I due comandanti di oscar1755 (/viewuser.php?uid=6956)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
I personaggi descritti sono proprietà dell’autrice Ryoko
Ikeda.
Questa fanfiction è stata scritta senza alcuno scopo di
lucro.
Premessa.
Ecco qui la seconda ff recuperata dal pc defunto. In realtà è la prima, in
ordine cronologico, che ho scritto, appunto nel 2003, alla quale ha fatto
seguito "Ricordi". Anche qui apporterò varie operazioni di restyling, a mio
parere necessarie, che mi soddisfano di più della versione originale. Lascerò la
trama, in linea di massima, così come l’avevo concepita.
Che altro dire? Beh, buona lettura, sperando che vi piaccia.
I due comandanti
capitolo 1
Oscar si svegliò di malumore anche quella mattina. Ultimamente, non riusciva
a riposare che poche ore per notte. I pesanti turni di pattugliamento, ai quali
erano sottoposti i suoi soldati, le impedivano di essere serena.
L'esasperazione del popolo parigino sembrava diffondersi senza controllo, ed
il compito di prevenire disordini diventava sempre più arduo.
Un sorriso malinconico le sfiorò le labbra, al pensiero degli ostacoli che
aveva dovuto superare per farsi accettare dal suo reggimento. I rudi soldati,
provenienti dai ceti più poveri, si erano inizialmente rifiutati di prendere
ordini da una donna, oltretutto, di nobili origini.
Nonostante cercasse di sopprimere la propria natura, il destino sembrava
prendersi gioco di lei, ostacolando il difficile tentativo di relegare gli
episodi spiacevoli nei reconditi meandri della memoria.
L’immagine di Andrè si stagliò nitida nella mente, contribuendo ad aumentare
l’insofferenza che la tormentava.
Malgrado lo avesse trattato con severità, non si era allontanato ma, al
contrario, si era arruolato nei soldati della guardia, pur di restarle
accanto.
Oscar non riusciva a mettere a fuoco i sentimenti che nutriva per il suo
attendente.
L’affetto che provava per lui, nato dall’essere cresciuti insieme, era stato
contaminato dal risentimento, sorto nel suo cuore, quando Andrè le aveva,
dolorosamente, rammentato di essere una donna.
Sospirò, decidendo di alzarsi, nella speranza di smettere di pensare a
qualcosa a cui non riusciva, o non voleva, dare una risposta.
Indossando l’uniforme militare, si sforzò di dimenticare l’inquietudine,
unica causa, a suo parere, del profondo stato di insoddisfazione in cui versava.
Come ogni mattina, si diresse verso la caserma. Il cavallo procedeva al
passo, come se avvertisse la stanchezza del suo cavaliere.
Era sola. Andrè aveva trascorso la notte con gli altri soldati della guardia,
come accadeva da molti giorni ormai, poiché il tempo per riposarsi fra un turno
l'altro era davvero insufficiente.
Ultimamente, scambiava con lui solo poche parole, per lo più ordini di
servizio e comunicazioni per i soldati.
Lei stessa era l’artefice del loro attuale rapporto. La confessione di Andrè
di amarla da una vita ed il bacio rubatole con la forza, l’avevano persuasa ad
allontanarsi da lui.
Cercò di cancellare il suo attendente dalla mente, accorgendosi, irritata,
che quando la malinconia si insinuava, furtiva, nel cuore, un insistente e
fastidioso rammarico disturbava la sua razionale decisione, minacciandone le
fondamenta.
Consapevole che la familiarità che li aveva legati in passato era scomparsa
per sempre, sospirò, determinata ad affrontare un'altra giornata di duro
lavoro.
Andrè era ad attenderla, come era solito fare.
Non parlava molto, se non lo stretto necessario, ma la sua presenza
silenziosa e costante dimostrava, ad Oscar, quanto il suo attendente le fosse
legato.
Sollevò lo sguardo stanco e lo notò, immobile sull’attenti, all’ingresso
della caserma. Sapeva che l’avrebbe seguita in ufficio ed avrebbe atteso,
silenziosamente, fino a quando non gli avesse consegnato gli ordini della
giornata.
Chiuse gli occhi, cercando di contrastare il rimorso che, sempre più spesso,
la affliggeva.
- Andrè, oggi verrò anch’io a Parigi. Desidero verificare di persona la
gravità della situazione – esordì, con tono calmo, ma deciso - comunica ad Alain
e agli altri soldati di turno di prepararsi. Partiremo tra mezz'ora.
- Agli ordini, comandante – rispose Andrè, all’apparenza, indifferente – a proposito, Oscar, è arrivata questa lettera per te da Versailles - riprese,
subito dopo - il sigillo sulla busta indica che proviene dalla regina Maria
Antonietta.
Il biondo colonnello sgranò gli occhi per la sorpresa - fammi vedere, Andrè –
pronunciò, pensierosa.
Lo sguardo si posò, incuriosito, sulla missiva. Ne lesse velocemente il
contenuto e sollevando il capo comunicò ad Andrè il cambio di programma.
- Avverti Alain di prendere il comando della sua squadra e di recarsi a
Parigi – ordinò, infastidita – tu, invece, verrai con me a Versailles. La regina
Maria Antonietta desidera vedermi.
Andrè chinò il capo, annuendo.
- Per quale motivo la regina vuole incontrarmi? Io non presto più servizio
nei soldati della guardia reale – mormorò, perplessa.
- Forse vuole informarsi sulla situazione a Parigi direttamente da te, Oscar.
Sai perfettamente che la regina ha sempre avuto molta stima delle tue opinioni –
suggerì, Andrè.
- Può darsi che tu abbia ragione, ma presto avremo la risposta - replicò,
salendo a cavallo con un gesto agile ed elegante.
Mentre percorreva l’ampio corridoio che conduceva alla residenza privata
della regina, Oscar, preoccupata, si chiedeva quali fossero le ragioni di una
convocazione così urgente.
Andrè la seguì attento, giudicando che, neppure la severa uniforme militare
riusciva a nascondere l'eleganza del suo portamento. La osservò entrare negli
appartamenti reali, cercando di calmare il battito tumultuoso del cuore.
La regina la accolse con gioiosa cordialità - madamigella Oscar, che piacere
rivedervi, è da molto tempo che non venite a Versailles.
- Ne sono consapevole, Maestà, ma i miei doveri di comandante mi tengono
molto occupata – rispose, nascondendo dietro un sorriso impassibile,
l’apprensione per l’invito imprevisto.
- Da quando avete lasciato la guardia reale, non abbiamo più avuto occasione
di incontrarci, madamigella Oscar – proseguì, commossa Maria Antonietta - come
vi trovate con i soldati della guardia? Non è certo la carriera militare che
avevo auspicato per voi. Vorrei ricordarvi che, se doveste cambiare idea, sarei
lieta di riavervi quale comandante delle guardie reali.
- Maestà, vi ringrazio dal profondo del cuore – replicò il colonnello – ma
non dovete preoccuparvi per me. In verità, sono molto soddisfatta di questo
incarico. Ma ditemi, se mi è consentito domandarlo, per quale motivo mi avete
convocato?
Maria Antonietta si accomodò su un elegante sofà, esaminando, con
ammirazione, il biondo ed imperturbabile comandante.
- Vedete madamigella, anche se la Francia sta attraversando un periodo
critico, non possiamo concentrarci solo su ciò che accade nel nostro Paese – le
illustrò, con tono tranquillo - ma è nostro dovere mantenere saldi rapporti
diplomatici con gli altri Stati. Desidero comunicarvi che è giunto a Versailles
un gradito ospite dall'Inghilterra, incaricato personalmente dalla Corona.
Oscar scrutò, perplessa, la regina, continuando ad ascoltarla con
attenzione.
- Abbiamo ricevuto una singolare richiesta dalla diplomazia inglese, e questa
persona è stata inviata, appositamente, allo scopo di perfezionare le proprie
cognizioni sulle strategie militari. So benissimo che ogni Stato possiede
specifici ordinamenti, ma in questo frangente, uno scambio di cortesie potrebbe
rivelarsi proficuo per entrambi i Paesi – continuò, determinata – pertanto, ho
ritenuto, madamigella Oscar, che voi siate la persona più indicata ad illustrare
al nostro ospite gli usi militari francesi.
- Maestà, perdonate il mio intervento – mormorò Oscar, nascondendo il disagio
– ma non comprendo il legame fra la vostra richiesta ed il mio attuale incarico
di comandante. Ritengo che a Versailles, uno studioso possa avere accesso a
maggiori informazioni, avendo la possibilità di conversare con i migliori
generali.
Non era affatto contenta di dover seguire un damerino inglese, soprattutto
nella situazione delicata in cui versava Parigi.
Desiderava dedicarsi, con il massimo impegno, al ruolo di comandate dei
soldati della guardia, senza essere costretta a perdere tempo prezioso con le
smancerie di un aristocratico petulante.
- Maestà, vedete – proseguì, pacata – io ho lasciato da tempo la guardia
reale, perdonatemi, ma non credo di essere in grado di assolvere a questo
compito.
- No, madamigella Oscar, desidero che ve ne occupiate voi. Siete, senza ombra
di dubbio, la persona più idonea. Il vostro valore militare non ha eguali.
Confido in voi. Il colonnello Stewart non avrà alcun problema a seguirvi presso
i soldati della guardia. Vi attende nel salone dell'ala est – concluse la
regina, senza lasciare spazio ad un eventuale ripensamento.
- Come volete, Maestà – rispose il fiero comandante, congedandosi da Maria
Antonietta, con un inchino che nascondeva il proprio disappunto.
Andrè osservò l'elegante figura venirgli incontro. Suppose, dalla luce
rabbiosa che le brillava nello sguardo azzurro e dal passo affrettato, che fosse
irritata. Quasi certamente, la regina le aveva assegnato un compito che Oscar
non aveva gradito.
- Andiamo Andrè, dobbiamo portare con noi un damerino inglese. E’ un ordine
di Sua Maestà – sbottò, infastidita.
Sotto lo sguardo interrogativo di Andrè, Oscar riferì brevemente il colloquio
con la regina e, per un brevissimo istante, ritrovarono le consuetudini del
passato, quando lei era solita ascoltare le opinioni del suo attendente.
- Non ti preoccupare Oscar, se è davvero un nobile lezioso, si stancherà
presto dei nostri turni massacranti e tornerà alla reggia di Versailles –
affermò il soldato, tranquillo.
Oscar chinò il capo, mentre un velo di nostalgia le adombrò il bellissimo
volto. Era consapevole che André sapeva molto bene come placarla. Annuì,
condividendone il pensiero.
Entrò con passo elegante nel salone e si fermò ad osservare la figura che si
stagliava, in controluce, vicino alla vetrata più lontana dall'ingresso.
Immobile, sembrava assorto nella contemplazione del paesaggio. Le strie
luminose del tiepido sole di fine inverno penetravano all’interno, creando
giochi di luci ed ombre che facevano apparire illusoria la presenza
dell'uomo.
Oscar avanzò verso il colonnello inglese che, udendo dei passi dietro di sé,
si volse lentamente.
Lo sguardo impenetrabile si posò sul biondo comandante. Con eleganza, fece il
saluto militare e si presentò.
- Sono il colonnello Andrew Philip Stewart – esordì, con tono risoluto – è un
vero piacere fare la vostra conoscenza, comandante – concluse, chinando
lievemente il capo, in segno di rispetto.
Oscar sgranò gli occhi, meravigliata. L’uomo di fronte a lei era quanto di
più lontano potesse esistere dall’aristocratico incipriato e manierato che lei,
in preda alla collera di dover obbedire ad un ordine della regina, si era
immaginata.
continua
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
capitolo 2
capitolo 2
Oscar si avvicinò al nobile inglese e, riprendendosi dalla sorpresa, si
presentò a sua volta.
- Sono Oscar François de Jarjayes, comandante dei soldati della guardia
metropolitana. Vi do il benvenuto in Francia, colonnello Stewart. Sua Maestà, la
regina Maria Antonietta, mi ha appena esposto il vostro incarico – proseguì, con
educata cortesia – e mi auguro di potervi essere di aiuto.
- Vi ringrazio, comandante – replicò l’ospite, pacato – mi affido alla vostra
competenza. Non desidero intralciare le attività del vostro reggimento,
pertanto, mi adeguerò alle disposizioni in essere.
Oscar ignorò le parole del colonnello, il quale aveva intuito, forse
inconsapevole, la seccante verità.
- La vostra padronanza della lingua francese è impeccabile – apprezzò,
cambiando discorso.
L’uomo sollevò impercettibilmente un sopracciglio.
- Il mio vecchio precettore, Monsieur Bonaud, purtroppo scomparso da qualche
anno, sarebbe stato orgoglioso di udire queste parole, soprattutto se a
pronunciarle è un perfetto gentiluomo quale voi siete, comandante.
- Vogliamo andare, colonnello? – gli propose Oscar, desiderosa di lasciar
cadere quella conversazione.
Andrè aveva ascoltato il breve scambio di cortesie, osservando Oscar con
attenzione. La piega severa delle labbra, gli suggeriva che il suo comandante
era estremamente irritato per il compito affidatogli dalla regina.
Eppure, per un attimo, l’aveva vista perdere l’usuale atteggiamento
controllato, e mostrare un sincero stupore alla vista dell’ufficiale
inglese.
Li seguì verso l’esterno, con incedere risoluto.
Oscar camminava al fianco del loro ospite, inconsapevole dello sguardo
ammirato di Andrè.
Rievocò, con amarezza, il terribile giorno in cui le aveva dichiarato di
amarla, quando, esasperato dai lunghi anni accanto a lei senza poterla nemmeno
sfiorare, l'aveva gettata sul letto e baciata con forza.
Il ricordo delle emozioni ardenti era ancora vivido, ed ogni volta che il
pensiero si posava sulle immagini e sulle parole di allora, dal suo cuore saliva
un dolore acuto che non si sarebbe mai placato.
Nonostante amarla fosse fonte di sofferenza, non l'avrebbe mai abbandonata.
Rammentò la sua collera, quando aveva scoperto che si era arruolato nei
soldati della guardia. Calmatasi, aveva tollerato, in silenzio, la sua presenza
discreta.
L’atteggiamento di freddo riserbo, dietro al quale Oscar si era trincerata,
non lasciava trapelare i pensieri più intimi, e per lui, pur conoscendola da
vent’anni, era molto arduo comprendere cosa celasse nel cuore.
Era certo che in lei fosse in atto una battaglia tra il voler vivere come un
uomo, retaggio dovuto alla rigida educazione ricevuta, ed il suo essere donna.
Una lotta interiore il cui esito era un mistero anche per lui, che la
conosceva meglio di chiunque altro.
Esiliò, innervosito, le sgradevoli riflessioni dalla mente, trasferendo la
propria attenzione sul colonnello inglese.
Aveva avuto modo di osservarlo e, non poteva negarlo, era rimasto
particolarmente sorpreso.
Di qualche centimetro più alto di Oscar, il colonnello Stewart aveva un
portamento alquanto elegante e carismatico, frutto, indubbiamente, di un'ottima
educazione, ma senza alcun eccesso di affettazione.
Lunghi capelli color del grano, trattenuti dietro le spalle da un fiocco
nero, incorniciavano un volto di rara bellezza, illuminato da uno sguardo
penetrante ed attento.
Gli occhi, di un caldo blu cupo, contrastavano con l’atteggiamento severo ed
inaccessibile, e da essi, traspariva una sorta di quieto equilibrio, tipico di
chi non è afflitto da scontri interiori.
La divisa militare, composta da giacca azzurra e pantaloni grigi, completata
da un paio di stivali neri, metteva in risalto il fisico, piuttosto snello, ma
asciutto e scattante. Sul fianco sinistro pendeva una spada, sulla cui elsa era
cesellato uno stemma, che, senza dubbio, era l'emblema del suo casato.
Nel complesso, lo si sarebbe potuto definire un uomo molto affascinante.
Mentre ne esaminava il portamento, si rese conto improvvisamente, di averlo
confrontato con l’eleganza aristocratica di Oscar.
Scosse il capo, perplesso, percependo nell’animo, per un brevissimo istante,
una confusa diffidenza.
Nel tragitto che li separava dall’esterno della Reggia, Oscar studiò l’ospite
straniero, seguendo, inconsapevole, i pensieri di Andrè.
Come il suo attendente, giunse alla conclusione che il colonnello inglese era
davvero un uomo molto attraente, garbato e perspicace, anche se nutriva più di
un dubbio sulle sue reali competenze militari.
L’educata impassibilità, con cui pareva osservare i propri simili, suscitò in
lei una singolare emozione. Scorgeva in lui, qualcosa di vagamente familiare,
che, al momento, le appariva alquanto indistinta.
Infastidita da una incomprensibile esitazione, lo invitò a salire a cavallo,
apprezzandone, suo malgrado, il perfetto dominio sull’animale scalpitante.
Gettò un’occhiata fugace ad Andrè e, premendo i talloni sul ventre di César,
lanciò il cavallo al galoppo.
Dopo la doverosa parata di benvenuto, Oscar scortò il colonnello nel proprio
ufficio.
- Presumo siate ospite a Versailles – esordì, osservando l’inglese annuire –
la Reggia è piuttosto lontana da questa caserma e ritengo che sia oltremodo
incomodo percorrere ogni giorno un tragitto così lungo. Se lo desiderate, potete
dimorare nel palazzo della famiglia Jarjayes, colonnello.
Gli occhi chiari lasciarono trapelare una sincera sorpresa, accentuando il
fascino dell’uomo – non vorrei abusare della vostra cortesia, imponendovi doveri
di ospitalità che esulano dall’incarico affidatovi dalla regina Maria Antonietta
– replicò, calmo - inoltre non sono solo, ma ho condotto con me il mio
attendente.
Oscar abbozzò un sorriso – non è affatto una costrizione, colonnello,
ribadisco che sarei felice di ospitarvi.
- In tal caso, comandante, vi ringrazio ed accetto con piacere.
– Molto bene, colonnello. Andrè! Precedici a casa ed avverti i domestici di
preparare le stanze per i nostri ospiti.
- Agli ordini, comandante.
* * *
Scorse in lontananza Andrè, immobile, ad attenderli. Accanto a lui, sua nonna
gesticolava, dando disposizioni ai domestici.
Ogni volta che lo sguardo smeraldo si posava su di lei, percepiva
un’inquietudine martellante che minacciava la sua decisione di vivere come un
uomo.
Scrollò le spalle, come se quel semplice gesto potesse cancellare la
confusione che albergava nella sua mente.
Scese da cavallo, lentamente e con eleganza. Andrè afferrò le redini,
fissandola in silenzio.
- Grazie – si costrinse a dire.
- Madamigella Oscar, bentornata – chiocciò Nanny, gioiosa – è tutto
predisposto per gli ospiti. La cena sarà servita tra un’ora.
Notando lo sguardo assorto posato su di lei, Oscar si rivolse, diffidente, al
colonnello Stewart.
- Qualcosa vi turba?
- La regina Maria Antonietta ha decantato il vostro talento militare,
dipingendovi come un soldato leale e valoroso – spiegò, senza nascondere la
sorpresa - ma non mi ha detto che siete una donna.
Sorrise amabilmente, rivelando uno sguardo dolce e comprensivo, che irritò
Oscar.
- Colonnello Stewart, vi rammento che sono innanzitutto un soldato! –
esclamò, cercando di dominare la collera.
- Vi prego di perdonarmi, comandante. Non era mia intenzione provocarvi – si
scusò l’inglese.
Aveva scelto le parole con cura, per non urtarla ulteriormente.
Era certo che il colonnello de Jarjayes celasse, dietro un atteggiamento
cortese, ma distante, una natura femminile e conciliante.
Socchiuse gli occhi, scrutando il suo attendente, che, silenzioso, aveva
seguito l’evolversi della loro conversazione. Lo sguardo penetrante brillava di
luce rabbiosa. Gelosia, forse?
Sorrise impercettibilmente, riconoscendo che la natura umana non contemplava
distinzioni di ceto.
- Perdonate il mio ardire – azzardò, accingendosi a seguire i domestici – ma
ho sospettato che voi foste una donna non appena vi ho visto, perché,
madamigella Oscar, siete troppo bella per essere un uomo.
Lo sguardo azzurro scintillò in segno di sfida, prima di posarsi, contrito,
sul suo attendente.
- Andrè, conduci i cavalli nelle stalle, per cortesia – disse, ostentando una
calma che era ben lungi dal provare.
- Come desideri – mormorò il giovane, prima di allontanarsi.
Capì, conoscendola molto bene, che lei aveva deliberatamente ignorato
l’accaduto, e la richiesta di occuparsi dei cavalli esprimeva la volontà di non
discuterne con lui.
Serrò la mascella, cercando di contrastare il crescente risentimento verso il
colonnello inglese.
continua
Grazie lazarus34, anche se, a differenza di quanto avevo previsto
inizialmente, sto modificando, e di parecchio, la versione originale….questione
di ..."ispirazione"
Giuly93: beh, Andrè geloso? Ma certamente!
Nisi, un grazie particolare per le belle parole.
^^
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
capitolo 3
Capitolo 3
Oscar si svegliò all'alba, arrendendosi alla fastidiosa emicrania che l’aveva
torturata per tutta la notte impedendole di dormire serenamente.
Attribuì il malessere alla copiosa quantità di vino bevuta la sera
precedente.
A dispetto di quanto si era attesa, la serata era trascorsa piacevolmente,
ravvivata da una conversazione versatile ed interessante.
La sensazione di inquietudine, che continuava a percepire in presenza del
colonnello inglese, l’aveva indotta ad invitare André ad unirsi a loro.
Il giovane aveva annuito, sorpreso dall’insolita proposta e si era
accomodato, pensieroso, accanto al suo comandante.
Aveva ascoltato con interesse il colonnello Stewart narrare alcuni episodi
della propria vita.
Figlio cadetto di un generale della marina inglese, era entrato nell’esercito
molto giovane, dedicandosi con zelo puntiglioso alla carriera militare. Al
momento, era il comandante di un reggimento di guardie reali e sembrava non
avere alcun dubbio sulle scelte operate.
"Sono un soldato, proprio come voi, madamigella Oscar" aveva affermato,
sfoggiando un sorriso cordiale.
I velati riferimenti al suo essere donna, le avevano suscitato uno sgradevole
imbarazzo, che aveva cercato di nascondere fissando il proprio bicchiere colmo
di vino.
Continuando a sorseggiare il liquido rosso rubino con apparente noncuranza,
si era limitata ad abbozzare un lieve sorriso.
Aveva accolto con gratitudine la notizia che l’attendente del colonnello era
giunto a palazzo, consentendole di trasferire la conversazione su argomenti più
generici ed impersonali.
Alzandosi dal letto, si massaggiò le tempie nel tentativo di lenire il dolore
pungente.
Indossò l’uniforme e si diresse, con passo stanco, verso le scuderie,
illudendosi di poter placare l’opprimente senso di rimorso con una lunga
cavalcata.
Consapevole di evitare un confronto con se stessa, attribuiva la causa della
sua inquietudine al comportamento di André. Deglutì a fatica, rievocando la
notte in cui lui le aveva confessato di amarla. Quanto era accaduto tra loro,
l’aveva costretta a vederlo come un uomo e non più solo come un amico
d’infanzia. Con disappunto, si sentì imprigionata da un rimorso feroce.
Voleva vivere come un uomo, eppure il senso di colpa non le dava tregua e,
stranamente, la presenza condiscendente e tranquilla del colonnello Stewart,
accentuava questa insofferenza.
Un brusio di voci proveniente dal giardino richiamò la sua attenzione,
distogliendola da quelle irritanti considerazioni.
Avvicinandosi, notò il colonnello inglese ed il suo soldato, in piedi accanto
alla fontana, impegnati in una amabile conversazione.
Le spade, che entrambi impugnavano con noncuranza, come chi è avvezzo ad
usarle da sempre, ed i respiri lievemente ansanti, suggerivano che avevano
terminato da poco un allenamento.
Una scena familiare per lei, condivisa con André innumerevoli volte.
Costringendosi a non pensare, si diresse verso i propri ospiti.
- Buongiorno, comandante. Siete mattinieri - osservò - la sistemazione non è
stata, forse, di vostro gradimento? – si preoccupò.
- E’ una magnifica giornata, madamigella Oscar – replicò il colonnello –
tranquillizzatevi, abbiamo riposato benissimo. Colgo l’occasione per rinnovare
il mio più sincero ringraziamento per la vostra ospitalità – concluse
sorridendole.
Oscar, imbarazzata, distolse lo sguardo, soffermandosi ad osservare
l’attendente del colonnello Stewart.
Alto ed aggraziato, William somigliava, nel fisico, ad André. Attenti occhi
grigi scrutavano ogni cosa con curiosa benevolenza, mentre il tono di voce,
sempre cordiale ed accomodante, rivelava un’indole paziente ed equilibrata.
André, al contrario, sembrava nascondere, dietro ad uno sguardo
apparentemente sereno, un incessante tormento. Il carattere schivo e taciturno,
celava agli occhi dei più, una profondità di sentimenti che neppure lei, pur
consapevole che la bellezza di André non si limitava al mero aspetto fisico, era
certa di comprendere.
Sgranò gli occhi, turbata dalla direzione involontaria che i propri pensieri
avevano imboccato.
Tornò, con fatica, a rivolgersi al comandante.
- Mi fa piacere che abbiate riposato bene, colonnello – mormorò, pensierosa –
oggi vi propongo di accompagnare i miei soldati, in servizio di pattugliamento,
a Parigi – proseguì, ritrovando il tono deciso – se siete d’accordo.
- Sono a vostra disposizione, madamigella – rispose, soddisfatto,
l’inglese.
***
Aveva notato come i soldati rispondessero prontamente agli ordini, senza
traccia di ironia nello sguardo né alcun accenno di insubordinazione, segno di
evidente rispetto per il loro comandante.
Trovava il colonnello de Jarjayes oltremodo affascinante e riteneva che,
dietro alla cortese riservatezza, si nascondesse un temperamento indomito ed
appassionato.
Desiderava approfondire la conoscenza della bellissima donna in uniforme, ma
dubitava di riuscire a penetrarne l’educato riserbo.
Riemerse dai propri pensieri notando il suo attendente fissarlo con aria
interrogativa.
- Scusami William, mi sono distratto un attimo, cosa c’è?
- Ti ho domandato se vuoi esercitarti con la spada, Andrew – ripeté, l’uomo -
con uno dei soldati della guardia. Hai sempre affrontato me e i soldati del tuo
reggimento, che ne dici di provare con loro?
- E’ un’ottima idea, William – sorrise – lo proporrò al comandante de
Jarjayes.
Oscar annuì alla richiesta – se non avete nulla in contrario, combatterò io
con voi, comandante - gli propose cortesemente, ottemperando ai propri doveri di
ospite.
Il colonnello inglese la fissò in silenzio.
- Qualcosa non va? - continuò, infastidita, chiedendosi quali pensieri lo
inducessero a tergiversare.
- Perdonatemi, madamigella Oscar, non volevo essere scortese – si scusò – è
un onore duellare con voi – concluse, sorridendole.
I due comandanti sfoderarono la spada, misurandosi con lo sguardo.
Il sorriso del colonnello inglese scomparve, sostituito da un’espressione
severa e concentrata.
Le lame sibilarono in aria prima di scontrarsi emettendo un sordo suono
metallico.
I soldati, spettatori silenziosi, compresero, immediatamente, che sarebbe
stato arduo indovinare quale dei due comandanti avrebbe vinto il duello.
Entrambi, sorpresi dall’abilità e dalla velocità dell’avversario, si
affrontarono con impeto crescente.
Ciò che era cominciato come un semplice allenamento, si trasformò in una
sfida tra due forti personalità.
I movimenti rapidi ed eleganti rendevano la loro scherma aggraziata e
terribilmente insidiosa.
Fieri ed austeri, si fronteggiarono con pari slancio.
Lunghi capelli biondi sfioravano visi concentrati, occhi azzurri ed occhi
blu, animati dalla difficoltà dello scontro, studiavano meticolosi i movimenti
dell’avversario; la battaglia del dio Marte contro se stesso.
Il duello parve proseguire per un tempo infinito. I soldati, meravigliati
dalle movenze agili ed eleganti dei due contendenti, non osavano profferire
parola.
Il colonnello Stewart, sfiancato dalla difficoltà di controbattere alle
stoccate di Oscar, vagliò le possibilità che gli rimanevano di disarmarla. La
determinazione che le leggeva nello sguardo vigile, accentuava la difficoltà del
suo intento.
Parando con fatica l’ennesimo affondo, notò l’impercettibile tremore della
mano destra di Oscar. Si concentrò sul lieve segno di cedimento e, spostandosi
di lato, vibrò, con elegante precisione, una stoccata che colpì l’avversario al
polso.
Il biondo comandante lasciò cadere la spada, tamponando la ferita con la mano
sinistra.
Fissò il colonnello, sorpresa.
- Perdonatemi, comandante – si scusò, preoccupato, l’inglese.
Gettò la spada e, afferrando il braccio di Oscar, osservò, dispiaciuto, la
ferita sanguinante.
- E’ solo un graffio, non allarmatevi – rispose, ritraendo la mano.
Ferita nell’orgoglio, lasciò che un suo soldato le fasciasse il taglio,
usando un fazzoletto.
Turbata, riconobbe le mani forti e nel contempo delicate del suo
attendente.
- Grazie…André – mormorò senza sollevare lo sguardo.
***
La tazza di cioccolato fumante le riscaldava le mani, ma non il cuore.
Fissando il cielo incendiato dal bagliore rossastro del tramonto, si interrogò
sugli errori commessi durante il duello.
In realtà, si sentiva sperduta. Nessuno, nemmeno il possente Alain, l’aveva
mai battuta. Aveva sempre sconfitto gli avversari contrapponendo alla loro
forza, movimenti agili e veloci, che il suo fisico leggero le consentiva di
avere in misura superiore a loro.
Il colonnello Stewart aveva vinto usando la sua stessa tecnica.
Udendo un rumore di passi alle spalle, si volse, osservando impassibile il
volto serio e preoccupato del suo ospite.
- Sono desolato, comandante – disse, inquieto – non era mia intenzione
ferirvi.
- Non dovete preoccuparvi – lo rassicurò Oscar – siete abile con la spada;
nessuno, fino ad ora, mi aveva mai battuto.
- E’ stata solo fortuna, madamigella, ancora qualche istante e avrei ceduto
alla stanchezza – ammise, senza alcuna ironia.
Oscar non replicò, ponendo fine, con il suo silenzio, alla breve
conversazione.
Con un cenno del capo, il colonnello si congedò, intuendo il desiderio del
comandante de Jarjayes di rimanere sola.
***
Lo sguardo era ipnotizzato dalle lingue di fuoco che si sprigionavano, sempre
più deboli, dall’ultimo ceppo rimasto nel camino.
Posò il calice sul tavolino, accanto ad una bottiglia, ormai vuota, di ottimo
vino rosso.
Detestava sentirsi vulnerabile. Ogni notte fuggiva dagli stessi fantasmi,
soffocata dagli sguardi indulgenti del colonnello inglese e tormentata dai
pesanti silenzi di André.
Profondamente diversi, possedevano entrambi la capacità di vanificare il suo
tentativo di vivere come un uomo. Avrebbe desiderato dedicarsi esclusivamente
alla carriera militare, senza essere vessata da allusioni che le ricordavano di
essere una donna.
Il cigolio della porta ed un rumore di passi alle sue spalle richiamarono la
sua attenzione.
Volse il capo, fissando il bel volto del suo attendente.
- Il fuoco si sta spegnendo, non te n’eri accorta?
Chinandosi sul camino, l’uomo ravvivò la fiamma.
- André? – lo chiamò, confusa.
- Sì?
Rimase in attesa, ammirando il suo bellissimo comandante.
- Che hai da guardare? – lo aggredì, all’improvviso.
André notò la bottiglia di vino. Aveva bevuto. Diversamente, non si sarebbe
lasciata sopraffare dall’ira.
- Nulla – le ripose, calmo.
- Non mentire! Il tuo sguardo è eloquente.
Tacque, nella speranza che il muro eretto da Oscar crollasse sotto i colpi
della sua collera.
Dopo mesi di fredda impassibilità, quella reazione rappresentava uno
spiraglio verso il suo cuore.
- Parlami, André! Non sopporto i tuoi silenzi – gridò – sembra che tu sappia
come comportarti in ogni occasione, mentre io … annego in un mare di incertezza
– farfugliò, trattenendo brucianti lacrime di rabbia.
- Non cercare inutili spiegazioni, Oscar. Sono semplicemente un soldato ai
tuoi ordini – rispose, ignorando la sua acredine.
- Smettila di essere così condiscendente, André!
L’uomo strinse le labbra, cercando di dominare la crescente gelosia.
- Credi, forse, che sia io la causa del tuo tormento? Oppure le ragioni del
tuo scatto d’ira sono da ricercare nel fascino che il colonnello Stewart
esercita su di te? – azzardò, sfidandola.
Oscar si alzò in piedi, fronteggiandolo – che cosa vorresti dire, André? – lo
minacciò – mi credi, dunque, soggiogata dal nostro ospite? – concluse,
offesa.
Non rispose, ammirando il volto, arrossato dall’ira, di Oscar. Si specchiò
negli occhi chiari, ardenti di vita, soffocando il desiderio di stringerla a sé.
Oscar era una donna dal temperamento eclettico; capace di profondi slanci di
generosità, aveva un animo nobile ed un encomiabile senso di giustizia che la
rendevano unica. Avrebbe raggiunto la completa armonia, solo smettendo di
lottare contro se stessa, ma era un percorso che solo lei poteva
intraprendere.
Tornò a riflettere sulle sue parole.
- Solo tu, Oscar, puoi rispondere a questa domanda – replicò, apparentemente
tranquillo.
- Maledizione, André! – sbottò furente – perché non mi dici chiaramente ciò
che pensi? Non sopporto il tuo sguardo di disapprovazione.
Mosse, incerta, qualche passo, avvicinandosi a lui - detesto sentirmi fragile
e il tuo silenzio assomiglia ad una condanna – mormorò, quietandosi.
- Sei ubriaca, Oscar – affermò calmo, accarezzandola con lo sguardo.
Lo aveva fatto di nuovo. Lo aveva ferito, attribuendogli colpe non sue. Lo
aveva deliberatamente provocato e André aveva sorretto il peso della sua collera
senza aggredirla.
- Non sono ubriaca – negò, consapevole che non erano quelle le parole che
voleva pronunciare – non dovrei comportarmi così con te – ammise, infine.
- Forse dovresti smettere di fuggire da te stessa, non credi Oscar? Non sei
fragile, solo umana.
- La tua gentilezza mi tormenta – gli confessò, coprendosi gli occhi con una
mano – e sono incapace di cancellare il rimorso di averti allontanato da me.
- Ti sentiresti meglio se ti aggredissi, non è vero? Potresti spazzare via il
senso di colpa che ti tormenta ed avresti un valido motivo per fuggire di nuovo,
non è così, Oscar? – affermò, tristemente – ma io non voglio essere il tuo
alibi. E’ una lotta contro te stessa quella che hai ingaggiato. Non sono io la
causa della tua inquietudine, lo sappiamo entrambi.
La verità la colpì, dolorosa, come una stilettata.
Le parole di André avevano il potere di metterla con le spalle al muro, come
sempre. La mente annebbiata dall’alcool le impedì di replicare.
Lo scrutò, in silenzio. Era bello, senza alcun dubbio. Arrossì, confusa.
- Non potrò mai liberarmi dal mio destino. La frase che mi dicesti tanto
tempo fa, "una rosa non potrà mai essere un lillà", mi irrita ancora oggi –
sussurrò incerta.
- Perché vuoi combattere? Non puoi essere semplicemente una donna ed un
soldato? Cosa te lo impedisce, Oscar? – le chiese dolcemente.
- Non lo so – mormorò, appoggiando, senza riflettere, la fronte sul petto di
André.
L’uomo sussultò, sorpreso.
Chiuse gli occhi, stringendo i pugni. Lei era troppo vicina.
Oscar sollevò una mano, spostando delicatamente la ciocca di capelli che
ricopriva l’occhio privo della vista.
- Sei generoso, André, mentre io ho sempre pensato solo a me stessa –
farfugliò, stordita dal vino bevuto.
Posò lo sguardo sul volto bellissimo, illuminato dal chiarore del fuoco. Non
erano le parole che avrebbe desiderato udire da lei ma, per la prima volta,
Oscar gli aveva svelato una parte importante del suo cuore.
Incapace di allontanarla da sé, infranse il giuramento proferito tanto tempo
prima.
- Perdonami, Oscar – mormorò.
La abbracciò con impeto, sfiorandole le labbra in una lenta e sensuale
carezza.
Seppur sorpresa, non si ritrasse. Chiudendo gli occhi rispose al bacio,
arrendendosi alle sconosciute ed ardenti emozioni germogliate nel suo cuore.
André avvertì le braccia di Oscar cingergli il collo ed il corpo esile e
flessuoso aderire al suo.
Il bacio, dapprima tenero e struggente, divenne esigente ed appassionato,
incendiandoli di desiderio.
Il tempo perse il suo significato ancorandola al presente.
Si smarrì in una tempesta di emozioni che la spinsero a cercare rifugio
nell’abbraccio possessivo di Andrè.
Un barlume di lucidità si insinuò nella mente. Posò le mani sul torace di
André e lo allontanò con forza, fissandolo smarrita.
- Vattene André – mormorò tra le lacrime – lasciami sola.
Il giovane la scrutò a lungo, prima di chinare il capo, in segno di resa.
- Come desideri, Oscar – si costrinse a dire.
Si avviò verso la porta, senza aggiungere altro.
Oscar comprese di avere commesso, ancora una volta, il medesimo errore.
- E’ colpa mia – cercò di scusarsi – devo aver bevuto troppo.
André, fermo sulla soglia, si volse, fissandola negli occhi chiari.
- Non è cambiato nulla dentro di me – sospirò inquieto – io ti amo, Oscar.
Piano, richiuse la porta alle sue spalle.
Si accasciò sulla poltrona, stringendosi il capo tra le mani. Immobile,
attese il quietarsi del battito frenetico del cuore.
Sconcertata dall’improvvisa esplosione dei sentimenti celati nell’animo, lo
aveva respinto con vigore.
Non era riuscita a dirgli altro. Come poteva, se neppure lei comprendeva ciò
che le era accaduto?
Sospirò, scuotendo il capo: mentiva a se stessa.
Non avrebbe voluto respingere André, non con quelle parole.
Un intreccio appassionante di immagini le vorticò nella mente. Vide mani
tremanti accarezzare le spalle ampie e muscolose di André, labbra febbrili
rispondere con trasporto ai baci esigenti e profondi, occhi azzurri, accesi di
passione, specchiarsi in un tempestoso mare smeraldo.
Desiderò, con tutto il cuore, abbandonarsi di nuovo tra le sue braccia
perdendosi nei suoi baci, fino a trascinare se stessa nell’oblio.
Era, dunque, questo, l’amore?
Continua
Ecco! Pronto un altro capitolo.
Ho usato la scena dell’anime in cui André ravviva il fuoco ed Oscar gli
comunica la decisione di lasciare la guardia reale, ovviamente modificandola un
po’…., perché è un episodio che mi è sempre piaciuto.
^^
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
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Capitolo 4
Osservava con crescente preoccupazione i vicoli sudici e tetri, brulicanti di miseria e malattie che impregnavano di rancore la vita dei ceti più poveri, in una Parigi che pareva aver cancellato il ricordo della festosa accoglienza riservata a Maria Antonietta, che, vent’anni prima, aveva varcato il confine francese per diventare la moglie del Delfino. La convocazione, per voce del re, degli Stati Generali aveva, inizialmente, generato nel popolo una confusa speranza di miglioramento, disattesa dal continuo e incontrollato aumento dei prezzi. Mancavano solo un paio di mesi al giorno fissato, a partire dal quale i rappresentati dei tre ordini si sarebbero riuniti per deliberare il destino della Francia. Oscar si auspicava la nascita di un nuovo Paese, non più stravolto da focolai di malcontento che sfociavano, sempre più frequentemente, in disordini e violenze. Desiderava il realizzarsi di questo cambiamento con la medesima intensità con cui fuggiva da se stessa. Consapevole che avrebbe dovuto affrontare il difficile compito di tutelare la sicurezza dei deputati, si imponeva di non cedere alla profonda stanchezza, cagionata da insistenti febbri notturne. Lo zelo encomiabile con cui esercitava l’autorità di comandante, contrastava con l’atteggiamento sfuggente adottato nel privato. Era trascorsa una settimana da quando aveva preso piena coscienza dei sentimenti che nutriva per André e, da allora, aveva accuratamente evitato di trovarsi sola con lui, persuasa che fosse la soluzione migliore, fino a quando non avesse risolto i contrasti con se stessa. Il rimorso di averlo respinto aspramente era accompagnato da un profondo languore, sulla cui origine, pur indiscutibilmente evidente, Oscar rifiutava di soffermarsi. Incapace di manifestare l’amore nascosto da una coltre di austera intransigenza, si sentiva troppo fragile per vivere accanto ad un uomo che, al contrario di lei, accettava con disarmante naturalezza i propri sentimenti. Detestava se stessa per avergli rivelato, cedendo all’oblio del vino, pensieri ed emozioni che avrebbe desiderato rimanessero racchiusi nel suo animo. Si era abbandonata, tra le sue braccia, ad un desiderio sconosciuto che seguitava a tormentarla e, temendo di perdere nuovamente il controllo di sé, ne fuggiva, con determinazione, la causa.
- Comandante - si sentì chiamare. Sollevando il capo, incontrò lo sguardo interrogativo del colonnello Dagôut. - Ditemi, colonnello - lo invitò, con garbo impassibile. - Vi stavo chiedendo, se non fosse il caso di perlustrare anche l’area intorno Place Vendôme, dove sembra si nascondano alcuni sobillatori. - E’ un’osservazione pertinente - concordò Oscar, passandosi stancamente una mano sulla fronte rovente. - Comandante, non vi sentite bene? - si informò il colonnello Dagôut, notando il volto arrossato di Oscar - in tal caso, vi suggerirei di tornare a casa e riposarvi. - Non è nulla, solo un po’ di stanchezza - replicò con un sorriso forzato - comunque, farò come dite, prendete voi il comando, colonnello. - Agli ordini, comandante - pronunciò deciso, facendo il saluto militare. Arrestò il cavallo tirando le redini. Attese che la colonna dei soldati la oltrepassasse e, cambiando strada, incrociò lo sguardo preoccupato del suo attendente. - Che cosa c’è Andrè? - gli chiese, con calma. - Oscar sei sicura di voler tornare da sola? - si permise di domandarle. - Sì. Tu resta pure con i soldati della guardia - gli comunicò, allontanandosi a cavallo. Rammaricandosi, ancora una volta con se stessa, per l’atteggiamento scostante che riservava ad André, prima che a chiunque altro, si volse verso di lui. - Grazie, Andrè - gli gridò, sorridendo.
Lasciò Parigi, immergendosi nel silenzio della campagna. Posò un palmo sulla fronte con la certezza di avere la febbre. Preoccupata che il suo stato di salute non le consentisse di assolvere ai propri compiti, meditò sull’eventualità di recarsi dal medico. Il rumore di un cavallo lanciato al galoppo la costrinse a voltarsi. Osservò, con disappunto, il colonnello Stewart raggiungerla velocemente. - Vi dispiace se rientro con voi, comandante? Oscar si limitò ad un cenno di diniego e l’inglese le si affiancò, sorridendo. Solo il rumore degli zoccoli turbava la quiete apparente di quel tardo mattino di primavera. Il colonnello Stewart ammirò il volto stanco, ma sempre attraente, di Oscar. - Siete molto bella, comandante - esordì all’improvviso - per quale impenetrabile ragione vi siete imposta di vivere come un uomo a qualsiasi costo? Oscar lo fulminò con lo sguardo, irritata dalla domanda esplicita. - Sono un militare - si limitò a ribadire, come se la frase in sé contenesse la risposta. - Siete una donna estremamente riservata Oscar François De Jarjayes - perseverò il colonnello, con un sorriso - e noto in voi un accanito desiderio di celare i vostri sentimenti. E’ forse disdicevole essere una donna e nello stesso tempo un soldato? Lo sguardo severo di Oscar indugiò sul volto del colonnello inglese. - La vostra impudenza è deplorevole - lo biasimò. - Vi chiedo perdono, madamigella. Spesso difetto in cortesia, ma, francamente, non comprendo il rifiuto ostinato di riconoscere la vostra femminilità. Oscar tacque, imponendosi di ignorare l’usuale sensazione di familiarità mista a turbamento, che avvertiva ogni volta che il colonnello accennava, più o meno velatamente, al suo essere donna. Sapeva che non poteva, o meglio non voleva, fornirgli alcuna spiegazione. - Colonnello, non desidero parlare delle mie scelte personali - ammise - vi prego di scusarmi - aggiunse e, lanciando il cavallo al galoppo, fuggì, ancora una volta, da se stessa. Gli occhi chiari del colonnello Stewart la contemplarono, fino a quando l’elegante figura non svanì all’orizzonte. Un lieve sorriso gli illuminò lo sguardo. Immaginava, ormai, quale fosse il vero volto di Oscar, ma non si accontentava delle fugaci risposte del biondo comandante. Sarebbe tornato all’attacco, attirando su di sé la disapprovazione di William e, di questo ne aveva assoluta certezza, non solo la sua, ma avrebbe costretto Oscar François De Jarjayes alla capitolazione.
***
Inspirò l’aria frizzante della mattina, concedendosi un delicato sorriso alla vista delle aiuole fiorite. L’ansia notturna le aveva accordato una tregua, consentendole di riposare serenamente e di sentirsi pervasa da una euforica sensazione di benessere. Attraversò il giardino lentamente, assaporando il tiepido sole del mattino. Affascinata dall’azzurro intenso del cielo terso, si accorse della presenza del colonnello Stewart solo quando si trovò a pochi passi da lui. Assorto, rigirava tra le mani un bocciolo di rosa. Sollevando lo sguardo la vide e, dal sorriso cordiale che le riservò, Oscar intuì che la stava aspettando. - Buongiorno comandante, non ritenete anche voi che l’inizio della primavera sia il periodo dell’anno più elettrizzante? - le chiese tranquillamente. Oscar lo fissò imperturbabile. - Io non vi comprendo - asserì, laconica. - Adoro le rose - ammise con un sorriso, ignorando l’affermazione di Oscar - ho affidato a William alcune commissioni da svolgere a Parigi ed ora mi ritrovo senza un compagno con cui esercitarmi con la spada - le riferì, con apparente noncuranza - mi concedete l’onore di duellare di nuovo con voi, madamigella? Provocata dalla vaga aria di sfida che gli lesse negli occhi chiari, Oscar acconsentì alla richiesta. - Il vostro invito mi lusinga - disse con tono volutamente affettato, sguainando, con calma, la spada. Concentrata, ne studiò l’espressione del volto, domandandosi quale recondito mistero si celasse dietro l’intenso sguardo blu. Determinata a vincere, sapeva, dall’esperienza precedente, che avrebbe dovuto chiudere il duello in fretta. Rinfrancata da questa certezza, si lanciò sull’avversario decisa a non farsi sopraffare. Colpì l’arma del colonnello con impeto, senza concedergli alcuna tregua. Lo attaccò con allunghi precisi e veloci, finché gli impedì di sollevare la spada per parare l’ennesima stoccata. La lama si fermò a pochi centimetri dalla gola del colonnello, che sollevò le mani in segno di resa. - Avete vinto, madamigella - ansimò, affaticato. Un sorriso di sollievo illuminò il volto di Oscar. - Siete davvero un valido avversario - ammise, rinfoderando la spada. - La vostra abilità è seconda solo alla vostra bellezza, comandante De Jarjayes. Mi avete battuto senza colpirmi, a dimostrazione della vostra indiscutibile bravura. Si allontanò di qualche passo, prima di riprendere a parlare. - Vi confesso che l’avervi ferito, durante il nostro primo duello, è tuttora causa di rammarico. - Si è trattato di un evento del tutto fortuito, colonnello - replicò Oscar tranquillamente. - Non avevo mai ferito accidentalmente i miei avversari prima d’ora, ma voi siete così abile e veloce che mi avete indotto in errore. La considero una sconfitta e sono dispiaciuto per quanto accaduto. - Non dovete angustiarvi, colonnello, io ho rimosso l’episodio. - Attaccando con estrema precisione, non mi avete concesso di riflettere. La vostra strategia si è dimostrata vincente, madamigella. Questo mi porta a presumere che voi non commettiate mai lo stesso errore una seconda volta - ironizzò, sorridendo maliziosamente. - Che cosa intendete dire? - domandò Oscar, diffidente - siete sfuggente e parlate per enigmi, colonnello. - Vi siete decisa, finalmente ad ammetterlo, comandante - mormorò - sono diverse settimane che vi osservo e potrei affermare lo stesso di voi. - Ebbene, colonnello Stewart, il vostro comportamento mi lascia non pochi dubbi al riguardo. Trovo le vostre allusioni singolarmente fastidiose e non ne comprendo l’origine - replicò duramente. - L’educazione raffinata che possedete vi impedisce di aggredire un vostro ospite. Presumo, con non poca certezza, che i vostri sentimenti siano tutt’altro che benevoli nei miei riguardi. Trattenete le emozioni, nascondendovi dietro un’impassibile compostezza - commentò, tranquillo - e non comprendo perché vi ostiniate a non riconoscere che siete una donna. La vostra bellezza non ha eguali e sono persuaso che molti nobili sarebbero disposti a fare qualunque cosa pur di catturare il vostro cuore, ma voi sembrate non notarlo, troppo impegnata in una lotta impari contro voi stessa - concluse, enfatizzando il tono ironico. Oscar non gli consentì ulteriori insinuazioni e manifestò il proprio risentimento schiaffeggiandolo con forza. - Come osate? - sbottò indignata. Il colonnello Stewart la fissò, improvvisamente serio. Le afferrò il polso e la attirò a sé, cingendole la vita col braccio. - Lasciatemi! - gli ordinò, disorientata dal suo comportamento - siete forse impazzito? - Perché, di grazia, negate la vostra natura, Oscar? Siete una donna bellissima ed un soldato valoroso, lottando contro voi stessa, soffrite inutilmente - dichiarò guardandola negli occhi, senza accennare a lasciarla andare. - La vostra insolenza non è degna di un gentiluomo, colonnello - obiettò Oscar, risentita. Un sorriso ironico si dipinse sul volto dell’inglese. - Infatti, io non sono un gentiluomo - asserì in un sussurro.
Una mano decisa afferrò e strinse con forza il polso del colonnello, finché una smorfia di dolore non si dipinse sul bel volto aristocratico. - Allora perché non ve la prendete con un uomo? - si intromise Andrè, con voce adirata. Sorpreso dall’intervento repentino dell’attendente di Oscar, lo guardò senza parlare. La pressione sulla sua mano divenne insostenibile, obbligandolo a lasciar andare il comandate De Jarjayes. Oscar si scostò, preoccupata dallo sguardo ostile con cui i due uomini si fissavano. - André, lascialo! Non ho bisogno che tu mi difenda - esclamò, nel tentativo placare gli animi. - Non prendo ordini da voi, comandante - replicò deciso - in questo momento sono fuori servizio. Stupita dall’atteggiamento aggressivo di André, rimase in silenzio, allarmata dalla furia che gli leggeva nello sguardo. - Madamigella Oscar, non capite? - intervenne il colonnello Stewart - ho la presunzione di ritenere che lo scopo dell’ingerenza del vostro attendente non sia propriamente quello di proteggervi, quanto quello di dar libero sfogo a sentimenti assai meno nobili - concluse pungente. La provocazione colpì nel segno. Andrè strinse il polso del colonnello con maggiore forza, fino a strappargli un grido di dolore. - Voi non mi piacete - dichiarò, cercando di dominare la rabbia crescente. - L’eccesso di gelosia è una cosa assai riprovevole, André - ironizzò. - Colonnello Stewart, vi avverto, non mi provocate - esclamò, minaccioso. - Andrè, ti prego, basta così - lo supplicò Oscar, intuendo le conseguenze inesorabili dell’acceso diverbio. Il tono conciliante del suo comandante ebbe il potere di calmarlo. Lasciò andare il colonnello, fissandolo con sguardo vigile. L’inglese si massaggiò il polso dolorante senza avere alcuna intenzione di desistere. - Mi chiedo se il generale Jarjayes non abbia commesso un grave errore allevandovi come un uomo, madamigella Oscar - mormorò, perplesso - di certo io non avrei incontrato tanta resistenza, se aveste ricevuto un’educazione più femminile. - Sguainate la spada, colonnello - si intromise André, furioso - le vostre parole sono ingiustificate ed offensive. - E così saresti disposto a dare la vita per lei? - Battetevi - gli ordinò, posando la mano sull’impugnatura della spada. Il colonnello si avvicinò, apparentemente incurante della collera di André. - Non ti consiglio di minacciarmi - lo provocò - sono molto abile con la spada e tu hai perduto un occhio. Andrè non rispose. Sfoderò la spada e la puntò contro l’inglese, in segno di sfida. - Come desideri, allora - pronunciò il colonnello. Impugnando l’arma, si riversò repentinamente su di lui, cogliendolo alla sprovvista. Andrè parò il colpo con difficoltà, appena in tempo per vedere la lama passargli vicino al viso. Rispose con un allungo possente che costrinse il colonnello ad allontanarsi. - Fermatevi! Il grido di Oscar si perse nell’aria, sovrastato dal suono metallico delle lame. Il duello proseguì in un intreccio vigoroso di affondi e parate fino a quando entrambi si fermarono per riprendere fiato. - Lascia perdere Andrè, sono più abile di te - esordì, affannato, il colonnello. - La vostra tracotanza è seconda solo alla vostra villania - replicò, attaccandolo di nuovo. Il colonnello si mosse velocemente, ed eludendo la stoccata di Andrè, vibrò un fendente veloce e preciso che disarmò l’avversario. Un sorriso vittorioso si dipinse sul volto accaldato, mentre osservava la spada cadere vicino ai suoi piedi. - Non puoi combattere disarmato, André - affermò, asciutto. - Questo non è un allenamento. Continuate, colonnello! - lo incalzò. - E’ impossibile che tu possa battermi, senza spada, Andrè. - Non siate così sicuro di voi - lo sfidò. Si mosse velocemente e, gettandosi a terra, afferrò l’arma, appena in tempo per parare l’affondo del colonnello. Con un rapido movimento della gamba gli colpì una caviglia, facendogli perdere l’equilibrio. Si rialzò velocemente e con un calcio allontanò la spada dell’avversario. - Colonnello Andrew Philip Stewart, ora siete voi in una condizione di svantaggio! - esclamò ironico, mentre lo osservava rimettersi in piedi. Improvvisamente, ritornò serio e gettò la spada. - Ora siamo pari. Fatevi avanti, colonnello - gli intimò, minaccioso. L’inglese lo scrutò in preda al dubbio. Lo aveva provocato deliberatamente, fino a spingerlo a reagire. Era consapevole che Andrè, se si fosse lasciato condurre dalla collera, poteva rivelarsi un uomo molto pericoloso. - Ebbene? Avete perso il dono della parola? - lo sfidò il soldato. Il colonnello Stewart rimase in silenzio, vagliando le possibilità che aveva di sovrastarlo. Andrè era più alto e più forte. Per batterlo doveva necessariamente sfruttare la maggiore agilità del proprio fisico. Senza indugiare, sollevò il braccio destro e gli assestò un pugno in pieno viso. Andrè barcollò, allontanandosi di qualche passo. Si portò la mano alla bocca, asciugandosi un rivolo di sangue. Squadrò ostile il colonnello e si avventò su di lui con furia cieca, trascinandolo rovinosamente a terra. Gli piegò bruscamente un braccio dietro la schiena, strappandogli un grido di dolore. Lo immobilizzò con il proprio peso e sollevò la mano, chiusa a pugno, per colpirlo al volto. Fissò gli occhi chiari leggendovi, palese, la paura. Rimase immobile, percependo sul proprio corpo il sollevarsi e l’abbassarsi frenetico del torace, causato dal respiro affannoso ed irregolare del colonnello. Un’improvvisa espressione di sorpresa si dipinse sul suo volto. Lo sguardo tornò quieto, mentre abbassava lentamente la mano, senza colpire l’avversario. - Avete ragione, non siete un gentiluomo - mormorò, ripetendo le parole del colonnello. Si rimise in piedi, aiutandolo ad alzarsi. Lo scrutò in silenzio con aria interrogativa, attendendo una risposta alla sua muta domanda.
Continua
Ecco fatto un altro capitolo. Nel proseguire la storia, ho modificato in modo radicale quella che era la stesura iniziale, e posso dire che, a parte qualche dettaglio, di fatto la sto scrivendo ex novo in funzione delle idee che, nel frattempo, si sono formate nella mia testa.
Lascio a voi il compito di decidere se approvate o meno il carattere dei personaggi, visto che io sono di parte…. anche se, in verità, cerco di non discostarmi troppo dalla personalità data loro dalla Ikeda.
Ringrazio i tanti lettori "fantasma", ma una menzione speciale va a chi ha recensito (giusto, no?)
Nisi: grazie come al solito. I complimenti di una esperta di Lady Oscar non possono che indurmi a continuare ^^
Pucchetta90: felice che ti piaccia, spero che apprezzerai anche il seguito.
ste: come vedi cerco di aggiornarla, tempo (ahimè sempre poco) permettendo ^^
a presto
Oscar |
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
capitolo 5
Capitolo 5
Il vento le accarezzò le gote, alleviandone di un poco l’intenso rossore,
cagionato dall’ansia per l’esito del duello.
Incapace di profferire parola, li aveva osservati, inseguendo, nel proprio
animo, un barlume di razionalità che la muovesse ad intervenire per sedare una
disputa che nulla aveva di meritevole.
Rifletté, con malcelato stupore, che, nell’attimo stesso in cui il colonnello
Stewart lo aveva disarmato, aveva seriamente temuto per la vita di André.
Scoprire l’intensità di tale emozione, assai più simile ad oscuro terrore
piuttosto che a semplice turbamento, le mostrò la pienezza di un sentimento che
da tempo si costringeva a negare.
Sconcertata dal violento impeto, a lei sconosciuto, con il quale André aveva
fronteggiato l’avversario, sovvertendo lo scontro a proprio vantaggio, aveva
temuto che egli, dominato da un indubbio risentimento, potesse commettere un
atto sconsiderato.
Faticava a scorgere nell’atteggiamento aggressivo, l’indole pacata dell’uomo
che, da sempre, conferiva equilibrio al suo carattere orgoglioso ed austero.
Repentinamente, l’ira del suo leale attendente, si era dissolta, lasciando,
quale unica prova della sua esistenza, un silenzio greve di parole non
pronunciate. Sembrava che avesse riacquistato il controllo di se stesso, se mai
l’avesse perduto, senza alcuno sforzo apparente.
L’espressione del volto, seppur severa, lasciava trasparire la scintilla di
una calma recuperata.
Oscar riconobbe in quello sguardo, il temperamento dell’uomo che aveva acceso
in lei la fiamma di un ardore sconvolgente e misterioso.
Scrutò, con pari zelo, il colonnello Stewart, sul cui volto era scomparsa
ogni traccia di ironica provocazione.
Sospirò di sollievo, rassicurata dalla quiete tornata, improvvisamente, fra i
due uomini.
La voce calma, ma risoluta, di André interruppe il flusso delle sue
riflessioni.
- Non posso che biasimare la vostra condotta, ma, confidando nella vostra
correttezza, vi invito a dare una adeguata spiegazione al vostro agire,
colonnello Stewart, perché, francamente, mi sfugge la ragione della vostra
deliberata provocazione.
Il comandante inglese si esaminò la divisa impolverata e si limitò ad
abbozzare cenno di disappunto. Sollevò il capo e posò lo sguardo, privo della
usuale luce beffarda, sul comandante De Jarjayes. I gesti lenti e misurati
parevano voler ritardare un confronto, divenuto inevitabile, con la sua
ospite.
- Posso comprendere lo stato di indiscutibile confusione nel quale, forse, vi
trovate – precisò André, rinnovando l’invito - ma vi prego di chiarire il vostro
comportamento colonnello Stewart, o forse dovrei dire madamigella Andrew?
- Madamigella? Che cosa significa, André? – chiese Oscar con evidente
stupore.
- Andrè è nel giusto – intervenne il colonnello Stewart con sollecitudine –
non sono un gentiluomo, ma una donna come voi, comandante.
Oscar fissò il proprio ospite con palese risentimento.
- L’inganno che avete ordito ha allietato le vostre giornate, colonnello? Mi
auguro che abbiate trovato nella vostra impeccabile interpretazione un piacevole
diversivo – affermò con sarcasmo - perché, in verità, non mi capacito di una
condotta tanto meschina.
- Merito il vostro rimprovero, madamigella Oscar – condivise Andrew, chinando
il capo – tuttavia, vi prego di concedermi almeno la facoltà di potermi
giustificare.
Oscar incrociò lo sguardo tranquillo di Andrè e, traendo animo dalla sua
quieta compostezza, acconsentì ad ascoltare il colonnello Stewart.
Con un cenno del capo la invitò a proseguire.
Andrew si avvicinò ad André, fissandolo con amarezza.
- Desidero porgerti le mie scuse, André – esordì – ti ho deliberatamente
provocato, costringendoti ad incrociare la spada con me. In verità, il mio
intento era provocare voi, comandante Oscar – proseguì dispiaciuta – e riconosco
di avere commesso una mancanza imperdonabile. Presumo di non essere più gradita
quale vostra ospite, pertanto lascerò palazzo Jarjayes non appena William
rientrerà da Parigi.
- Suvvia, madamigella Andrew, non affliggetevi più di quanto sia necessario -
intervenne André con tono benevolo – l’aristocratica compostezza di Oscar non è
insormontabile e, indubbiamente, non è avvezza a portare rancore a chi agisce in
buona fede.
Andrew abbozzò un sorriso, in parte rincuorata.
- Ti prego André, perdona il mio puerile comportamento – disse, rinnovando le
sue scuse.
- Ho già dimenticato l’accaduto, non tormentatevi madamigella – la incoraggiò
con un sorriso – ed ora vogliate scusarmi, ma devo provvedere ai cavalli.
Si accomiatò con un lieve inchino, non prima di aver regalato ad Oscar un
profondo sguardo di ammirazione.
Immobile, posò gli occhi chiari, velati da un’ombra di diffidenza, sul
colonnello Stewart, osservandone l’espressione palesemente mortificata.
Lasciò che i lunghi capelli biondi, mossi dalla lieve brezza mattutina, le
accarezzassero il viso.
Si allontanò di qualche passo dal colonnello, incerta sulla posizione da
assumere.
Aveva compreso, con stupefacente chiarezza, il messaggio celato nelle parole
e nello sguardo di Andrè, allontanatosi per dar loro modo di spiegarsi.
L’iniziale irritazione, dovuta all’inganno subito, si era gradualmente
attenuata di fronte al tranquillo contegno che André aveva tenuto con il
colonnello Stewart.
- Perché mi avete mentito? – le chiese improvvisamente, con tono deciso.
- Sono profondamente mortificata, madamigella Oscar. Non era mia intenzione
ingannarvi, non in questi termini almeno, ma la situazione è sfuggita al mio
controllo.
- Quanto è accaduto rivela esattamente il contrario, colonnello – rimarcò
Oscar, impassibile – mi chiedo fino a che punto siate sincera.
Andrew subì l’accusa senza replicare, riconoscendo che la perplessità del
comandante era più che fondata.
Non le era dato conoscere la reazione di Oscar, ma confidava nella sua
generosa capacità di giudizio, dimostrata più volte in passato.
- Non ho mentito sul mio casato – esordì titubante – mio padre scelse il nome
che porto, convinto che avrebbe avuto il quarto erede maschio e a nulla
servirono le suppliche di mia madre dopo la mia nascita. Ella scelse per la mia
istruzione i migliori istitutori, mentre mio padre, pur contrastato dal biasimo
della sua sposa, mi consentì di seguire lezioni di scherma e di esercitarmi con
i miei fratelli – proseguì, incoraggiata dall’espressione attenta di Oscar.
- Il mio destino si compì nel momento stesso in cui ebbi facoltà di
scegliere, nonostante l’iniziale disapprovazione di mia madre, la carriera
militare, che ho sempre considerato confacente alla mia indole. I miei doveri di
comandante sono simili ai vostri e, pur essendo un soldato, non dimentico di
essere una donna. Rimasi molto sorpresa nello scoprire che anche voi siete una
donna. Converrete con me che non è cosa molto comune – affermò, osservando il
cenno di assenso di Oscar – ma, perdonate la franchezza – seguitò, riprendendo
il discorso – il vostro educato, ma irremovibile, riserbo mi ha spinta a cercare
di conoscerne le cause. Non era mia intenzione mancarvi di rispetto, Oscar,
dovete credermi.
Il silenzio, disturbato soltanto dal frusciare delle foglie sugli alberi,
tornò ad avvolgere le due donne, l’una di fronte all’altra, assorte ciascuna nei
propri pensieri.
Andrew rimase in attesa, augurandosi che l’animo nobile di Oscar comprendesse
e perdonasse il suo discutibile comportamento.
L’ammirazione ed il rispetto per il colonnello De Jarjayes erano genuini e si
rammaricava che il suo puerile proposito rischiasse di troncare sul nascere un
sentimento che, se non proprio di amicizia, si poteva definire di cordiale
affinità.
Si aspettava il rimprovero di William, che più volte aveva cercato di
dissuaderla da una condotta così poco onesta, mentre era piuttosto incerta sulla
decisione di Oscar.
Osservò, non senza apprensione, il volto serio del comandante De Jarjayes,
ponendosi nella condizione di accettare, in ogni caso, la conseguenza delle sue
menzogne.
- Ritengo che il vostro rammarico sia sincero – affermò Oscar, decidendo di
interrompere il silenzio – quanto alle cause della mia riservatezza, non credete
di avere osato troppo? Avreste dovuto confidare nella sincerità e dirimere i
vostri dubbi alla luce del sole.
- Le vostre parole confermano la stoltezza del mio agire, comandante. Siete
così austera che avvicinarvi è assai arduo. Avete mostrato emozioni diverse
dalla educata cortesia solo quando vi ho provocato, fingendomi un uomo – azzardò
- voi temete sentimenti che ritenete inconciliabili con il vostro rigore
militare.
- Mi accusate forse di mancanza di sincerità? – chiese Oscar, dominando
l’irritazione crescente.
- No, affatto, madamigella.
- Siete stata molto abile, non vi è alcun dubbio. Ma ditemi, il mio riserbo
era tanto fastidioso per voi da indurvi a mentire?
- Oscar, voi siete un ottimo comandante. Nonostante la rigida ottemperanza
dei doveri di soldato, la vostra generosità traspare dai più piccoli gesti
quotidiani. Tuttavia, vi sforzate di celare i vostri sentimenti – si risolse a
rivelare – sareste un soldato altrettanto zelante, anche riconoscendo il vostro
essere donna. Perché volete continuare a negarlo? Non credete di rinunciare ad
una parte di voi stessa, in questo modo?
Oscar si lasciò sfuggire un sorriso ironico. Comprese il significato del
discorso di Andrew, ancor prima che lei lo terminasse.
Raccolse con noncuranza la spada del colonnello inglese e ne studiò lo
sguardo prima di rispondere.
- Avete colto l’inquietudine che mi tormenta da tempo, pur non conoscendomi
affatto – ammise - presumete anche di sapere quali saranno le mie decisioni in merito? –
concluse contrariata.
- Vi prego di perdonare la mia insolenza, madamigella Oscar. Non intendevo in
alcun modo offendervi e non affronterò più tale argomento, se esso vi arreca
dispiacere – replicò accigliata.
- State tranquilla Andrew, non ho alcuna intenzione di fuggire da me stessa –
dichiarò e, sorridendo, le porse la spada.
Il colonnello inglese trasalì sentendosi chiamare per nome. Sorrise a sua
volta ed afferrando l’arma, intuì che in quel semplice gesto era racchiuso il
perdono di Oscar.
***
Le note si librarono nell’aria fresca della sera alleviando la pena del suo
animo.
Le dita scorrevano leggere ed agili sulla tastiera, mentre il suono
famigliare del pianoforte contribuiva a rilassarla.
Non udì il lieve bussare alla porta.
L’uomo rimase immobile per qualche secondo sulla porta prima di entrare.
Mosse qualche passo e posò un vassoio sul tavolino accanto al pianoforte.
Stupita, smise di suonare.
- Scusami Oscar, non volevo disturbarti. Mia nonna ha insistito affinché ti
portassi del cioccolato – si giustificò pacato.
- Non mi disturbi affatto André. Dopo il mio scambio di opinioni con il
colonnello Stewart, mi sono recata in caserma e tu eri già uscito in servizio di
pattugliamento. Sono semplicemente sorpresa di trovarti a casa. Credevo che ti
saresti fermato con Alain e gli altri soldati della guardia – si sentì in dovere
di precisare.
Il giovane la fissò serio.
- Non sto fuggendo da te, Oscar – si limitò a dire, consapevole del fatto che
non era più entrato in quella stanza dalla sera in cui l’aveva aggredita.
Confuso dai ricordi, le sorrise dolcemente, prima di dirigersi verso la
porta.
- Aspetta André. Devo parlarti – gli intimò Oscar con fermezza.
Continua
Finalmente riesco ad aggiornare, dopo un periodo in cui il lavoro ha fatto la
parte del tiranno ^^ (per la verità è ancora così, ma mi sono aperta un "varco"
per scrivere il nuovo capitolo…).
Il mio regalo di Natale/Buon Anno giunge ahimè in ritardo, e neppure in tempo
per l’Epifania ….
A parte gli scherzi, spero abbiate trascorso Feste serene e spero che vi sia
piaciuto il nuovo capitolo.
E ora passiamo ai ringraziamenti ^^.
Ste: anch’io sono una fan di Oscar e Andrè, che non si vede? ^^. Spero di non
deludere le tue aspettative, e quanto alla maggiore velocità ….be’ farò del mio
meglio, ma gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo.
Giuly93: felice che ti piaccia la storia, spero che apprezzerai anche il
seguito.
Pucchetta90: mi fa piacere che tu ti sia figurata le scene come se fossi
stata davanti al televisore, un gradito complimento che non può che farmi
arrossire
Faffy86: grazie. Continuerò certamente fino all’epilogo ^^
Synnovea: il colonnello Stewart non era poi così terribile, no? Grazie per la
costante tua presenza. E attenzione, mai vorrei avere il rimorso di averti fatto
cadere dalla sedia ^^
Aurora: spero troverai interessante anche il seguito.
Leidia: ecco un nuovo capitolo… non troppo presto, ma comunque arrivato.
Nisi: felice di averti sorpreso con il colpo di scena. L’intento era proprio
quello di tenerlo nascosto fino al duello con André (un sospiro per
l’affascinante attendente è d’obbligo ^^). E grazie ancora per i
complimenti.
Francesca Akira89: già, anche Stewart è una donna ^^. Mi fa piacere che ti
piaccia la fanfic, e spero di accontentarti anche per il seguito.
Inoltre, ringrazio anche le persone che mi hanno contattato per e-mail.
A presto
Oscar
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
capitolo 5
Capitolo 6
Si irrigidì all’udire il tono autoritario di Oscar. Sconcertato, si chiese se
lei fosse consapevole di aver usato le stesse parole di quando, impassibile e
risoluta, gli aveva comunicato la decisione di lasciare la Guardia Reale.
Strinse le labbra, ricordando con amarezza quello che, in seguito, era
accaduto tra loro.
Nel silenzio della stanza, la sua richiesta risuonava terribilmente
minacciosa. Comprese che non avrebbe retto il peso di un altro attacco verbale
del suo comandante.
- Oscar, non potresti comunicarmi gli ordini di servizio domani? – le chiese,
nel tentativo di sottrarsi al dialogo – è tardi e desidero coricarmi. Anche tu
dovresti riposare. Il generale Bouillé ti impone ritmi logoranti e suppongo che
tu sia molto stanca - proseguì, lasciando trasparire l’apprensione per il suo
stato di salute.
Oscar lo osservò, afflitta. Sarebbe mai riuscita a cancellare il dolore, che
lei stessa aveva causato, dal cuore di André?
Negli ultimi giorni, aveva evitato con diligente determinazione, di restare
sola con lui, confusa dal proprio comportamento.
I pensieri più segreti, che in parte gli aveva rivelato sotto l’effetto del
vino, continuavano a tormentarla. Non aveva più alcun dubbio sulla natura dei
propri sentimenti, ma si riteneva incapace di superare il muro di riserbo che,
con grande tenacia, aveva eretto tra loro.
Gli anni trascorsi a nascondere e soffocare le proprie debolezze, le
rendevano assai arduo sconfiggere la fredda impassibilità che si era
costruita.
Andrew le aveva rivelato, con sincero pentimento, di aver celato la propria
identità al solo scopo di provocarla, costringendola ad affrontare a viso aperto
la verità che, con lodevole fermezza, si rifiutava di riconoscere.
Vittima della rigida educazione e delle aspettative del padre, si sentiva
oppressa da un destino al quale confidava di non appartenere. Le sembrava, dopo
lunghe riflessioni, di essere tornata al punto di partenza.
Aveva fermato André, assecondando il desiderio improvviso di non voler
rimanere sola, ma ora lo fissava in silenzio, incapace di affrontarlo.
La voce dell’uomo si insinuò nella innegabile tensione creatasi tra loro.
- Buonanotte Oscar - disse asciutto.
Scosse il capo nervosa e, vincendo il proprio orgoglio, mosse un passo verso
di lui.
- Non è mia intenzione affidarti disposizioni per i soldati – ammise con un
sospiro – ti fa molto male? – gli chiese, indicando il punto in cui Andrew lo
aveva colpito, nella speranza di stemperare l’opprimente nervosismo di cui si
sentiva ostaggio.
- No, non è nulla Oscar – rispose portandosi una mano sul livido
bluastro.
- Mi fa piacere, André – mormorò, incapace di trovare le parole per
raggiungere il suo cuore.
Il giovane la fissò a lungo, prima di dirigersi in silenzio, verso la
porta.
********
Ascoltò con attenzione le parole del proprio comandante, prima di replicare
con ironica cortesia.
- Presumo che sia superfluo esprimerti il mio biasimo, poiché sia André che
madamigella Oscar hanno già provveduto in tal senso, Andrew.
Il colonnello Stewart chinò il capo senza rispondere, accogliendo il
rimprovero di William in un silenzio colpevole.
- L’atteggiamento che hai adottato per realizzare i tuoi nobili propositi –
continuò - è alquanto deprecabile, non credi?
- Ti riterresti soddisfatto, se ti dicessi che avevi ragione? – gli chiese,
irritata.
- Puoi ritenerti fortunata. André è un uomo molto equilibrato e non avrebbe
mai aggredito una persona disarmata. Devi averlo esasperato non poco, per
indurlo a disattendere gli ordini del suo comandante – rispose severo – e,
nonostante le tue provocazioni, ha mantenuto un atteggiamento degno di un
gentiluomo, al contrario di te che hai completamente ignorato il tuo alto
lignaggio.
Andrew scosse il capo, nervosa.
- Mi rendo conto di avere sbagliato e sono profondamente mortificata. Provo
per il comandante De Jarjayes una sincera amicizia – ammise – e desideravo che
si aprisse alla vita, vincendo l’inquietudine che la tormenta.
- Andrew, a volte dovresti contenere la tua esuberanza. Madamigella Oscar è
una donna estremamente intelligente e non si lascerà ingannare, nel suo
giudizio, dal tuo infantile comportamento – asserì pacato – ma sarà lei sola a
decretare il proprio destino.
Andrew annuì impercettibilmente, riconoscendo la coerenza nelle parole di
William.
- Spesso dimentichi di aver ricevuto un’educazione, in verità piuttosto
insolita per una fanciulla, che ti ha permesso di scegliere, senza alcuna
imposizione, il tuo futuro – le ricordò l’uomo.
- L’indulgenza della mia famiglia non mi ha impedito, tuttavia, di trovarmi
in forte contrasto con mio padre – mormorò pensierosa, stringendo le labbra.
William la fissò, serio.
- Ho ritirato una lettera per te da Parigi. E’ di tuo padre – disse laconico,
porgendole l’involucro bianco.
Andrew non nascose la sorpresa. Da quando aveva lasciato l’Inghilterra, poco
più di un anno prima, per visitare le più importanti Corti europee, non aveva
avuto più alcun contatto con lui. Solo sua madre le scriveva regolarmente e con
diplomatica gentilezza le offriva notizie del padre.
Ruppe il sigillo di ceralacca con mano tremante e si accostò al lume per
leggere. William si avvicinò alla finestra, scrutandola in silenzio.
Il carattere equilibrato, arricchito da una gioiosa visione della vita,
rendevano Andrew una persona estremamente affascinante.
Non aveva approvato il suo modo di agire nei confronti di Oscar, ma la
conosceva sufficientemente bene da sapere che era pentita.
Un sorriso luminoso le comparve sulle labbra, mentre posava la lettera sul
tavolino. William ne ammirò lo sguardo limpido ed attese. Era consapevole che
Andrew non gli avrebbe taciuto nulla.
- Il perdono di mio padre – mormorò semplicemente, sollevando una mano sul
volto.
Asciugò, con un gesto composto, le lacrime di gioia – sono felice che abbia
compreso – proseguì avvicinandosi a lui – torniamo a casa.
Senza aggiungere altro, si abbandonò nel caldo abbraccio di William che,
chinandosi su di lei, le sfiorò le labbra in un tenero bacio.
*********
André non desidero che tu te ne vada – lo richiamò, con un filo di voce.
- E’ un ordine Oscar? – le chiese ironico.
- No – sospirò – sai benissimo che non lo è. Non costringermi a ripeterlo, ti
prego. Potresti non considerarmi il tuo comandante in questo momento ed essere
semplicemente te stesso? - farfugliò, infine, turbata.
- Ti stai prendendo gioco di me, Oscar? – sbottò.
- Il tuo comportamento verso il colonnello Stewart mi ha colto di sorpresa –
esordì incerta.
- Che cosa vorresti insinuare? – le chiese con diffidenza.
Si avvicinò a lui, cercando di dominare il nervosismo - non ti vedevo così
adirato da quando… - tacque all’improvviso, senza riuscire a concludere la
frase.
- Dall’ultima volta che sono entrato in questa stanza – terminò André con
amarezza.
Entrambi erano consapevoli che quel lontano episodio aveva inevitabilmente
alterato il loro rapporto, allontanandoli l’uno dall’altra fino a creare un muro
di silenziose e colpevoli incomprensioni.
- Se avessi sospettato che il colonnello Stewart mi stesse deliberatamente
provocando – riprese André - non mi sarei lasciato trascinare dalla collera.
Oscar sgranò gli occhi per la sorpresa.
- Mi stai dicendo che se tu avessi intuito la verità, non avresti raccolto la
sua sfida? – gli chiese, reprimendo l’ira che sentiva nascere in lei.
André la scrutò, perplesso. Era evidente che Oscar cercava di dominare la
battaglia che ardeva in lei.
- Se avessi saputo che è una donna? E’ questo che intendi dire? – intervenne
infastidito - non è questa la ragione Oscar, e tu dovresti saperlo – affermò,
stringendo i pugni - mi sarei rifiutato solo se non fosse stata abile con la
spada.
- Credevi, forse, che io fossi incapace di difendermi da sola? – lo incalzò,
nel tentativo di resistere ad una capitolazione che le appariva
ineluttabile.
Le labbra di André assunsero una piega ironica – non adirarti, Oscar. Nessuno
mette in dubbio le tue valenti doti militari. Avresti vinto anche senza il mio
aiuto. Ammetto di essere intervenuto esclusivamente in preda ad una folle
gelosia – disse, fissandola negli occhi chiari – ma ti assicuro che non accadrà
più – terminò afflitto.
Oscar deglutì a fatica, rendendosi conto di averlo ferito ancora una volta.
Le era chiaro che André avrebbe rispettato la sua decisione, pur non
condividendone le motivazioni.
- Scusami, André – farfugliò, muovendosi con passo nervoso nella stanza.
L’irritazione svanì nel momento stesso in cui lei chinò il capo, affranta.
Dedusse, dall’atteggiamento inquieto, che Oscar aveva ingaggiato l’ennesimo
conflitto contro se stessa.
Dopo aver trascorso una vita intera a mostrarsi impassibile, confidargli i
propri sentimenti doveva richiederle uno sforzo non indifferente ma, senza alcun
dubbio, aveva deciso di affrontare i propri fantasmi.
Al momento, gli era impossibile, pur muovendosi con cautela, supporne
l’esito.
- Che cosa c’è Oscar? – la incoraggiò dolcemente, riconoscendo, ancora una
volta, che non sarebbe mai riuscito a fuggire da lei.
- Vorrei chiederti scusa, André. Non merito la tua comprensione.
L’inflessibile severità con cui ho replicato al tuo comportamento non ha
giustificazioni. Ti ho inflitto un esilio dal mio cuore che tu certamente non
meritavi – riuscì ad ammettere con fatica – e non so come esprimere il mio
rammarico per il dolore che ti ho consapevolmente causato, se non implorando il
tuo perdono.
André la ascoltò, nascondendo il tumulto che lo agitava, dietro un sorriso
comprensivo.
- Oscar non essere così severa con te stessa – mormorò dolcemente – io non
potrei mai odiarti.
- Il tuo carattere, all’apparenza tranquillo, ma in realtà così determinato,
è la fonte della mia forza – gli rivelò -non mi ero resa conto, fino ad ora,
quanto la tua presenza fosse rassicurante per me.
André la ammirò in silenzio. L’impegno di Oscar di superare il muro di
impassibilità eretto negli anni era evidente e ne apprezzò le intenzioni.
- Le tue considerazioni sono influenzate dal chiarimento con il colonnello
Stewart? – le chiese pacato.
Oscar si incupì.
- La collera iniziale, avvertita nello scoprire che Andrew è una donna, è
scomparsa nel momento in cui ho riflettuto sulle tue parole. Il colonnello
Stewart non mi ha rivelato nulla che già non sapessi – ammise – tuttavia, più di
una volta, ho desiderato possedere la sua serenità d’animo – confessò
apertamente.
André sorrise. La battaglia stava volgendo al termine. Oscar accettava il
confronto con lui senza lasciarsi trascinare da una rabbia cieca né cercare di
fuggire come aveva fatto in passato.
- Siete semplicemente diverse – intervenne – il riserbo non ti impedisce di
essere leale e generosa ed il radicato senso del dovere non diminuisce il tuo
fascino.
- Mi sei rimasto accanto, nonostante il mio rifiuto – mormorò dolcemente – ed
il senso di colpa mi tormenta ancora oggi. Ho lasciato che soffrissi in
silenzio, ignorando i tuoi sentimenti.
Si accomodò di nuovo davanti al pianoforte accarezzandone i tasti. Sembrava
che cercasse le parole per continuare la propria confessione, consapevole di non
poter tornare indietro.
- Spesso mi sono chiesta se i miei tormenti nascano dall’educazione
tipicamente maschile che ho ricevuto – ammise in un sussurro.
- Sei un ottimo soldato Oscar ed anche una bellissima donna, ma ti rifiuti di
accettarlo - la incalzò.
- André, non ti biasimo se sei in collera con me. Ho calpestato i tuoi
sentimenti per oltre vent’anni – sospirò, costringendosi a proseguire – sono
confusa e mi tormento da quando tu ... – si interruppe, fissandolo inquieta.
- Da quando ti aggredii in questa stessa stanza, confessandoti di amarti? –
concluse Andrè.
Un pudico rossore le imporporò le gote, mentre annuiva in silenzio.
- Non mi resi conto di averti esasperato. Desideravo vivere come un uomo e
come un soldato e ti allontanai da me pensando che fuggire fosse la soluzione
migliore. Ti dissi che non avevo più bisogno di te, inconsapevole di mentire.
Solo ora comprendo il dolore al quale ti ho condannato con le mie sprezzanti
parole – gli confessò, mortificata.
- Nemmeno se lo volessi, potrei cancellare ciò che è racchiuso nel mio cuore,
Oscar. I sentimenti che nutro per te mi hanno procurato dolore, è vero - replicò
André – ma non ci è concesso scegliere chi amare. Nonostante il tuo rifiuto non
potevo allontanarmi da te, perché io sono e rimarrò la tua ombra, Oscar – le
confessò ancora una volta.
Oscar sospirò, cercando di controllare le emozioni contrastanti che
albergavano nel suo animo.
- Devo farmi perdonare molto più di quanto immaginassi – riconobbe,
incerta.
La tensione le sembrava insopportabile, ma non sarebbe fuggita questa
volta.
- Voglio essere un soldato – affermò pacata.
Fissò lo sguardo smeraldo divenire improvvisamente cupo. Si avvicinò a lui e
gli strinse una mano tra le sue.
– Desidero continuare a comandare i soldati della Guardia – affermò, di
nuovo, con convinzione – e voglio essere una donna – aggiunse, sorridendo
timidamente – io ti amo, André – confessò, infine, in un sussurro, sentendosi
finalmente libera di assaporare quel sentimento a lungo taciuto e negato che,
fluendo il lei con prorompente vigore, le aveva donato una forza nuova e
sconosciuta.
Si abbandonò tra le braccia di André e, lasciandosi guidare dal cuore,
rispose al suo bacio appassionato.
Continua
Aggiornato finalmente! Devo dire che rispetto alla 1° versione, questa è
diventata praticamente una nuova ff, poiché ho radicalmente modificato sia i
contenuti che la trama e la sto riscrivendo da capo.
Amando così tanto l’anime, ho inserito "frasi celebri" o richiami ad esse qua e là anche in
questo capitolo ^__^.
Purtroppo sono oberata di impegni e non riesco nemmeno a programmare il tempo
da dedicare alla ff. Portate pazienza, arriverò alla fine, anche se non so
quando…
Ed ora i ringraziamenti.
IceWarrior: ^^ analisi centrata! Effettivamente è proprio ciò che volevo
ottenere nel confronto tra le due donne. Felice che ti sia piaciuto.
Frakkis: grazie per i complimenti e…sì il nick è proprio legato ad Oscar che
adoro (non si era capito, no?)
Synnovea: spero che il capitolo sia di tuo gradimento. Grazie per essere
sempre presente.
Faffy86: già, Andrew ha cercato di provocare Oscar, chissà cosa le riserverà
il futuro? Seguito arrivato ^^
Leidia: felice che ti sia piaciuto il capitolo. Spero che tu abbia apprezzato
anche questo.
Aurora: non sia mai! Niente speranze abbandonate. La finirò, non so in quanto
tempo ma lo farò di certo! Intanto grazie.
Nisi: che dire ad una grande conoscitrice di LO se non grazie? Le tue
recensioni mi fanno sempre piacere, ma questo lo sai già ^^
Ste: spero di aver calmato l’impazienza. Mi spiace che tu stia in ansia per i
capitoli che tardano ad arrivare, ma, allo stato attuale, questo è il meglio che
posso dare in termini di tempo… la finirò, certamente.,.
Valentina: rossa come un peperone per la tua recensione (magari mi chiamassi
Ikeda!!), mi fa piacere che apprezzi i miei "sforzi", spero che la ff continui a
piacerti, inoltre ne approfitto per ringraziarti anche per la recensione di
"Ricordi" e ti rispondo dicendo che "no, non conosco Witch".
Cara: stessa risposta che ho dato sopra. Finirò sicuramente la ff, ma non
posso prevedere quando. Lavoro e famiglia mi impegnano molto ed ogni tanto mi
ritaglio il tempo per scrivere, ma senza alcuna previsione…
Rossella: grazie mille. Sono contenta che ti sia piaciuta. Spero apprezzerai
anche il seguito.
Grazie di nuovo ^^
Oscar
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
capitolo 5
Capitolo 7
La pioggia battente colpiva la vetrata frangendosi in rivoli che ostacolavano
la vista sulla piazza d’armi deserta. Il cielo plumbeo del tardo pomeriggio di
primavera suggeriva che il temporale non si sarebbe placato tanto presto.
Mosse qualche passo, inquieta, prima di tornare ad esaminare i documenti che
il generale Bouillé le aveva consegnato quella mattina.
- Confido nella vostra capacità militare colonnello De Jarjayes – aveva
affermato conciso dopo averle affidato il delicato compito di garantire la
sicurezza e l’incolumità dei rappresentati degli Stati Generali.
Si volse di nuovo, udendo lo scalpiccío nervoso dei cavalli sul selciato. I
suoi soldati, partiti ancor prima dell’alba, stavano rientrando, esausti, in
caserma.
Assecondando il proprio desiderio, cercò con lo sguardo una figura in
particolare.
Il cuore accelerò i battiti ed un lieve rossore le imporporò le guance nel
momento in cui i suoi occhi si posarono su di André.
Anche in lontananza poteva scorgerne i lineamenti del volto, segnati da una
profonda stanchezza.
Confortata dal suo rientro, si sforzò di dominare il sorriso di gioia che
conferiva al volto una nuova luminosità.
Represse l’impulso di precipitarsi nella piazza d’armi annullando la distanza
che la separava da lui, e, obbedendo al rigore militare, si impose di adempiere
ai propri doveri di comandante.
Sospirò mordendosi un labbro, nel tentativo di riacquistare padronanza di
sé.
Nonostante il rigido controllo che si era imposta, il ricordo della notte
precedente aveva continuato ad insinuarsi nella mente per l’intera giornata,
costringendola ad ostentare una calma esteriore che era ben lontana dal provare.
Solo ad uno sguardo attento non sarebbe sfuggito l’impercettibile tremore
delle labbra e la dolcezza nascosta nelle limpide iridi azzurre.
Abituata a reprimere le emozioni, celandole dietro ad una cortese ma
impassibile riservatezza, stentava a credere di possedere un’indole appassionata
e sensuale che l’aveva spinta a rispondere, con ardore crescente, ai baci di
André.
Sconfiggendo il naturale riserbo, si era abbandonata ad emozioni tanto
sconosciute quanto coinvolgenti e,donando il proprio cuore ad André, aveva compreso, per la prima volta, il
pieno significato dell’amore.
Lo aveva amato con tutta se stessa, finché la notte, testimone silenziosa dei
loro sospiri, aveva raccolto e custodito con cura i suoi sogni più preziosi.
Sospirò impaziente e, fissando di nuovo il proprio volto riflesso nel vetro
della finestra, riconobbe, finalmente, se stessa.
Chiuse gli occhi assaporando le emozioni che, con inflessibile tenacia, aveva
cercato respingere per tutta una vita.
Sussultò udendo bussare alla porta. Si irrigidì, sforzandosi di riacquistare
una parvenza di pacata severità.
- Avanti – disse risoluta, allontanandosi lentamente dalla finestra.
Sgranò gli occhi, sorpresa, fissando il soldato appena entrato.
- André – mormorò emozionata.
Posando gli occhi sull’uniforme inzuppata di pioggia, si lasciò sfuggire un
timido sorriso.
L’uomo sorrise a sua volta.
- Scusami Oscar, sto bagnando il pavimento, ma desideravo vederti prima di
recarmi negli alloggi dei soldati a cambiarmi d’abito – le spiegò dolcemente –
pensavo di accompagnarti a casa – concluse osservandola avvicinarsi.
- Devo recarmi a Versailles, André. Sua Maestà Maria Antonietta mi ha
convocato – replicò tranquilla – pertanto rientrerò a casa solo in tarda
serata.
La ammirò in silenzio e, notando il lieve nervosismo che la turbava,
considerò che stesse lottando contro emozioni contrastanti.
- Allora ti scorterò alla Reggia – asserì, infine, con tono deciso.
- No, André – lo interruppe con veemenza – sei esausto e vorrei che ti
riposassi – continuò, addolcendo il tono della voce.
Il giovane chinò il capo – bene, farò come desideri, Oscar.
Sospirò inquieta, consapevole di non essere riuscita a comportarsi con la
naturalezza che, in realtà, sentiva nell’animo. Mosse qualche passo e,
combattendo contro l’indomita riservatezza, sollevò una mano per accarezzargli i
capelli ancora umidi.
- André, io … - farfugliò, incapace di proseguire.
Un sorriso comprensivo comparve sulle labbra dell’uomo – non temere che io
possa fraintendere, Oscar – intervenne – il tempo degli equivoci è finito. Il
riserbo è un aspetto del tuo carattere ed io saprò aspettare – asserì e,
stringendola a sé, la baciò con impeto.
Il contatto con le labbra di André riaccese la passione ed in lei
riaffiorarono, nitidi, i ricordi della notte precedente.
Chiuse gli occhi e, sollevando le mani, gli accarezzò la nuca. Lasciò che la
felicità si insinuasse nell’animo e rispose al bacio con pari ardore.
André si allontanò a malincuore.
– Mi dispiace Oscar, sei così bella che non ho potuto trattenermi.
Lei arrossì, annuendo in silenzio.
- Farei meglio ad andare a riposarmi – sbuffò, passandosi una mano tra i
capelli.
- André io desidero davvero aprirti il mio cuore – si costrinse a
confessare.
- Ma tu lo hai già fatto Oscar – le disse con un sorriso, osservandone
l’espressione sorpresa – il dolce e pudico impeto con il quale ti sei donata a
me ieri notte è la prova del tuo amore sincero. A volte i gesti svelano i
pensieri molto di più delle parole.
Si lasciò sfuggire un sospiro e tornò a fissare la pioggia battente oltre la
finestra. L’intuito e la paziente attesa di André erano fonte di emozioni
contrastanti.
La serenità d’animo che manifestava, rappresentava, senza alcun dubbio, la
sua forza. Si rivolgeva a lei con una naturalezza ed un’intimità tali da far
presumere che lei fosse la sua compagna da sempre.
Ammirava, in André, la capacità di esprimere i propri sentimenti e di
perseguire il proprio destino senza alcun condizionamento esterno.
- C’è qualcosa che non va, Oscar?
La voce calma di André interruppe il corso dei suoi pensieri. Lo fissò,
amareggiata.
- Mi sento in colpa André – ammise – ora che ho scoperto di amarti, mi rendo
conto del dolore, racchiuso nei tuoi terribili silenzi, che ti ho inflitto con
il mio atteggiamento di freddo distacco – termicò con rammarico.
L’uomo sorrise, abbracciandola con dolcezza.
- Se in te non ardesse perennemente questa battaglia, non saresti la Oscar
della quale mi innamorai oltre vent’anni fa – le sussurrò – ti amo, mio fiero e
generoso comandante – le disse, rinnovando la promessa della notte precedente.
- Ho trascorso troppo tempo a lottare contro me stessa. Se avessi ascoltato
il mio cuore, avrei trovato molto tempo fa risposta che ora mi rende libera di
essere una donna ed un soldato – confessò, allontanandosi da lui con un
sospiro.
Lo fissò, sentendo il rossore salirle alla guance e si perse nello sguardo
smeraldo di palese ammirazione.
Sapeva di amarlo con ogni fibra del proprio essere. Sorrise timidamente
sentendosi una persona completa.
- Non mi hai svegliato questa mattina – gli disse in un sussurro, rompendo
all’improvviso il silenzio calato tra loro.
André sorrise, accarezzandole il viso – sono uscito prima dell’alba per il
turno di pattugliamento. Dormivi così profondamente che ho ritenuto opportuno
lasciarti riposare.
L’immagine dei loro corpi abbracciati le tornò alla mente, inducendola ad
abbassare lo sguardo.
- Allora ti rivedrò questa sera a casa – concluse, incapace di celare
l’imbarazzo.
- Agli ordini, mio comandante – replicò André posandole un tenero bacio sulla
mano. Si voltò un’ultima volta per farle il saluto militare e si impresse nella
mente il volto felice e sorridente di Oscar.
continua
Ce l’ho fatta ad aggiornare! In super ritardo, rispetto alla tabella di
marcia. Purtroppo problemi di salute, ora risolti, mi hanno obbligata a restare
lontano dal web, e di conseguenza dall’aggiornamento della ff, per mesi.
A presto
Oscar
Synnovea: era ora che Oscar rivelasse i propri sentimenti, no? … troppo
complicata la ragazza…. ^__-
Aurora: mai perdere le speranze… prima o poi arriveremo in fondo.
Leidia: sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo, speriamo avrai gradito
anche questo.
Nisi: Grazie. Terrò a mente il tuo suggerimento. In verità, i dialoghi sono
volutamente formali, perché era mia intenzione far trasparire dalle loro frasi
la paura lasciarsi andare di Oscar ed il timore di un altro rifiuto di André.
Proverò a far meglio le prossime volte ^__^.
Anonima86: felice che ti piaccia.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
capitolo 5
Capitolo 8
Il sorriso sincero di Maria Antonietta la accolse mentre si trovava ancora
sulla soglia degli appartamenti privati della regina.
- Madamigella Oscar, che gioia rivedervi. E’ così raro che vi presentiate a
Corte, ormai – esclamò con una nota di malinconia nella voce.
- Maestà, gli impegni in qualità di comandante della Guardia Metropolitana mi
costringono lontano da Versailles – mentì, chinando il capo in segno di
saluto.
- Conosco la vostra dedizione al lavoro, madamigella. A Parigi i tumulti
infuriano sempre più numerosi e presumo che siate alquanto occupata a garantire
l’ordine cittadino. L’agitazione popolare sta assumendo dimensioni preoccupanti
– affermò inquieta – e sono convinta che sia necessario intervenire con
decisione per sedare le rivolte ed assicurare i sobillatori alla giustizia.
Oscar non rispose, limitandosi a fissare la regina senza lasciare trapelare
alcuna emozione dal limpido sguardo azzurro.
Non ricevendo alcuna risposta, Maria Antonietta ritenne appropriato cambiare
argomento.
- Sapete Oscar, il vostro ospite, il colonnello Stewart, mi ha comunicato che
tra breve lascerà Parigi per tornare in Patria.
- Sì, Maestà, ne sono a conoscenza - replicò Oscar con un lieve sospiro,
ricordando la conversazione mattutina, durante la quale Andrew l’aveva informata
dell’intenzione di partire entro qualche giorno – mi trovo a Versailles con lo
scopo di accompagnare il colonnello Stewart a palazzo Jarjayes – concluse
laconica.
Si inchinò, accingendosi a lasciare gli appartamenti reali.
- Aspettate Oscar – la fermò Maria Antonietta senza cercare di nascondere
l’ansia dipinta sul volto – se i tumulti dovessero degenerare, voi mi
difenderete?
Il biondo comandante osservò in silenzio la figura aggraziata della regina di
Francia, mentre nel proprio animo la consapevolezza delle disperate condizioni
di vita dei ceti più poveri assumeva un peso insopportabile.
- Maestà, io ho da tempo lasciato la Guardia Reale - mormorò tristemente –
tra un paio di settimane si riuniranno gli Stati Generali ed il mio reggimento
sarà impegnato a garantire la sicurezza dei deputati – precisò con calma,
ponendo, di fatto, fine alla conversazione.
Fissò indulgente lo sguardo rassegnato della regina e, trattenendo le
lacrime, chinò di nuovo il capo. Il lieve sorriso che Maria Antonietta le
indirizzò celava malamente il presagio di un addio.
Si congedò, consapevole che la distanza tra loro non si sarebbe più colmata.
I passi che, decisi, risuonavano lungo il corridoio, accompagnavano il sordo
rumore della pioggia che, incessante, colpiva le ampie vetrate.
Si fermò, riconoscendo in lontananza la figura esile ed elegante del
colonnello Stewart.
Al ricordo del loro primo incontro, un lieve sorriso le aleggiò sulle labbra.
Si chiese come poteva averla scambiata per un uomo: ad un esame attento non
sarebbero sfuggiti i lineamenti delicati e l’eleganza del portamento, tipici di
una donna.
Erano trascorsi diversi mesi da allora e lei aveva imparato ad apprezzare le
doti del comandante inglese.
- Sono sorpresa di vedervi a Versailles, madamigella Oscar – esordì Andrew e,
senza nascondere la gioia, le sorrise apertamente.
- Sono qui per scortarvi a palazzo Jarjayes, se lo desiderate – le spiegò,
ricambiando il sorriso.
- Ne sono onorata, colonnello.
Camminarono fianco a fianco per qualche minuto prima che Andrew si decidesse
a rompere il silenzio calato tra loro.
- Madamigella Oscar desidero ringraziarvi per la cortese ospitalità che avete
accordato a me e a Wiliam.
- Mi auguro che voi non lasciate la mia dimora per quanto accaduto tra noi,
Andrew – confessò amareggiata – ne sarei veramente mortificata.
Il colonnello inglese scrutò con palese curiosità gli occhi azzurri di Oscar,
prima di rassicurarla.
- Siete generosa, Oscar. So che mi avete perdonato – dichiarò con convinzione
– e vorrei di nuovo scusarmi per il mio deplorevole comportamento. Lascio la
Francia semplicemente perché è giunto il tempo, per me, di tornare dalla mia
famiglia. Mio padre mi attende e credo che dovrò scusarmi anche con lui –
concluse seriamente.
Oscar la osservò senza nascondere un moto di sincera sorpresa.
- Suppongo che sia opportuno fornirvi qualche spiegazione, comandante –
proseguì Andrew – come sapete ho ricevuto un’educazione piuttosto insolita ed
alquanto liberale, soprattutto da mio padre. Egli intendeva semplicemente
consentirmi di familiarizzare con l’uso delle armi e fu con gioia che apprese la
mia decisione di intraprendere la carriera militare. Avvezza ad esprimere i miei
pensieri con sincerità, rimasi molto turbata dalla sua collera quando gli
confessai di essermi innamorata di un soldato del mio reggimento – ammise con
lucidità.
Oscar fissò Andrew in silenzio, ammirata dalla disarmante capacità del
colonnello di manifestare i propri sentimenti.
- Mio padre si adirò minacciando di diseredarmi – continuò pacata – ed io
decisi di allontanarmi da lui per qualche tempo. Gli dissi che non potevo
rinnegare gli ideali in cui lui stesso aveva sempre creduto e che sarei tornata
solo quando avremmo potuto ritrovare il nostro autentico legame. Il tempo ha
eseguito, con eccellente maestria, il proprio compito e mio padre ha finalmente
accettato i miei sentimenti per William – concluse con un sorriso.
Il silenzio tornò a pervadere il corridoio stranamente deserto, mentre Oscar
si chiedeva quali altre sorprese le avrebbe riservato la sua ospite.
- Sono felice per voi – si limitò, infine, a dire.
- Vi vedo turbata Oscar. Ho forse detto qualcosa di sconveniente che vi ha
urtata? – le domandò con sollecita cortesia.
- Perdonatemi se vi ho dato questa impressione, madamigella Andrew. In realtà
sono sinceramente sorpresa dalla franchezza con la quale descrivete i vostri
stati d’animo. E’ una delle tante doti che ammiro in voi – ammise con
convinzione.
- Siete riservata Oscar. E’ evidente che tentate di celare le emozioni nel
profondo del vostro cuore, ma ciò non vi impedisce certo di viverle – asserì il
colonnello inglese.
Oscar la osservò con serenità, senza replicare.
- Scusatemi ancora una volta comandante, non intendevo certo mancarvi di
rispetto – si affrettò ad aggiungere Andrew, interpretando il suo silenzio come
un rimprovero.
- Non sono affatto offesa. Riflettevo semplicemente sulle parole che avete
pronunciato - spiegò con calma - e concordo con voi: trovo oltremodo arduo
liberarmi dalle catene della riservatezza e, anche se miei tentativi possono
sembrare goffi agli occhi altrui, provo davvero il desiderio di considerarvi più
di una semplice conoscenza. Sono certa che saprò essere una buona amica per voi,
se lo desiderate.
- Non chiedo di meglio, madamigella – affermò Andrew con entusiasmo.
*****
Oscar ed Andrew si scambiarono solo qualche parola durante la cena. Sui
lunghi intervalli di silenzio gravava un’atmosfera irreale che, forse, poteva
definirsi rimpianto.
Lamentando una fastidiosa emicrania lasciò il salone, congedandosi con un
breve cenno del capo.
Solo il tremulo chiarore di una lampada, posta a lato dell’elegante letto a
baldacchino, illuminava la stanza. Osservò la propria immagine riflessa nello
specchio senza poterne catturare la profondità dello sguardo.
Sospirò, cercando di allontanare l’inconsueta sensazione di essere
prigioniera di un ineluttabile destino.
Esaminò, con puntigliosa attenzione, l’uniforme tanto amata che, fino a quel
momento, aveva rappresentato una barriera al suo essere donna, nel tentativo di
risolvere il sottile dubbio che andava insinuandosi nella mente.
Un lieve bussare alla porta la ricondusse a più concreti pensieri.
- Avanti – mormorò, emozionata.
Un sorriso sincero le illuminò il volto mentre incrociava lo sguardo attento
di André.
- Ti aspettavo – gli disse con tono impaziente.
– Non sono riuscito a liberarmi prima: mia nonna mi ha affidato un’infinità
di incombenze – replicò avvicinandosi.
La strinse tra le braccia e si chinò ad assaporare le sue labbra con un bacio
avido ed esigente.
- Mi sei mancata – le sussurrò infine.
Oscar sorrise di nuovo e, con deliberata lentezza, gli accarezzò il viso -
anche tu mi sei mancato – ammise.
Si allontanò da lui, si volse verso l’ampia vetrata e si fermò a fissare il
cielo scuro della notte.
- Il colonnello Stewart tornerà in Inghilterra – riferì in tono asciutto ––
si amano – aggiunse, poi, bruscamente.
Scrutò André, disorientata, chiedendosi quale nesso logico avesse la frase
appena pronunciata.
- Lo avevo intuito – replicò l’uomo con un sorriso, ignorando il turbamento
di Oscar.
- Sembra che tu intuisca sempre ogni cosa – mormorò senza stupirsi.
- Già. Come sapevo che avresti ricambiato i miei sentimenti, un giorno –
affermò senza alcuna ironia.
Osservò il volto delicato della sua compagna, perdendosi nel profondo sguardo
azzurro.
- Che cosa c’è, Oscar? – la invitò, pensieroso.
- Sono di nobili origini, è vero, ma ho compreso, non senza sofferenza, le
misere condizioni di vita in cui versano i ceti più poveri – esordì – e dalla
assemblea degli Stati Generali mi auspico la nascita di una nuova Francia. Il
compito di garantire la sicurezza dei deputati è molto delicato e desidero
assolverlo nel migliore dei modi. Voglio conciliare il mio ruolo di comandante
con l’amore che nutro per te, André.
- Oscar lo stai già facendo – la incoraggiò – e non comprendo la tua
preoccupazione. So di far parte della tua vita e ti resterò accanto qualunque
cosa tu decida.
Lei lo fissò assorta.
- Non posso dire a mio padre di noi, non ora… – ammise improvvisamente.
- Non giustificarti, Oscar – intervenne André - immagino che tu sia giunta a
questa conclusione dopo lungo riflettere. Non sono offeso, se è questo che temi.
La tua decisione non sminuisce di certo l’amore che proviamo l’uno per
l’altra.
- Per troppo tempo ti ho taciuto i sentimenti che racchiudo nel cuore e non
voglio più farlo. Non ti ho mai considerato un servo, ma se confessassi a mio
padre che vorrei diventare tua moglie, sono certa che mi rinnegherebbe come
figlia - gli disse, esternando i propri timori – ed io sarei costretta ad
abbandonare la carriera militare e con essa il comando dei soldati della
Guardia. Non ho paura di rinunciare al mio titolo nobiliare, ma voglio portare a
termine l’incarico che mi è stato affidato.
- Oscar, io sarò al tuo fianco, come sempre – le confermò – inoltre… hai
detto che desideri essere mia moglie…– la punzecchiò, cambiando argomento per
stemperare la tensione.
- Sì, lo desidero – confermò semplicemente e, perdendosi nello sguardo
smeraldo che la contemplava con palese ammirazione, arrossì commossa.
- Sarai mia moglie Oscar François De Jarjayes. Ci sposeremo non appena
l’assemblea degli Stati Generali avrà posto le basi di un futuro migliore – le
giurò risoluto.
La prese tra le braccia e, chinandosi su di lei, suggellò la promessa con un
bacio appassionato.
continua
Wow, ce l’ho fatta ad aggiornare dopo mesi di latitanza. Impegnata in altre
"faccende" (bellissime per carità!) riesco solo ora mettere on line il capitolo.
Buona lettura.
Ringrazio tutte le persone che hanno lasciato una recensione Frakkis,
Synnovea, Eli 73, ishizu, Faffy86, leidia, ciozi, cara, TITTA e anche coloro che
l’hanno letta e spero continueranno a farlo.
Non me ne vogliate, ma un grazie speciale va a Nisi: carissima, sai che i
tuoi suggerimenti sono sempre ben accetti visto che sei bravissima a scrivere e
mi piace moltissimo il tuo stile.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
capitolo 5
Capitolo 9
Posò la tazza di cioccolato fumante, che Nanny le aveva preparato con premura
non appena l’aveva vista rincasare, sul prezioso vassoio d’argento e tornò a
rimirare il cielo infuocato dal bagliore rossastro del sole al tramonto.
Si sfilò lentamente la giacca dell’uniforme e si passò una mano sulla fronte
rovente. L’indolenza del gesto tradì la profonda stanchezza che da diversi
giorni non le dava tregua.
Sapeva di non poter rinviare ulteriormente una visita dal dottor Lasonne,
anche se l’inappetenza, i violenti e ripetuti attacchi di tosse e le insistenti
febbri notturne erano sintomi sufficienti a dare un nome alla terribile malattia
che l’aveva colpita.
Rimase immobile fino a quando l’ultimo raggio di sole scomparve dietro
l’orizzonte.
Chiuse gli occhi massaggiandosi le tempie dolenti e, sospirando, decise di
recarsi in camera per riposarsi brevemente prima di cena.
Sorseggiò un poco di cioccolato, sperando che la bevanda calda addolcisse
l’amarezza dei suoi pensieri.
Preoccupata, posò con calma la tazza sul tavolino, raccolse la giacca e si
accinse a lasciare il salone. Sollevò lo sguardo e non nascose la sorpresa nel
vedere Andrew ritta sulla soglia.
- Buonasera, madamigella Oscar.
- Buonasera, Andrew. Siete qui da molto? – si informò, premurosa.
Il comandante inglese annuì.
- Eravate così assorta che temevo di disturbarvi – si scusò.
- Non mi disturbate affatto, Andrew, ormai dovreste saperlo – replicò Oscar,
sforzandosi di sorridere nonostante il dolore martellante al capo.
- Vi ho osservato con attenzione e mi sembrate piuttosto affaticata – le
confidò inquieta.
Gli occhi chiari tradirono il timore crescente che Oscar, faticosamente,
cercava di reprimere.
- In effetti lo sono – ammise, infine.
- Immagino che desideriate riposarvi, comandante. Vi lascio sola – disse con
garbo, prima di incamminarsi lungo il corridoio.
Una voce gentile ma risoluta la costrinse a fermarsi.
- Perdonate la franchezza, ma quando avete intenzione di partire?
Andrew si volse e, meravigliata, fissò il colonnello Jarjayes senza
replicare.
Un lieve sorriso illuminò il volto stanco di Oscar.
- Non fraintendetemi, non voglio certo bandirvi dalla mia dimora. Desidero
accompagnarvi fin fuori città, ma se la vostra partenza avverrà dopo l’apertura
degli Stati Generali, sarà impossibile per me allontanarmi da Parigi – le spiegò
concisa.
- Siete cortese e generosa, madamigella – asserì Andrew, fissandone lo
sguardo profondo – in verità, sono affascinata dalla vostra dedizione al compito
affidatovi - aggiunse con rispetto.
- Colonnello Stewart non comprendo il significato delle vostre parole – la
interruppe Oscar, incuriosita dall’insolita affermazione.
- Siete nobile – si spiegò Andrew – ma vi sta a cuore la convocazione di
un’assemblea dalla quale potrebbero scaturire rivendicazioni rilevanti da parte
del Terzo Stato. Se ciò accadesse, non temete di perdere i privilegi legati al
vostro alto rango?
- Non ho mai pensato alla convocazione degli Stati Generali in questi termini
– dichiarò con determinazione - credo che sia essenziale non negare le misere
condizioni di vita del popolo e mi auspico che i rappresentanti dei tre Ordini
possano dare nuova linfa ad una Nazione stanca.
- Ammiro la vostra lealtà verso la Francia, Oscar. Io sono fuggita dai doveri
di comandante dell’esercito inglese per inseguire la felicità personale –
riconobbe Andrew con rammarico – mentre voi, pur appartenendo all’aristocrazia,
sostenete un evento che potrebbe privarvi di parte dei vostri privilegi. Il
senso di giustizia e l’amore per il vostro Paese vi fanno onore, Oscar.
– L’ultima convocazione da parte del re degli Stati Generali risale al 1614.
E’ comprensibile, in questo contesto, auspicarsi l’attuazione di riforme a
favore del popolo – affermò semplicemente.
- Desidero rinviare la mia partenza ed assistere insieme a voi a questo
evento messianico, Oscar – confessò, Andrew.
- Come volete, colonnello. Mi fa piacere se restate.
- Nonostante l’atteggiamento di apparente impassibilità, la passione per ciò
che amate brucia dentro di voi come un fuoco incontenibile – azzardò Andrew.
Oscar le sorrise senza replicare e la salutò con un cenno del capo prima di
allontanarsi.
L’andatura elegante e cadenzata contrastava con il turbinio di pensieri che
le stava sconvolgendo la mente.
- Siete felice, Oscar?
La domanda improvvisa di Andrew la costrinse a fermarsi.
Posò lo sguardo enigmatico sulla propria ospite, soppesando le parole appena
udite. Un lieve sospiro le uscì dalle labbra socchiuse.
- Madamigella Oscar, la cena sarà servita tra breve.
Udendo la voce del maggiordomo alle sue spalle, si volse con calma ed
annuì.
- Sarà presente anche il generale Jarjayes – continuò l’uomo.
- Molto bene – gli rispose, congedandolo.
Rivolse nuovamente un cenno di saluto al colonnello inglese e si allontanò
con passo deciso.
****
Il silenzio li avvolgeva da diversi minuti. André attese, rimirando la
straordinaria bellezza della sua compagna, nonostante la luce biancastra della
luna ne accentuasse il pallore del volto.
Avvertiva, con indubbia chiarezza, l’inquietudine di Oscar, attribuendone le
cause alla profonda stanchezza che condivideva con i suoi soldati ed alla ferrea
volontà di assolvere, in modo ineccepibile, l’incarico affidatole.
Si avvicinò a lei e decise, infine, di rompere il silenzio.
- Domani avrà luogo la cerimonia di apertura – esordì, attirandola a sé –
cosa ti turba Oscar?
- Credi che la famiglia reale avvallerà le decisioni che i rappresentanti dei
tre Ordini prenderanno nel corso dell’assemblea? – gli chiese, tradendo il
proprio nervosismo.
- Se così non fosse, Sua Maestà il re non avrebbe convocato gli Stati
Generali, non credi Oscar?
- Mi auguro che tu sia nel giusto André, perché, diversamente, non posso
prevedere per quanto tempo ancora saremo in grado di sedare i tafferugli senza
ricorrere all’uso delle armi – dichiarò preoccupata.
- Oscar, le tue azioni in qualità di comandante sono ineccepibili. Sii più
indulgente con te stessa – le sussurrò dolcemente.
- Andrè?
- Sì?
- La tensione crescente tra il popolo e la famiglia reale mi preoccupa non
poco ed il timore che possa accadere qualcosa di irreparabile mi impedisce di
amarti come meriteresti e come io stessa vorrei – confessò con rammarico – se mi
fossi resa conto prima dei miei sentimenti, avremmo potuto vivere momenti di
amore intenso e travolgente, liberi dal giogo di questa drammatica
situazione.
André sollevò una mano e la posò sulle sue labbra, costringendola, con
dolcezza, a tacere.
Ne scrutò a fondo lo sguardo limpido e le sorrise.
- Oscar, ricordi il nostro patto? – le rammentò - nessun rimpianto…
Ammirò la forza d’animo di André, riconoscendo quanto la sua presenza le
fosse indispensabile.
- Sono felice che tu mi sia accanto – sospirò – hai sempre saputo lenire
l’inquietudine e la severità della mia indole.
Annuì, accarezzandole i capelli.
Era consapevole che Oscar aveva mantenuto sua la promessa: senza più alcun
imbarazzo, gli aveva aperto il cuore, permettendogli di conoscere pienamente il
temperamento appassionato che ella celava dietro l’austero contegno militare.
- Nonostante il rigido controllo che ti imponi, il tuo sguardo freme d’ira
ogni volta che la giustizia viene calpestata – le disse con fervore – e mentre
la tua voce impartisce, risoluta, gli ordini di servizio, nel tuo atteggiamento
si legge il rispetto per i tuoi soldati. Sei tu, Oscar, generosa ed inquieta,
severa ed indulgente, la donna che amo e, quando siamo insieme, in ogni tuo
gesto io vedo l’amore che provi per me. Pertanto, niente rimpianti – le ricordò
di nuovo.
Felice, si abbandonò nell’abbraccio impetuoso di André, mentre lacrime di
gioia le scendevano copiose sulle gote.
- Cosa c’è Oscar?
- Ti amo – gli disse semplicemente e lo attirò a sé, cercandone le labbra con
le sue.
****
L’incedere risoluto, contrastava con l’intensa stanchezza che sembrava non
concederle più tregua.
Per l’ennesima volta passò in rassegna i soldati schierati a protezione della
sala dell’Assemblea e si fermò davanti all’ingresso, fissando dubbiosa il
portale chiuso.
Al di là di quella soglia, i rappresentati dei tre Ordini continuavano a
dibattere, da oltre un mese, questioni secondarie, senza peraltro raggiungere
alcun accordo.
La richiesta del Terzo Stato di discutere delle riforme politiche tanto
attese dal popolo, incontrava la ferrea opposizione del Clero e della Nobiltà,
che temevano di perdere il potere ed i privilegi che la Corona aveva loro
concesso.
L’evidente difficoltà in cui si trovava l’Assemblea degli Stati Generali
unitamente al rincaro dei prezzi ed alla carenza di cibo avevano generato un
aumento notevole dei tafferugli, con i quali i parigini dimostravano la loro
frustrazione.
Oscar nascose la propria delusione, concentrandosi sui doveri di
comandante.
- Alain, prendi il comando della tua squadra – gli comunicò decisa, devo
rientrare a palazzo Jarjayes.
- Sì, comandante. Ma che cosa sta succedendo dentro quella sala? – chiese,
impaziente.
- Niente. Non trovano l’accordo – rispose laconica.
- Il popolo è esasperato – continuò Alain – non subirà passivamente ulteriori
perdite di tempo prezioso da parte della Nobiltà e del Clero.
Oscar fissò il proprio soldato, condividendone, in silenzio, l’affermazione e
mosse qualche passo per celare la crescente preoccupazione.
- Il nostro compito è proteggere i rappresentati dei tre Ordini – dichiarò,
infine, con decisione, dirigendosi verso il proprio cavallo.
Cercò André con lo sguardo e lo salutò con un lieve cenno del capo.
I turni massacranti ai quali erano sottoposti i soldati della Guardia, lo
costringevano a fermarsi in caserma per riposarsi, impedendogli di accompagnarla
a casa.
Sapeva, ormai da tempo, di amare André perdutamente ed il desiderio di
condividere il futuro con lui era divenuto incalzante, ma altrettanto basilari
erano le allarmanti condizioni in cui versava la Francia.
Il timore di ricevere l’ordine di sedare le rivolte con ogni mezzo era più
che fondato, ma l’atto di imbracciare le armi contro il popolo era assolutamente
inconciliabile con l’amore per un uomo che, di fatto, apparteneva ad esso.
Scosse la testa, convinta che la famiglia reale mai avrebbe puntato le armi
contro i francesi.
Sospirò e salì a cavallo. Passandosi una mano sulla fronte di nuovo rovente,
si chiese per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a tener fede agli ordini
ricevuti.
La pioggia incessante, che le scendeva in rivoli copiosi lungo il volto,
contribuiva a pregiudicare il suo già debilitato stato di salute.
Il dottor Lasonne, consultato qualche giorno prima, era stato molto chiaro al
riguardo. Senza nascondere l’angoscia, le aveva comunicato, con gli occhi velati
di lacrime, ciò che lei già conosceva: la tubercolosi, se non si fosse
adeguatamente curata, le avrebbe concesso, al massimo, sei mesi di vita.
Strinse le labbra e lanciò il cavallo al galoppo, consapevole che il destino
non le avrebbe consentito, ancora a lungo, di rinviare la sua scelta.
****
Andrew sospirò inquieta, accomodandosi pigramente su una elegante poltrona
del salottino di palazzo Jarjayes.
Strinse tra le mani il calice colmo di ottimo vino francese, osservando
distrattamente l’arredamento sobrio ma raffinato della stanza.
Dopo la cerimonia di apertura degli Stati Generali, Oscar rincasava ogni sera
piuttosto tardi e quasi sempre da sola.
Recandosi frequentemente presso la sala dell’Assemblea, aveva potuto ammirare
l’efficiente competenza militare di Oscar e comprendere la particolare
attenzione con la quale ella seguiva il procedere dei lavori.
Si alzò in piedi, gettando un’occhiata insofferente al cielo scuro della
notte.
Le conversazioni serali con lei erano divenute una gradevole consuetudine ed
anche quella sera attendeva impaziente che rincasasse.
Aveva piacevolmente notato come il riserbo di Oscar si fosse gradualmente
mitigato, svelando la natura amabile ed appassionata del suo carattere.
Nonostante la lotta interiore tra la donna ed il soldato fosse terminata con
la vittoria di entrambi, il suo sguardo era, però, velato da un’ombra
malinconica, sulla cui causa Andrew nutriva più di un dubbio.
Un terribile sospetto si era insinuato nella mente, ma mai lo avrebbe
confidato ad Oscar, temendo di dispiacerle.
Era certa, ormai, che il legame cordiale che le univa, si fosse trasformato
in sincera amicizia.
Udendo dei passi alle spalle, si voltò rincuorata.
- Buonasera, comandante. Vi aspettavo – la salutò.
Il sorriso amichevole si spense, mentre osservava il volto accigliato di
Oscar.
- E’ accaduto qualcosa di grave? - si informò, tradendo un sincero
turbamento.
- Oggi, durante la seduta reale, Sua Maestà il re, con un atteggiamento
sprezzante e minaccioso, ha ordinato l’annullamento delle decisioni prese
dall’Assemblea, la riunione dei tre Ordini in sale separate ed il voto per
Ordine e non per deputato – le spiegò freddamente – in caso di inadempimento,
gli Stati Generali verranno sciolti – concluse adirata.
- E’ molto grave, Oscar?
- Sono certa che le imposizioni reali fomenteranno la rabbia popolare. Dovete
partire Andrew – le disse risoluta – potrei non essere in grado di garantire la
vostra incolumità, se il popolo dovesse ribellarsi.
- E voi che cosa farete, Oscar?
- Io adempirò al mio dovere – rispose, laconica.
- Quale sarà il vostro dovere? – la aggredì Andrew, irritata – difenderete la
Corona oppure impedirete che le decisioni dell’Assemblea vengano calpestate?
Oscar sbuffò, infastidita dal tono insistente del comandante inglese.
- Sua Maestà il re non punterà le armi contro il suo stesso popolo – mormorò
più rivolta a se stessa che ad Andrew.
- Io vi ammiro, Oscar. Per gli ideali in cui credete, siete perfino disposta
a dare la vostra vita.
Stupita, scrutò il colonnello Stewart, senza replicare.
- Perdonatemi, avevo giurato a me stessa che non ne avrei fatto parola con
voi, ma non posso più tacere – confessò, senza trattenere le lacrime – siete
pallida e dovreste riposarvi. Voi non state bene, Oscar.
- Ma cosa dite Andrew? Io sto benissimo! – esclamò turbata
Il colonnello inglese sospirò.
- Non nascondetemi la verità, Oscar. Ho perduto molte persone care a causa
della terribile malattia che vi ha colpita. Dovete curarvi – le disse di nuovo –
lasciate la Francia e partite con me. Vi supplico – la implorò sconfortata.
- Non posso farlo – mormorò Oscar chinando il capo – perdonatemi, ma si è
fatto tardi. Vi auguro buonanotte, Andrew – concluse tristemente.
Si incamminò lentamente lungo il corridoio cercando di controllare il battito
disperato del proprio cuore.
- Oscar! Giuratemi che vaglierete la mia proposta – gridò l’inglese.
Un sorriso malinconico le incurvò le labbra mentre fissava gli occhi, colmi
di lacrime, di Andrew.
- Lo farò – le promise con affetto.
Accolse con sollievo l’alba, tentando di cancellare la notte agitata ed
insonne.
Indossò l’uniforme, evitando di soffermarsi sulle parole di Andrew.
Scendendo per l’imponente scalone incrociò lo sguardo determinato del
colonnello inglese che, immobile, davanti all’ingresso del palazzo, sembrava
intenzionata a fronteggiarla ancora una volta.
Infastidita dalla premurosa ostinazione di Andrew, accelerò il passo, decisa
ad evitare un’altra discussione sul proprio stato di salute.
- Madamigella Oscar!
La voce affannata di Nanny costrinse i due comandanti a desistere dai loro
propositi.
- Che cosa c’è? – le chiese Oscar – perché sei così agitata?
La nonna di André trasse un profondo respiro, prima di parlare.
- Un soldato del generale Bouillé ha portato questa per voi, madamigella –
disse, consegnandole una lettera.
Oscar aprì la missiva con mano frenetica e ne lesse velocemente il
contenuto.
- Devo recarmi immediatamente al Comando Generale – dichiarò, rabbuiandosi.
- Vi accompagno – affermò Andrew con decisione.
Oscar annuì impercettibilmente e si allontanò con passo deciso, dirigendosi
verso le stalle.
Il generale Bouillè, scortato da una cerchia di soldati fidati, assunse
un’espressione grave non appena vide il colonnello Jarjayes entrare al
Comando.
- Vi ho convocato perché ho degli ordini per voi, comandante – esordì con
freddezza, posando lo sguardo attento sul soldato che accompagnava Oscar –
voglio che il reggimento dei vostri soldati della Guardia indossi
l’equipaggiamento da combattimento e si rechi alla sala dell’Assemblea per
allontanare tutti gli occupanti.
Oscar strinse i pugni, tradendo un profondo nervosismo. Andrew ne osservò lo
sguardo fiero, allarmata dalla tensione che percepiva in lei.
- Siete autorizzato ad agire con il massimo rigore contro chi si oppone –
continuò il generale – potete anche fare ricorso alle armi. E’ chiaro
comandante?
- Cosa? Dovrei sparare e uccidere! – gridò Oscar, in preda all’ira – E’
questo quello che volete dire signor generale? Io dovrei puntare le armi contro
i rappresentanti del popolo?
- Che cosa dite comandante Oscar! – tuonò minaccioso il generale Bouillé –
non sono più rappresentanti del popolo. E’ solo gente che ha tradito Sua Maestà
il re – precisò adirato – che cosa state aspettando? Recatevi subito dai vostri
uomini e fate ciò che vi è stato ordinato.
- Non posso farlo – si rifiutò, irremovibile.
- La vostra insubordinazione non mi lascia scelta. Affronterete il tribunale
militare – dichiarò risoluto.
Oscar sollevò il mento in segno di sfida, dimostrando di non temere le
conseguenze della sua ribellione.
- Non rivolgetevi al colonnello Jarjayes con quel tono! – intervenne, Andrew.
- Chi siete? Non siete stato autorizzato a parlare.
- Andrew Philip Stewart, comandante della Guardia Reale inglese – pronunciò
con tono tagliente.
- Non vi è consentito restare qui. Non ho tempo da perdere con un ufficiale
inglese che vaga per i salotti francesi invece di servire il proprio Paese –
gridò infastidito.
Pur comprendendo di agire irrazionalmente, Andrew sguainò la spada e la puntò
al petto del generale Bouillé.
- Ritirate ciò che avete detto – gli intimò in preda ad una rabbia furiosa e
ferita nell’orgoglio.
- Come osate? I miei soldati sono armati, non uscirete vivo da qui se tentate
di uccidermi – minacciò il militare francese.
- Esigo le vostre scuse, generale – sottolineò di nuovo Andrew.
Un paio di soldati si avventarono sul colonnello inglese e con un gesto
fulmineo la gettarono a terra, disarmandola.
- Lasciate andare il comandante Stewart – gridò Oscar – non ha commesso alcun
reato.
- Ha oltraggiato un generale di Sua Maestà il re di Francia e questo è più
che sufficiente per essere giudicato colpevole – dichiarò Bouillé – arrestatelo
e rinchiudetelo nella prigione dell’Abbazia – concluse rivolgendosi ai propri
soldati.
Oscar sgranò gli occhi stupita.
- Ma è un carcere militare. Il colonnello Stewart è un cittadino straniero.
Non potete imprigionarlo – si oppose con veemenza.
- Comandante Jarjayes non ho chiesto il vostro parere.
Rimase in silenzio, mentre osservava i soldati scortare Andrew fuori dalla
stanza.
Fissò il proprio comandante con gelido distacco e soffocò l’istinto rabbioso
che la spingeva ad aggredirlo.
Consapevole di dover agire con razionalità per impedire che Andrew venisse
condannata, attese, apparentemente imperturbabile, la decisione di Bouillé.
- Il generale Jarjayes è un mio caro amico, pertanto fingerò di non aver
udito le vostre parole. Vi ho convocato qui per darvi un ordine – dichiarò
nuovamente, ignorando quanto appena accaduto – voi dovete ubbidire senza
discutere, comandante – intimò con violenza – andate e fate quanto vi ho
detto.
- Sì, signor generale – rispose Oscar impassibile.
Fece il saluto militare ed uscì.
continua
Eccomi qua con un altro capitolo. Questa volta ho aggiornato relativamente in
fretta, trovando il tempo… va be’ lo dico, ehm .. lo scrivo.. tra un biberon e
l’altro e una favola e l’altra perché ho due bimbe, una di 4 mesi ed una di
quasi 4 anni, per cui mi risulta assai difficile programmare quando e quanto
dedicarmi alla scrittura (non cito il lavoro, ma ci sarebbe anche quello…ed
anche un marito che, con santa pazienza, arriva sempre per ultimo)
Ed ora ringraziamenti:
Anomima86: niente preoccupazione, non lascerò in sospeso la storia,
semplicemente non posso programmare quando aggiornarla.
Nisi: carissima tutto ok. Concordo con te su Oscar ed Andrew: hai proprio
centrato il fatto dell’amicizia. Su di André non dico nulla perché è un
personaggio che adoro, ma questo si era capito, no?
Little Lady Oscar: grazie per i complimenti. Spero ti sia piaciuto anche
questo capitolo.
Valentina78: grazie anche a te. Spero continui a piacerti.
Eli ’73: di nuovo grazie. Felice che ti sia piaciuto.
Marpy: ti ringrazio per i complimenti e… nemmeno io amo particolarmente
Fersen, che ci vuoi fare… sono di parte anch’io!
Un’ultima cosa: ho usato diverse frasi tratte dall’anime. Sarà uno scherzo
per chi lo conosce, trovarle. ^__^
Ancora un grazie.
Al prossimo aggiornamento
Oscar
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10
I soldati erano già schierati nella piazza d’armi quando Oscar giunse in
caserma. Il respiro ansante ed il collo bagnato di sudore del suo destriero
indicavano che doveva averlo lanciato al galoppo per un lungo tratto.
Scese da cavallo con disinvoltura e si diresse risoluta verso i propri
uomini.
Una lieve brezza le scompigliò i capelli, resi ancora più biondi dalla luce
biancastra del sole mattutino, accentuando l’aristocratica bellezza del
viso.
André la seguì con lo sguardo, ammirandone l’incedere elegante.
Mentre si avvicinava, notò l’espressione cupa di Oscar e si costrinse a
ripercorrere mentalmente gli avvenimenti del giorno precedente, nel tentativo di
individuarne la causa.
La notizia delle disposizioni impartite dal sovrano si era diffusa con
sconcertante rapidità, suscitando un insidioso smarrimento nel popolo.
In un silenzio denso di tensione, Oscar ed i suoi soldati avevano assistito
all’uscita dalla sala dell’Assemblea dei rappresentanti del Clero e della
Nobiltà. Al contrario, i deputati del Terzo Stato erano rimasti all’interno,
rifiutandosi energicamente di abbandonare i lavori.
Aveva osservato con attenzione Oscar ordinare impassibile il rientro in
caserma per la notte, ma era certo che ella celasse, nel proprio animo, una
profonda preoccupazione.
L’aveva raggiunta in ufficio, impossibilitato, ancora una volta, a rincasare
con lei.
- I soldati sono molto preoccupati – aveva esordito con tono inquieto.
- Lo sono anch’io – aveva ammesso con sincerità – l’intransigenza di Sua
Maestà il re mi ha colto di sorpresa.
- I deputati del Terzo Stato si sono rifiutati di eseguire un ordine del
sovrano. Sai che cosa significa, Oscar?
Lei aveva annuito.
- Rischiano di essere accusati di tradimento ed il popolo potrebbe reagire
con violenza se questa eventualità dovesse accadere – aveva asserito, camminando
nervosamente per la stanza – adesso raggiungi i tuoi compagni, devi riposarti
André. Io rientrerò a casa ed inviterò Andrew a lasciare la Francia – aveva
concluso, fermandosi a fissare la piazza d’armi deserta.
L’oscurità della notte contribuiva ad intensificare il silenzio minaccioso
che gravava sull’intera caserma.
Mentre ammirava il bellissimo volto della donna amata, aveva colto un lampo
di malinconia adombrarle lo sguardo.
- Oscar, che cosa mi stai nascondendo? – le aveva sussurrato dolcemente,
avvicinandosi.
Lei si era voltata e con un sospiro aveva appoggiato la fronte sul suo petto.
Senza parlare, l’aveva stretta a sé nel tentativo di infonderle il conforto
di cui aveva bisogno.
- Sono solo molto stanca, André.
Non convinto dalle sue parole, avrebbe desiderato cancellare quel dolore
sordo che le leggeva negli occhi limpidi e costringerla a confessare ciò che,
con tanta determinazione, ella si premurava di nascondergli.
- Va bene, Oscar – aveva mormorato, infine, dominando l’impulso di insistere
– ne riparleremo un’altra volta.
Si era chinato su di lei, sfiorandole le labbra con dolcezza prima di uscire,
lasciandola sola.
Il tono risoluto che avvertì nella voce di Oscar lo riscosse dai propri
pensieri.
- Soldati della Guardia vi comunico che gli ordini sono cambiati.
Contrariamente a quanto disposto ieri, rimarrete consegnati nei vostri alloggi
per l’intera giornata – stabilì, categorica.
I soldati si fissarono stupiti.
- Ma … - esordì Alain – i deputati del Terzo Stato si trovano ancora
all’interno della sala.
- Non è compito vostro preoccuparvi per loro – dichiarò Oscar, accennando ad
andarsene.
- Comandante!
- Che cosa c’è Alain? – sbottò contrariata.
- I rappresentanti del popolo hanno deliberatamente ignorato gli ordini del
sovrano – esordì – pertanto potrebbero essere considerati dei traditori. In tal
caso, dovremmo allontanarli con la forza? – le chiese turbato.
- Tranquillizzatevi: nessuno vi chiederà di intervenire facendo uso delle
armi. In qualità di vostro comandante mi assumo ogni responsabilità in merito -
confermò decisa, incrociando lo sguardo attento di Alain - adesso tornate nei
vostri alloggi – aggiunse, ammorbidendo il tono della voce.
Sì, signore – pronunciarono in coro i soldati.
Li osservò rompere le righe prima di dirigersi verso il proprio ufficio.
Scosse il capo, arrendendosi all’evidenza di quanto accaduto. Riconobbe,
irritata, che l’ordine perentorio del generale Bouillé non le consentiva alcuna
alternativa.
Colpì il tavolo con un pugno, vinta da una opprimente sensazione di
impotenza.
Udendo un lieve bussare, volse lo sguardo verso la porta.
- Avanti – disse, tentando di ricomporsi.
Fissò, con sollievo, l’uomo appena entrato.
- Ti aspettavo André.
- Sembri molto tesa, Oscar – asserì senza alcun indugio - l’ordine che hai
appena impartito è piuttosto insolito e del tutto inopportuno, soprattutto alla
luce di quanto accaduto ieri, a meno che – proseguì, avvicinandosi a lei – il
tuo scopo sia quello di tutelare i tuoi soldati da una situazione lesiva per
loro.
Un sorriso amaro si dipinse sulle labbra di Oscar.
- Andrew è stata rinchiusa nel carcere militare dell’Abbazia, accusata di
aver oltraggiato il generale Bouillé.
- Che cosa? – si meravigliò, scuotendo il capo.
- Dobbiamo liberarla, André! – esclamò, determinata.
- Calmati, Oscar. Tuo padre è un buon amico del generale Bouillé e sono
convito che possa intercedere positivamente per il colonnello Stewart. Perché
non ne parli con lui? – le suggerì osservandone, perplesso, il volto serio.
Oscar scosse il capo.
- Non posso coinvolgere mio padre. Andrew è intervenuta in mia difesa dopo la
minaccia del generale Bouillé di deferirmi al tribunale militare. Ho ricevuto
l’ordine di disperdere i rappresentanti del popolo anche ricorrendo all’uso
delle armi… – gli spiegò, accigliata.
- …e ti sei rifiutata di obbedire – terminò André, comprendendo, finalmente,
l’origine del tormento di Oscar.
- Andrew ha agito prima che potessi fermarla – si giustificò.
- E così vorresti liberare il colonnello Stewart ed ignorare gli ordini di
Sua Maestà il re – affermò più rivolto a se stesso che ad Oscar – per questo
motivo hai ordinato ai soldati di rimanere nelle camerate? – le chiese, infine,
fissandola negli occhi.
Il comandante Jarjayes annuì.
- Adesso mi è tutto chiaro – disse con palese ammirazione – in questo modo i
tuoi uomini non potranno essere accusati di insubordinazione.
- André, mi aiuterai? Non abbiamo molto tempo prima che il generale Bouillé
venga informato della mia defezione.
- Oscar, sei consapevole delle conseguenze? – le chiese, prendendole il volto
tra le mani – guardami, ti prego!
Sollevò lo sguardo ed annuì ancora una volta.
- Sarai accusata di tradimento – affermò senza nascondere una profonda
inquietudine.
- Sì, lo so André, ma non abbiamo alternative – sussurrò tristemente – non
voglio dare l’ordine di aprire il fuoco contro persone disarmate – mi aiuterai?
– gli chiese di nuovo, stringendosi a lui.
- Lo farò, Oscar – le promise, abbracciandola con impeto – sai che lo
farò!
***
L’aria, impregnata del fumo acre delle torce e dall’umidità che, fetida,
risaliva dal pavimento delle segrete, era quasi irrespirabile.
I soldati del generale Bouillé l’avevano rinchiusa, senza tanti complimenti,
in quella cella maleodorante e, ridendo sguaiatamente, le avevano augurato una
buona permanenza.
In piedi da ore, mosse qualche passo per sgranchire le gambe dolenti. Gettò
un’altra occhiata al pagliericcio sudicio e scosse il capo, sconsolata.
Un brivido di raccapriccio le corse lungo la schiena quando si accorse che un
grosso ratto le si era avvicinato ai piedi. Nauseata, lo colpì con un calcio,
maledicendo la propria impulsività.
Si rammaricò, per l’ennesima volta, di non avere taciuto.
Pur consapevole che Oscar sarebbe stata in grado di difendersi da sola, era
intervenuta repentinamente, provocando le ire del più importante generale di
Francia.
Lungo il tragitto che la conduceva alla prigione, si era resa conto della
grave imprudenza che aveva commesso ed ora, privata della libertà, sentì
crescere in lei un terribile senso di angoscia.
Pensò a William ed al viaggio di ritorno in Inghilterra che avevano
programmato insieme.
Tentò di calmarsi, consapevole di dover ritrovare, ad ogni costo, un
ragionevole autocontrollo per affrontare il tribunale militare.
Il rumore secco del chiavistello la costrinse a voltarsi. Trattenendo il
respiro, osservò la pesante porta di ferro aprirsi cigolando.
- Avete visite – le comunicò in tono asciutto il soldato di guardia.
Andrew sgranò gli occhi per la sorpresa.
- Oscar! Voi qui?
- Avete pochi minuti, comandante Jarjayes – le ricordò l’uomo prima di
lasciarle sole.
- Vi porterò fuori di qui, Andrew – pronunciò laconica, constatandone, con
sollievo, il buono stato di salute.
- Com’è possibile che vi abbiano lasciato entrare, Oscar? – chiese attonita,
Andrew.
- Il denaro può aprire molte porte, madamigella – ironizzò, mentre un lampo
sagace le illuminava lo sguardo.
Andrew chinò il capo, mortificata.
- Non posso permettere che vi accusino di avermi fatto fuggire.
- Non siete nella condizione di poter decidere Andrew, vi pare?
Si avvicinò alla porta socchiusa ed attese il rientro della guardia.
- Il tempo è scaduto, comandante. Devo pregarvi di uscire – la invitò con
deferenza.
Senza alcun preavviso, Oscar sferrò un colpo violento alla nuca del soldato
che, privo di conoscenza, stramazzò al suolo sotto lo sguardo esterrefatto di
Andrew.
Si accertò, con sollievo, che l’uomo fosse solamente svenuto. Gli sfilò la
giacca dell’uniforme e la tese al colonnello inglese.
- Indossatela – le ordinò con decisione – io sorveglierò il corridoio. Non
abbiamo molto tempo prima del cambio della guardia.
Andrew si allacciò gli ultimi bottoni della divisa ed uscì dalla cella.
Oscar la fissò in silenzio.
- Direi che può andare – approvò, infine – raccogliete i capelli sotto il
tricorno: una chioma bionda e lucente come la vostra non passerebbe inosservata
– aggiunse con ironia.
Salirono le ripide scale, guidate dalla luce fioca delle torce.
- Madamigella, non dovete rischiare la vita per me. Lasciatemi affrontare il
tribunale militare – la supplicò di nuovo, trattenendola per una braccio – non
mi perdonerei mai se voi doveste essere condannata.
Oscar rallentò il passo fino a fermarsi. Scrutò Andrew, ravvisando nelle
iridi azzurre un sincero timore. Un lieve sorriso le addolcì l’espressione seria
e concentrata.
- La vostra generosità mi lusinga – mormorò conciliante – ma non dovete
tormentarvi. Vi assicuro che l’aver causato la fuga dal carcere di un nobile
inglese sarà giudicato irrilevante se paragonato ad un’accusa di tradimento.
Andrew strinse le labbra, incapace di replicare.
- Immagino che abbiate intuito – proseguì – che ho disatteso gli ordini del
generale Bouillé. Mi rendo conto che il mio rifiuto sarà punito con il
deferimento al tribunale militare, ma non potevo agire diversamente. Desidero
che sappiate che avrei preso questa decisione anche senza il vostro intervento –
la rassicurò di nuovo.
Andrew annuì ma, nonostante le parole di Oscar, il senso di colpa non accennò
a diminuire. Decise di rimanere in silenzio, rispettando la volontà del
colonnello Jarjayes.
***
Non appena l’imponente cancello dell’ingresso si fu richiuso dietro di loro,
lanciarono i cavalli al galoppo.
Oscar trasse un sospiro di sollievo quando vide la carrozza ferma in un
vicolo poco distante.
Scese da cavallo, rivolgendo un largo sorriso a William.
- Vi ringrazio, madamigella Oscar – dichiarò l’uomo, riconoscente – confesso
che, quando André mi ha raccontato quanto accaduto, la vostra intenzione di
liberare Andrew mi è sembrata semplicemente folle. Mi dispiace di aver dubitato
delle vostre capacità, ma saperla richiusa in prigione mi ha disorientato – si
giustificò.
Oscar gli posò, con comprensione, una mano sulla spalla.
- Dovete partire immediatamente ed allontanarvi da Parigi – ordinò,
risoluta.
- Non è questo il modo in cui pensavo di salutarvi, madamigella Oscar – si
rammaricò il colonnello inglese - ma suppongo di non avere scelta.
Oscar le tese la mano, ma Andrew la ignorò, abbracciandola con impeto.
- Partite con noi, amica mia – le suggerì.
- Non posso, lo sapete – mormorò - la affido a te, William – aggiunse,
rivolgendosi al soldato.
- Vi ringrazio dal profondo del cuore, madamigella Oscar – dichiarò l’uomo,
annuendo.
Andrew le afferrò una mano e lasciò che le lacrime sgorgassero copiose sul
proprio volto.
- Non mi perdonerei mai di avervi lasciato qui, vi devo la vita, Oscar.
Partite con noi, vi prego – tentò un’ultima volta.
- Non solo sola – affermò, salendo a cavallo - non c’è più tempo. Addio,
Andrew.
Il comandante inglese ne osservò l’espressione serena e comprese il pieno
significato delle sue parole.
- Non mi arrenderò Oscar. Vi aspetterò in Inghilterra… voi ed Andrè – disse
di nuovo – dovete lasciare la Francia prima che le proteste sfocino in violente
rivolte. Sono certa che ci rivedremo – le gridò mentre la carrozza si
allontanava velocemente.
Oscar strinse le labbra, trattenendo brucianti lacrime di tristezza.
- André, torniamo in caserma.
Il colonnello Dagôut li accolse senza nascondere un’espressione terribilmente
grave.
- Vostro padre, il generale Jarjayes, vi ordina di tornare immediatamente a
casa, comandante – le riferì, preoccupato.
Scambiò uno sguardo di intesa con André, consapevole di ciò che avrebbe
dovuto affrontare.
- Andiamo – mormorò laconica, risalendo a cavallo.
continua
Questa volta sono riuscita ad aggiornare prima del previsto. ^_^
Valentina78: grazie dei complimenti. Mi impegno sempre al massimo e spero che
il risultato paghi la "fatica".
cosco: grazie anche a te. Spero che la storia continui a piacerti.
baui (con il nuovo nickname): mi fa piacere che l’amicizia tra Oscar ed
Andrew trovi il tuo consenso.
arorua78: grazie (sto arrossendo). Hai centrato quello che vorrei trasmettere
con il mio modo di scrivere. Effettivamente non amo le descrizioni troppo
lunghe.
Al prossimo aggiornamento
Oscar
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
capitolo 5
CAPITOLO 11
Le labbra serrate e lo sguardo gelido del generale Jarjayes mostravano
chiaramente che fremeva d’ira a stento trattenuta.
Oscar ignorò la poltrona che suo padre le aveva indicato e rimase in piedi.
Pur consapevole della grave colpa commessa, avvertiva nell’animo, una
profonda serenità, originata, senza alcun dubbio, dall’aver agito abbracciando
gli ideali di lealtà e di giustizia nei quali, da sempre, credeva.
Non avrebbe mai potuto impartire l’ordine di aprire il fuoco sui
rappresentanti del Terzo Stato, né permettere che una persona nobile d’animo
come il colonnello Stewart, la cui unica colpa consisteva, forse, in un eccesso
di generosità, affrontasse il tribunale militare.
Presumeva, non senza ironia, che i generali di Sua Maestà il re, riuniti al
suo cospetto, avessero violentemente protestato, reclamando una punizione severa
ed esemplare per il colonnello Oscar François de Jarjayes, reo di aver osato
sfidare la secolare autorità del sovrano.
Scrutò di nuovo il volto cupo di suo padre, rinfrancata dalla rassicurante
presenza di André alle sue spalle.
- André, lasciaci soli – ordinò il generale, rompendo il silenzio – che cosa
aspetti? – tuonò impaziente, notando che il giovane non accennava ad
allontanarsi.
- Gli ho chiesto io di accompagnarmi, padre – intervenne Oscar con tono
tranquillo, ma risoluto – e non desidero che se ne vada.
Il generale squadrò la figlia, cogliendo nello sguardo un lampo di sfida e,
sebbene adirato, ne apprezzò il coraggio.
- Hai organizzato la fuga di un prigioniero e deliberatamente ignorato un
ordine di Sua Maestà il re: con il tuo tradimento hai infangato il nome della
nostra famiglia. Siamo disonorati – la biasimò con veemenza.
- La soluzione è puntarsi una pistola alla tempia, ma non posso farlo –
dichiarò laconica.
- Stai forse tentando di provocare tuo padre, Oscar? – la accusò, in preda
all’ira - se hai qualcosa da dire ti ascolto. La colpa di cui ti sei macchiata è
grave, ma sei sempre mia figlia – concluse, senza nascondere un sincero
sconforto.
- Non posso morire adesso, vi scongiuro di perdonarmi – ribadì,
rattristandosi.
- Non posso perdonarti. Subirai le conseguenze del tuo assurdo gesto,
Oscar.
- Padre, consentitemi di affrontare il tribunale militare – lo supplicò,
pacata – ed accetterò qualunque punizione mi verrà inflitta. Non opponetevi a
questo mio desiderio, vi prego.
Padre e figlia si misurarono con lo sguardo, in un silenzio denso di
incertezza.
Entrambi percepivano la profonda tensione che, inesorabile e furtiva, stava
logorando il loro già fragile legame.
Il generale Jarjayes osservò con attenzione il volto impassibile di Oscar,
ravvisando in lei, per la prima volta, la ferrea determinazione a tenergli
testa.
Posò la mano sull’impugnatura della spada, oppresso da sentimenti
contrastanti.
Temeva, tormentandosi, che la malinconica fragilità che, troppo spesso ormai,
traspariva dal bellissimo volto di Oscar fosse cagionata dall’averle imposto un
destino assai diverso da quello delle sorelle.
Diviso fra l’amore paterno per quella figlia che aveva cresciuto come un uomo
e la cieca devozione alla famiglia reale, non riusciva a dirimere l’angosciante
conflitto interiore.
Scosse nervosamente il capo, richiamando alla mente il grave atto di
tradimento che ella aveva commesso nei confronti del sovrano.
- Il disonore non si cancella con un processo, ma solo con la morte! –
esclamò, infine, sguainando la spada.
Sollevò il braccio armato, trattenendo brucianti lacrime di dolore.
- Ti ucciderò chiedendo perdono a Dio, e poi ti seguirò – mormorò,
sconfitto.
- No. Non lo fate! – gridò André, avventandosi con forza sull’uomo.
- André, vattene!
- No, signor generale, non me ne vado! – lo sfidò di nuovo, contrastandolo
minaccioso.
Disorientato, lo fissò, stentando a riconoscere, in quello sguardo fiero e
determinato, l’attendente rispettoso e taciturno che da molti anni era al
servizio della sua famiglia.
Ne osservò l’atteggiamento impavido e, senza nascondere lo stupore, realizzò
che André non era più il ragazzo pacato che lui stesso aveva voluto al fianco di
sua figlia, ma un uomo determinato a proteggere, a qualsiasi costo, la donna
amata.
- Tu vorresti fuggire con Oscar, non è vero? – gli chiese, infine.
- Sì – confessò – ma lei desidera affrontare il tribunale militare. La sua
lealtà verso di voi è più forte del timore di una condanna. Vi prego, signor
generale, acconsentite alla sua richiesta.
- Taci, André – gli intimò, contrariato.
- Vi ergete a giudice senza darvi cura di comprendere l’animo di vostra
figlia – mormorò, chinando il capo.
- Basta, Andrè! – gridò il generale, indispettito - non posso più tollerare
il tuo atteggiamento insolente.
- Voi non ucciderete la donna che amo – si ostinò, deciso – badate, farò
qualunque cosa per difendere Oscar – lo avvertì, irremovibile.
Il generale Jarjayes lo squadrò con ostilità, rendendosi conto,
dall’espressione seria e risoluta, che non vi era alcuna menzogna nelle parole
di André.
Un improvviso rumore di zoccoli ruppe il minaccioso silenzio calato tra
loro.
- Aprite! - gridò una voce concitata - sono un messaggero di Sua Maestà.
Vengo da Versailles e ho un messaggio per Oscar François de Jarjayes.
Il generale rinfoderò lentamente la spada ed osservò, con un’espressione
vuota e spossata, l’uomo entrare nel palazzo.
- Colonnello Oscar François de Jarjayes siete invitata a recarvi
immediatamente a Versailles dove sarete ricevuta in udienza da Sua Maestà la
regina.
Il generale si avvicinò alla figlia e, trattenendola per un braccio, la
scrutò dubbioso.
- Andrò da sola, padre – dichiarò la giovane, intuendo i pensieri del
genitore.
- No, ti accompagno – affermò, contrariato dall’atteggiamento riluttante di
Oscar.
- Padre, credete forse che io possa fuggire? – gli chiese, sconcertata.
L’uomo scosse lentamente il capo, trasse un profondo respiro e cercò lo
sguardo limpido della figlia, bramando di leggervi il perdono per il suo folle
comportamento.
Oscar, immobile, fissò la mano del padre ancora posata sul braccio.
- No, so che non lo farai – sospirò, infine, il generale, lasciandola
andare.
In silenzio, incrociò lo sguardo di André e si lasciò sfuggire un sorriso
stanco.
- Ti ringrazio per avermi impedito di commettere una pazzia – mormorò
sommesso, prima di uscire a sua volta.
***
Si inchinò in segno di rispetto ed attese che la regina Maria Antonietta le
rivolgesse la parola.
- Madamigella Oscar, non vi ho convocato per biasimarvi – esordì, pacata – ma
per annunciarvi che non verrà preso alcun provvedimento nei vostri confronti. Mi
auspico soltanto, da parte vostra, una maggiore lealtà verso la famiglia
reale.
Stupita, Oscar sollevò lo sguardo, incrociando l’espressione indulgente della
sovrana.
- Avevo commesso una mancanza molto grave ed ero pronta ad accettare
qualunque punizione, cosa che ho evitato grazie al vostro intervento – mormorò
riconoscente - ve ne sono grata, Maestà.
- La nostra amicizia dura da vent’anni. Era il minimo che potessi fare – le
disse, sorridendole con sincerità.
La regina mosse qualche passo, senza nascondere una crescente
apprensione.
- Anche tutto quello che sta accadendo a Parigi mi preoccupa non poco, Oscar
– proseguì - però questi disordini finiranno molto presto. Forse voi non lo
sapete, amica mia, ma in questi giorni molti reggimenti stanno marciando verso
Parigi e Versailles – confessò – e quando ci saranno i soldati, scioglierò
l’Assemblea Nazionale e farò combattere i rivoltosi – promise con tono
minaccioso.
Oscar sgranò gli occhi, incapace di profferire parola, mentre una violenta
inquietudine le attanagliava l’animo.
- Il momento è molto difficile, madamigella Oscar. Forse sarà necessario che
il re dia ordine alle truppe di combattere i rivoltosi e se questo accadrà
vorrei tanto avervi vicino – aggiunse Maria Antonietta, accorata.
Oscar abbassò lo sguardo, lacerata da un terribile impeto di ineluttabile
fatalità.
Si sforzò di regalarle un ultimo sorriso prima di congedarsi, con un inchino,
da un mondo che ormai non le apparteneva più.
Lungo i corridoi cupamente deserti, i passi riecheggiavano lenti e cadenzati,
in netto contrasto con il tumulto interiore che la stava devastando.
Mentre la famiglia reale si stava inesorabilmente inimicando il popolo, il
vento della protesta che spirava dentro di lei sempre più intenso, la esortava
ad allontanarsi dalla donna che aveva servito e rispettato per vent’anni.
Un improvviso attacco di tosse la costrinse ad appoggiarsi al muro. Respirò a
fondo, cercando di calmarsi.
Fissando, con soffocante angoscia, il guanto
macchiato di sangue, comprese che non avrebbe più potuto tacere, ad André, la
verità.
***
Gli ultimi raggi del sole morente risplendevano sul volto bellissimo, ma
affaticato di Oscar. Attraversò, con il cavallo al passo, l’ampio cancello di
palazzo Jarjayes.
All’esterno, suo padre ed André la attendevano, ciascuno immerso nei propri
pensieri.
Chiuse gli occhi per un istante, tentando di contrastare un fastidioso
malessere che non le concedeva tregua.
Incontrò con bramosia lo sguardo smeraldo di André ed un lieve sorriso le
illuminò il volto stanco.
Osservò i due uomini, l’uno accanto all’altro, in palese attesa del suo
rientro.
Passato e futuro si stagliavano di fronte a lei: il generale Jarjayes, padre
severo e soldato inflessibile, inconsapevole di essere al centro della terribile
lotta che aveva ingaggiato contro se stessa e la nobiltà alla quale apparteneva,
ed André, amato e desiderato al di là di ogni convenzione sociale, al cui fianco
bramava trascorrere la propria vita.
Scese da cavallo con elegante agilità e porse le redini ad Andrè.
- Sua Maestà Maria Antonietta mi ha perdonato – asserì, semplicemente,
celando la opprimente incertezza sul proprio avvenire.
Il generale Jarjayes sospirò di sollievo.
- Grazie alla generosità della nostra regina la tua vita è salva, Oscar –
mormorò tra le lacrime – sono contento.
Posò lo sguardo cristallino sul padre, osservandone la sincera commozione.
Dall’espressione tranquilla e malinconica trapelava l’affetto per quel genitore
che l’aveva voluta soldato a qualunque costo.
Un lieve sospirò le uscì dalle labbra socchiuse, consapevole che il conflitto
interiore che la affliggeva rischiava di allontanarli, definitivamente, l’uno
dall’altra.
Il generale Jarjayes osservò entrambi i giovani con espressione enigmatica,
prima di allontanarsi, senza aggiungere altro.
Oscar avvertì su di sé lo sguardo attento di André, certa che lui percepisse
il suo sordo dolore. Tornò a guardarlo, sentendosi, ancora una volta, felice di
averlo accanto.
- Ti ringrazio per avermi protetto da mio padre, André - sospirò con
affettuosa gratitudine.
Il giovane chinò il capo e le sorrise, infondendole un poco della sua tenace
forza interiore.
- André? – lo chiamò.
- Che cosa c’è, Oscar? – le chiese dolcemente.
- So che i turni di guardia sono spossanti, ma d’ora in avanti vorrei che tu
tornassi a casa con me ogni sera – ammise con premura.
- Come desideri, Oscar – replicò, accarezzandole con tenerezza i lunghi
capelli biondi.
Gli occhi chiari le brillarono di gioia, mentre la sua mano cercava, avida,
quella di André.
In silenzio, si scambiarono un profondo sguardo d’intesa, consapevoli che la
notte avrebbe dischiuso i loro segreti ed accolto, nel proprio grembo, il legame
indissolubile che li univa.
***
I giorni si susseguivano, in apparenza, uguali a loro stessi, densi di
tensione e di contrasti.
I soldati della Guardia avevano ripreso i pesanti turni di pattugliamento, ma
sui loro volti stanchi si leggeva l’inquietudine per un futuro che non offriva
alcuna certezza.
Le truppe, richiamate dal re, si ammassavano a Parigi, fomentando lo
scontento e la rabbia popolare.
In molti, ormai, vedevano nell’atteggiamento del sovrano e dell’aristocrazia
un complotto per annullare l’autorità dell’Assemblea Nazionale.
Oscar sapeva che la calma apparente dei soldati celava, in realtà, una
intensa e frustrante preoccupazione.
Lo stesso colonnello Dagôut le aveva esternato il timore che la situazione
potesse degenerare in qualsiasi momento.
Con impeccabile eleganza, si allontanò dalla finestra del proprio ufficio e
tornò ad osservare il soldato di fronte a lei, immobile sull’attenti.
- Hai chiesto di vedermi. Parla, Alain. Che cosa c’è? – lo invitò,
perentoria.
- Volevo ringraziarvi a nome di tutti i soldati della Guardia, comandante.
L’ordine di rimanere consegnati in caserma ha evitato che fossimo accusati
tradimento – dichiarò con riconoscenza – perché noi non avremmo mai eseguito le
disposizioni del generale Bouillé – confessò, avvicinandosi a lei ed
osservandone attentamente l’espressione imperturbabile – e voi lo sapevate.
Siete il miglior comandante che abbia mai avuto – aggiunse, infine, con palese
ammirazione.
Un lungo silenzio calò fra loro.
Fissando gli occhi scuri di Alain, Oscar comprese di condividere con i propri
soldati molto di più di una semplice uniforme militare.
- Bene, ora puoi andare – gli disse con un sorriso – devi dirmi altro? – gli
chiese poi, notando che Alain non accennava a muoversi.
- Comandante, sono preoccupato. Parigi è piena di soldati. Il popolo si sente
minacciato e potrebbe decidere di ribellarsi. Che cosa accadrebbe alla Francia,
se il re ordinasse di reprimere nel sangue i disordini?
Oscar strinse le labbra e volse lo sguardo verso la piazza d’armi.
- Non lo so - mentì - ora torna nei tuoi alloggi, Alain – gli ordinò
pacata.
Il soldato assentì e prima di uscire le gettò un’ultima, intensa, occhiata.
Rimasta sola, ammise di condividere con Alain e gli altri soldati della
Guardia il medesimo timore.
Con un sospiro, prese tra le mani la missiva che un maggiordomo dei Jarjayes
le aveva consegnato quella mattina stessa.
Si avvicinò alla finestra e cominciò a leggere.
Mia cara Oscar,
vi scrivo queste righe con il cuore gonfio di dolore per quanto accaduto. Il
desiderio di ricevere vostre notizie è intenso quanto la pena che mi affligge
nel sapere che dovrete affrontare il tribunale militare.
Mi auspico che voi non dobbiate espiare una condanna a causa della grave
mancanza che ho commesso.
Nutro la speranza che la regina Maria Antonietta rammenti che l’avete servita
lealmente per molti anni e che il vostro gesto non è altro che l’espressione di
un animo generoso e sincero e vi conceda il perdono che meritate.
La nave sulla quale William ed io ci siamo imbarcati fra poco leverà le
ancore ed il mare separerà le nostre vite. Mi auguro che non sia per sempre. Io
desidero rivedervi, Oscar.
Vi devo la vita e ve ne sarò per sempre grata.
Mi addolora non essere riuscita a persuadervi a partire con noi.
Ma non dispero, sapete? Forse quello che sto per scrivervi non vi farà
piacere, ma non posso lasciare nulla di intentato per convincervi a lasciare la
Francia.
Avrei desiderato coltivare più a lungo la nostra amicizia, ma il destino ha
deciso diversamente.
Vi confesso che in più di una occasione ho colto il tormento che vi affligge,
ma, rispettosa del vostro riserbo, non ne ho fatto parola con voi ed ora me ne
dolgo.
Ricordo, non senza rimpianto, i lunghi silenzi che hanno scandito le ore
trascorse in vostra compagnia e solo quando il tempo è divenuto nostro nemico,
mi avete rivelato, concisa e riservata, che amate André.
Ditemi Oscar, perché allora non ricercate la felicità personale? Pensate a
voi stessa. E ad André.
La Francia attraverserà un periodo molto difficile e voi ne siete lucidamente
consapevole. Vi prego, raggiungetemi a Londra, Oscar.
Assaporate nel mio Paese quella felicità completa a cui avete diritto insieme
all’uomo che amate.
Inoltre, dovete curarvi, lo sapete. Promettetemi che lo farete.
Attenderò ogni giorno di ricevere vostre notizie.
Con profondo affetto ed amicizia, vi chiedo di riflettere sulle mie
parole.
Accogliete la mia supplica accorata, Oscar, e partite, vi scongiuro.
Andrew Philip Stewart
Sospirò di sollievo nell’apprendere che Andrew era salva.
Tornò a contemplare il cielo terso di luglio e mosse qualche passo, cercando
di stemperare la tensione.
Parola dopo parola, Andrew aveva tessuto la trama della cruda realtà.
Parigi era piena di soldati e di contingenti stranieri che contribuivano, non
poco, ad accrescere l’ira del popolo. La situazione era molto tesa ed il timore
che potessero scoppiare violenti scontri era tangibile.
Si portò una mano alla fronte, constatando di avere di nuovo la febbre.
La malattia, pur concedendole momenti di tregua, avanzava inesorabile e non
le avrebbe concesso di vivere ancora a lungo.
Al di là della Manica avrebbe trovato la serenità e, forse, la
guarigione.
Lasciare la Francia significava abbandonare il suo passato. Nulla, ormai, se
non il nome del suo casato, la accomunava alla nobiltà.
Sentiva di appartenere ad André ed a lui soltanto. Sospirò di nuovo, in preda
ad una profonda indecisione.
Ammirando il tramonto, tentò di liberare la mente dalla ridda di pensieri
contrastanti.
Chiuse gli occhi, lasciandosi invadere dal desiderio di dimenticare ogni cosa
fra le braccia di André.
continua
Finito anche questo capitolo. Che dire? Nulla per il momento, perché se lo
facessi ne uscirebbe un papiro… Ormai ci siamo, suppongo un paio di capitoli se
la "trama non mi inganna".
Spero solo di riuscire a trasmettere le stesse emozioni che provo io mentre
scrivo.
Sono riuscita ad aggiornare prima del previsto e cercherò di farlo, se mi
sarà possibile, anche prossimamente.
Riconoscerete certamente, tra i vari dialoghi, alcune frasi celebri prese
dall’anime: poiché mi è molto caro non posso non citarlo….
Un doveroso e sincero grazie a:
giusyangel: grazie per le belle parole, sono un bellissimo incentivo a
continuare così. Per il resto… non posso anticipare come va a finire, non credi?
…..
baui: eh già, Andrew è partita. Si incontreranno di nuovo lei ed Oscar? Mah!
Non posso certo dirlo io…
Valentina78: grazie. Mi fa piacere che ti coinvolga, visto che capita anche a
me mentre la scrivo.
fighterdory: obiettivo raggiunto, allora, se ti toglie il fiato, perché
significa che il mio impegno nello scrivere è servito ^_^. Sai, a me piace (e mi
fa lo stesso effetto), ma non è detto che lo stesso valga anche per le altre
persone. Come continua? Chissà….
roby the best: eccoti accontentata con un altro capitolo. Spero che rimarrai
soddisfatta anche di questo.
E grazie anche a chi passa e dà solamente un’occhiata veloce e a chi legge
tutto e non lascia recensioni.
Alla prossima.
Oscar1755
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
capitolo 5
Capitolo 12
La stanza, immersa nel silenzio, era illuminata solo dal tenue chiarore della
luna alta nel cielo.
Si sollevò sul fianco, ammirando l’uomo che giaceva addormentato accanto a
lei. Le cingeva la vita con un braccio, in evidente segno di possesso.
Un lieve sorriso cancellò, per un attimo, l’espressione preoccupata.
Accarezzò lentamente il corpo bellissimo di André, ripercorrendo con il pensiero
il momento in cui aveva scoperto di essersi innamorata di lui. L’amore era così
profondamente radicato in lei, che le sembrava di amarlo da sempre ed averlo
vicino era diventato un bisogno vitale.
Scosse il capo, costringendosi a porre fine alla notte insonne che la
tormentava.
Indossò l’uniforme con gesti lenti e si riavvicinò al letto, incapace di
distogliere lo sguardo dal volto rilassato ed attraente di André. Posò
delicatamente una mano sul suo petto, percependo il battito tranquillo del
cuore. Chiuse gli occhi e lo paragonò al proprio che, al contrario, pulsava
impazzito.
Sospirò inquieta, lasciando la stanza senza far rumore.
Cercò, all’esterno del palazzo, un po’ di sollievo dalla calura estiva.
Sollevò gli occhi al cielo, consapevole di non poter tergiversare
ulteriormente.
Le notizie che ogni giorno giungevano da Parigi erano sempre più
preoccupanti. La folla cominciava ad armarsi ed il timore che potessero accadere
scontri cruenti con le truppe schierate era più di una semplice ipotesi. In un
clima pericolosamente incerto, era possibile che le rivolte si trasformassero in
una vera e propria rivoluzione e la speranza di una soluzione pacifica stava
capitolando sotto la furiosa spinta della rabbia popolare.
Si sedette sul bordo della fontana ed immerse le mani nell’acqua fresca.
Osservò con attenzione la propria immagine riflessa nello specchio d’acqua,
consapevole che, in fondo al cuore, albergava già il preludio della propria
decisione.
Sussultò udendo dei passi alle spalle.
Scattò in piedi e trasse la spada, volgendosi con una sorprendente
rapidità.
Sgranò gli occhi stupita ed, abbassando l’arma, si lasciò sfuggire un sospiro
di sollievo.
- Scusami, André – sussurrò, esausta.
L’uomo si avvicinò, scrutandola con un’espressione inquieta.
- Che cosa c’è, Oscar? – le chiese dolcemente – perché ti ostini a
nascondermi la causa del tuo tormento?
Lo fissò in silenzio, turbata da sentimenti contrastanti.
Il desiderio di condividere con lui ogni suo pensiero era frenato dalla
volontà di non procurargli altro dolore. L’amarezza per l’impassibile noncuranza
con cui lo aveva trattato in passato continuava ad infastidirla e, forse, non
sarebbe mai riuscita a cancellarla completamente.
- Oscar? – la esortò di nuovo, stringendole una mano tra le sue.
La giovane si allontanò di qualche passo e gli diede le spalle.
André ne osservò i movimenti lenti e misurati, allarmato dal controllato
atteggiamento di Oscar.
Con la certezza che lei gli nascondesse una grave situazione personale, aveva
esaudito la sua silenziosa richiesta, concedendole tempo.
Aveva lasciato stemperare la tensione accumulata dall’accusa di tradimento e
la malinconia per la rapida partenza del colonnello Stewart, ma non era disposto
ad attendere oltre.
Scorgeva nello sguardo di Oscar una profonda angoscia, sulle cui cause aveva
spesso congetturato, e non gli erano sfuggite la profonda stanchezza che
trapelava da ogni suo gesto e le insistenti febbri notturne che le impedivano di
riposare adeguatamente.
Attese, consapevole che non avrebbe desistito dal suo proposito, se lei gli
avesse opposto un rifiuto.
Oscar sollevò il capo e si volse, cercando l’amato sguardo smeraldo.
- André – esordì – ti ho taciuto una cosa importante – si bloccò, respirando
a fondo – ti prego di perdonarmi, non era mia intenzione farlo. Una grave
malattia mi ha colpito – confessò, infine, in un sussurro.
Un improvviso attacco di tosse le lacerò il respiro, impedendole di
continuare. Un dolore acuto si insinuò nel petto, strappandole un gemito
violento. Cadde in ginocchio, portandosi una mano alla gola.
- Oscar, cos’hai? – gridò André, allarmato.
Si chinò accanto a lei, sostenendola, mentre un cieco terrore gli invadeva
l’animo.
Attese che Oscar si riprendesse, lottando contro un improvviso e violento
sconforto. Le sollevò il mento ed, alla fioca luce della luna, il sospetto
divenne una terribile realtà.
Strinse la mascella, dominando l’agghiacciante disperazione che lo aveva
colpito, con violenza, alla bocca dello stomaco.
In un silenzio angosciante, le pulì le labbra dalle tracce di sangue e,
nascondendo il freddo terrore che lo aveva paralizzato, la abbracciò con
struggente dolcezza.
- Perché, Oscar? Perché non mi hai detto nulla? – le chiese, cercando di
controllare il tono alterato della voce.
- Non lo so – ammise in un sussurro, confortata dal suo caldo abbraccio – non
l’ho fatto intenzionalmente. Impegnata ad assolvere l’incarico assegnatomi,
profondamente convinta che l’Assemblea Nazionale avrebbe potuto migliorare la
situazione disastrosa di questo sfortunato Paese, ho trascurato i primi segnali
della malattia – confessò mortificata – ti prego di credermi, André, non volevo
nasconderti la verità.
L’uomo scosse il capo, incredulo.
- Stiamo parlando della tua vita, Oscar! Per quanto tempo ancora mi avresti
taciuto la tua malattia? – le chiese con una punta di rammarico.
- Non volevo farti soffrire di nuovo, Andrè – mormorò, con tono colpevole -
l’ho già fatto troppe volte in passato.
Le prese il viso tra le mani, scrutando le profonde iridi azzurre.
- Come puoi affermare una cosa simile? – le disse con tono dolce, ma fermo –
ora la cosa più importante è la tua salute – dichiarò, caparbiamente - ascoltami
Oscar, non devi tacere in nome di un passato che ci ha visto divisi da silenzi
ed incomprensioni.
Oscar si lasciò sfuggire un sospiro.
- La tubercolosi è una malattia terribile, ma non incurabile – proseguì,
serio – ma non possiamo perdere altro tempo prezioso. Non puoi guarire, se
continui a comandare i soldati della Guardia.
- Ho sempre avuto l’intenzione di curarmi, André – mormorò, pacata – e
contavo di farlo al termine dei lavori dell’Assemblea Nazionale. Purtroppo la
situazione è degenerata e dubito che possa risolversi in breve tempo.
- Sono preoccupato quanto te per le sorti del popolo, ma sei tu, che mi stai
a cuore più di ogni altra cosa.
Oscar assentì e gli porse la lettera di Andrew.
André lesse ogni frase con minuziosa attenzione, sorpreso dalla sincera
speranza che traspariva dalle parole del colonnello Stewart.
- Che cosa pensi di fare, Oscar? – si informò, infine.
- Ti prego, Andrè, concedimi ancora un po’ di tempo per riflettere – lo
supplicò, esitante.
- Tu devi guarire – mormorò accarezzandole il viso – devi vivere, Oscar, lo
sai.
Ammirò lo sguardo determinato di André, leggendovi l’amore profondo che li
avrebbe uniti per sempre.
- Non cederò alla malattia – gli promise, cercando conforto tra le sue
braccia.
- Io sarò al tuo fianco, come sempre. Farò qualunque cosa per te, guarirai,
Oscar – la incoraggiò, deciso.
Affondò il viso tra i suoi capelli, aspirandone il fresco profumo.
Con fredda razionalità, riconobbe che sarebbe stato arduo sconfiggere la
tubercolosi, ma non si sarebbe mai arreso alla disperazione.
Decise di tacerle il proprio timore, pienamente consapevole che, senza Oscar,
la sua vita non avrebbe avuto alcun senso.
Chinò il capo, regalandole un tenero sorriso.
- D’accordo, farò come vuoi. Attenderò la tua decisione – si arrese, convinto
che la scelta di Oscar avrebbe coinciso con la sua.
***
Affrettò il passo, desiderosa di lasciare il parco, raggiungere il proprio
cavallo e lanciarlo al galoppo verso casa.
L’incontro con la regina Maria Antonietta le aveva devastato l’animo e
l’inevitabile frattura si era ormai consumata senza lasciarle alcuna
alternativa.
Si era inchinata, supplicandola di ordinare l’allontanamento delle truppe da
Parigi.
- Non posso farlo, mi dispiace – le aveva risposto Maria Antonietta, ponendo,
di fatto, fine alla loro ventennale amicizia.
Il suo ultimo, disperato tentativo di scongiurare uno scontro tra il popolo e
la famiglia reale era miseramente naufragato, obbligandola a maturare la scelta
tanto a lungo elusa.
Lasciando che le lacrime le offuscassero la vista, le aveva rivolto un ultimo
sguardo colmo di tristezza, prima di separarsi da lei, cosciente di allontanarsi
da Versailles per sempre.
All’improvviso si fermò, riconoscendo in lontananza una figura familiare,
seduta immobile sul bordo di una fontana. Teneva il capo fra le mani, in una
postura che rivelava una profonda sofferenza interiore.
Sospirò e riprese a camminare, dirigendosi verso di lui.
L’uomo sollevò lo sguardo e si alzò in piedi, sorpreso.
- Oscar! – esclamò.
Il biondo comandante non rispose, limitandosi ad osservare il volto
affascinante e serio dell’uomo di fronte a lei.
- Non ci vediamo da molto tempo – continuò – sono piuttosto sorpreso di
vedervi a Versailles.
Oscar annuì, lasciando che le labbra si incurvassero in un lieve sorriso.
- Mi fa piacere rivedervi, Fersen – lo salutò, infine.
- Da quando avete lasciato il comando della Guardia Reale non abbiamo più
avuto occasione di incontrarci - dichiarò con sincero rammarico.
Oscar lo osservò pensierosa, riconoscendo nel profondo del cuore solo un
amichevole affetto per il conte.
Sapeva di avere compreso pienamente il significato dell’amore solo con André
ed, in verità, se non si fosse ostinata a voler vivere come un uomo, reprimendo
le emozioni, avrebbe scoperto questo sentimento molto prima.
- Siete cambiata, Oscar – proseguì Fersen senza alcuna ironia, posando lo
sguardo malinconico su di lei – avete incontrato Sua Maestà, la regina? – si
informò, infine.
Oscar annuì.
- Sapete, madamigella, io non posso far altro che restarle accanto in
silenzio, in questo momento così difficile per lei – mormorò, senza nascondere
una sincera sofferenza.
Ancora una volta, il colonnello Jarjayes rimase in silenzio.
- Voi non siete qui né con il cuore né con la mente – affermò
tristemente.
Oscar comprese, senza alcuna esitazione, che il proprio destino era altrove,
lontano da Versailles e da un passato che, ormai, non le apparteneva più.
- Abbiate cura della regina Maria Antonietta – dichiarò con sincera
commozione.
- Oscar, che cosa volete dire con queste parole? Mi state, forse, dicendo
addio? – le chiese, addolorato.
- Sì, Fersen – asserì, laconica.
Trattenendo le lacrime, si allontanò lentamente seguita dallo sguardo
amareggiato di Fersen, mentre il vento della rivoluzione, che stava colpendo la
Francia ed il suo cuore, annientava parte del suo passato.
***
La speranza di Oscar si arrese di fronte ai violenti scontri degli ultimi
giorni fra i rivoltosi e le truppe schierate in difesa di Parigi e di
Versailles.
Il conflitto, ormai insanabile, tra la famiglia reale ed il popolo, sancì
l’addio definitivo al mondo nel quale aveva vissuto fin dalla nascita.
Gettò un’ultima occhiata alla piazza d’armi deserta e si volse, tornando a
guardare Andrè.
Annuì, rispondendo alla sua richiesta.
- Farò come desideri – gli confermò – torniamo a casa, dove mi riposerò.
- Bene, Oscar. Vado a sellare i cavalli.
Le sfiorò le labbra ed uscì dall’ufficio.
Oscar si asciugò una lacrima, commossa dalla sua premura. Da quando gli aveva
parlato della sua malattia, André aveva eseguito con zelo ineccepibile, oltre al
proprio dovere di soldato, anche gli incarichi gravosi che le competevano, per
evitarle un ulteriore e pericoloso peggioramento delle sue condizioni di
salute.
Era sempre presente ed attento, senza mai prevaricarla.
Insieme all’amore profondo che ormai la legava indissolubilmente a lui,
nutriva una sincera gratitudine per i gesti delicati ed affettuosi che le donava
con disarmante naturalezza.
Scosse il capo, incredula, al pensiero che in passato avesse trovato
invadente la sua presenza costante e rassicurante. Ora era tutto diverso e
l’atteggiamento di André le faceva capire ed apprezzare quanto lui la
amasse.
Anche quando la stanchezza la aggrediva furtiva ed insistente, le bastava
cercare il suo sguardo per sentirsi meglio.
Avevano parlato spesso, negli ultimi giorni, della sua malattia e del lungo
cammino che li attendeva per giungere ad una completa guarigione, condividendo
la medesima speranza.
Con un sospiro si decise ad uscire dall’ufficio, certa che André la stesse
aspettando all’esterno con i cavalli sellati.
Aveva sperato di non vederlo quel giorno. La sua figura, alta ed imponente,
si stagliava di fronte a lei, immobile sull’attenti. Lo fissò in silenzio ed
attese che l’uomo parlasse.
- Comandante, ho un messaggio urgente per voi da parte del colonnello
Dagôut.
- Parla, Alain. Qual è questo messaggio? – gli chiese, conoscendo già la
risposta.
- Comandante, vi informo che l’ordine del quartier generale che aspettavamo è
arrivato. Alle otto di domani mattina il nostro reggimento dei soldati della
Guardia deve recarsi a Parigi e collaborare con le altre truppe: l’ordine è di
soffocare la rivolta armata – riferì, scrutando, enigmatico, il proprio
comandante.
I loro sguardi si incrociarono a lungo, prima che Oscar si decidesse a
replicare.
- Adesso torna pure in caserma, Alain. Comunica agli altri soldati della
Guardia che vi raggiungerò domani all’alba.
- Agli ordini, signore – le rispose, conciso.
La camera era immersa nel silenzio della notte, quando André vi entrò.
Rimase ipnotizzato dalle ombre lunghe e minacciose che la fiamma della
lampada posata sullo scrittoio proiettava sulle pareti.
Oscar si avvicinò lentamente ed egli intuì che lei aveva vinto, ancora una
volta, la sua battaglia.
- André, ho deciso di lasciare l’uniforme – esordì, concisa – sarà questo che
dirò ai miei soldati domani.
Mosse qualche passo per stemperare il nervosismo.
- Non voglio sparare sulla folla né impartire l’ordine di farlo – spiegò,
determinata.
- Sapevo che non avresti puntato le armi contro il popolo, Oscar – le
sussurrò André, abbracciandola.
- Desidero vivere al tuo fianco, lo sai - sospirò – e ti confesso che
l’offerta di Andrew di vivere in Inghilterra costituisce una seducente
tentazione. Voglio curarmi e guarire. Desidero farlo per noi, André.
Si allontanò da lui e volse lo sguardo verso la debole fiamma della
lampada.
- Spesso ripenso al passato – riprese con calma – e la consapevolezza di
averti fatto soffrire mi colpisce, spietata, come un pugno allo stomaco.
Sospirò inquieta, tornando a guardarlo.
- Quando ti dissi che non avevo più bisogno del tuo aiuto, cercavo
rabbiosamente di fuggire dai fantasmi di un sentimento non corrisposto –
mormorò, scuotendo il capo – ed interpretai la tua reazione come un tentativo di
punirmi. Rimasi molto stupita quando ti opponesti, per la prima volta, alle mie
richieste. Una accecante irritazione mi incendiò l’animo e ti schiaffeggiai con
forza – gli confessò – colpita dalla cruda verità delle tue parole. Quando mi
gettasti sul letto, ebbi paura che tu volessi sovrastarmi usando la forza fisica
solo per confutare la mia intenzione di vivere come un uomo. Ciecamente, non
avevo capito che mi amavi, finché non udii la tua confessione - gli rivelò,
abbozzando un sorriso.
Andrè sorrise a sua volta.
- In verità, ti baciai con impeto, esasperato dall’indifferenza con cui mi
comunicasti la tua decisione di lasciare la Guardia Reale – replicò, calmo – per
anni ti avevo amato in silenzio ma, di fronte alla tua orgogliosa volontà di
estromettermi dalla tua vita, persi la testa. Trasferii in quella reazione
aggressiva la mia rabbia impotente ed il mio disperato desiderio di te. Non
volevo usarti violenza, te lo giuro, Oscar – le disse, chinando il capo – mi
pentii immediatamente del mio folle gesto e pensai di averti perduta per
sempre.
Oscar si avvicinò e gli accarezzò il viso.
- Ti ho fatto soffrire per anni, Andrè, e me ne dispiace – si scusò di nuovo.
- Oscar, anche quando non ne fai parola, percepisco, celato nel tuo sguardo,
un rammarico profondo che, credo, non cancellerai mai. E’ vero, in passato ho
sofferto, ma il presente ci unisce. Non devi tormentarti – le sussurrò,
stringendola a sé – sapevo che ti saresti innamorata di me. Tu ed io siamo luce
ed ombra, Oscar, non dimenticarlo mai.
- Ho sempre guardato davanti a me, nelle mie scelte, senza mai volgermi
indietro, perché sapevo, in fondo al cuore, che alle mie spalle c’eri tu a
proteggere la mia vita – gli confessò, emozionata – ora desidero che tu cammini
al mio fianco, André.
- Oscar, sai che io ti seguirò in ogni caso – le confermò, accarezzandola con
lo sguardo.
- No, André. Voglio che questa volta decidiamo insieme il nostro futuro –
replicò, convinta.
- Noi ci apparteniamo, Oscar, e sono certo che condividiamo il medesimo
sogno.
- Io voglio vivere, André – asserì, abbandonandosi tra le sue braccia -
voglio vivere accanto a te.
Tuffò le mani nei capelli soffici e serici e la attirò a sé, sfiorandole le
labbra in una sensuale e lenta carezza.
- Sei bellissima, Oscar – le sussurrò con ardore.
Un brivido di eccitazione le percorse la schiena, mentre il bacio diveniva
più intimo ed esigente.
Il cuore accelerò i battiti quando sentì le mani di Andrè sfilarle la giacca
dell’uniforme. Si aggrappò a lui, rispondendo alla sua muta richiesta con eguale
impeto e si lasciò incendiare dalla fiamma di una passione divorante, che solo
l’appagamento dei sensi avrebbe potuto placare.
Aprì gli occhi, avvertendo una piacevole sensazione di rilassamento. Si alzò,
mentre un sorriso di sollievo le illuminò il volto.
Lei ed Andrè avevano parlato a lungo dopo essersi amati, condividendo lo
stesso desiderio, finché un quieto sonno li aveva sorpresi l’una tra braccia
dell’altro.
Si sedette allo scrittoio ed intinse la penna nel calamaio. Lentamente e con
mano decisa, cominciò a tracciare, con piena consapevolezza, la linea del
proprio destino, vergando la pregiata pergamena con una grafia accurata ed
elegante.
Si lasciò sfuggire un sospiro, felice.
Uscì sul balcone ed, ammirando la linea d’argento che tingeva il cielo
all’orizzonte, sentì di vivere.
L’abbraccio possessivo di André la cinse alle spalle.
Le sollevò la mano sinistra e depose un lieve bacio sul cerchietto d’oro che
il giorno precedente le aveva infilato all’anulare alla presenza di un parroco
stupito e due contadini emozionati.
- Voglio vivere al tuo fianco, André – mormorò Oscar, con voce roca.
Le sollevò il viso, incontrando lo sguardo limpido da cui traspariva l’amore
che nutriva per lui.
Si fissarono per un tempo che parve infinito.
- Andiamo, Oscar – la invitò, infine, con dolcezza.
La giovane annuì, accogliendo, in quel semplice gesto, il giuramento che si
erano scambiati.
André cercò, ancora una volta, le labbra della moglie, suggellando, con un
bacio, la tacita promessa di un futuro insieme.
continua
Un altro capitolo (il penultimo, direi) messo in archivio. Ormai siamo
all’epilogo. Che dire? Ho una visione di Oscar che non svelerò in questa sede
per non anticipare il finale, anche se molto di ciò che penso lo si vede da come
agisce nella fanfiction. Ovviamente anche in questo capitolo c’è qualche
citazione (d’obbligo) dell’anime.
Spero abbiate gradito.
fighterdory: mi dispiace di non poter dissipare i tuoi dubbi sulla decisione di Oscar…. ^^. Grazie per i
complimenti, e sono contenta se il lettore riesce a percepire le stesse
sensazioni che provo mentre scrivo, per me è una grande soddisfazione.
ciozi: grazie. Effettivamente rileggere una ff tutta insieme fa un altro
effetto. Ancora un po’ di pazienza e poi potrai farlo. Intanto ancora
grazie.
giusyangel: spero che la tua attesa
sia stata ripagata con questo capitolo. Ormai ne manca solo uno, dove si svelerà
cosa farà la nostra Oscar….. Grazie per i complimenti.
Dolce_micia: ma certo che c’è un
posto anche per te! Mi fa piacere sapere che, nonostante la lunghezza della ff,
tu abbia deciso di tentare, ma sono molto più contenta di leggere che ti è
piaciuta. Grazie anche per i complimenti allo stile (sto arrossendo .. ^_-) che
dici, diamo un po’ di merito anche al prof di italiano del liceo che, nella
notte dei tempi, mi ha fatto una testa così sullo scrivere correttamente?
Non ho approfondito più di tanto il carattere di William, semplicemente per
mancanza di tempo, altrimenti la ff sarebbe diventata troppo lunga. Mi sono
concentrata sui protagonisti. Il personaggio di Andrew è stato invece
approfondito di più, per via del suo rapporto con Oscar.
Pucchyko_Girl:mammamiacherecensionelunga! Sono contenta che la ff incontri i tuoi gusti. Oscar
IC? Spero proprio di sì, visto che a me piace così. Grazie per l’analisi alla ff
e ti dico che molte cose le condivido (viaggi mentali di Oscar compresi!).
Niente paura per il resto, perché la finirò di certo. Al limite il problema sarà
l’ispirazione per altre ff, ma questa è un’altra storia. Ancora grazie da… il
cavaliere nero II
baui: grazie, felice che tu abbia
apprezzato anche l’undicesimo capitolo. Sul resto mi tappo la bocca …ops blocco
la tastiera e non svelo cosa farà la nostra eroina…. Tanto il prossimo capitolo
è l’ultimo, quindi manca poco.
Infine, grazie anche a voi che leggete solamente, sperando che incontri il
vostro gusto.
A presto
Oscar
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Capitolo 13 *** Epilogo ***
epilogo
Epilogo
Si volse lentamente, posando lo sguardo indulgente sulle gote arrossate di
sua figlia e si chinò ad abbracciarla, scompigliandole con tenerezza i soffici
riccioli biondi.
- Mamma, guarda! – esclamò la bimba, ancora affannata per la lunga corsa – io
e papà abbiamo raccolto questi fiori per te – disse con un gridolino di gioia
porgendole, orgogliosa, il semplice dono.
- Sono bellissimi, tesoro mio – la ringraziò dolcemente, perdendosi per un
attimo in quegli innocenti occhi azzurri.
La osservò correre via, lungo il pendio della collina, e tuffarsi con gioia
tra le braccia del padre. Un sorriso sereno le illuminò il volto quando udì di
nuovo la sua risata cristallina.
D’istinto posò una mano sul ventre consapevole della nuova vita che stava
germogliando in lei.
Tornò a fissare il paesaggio, lasciando che la leggera brezza estiva le
scompigliasse i lunghi capelli biondi.
Le labbra si mossero lievemente, sussurrando parole inintelligibili.
Parigi 13 luglio 1789
Amica mia,
con profonda stima, mi accingo a rispondere alla vostra accorata lettera,
onorata dal sincero affetto che nutrite per me.
Pur non avvezza ad esternare le emozioni, vi prego di accettare la mia più
leale amicizia.
Non posso cancellare il freddo riserbo con il quale ho accolto più volte la
vostra genuina premura, ma desidero porvi rimedio donandovi i miei ricordi.
Sono stata allevata e cresciuta come un uomo, incoraggiata e forzata a
misurarmi con le armi, per ricoprire il ruolo destinato all’erede maschio che
mio padre, il generale Jarjayes, avrebbe ardentemente desiderato.
All’età di quindici anni reputai ragionevole indossare l’uniforme militare di
capitano delle Guardie Reali, inconsapevole che, in realtà, non mi era stata
concessa alcuna possibilità di scelta.
La riservatezza della mia indole fu accentuata dalla severa educazione
ricevuta e ben presto imparai a celare le mie emozioni.
Ma non avevo previsto l’amore che, in spregio al mio modo maschile di vivere,
mi costrinse a prendere coscienza della mia natura.
La sofferenza per un sentimento non ricambiato, mi spinse a cercare di
sopprimere gli attimi di debolezza che avevo avuto.
Lasciai la Guardia Reale, illudendomi che con la fuga avrei ritrovato la
fiera compostezza di un soldato e cancellato le emozioni che mi avevano
dolorosamente ricordato di essere una donna.
Il desiderio di provare a me stessa di poter affrontare la vita come un uomo
mi spinse ad allontanare anche l’unico amico che avessi mai avuto al mio fianco:
André.
Incurante delle mie dure parole, lui mi seguì, arruolandosi nei soldati della
Guardia.
Ed è stato allora che vi conobbi, Andrew. E voi, come André, intuiste la mia
battaglia ed il mio rifiuto di essere donna.
Tentai di rimanere impassibile di fronte al vostro atteggiamento incalzante e
provocatorio, mentre lottavo contro me stessa e le emozioni che il mio cuore mi
stava svelando.
La presenza costante e silenziosa di André mi infastidiva quanto la vostra
esuberanza.
Confusa da sentimenti contrastanti, capitolai, ed accettando finalmente di
essere una donna, ritrovai nel profondo dell’animo, l’amore da sempre negato.
Amo André con tutta me stessa, Andrew, e vi confesso che mai avrei creduto di
affidare ad una lettera l’emozione che mi pervade ogni volta che pronuncio il
suo nome.
Amo il ragazzo che continua a vivere in lui e l’uomo che è diventato.
Amo i suoi silenzi, eloquenti più tante parole.
Amo l’indole pacata e la forza incrollabile dei suoi sentimenti.
Saprò farmi perdonare l’irragionevole crudeltà con la quale ho cercato di
allontanarlo da me, anche se, credo, il senso di colpa per averlo ferito non mi
abbandonerà mai.
La felicità di vivere accanto all’uomo che amo, è purtroppo offuscata dalla
angosciosa situazione in cui versa il mio Paese.
Spinta dalla sete di giustizia e dalla crescente inquietudine per le sorti
del popolo, mi sono allontanata, non senza tormento, da Versailles e dalla
regina Maria Antonietta che ho servito con fedeltà e devozione per oltre
vent’anni.
Vorrei poter partire, Andrew, e curarmi in Inghilterra, assecondando il
vostro desiderio.
Ma non posso farlo. Non ora.
Desidero vivere in un mondo migliore, accanto ad André.
Indosso l’uniforme militare da una vita e credo che comprenderete la mia
brama di combattere per il mio Paese, contro i soprusi della nobiltà alla quale
non sento più di appartenere.
L’alba della mia nuova vita è giunta, Andrew.
Ho riflettuto a lungo insieme ad André e, nonostante la mia malattia,
condividiamo il medesimo sogno.
Sono un soldato e sono una donna innamorata.
Sono nata per combattere e sono nata per amarlo.
Vi confido, mia cara amica, che ho lottato contro la tentazione di seguirvi.
Forse sarebbe stato più semplice, ma il mio cuore appartiene ad André ed alla
Francia.
Quando questa lettera giungerà nelle vostre mani, io non avrò più né grado né
titolo.
Rinuncio al mio nome ed ai privilegi del mio rango per seguire l’uomo che
amo. Il mio posto è accanto a lui. Lascerò il comando dei soldati della Guardia
per unirmi al popolo in rivolta.
Desidero che queste parole, testimoni silenziose della mia scelta, giungano
fino a voi.
Vi prego di custodirle fino a quando il destino, se lo vorrà, mi consentirà
di rivedervi.
Non ci è concesso sapere cosa il futuro ci riserverà, ma sono pienamente
consapevole di ciò che desidero ora.
Ricordate, Andrew, quando mi chiedeste se fossi felice?
Ebbene, amica mia, lo sono.
Oscar François
Lasciandosi sfuggire un sospiro accorato, tornò ad osservare l’uomo in piedi
accanto a lei.
Il profilo severo ed imperturbabile contrastava con il tono grave e profondo
della sua voce.
- Desiderate che prosegua, comandante? – le chiese con premura.
Annuì impercettibilmente, continuando a fissare il proprio interlocutore.
L’uomo si volse e per un istante percepì nel suo sguardo lo stesso triste
ricordo.
Assetata di sapere, aveva accolto con angosciante contegno le parole pacate e
colme di dolore che egli le aveva donato con amara malinconia.
Chiuse gli occhi, lasciandosi sfiorare l’anima dalla sua voce.
Udì lo sparo mortale e sussultò al terribile grido di dolore.
Percepì con profonda angoscia la cupa disperazione e la cieca solitudine
della notte.
Rabbrividì al rombo dei cannoni che colpivano la Bastiglia e pianse calde
lacrime nel silenzio che seguì.
Riaprì gli occhi, lasciando che lo sguardo vagasse nel caldo paesaggio
estivo.
- Grazie, Alain – mormorò, infine – custodirò i tuoi ricordi nel mio cuore
come un tesoro prezioso.
- Era mio dovere, colonnello – le rispose, chinando il capo.
Un sorriso triste si dipinse sul volto, mentre posava sull’erba soffice il
mazzetto di fiori donatole dalla figlioletta.
- Siete una donna appassionata ed un soldato valoroso, ma non è questo il
modo in cui avrei desiderato rivedervi, Oscar – sussurrò Andrew, asciugandosi
una lacrima, consapevole che lei non avrebbe voluto che piangesse - addio, amica
mia – aggiunse con voce rotta dall’emozione, fissando le due semplici croci di
legno, l’una accanto all’altra.
Piegò con cura la lettera che ancora stringeva tra le mani e, lentamente,
ridiscese la collina di Arras.
Fine
Scusate il super ritardo, ma proprio non ce l’ho fatta prima.
Come avevo indicato nella premessa, tutto era partito come un restyiling di
una mia ff del 2003. Strada facendo (per la verità da subito…) si è, però,
animata di vita propria, mantenendo, rispetto alla prima versione, solo i nomi
dei protagonisti… per il resto è come se si fosse riscritta da sola…
Devo dire che, mentre mettevo la parola fine, un po’ di malinconia mi ha
assalito, poiché devo "lasciare andare" una cosa, anche se è solo una piccola
fanfiction, che mi ha accompagnato per molto tempo.
Spero che l’abbiate gradita.
Confesso che ho combattuto con il finale drammatico, anche se lo avevo
previsto così nel momento stesso in cui ho deciso di riscrivere completamente la
fanfiction rispetto alla 1° versione…(e pensare che mi auspico sempre il lieto
fine!) ma era inevitabile…d’altronde l’ho scritto con in cuffia la track 8 del
CD di Versailles no bara (per intenderci la musica in sottofondo quando Fersen
parte per combattere in America)… per cui non poteva che essere drammatico… non
odiatemi per questo.
Scherzi a parte, ho riflettuto molto, ma ho ritenuto che fosse l’unica
conclusione possibile per la piega che aveva preso la fanfiction. La Oscar che
ho descritto è infatti molto in linea con l’originale della Ikeda (almeno lo
spero), pertanto non poteva che finire così….
Perdonatemi, ma per me Oscar è estremamente tormentata (tipico della Ikeda
^__-) e nonostante i mille dubbi è, e resta, una combattente: non si sarebbe mai
sottratta al "proprio dovere" (nel quale peraltro crede fermamente), scegliendo
la via più semplice. D’altronde molte di voi hanno ribadito la stessa cosa…
Oscar non sarebbe Oscar, altrimenti!
Ho scelto di non descrivere la loro morte, ma di "riviverla" velatamente
attraverso le parole di Alain. Oltre ad un mancato lieto fine, non ce l’avrei
proprio fatta a descrivere in maniera diretta il tragico finale.
Desidero ringraziare:
- La_PeStIfErA: grazie per i complimenti. Mi dispiace aver tardato, ma
impegni famigliari mi hanno impedito di aggiornare prima. Spero che tu abbia
apprezzato anche la conclusione.
- fighterdory: ormai avrai già finito da un pezzo gli esami di maturità.
Spero che sia andato tutto bene. Alla fine ho lasciato il carattere di Oscar in
linea con l’originale…..
- Dolce_micia: sono arrivata un po’ in ritardo rispetto ai tempi che mi ero
data…. Ti ringrazio per avere espresso un così bel parere. In effetti sono le
emozioni che ho sentito anch’io mentre scrivevo quel capitolo.
- Valentina78: grazie anche a te per i complimenti. Spero che ti sia piaciuto
anche l’ultimo capitolo anche se lascia un po’ di amaro in bocca per ciò che
sarebbe potuto essere e non è stato….
e tutti coloro che hanno letto senza lasciare commenti.
Con la mente vuota ed aspettando l’ispirazione per una nuova ff, vi ringrazio
moltissimo per avermi tenuto compagnia per tutto questo tempo e spero di averne
fatta anche un po’ io a voi.
Vi ringrazio per gli incoraggiamenti che sono stati uno stimolo a cercare di
"sbrigarmi", nonostante i numerosi impegni quotidiani.
Ora mi sento "svuotata" e con l’ispirazione sottozero … ma tornerà..
(spero^^)
Comunque sia, fa sempre molto piacere sapere che ci sono tante persone che
condividono le stesse emozioni per questo manga/anime meraviglioso.
Grazie ancora e spero di tornare presto.
Oscar
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