A thousand word

di Hui Xie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli ultimi dieci anni ***
Capitolo 2: *** Intrappolati nell'acciaio ***
Capitolo 3: *** Quella volta che Sabo ubriaco scrisse del porno su suo fratello ***



Capitolo 1
*** Gli ultimi dieci anni ***


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Titolo: Gli ultimi dieci anni

Autore: Late Night Iridescence

Paring: Ace&Sabo

Conto parole: 478

Rating: verde

Sommario: Dio, è vivo. Sabo è vivo

Quella era la terza isola disabitata in cui Ace si era ritrovato da quando aveva iniziato la sua ricerca di Barbanera, seguendo indizi che non lo portavano da nessuna parte. Era frustrato perché quest’ultimo era sembrato valido, molti testimoni l’avevano visto ed era un avvenimento recente.
Ma non c’erano segni che una ciurma pirata fosse approdata lì negli scorsi mesi, figuriamoci pochi giorni prima
Si sdraiò nella sabbia. Era troppo tardi per rimettersi in cammino; si sarebbe accampato per la notte, sperando che la prossima isola non fosse troppo lontana. Dormire nella sua nave non era proprio confortevole.
Ci fu un fruscio, un animale che rotolava nei cespugli, e Ace chiuse gli occhi per ripararsi dalla luce del sole al tramonto. Li riaprì di scatto quando una risatina bassa risuonò dietro di lui.
“Cavoli, sul serio. Pensavo non ti saresti più presentato. Hai idea di quanto sia difficile organizzare un falso avvistamento?”
La sua prima occhiata all’uomo là in piedi gli provocò un brivido alla spina dorsale – quel cappello, quell’arma, quel ghigno – tutto in lui era così immediatamente familiare da essere doloroso, come una lancia che gli trapassava il cuore.
La tesa di quel maledetto cilindro proiettava ombre sul suo viso. Ace voleva correre in avanti e strapparglielo, per dare un’occhiata migliore a quello che si nascondeva al di sotto e urlare o piangere o svenire o forse tutte e tre le cose assieme.
Non ne ebbe la possibilità perché l’uomo l’aveva già preso per toglierselo, con il ghigno ancora presente sul viso mentre i biondi capelli vaporosi e i grandi e caldi occhi neri venivano rivelati troppo lentamente per i gusti di Ace. Il desiderio di urlare si fece più pressante.
Quando il cappello venne tolto fu come se i dieci anni trascorsi non fossero mai passati. Ace era di nuovo un bambino, che galoppava nelle foreste del monte Colbo con i suoi fratelli al fianco, che scatenava il caos per le strade di Goa, che si disperava cercando di leggere le ultime parole della prima persona che l’avesse mai accettato…
“Hai sentito la mia mancanza?” chiese, quel bastardo.
Ace eliminò lo spazio che li separava senza nemmeno rendersi conto di essersi mosso, gettando Sabo a terra per riuscire a sdraiarsi contro tutto il suo corpo. I loro petti nudi erano premuti l’uno contro l’altro; poteva sentire Sabo respirare. Piccole raffiche di aria calda. L’alzarsi ed abbassarsi sicuro dei suoi polmoni.
Dio, è vivo. Sabo è vivo.
“Per quale ragione avrei dovuto,” disse, soffocando il bruciore della sua gola, “sentire la mancanza di uno stronzo come te.”

E’ strano come, mettendoti in cerca di qualcosa, trovi qualcos’altro di completamente diverso. Magari questa cosa nuova è disastrosa, sfortunata.
Magari è un miracolo di un dio a cui non hai mai creduto.
Chissà cos’aveva fatto Ace per meritarselo, ma era esattamente quello. Barbanera poteva aspettare per il momento.
Avevano un bel po’ da recuperare.

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Capitolo 2
*** Intrappolati nell'acciaio ***


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Titolo: Intrappolati nell'acciaio

Personaggi: Sabo, Ace

Parole: 467

Rating: verde

Sommario: “Perché stavo cercando di salvare il tuo culo addormentato dall’affogare nella zuppa!”

“Questa è colpa tua!”
“Perché diavolo dovrebbe essere colpa mia? Sei tu quello che non si è accorto del marine finché non è stato troppo tardi!”
“Perché stavo cercando di salvare il tuo culo addormentato dall’affogare nella zuppa!”
“Ma sta’ zitto, non è che ci possa fare qualcosa…”
Sabo sospirò e si concentrò sulla brulicante piazza del mercato sottostante, occhieggiando a quell’odioso ma furbo marine in borghese che li aveva ammanettati assieme nell’attimo in cui lui aveva spostato la sua attenzione a cercare di salvare Ace da una morte patetica.
A parte che si sarebbe potuto evitare il tutto se le manette fossero state davvero di ferro e non di kairoseki. La catena che collegava la mano sinistra di Sabo alla destra di Ace sbatteva violentemente contro il tetto di cemento in cui si erano rifugiati mentre un intero esercito di marine setacciava la città cercandoli. Normalmente non avrebbero costituito una grande sfida; in coppia, loro due potevano spazzare via un numero simile in un attimo. Ma con la kairoseki che lo indeboliva Ace non sarebbe stato altro che un pezzo di carne inutile durante una lotta, buono solo a limitare i movimenti del braccio di Sabo.
Perché Ace avesse scelto un’isola sotto il controllo della marina per incontrarlo era incomprensibile per lui.
“Sabo,” mormorò l’altro, tirando su con il naso con fare pietoso vicino al suo orecchio. “Ho un po’ freddo.”
Allora realizzò che Ace stava tremando. Quando gli toccò una spalla preoccupato, notò che la sua pelle era insolitamente fredda rispetto al calore che normalmente sgorgava dal suo corpo come acqua. C’era una notevole brezza che spazzava il tetto e che aveva colpito Ace, il cui fuoco era stato sigillato, più di quanto aveva immaginato.
“Vieni qui,” disse Sabo, ed Ace scivolò più vicino. Gli strofinò energicamente le braccia e la schiena, cercando di riscaldare in qualche modo il suo corpo, e desiderò di potergli offrire la sua giacca. Peccato che non potesse toglierla a causa di quelle dannate manette.
Aveva smesso di guardare i marine in movimento perciò fu parecchio sorpreso quando improvvisamente Ace indicò in basso e chiese, “E’ lui?”
C’erano due uomini non lontani dall’edificio su cui erano affacciati, uno in uniforme e l’altro con vestiti normali, che gesticolavano animatamente fra di loro. Anche da quell’altezza Sabo riconobbe il marine in borghese che li aveva messi in quel casino. La chiave di cui avevano bisogno ce l’aveva addosso da qualche parte. E Sabo era disposto a ridurlo ad una poltiglia sanguinolenta pur di prenderla.
Ace si alzò in piedi barcollando, scrollandosi di dosso la mano amichevole che gli aveva offerto. L’ex-nobile non poté trattenere un sorriso; anche se a volte si comportava come un vero idiota, Ace era serio quando serviva. Non c’era nessuno che ritenesse migliore per guardargli la schiena.
“Pronto?” Ace ghignò ed alzò il pugno per rispondere. Sabo ci sbatté il suo contro e, contemporaneamente, si gettarono nella mischia.

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Capitolo 3
*** Quella volta che Sabo ubriaco scrisse del porno su suo fratello ***


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Paring: Sabo/Ace

Conto parole: 930

Rating: arancione

Sommario: di sicuro una piccola occhiata non sarebbe stata un problema…

Essere un membro rispettato e di alto grado dell’armata rivoluzionaria – guidata dal padre del loro fratellino, nientemeno – aveva certamente i suoi vantaggi. Sabo aveva la sua propria nave, piccola a sufficienza per poter navigare da solo e grande abbastanza per permettersi dei lussi. Ace era un po’ geloso.
Uno di questi lussi era la camera da letto, più grande di qualunque stanza in cui Ace avesse dormito in tutta la sua cavolo di vita, una che includeva un materasso incredibilmente soffice – aveva scoperto che trascorreva la maggior parte delle sue visite a Sabo addormentato lì sopra, e non era mai stato più felice della sua narcolessia – un bagno collegato, e la lucida e robusta scrivania in quercia che Sabo usava per… attività più intellettuali.
Come scrivere.
Era bravo. Ace poteva dirlo solo dalle veloci occhiate che aveva rubato da sopra le spalle di Sabo, nonostante suo fratello, seccato, si rifiutasse di lasciargli leggere la maggior parte del suo lavoro. Doveva essere una sorpresa, quello era all’incirca il motivo.
Ace si sentiva imbrogliato. Chi sapeva quanti anni ci sarebbero voluti?
E nonostante il letto fosse così confortevole da fargli desiderare di non muoversi mai più, c’erano fogli di pergamena sparsi su tutto il tavolo e Sabo era altrove, a preparare il pranzo. Di sicuro una piccola occhiata non sarebbe stata un problema…
Perciò Ace si trascinò via dal suo piccolo angolo di paradiso e camminò a piedi nudi per la stanza, scoccando occhiate colpevoli alla porta per tutto il tempo, e rimestò i fogli di carta finché non si imbatté in qualcosa che non sembrava definitivo o in codice.
Lo colpirono immediatamente. Invece della calligrafia chiara e scorrevole di Sabo, le parole erano scarabocchiate disordinatamente, con le linee trasandate e macchie d’inchiostro che coprivano intere frasi. All’iniziò suppose che appartenessero a qualcuno meno meticoloso di Sabo, ma poi scorse il suo nome.
Strizzò gli occhi, cercando di capire quell’incomprensibile calligrafia quasi tirando ad indovinare.

Ace si mosse verso di me, con ombre che si stagliavano contro il suo viso sudato ed arrossato, aprendo le labbra carnose mentre ansimava come uno stallone. Le candele tremolanti illuminavano parti del suo petto nudo . Non potei fare altro che raggiungerlo e toccarlo con agitate dita tremanti, non potei far altro che disegnare le pianure e le valli dei suoi muscoli definiti e la cima del suo capezzolo rosa chiaro, il colore dei fiori primaverili.
Quando ne grattai uno con le unghie, Ace inarcò la schiena, gemendo profondamente e rocamente. Le sue labbra sbatterono contro le mie, spargendo una tempesta infernale di lussuria giù nel mio addome. Gli stringo le spalle, implorando silenziosamente per altro.
Con un sorriso furbo, Ace aprì la bocca per un bacio profondo. Le nostre lingue duellarono, ma presto mi sconfisse e sinuosamente si spinse più in fondo. Il suo gusto invitante mi offuscava la mente.
“Calmati, amore,” disse, tornando indietro, e allora realizzai quanto forte stavo tremando. “Abbiamo appena iniziato. Non c’è bisogno di andare in fretta…”
Le sue mani, innaturalmente calde a causa della maledizione che possedeva, spingevano i miei pantaloni aperti giù per le cosce…

Il resto proseguiva con nudità gratuite, eufemismi fallici più di quanti ne potesse mai immaginare, e cose che due uomini potevano fare assieme di cui non era mai stato a conoscenza. Grugnire. Gemere. Gridare. Contorcersi. Il tutto scritto dal punto di vista di Sabo.
Ace era ancora lì in piedi, stringendo disperatamente quei fogli ormai spiegazzati e la faccia che bruciava più delle sue fiamme innaturali, quando Sabo aprì la porta ed entrò a grandi passi con un vassoio di panini in equilibrio sulla mano. Non poté guardarlo negli occhi, ancora fissato su quei fogli di pergamena. Voleva bruciarli e gettare le ceneri in mare. Voleva nasconderli nella tasca e pretendere che non li avrebbe riletti più tardi – molto più tardi, da solo – una mano che teneva la pergamena spiegazzata e l’altra abbassata a fianco dei suoi pantaloni.
Sfortunatamente, non ne ebbe la possibilità prima che Sabo lo notasse, con lo sguardo che passava fra quelle che immaginava essere delle guance molto, molto rosse e le pagine. Fu solo quando gli occhi di Sabo si spalancarono tremando che Ace guardò veramente il fratello.
“Io – Oh, Dio, mi dispiace così tanto. Ero u-ubriaco, così tanto che non ci crederesti, e pensavo di distruggerlo – Ace, per favore perdonami, anche se capirei se non potessi sopportare –“ Sabo si stava perdendo, aveva gettato la sua solita eleganza fuori dalla finestra, sostituendola con quelle scuse farfugliate, ed Ace improvvisamente seppe che anche se quel terribile porno era stato il risultato di una sbornia di cui certamente avrebbe poi chiesto spiegazioni, era qualcosa su cui Sabo stava riflettendo.
Deglutendo tutto il groppo in gola, Ace fece un passo in avanti e mise fine ai biascicamenti di scuse di Sabo con un bacio. Lo fece leggero, cauto, aspettando di vedere cosa l’altro avrebbe fatto. Era sconvolto da quanto sperava che Sabo lo accettasse; non ci aveva mai davvero pensato, ma ora che stava succedendo non poteva immaginare perché diavolo no.
Sabo emise un suono sorpreso, basso, che sibilò attraverso le sue labbra, e poi esitante si avvicinò, quasi come se si aspettasse di essere respinto.
Idiota, pensò con affetto.
“Sabo,” disse a voce alta. “Diamo a queste cose una possibilità, hm?”
Quello valeva il sorriso che Sabo gli regalò mentre prendeva le pagine, appoggiandole all’angolo del suo fantastico letto – per riferimento – mentre lo baciava ancora.
Valeva decisamente.

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