi è paragonabile all’amore, c’è ma non si vede, poiché nascosto in ognuno di noi.
Quando camminiamo tra la gente non facciamo altro che vedere dei visi, semplici volti di persone che ci superano, che ci urtano. Ti volti verso di loro, ma nulla, il tutto si limita ad un “Mi scusi” o “Stia piu’ attento!”. Tu che ne sai di ciò che si nasconde dentro quell’involucro di cellule?. Non vedi l’amore, ma c’è. Non vedi l’incontro cielo-mare, ma è li proprio davanti a te. E’ invisibile.
E se fosse invisibile ai miei occhi anche ciò che Damiano prova per me? Un solo tentativo, che mi costa. Un minuto e mille azioni: il piede destro di solleva sulla pianta, le mani stringono la base della sedia, una spinta dal basso verso l’alto, la schiena si inclina verso l’esterno, il piede sinistro saldo a terra, le gambe piegate, un ulteriore spinta, mi alzo, braccia lungo il corpo, sguardo fisso, lento movimento delle pupille verso destra, le scale.
Un respiro profondo, occhi chiusi: mi alzo?.
Si! Questa è la risposta esatta alla mia domanda, una delle tante, forse la piu’ importante.
Meno di un attimo e sono fuori la sua porta. Mano a mo di pugno bloccata vicino la porta: se ci fosse sua moglie?. Eh, questo si che sarebbe un bel guaio. Non che cambi molto, visto che lei sa di noi due e di quello che c’è stato.
Suvvia un po’ di coraggio, sembro l’ultima delle vigliacche.
Non faccio a tempo a battere che mi precede Damiano, vestito unicamente con un jeans dal taglio classico. Petto nudo, che lascia ben poco all’immaginazione, soprattutto alla mia. Indietreggio.
Comprende la mia reazione, mi indica una piccola finestra. Accenna un sorriso: “Ti ho vista”. Allunga la mano: “Entra, accomodati”.
Ringrazio e lo seguo.
Casa sua in realtà è un monolocale. Ci si trova immediatamente nella parte giorno, composta da una cucina verde, sopra alla quale vi è la finestra precedentemente citata. Un piccolo tavolo con due sedie. Dall’altra parte un divano con mobile basso e televisore. Una scala in legno, che porta al soppalco, sul quale vi è il letto disfatto, un armadio beige non molto grande, piu’ due comodini. Una lampada da terra spenta.
Scusa, magari ho interrotto qualcosa”, affermo, visto che mi è mezzo nudo davanti gli occhi. Oddio, non sono sconvolta per questo, figuriamoci l’ho mirato anche in costume. Magari stava facendo qualcosa ed io l’ho disturbato.
Agita le mani: “Ma no, non facevo nulla di che”. Si guarda attorno: “Anzi scusami tu, visto l’ordine che regna in casa”.
Scuoto il capo: “Sei un uomo, non ci puoi far nulla”.
Si tocca il petto: “Già…sono un uomo”.
Si avvicina di scatto, senza farmi comprendere bene i suoi intenti. Porta le mani sulle mie guance e poggia le sue labbra calde sulle mie. Un tocco leggero il suo che diviene impeto e passione per me. In questo istante tutti i miei pensieri, tutte le mie domande, tutto ciò che fondamentalmente volevo chiedergli scompare. Socchiudo la bocca e faccio mia la sua. Tanta è la nostra irruenza che i nostri corpi urtano con violenza piu’ di una volta. I suoi denti graffiano le mie labbra. Le mie mani sulla sua schiena. Lo spingo verso di me, per sentirlo ancor di piu’ contro la mia persona. Ci dirigiamo verso la scala, frenetici piu’ che mai. Perché mai mi era capitato di sentire tanta passione esplodere in me.
E mi prendo ciò che la vita vuole darmi, compreso questo momento, che non tornerà…lo so, lo sento dentro di me. Salgo i primi scalini. Inciampo, ma le sue mani fanno a tempo a non farmi cadere. Mi prende tra le sue braccia. Sbanda. Ci accostiamo al muro, ci baciamo ancora.
Finalmente giungiamo sul soppalco. Mi adagia sul letto. E’ a cavalcioni su di me. Gli sorrido, mi fa impazzire. Mi sollevo leggermente, in modo da aprire la zip del mio abito blu. Mira ogni mio movimento, estasiato. Tira un grosso respiro: “Sei bellissima”.
Poggio le mie mani sulle sue spalle, tirandolo verso di me. Ridiamo entrambi. Si distende. Sfioro il suo corpo, tasto il suo addome nudo. Dal suo canto pone la testa sul mio petto, abbassa le palpebre e socchiude le labbra. Un piccolo alone di calore sulla mia pelle: il suo respiro. Le sue dita accarezzano il mio interno coscia, facendomi rabbrividire. Piego entrambe le gambe, bloccandolo totalmente. Sposta il mio abito. Sbottono il suo jeans, che sfilo via prontamente. Resta in slip, scuri per l’esattezza. Tale visione mi provoca una forte eccitazione, o meglio l’aumenta di gran lunga. Il mio abito segue l’indumento di Damiano, che nel frattempo stuzzica i miei seni, portandoli sotto le sue labbra. Inarco la schiena. Chiudo gli occhi, ma le mani, no, le mani non smettono di cercarlo, non smettono di scoprirlo. Solletico la sua mascolinità, cosi decisa, cosi pronunciata.
Il piccolo ambiente in cui ci troviamo si riempie dei nostri umori, dei nostri affanni, dei nostri ansimi. Di una passione mai cercata, bensì esplosa a partire dal giorno in cui ci siamo visti. E’ come se il destino avesse deciso tutto per noi: ci ha fatto conoscere, ma soprattutto ha permesso che tra noi scoppiasse qualcosa di magico. Di perfetto. Perfetto come il preciso secondo in cui ci uniamo, fondendoci. I nostri corpi si muovono, incontrandosi. I nostri occhi restano fissi, non si staccano mai.
Ed ancora una, due, tre volte. Non sono spinte le sue, ma segnali d’amore lungo la mia pelle, dentro di me.
Se solo potessi fermare il tempo…
 
 
 
                                                                            ***
 
Scosto la testa dal suo petto. Occhi ancora chiusi dal sonno. Porto una mano sulla fronte, sospiro. Mi volto verso il comodino: ci sarà una sveglia o un orologio?. Vengo accontentata, il piccolo oggetto di plastica nera segna le sette di sera. C’è ancora un bel sole in cielo, la cosa è ben visibile dai raggi che illuminano il monolocale. Sollevo di poco il capo. Sono coperta unicamente da un lenzuolo bianco. Gambe e piedi scoperti. Intravedo i suoi arti inferiori nudi. Mi rigiro: il suo volto è rilassato, sereno. Dorme beato. Il drappo di cotone oscura alla mia vita la sua mascolinità. Le dita della mia mano camminano con piacere sul suo petto scolpito. Le mie labbra lasciano delle scie delicate sulle sue guance. Soffio sulle sue labbra carnose. Quelle stesse labbra che mi hanno fatta impazzire. Ovunque le ho percepite.
Si sveglia, accenna un sorriso. Mi tira verso se, abbracciandomi.
Annusa il profumo dei miei capelli: “Ciao”.
Lo guardo dritto negli occhi: “Ciao”.
Piccoli baci caldi e profondi sospiri. Il mio capo urta contro il suo mento e si poggia sul suo torace. Accarezza la mia spalla, tracciando dei cerchi infiniti ed invisibili. Pelle delicata la sua. Il suo braccio destro sotto i miei seni. Mi godo a pieno questo ulteriore istante d’ amore, non pronunciando alcuna parola. Sono i silenzi che parlano per me e lui. Silenzi lunghi i nostri, che ci fanno comprendere quanto sia stato bello unire le nostre anime. E’ stato tutto cosi tremendamente spontaneo. E’ cosi spontaneo per me rivelare i miei pensieri, i miei sentimenti a lui. Spogliarmi, rendere libero il mio corpo, togliere da esso gli abiti che lo costringono, che lo celano alla vista degli altri eccetto alla sua. Si perché è cosi naturale mostrami per quello che sono dinanzi Damiano. Scuoto i capelli, facendo si che cadano sui mie seni,  gli sorrido e mi distendo a letto, dove trovo lui ad aspettarmi. Quel che viene è solo…desiderio che implode dentro di noi ed esplode. Umori che si propagano tra le mura di questa stanza e palpebre che si abbassano, perché c’è da morire in frangenti come questo.
                              “E’ cosi spontaneo per me rivelare i miei pensieri…”
 
A cosa pensi?”, mi chiede con voce sensuale.
Scuoto il capo: “A nulla, sto benissimo qui con te”.
Mi bacia: “Sto bene anche io, è stato bellissimo”.
Gli tocco i capelli. Faccio un piccolo cenno, in modo da fargli capire che penso la stessa cosa.
Perché sei venuta qui?”, domanda curioso.
Secondo te?”, rispondo alla sua questione con un ulteriore incognita.
Annuisce piu’ volte: “Facciamo così, ascoltami”.
Gli do il mio assenso. Assecondo la sua richiesta, sperando di ottenere ciò che realmente voglio.
Schiarisce la voce, che diviene seria: “So di aver sbagliato con te, avrei dovuto dirti tutto, o comunque avrei dovuto parlarti di Mirella. Ma se non l’ho fatto c’è un motivo, tra noi ormai non c’è piu’ nulla. In realtà il nostro è stato un matrimonio sbagliato sin dall’inizio, le ho voluto un gran bene, ma avrei dovuto prendere una certa posizione con lei sin da subito…”.
Faccio spallucce: “Cioè?”.
Continua il suo discorso: “L’hai vista, Mirella è una donna dal carattere non facile, non dico che sia cattiva anzi, ma è difficile gestire un rapporto con lei. Con Mirella funziona a modo suo, se ti conformi al suo mondo ci stai a meraviglia, ma se cosi non è, allora son guai. Suo padre ha un azienda tessile, è un pezzo grosso nel suo settore. Mirella lavora per lui ovviamente. Già durante i primi mesi di matrimonio ha fatto di tutto per convincermi a lasciare il mio lavoro per mettermi alle dipendenze del padre. Senza contare il concetto di famiglia che non ha. Sono abbastanza cresciutello, vorrei avere dei figli, non so quanti ma ne vorrei. Diversamente da lei che odia i bambini. Il fatto è che non c’è stato mai dialogo tra noi, ne da fidanzati ne da marito e moglie…l’uno voleva cambiare l’altro”.
Sono un attimo perplessa, l’unica cosa che viene fuori dalla mia bocca è: “Perché vi siete sposati?”.
Sbuffa: “Noi ci siamo conosciuti otto anni fa, in un bar. Dopo tre anni di fidanzamento ci siamo sposati. Il fatto è che prima del matrimonio non abbiamo avuto molto tempo per noi, per conoscerci. Io ero preso dalle mie missioni in Italia o all’estero, lei dalla sua azienda. Cinque anni fa abbiamo deciso di fare il grande passo…due incoscienti. Dopo un paio di mesi già litigavamo. Io ho accettato un offerta della Marina e sono partito per un anno. Sono ritornato, ho trovato le cose peggiorate e lei a letto con un altro”.
Sussulto: “Ti ha tradito?”.
Annuisce: “Si. Non so neanche lui chi sia, non m’importa. Non mi ha fatto ne caldo ne freddo vederli insieme. Quella volta mi sono limitato a prendere una valigia, ci ho messo dentro le mie cose e me ne sono andato. Le ho chiesto la separazione e intanto ho svolto la missione con Brando”. Piega le gambe: “Non so che diavolo le sia preso a Mirella, sono due anni che non stiamo insieme…poi si presenta qui senza avvisare, senza tener conto che le cose e le persone cambiano”.
So che siete separati da un po’. Me l’ha detto Brando”, affermo.
Lo immaginavo. Ti avrà detto anche che Mirella sa tutto di te. Vabbè che non ci voleva molto per saperlo, visto che urlavamo un bel po’ io e lei”, replica sincero.
Io: “Ho apprezzato molto…
Damiano: “E’ la verità. Ci conosciamo da poco, ma con te è diverso, ci sto bene con te. Mirella è il mio passato, no il mio presente. Questo presente in cui ci sei tu”.
Gli sorrido e lo bacio sulle labbra. Non mi occorre piu’ nulla, mi basta aver sentito il suo discorso. Mi basta aver compreso il tutto e messo insieme i giusti tasselli di questa storia. Non necessito piu’ di nulla, se non di lui. Perché non mi tiro indietro, anzi lo voglio vivere a pieno. Voglio vivere a pieno queste sensazioni particolari e belle. Queste emozioni che portano il suo nome, Damiano.
E quel che sarà…non importa, l’affronterò un altro giorno con piu’ calma, con piu’ lucidità.
L’incontro del mare con il cielo…

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Capitolo 17
*** Magari Con Me... ***


Image and video hosting by TinyPic Nuovo pubblicazione. Vi lascio una nota autrice dopo il capitolo.
Baci da Carla.

CAPITOLO 17- MAGARI CON ME…


Nonostante la profonda sonnolenza, percepisco delle mani sul mio corpo. Qualcuno mi strattona, afferra il mio braccio sinistro, scuotendolo senza delicatezza. Questo brusco movimento mi provoca un deciso mal di testa. Stendo un arto superiore con vigore. Un piccolo urlo.
Sbuffo: “Ti ho fatto male Damiano?”.
Silenzio assoluto. Non si ode alcuna parola. Stropiccio gli occhi e mi sollevo sui gomiti. Sbadiglio e mi volto. Carlo e Brando con tanto di bocca spalancata mi fissano, senza emettere suono.
Li guardo perplessa: “Vi siete rincoglioniti?”.
Nessuna risposta, restano immobili.
Vi siete rincoglioniti?”, gli ripeto.
Il mio gemello inizia a gesticolare, facendo oscillare le dita delle sue mani freneticamente: “Se io ti sveglio e tu mi chiami Damiano, significa che…”. Tocca a Carlo continuare la frase: “Significa che tu e Damiano…”. Le parole gli si strozzano in gola. Arrossisce.
Si, significa che abbiamo fatto l’amore ieri sera, io e lui a casa sua, nel suo letto. Faceva caldo, sapete? Oddio Damiano…”, Brando interrompe il mio discorso, “non voglio sapere nulla di questo”.
La tua incessante curiosità mi ispira ben altro”, affermo sicura di me.
Brontola. Carlo sostiene la sua tesi: “Non voglio sapere i dettagli, scema”. Brando tace per un istante e ritorna alla carica: “Però! e brava Cecilia…”, punta l’indice ed esclama, “non lo fare piu’, hai capito?”.
Detto ciò batte i tacchi delle scarpe classiche l’uno contro l’altro ed esce velocemente dalla mia stanza. Sbigottita domando al mio fratello maggiore: “Ma è impazzito?”.
Carlo scuote il viso: “No, è solo geloso”. Si siede accanto a me: “Gli hai parlato?”.
Annuisco.
Bene, allora non devo chiederti piu’ nulla, tu sai cosa fai”, sentenzia, dedicandomi un profondo sorriso.
Gli lascio un bacio sulla guancia, sfioro la sua pelle. Io e lui non abbiamo bisogno di tante parole, ci capiamo con un solo sguardo. E nonostante si fidi cecamente di me, mi terrà sotto controllo…è nella sua indole di fratello protettivo. Brando invece…eh Brando mio ma quando la finirai di essere così possessivo? Qui urge una bella donna decisa anche per il mio bel gemello.
 
                                                                           ***
 
Ormai sono stata eletta “Miss Spesa” dagli uomini di casa. Se non ci fossi io a sbrigare le commissioni al supermercato credo che moriremo dalla fame. Ho pensato che potrei vendicarmi dei miei fratelli in modo abbastanza subdolo: “ho fame?” mangio le pizzette da Carlo, “Brando vuole la sua parmigiana di melanzane?” che se la cucini da solo, con i miei piu’ sentiti omaggi.
Malgrado ciò non ci tengo a fare del mio visino una pizza margherita o quattro stagioni, dunque, con borsa alla mano e soldi nel taschino del pantaloncino, scendo velocemente le scale di casa. Mi fermo per un attimo fuori la porta di Damiano. Magari potrebbe venire con me, mi farebbe molto piacere la sua compagnia. Busso, ma nulla, non mi risponde. Attendo per qualche istante: che mi abbia visto dalla finestra aperta? Non credo, avrebbe dovuto già aprire. Ultimo tentativo: chiamo il suo nome. Abbasso lo sguardo, scuoto i capelli. Cavolo fa proprio caldo stamane, proprio tanto. Scrollo i muscoli delle spalle e decido di andar via. Nel voltarmi urto contro il corpo di un individuo. Recupero la borsa cadutami a terra e mi sollevo, rendendomi conto che la persona appena indicata altri non è che Mirella, moglie di Damiano, dell’uomo con cui ho fatto l’amore la sera scorsa. Diversamente da quanto si possa pensare, non mi faccio prendere dall’imbarazzo, piuttosto mi preparo ad affrontare la donna. Sa tutto di noi e se ho ben capito il soggetto dovrei aspettarmi battutine decisamente pungenti.
Porta le braccia sotto il seno: “Mio marito ha dimenticato della sua mezzoretta con te?”.
Abbasso le palpebre. Sorriso nervoso sulle mie labbra. Non comprendo la sua reazione stupida e ridicola, ha tradito quello che definisce “suo marito” tempo addietro, quando io nelle loro vite ancora non ero entrata ed ora da me che vuole? Chi le da il diritto di voltarsi in questo modo?
Una semplice presentazione non ti permette di avvalerti di tutta questa confidenza, cara la mia Mirella.
Calmi i toni e soprattutto non si permetta piu’ di fare certe allusioni”, non le do modo di dire altro, semplicemente tento di andare via, senza dare troppa importanza alla gentile signora, impegnata ad auto umiliarsi.
Mi blocca per una mano: “Lui non ti ama, lasciaci in pace”.
I suoi occhi iniettati di sangue, tristi e rossi. Trema, riesco chiaramente a percepirlo. Ho quasi l’impressione che stia per piangere. E dunque mi chiedo a cosa devo tale reazione. Se io fossi solo una scappatella per Damiano che motivo ci sarebbe di stare tanto male? Se ci fosse tuttora la possibilità di recuperare il loro matrimonio perché Mirella mi intima di lasciare in pace lei e il marito? Le risposte convergono in una: non c’è piu’ alcun matrimonio, non c’è piu’ amore tra loro. Eppure mi domando che ruolo ho io nella vita di Damiano, cosa pensa lui di ciò che ci sta accadendo. Mirella non volendo mi ha messo un tarlo nella mente: io per Damiano?.
Scendo gli ultimi gradini rimastimi. Lascio che Mirella se ne stia fuori quella porta, piangendo ed asciugando le sue lacrime. Mi fa compassione, forse si è resa conto del suo sbaglio ed ora vuole riconquistare il suo uomo. E questo uomo che farà? Si passerà una mano per la coscienza e ritornerà da lei o rischierà con me?. Magari con me… 


NOTA AUTRICE:

Finalmente sono riuscita a postare un nuovo capitolo. Chiedo scusa per l'attesa. 
Nel frattempo vi segnalo il nuovo contest da me indetto con l'utente Mathius92...ecco il link:http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10201439
Inoltre vi lascio i nomi di bravissimi autori qui su Efp...un pò di pubblicità non fa mai male (li troverete tra i miei autori preferiti!):
Leitmotiv - Mathius92 - MissNanna - Eliessa - Dilpa93 - MissWrite - Hermione851 - Cordelia89

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Capitolo 18
*** Sulle Note Dell'Amore ***


Image and video hosting by TinyPic E dopo secoli, posto un nuovo capitolo sperando sia di vostro gradimento!
Vi lascio il link del mio gruppo Facebook, qualora vi faccia piacere iscrivervi: https://www.facebook.com/groups/269759273103961/
Baci da Carla.

CAPITOLO 18- SULLE NOTE DELL’AMORE


L’incontro di stamane ha gettato sconforto nel mio cuore. Vedere una donna, una moglie che ti supplica di lasciare in pace suo marito non è di certo il massimo, soprattutto se pensate alla mia giovane età. Non mi sento colpevole di nulla, questo voglio precisarlo. D’altronde se i due si sono separati ci sarà un motivo ed uno dei tanti è il tradimento di Mirella. Non sto qui a chiedermi cosa spinge una donna ad avere una relazione extraconiugale, a suo modo avrà avuto dei motivi. Ma ora, proprio ora che intenzione ha lei? Cosa vuole? Riprendersi ciò che da un punto di vista legale è suo? Sì, Damiano è suo, ma il cuore? Si è mai chiesta di chi è? Se lui l’amasse per quale motivo ama me ogni notte? Domanda da un milione di dollari la mia. La risposta solo Damiano può darmela.
L’attendo fuori casa, seduta sulle scale con il mio vestitino rosa e i sandali bianchi. Testa rivolta al basso, gambe piegate, mani che sfiorano le ginocchia. E mente che elabora le infinite domande da porgli. Le mie infinite domande. Il cielo è costellato da piccole nuvole minacciose, quest’estate non è stata delle migliori. Inoltre si avvicina Settembre, di solito qui a Furore di questi tempi piove spesso. I soliti acquazzoni estivi.
Damiano non tarda ad arrivare, corruga la fronte e si accomoda accanto a me. Mi abbraccia e si rende conto del mio malumore, poiché non pronuncio alcuna parola.
Perplesso mi chiede: “Cosa c’è?
Inspiro pesantemente: “Ho visto Mirella stamane qui, fuori casa tua
Emette un piccolo suono: “Umm…cosa ti ha detto?
Sorriso nervoso sulle mie labbra: “Puoi immaginare
Sistema i capelli con la mano destra: “Non tornerò da lei, puoi starne certa
Deglutisco a fatica: “E’ una donna distrutta
Fa spallucce: “Cecilia non posso fare niente per lei, non ora”. Stropiccia la pelle del viso: “Cavolo non l’ho fatto in passato non vedo perché dovrei farlo ora che non c’è piu’ nulla tra noi. E’ troppo tardi per me e Mirella
Prendo la sua mano tra la mia: “Mi ha chiesto di lasciarti…di lasciarvi in pace
Ride di gusto: “Non te l’ho chiesto io, tesoro mio
Mugugno, con sguardo da cerbiatta: “Umm…
Porta l’indice sotto il mio mento, avvicinandomi: “Umm…dammi un bacio, che è meglio
Non mi oppongo alla sua richiesta, piuttosto faccio ciò che mi ordina. Le mie labbra accarezzano le sue, i nostri nasi si toccano lievemente, i nostri occhi si cercano incostantemente. Un bacio dolcissimo e passionale.
Ci scostiamo. Damiano cinge il mio fianco: “Ti va se entriamo in casa e mangiamo qualcosa?
Annuisco: “Si certo. Cosa cucini?
Il suo viso assume un colorito diverso. Diviene rosso in un nanosecondo. Scuote il capo: “Le battute me le servi su di un piatto d’argento tu, eh?
Scoppiamo in una fragorosa risata. Mi alzo e con una mano gli faccio segno di seguirmi: “Andiamo che ho fame anche io, tesoro!
Sapete, le parole talvolta sono superflue. A che serve parlare tanto se i nostri gesti posso rivelare molto di piu’? il corpo comunica quanto di piu’ segreto cela la nostra anima. Il corpo ci permette di manifestare ciò in cui crediamo. Il corpo, due corpi che si uniscono perfettamente. Il corpo, due corpi che danzano sulle note dell’amore.

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Capitolo 19
*** Settembre ***


Image and video hosting by TinyPic Buon fine settimana a tutti! Come preannunciato nel mio gruppo Facebook, oggi posto gli ultimi capitoli di questa storia. Ormai li ho scritti da un pò! Inoltre come ben sapete mi sto dedicando anima e cuore a "Mail Proibite", senza contare alcuni progetti che sto valutando!
Vi lascio, oltre al capitolo, il link del mio gruppo Facebook, qualora vi faccia piacere iscrivervi: 
https://www.facebook.com/groups/269759273103961/
Baci da Carla.


CAPITOLO 19- SETTEMBRE (PRIMA PARTE)

 
Settembre mi mette rabbia. Questa è una di quelle cose che dirò finchè avrò vita. Settembre proprio non mi va. Giorno 5, prima settimana del mese appena indicato. Spero che termini presto così come l’estate esplosiva di Agosto. Il mio astio per Settembre non è casuale, oltre a portar via il mese caldo ed estivo per eccellenza, ti sconvolge ogni possibile programma con quella sua pioggia irritante. Una pioggia che ti da un giusto avviso: attenta Cecilia sta per giungere l’autunno. Ebbè, amen… sono piena di gioia!
Fisso il soffitto. Può un semplice soffitto, comune a tutte le case di questo mondo, cambiare la mia giornata? Certo che può, soprattutto se ti sottolinea un importante dettaglio: sei a casa di Damiano. Con Damiano, che dorme tra le tue braccia. Con Damiano, la notte scorsa. Mi sollevo leggermente sui gomiti. Faccio in modo che il suo capo si adagi sul cuscino dalla federa celeste. Con indosso solo una magliettina piuttosto lunga, mi alzo, dirigendomi verso la scala. Un ultima occhiata al mio uomo che dorme beato. E’importante per me sapere che lui è tranquillo, soprattutto dopo i diversi problemi che abbiamo avuto. Bhè devo dire che negli ultimi giorni non abbiamo avuto alcun fastidio. Mirella sembra scomparsa o almeno credo e spero. Non ho chiesto a Damiano se abbia notizie di lei, ne lui mi ha accennato qualcosa. Diciamo che va bene così, che le cose non potrebbero andar in diverso modo. Preparo un caffè, il piu’ silenziosamente possibile. Sciacquo le mani sotto un freddo getto d’acqua, in modo da togliere quei fastidiosi granelli color marrone intenso. L’onestà mi appartiene, a maggior ragione se mi confido con voi. Il pensiero di Mirella è ancora presente nella mia mente, d’altronde una manciata di giorni non possono cancellare quanto da me udito. Quelle parole, quella supplica…non capita tutti i giorni di ricevere richieste del genere. Tra moglie e marito non mettere mai il dito. Ed io, invece, il dito l’ho sprofondato nel loro rapporto o in quel che ne è rimasto. Però, che cavolo di guaio! Mi scoppia la testa solo a pensarci.
Delle mani sfiorano i miei fianchi. Sorrido: “Ti sei svegliato?
Un bacio sulla guancia: “Si, ho dormito abbastanza
 Mi volto verso di lui, specchiandomi nei suoi occhi castani. Faccio mie le sue labbra carnose.
Ti va se andiamo a mare”, afferma mentre prende le tazzine per il caffè.
Annuisco: “Sì, perché no. Godiamoci gli ultimi giorni”.
Spalanca le braccia: “Eh la miseria, Cecilia. Mica è Natale che si gela
Brontolo:”Settembre non mi va, non mi va per niente
Fa spallucce: “Per me è indifferente!
Gli punto un cucchiaino da thè contro: “Non lo dire. Settembre porta guai
Scoppia a ridere, credendomi pazza o forse superstiziosa, chissà. Ma una cosa è certa, Settembre non mi piace. E’ un odio “a pelle” il mio.
 

CAPITOLO 19- SETTEMBRE (SECONDA PARTE) 
 
Era tutto troppo bello per essere vero. Tutto troppo perfetto. Troppo strano che Brando e Carlo non avessero ancora combinato una delle loro. Certe volte li strozzerei come le galline da fare al brodo. Ieri, Martedì, i due prodi condottieri di Furore hanno deciso che era giunto il tempo di lanciarsi dal ponte del Fiordo. Sembrava brutto se avessero desistito. Con i loro costumini-mutandini da me odiati, si son tuffati in acqua, dinanzi gli occhi curiosi di turisti dall’indubbia intelligenza. Voglio dire, ma nessuno ha pensato a fermarli? Morale della favola: Carlo si è procurato un taglietto sotto la pianta del piede e per il momento non può camminare; Brando è sano e salvo. Il lancio nel vuoto è una specialità della famiglia Scala. Fu mia zia Lucilla ad aprire le danze, anche se a lei andò un attimino peggio.
Sono seduta su uno di quei deliziosi sgabelli nel bar di mio fratello. Brando sbotta, mentre asciuga dei bicchieri. Sguardo basso e scocciato.
Mangio un cornetto: “Piantala!
Di fare che?”, afferma mentre sistema dei piattini.
Di brontolare. Chi ha avuto la magnifica idea?”, replico stizzita.
Fa roteare le orbite: “Io”. Spalanca le braccia: “Che ci posso fare se Carlo è delicato?
Mi chiedo come si faccia a rispondere ad una domanda del genere. “Lascia stare, guarda”, sentenzio esterrefatta.
Mauro mi vuoi sostituire, devo uscire!”: ed ecco la frase classica di quel nullafacente di mio fratello Brando, che tra poco vedrà la morte in faccia. Mauro, giovane ragazzo impiegato da Carlo, si alza dalla postazione cassa per giungere al bancone. Afferro un coltello e gli intimo: “Non ti muovere, che ammazzo anche te”. Mi guarda impietrito e impaurito, dunque esegue il mio ordine. Mi volto verso il bel marinaio di casa: “Se ti allontani di qui, ti lancio io dal ponte, ma con un calcio nel sedere!”.
Alza le mani: “Ok non faccio nulla!
E ti conviene”, gli dico mentre mi alzo, “io vado a casa, ci vediamo dopo”. Do un bacio a Brando, saluto Mauro e mi dirigo verso l’uscita.
Osservo con nostalgia il lungomare, i turisti son andati via, lasciando un po’ di desolazione in questo piccolo paese. Da oggi in poi son sicura che si vedranno solo gli abitanti del posto piu’ i cittadini delle città limitrofe. Pazienza, tocca attendere la stagione prossima!
Ancora qui sei”, esordisce una voce femminile alle mie spalle.
Mi volto di scatto. Lei, Mirella. Il tanto atteso incontro. Ebbene sì, atteso perché con lei non ho chiarito alcune cosine. In realtà non ho chiarito pressoché nulla.
Mano nel fianco: “Ci abito qui
Si avvicina con passo felpato. Occhi iniettati di sangue vivo: “Vattene!
Sbigottita replico: “Cosa?
Annuisce: “Hai capito bene. Te ne devi andare da qui, da Furore. Non sai quanto te ne sarei grata. Devi lasciarmi con il mio Damiano da sola. Tu non dai opportunità al nostro matrimonio
Rabbrividisco al suono delle sue parole…tu non dai opportunità al nostro matrimonio. C’è un non so che di terribile in ciò che ha appena pronunciato. Non mi spaventa per nulla, ciò che mi angoscia è questa sua ostinazione. Mi rendo conto che ogni mia possibile risposta non avrà alcun effetto su di lei, proprio perché io non conto nulla per la bella Mirella. L’unico che può farla ragione o comunque farle capire come stanno le cose è Damiano. E a questo punto sarò io stessa a chiedergli di intervenire, perché non mi va piu’ di essere accusata da una donna che non è capace di fare i conti con i propri sbagli e soprattutto con la realtà. Senza contare che ha la spiccata dote di mandarmi in confusione, di farmi mettere in dubbio ogni singola cosa, ogni certezza datami da Damiano.
Tiro un sospiro profondo e le dico: “Credo che sia il caso di parlare con Damiano”.
Sussulta e strizza gli occhi. Anche quest’ultima reazione di Mirella mi sorprende. E’ come se la mia frase l’abbia lasciata di stucco. O almeno questo credo, mi è pressoché impossibile decifrare i suoi atteggiamenti. Le volto le spalle e decisa mi avvio verso casa del mio marinaio. Questa volta si devono mettere le cose in chiaro e per sempre.

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Capitolo 20
*** Insieme ***


Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio! Come precisato nel precendente capitolo, posto le ultime parti della storia entra stasera! Questo è il penultimo capitolo, l'epilogo tra un paio di ore.
Vi lascio il link del mio gruppo Facebook, qualora vi faccia piacere iscrivervi: https://www.facebook.com/groups/269759273103961/
Baci da Carla.


CAPITOLO 20- INSIEME


C’è da ridere qui, il momento che sto vivendo è di un paradossale che non avete idea. Mi trovo a casa di Damiano, seduta sul divano. Lui appoggiato al muro, con tanto di spalle ben pompate e messe in risalto da una polo blu a mezze maniche, e Mirella con sguardo basso, accomodata su di una sedia. Passo una mano tra i capelli: ma ne vale la pena? Ne vale la pena starsene qui, in compagnia di due coniugi, il cui legame è tuttora incerto? Suppongo di sì, anche perché lo amo, è così. Io amo Damiano e non posso reprimere i miei sentimenti per lui. Bhè in realtà lo faccio e come, ogni notte quando lo tengo tra le mie braccia, evitando di rivelarmi a lui, in virtu’ della situazione complicata che si ritrova a vivere. Che mi ritrovo a vivere, visto che potrebbe chiudere ogni legame con me, preferendo la moglie. Tra i tre sono io quella che rischia di piu’, sono io che soffrirei come un cane, nel caso in cui Mirella e Damiano tornassero insieme.
Damiano scuote il capo, nervoso: “Io vorrei capire tu che ci fai ancora qui, Mirella”.
Non si capisce?”, chiede la donna a quello che legalmente è suo marito.
Lui sbuffa, porta rumorosamente le mani al viso: “Non si capisce che tra noi è finita?”.
Mirella punta l’indice verso di me: “E’ per lei vero? È colpa sua?”.
Al suon di queste due domande, Damiano va su tutte le furie, alzando la voce: “Non dare le tue colpe ad altri. Abbiamo avuto la nostra opportunità e Cecilia non era ancora entrata nella mia vita. Sei tu con il tuo carattere che mi hai allontanato e sono stato io che ne ho approfittato perché non ti ho mai amata”.
Mirella scatta dalla sedia, con occhi lucidi: “Non puoi dire questo”.
Posso e come. Se mi avessi amato non ti saresti fatta trovare a letto con un altro, non avresti atteso due anni prima di venire qui. Mirella tu sei venuta da me a causa della solitudine in cui vivi. È da quando ti conosco che ti dedichi al tuo lavoro, alla tua famiglia…ma hai pensato solo un attimo a te stessa? Hai quasi trent’anni e sei sola!”, afferma Damiano con voce seria e relativamente calma.
Sua moglie asciuga gli occhi con un fazzoletto di cotone, sporco di mascara. Singhiozza affranta: “Non è così…”. Il bel marinaio interrompe il suo discorso: “Certo che è così! Cavolo Mirella se Cecilia andasse via ora, io la inseguirei anche in capo al mondo”.
Collasso totale. Mai mi sarei aspettata una frase del genere da Damiano. Forse avrei dovuto, ma ho preferito essere un attimino razionale in questa storia, non sapendo che futuro avrebbe potuto avere. E sentire che mi cercherebbe ovunque io andassi, è sintomo di gioia, è la conferma che tanto desideravo. Una conferma a cui è rivolto tutto il mio amore.
Un sorriso stizzito sul viso di Mirella, intenta a girovagare in cucina: “Non ci posso credere che ti…
Che io mi sia innamorato di lei? Non ci vuole molto, visto che mi accetta per quel che sono, senza impormi nulla. Lei mi rende felice”, replica il mio uomo sicuro di se.
Posso farlo anche io”, sentenzia Mirella, portando l’indice verso se stessa per indicarsi.
Damiano si scosta dal muro, apre un cassetto del mobile del soggiorno ed estrae dei documenti, che prontamente sbatte sul tavolo della cucina: “Rendimi felice firmando i documenti del divorzio, perché io non ce la faccio piu’ e neanche tu. Mirella liberiamoci di questomatrimonio, tu in primis”.
Il pianto della donna diviene incessante: “Io non voglio”.
Damiano punta gli occhi dritto su di lei: “Ma io si e posso ottenerlo anche senza il tuo consenso in tempi rapidissimi. Non dimenticare che sei tu ad aver preso determinate posizioni in passato in merito al nostro matrimonio. Non puoi costringermi a stare con te, non questa volta”.
Resto in religioso silenzio, fissando l’intera scena. Mirella afferra la penna e tremante, firma. Damiano annuisce, come ad approvare la sua decisione: “Questo è il chiaro esempio di quanto il tuo sia tutto tranne che amore. Esci dalla mia vita Mirella e vivi, perché sei ancora in tempo”.
Ti odierò per sempre”, afferma la donna, prima di andar via. Chiude la porta dietro di se con gran rumore. Credo che non l rivedrò piu’ e ciò mi da un gran sollievo.
Damiano poggia le mani tra i capelli, abbassa lo sguardo e sospira. Ci guardiamo e in un nanosecondo mi ritrovo tra le sue braccia forti. Finalmente…il mio cuore non è piu’ attanagliato da sentimenti oscuri e negativi. Prendo il suo viso tra le mie mani: “Ti amo da morire. Non so cosa avrei fatto se tu e …
Porta un dito sulle mie labbra: “Non sarei mai tornato da lei, mai, perché ti amo così tanto da non poter star lontano da te”.
Ci abbracciamo con passione e sorridiamo felici. Felici di un nuovo inizio, di una nuova vita…insieme!

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic Vi lascio l'epilogo del racconto, dunque la conclusione. Dopo il capitolo, una piccola nota autrice!
Vi posto come sempre il link del mio gruppo Facebook: 
https://www.facebook.com/groups/269759273103961/
Grazie mille a tutti, 
Carla.



EPILOGO

Sei mesi dopo

Ho sempre odiato gli addii, indipendentemente da quanto tempo durino. Sapete l’addio è  a scadenza, può durare una vita intera o per un breve lasso di tempo. E ricordate che anche i saluti definitivi o quelli che si prospettano tali, talvolta posso esser spezzati dal cuore dell’uomo, che pensa altro dal cervello. Puoi startene mesi e mesi a considerare un rapporto chiuso, ma se tale convinzione non appartiene al cuore, capirete bene che l’opera di auto-convincimento poco serve.
Una piccola imbarcazione della Capitaneria di porto. Un cielo abbastanza uggioso e mare poco mosso. Brando porta il cappello in testa, posizionandolo in modo corretto. Un gran sorriso sul suo volto. Non perché è mio fratello, ma è di un figo da paura con la divisa della Marina!
Inclina la testa, vedendomi pensierosa e triste.
E dai! Pensa che tra sei mesi ritorno…magari mi accaso!”, afferma, portando un dito sotto il mento. Ebbene sì, Brando parte per l’ennesima missione: sei mesi a Venezia. In parte me ne rallegro poiché li vi risiede mia nonna Anna.
Carlo e Damiano ridono a crepapelle, dopo aver udito la cosa piu’ impensabile di questo mondo.
Mio fratello maggiore si contorce dal divertimento: “Non ci credo manco se mi paghi”.
Scommetti che torno e mi accaso?”, afferma il mio gemello a mo di sfida.
Irrompe nella discussione il mio fidanzato: “Scommetti che ti accasi per una notte?”.
Stronzi, vi aspetto quando torno”, replica Brando, mentre ci saluta tutti con tanto di bacio e abbraccio.
Tanto noi siamo qui”, gli dice Carlo.
O al massimo al bar”, continua Damiano, che cinge il mio ventre.
Brando gli punta il dito contro: “Tu prenditi cura di mia sorella altrimenti son guai!”.
Non ti preoccupare, ci penso io a lui”, esclama Carlo.
Damiano mi osserva traumatizzato: “Stiamo messi bene amore!”.
Brando sale sull’imbarcazione, che si allontana gradualmente. Lo salutiamo fin quando non sparisce dalla nostra vista. Sei mesi e mi mancherà da morire, le sue battute, la sua risata. Damiano mi rimprovera sentendomi parlare in questo modo, teme che consideri questa breve lontananza come un passo verso la morte da parte di Brando. Forse ha ragione, dovrei essere piu’ tranquilla. Ma sapete i gemelli non posso mai stare lontani…un giorno senza di lui è un trauma.
Ritornerà presto amore”, sussurra al mio orecchio Damiano.
Mi volto verso di lui, gli scompiglio i capelli: “Lo so, mi basta che tu stia con me”.
Mi avvicina al suo petto robusto: “Sarò sempre con te, stiamo così bene insieme”.
Sfioro le sue labbra carnose e dolci: “Torniamo a casa amore”.
Annuisce, entusiasta.
Furore è questo, un piccolo paese di mare, il cui porto vede attraccare navi di continuo. C’è chi sale, c’è chi scende, ma noi resteremo qui ancora a lungo, ancora per molto tempo. Io e Damiano. Io, Damiano, il nostro amore, la nostra vita…per sempre!


NOTA AUTRICE:

Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro i quali hanno letto e recensito il mio racconto, rendendomi immensamente felice. Spero che la conclusione sia stata di vostro gradimento. Vi ringrazio dal profondo del mio cuore e vi invito a leggere anche i prossimi racconti che posterò, qualora vi faccia piacere.
Un bacio da Carla.

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