I wanna hold your hand di Willy Wonka (/viewuser.php?uid=110281)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando Georgie si ritrovò in ritardo ***
Capitolo 2: *** Quando la pioggia lo fece ridere come un bambino ***
Capitolo 3: *** Quando alla fine decise di rimanere ancora un po' ***
Capitolo 4: *** Quando Ringo riuscì a prendere sonno ***
Capitolo 1 *** Quando Georgie si ritrovò in ritardo ***
Quando Georgie si
ritrovò in
ritardo
Tic tac. Tic tac. Tic tac. Non sapeva
nemmeno lui da quanto tempo si trovava in quella stanza a fissare il
pendolo dell'orologio oscillare di qua e di là attraverso la
sottile lastra di vetro. Tic tac. Tic tac. Ci si poteva persino
riflettere in quella trasparenza. Seguiva quel bagliore con gli occhi
mezzi socchiusi, il corpo secco lungo disteso su un vecchio divano di
pelle mezzo sfondato e la testa inclinata ed abbandonata nel vuoto
oltre il bracciolo,
con i capelli sottosopra e le guance che cominciavano a diventargli
di un rosso tenue. Fuori il tempo era alquanto uggioso, di certo non
una novità nel centro di quel groviglio di strade chiamato
Londra, il vento fischiava tranquillo fra le fronde degli alberi
magri che ogni tanto affiancavano le vie mentre le nuvole nel cielo
si preparavano ad accogliere un breve ma violento temporale. In
quella stanza invece l'aria si stava riempiendo a poco a poco del
fumo di una sigaretta che bruciava sconsolata nel posacenere,
iniziata minuti prima e mai finita completamente. Qualcos'altro
affollava i pensieri di quell'uomo, qualcosa di confuso ma allo
stesso tempo affascinante, qualcosa che non credeva nemmeno lui
potesse essere vero. Non si era mai considerato un tipo che parlasse
molto, per carità, era socievole e tutto, ma possedeva un
delizioso carattere riflessivo e riservato, preferiva di gran lunga
perdersi nella marea dei suoi pensieri piuttosto che parlare a
sproposito e fare la figura dell'idiota. Di tanto in tanto, immerso
nel silenzio più totale, alzava una mano e si concentrava
sulle sue dita affusolate che galleggiavano nel vuoto. E mentre se ne
stava lì a darsi del pazzo, un tipo aprì piano la
porta
facendo scricchiolare appena appena i cardini arrugginiti, e con
passo felpato si avvicinò al divano convinto che l'altro non
potesse notarlo. Che diamine di posizione stramba aveva. Ma
d'altronde lui era sempre un po' strambo, anche quando non faceva
niente. Stette lì a guardarlo per qualche secondo, con il
volto leggermente inclinato e le sopracciglia aggrottate incapace di
comprendere a pieno che diavolo ci facesse con la testa sottosopra a
puntare un vecchio orologio a pendolo. Fece spallucce, probabilmente
era solo in stato catatonico.
“Ah ma allora sei qui!!!!!!!!!”
gridò parandosi di fronte al volto capovolto del chitarrista.
“AAAAAAH!” d'un tratto si agitò
come una trota e per poco non cadde a terra dalla paura, non lo aveva
nemmeno sentito arrivare, era troppo perso nei suoi ragionamenti
contorti per accorgersi del mondo intorno a lui.
“R-Ringo per la miseria! Mi hai fatto
prendere un colpo brutto-”
“Ehi ehi! Ti stavo solo cercando!
Ma che ti prende Georgie? In studio son tutti che t'aspettano! E sai
quanto Lennon odi la gente che arriva in ritardo... minaccia di
ingaggiare Fred-il-sergente come nuovo chitarrista se non ti sbrighi
a muovere il culo, così ha detto...”
“Fred-il-sergente?
Il barbone ubriaco di Mill Street?”
Ringo annuì con la sua tipica
aria da bambino innocente.
“Allora dovrò sbrigarmi!”
disse Harrison alzandosi e riabbottonandosi i primi bottoncini della
camicia. “Comunque tu volevi farmi crepare altro
che...” mugugnò
guardandolo di sottecchi.
Il batterista gli rispose con un
sorriso a pieni denti, osservò il suo compagno passargli
davanti e dirigersi verso la porta sorreggendosi il capo mezzo
rimbambito. Dio, persino quando non ci stava con la testa Harrison
riusciva ad apparire così dannatamente elegante e slanciato.
Ringo, colto dalla delusione che George
non si fosse accorto del suo gran bel sorrisone acchiappa-femmine,
abbassò lo sguardo con una smorfia e fece per andarsene
anche
lui, quando non si vide sbarrare l'uscio dal braccio teso di
Harrison.
“Ah Ringo... la prossima volta che mi
chiami ancora Georgie, quei bei denti te li butto giù uno ad
uno!” disse in tono ironico con un mezzo sorriso sghembo.
“Beh ma almeno sono riuscito a farti
sorridere!"
George lo scrutò per un
attimo, poi tolse arreso il braccio dallo stipite e percorse un lungo
corridoio semi
illuminato che portava a delle fredde scale di marmo.
L'altro lo seguì a ruota sempre
con quel suo fare buffo e spacciato.
“Eddai Georgie è un nome
carino tutto sommato”
“No che non lo è”
“E
allora come posso chiamarti?”
“Mmmh... George ti piace?”
“No,
è troppo banale!”
“Anche Harrison non è
male!”
“Che ne dici di Harry?”
“No”
“Joe?”
“Nooo!”
“Jack!”
“Ringo dannazione io ce l'ho
un-”
“Martha?”
“Cos- il cane di Paul si chiama
Martha!!!”
“Davvero? Diamine deve avermi copiato l'idea”
George fissò Ringo malissimo,
come si guarda un bimbo di cinque anni e mezzo, ma a quelle
“discussioni” ormai ci era abituato da una vita,
andava sempre a
finire così fra quei due, non si prendevano mai sul serio,
ma
sapeva bene che in fondo in fondo quelle frecciatine facevano piacere
ad entrambi. Li univa in maniera particolare.
“Hmm” il più alto si
avvicinò divertito all'altro, con un sorriso beffardo che
gli
illuminava tutto il volto e due occhietti indagatori “io lo
so come
chiamarti invece”
“Ahn sì?” fece Ringo voltandosi
leggermente e fingendo una patetica aria da snob.
“Oh sì signor Beatle... mi
sembra chiaro che lei sia un elefante!”
“Un elefante?!” rispose confuso
“che diavolo dici? Il sangue deve esserti salito al
cervello!”
“Ma
come? Non è una proboscide quella che vedo
lì?”
esclamò soffocando una risatina e dirigendo l'indice verso
il
volto di Ringo.
“Aaah questa me la paghi!!!”
“Solo se riesci a prendermi!”
scappò via il chitarrista ridendo come un pazzo.
“Ti ammazzo musicista da quattro
soldi!!! Il mio bellissimo naso!” urlò l'amico
rincorrendolo
a perdifiato giù per le scale (e per poco non
rischiò
di rimetterci una gamba percorrendo gli scalini a due alla volta).
[Per
il Copyright meglio specificare che nessuno dei personaggi che
appaiono in questa storia mi appartengono (magari fosse
così!),
ma appartengono solo meravigliosamente a loro stessi <3. Invece
Freddie Mercury è tutto mio e ci faccio quel che voglio
trololololololo.]
Scusatescusatescusatescusatescusate.
Adoro i Beatles, e ho avuto la grande idea di provare a scrivere una
ff comico/romantica su un pairing sebbene non abbia mai scritto cose
del genere >_< perciò fan dei Beatles di tutto
il mondo,
imploro perdono. *regala fiorellini
Consideriamolo come un
piccolo
esperimento e vediamo come vanno le cose, intanto cercherò
di
continuare a scrivere e postare se vi va! Besos!
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Capitolo 2 *** Quando la pioggia lo fece ridere come un bambino ***
Quando la pioggia lo
fece ridere come un bambino
George quel pomeriggio dovette sorbirsi
mezz'ora solamente di lamentele, sembrava quasi che John non suonasse
da una vita. E cercò pure di scusarsi, ma niente da fare,
John
era fuori di sé, così, a testa bassa,
afferrò la
sua chitarra gentile e cominciò a provare la nuova canzone
scritta da Paul.
Riuscirono a concludere qualcosa verso
le sette e mezzo, giusto per l'ora di cena.
“Ehi John” gridò George
rincorrendo l'amico fuori dagli studi di Abby Road “Dai, mi
faccio
perdonare, ti offro la cena”
“Oh, sarebbe il minimo George
ma...” rispose l'altro saltellando sul posto per combattere
il
freddo.
“Eddai non sarai mica ancora
arrabbiato! Ti ho già chiesto scusa!”
“Non è
questo tesoro, è proprio-”
George si fece più
vicino “... guarda che ordino delle pizze, mica cucino
io”
“E ci mancherebbe altro! No vedi è
che questa sera avrei già altro da fare...”
“Ah sì?!” chiese George
stupito. “Cioè con questo non voglio farmi gli
affari
tuo-”
“Sono con Paul”
Il chitarrista si ammutolì
di tutta fretta. Questa volta fu John ad avvicinarsi.
“A casa sua”
“...oh”
“Soli”
“...ooh! Ho afferrato!” tagliò
corto arrossendo un po' “a-allora buona ser- no aspetta, non
farmici pensare!” finì strizzando gli occhi con
una smorfia.
“Ci si vede!” disse infine Lennon
correndo via e saltando in macchina con Paul.
George si voltò credendo di aver
fatto la completa figura dell'idiota, le sue scarpe risuonarono
sull'asfalto bagnato delle strade confondendosi nei mille clacson
delle auto che impazzivano per il traffico. Alzò per un
attimo
la testa, fissando quei nuvoloni neri farsi sempre più
minacciosi. I suoi occhi furono attraversati da un lampo.
Continuò
a camminare sistemandosi il bavero del suo cappotto e tirando dei
calci ad un sassolino. Puntò gli occhi su delle pozzanghere
ai
lati del marciapiede. Si fermò. Era da quando era bambino
che
non ci saltava più dentro. Ricordava chiaramente che poteva
infangarsi fino alle ginocchia e che poi doveva scappare via da sua
madre. Era una gran bella pozzanghera. Si guardò attorno.
Magari per questa volta... Si ficcò le mani in tasca. Ma no,
che diavolo gli saltava in mente.
Beh, visto che proprio non si aspettava
che John avesse... ehm per così dire “altri
impegni”, non
sapeva proprio che cosa fare quella sera. Poteva tornarsene a casa e
mettersi su un 45 giri fino a quando il sonno non lo avrebbe colto,
ma doveva pur mangiare qualcosa e la strada di ritorno era ancora
lunga.
Dall'altro lato c'era un piccolo e
colorato bar, uno di quei locali tipici degli anni 50/60.
Attraversò di tutta fretta la
strada ed entrò appena in tempo per scampare a quello che
sembrava l'inizio di un acquazzone.
Si sfregò le mani per scaldarsi
un po' e cercò infreddolito un posto libero. Ce ne era uno
proprio vicino ad una grande finestra. Si sedette su un comodo
divanetto color rosa sporco, con davanti un piccolo tavolino bianco
pieno di briciole, si sistemò i capelli con le dita e
ricadde
nuovamente nei suoi pensieri guardando la pioggia bagnare il vetro.
Magari avrebbe piovuto fino alla fine della settimana. Fino alla fine
dell'anno. Ne sarebbe caduta talmente tanta che quella finestra non
sarebbe stata più una finestra, ma un oblò
attraverso
il quale ci avrebbe potuto vedere i pesci nuotare. E magari una
sirena. Sì, una bellissima ragazza con la coda che avrebbe
appoggiato la sua mano al vetro, e lui avrebbe fatto lo stesso
facendo combaciare i palmi. E se avesse aguzzato lo sguardo, avrebbe
notato degli alligatori suonare lungo la strada sommersa per arrivare
fino ad un enorme sottomarino giallo. Poi vide il capo della banda,
vestito da sergente e con un grande cappello con una lunga e morbida
piuma. Signore. Signore.
“Signore!”
“Mmmh?!” George scosse appena il
capo e ruppe quella follia di mondo che si era creato.
“Lasci signora, ordino io per lui...
qualcosa di caldo per favore”
“Vi va bene la zuppa?”
“Perfetto,
molto gentile”
George scosse nuovamente la testa. Mise a fuoco
la figura che aveva seduta davanti a sé. Udì
gente
parlare e una canzone di Elvis scorrere da un juke-box.
“C-che ci fai qui?!”
“Ho fame anch'io che credi” esclamò
Ringo togliendosi il cappello e il cappotto e gettandoli a un lato
del divanetto. “E guarda caso proprio qui c'era un posto
libero!”
“Allora mi metto il cuore in pace.
Offri tu stasera!”
“Mica ho detto questo!”
“Sì, ma tu sei il più
grande fra noi due”
“Ma tu hai dei canini grossi così!”
“E va bene hai vinto...” sbuffò
George versandosi un bicchiere d'acqua.
Ci fu qualche minuto di silenzio.
“Ehi” si fece improvvisamente serio
Ringo “che ti prende in questo periodo?”
“In che senso?”
Ringo si preoccupava sempre.
“Nel
senso che sei sempre con la testa altrove” rispose
appoggiandosi ad
un gomito “anche oggi pomeriggio...”
“Sarà questo tempaccio” fece
spallucce George “mi fa deconcentrare”. Ma c'era
un'altra cosa
che lo deconcentrava in quel momento, ancora una. Erano due universi
blu che lo fissavano. Sembrava di specchiarsi in un cielo terso.
Quegli occhi lo mettevano sempre in pace con se stesso, avevano un
potere indescrivibile su di lui. Sembrava quasi che quella pioggia
grigia facesse risaltare ancor di più quelle pupille in cui
era sempre estate. Senza nemmeno che se ne accorgesse, si
ritrovò
a sorridere.
“Geoorge... non sarai mica ritornato
nel tuo stato di coma vero? Hellooo...” disse Ringo
scuotendolo per
una spalla.
“Hmm?” lo guardò George
sgranando lo sguardo.
“Accidenti Georgie” esclamò Ringo
accomodandosi sullo schienale del piccolo divano “speriamo
che
questa pioggia passi presto!”
“Scusa Ringo è più
forte di me” mugugnò giocherellando con le posate.
“E'
stata una giornataccia...”
“Devi solo dormire un po', tutto
qui... ah ma tu non dormi vero signor Dracula?”
provocò mordicchiando un grissino.
“Oh lascia in pace i miei splendidi
denti!”
“Sei un pescecane”
“E tu un
elefante!”
“E tu dormi in una bara!”
“Ah sì?! Vediamo allora questi
canini cosa riescono a fare” si sporse George ridacchiando.
Senza
nemmeno che se ne rendesse conto, Ringo se lo ritrovò a
qualche centimetro di distanza. Lo vide mordere con aria compiaciuta
l'altra estremità del grissino che aveva in bocca. In un
batter d'occhio, le guance di Ringo si infuocarono.
“Ma che d-diamin-...”
“Ahahahahah! Ti ho fatto
arrossire!”
“Non dire cretinate scemo”
“Sei un bambino
Ringo”
Questo lo guardò malissimo, fino
a quando le zuppe non arrivarono al tavolo e non si occuparono con
qualcos'altro. Tra una cucchiaiata e l'altra, il batterista non disse
nemmeno una parola. Mangiava con gli occhi bassi tentando invano di
far andare via il rossore dalle sue guance, e questo dettaglio non
sfuggì di certo a George. Ma anche quando se ne stavano in
silenzio, questo si sentiva bene, era come riscaldato dalla presenza
dell'altro.
“Grazie” se ne uscì il
chitarrista guardando la sua minestra finire.
Ringo alzò le sue iridi chiare.
“Come?”
“Ti preoccupi per me” appoggiò
con un tintinnio il cucchiaio al piatto ormai vuoto
“grazie”
Perfetto, il rossore tornò su
Ringo più forte di prima. Riuscì a rispondergli
solamente con un sorriso sincero. George si pulì gli angoli
della bocca con il tovagliolo, aspettò che anche l'altro
finisse di mangiare e poi, dopo aver discusso su quale aspetto
avrebbero avuto John e Paul fra vent'anni, si accordarono sul fatto
che Paul sarebbe diventato un organizzatore di matrimoni e John una
sorta di Highlander/Messia e alla fine toccò a George, come
al
solito, pagare tutto. Si misero i cappotti ed uscirono verso quello
che sembrava il più violento temporale che avessero mai
visto.
Il vento fischiava minaccioso e faceva svolazzare le vesti di
entrambi. Il chitarrista si inzuppò subito e i suoi ciuffi
di
capelli si appiattirono e sgocciolarono senza sosta.
Ringo tremò come una foglia e
disse qualcosa che però George non riuscì a
cogliere a
causa del soffiare del vento. L'altro parlò più
forte
mettendosi le mani ai lati della bocca. “Che diavolo fai
ora???”
“Me ne vado a casa!” un lampo li
illuminò e
un tuono li fece sussultare.
“Sei un pazzo Georgie denti d'oro!”
esitò un attimo l'altro, poi decise che in fondo non c'era
niente di male ad offrirgli ospitalità “Casa mia
è
più vicina...”
“Come?”
“Ho detto che-”
“Sì
sì ho capito! E' solo che-”
“Andiamo non ti farai la
strada tutta a piedi! Stai dall'altro lato della-”
Un nuovo
lampo, troppo vicino, e questa volta un cartello stradale
brillò
e con un tonfo sordo cadde sul marciapiede a pochi metri da loro.
Rimasero entrambi di sasso.
George sentì afferrarsi la mano.
Guardò Ringo stupito.
“Dai vieni! Non riesco nemmeno a
pensare con questo tempo!”
L'altro cercò di rifiutare
dicendo che non voleva disturbare e questo e quest'altro, ma alla
fine il più grande ebbe la meglio. Lo seguì con
una
mano davanti agli occhi per quella che era una strada semi-buia e
resa scivolosa dall'acqua che cadeva, poi ad un certo punto si
fermò.
Si fermò a guardare Ringo più
avanti rispetto a lui.
Lo guardò saltare sulle
pozzanghere infangandosi tutto.
George si mise a ridere come un
bambino.
Bene bene, secondo capitolo. Spero vi
piaccia, di certo l'ispirazione è venuta da tutto quel gelo
che sto sopportando in questi giorni a causa della neve!
Un bacio a tutti! <3
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Capitolo 3 *** Quando alla fine decise di rimanere ancora un po' ***
Quando alla fine decise di
rimanere
ancora un po'
Ringo continuava a saltare dentro a
tutte le pozzanghere che vedeva, sembrava un cane con il muso contro
la pioggia.
E questa scendeva, scendeva feroce,
scivolava sui capelli di George, sul suo viso, sui suoi vestiti, sulle sue
scarpe. Cercava di correre e di seguire Ringo verso casa sua, ma
veramente tutta quell'acqua impediva anche solo di scorgere
l'orizzonte.
“Hey Ring-” cercò di gridare
George, ma un tuono gli fece morire le parole in gola, così
dovette ripetersi urlando più forte.
“RINGO!”
“Che c'è?” chiese l'altro
voltandosi e tenendosi il cappello fermo sulla testa in modo da
combattere il vento.
“Se continui così ti verrà
un accidente!”
“Cos'è che ha il mio agente???”
“Daah!” lo mandò al diavolo
George. E sempre mandandolo al diavolo, saltellò verso di
lui
mezzo spazientito. “Sei davvero insopportabile
Ringo!”
“Sì!
Ti adoro anch'io George!” gli gridò in faccia
sorridendo.
Il chitarrista lo guardò
confuso.
“Ringo che ore sono?”
“Di
solito il Lunedì!!!”
L'altro scosse la testa arreso, e
gli si avvicinò ancor di più borbottando fra
sé
e sé. Gli afferrò i baveri del suo cappotto
troppo
leggero per quell'acquazzone.
“G-George ma cosa stai-”
“Sta
zitto!” rispose abbottonandolo sul davanti “sei
sordo più
di una campana! Sei tutto aperto sul davanti! Capito? Sul
davanti!!!”
“Oh ma chi se ne importa! Dai che ho
freddo!”
George nemmeno lo stette a sentire e
continuò a sistemagli il cappotto. Quando ebbe finito, e
dopo
essersi preso un'occhiata terribile dall'altro, della serie
ti-comporti-come-mia-madre, lo fissò ancora qualche istante,
fece una smorfia, esitò un attimo e poi si decise.
Trafficò con la sua lunga
sciarpa rossa, se la tolse e paratosi nuovamente di fronte all'amico
gliela sistemò per bene attorno al collo stringendola
appena.
Vedendo gli occhi confusi dell'altro, cercò di dare
spiegazioni, ma ben presto si ricordò che i tuoni, la gente
intorno a loro che parlava e le auto che incessantemente passavano
sopra alle grandi pozzanghere della strada non aiutavano di certo.
Tenne le sue mani salde sulla sciarpa,
inclinò leggermente la testa e curvatosi appena verso di lui
avvicinò le sue labbra al suo orecchio.
“...sennò morirai
assiderato...” bisbigliò con voce calda ma
sufficiente per
farsi capire dall'altro.
Ringo rimase di pietra. L'amico si
allontanò da lui con un dolce sorrisetto, e lo
lasciò
lì, per qualche secondo buono, impalato in mezzo al
marciapiede mentre la gente gli passava da ogni parte. Non sapeva
spiegarselo, davvero. Solo una canzone di John e Paul ci sarebbe
riuscita. Sentiva una specie di tremore, di formicolio, salirgli su
per tutta la spina dorsale ed arrivare fino alle punte dei capelli. E
che cos'erano in quel momento i clacson delle auto in coda, gli
uomini che sbraitavano ordini al telefono, il cielo che suonava le
percussioni? C'erano solo lui e George. La sua voce. Il suo odore. Le
sue...
“Dai vieni!” lo scosse dal suo
stato semi-cosciente. “Ringo!”
“S-sì! Arrivo!” e lo seguì
a passo affrettato fino all'incrocio, per poi girare a sinistra.
Dopo un paio di minuti i due erano già
fortunatamente rinchiusi in casa di Ringo, a cercare di accendere il
camino sgocciolando acqua da tutte le parti. George si
avvicinò
un attimo alla finestra del salotto e con una mano scostò la
tenda leggera. “Appena si sarà calmato
là fuori, me
ne andrò non preoccuparti”
Ringo lo guardò sconcertato
tirando fuori da un cassettone coperte e cuscini e gettandoli sul
divano.
“Tranquillo, questi temporali non
durano mai troppo a lungo”
“Sei un cretino George!”
“Ti
ringrazio per la dolce risposta” disse sarcastico.
“Non puoi
uscire in piena notte!”
“Hai ragione! O-oddio
R-ring-go....”
“COSA? CHE C'E'?”
“E SE INCONTRASSI JACK
LO SQUARTATORE???????” gridò voltandosi di scatto
ed
afferrando la lampada accesa che stava sul mobile lì
vicino.
“A-ah piantala dai” gli rispose seccato l'altro.
“Ehi
dai, scherzavo” si scusò “ma che
hai?”
“Nnnh? Nulla
nulla”
George lo esaminò per bene e lo
seguì ovunque stesse andando.
“Sei tutto rosso in volto...”
“h-ho
solo un po' di mal di testa, tutto qui”
“Sicuro?”
“Certo! E ora
vattene di sopra prima che t'ammazzi...” gli
ordinò
stringendosi gli occhi con le dita.
“Oh Ringo ma io non voglio-”
“No.
Voglio io. Fila in camera Harrison! O dirai addio alla tua carriera
da chitarrista!”
“Ok ok vado! Ma sappi che non è perché
mi fai paura!!!”
Il batterista aspettò che l'altro avesse
salito completamente le scale, poi esausto si buttò sul
divano, e senza forze, piombò nel sonno senza nemmeno
sistemarsi le coperte.
George di sopra rimase stupito
dall'ordine che regnava in quella camera da letto non grandissima ma
confortevole. Si sedette sul letto togliendosi le scarpe e diede
velocemente un'occhiata in giro. Su una scrivania di legno c'erano
una radio con l'ago fisso su un canale di musica di Elvis ed alcune
foto incorniciate. Si alzò e ne guardò qualcuna,
giusto
per farsi gli affari di Ringo. In una c'erano lui e suo padre in
quello che sembrava il retro della loro casa, lui avrà avuto
sì e no cinque anni. Aveva un'espressione talmente divertita
che fece sorridere Harrison stesso. Poi, circondata da una preziosa
cornice in legno nero, c'era una stupidissima foto di loro due e
Paul, con lui che teneva in mano un cuscino tondo con su cucito: I
love George. E lui stesso aveva un'aria terribilmente ebete che non
poteva nemmeno credere di essere lui. Mamma mia, penso George
scuotendo la testa e ridacchiando. Chiuse per bene la porta finestra
che dava su un piccolo balcone, in modo che il vento non l'aprisse di
colpo e non l'avesse fatto morire di paura, così si
ficcò
sotto le coperte e dopo essersi gonfiato per bene il cuscino
allungò
il braccio e spense la luce. Chiuse gli occhi pensando a qualcosa che
potesse farlo addormentare. Però un po' gli dispiaceva che
Ringo dovesse starsene di sotto a dormire in divano, specie se quella
era casa sua! Si sentiva come un ladro ricattatore che si era
impadronito del suo spazio. Si girò su un fianco riflettendo
su come si sarebbe comportato se la polizia lo avesse scovato. Quando
improvvisamente i suoi pensieri vennero spezzati in due.
Un colpo sordo e il suono cristallino
di qualcosa che andava in frantumi.
Proveniva dal piano di sotto.
George scattò sul posto, si
liberò in fretta del groviglio di lenzuola che lo teneva
imprigionato e si precipitò giù per le scale
preoccupato per quel rumore.
“Ringo! Ringo cos'è
successo??”
A metà scala rimase
immobilizzato a guardare Ringo steso per terra davanti al divano ed
un bicchiere a pochi centimetri da lui completamente in pezzi.
“Ehi
Ringo!”
Corse verso di lui e lo scosse appena
continuando a chiamarlo con la tensione che saliva sempre di
più.
“Andiamo non far scherzi!!!”
Si sentì rispondere con un
gemito strozzato, e un piccolo “stava cercando di prendere...
ma....” e quando cercò di farlo alzare mettendosi
un suo
braccio intorno al collo si accorse che le sue guance stavano andando
a fuoco, ma tremava come un pulcino. “Dai stenditi sul
divano,
così-”
Lo sistemò meglio poteva sopra
le coperte, e non gli servì nemmeno appoggiargli una mano
sopra la fronte: aveva la febbre alta.
“S-scusa George... non sto
molto-”
“Lo vedo!” ribatté l'altro sedendosi
vicino a
lui.
“Nel- nel secondo cassetto in
cucina... c'è.. il termometro e un'aspirina...”
“Altro
che aspirina” si alzò andando di fretta verso la
stanza
adiacente “ti ci vorrebbe l'ospedale!”
Quando tornò con
l'occorrente, si risedette sul divano dove un Ringo ammalato si
sorreggeva la testa con entrambe le mani.
“Hai ancora freddo?” gli chiese
premurosamente il chitarrista.
“M-meno grazie...”
Tolse il
termometro dalla custodia di plastica, lo scosse un po' e lo porse a
Ringo.
“Prendilo e mettilo in
bocca”
Immediatamente Ringo balzò sul posto sgranando gli
occhi come due palline da ping-pong fissandolo con aria sconvolta.
“C-che diavolo ti prende????” gli
domandò stupito l'altro. Nessuna risposta, ma solo uno
sguardo
sconvolto ed allucinato. “Ringo.... il termomeeeetroooo....
devi
misurarti la febbre...”
“IL TERMOMETRO! MA CERTO!!!!!!IL
TERMOMETRO! IL MIO CARO TERMOMETRO!” Ringo tornò
coricato
coprendosi gli occhi con una mano.
“Tu non stai molto bene”
borbottò Harrison.
Alla fine, risultò che aveva 39
e uno di febbre e che una semplice aspirina non avrebbe fatto alcun
effetto.
George frugò in tutti i cassetti
della casa, poi finalmente riuscì a trovare una scatola di
pastiglie contro l'influenza e febbre alta.
“Questa dovrebbe essere più
efficace di un'aspirina” disse George facendo ingoiare
all'altro la
medicina.
“Grazie...” la voce dell'amico si
era ormai ridotta ad un bisbiglio, così gli
appoggiò
sulla fronte un panno che aveva precedentemente bagnato con
dell'acqua gelida. Il malato mugugnò e rabbrividì
per
un attimo. Aveva gli occhi chiusi ma non appena George si accorgeva
che stava per addormentarsi, subito si risvegliava con un sussulto a
causa di una febbre che non voleva lasciarlo riposare. Gli tolse lo
straccio ormai tiepido.
“Shhh... cerca di dormire” gli
sussurrò accarezzandogli piano i ciuffi di capelli castani,
ma
poi pensò che quello era il gesto più stupido che
avesse mai fatto e così spostò subito la mano.
Eppure
non poteva lasciarlo lì solo e ritornarsene a letto.
Così, rimboccandosi una coperta
sulle ginocchia, si appoggiò allo schienale del divano,
accanto a Ringo, e socchiuse appena gli occhi, tentando di riposare
ma stando attento a svegliarsi in caso di bisogno.
Abbandonò la mano fra i cuscini
ed inclinò un po' il capo, e come se fosse il gesto
più
naturale del mondo, percepì le dita dell'altro farsi sempre
più avanti, timide, ed intrecciarsi con le sue. L'ultima
cosa
che le sue orecchie sentirono prima di addormentarsi fu un sospirato
“grazie di essere qui con me”.
Scusate il ritardissimissimo!!!!!!!!!!!!!!!!
Per questa storia mi sono ispirata a...... a me stessa,
perchè in questi giorni sono chiusa in casa con la febbre e
l'influenza );
Quindi niente besos perchè sennò vi attacco la
mallllora (ma vi voglio bene lo stesso *O*)
Ringraziamenti:
a malandrini_xs: anch'io vorrei saltare nelle pozzanghere con
George! :D :D :D sono davvero felice che questa storia continui a
piacerti, spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento!
<3
a CarrieGallagher: Grazie mille!!! *www* sei dolcissima, e mi
fa davvero tanto piacere che ti piaccia la storia! Spero tu possa
continuare a leggerla e a trovarla bella come dici! un abbraccione!
<3
a Silv_: Eheheheheheheheh *sguardo perverso Non osiamo immaginare cosa
stiano combinando quei due u___u o osiamo? >:3
Ti
ringrazio per aver continuato a seguire questa fanfic, un mega
abbraccione e speriamo che anche questo capitolo ti possa piacere!
<3
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Capitolo 4 *** Quando Ringo riuscì a prendere sonno ***
Quando
Ringo riuscì a prendere sonno
Ringo
si svegliò tossendo e con la testa che ancora gli faceva
male.
Di certo la febbre non era scesa di molto, ma comunque si sentiva
meglio della sera precedente. Si sfregò gli occhi con
entrambe
le mani e si sporse appena per dare un'occhiata fuori dalla finestra
che dominava il salotto. Notò che doveva essere ancora
presto
perché dalla tenda non filtrava nemmeno un filo di luce.
Improvvisamente, come se si fosse dimenticato della sua presenza, si
accorse che George stava dormendo seduto sul divano vicino a lui, in
una posizione che gli sembrò del tutto scomoda.
Spostò
piano piano le gambe in modo da non svegliarlo, appoggiò le
mani al divano e si mise lentamente a sedere. Cercava persino di
respirare il meno possibile da quanto aveva paura di rompere il suo
sonno. Se ne stava con la testa appoggiata alla spalla a sognare
chissà che cosa. Il batterista si perse ad osservare la sua
espressione distesa, le sue labbra leggermente schiuse, i suoi
lineamenti duri ma allo stesso tempo così dolci. Ogni volta
che Ringo pensava a Harrison, pensava all'eleganza. Lui non se ne era
mai accorto, ma in certi casi adorava guardarlo anche solo camminare
perché il suo portamento e la sua andatura lo facevano
semplicemente impazzire. Quei pensieri, ad essere sincero,
cominciavano a spaventarlo un po' ed avrebbero inquietato anche lui
se li avesse saputi. Che gli stava capitando? Era questa la domanda
che affollava la sua mente. Era già da un po' di tempo,
anche
se non voleva davvero ammetterlo, che ogni volta che si trovava
vicino al suo amico si sentiva strano dentro. Come quell'episodio di
ieri: quando gli si era avvicinato all'orecchio e aveva provato un
tale brivido, una scossa così profonda che avrebbe voluto...
ma che diavolo andava a pensare?? Tentò di scacciare via
quei
pensieri dando un po' la colpa alla febbre alta, così decise
di ritornare a dormire. Fissò il soffitto tentando di
riaddormentarsi, ma George proprio non riusciva a toglierselo dalla
mente, esattamente come succedeva già da un po' di notti.
Era
stato così gentile ad assisterlo pensò. Se non ci
fosse
stato lui probabilmente sarebbe ancora sdraiato per terra a
lamentarsi del dolore. Lo sentì mugugnare nel sonno e
spostarsi appena. Com'era tenero. Ringo si girò su un fianco
e
mise una mano sotto al cuscino per stare più comodo; non
riusciva proprio a dormire, e questo gli dava sui nervi, anche
perché
la sua temperatura si stava alzando poco alla volta. Provò a
mettersi in qualsiasi posizione iniziando quasi a fregarsene del
sonno di George, doveva combattere la sua terribile insonnia.
Sbuffò
e sprofondò nel cuscino con un tonfo sordo, ma niente, era
più
sveglio di prima. Era una battaglia persa in partenza.
Improvvisamente, quando sembrava davvero sul punto di arrendersi,
sentì uno strofinio di coperte e qualcosa scivolargli
addosso.
Non ebbe nemmeno il tempo per inquadrare la situazione che
percepì
un calore salirgli su per la spina dorsale ed accarezzargli un
fianco. Quella presenza alla fine la sentì un po'
dappertutto,
e ciò lo fece rabbrividire. No, non poteva essere vero. Dire
che quel momento era imbarazzante era poco. Ringo divenne porpora in
viso mentre Harrison, accanto a lui, stringeva il suo braccio attorno
al suo fianco. Lo avvertì appoggiare la sua guancia alla sua
schiena e le sue gambe sfiorare appena le sue sotto tutto quel
gomitolo di coperte. Le sue dita calde accarezzarono il suo ventre.
“...adesso
promettimi che dormi però...” lo sentì
bofonchiare
con voce impastata di sonno. Non capiva se stesse sognando o se
effettivamente era cosciente di quello che diceva. Fatto stava che
Ringo non poté essere più felice e allo stesso
tempo
sconcertato di così. Ma non poté farci niente,
presto
sentì il sonno arrivare alle sue palpebre esattamente come
il
respiro calmo di Harrison sulla sua nuca. Chiuse completamente gli
occhi ed iniziò a sognare.
a
Silv_: grazie per i complimenti! Sei sempre gentilissima!!! Un
abbraccio! <3
a
Malandrini_xs: Spero che questo nuovo capitolo ti piaccia! Ci
metteremo tutti e cinque d'accordo e andremo insieme a saltare nelle
pozzanghere! u___u Viene anche Freddie. <3
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