I've no idea who I am.

di underaheavycloud
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Aprì gli occhi lentamente e la luce abbagliante la accecò, tanto da farglieli chiudere di nuovo e poi aprirli ripetutamente.
Una volta riuscita a mettere a fuoco la stanza si rese conto di trovarsi in una camera sconosciuta, con mobili strani, inusuali.
Sembrava quasi la stanza di un ospedale, visto tutto quel bianco, quella grande finestra che dava sul giardino e i pochi mobili buttati su un lato della parete.
Roxane si alzò dal letto, cercò le pantofole e dopo averle indossate si avvicinò alla finestra per osservare.
Quello che vide fu un giardino pieno di panchine, occupate da vecchietti o comunque adulti, intenti a borbottare tra loro e un grande parcheggio, dove intravide anche alcune ambulanze.
Era davvero in un ospedale, allora.
Guardò i vestiti che indossava e un senso di stordimento la colpì, tanto da farla barcollare.
Si aggrappò al comodino accanto alla finestra, ma nell’intento fece cadere un vassoio, e il bicchiere e il piatto si ruppero al contatto con il pavimento.
La ragazza cercò di raccogliere tutto,di rimediare, ma subito sentì la porta aprirsi e una infermiera entrò correndo eccitata.
- Oh signore, ti sei fatta male gioia? Quando ti sei svegliata? Devi stare assolutamente a letto, corri, infilati sotto le coperte, su! – disse tutto d’un fiato, senza lasciare a Roxane il tempo di pensare.
Dopo essersi accertata che tutto fosse in ordine, l’infermiera corse fuori a chiamare il medico, che, anche lui eccitato, si presento in fretta in camera della ragazza.
- Come stai cara? – chiese sorridendo incoraggiante.
Lei cerco di formulare una risposta adatta, ma non ci riuscì.
Si sentiva così strana, come se non provasse niente, eppure ogni cosa le sembrava nuova.
- Non lo so signore, mi dica lei cosa mi è successo. -
Il medico la guardò accigliato e le si avvicinò sospetto. – Roxy, ti senti bene? -  le chiese.
La ragazza annuì indecisa ma non rispose.
- Ti ricordi qualcosa di quello che è successo? -
Scosse la testa.
- Pensi che la presenza di Louis potrebbe aiutarti a ricordare? -
Stavolta era lei ed essere accigliata. – Chi è Louis? - 
- Come chi è, è il tuo ragazzo, non ricordi? Roxy, sei sicura che va tutto bene? Raccontami qualcosa di quello che hai fatto prima dell’incidente, avanti. -
La ragazza cercò di formulare qualcosa, ma si rese conto che nella sua testa non c’era niente.
Tutto ciò che riusciva a ricordare era il bianco abbagliante della luce che la aveva accecata poco prima, niente di più.
- Io non ricordo niente di tutto ciò, signore. Non riesco a ricordare niente. Cosa mi sta succedendo? -
- Ok, stai tranquilla. Hai perso la memoria, ma vedrai che la otterrai di nuovo, ok? Ti ricordi almeno di chiamarti Roxane, vero? -
Lei annuì.
Le era rimasto solo il suo nome.
- Stai calma, non c’è bisogno di agitarsi, … - disse lui indaffarato a scrivere sulla cartellina – non preoccuparti … -
A lei sembrò che l’unico che doveva stare calmo fosse lui, ma non glielo fece notare.
- Lei chi sarebbe, scusi? Voglio dire, sembra che abbiamo parecchia confidenza, è per caso mio amico? -
-Certo, sono il padre di Louis! Lui è il tuo ragazzo, state insieme da quando eravate piccoli così! Ora avete diciotto anni, vedrai, quando ti tornerà la memoria scoprirai quanto tutto questo può sembrare buffo! -
Balbettò tutto questo di fretta, dopo di che estrasse il telefono dal taschino e chiamò qualcuno.
- Ho avvertito i tuoi genitori che ti sei svegliata, saranno qui in un attimo, non ti preoccupare. Stai tranquilla.  -
Lei annuì. -  Sono calma, giuro. -
Anche lui annuì e poi sparì chiudendosi la porta alle spalle, lasciandola sola.
Roxane allisciò le coperte con le mani, sistemando tutto il più possibile e si appoggiò al cuscino, riflettendo.
Tutto ciò che ricordava della sua vita era quello che era appena successo in quella stanza, e non si spiegava come. Avrebbe avuto certamente risposte dai suoi genitori.
Poi si accorse di non ricordare nemmeno loro. Si sentiva come la figlia di nessuno, una ragazza senza affetti, conosciuta al mondo magari, ma senza nessun riferimento.
Con questi pensieri nella testa, si addormentò.



-Tesoro mio, svegliati! – una voce strana, di una donna strana, la svegliò.
Roxane aprì gli occhi e si trovò davanti una figura smilza, snella, di una cinquantenne che aveva voglia di dimostrare almeno venti anni di meno.
Aveva la faccia completamente truccata, doveva aver fatto qualche ritocco, di sicuro, e soprattutto aveva un colorito che dava troppo sull’arancio per sembrare naturale.
- Chi sei? – le chiese senza troppi complimenti, e la donna alzò gli occhi al cielo.
- Smettila con la storia della perdita di memoria, non abbiamo tempo per queste sciocchezze.
Hai una lezione di equitazione tra due ore e la macchina ci sta aspettando di sotto, quindi vedi di darti una mossa. -
La donna cominciò a sistemare  le cose in una grande borsa e poi uscì dalla porta, senza nemmeno aspettare la ragazza.
Roxane, sorpresa e un po’ delusa, si alzò dal letto e si cambiò con i vestiti appoggiati ai piedi del letto.
Quella doveva essere sua madre, e dalla prima impressione, sembrava una persona poco simpatica.
Perché credeva che stesse fingendo?
Uscì dalla stanza e trovò sua madre e il dottore che parlottavano, finche non si accorsero di lei.
- Vieni Roxane, andiamo a casa. – disse la madre brusca, provocando una smorfia sul volto del medico.
- Sai Carol, credo debba stare a riposo. Non lasciarle praticare nessuno sport fino a domani, ok? -
La donna scosse la testa e sbuffò. – Non ti ci mettere anche tu Jacob. Lo sai com’è! E’ viziata e egocentrica, sarà un altro modo per avere tutta l’attenzione su di se, quindi se dico bene, si stuferà tra circa due ore e cambierà mossa.
Ora dobbiamo andare, saluta Louis e Anne. -
Detto ciò, prese la figlia per il braccio e la trascinò al piano di sotto, senza fare caso alla voce dell’uomo che la incitava a stare attenta.
- Tu sei mia madre, quindi. – disse Roxane, che era così confusa.
- No, sono la fata turchina! Ma che domande fai, dacci un taglio. – le disse la madre.
- Guarda che non mi sto inventando proprio niente, non ricordo davvero niente, quindi potresti per favore, spiegarmi quello che è successo? – chiese Roxane, con calma, ma la donna non la ascoltò, anzi entrò in macchina e disse all’autista di dirigersi verso casa.
- Ti avverto adesso, così non avremo problemi a casa. Tuo padre è  molto stressato, ha avuto una conferenza a lavoro e domani avrà una giornata piena, quindi vedi di non infierire con le tue storie da adolescente, intesi? -
- Ma io non ricordo davvero niente. – sussurrò Roxane, più a se stessa che alla madre.
Perché tutta quella cattiveria? Perché quella indifferenza?
- Ho avuto un incidente, giusto? -
La donna annuì. – Si, eri con Louis a fare non so cosa, non dirmelo, non voglio saperlo,  e sei caduta sbattendo la testa, così Jacob ti ha ricoverato in ospedale. -
La ragazza annuì.
Era cominciato tutto da lì, allora.
- Non voglio andare ad equitazione oggi, posso vedere Louis? – disse innocente, sperando che quella fosse la solita espressione che utilizzava in situazioni simili.
- Solo per stavolta, e perché l’ha detto il dottore, altrimenti mi sentivi!  Su, scendi. Siamo arrivate. -
L’autista aprì la portiera e Roxane lo ringraziò sorridendo.
Questo provocò al ragazzo uno sguardo stupito e imbarazzato, e alla madre uno sbuffo impaziente.
- Da quanto hai cominciato a ringraziare? -
- E’ educazione, perché non dovrei? -
La donna fece spallucce e entrò in casa. O meglio entrò nel palazzo, perché quella era proprio una reggia.
Sembrava avere migliaia di stanze enormi, viste le finestre e il giardino era immenso.
Si chiese se per caso, la lezione di equitazione non si sarebbe tenuta proprio lì.
Entrò anche lei e un maggiordomo la scortò nella sua stanza insieme alle borse piene di vestiti, lasciandola poi sola.
Si guardò intorno e si accorse di avere per se, una camera che una normale famiglia avrebbe utilizzato per vivere insieme.
C’era un letto enorme in fondo alla parete, una finestra enorme che dava su un balcone altrettanto grande, e uno scrittoio pieno di trucchi e roba varia. Nella parete opposta invece c’era un armadio immenso che dava l’impressione di essere pieno.
“Che razza di persona ero prima dell’incidente?” si chiese preoccupata.
Qualcuno bussò alla porta interrompendo i suoi pensieri, così andò ad aprire e trovò davanti a se un ragazzo bellissimo , che le sorrideva.
Aveva degli occhi chiari verdi, ma pieni di sfumature, e dei capelli sistemati in modo disordinato.
Doveva essere Louis, pensò.
- Ei piccola, ti sei ripresa. – disse.
Roxane alzò le sopracciglia per fargli capire la sua sorpresa e lui rise.
- Andiamo, ti hanno scoperta, non puoi andare avanti con questa storia della perdita di memoria!
Inventatene una più credibile. – le disse sogghignando e poi chiuse la porta alle sue spalle, trascinando la ragazza sul letto.
- Ti va di farlo? – le chiese, ma a lei sembrò più un ordine.
Si alzò di scatto dal letto e scosse la testa sicura.
- Senti, mi hanno detto che ho avuto un incidente con te e che noi due stiamo insieme, quindi invece di comportarti in questo modo, potresti raccontarmi quello che è successo? -
Louis sgranò gli occhi e sorrise maligno. – Roxane che rinuncia a venire a letto, è da segnare sul calendario questa data.
Seriamente tesoro, con me non serve fingere. -  le disse, e le si avvicinò malizioso, cercando si arrivare ai bottoni dei pantaloni.
La ragazza, però, arretrò e cominciò ad arrabbiarsi. – Non so nemmeno chi sei, quindi fammi il piacere di togliermi le mani di dosso.
Ma che diavolo ha questa famiglia, che schifo di vita facevo una settimana fa? Non posso credere che vi stiate davvero comportando in questo modo! -
Roxane corse fuori dalla stanza, fino a raggiungere le scale e si precipitò in giardino.
Trovò un angolo appartato e si sedette su una panchina, pensando.
Jacob, dottore e padre di quell’idiota del suo ragazzo, aveva detto che avrebbe ottenuto presto la memoria, forse.
Ma lei voleva davvero ricordare tutto ciò, o magari era meglio ricominciare da capo?
Niente di quello che aveva visto fino a quel momento le era sembrato che valesse la pena di essere ricordato.
C’era tanto di quell’odio e disprezzo lì dentro, e lei si chiese se non ne avesse fatto parte fino a poco tempo fa.



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Eilà gente!
ho appena cominciato a scrivere questa nuova fan fiction, visto che ho terminato l'altra!
Sparo vi piaccia, buona lettura!  :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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Non c’è niente di più bello di una giornata all’aria aperta spesa a passeggiare sotto i raggi del sole.
Questo era quello che stava pensando Roxane in quel momento, cercando di scacciare via dalla sua testa tutto il resto.
Camminava contando gli alberi che incontrava, sorridendo alle persone e saltellando ogni tanto.
Si sentiva così leggera, eppure oppressa.
Leggera perché sapeva di poter ricominciare da capo.
Oppressa perché nessuno, all’interno della sua famiglia, le avrebbe permesso di prendere una direzione diversa dalla precedente.
Arrivò al parco finalmente, dopo almeno venti minuti che camminava. Casa sua era grande, ma anche parecchio isolata dalla cittadina.
Si accorse di una libreria che si trovava proprio vicino all’entrata, così decise di fare un salto lì prima di proseguire con il suo giro turistico.
Entrò e un odore di carta la inebriò.
Sorrise a se stessa e si avvicinò ad uno scaffale a caso, cercando qualcosa che la incuriosisse.
Passò almeno dieci minuti a leggere trame di libri di ogni genere, per poi sceglierne uno.
Chissà se era mai stata lì, se le piaceva leggere o se magari avesse già letto quel libro.
Erano così tante le risposte che desiderava, eppure non sapeva a chi potersi rivolgere.
Tornò a dedicarsi alla passeggiata  e dopo aver trovato una panchina all’ombra, si accomodò per leggere in tranquillità.
Non fece in tempo a leggere che venne interrotta da due ragazze.
- Roxy! Come stai, gioia? – le disse una delle due, una tipa bionda, più bionda di Roxane, con un’espressione poco sincera.
L’altra annuì al suo fianco e non lasciò nemmeno il tempo di una risposta. – Si, siamo state molto preoccupate! Louis ci ha raccontato tutto. -
Eppure non sembra preoccupata proprio per niente, pensò Roxane.
- Emm, sto bene, grazie. Louis vi ha raccontato anche del fatto che ho perso la memoria? -
Le due risero e si guardarono complici.
- Si, certo, la perdita i memoria. Senti tesoro, ci vediamo domani a scuola, che ne dici? -
Si avvicinarono, le baciarono la guancia e poi sparirono, senza smettere di ridere.
- Mah, esisterà qualcuno normale qui? – mormorò Roxane, poi però alzò le spalle arresa e continuò a leggere.



La cena fu tutto tranne che piacevole.
Certo, il cibo era dei migliori, solo la compagnia lasciava a desiderare.
Sua madre e suo padre erano seduti ai capi opposti del tavolo, che era talmente grande da non permettere quasi una normale conversazione.
Lei e Louis invece erano stati fatti accomodare uno di fronte l’altra in modo da poter parlare liberamente.
- Non esagerare con la pasta tesoro, lo sai che fanno i carboidrati. -  le disse la madre acida, poi guardò sprezzante il piatto di Roxane e continuò a mettere in bocca la sua insalata scondita.
Louis rise. – Non ingrasserebbe di un grammo nemmeno se mangiasse cinque piatti di pasta di seguito. -
Il padre di Roxane sembrò d’accordo, infatti si unì alla risata.
- Hai ragione figliolo, è una delle doti di famiglia. Si sa, la bellezza è importante, e siamo così fortunati a non dover pensare alle diete come tua madre. -
Roxane annuì, ma non riuscì a ridere anche lei.
Cosa c’era di tanto grave in qualche chilo di troppo?
Il problema lì dentro era che non si accettava niente che fosse imperfetto.
- Domani c’è scuola. – disse lei, pensando ad alta voce.
- Già, spero che manchi l’insegnante di educazione fisica, non ho proprio voglia di fare una partita a rugby. – disse Louis e Roxane sgranò gli occhi.
- Abbiamo un campo da Rugby a scuola? -
Suo padre rise, ma il ragazzo alzò gli occhi al cielo. – Basta Roxy, dacci un taglio. -
La madre annuì. – Si fiorellino, smettila. – poi le lanciò uno sguardo d’avvertimento, guardando poi il marito e Roxane annuì afflitta.
Come poteva far capire davvero che aveva perso la memoria? Possibile che lo le credevano? Roba da matti.
Louis si alzò di scatto, si avvicinò  per baciare la ragazza e si congedò, salutando con troppe moine i genitori.
- Posso alzarmi? – chiese Roxane e il padre annuì confuso.
Lasciò la stanza e si diresse verso il bagno della sua camera per fare una doccia, ma appena entrò si accorse che c’era Louis sul letto.
La stava guardando in modo malizioso, e lei capì subito perché. No, non di nuovo, pensò.
- Non eri andato via? -
Lui rise e si alzò. – Piccola, facciamo così ogni volta che vengo qui a cena.
I tuoi non se ne sono mai accorti, perché fai così ora? Non eri tu che amavi farli arrabbiare, poi? -
Lei scosse la testa e si sedette sul letto. – Senti Louis, se davvero mi ami come tutti dicono, stammi a sentire. Ti giuro che non mi ricordo un accidente di quello che ho fatto prima di essermi svegliata in ospedale e non so che fare perché nessuno mi crede! Sembra che non importi a nessuno, che io sia stata una ragazzina così poco credibile prima.. -
Notò che il ragazzo aveva assunto un’espressione leggermene confusa. Che si stesse rendendo conto della verità?
Lui scosse la testa, come per scacciare via i pensieri dalla testa e sorrise.
- Nah, non funziona così con me, tesoro. Mi avevi detto che non avresti finto, che l’avresti fatto solo con i tuoi. Non ci provare,  non mi freghi. -
Poi uscì dalla finestra, scavalcò il balcone e scese dalla scaletta di legno fino a raggiungere la sua macchina parcheggiata lì fuori.
- Fantastico. – sussurrò Roxane. Non sapeva da che parte cominciare.
Prese il suo cellulare e cercò il numero del padre di Louis.
- Pronto, salve Jacob, scusi il disturbo. Volevo chiederle se le andrebbe di vederci domani, ho bisogno che lei si accerti che la mia perdita di memoria sia reale. Qui credono ancora che io stia fingendo e non mi aiutano di certo. -
Accettò. Magri l’indomani avrebbe risolto qualcosa, chi lo sa.
Magari i suoi avrebbero creduto ad un pezzo di carta che certificava il suo stato.
O erano superiori persino a quello?



Si svegliò a causa delle urla di sua madre che cercava di farsi sentire dal piano di sotto.
Era tardi, terribilmente tardi, solo Roxane non sapeva a che ora puntare la sveglia, non sapeva come arrivare a scuola e nemmeno che materie preparare, così non aveva pensato a niente di tutto ciò.
Si lavò e si vestì di fretta,  cercando di conciarsi nel modo meno appariscente possibile e poi schizzò in cucina per fare colazione.
- Dove vai? – una voce cavernosa rimbombò nel corridoio e un uomo in vestaglia uscì dalla stanza.
Era suo padre. – Vado a fare colazione in cucina, perché? -
- Perché lo sai che la colazione non viene servita dopo le 7 e 30. Hai fatto tardi, andrai a scuola a stomaco vuoto. – disse burbero, lasciandola sena parole.
Forse si era sbagliata, magari quello era un hotel e lei non se ne era resa conto.
- Mah … - borbottò tra sé. Uscì di casa e trovò sua madre ad aspettarla davanti la macchina.
- Hai preso tutto? I libri, le altre cose che ti porti di solito insomma! – le chiese con finta apprensione, anzi carica di acidità.
Roxane annuì e salì in macchina.
Arrivò a scuola in cinque minuti, avrebbe potuto fare il percorso anche a piedi, infatti, ma sua madre le disse che era una sciocchezza.
- Cosa penserebbe di noi la gente se ci vedesse andare a piedi? Che siamo dei poveracci, ecco cosa! -
E la liquidò così.
Una famiglia con molto dialogo, la sua.
Si trovò davanti l’entrata della scuola sena rendersene conto. A farle aprire gli occhi fu un ragazzo occhialuto che le andò a sbattere contro.
Non appena vide con chi aveva a che fare, lui cercò di scusarsi in tutti i modi, allontanandosi preoccupato,  ma poi Roxane gli sorrise e sussurrò un “non ti preoccupare”, che lo fece rimanere ancora più sorpreso.
Lei entrò nell’edificio, che era bellissimo e molto curato, e tutti si voltarono verso di lei.
Doveva essere proprio una di quelle che mettevano in riga tutti.
Trovò Louis appoggiato a una colonna che gli sorrideva malizioso, come se non conoscesse un’altra espressione eccetto quella.
- Buon giorno raggio di sole. – le disse, e la avvicinò a sé per baciarla.
Lei però fece in tempo a ritrarsi e Louis sbuffò sonoramente. – Che c’è ora? – chiese scocciato.
Lei gli sorrise. – Indovina un po’. –
- Ancora con quella storia. Dacci un taglio una volta per tutte, Roxy! Senti, ci vediamo in palestra in terza ora, ti aspetto nello spogliatoio. E’ vuoto in quell’ora, capisci cosa intendo … - le fece l’occhiolino e sparì con i suoi amici.
Idiota.
- Roxy, amore, come stai? – erano di nuovo le ragazze che aveva incontrato al parco, solo con altri cinque o sei cloni che si comportavano allo stesso modo.
- Alla grande. Cosa abbiamo in prima ora? –
- Chimica. Oggi abbiamo tutte le lezioni insieme, non ricordi? Vieni, ti devo raccontare di Danny … -
Almeno aveva trovato qualcuno che sapeva cosa fare.
Venne trascinata da quelle chiacchierone e la giornata passò così, a sentire pettegolezzi e giudizi sui vestiti altrui.
Arrivata l’ultima ora, venne convocata dalla preside e così al termine delle lezioni si recò nel suo ufficio.
La donna sembrava una tipa molto severa, chissà se magari andava d’accordo con sua madre.
- Siediti cara. Sto per darti una bella notizia che piacerà sicuramente a Carol. – ecco, appunto.
Roxane accennò un sorriso cortese e la donna continuò. – Sei stata  scelta come studentessa dell’anno e a breve ti verrà consegnato una targa e un certificato. Devi essere fotografata, inoltre, per affiggere la tua foto tra quelle degli studenti degli anni passati. -
Caspita, era proprio brava allora!
Annuì e ringraziò la preside e appena potè, sgattaiolò da quel mare di cortesia e giri di parole.
Trovò l’autista che la aspettava davanti la macchina, come al solito, solo senza sua madre.
Si avvicinò a lui e gli sorrise.
- Salve. Posso farle una domanda? – gli chiese e lui un po’ sorpreso, annuì.
Roxane prese un bel respiro e parlò. – Non so se ha sentito i discorsi che faccio con mia madre in macchina, ma ho perso la memoria. Lei non mi crede ma è la verità così ora devo andare in ospedale dal padre di Louis per fare un controllo. Potrebbe accompagnarmi? -
La sorpresa dell’autista era svanita pian piano. Ora sembrava più serio ma sereno.
- Mi ero accorto che qualcosa non andava in lei. – disse, poi si rese conto di essere stato poco carino e si riprese. – Cioè, non voglio dire che lei sia …-
Roxane non gli lasciò il tempo di finire la frase però. – Stia tranquillo, so che ero un disastro. -
Lui annuì sconfitto. – Si, beh. Diciamo che maleducata, arrogante e presuntuosa  rendono bene l’idea. -
La ragazza trattenne una risata sommessa. – Già. Sono cambiata comunque. Si può dire che l’incidente mi abbia fatto bene, a parte il fatto che non ricordi chi sono. -
- Beh, per questo c’è sempre tempo. Una cosa per volta. Ora la accompagno dal dottor Tomlinson e poi vedremo cosa fare. Dopo di lei. – la invitò a salire in macchina e la ragazza si sedette  sul sedile posteriore.
Era più tranquilla ora.
Sentiva di aver trovato un amico, qualcuno di cui fidarsi.
Non avrebbe dovuto affrontare tutto questo da sola.



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here I am.
Allora, cosa ne pensate stavolta? Scusate l'attesa, mi sono presa un po' di tempo per definire bene la trama, così sarà più facile scrivere il resto! 
Voglio sapere se vi piace, mi raccomando! 
Un bacione :D

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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-Grazie Jacob, spero che tutto si sistemi ora. -
Il dottore annuì deciso e consegnò a Roxane i documenti.
C’era speranza nel suo sguardo, e la ragazza non poté fare a meno di sospirare.
- Dovranno, o se la vedranno con me i tuoi genitori! Sei stata sottoposta a tutte le visite necessarie e sono risultate tutte positive. -
Annuì sicura.
- Ora, - continuò il signor Tomlinson. – dovresti proprio vedere una psicologa, potrebbe farti comodo vista la situazione. Consiglio sempre varie sedute ai pazienti con perdita di memoria. -
Roxane non aveva voglia di spiegare che lei non aveva proprio intenzione di avere indietro la sua memoria, ma diede ragione al medico.
Sapeva che di Jacob ci si poteva fidare, non era come i suoi genitori, eppure non era ancora del tutto certa.
- Certo, parlerò ai miei anche di questo. Grazie ancora Jacob, arrivederci. -
Uscì dall’ospedale sicura che qualcosa sarebbe cambiato.


Arrivò a casa che i suoi stavano mangiando, così colse subito l’opportunità per spiegare.
Carol, sua madre, alzò lo sguardo verso la figlia quando entrò. – Dove sei stata? -
- In ospedale. -
Il padre alzò lo sguardo e la  fissò. – Perché, è successo qualcosa? -
Roxane scosse la testa. – No, volevo solo fare delle analisi per convincervi che ho perso la memoria. -
- Roxane basta con questa storia! – urlo la madre, ma la ragazza le tirò la cartella di documenti vicino al piatto.
Suo padre si alzò e li strappò dalle mani della moglie, guardandoli concentrato.
- Carol, dai un’occhiata qui. Secondo le analisi lei ha davvero perso la memoria. – tornò a fissarla, a scrutarla attento e poi tirò fuori il telefono dalla tasca. – Chiamo Jacob. – disse, e poi uscì.
- Mamma, io ti giuro che dico la verità. -
La donna sbuffò. – Beh, almeno si spiegherebbe il perché di tutta questa gentilezza. – poi si alzò anche lei e sparì in salotto.
- Grandioso. – urlò Roxane al vento e corse in camera sua. Aveva bisogno di stare sola.
Chiamò Louis, l’unico che conoscesse, praticamente, e gli chiese di raggiungerla a casa.
Lui arrivò in un attimo, entrando dalla finestra.
Era così carino, così sicuro di se. Se non fosse stato così presuntuoso e maleducato..
- Ei piccola, come mai tutta questa voglia di vedermi? -  le disse, dandole un bacio sulla fronte.
Lei si sedette sul letto e gli allungò i documenti che aveva fatto vedere ai genitori poco tempo prima.
- Se non ti fidi di me dovrai credere per forza a questi. -
Lui capì in un attimo. – Sei stata in ospedale? – lei annuì e lui continuò a leggere. – Qui dice che è stata riscontrata davvero una perdita di memoria. -
Roxane storse la bocca  guardando l’espressione del ragazzo e alzò gli occhi al cielo. – Non credi nemmeno a tuo padre? -
- Certo che ci credo, ora ti credo. – poi assunse una espressione pensierosa e la fissò. – Ma non cambia niente no? Cioè noi stiamo sempre insieme, andremo al ballo e ci incoroneranno re e regina come hai sempre sognato da piccola. Siamo i più fighi della scuola, te lo ricordi questo, no? -
Non ci poteva credere, era un idiota.
- Louis, con tutti i problemi che ci sono ora, tu pensi a questo? -  era sconcertata.
- Beh si, cioè quali altri problemi ci sono? Questo è anche un mio problema, io devo pensare alla mia immagine! -
- Stai scherzando? – gli chiese, quasi furente, anche se già sapeva la risposta.
- Affatto. -  disse lui, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Roxane allora gli sorrise.  - Esci da questa camera. Ora. -
- Non abbiamo finito di discutere.. -
- Vattene Louis. Sei ripugnante, non ho niente di cui parlare con te. -  lo spinse fuori dalla stanza e gli chiuse la porta in faccia.
Era finita, per quanto avesse cercato di salvare qualcosa che era presente nella sua vita precedente, quello era troppo.
Accese il computer per cercare qualche informazione sulla sua scuola e notò che sul sito ufficiale c’erano delle foto.
Trovò il suo viso in diversi punti, così guardò l’annuario.
Era presidente delle cheerleader, aveva vinto innumerevoli premi per varie discipline scolastiche ed era tra i rappresentanti del suo istituto.
Non c’è che dire, si dava da fare all’interno di quel manicomio e anche Louis non era da meno.
Non eccelleva come lei ma aveva molti riconoscimenti sportivi e sembrava essere molto popolare.
Aprì la casella postale e trovò un’e-mail da leggere.
Era un invito della preside a farsi trovare nel suo studio il giorno seguente per la consegna del certificato e della targa.
“Fantastico”,pensò, “non ho un attimo di tregua in questa vita”.
Si buttò sul letto senza nemmeno spostare tutto ciò che c’era sopra e si addormentò.



Le sette e mezza.
Aveva mancato di nuovo la colazione, bene.
Si alzò di corsa, si lavò e si vestì rapida. Non avrebbe fatto più ritardo, non avrebbe scocciato i genitori. Sarebbe stata invisibile!
Una volta pronta, corse di fuori e trovò sua madre ad aspettarla davanti la macchina.
- Buongiorno cara, oggi verrò con te per fare due chiacchiere con la preside riguardo tua situazione. -
Nessuna scusa, nessun ‘mi dispiace’ , niente.
- Ok – disse la ragazza e dopo aver salutato Dave, l’autista, si infilò nel sedile posteriore.
Non parlarono affatto durante il breve percorso e appena arrivarono, Roxane scappò senza nemmeno salutare la madre.
Raggiunse il suo armadietto senza pensare, poi si rese conto di non conoscere la combinazione.
Grandioso.
Non poteva fare altro che raggiungere la preside, le serviva qualcuno che spiegasse a tutti il suo problema.
Entrò nel suo ufficio e trovò lì sua madre, come doveva aspettarli. Era lì per quel motivo, d’altra parte.
- Buongiorno signorina Blake. – le disse gentilmente la preside e Roxane sorrise. – Tua madre mi stava appunto dicendo del tuo problemino. Ora si spiega la tranquillità che hai da un po’.
Comunque, ora chiamerò tutti i docenti prima delle lezioni per avvertirli. Non devi sentirti sotto pressione, puoi prendere il tempo che vuoi per metterti in pari con le lezioni. – poi la guardò materna. – sei sicura di riuscire a farcela anche stando nel corpo studentesco e nella squadra di cheerleader? -
Roxane ci pensò per un momento. Era stata davvero carina la preside a preoccuparsi per lei, la stava aiutando davvero tanto.
Stava pensando di lasciare quelle inutili distrazioni quando sua madre la precedette.
- Certo che ce la fa, lei è una Blake, deve essere importante e popolare nella scuola! – disse acida, snobbando la proposta che la preside aveva appena fatto alla figlia.
Questo fece decidere Roxane. – Vorrei ritirarmi da entrambe. -
La preside le sorrise comprensiva e poi guardò Carol.
Le era sembrata severa quella donna, ma era molto materna e protettiva. Non era affatto come sua madre.
- Stai scherzando tesoro? – le chiese, guardandola in faccia per la prima volta e la ragazza scosse la testa decisa.
- No mamma, non me la sento quindi.. mollo. -
- Benissimo, non ho più niente da fare qui, allora. – così si alzò e uscì senza nemmeno salutare.
Roxane guardò la preside cercando di scusarsi e lei scosse la testa.
- Conosco da molto tempo tua madre, so come è. Sono più sorpresa del tuo comportamento, piuttosto.-
La ragazza si grattò la testa e abbassò lo sguardo. – Non vado fiera di quello che ero prima dell’incidente. -
La donna annuì. La capiva.
- Beh, che ne dici di aspettarmi nell’aula magna? Io devo informare i professori di questa faccenda e poi possiamo procedere alla tua premiazione! -
Così si congedarono e Roxane raggiunse, non senza difficoltà, l’aula magna.


Era enorme, piena di sedie e finestre che lasciavano entrare così tanta luce!
Roxane si diresse verso il fondo della sala, dove c’era un piccolo palco e alcune persone sedute che si girarono sentendola entrare.
Un uomo dal’aria simpatica si alzò e le si avvicinò per presentarsi.
- Salve, - le disse porgendole la mano – sono il signor Styles. Penserò alle fotografie oggi, e mi hanno detto che sei una ragazza molto esigente. Preferisci uno sfondo in particolare oppure non so, dimmi tu. -
Roxane gli strinse la mano un po’ confusa e si guardò intorno.
C’erano una diecina di persone tutte per lei, e si rese conto che forse, esigente, lo era stata davvero.
- No, non si preoccupi, non c’è problema! Sono Roxane, comunque. – aggiunse sorridendo.
Il signor Styles annuì e poi si avvicinò al posto in cui era seduto e fece alzare un ragazzo, un tipo riccioluto, alto e magro, ma non troppo.
Portava una camicia che lasciava intravedere un petto muscoloso e un paio di pantaloni calati, forse anche troppo, ma che gli davano un’aria sbarazzina.
Per non parlare degli occhi. Verdi, con delle sfumature indecifrabili, quelle che non ti fanno distogliere lo sguardo, quelle che ti catturano.
Anche il suo modo di camminare era curioso; sicuro di sé eppure goffo e tutto di lui faceva pensare che avesse ereditato l’aria simpatica del padre.
Si avvicinarono verso Roxane e lui le sorrise.
- Ciao, sono Harry. – le disse e anche lui le strinse la mano.
- Roxane, ma puoi chiamarmi Roxy. – si sentiva leggermente intimidita, anche se non ne aveva motivo.
- Bene, - disse il signor Styles sorridendo ammiccante al ragazzo – vi lascio fare conoscenza. Devi sapere che mio figlio Harry sta cercando di imparare il mestiere, per questo me lo porto sempre dietro! – detto ciò si congedò e raggiunse gli altri per inserirsi nella conversazione.
Harry non sembrava imbarazzato, almeno non lo dava a vedere, così Roxane cercò di darsi un contegno.
- Allora... frequenti questa scuola? – gli chiese, cercando di iniziare una conversazione e lui scosse la testa sorridendo.
E che sorriso!
- No, vado alla scuola pubblica del quartiere. Sai, costa un patrimonio venire qui. -
La ragazza annuì. – Si, immagino di si. -
- E poi qui è tutto così serio! Vengo spesso per i servizi fotografici, progetti e roba varia e non vedo nessuno che si diverte. Sembrano tutti così rigidi, non trovi? -
Roxane stava per spiegare che lei proprio non lo sapeva come funzionava quella scuola, ma non fece in tempo. Proprio in quel momento infatti, la preside entrò e tutti si alzarono in piedi come gesto di riverenza alla regina.
Lei, dopo aver salutato tutti i presenti, si avvicinò a Roxane e le fece l’occhiolino.
- Siamo pronti, cara. -
Tutto durò non più di una mezzora.
Roxane venne fotografata con l’attestato e la medaglia, presentata a presidi di altre scuole venuti per complimentarsi e per varie motivazioni che a lei sfuggivano, e non ebbe nemmeno il tempo di respirare.
Finalmente, quando la lasciarono libera di tornare alle lezioni, corse a prendere la sua roba che aveva lasciato su una sedia.
- Beh, allora ci si vede. – Roxane si voltò e notò che Harry, il ragazzo apprendista, ce l’aveva proprio con lei.
- Oh, certo! – gli sorrise gentilmente, poi prese la borsa e sparì chiudendosi la porta alle spalle.


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ecco qui il nuovo capitolo! 
Spero vi piaccia, soprattutto viso che ho inserito Harry :)
un bacione, al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Aveva trovato un ritmo.
Certo, le giornate erano tutte uguali, monotone e noiosissime, ma almeno non aveva problemi.
Non erano i pomeriggi passati a studiare o a cavalcare che le dispiacevano, piuttosto il fatto di non avere amici, di essere sola.
A scuola ora tutti sapevano del suo trauma cranico e di ciò che ne derivava, quindi tutto era cambiato.
Le sue amiche, o meglio quelle ragazze che frequentava e comandava a bacchetta, erano dalla parte di Louis e trovavano ripugnante la sua idea di lasciarlo.
Il resto degli studenti non osavano nemmeno avvicinarsi a lei, neanche avesse la lebbra, e lei non li biasimava.
Chissà quante gliene aveva fatte a quei poveretti, era logico che non si fidassero e che portassero rancore!
Almeno i suoi genitori avevano smesso di torturarla e lei aveva capito che più invisibile era, meno problemi creava.
Triste realtà, certo, eppure Roxane che poteva farci?
 Era nella mensa, seduta in un tavolo vuoto e appartato. Mangiava sempre sola, nessuno le si avvicinava, ma almeno non le davano nemmeno fastidio.
Eppure quel giorno era diverso, sentiva qualcosa di strano nell’aria, come se dovesse succedere qualcosa anche se non riusciva a capire il perché.
Vide una ragazza, una che non aveva mai visto prima, cercare un tavolo libero e poi guardare verso di lei.
Quando si accorse che Roxane era sola si avvicinò e le sorrise sicura.
- E’ libero, vero? -
La ragazza annuì e sorrise a sua volta, incerta sulla situazione.
- Sono Claire, comunque. Tu sei Roxane giusto? -
Annuì. Sembrava simpatica, non come il resto delle ragazze di quella scuola.
Aveva un’aria infantile e dal viso sembrava dolce e ribelle, cosa che si poteva notare dalla pettinatura stramba e arruffata che aveva arrangiato.
- Beh, spero non ti dispiaccia se mangio qui oggi. Non c’è posto da nessuna altra parte. -
Roxane scosse la testa decisa. – No, mi fa piacere avere un po’ di compagnia. -
- Ho visto che stai sempre da sola da quando sei tornata. E’ vero che hai perso la memoria? – le chiese a bruciapelo, senza peli sulla lingua.
Che strana ragazza, pensò Roxane.
- Si, non ricordo niente che sia accaduto prima di un mese fa – stava giocherellando con il cibo, non sapeva come comportarsi.
Era contenta che quella ragazza fosse così amichevole, eppure non voleva brutte sorprese.
- Deve essere dura. – disse Claire comprensiva, senza smettere mai di sorridere. – Soprattutto visto che quello stronzo del tuo ragazzo non ti si fila di striscio ora. -
Roxane strabuzzò gli occhi e poi rise. – Si, anche se non mi da fastidio. -
- Avete fatto parlare tutti quando vi siete lasciati, sai. Eravate tipo “la coppia perfetta”. La reginetta della scuola con il giocatore di football. -
Annuì. – Non ne vado fiera. -
Claire allora la guardò con attenzione negli occhi. – E’ per questo che hai lasciato lui e tutta la banda? -
Perché stava parlando dei fatti suoi alla prima ragazza che le rivolgeva la parola? Roxane non sapeva dirlo, eppure sentiva di potersi fidare di quella ragazza.
- Non voglio essere la persona che ero prima. Voglio essere migliore, mi capisci? – Claire annuì e Roxane continuò. – Vedevo l’egoismo e la presunzione in cui vivevo ogni giorno a casa mia, con Louis, con le mie amiche e ho deciso di smettere, di cambiare. -
Claire allungò la mano verso la sua e la strinse forte.
- Sei una persona buona, Roxane. Loro non ti meritano. Ora vieni con me, abbiamo tempo da recuperare. – prese la sua borsa e trascinò la nuova amica con sé.
- tempo da recuperare? – chiese Roxane confusa e Claire le fece l’occhiolino.
- Certo, andiamo! -


Erano in un negozio di musica.
Claire stava scegliendo una chitarra, così Roxane diede un’occhiata in giro.
Il fatto di aver perso la memoria poteva essere d’aiuto per ricominciare una vita migliore, eppure c’erano anche tanti punti negativi.
Per esempio non sapeva dove dirigersi, che settore visitare, che musica scegliere. Non aveva idea di ciò che ascoltava prima.
Si avvicinò ad uno stereo collegato alle cuffie e le mise per ascoltare qualcosa, che però non fece un buon effetto.
Troppo rumore, le ci voleva qualcosa di più tranquillo e piacevole.
Roxane si voltò per provare qualcos’ altro quando si scontrò con qualcuno senza volerlo, facendogli cadere i vari libri che teneva in mano.
- Oddio, mi scusi tanto, non l’avevo vista! – disse chinandosi a raccoglierli e li porse al proprietario guardandolo in faccia.
- Oh.. – le uscì e il ragazzo sorrise.
Era Harry. Chissà se si ricordava di lei.
- Ciao Roxy. Come mai da queste parti? – le chiese amichevole e lei gli sorrise.
- Sto accompagnando un’amica. Deve scegliere una nuova chitarra. Tu invece? -
Lui fece spallucce. – Devo prendere qualche spartito, niente di che. -
- Suoni? -
Lui annuì. – Si, il pianoforte, ma non sono così bravo. Tu invece? Alla tua scuola vi insegneranno a suonare almeno tre strumenti contemporaneamente. -
Roxane lo guardò imbarazzata e scosse la testa. Doveva sempre parlare del prestigio della sua scuola, era leggermente fastidioso.
- Non lo so, non frequento corsi musicali. A casa ho un pianoforte però  e credo di saperlo suonare. – disse lei, più a se stessa però, e Harry rise.
- Credi di saperlo suonare? -
- Si beh, non ne sono certa, ho perso la memoria qualche settimana fa. -
Lui la guardò sorridendo, credendo che stesse scherzando, ma poi si accorse che era seria e lui fece altrettanto.
- Non lo sapevo, mi dispiace. Quando ci siamo conosciuti era già successo? – chiese e Roxane rise.
- Certo, non mi ricorderei di te altrimenti. -
Harry si grattò la testa e rise anche lui. – Si, giusto, che scemo. -
- Comunque, tu come te la passi? Il lavoro con tua padre procede bene? -
- Oh si, anche se tra quello e la scuola sono sempre pieno di impegni  e non ho un attimo per me. – sembrava un po’ contrariato, eppure felice.
A Roxane quel ragazzo stava proprio simpatico. Non solo era divertente, ma era anche umile e sincero  e parlarci le veniva così facile!
- Oh, a proposito! Ci vedremo presto nella tua scuola, mi hanno chiamato per una serata. Non posso dirti di che si tratta, visto che dovrebbero ancora annunciarvelo, ma ti assicuro che ti piacerà. -
Le fece l’occhiolino e poi guardò l’orologio. – Ma non dovresti essere a scuola, ora che ci penso? -
Roxane avvampò e si guardò intorno. – Dovrei. Diciamo che abbiamo saltato le ultime lezioni per prenderci una pausa. -
Harry rise. – Tranquilla, il tuo segreto è al sicuro. Ora devo proprio andare. E’ stato bello vederti, Roxy. A presto! – le sorrise per l’ultima volta e poi si allontanò verso la cassa lasciandola da sola davanti ad una montagna di cd.
- Con chi stavi parlando? – le chiese una voce alle sue spalle, così si voltò e trovò Claire con una chitarra in mano.
- Oh, un amico. Tu hai scelto? -
Lei annuì felice. Era così facile farla entusiasmare. – E’ carino! Non è che per caso è un amico che sta per diventare qualcosa di più? -
Roxane la guardò allibita e rise. – Claire! Certo che no, ci ho parlato solo qualche volta! Mi ha detto che ci sarà una serata a scuola, tu ne sai qualcosa? -
Lei scosse la testa e il discorso terminò lì. Magari l’avrebbero scoperto il giorno dopo.
Si salutarono dopo un intero pomeriggio passato insieme e Roxane tornò a casa più leggera.
Aveva trovato un’amica.


Il giorno seguente a scuola erano tutti entusiasti per la notizia.
La preside aveva parlato agli studenti e aveva spiegato che il sabato della settimana successiva si sarebbe tenuto un ballo in maschera nella palestra della scuola.
A Roxane non faceva impazzire come idea, così decise subito che non sarebbe andata.
Claire arrivò correndo e la raggiunse sulla panchina dove era seduta, intenta a mangiare il toast che si era guadagnata dopo la lezione di tennis che aveva affrontato.
- Ballo in maschera! E’ una figata, dobbiamo andare! -
Eccolo di nuovo, l’entusiasmo che contagiava anche le persone più depresse e tristi del pianeta.
- Non credo di venire, Claire. – le disse Roxane e la ragazza fece una smorfia.
- Andiamo Roxy, ci sarà da divertirsi! Anche se non avremo un accompagnatore, sarà un serata memorabile! – poi guardò maliziosa l’amica e sorrise. – E poi, non hai voglia di rivedere quel ricciolino? -
Roxane rise un po’ imbarazzata e scosse la testa. – Sei fuori strada, non mi interessa ‘quel ricciolino’. -
Claire però la stava guardando supplichevole e lei non voleva deluderla. Stavano imparando a conoscersi, magari quell’esperienza sarebbe stata importante per la loro amicizia. Sembrava una ragazza così brava..
- E va bene! Ma niente costumi strani, intesi? -
Claire saltellò battendo le mani, felice come non mai, e poi fece l’occhiolino a Roxane.
- Vedrai, creerò dei costumi belli da mozzare il fiato! -
- Creerai? Sei una stilista famosa e io non ne so niente, per caso? – chiese Roxane curiosa e l’amica annuì.
- Si, Prada e Bulgari non sono niente a confronto! No, a parte gli scherzi. Mi piace disegnare i vestiti e poi sono anche bravina a cucirli. Vedrai, sarà molto utile per tutti i balli e le feste che organizzano in questa scuola! -
Roxane era entusiasta. Non si aspettava niente del genere da lei, e doveva ammettere che era proprio una tipa imprevedibile, quella Claire.
- Grandioso, allora credo proprio che dobbiamo darci da fare! – e così passarono tutto il resto della giornata a programmare la serata.



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ssssssalve!
so che questo capitolo è cortissimo, ma volevo postarvi qualcosina mentre finisco di scrivere la parte più bella *-*
non vedo l'ora di farcìvi leggere li seguito! <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


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-Azzurro? Sei sicura che mi stia bene? -
Erano in camera di Claire, che aveva pregato l’amica di raggiungerla al più presto. Aveva terminato i vestiti.
- Certo, sta una meraviglia con i tuoi capelli scuri, e poi si intona con gli occhi! -
- Ok, fammelo vedere allora! -
Claire non se lo fece ripetere due volte. Tirò fuori dall’armadio prima un vestito rosso sgargiante e poi uno azzurro, così bello da lasciare Roxane senza parole.
Era lungo fino ai piedi ed aveva una linea così delicata! La scollatura a cuore faceva da fascia, completamente piena di brillantini, e poi la stoffa scendeva semplice, eppure in modo incantevole.
Era uno di quei vestiti che tutte le ragazze sognano di indossare.
Roxane non poteva credere ai suoi occhi. - Oh mio Dio, è magnifico! Sei bravissima, dovresti essere famosa, non hai niente da invidiare a stilisti di fama mondiale! -
Claire rise e si infilò il suo vestito.
Era così carina. L’abito rosso fuoco era corto, forse un po’ troppo, e lasciava notare le gambe lunghe e snelle della ragazza.
Era molto diverso da quello di Roxane, ma era bello ugualmente.
- Smettila, così mi ci fai credere! – le disse, e poi trovò un paio di scarpe da passare anche all’amica, che sgranò gli occhi.
- Così alte? – disse, ma si arrese senza obbiettare maggiormente.
Erano belle, certo, eppure le sembrava di camminare sopra ai trampoli. Ci avrebbe dovuto fare l’abitudine, a quanto pareva.
- Sei perfetta, Roxy! – le disse l’amica teneramente e la strinse forte.
Si conoscevano da poco eppure si volevano già bene.
- Ora devo andare a casa, mia madre ha detto che c’è una sorpresa e che devo essere presente. Non so perché ma non mi sembra niente di buono. -
Claire annuì e accompagnò l’amica alla porta, porgendole il vestito.
- Buona fortuna, allora! Ti chiamo stasera! -
Poi Roxane salì in macchina e Dave la portò a casa.


-Sei in ritardo. – Carol entrò in camera della figlia senza bussare e rimase ad occhi aperti, notando il disordine. –C’è stato un tornado qui dentro, per caso? -
Roxane sorrise, credendo che avesse fatto una battuta, ma poi tornò seria.
- Non ho avuto tempo per sistemare. -
- Beh, vedi di farlo ora o non ne avrai per un po’. – poi fece per uscire quando si ricordò di una cosa e si voltò di nuovo. – Indossa un bel vestito e levati quelle scarpe da ginnastica. Ti aspetto tra quindici minuti in salotto. -
Roxane sbuffò e si buttò sul letto. Perché doveva comandarla a bacchetta?
Si alzò per sistemare alla meno peggio tutti i vestiti buttati ovunque e cercò qualcosa di carino in fondo alla cabina armadio.
Aveva tanti di quei vestiti che scegliere non fu facile, poi si rese conto di dover essere presentabile solo per sua madre e suo padre, e afferrò un vestito blu molto semplice.
Si infilò le ballerine intonate e poi uscì dalla stanza raggiungendo il salotto.
Trovò la porta chiusa e prima di aprire sentì delle voci, quelle dei suoi genitori che parlavano con una ragazza.
Bussò e aprì la porta e una ragazza che sorrideva raggiante le si parò davanti.
Era alta e magra e aveva i capelli neri come lei. Gli occhi erano diversi però, non chiari e limpidi come Roxane, ma scuri e magnetici.
- Ciao Roxy! – disse la ragazza abbracciandola. – Ti ho portato da Oxford la torta che prendi sempre in quella pasticceria sotto casa mia, solo che ora zia Carol mi ha detto del tuo trauma cranico e quindi non credo tu possa ricordarla, giusto? -
Era sua cugina, allora.
Roxane era leggermente imbarazzata, ma non lo diede a vedere. – No, non ricordo proprio niente. Sei mia cugina? -
La ragazza annuì dispiaciuta, ma senza perdere il sorriso. – Si, sono Megan. Ci penserò io a farti tornare la memoria, vedrai! Ci divertivamo così tanto noi due! -
I zii della ragazza risero di gusto e poi Carol strinse la ragazza. – Si, eravate tremende, sempre a sparare sentenze. Vedrai, la farai tornare sulla buona strada, tesoruccio. – poi vi rivolse a Roxane e parte della felicità che si riusciva a scorgere nel suo viso sparì.
- Megan starà da noi per tutto il mese e se si troverà bene a scuola forse anche di più. -
Poi uscì dal salotto con il marito e lasciò le due ragazze sole.
- Ha detto zia Carol che starò nella stanza accanto alla tua, mi accompagni a portare la mia roba? -
- Oh, certo. Dove l’hai lasciata? – chiese Roxane, che non era per niente contenta di come stesse andando la situazione, nel modo più gentile possibile.
- All’entrata. Andiamo, sono parecchie cose. -
Ed erano parecchie davvero. Aveva portato due trolley e svariati borsoni, così ci vollero tre viaggi per portare tutto in camera.
Roxane lasciò sistemare la cugina e si rintanò in camera sua a sfogliare una rivista, quando sentì la porta bussare e aprirsi subito dopo.
-Ei Roxy, hai programmi per questo pomeriggio? -
Lei scosse la testa e Megan sorrise. Sembrava non sapesse fare altro.
- Ti va di fare un giro? Mi piacerebbe incontrare un sacco di gente che non vedo dall’anno scorso! Louis per esempio! -
Roxane stava per rispondere ma non fece in tempo e venne interrotta. –  Allora vado a prepararmi. – e sparì di nuovo per tornare dopo dieci minuti.
-Dove si va? -
- Non lo so, dimmi tu. – le rispose laconica Roxane e la cugina alzò gli occhi al cielo.
- Dove ti vedi di solito con gli amici? -
- Non mi vedo. Non frequento più la gente con cui uscivo l’anno scorso. -
Ora era Megan ad essere confusa. – E con chi esci? -
- Con una ragazza, si chiama Claire Smith. Siamo molto amiche. -
- Con la Smith? Oh mio Dio, ti conviene darci un taglio con quella. In giro si dice che spenda tutti i suoi soldi, che non sono pochi, per cucire vestiti alle bambole. Deve essere matta. – Megan rise e Roxane la guardò male. Era una risata cattiva, quella.
- Non è affatto matta e cuce i vestiti alle persone, non alle bambole. – le disse distaccata. – E poi le voci arrivano addirittura ad Oxford? -
- Se lo dici tu. – non era affatto convinta però. – Certo, mi tengo in contatto con tutti, io! Insomma, vogliamo uscire? -
- Si, mi serve un po’ d’aria fresca. – così Roxane prese la borsa e senza curarsi di Megan, uscì di casa e chiamò Dave, che era in cucina a fare merenda.
- Ti serve qualcosa, Roxy? – le chiese e lei scosse la testa.
- No, tranquillo. Facciamo una passeggiata in città, ci vediamo dopo! -
Non voleva disturbarlo troppo, e una passeggiata non le avrebbe fatto male di certo.
Aspettò la cugina fuori in giardino e quando lei arrivò aspettò che arrivasse una macchina.
- Megan, andiamo a piedi. -
Lei strabuzzò gli occhi e la guardò male, con quello sguardo da presuntuosa snob che tanto le ricordava sua madre. Chissà, forse lo faceva anche lei quello sguardo.
- Si, hai capito bene. -
- Non posso andare a piedi, ho le scarpe nuove. Cosa lo pagate a fare quel tizio, poi? -
- Non lo paghiamo abbastanza per trattarlo da schiavo, se è questo che ti stai chiedendo. Andremo a piedi, se non vuoi camminare puoi rimanere qui. – Roxane non voleva cedere. Qualche ora con la cugina le era bastata per capire che era proprio come il resto della famiglia.
- Andiamo. – disse allora Megan, che mise il broncio per tutto il tragitto.
Arrivate al bar del centro dove di solito prendevano un frullato, secondo quanto aveva detto Megan, Roxane cominciò ad agitarsi.
Scorse Louis con alcuni suoi amici e come aveva previsto, Megan corse a salutarlo e lei non poté fare a meno di seguirla.
Non fece in tempo ad ascoltare l’inizio della conversazione, eppure quei due le sembrarono parecchio affiatati.
- Roxane, perché non mi hai detto che Lou era qui? – chiese sua cugina sorridendo e Roxane strinse le spalle.
Louis allora sorrise a Megan senza degnare di uno sguardo la ragazza. – Non stiamo più insieme, Meg. -
Lei all’inizio si mostrò sorpresa, ma poi ne fu felice e non fece niente per nasconderlo.
- E’ un bene, quanto tempo avete passato insieme, sette anni? Ti serve qualcosa di nuovo, di più eccitante, Lou! -
Chissà perché a Roxane sembrava che si riferisse proprio a sé stessa e Louis sembrava pensarla allo stesso modo, anche se lui ne era felice.
- Si, è quello che ho detto anche io quando l’ho lasciata. – aggiunse il ragazzo e fu il momento di Roxane di ridere.
- Mi hai lasciata? Forse hai dimenticato la parte in cui io dico che non mi interessa un ragazzo meschino come te e tu affermi che noi dovevamo stare insieme per la nostra immagine. -
Il ragazzo allora allentò il sorriso, la poi scrollò le spalle. – Si beh … Meg, ti va un frullato? -
Megan annuì e sparirono all’interno del bar lasciando Roxane sola.
In un istante però, gli amici che stavano parlando con Louis le si avvicinarono e le sorrisero.
- Ei piccola, ti hanno piantata qui è? Che ne dici di fare un giro? – Le chiese un tipo moro, che sorrideva maliziosamente.
Roxane lo fissò, cercando di capire se le ricordasse qualcuno. – Ci conosciamo? -
- Certo, sono Zayn, siamo cresciuti insieme. Ma non puoi ricordare, hai perso la memoria giusto? -
Lei annuì e lui fece lo stesso.
- Hai davvero lasciato tu Louis? -
- Si, ma immagino che lui ti abbia detto che è stato lui. Che idiota che è. -
Il ragazzo sorrise e annuì. – Si, mi ha detto così. Ma non parliamo di lui, parliamo di te piuttosto. Ci sarai al ballo di domani? -
- Si, perché? -
- Immagino solo come potrei riconoscerti. Ci sarà da divertirsi, non credi? -
Roxane scosse la testa. Era un ragazzo troppo enigmatico, dietro quelle frasi buttate a caso nascondeva troppo.
- No, non credo. Non mi piacciono questi tipi di eventi, c’è troppa gente. -
Lui rimase sorpreso. – Ma come, Roxy l’animale da festa che dice una cosa del genere? Ti saresti dovuta vedere prima dell’incidente. Eri una furia. – eccolo di nuovo, quello sguardo che a Roxane faceva pensare a un pervertito.
- Si, sono diversa ora. E devo anche andare. Ci si vede in giro. -
A Zayn però non andava proprio che lei andasse via, così la prese per il polso, stringendo un po’ troppo e Roxane lo strattonò.
- Lasciami, Zayn. – lo sguardo di sfida che gli lanciò lo fece vacillare, ma poi riprese il controllo e sorrise.
- Perché non rimani un po’ con me, tesoro? -
Una voce allora la salvò. – Perché ha da fare con qualcun altro. – disse e Zayn allentò la presa, lasciando a Roxane la possibilità di voltarsi.
Era stato Harry a parlare, il ricciolino la aveva salvata.
- E con chi, con te? – disse Zayn diffidente e snob e Roxane si liberò dalla presa.
- Si, esatto. Ciao Zayn. – poi la ragazza prese Harry sotto braccio e si allontanò di fretta.
Quando furono lontani abbastanza dalle orecchie del ragazzo, Roxane parlò.
- Grazie Harry. – disse semplicemente, e lui sorrise teneramente. – Dovere. – disse e poi cambiò discorso. – Dove te ne vai, allora? -
Roxane sospirò e si guardò intorno. – Non lo so, farò un giro qui intorno, immagino. Tu invece? -
- Non ho niente da fare, se vuoi ti faccio compagnia. – le disse e poi le sue labbra si aprirono n un sorriso imbarazzato ma felice.
Era davvero contenta della sua presenza, le metteva allegria. - Certo! Andiamo a prenderci qualcosa al parco? –
Il ragazzo accettò, così si incamminarono.
- Chi era quello, un tuo ex? – le chiese all’improvviso e Roxane rise.
- Oh no. A quanto pare siamo cresciuti insieme.. in un’altra vita. – terminò la frase e notò la sorpresa di Harry, che non era riuscito a capire se stesse scherzando o dicesse seriamente.
Roxane sospirò. – E’ che un mese fa circa ho avuto un incidente e ho perso la memoria. -
- Wow, la tua si che è una vita movimentata! – le disse per smorzare la tensione e la fece ridere.
- Non tanto, sai. Non c’è niente di bello nella mia storia a dire il vero. -
Harry si fermò e si sedette su una panchina facendole segno di seguirlo. – Ah si? Sentiamo allora.. -
E così Roxane cominciò a raccontare. Non sapeva perché lo stata facendo, eppure parlare con Harry le veniva facile come respirare e la faceva sentire meglio.
- Quindi vivi in una casa di esauriti a cui si è aggiunta tua cugina, che è la copia di te prima dell’incidente, e ora lei ti ha soffiato anche il tuo ex ragazzo. Ho capito bene? -
Roxane annuì, a metà divertita e sconsolata, e gli diede un buffetto. – Detto così sembra più facile di quello che è. -
Anche lui annuì e le sorrise. – Diciamo che non stai passando un buon periodo, ma vedrai che passa. E poi tua cugina non può vivere da te per sempre, no? -
Roxane aveva dei dubbi, ma annuì. – Già, immagino di no. -
Eppure il modo in cui aveva parlato di Louis, il modo in cui si erano salutati, in cui si parlavano, la lasciava perplessa.
Era come se le mancasse un pezzo del puzzle che voleva terminare a tutti i costi.


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che ne pensate? 
scrivete una recensione e mi riempirete di gioia, giuro :3
a presto!

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