Un ospite inatteso

di carelesslove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La lettera ***
Capitolo 2: *** Isaac ***
Capitolo 3: *** Scosse di assestamento ***



Capitolo 1
*** La lettera ***


- Watson! Abbiamo un problema -
- Mmh – mugugnò svogliatamente l’altro
- Uno grosso direi –
- Cosa intende? – interloquì il dottore decidendosi a posare il giornale sulla tavola
- È alto circa  1.20 cm –
- Come sarebbe a dire alto? – fece questi con disappunto avviandosi finalmente in direzione della porta di casa davanti alla quale sostava un Holmes dall’aria indecifrabile.
Watson fece una faccia a dir poco comica vedendo quello a cui stava riferendosi l’amico – ma è un ragazzo, quale dovrebbe essere il problema ? –
- Ha in mano una lettera con il suo nome vergato sopra –
- E allora? Qualcuno deve averlo incaricato di portarmela. Dubito che la lettera sia un problema, anche se non ne ricevo sovente non ho motivo di credere che contenga qualcosa di sgradito –
- Ha notato gli occhi e il colore dei capelli del ragazzo? In quanto alla busta è di una tinta alquanto inusuale per una comunicazione ufficiale, è rosa pallido decorata con dei simpatici fronzoli e per quanto mi è dato di constatare è una calligrafia femminile. Cosa ne si potrebbe dedurre? –
- In fede mia, non ne ho la più pallida idea –
- Per quanto non ne sia del tutto certo sospetto che quel marmocchio sia suo figlio. Congratulazioni – fece Holmes col tono noncurante di chi sta parlando del tempo
- Suvvia mi faccia il piacere! – replicò aspramente il dottore facendo segno al bambino di entrare e prendendogli la lettera di mano con l’intento di mostrare la falsità di quella asserzione.
Purtroppo aperta la missiva la sua espressione non faceva intuire nulla di buono.
- Dottore, è diventato improvvisamente pallido - esclamò Holmes precipitandosi verso di lui – si segga. Cosa ci può essere di peggio di quello che ho prospettato? –
Watson non ebbe la forza di replicare e passò con mano malferma il foglio sottoponendolo all’ attenzione del detective.
- Bontà divina – trasecolò Holmes – stavo semplicemente scherzando, non credevo minimamente all’eventualità … – ma non terminò mai la frase perchè Watson perse i sensi e il detective fu costretto a prestargli soccorso, lanciando un occhiata a quell’ospite inatteso piombato come un fulmine a ciel sereno nella quiete di Baker Street.
Si rivolse con un cenno al ragazzo – su un tavolino basso di fianco alla porta nella stanza attigua troverai una boccettina di vetro, puoi portarla qui per piacere? –
Il ragazzo eseguì. Passandogli la bottiglietta puntò fissamente gli occhi sul detective e chiese – è morto? -
- Certo che no – rispose questi con una risatina - si riavrà subito - così dicendo accostò i sali al naso del dottore che si mosse e aprì gli occhi per poi richiuderli alla vista del maledetto ragazzino, sperava con tutto se stesso che fosse solo frutto della sua immaginazione e sarebbe scomparso, e riaprirli nuovamente rimanendo fortemente deluso.
Così dovette constatare l’amara verità e risentito si rivolse a Holmes in tono brusco – le sembra una cosa sulla quale si possa scherzare? –
- Vedo che è tornato quello di sempre, ci ha fatti preoccupare –
- La smette di prendersi gioco di me? – gli chiese offeso
- Domando scusa – l’occhiata glaciale di Watson lo perforò
- Propongo di sederci tranquilli e cercare di chiarire la faccenda – all’occhiata allucinata del dottore aggiunse
- Prima ci terrei a scambiare qualche parola in privato – chiamò la governante che comparve trafelata – potrebbe portare qui alcuni biscotti e una tazza di the e aspettare col nostro ospite finchè noi non torniamo dalle nostre stanze? –
Senza aspettare la risposta Holmes si incamminò e giunto a destinazione scivolò nella sua stanza chiudendo la porta quando anche il dottore l’ebbe varcata.
- Scusi se lo dico amico mio ma lei è davvero pieno di sorprese – scherzò, poi facendosi serio - è sicuro che quanto dice quella lettera sia la verità? –
- Io…ecco…penso che sia possibile dal momento che ho frequentato quella donna –
- Questo si che è un problema –
- Ho un figlio.. – mormorò il dottore lo sguardo perso nel vuoto
- Io non trarrei conclusioni affrettate dopotutto non abbiamo elementi sufficienti…-
- Lei trova che mi somigli? – continuò l’altro come se Holmes non avesse aperto bocca
- Che domanda ridicola. Lei sa che non mi piace fare illazioni. Mi baso sempre su fatti non su suggestioni –
- Per l’amor del cielo! Non le sto chiedendo un parere professionale ma visto che prima ha alluso a una somiglianza…-
- Si ma non intendevo dire quello – dopo una piccola pausa proseguì – devo ammetterlo, sono alquanto sorpreso di questa rivelazione, un figlio che sbuca fuori dal nulla già grandicello, la madre deve trovarsi in cattive acque se non può continuare a occuparsene – continuò tra sé
Watson teneva il viso nascosto nelle mani, poi sollevò lo sguardo su di lui in una muta richiesta di aiuto.
- Non c’è alternativa che tenerlo qui finché non veniamo a capo della cosa –
- Lei è d’accordo? – fece Watson quanto mai sorpreso dalla proposta
- Certo che no, ma non sono così senza cuore da lasciare un bambino senza un tetto sopra la testa, anche se potrebbe essere una spia mandata da qualcuno per tenermi d’occhio –
- Holmes - protestò Watson – è solo un bambino. Non sia paranoico. Come conferma c’è la lettera della madre –
- Qualcuno potrebbe conoscere i suoi trascorsi dottore, potrebbero aver fatto delle ricerche –
- Non credo proprio, nessuno conosce questa storia, la relazione non è durata molto e sia io che la sig.na in questione non ci tenevamo che si sapesse in giro dato che lei a quel tempo era promessa a un altro uomo –
- Beh in ogni caso faremo meglio ad essere prudenti –
- Possibile che lei veda cospirazioni dietro a ogni evento insignificante –
- Deformazione professionale temo –
- Si comporta in modo irrazionale. Non vedo che pericolo possa comportare per lei, sono io che ho motivo di preoccuparmi –
- Caro amico, non ce n’è ragione, sembra un ragazzino ragionevole e credo apprenderà con tranquillità il fatto di avere un genitore integerrimo cm lei –
- Io sono terrorizzato invece –disse Watson sconvolto
Holmes fece per replicare ma poi tacque premendo le labbra una contro l’altra, quando si decise a parlare erano trascorsi alcuni minuti in cui il dottore non aveva fatto altro che misurare a grandi passi la stanza, in evidente stato di agitazione.
- La prego Watson, mi dica .. posso fare qualcosa per aiutarla? - Al detective non piaceva affatto vedere il suo amico in quello stato di inquietudine, ancor più dal momento che il dottore era l’uomo più  calmo che avesse mai conosciuto e questo cambiamento repentino denotava in lui un grave malessere.
- Ho bisogno di qualcosa per tirarmi su, un Whisky – disse Watson, fugando ogni dubbio
- A quest’ora del mattino? – replicò Holmes dubbioso
- Non so cosa fare - sussurrò Watson scuotendo la testa – e se fosse successo qualcosa alla madre? Se fosse in pericolo? Povero bambino come faccio a dirgli che non può tornare da lei –
L’uomo capì e si avvicinò al coinquilino per cercare di rassicurarlo, come potesse anche solo pensare di farlo è un mistero visto che era una delle persone meno dotate di empatia sulla faccia della terra, prese le mani di Watson e guardandolo negli occhi disse – la cosa migliore che possa fare è essere se stesso. Inoltre può contare su di me. Tutto si risolverà per il meglio – l’altro lo guardò senza replicare e per un momento i loro sguardi si incatenarono, dopo pochi attimi Watson scostò il suo a disagio, notò le loro mani intrecciate e ancora più imbarazzato puntò gli occhi a terra. Eppure gli sembrava così naturale quella vicinanza con Holmes.
Quest’ultimo si separò da lui estraendo dalla tasca una fiaschetta lucente – riflettendoci un goccetto non le farebbe male – passò la fiaschetta a Watson che ne prese una sorsata.
Dopodiché Holmes lasciò la stanza in silenzio e qualche minuto dopo il dottore lo seguì.

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Capitolo 2
*** Isaac ***


Più tardi Watson conversava amabilmente con il bambino, sebbene questi continuasse ad essere piuttosto taciturno e riservato.
Holmes decise di lasciargli un po’ d’intimità e si ritirò un momento nel laboratorio che avevano ricavato nella stanza attigua.
- Sei tu il mio vero padre? – chiese bruscamente il bambino
- Senti Isaac – aveva letto il nome nella lettera – Io conoscevo tua madre, ci siamo visti spesso per un certo periodo, ma non ti so dire chi sia tuo padre. Lei ti ha mai parlato di me ?
- Soltanto ieri – rispose secco
- Mi chiamo John Watson, puoi chiamarmi John. L’uomo che hai visto prima è il mio coinquilino Sherlock Holmes. E’ un uomo di buon carattere e simpatico, ti troverai bene. Tua madre mi ha chiesto di occuparmi di te per un po’
- Io però voglio tornare a casa
- Certo – gli disse con dolcezza - farò tutto il possibile. Però adesso vorrei chiamare il mio amico e fare due chiacchiere con te perchè ci serve sapere tutto ciò che ci puoi dire per aiutarci
Il bambino annuì e Watson gli spettinò affettuosamente i capelli biondi, mentre si alzava per chiamare il detective.
Parlarono per qualche tempo e acquisirono delle notizie interessanti. Isaac un po’ intimorito dalla situazione si interrompeva sovente o perdeva il filo, ma Holmes lo ascoltava con attenzione e lo guidava nel suo discorso, ponendo ogni tanto delle domande.
- Negli ultimi tempi mamma mi faceva tante domande. Voleva sapere cosa facevo e dove andavo, sembrava preoccupata
- Non hai idea del perchè?
Il ragazzo scosse la testa.
- Hai notato qualche cambiamento in casa di recente? Delle novità ..qualcosa di diverso dal solito?
- Non mi pare – ci pensò su – in effetti un quadro. Sono tornato a casa un giorno e non c’era più. Perché me lo chiede signore?
- Può essere utile, ed era un oggetto di particolare valore?
- Non so. Mamma lo teneva con cura e mi diceva di non rovinarlo
- Capisco. Oltre a questo hai notato qualcos’altro di strano?
Nuovamente il ragazzo fece segno di no.
- Non importa. E’quasi l’ora di pranzo –constatò il detective estraendo l’orologio – hai fame? – disse offrendogli dei biscotti
- Sì signore – rispose allungando la mano per servirsi
-L'appetito non ti manca. A dire il vero... mi ricorda qualcuno – fece il detective ammiccando verso il dottore e alzando un sopracciglio a voler dire tale padre… Watson gli scoccò un occhiataccia ma non riuscì a reprimere un sorriso - io da piccolo ero magro magro e mia madre si dannava l'anima per farmi mangiare, il più delle volte senza successo - continuò il detective
Il dottore fu sorpreso da quella digressione di Holmes, un lieve sorriso gli increspò le labbra, era la prima volta che nominava la sua infanzia
- Ancora una domanda. Tua madre è sposata? Con chi vivete?
- Viviamo da soli da quando papà George ..è…,è morto. Due anni fa
- Mi dispiace – disse il detective pensieroso - tua madre che professione fa per mantenervi?
- Ha venduto la cascina dopo la morte di papà e ha affittato un negozio in città ma non guadagna molto
- Potresti parlarci della morte di tuo padre? chiese l'investigatore esitante, dispiaciuto di dover porre quella domanda
- Holmes non credo che... - lo interruppe il dottore che voleva risparmiare al bambino quel ricordo spiacevole
Tuttavia Isaac rispose ugualmente – La mamma ha detto che è stato un incidente, ma non voleva mai parlarne
- D'accordo. Un ultima domanda: avete altri parenti?
- Mia zia. Vive in Francia da quando si è sposata
- Bene Isaac adesso vorrei scambiare due parole con tuo padr….cioè… John…voglio dire Watson – si corresse Holmes – vorresti raggiungere la sig.ra Hudson di là? Puoi portarti questo libro da sfogliare nel frattempo – questi prese poco convinto lo spesso volume che gli veniva porto e partì per la cucina.
- Mi ha chiamato per nome?
- Oh mi dispiace l’essermi preso una tale libertà, ma nella confusione che è seguita alla prima gaffe ho finito per farne una seconda – fece Holmes distrattamente, immerso nel vortice delle sue deduzioni
- Beh, ormai ci conosciamo da un po’ e non avrei problemi se lei volesse , ecco… prendersi maggiore confidenza... – fece il dottore in tono disinvolto ma evitando lo sguardo dell’altro
- Sarebbe un onore, amico mio. Dopotutto non mi dispiace nemmenno chiamarla Watson, e a lei?
- Affatto. Può chiamarmi nel modo che preferisce
- Bene. Lo stesso vale per me purchè non utilizzi quell’orrido diminutivo che mi ha affibbiato Mycroft. Ma tornando a noi: cosa pensa di aver dedotto dalla nostra chiacchierata? – terminò il detective accantonando la questione
- Bhè, non abbiamo molti elementi a nostra disposizione. La sparizione di quel quadro sembra uno degli indizi principali e poi c'è il fatto che vivono da soli e la madre deve mantenere entrambi, con difficoltà
- Esatto. Non è poi così lontano dai miei ragionamenti. Le mie riflessioni mi portano a pensare che siano stati ricattati. Potrebbero avere avuto bisogno di denaro, visto che l’attività della madre non è sufficiente a mantenerli e la vendita del quadro potrebbe essere un tentativo di ripagare il debito. Segua il mio ragionamento: se la sua conoscente fosse in mano agli usurai, e questi signori avessero intenzione di perseguitarla fin quando non avrà ripagato l'intera somma prestata, minacciando in caso contrario di fare del male al ragazzo, essendo la parente più prossima lontana, la donna potrebbe aver pensato a lei, dottore, come l'unica salvezza
- Certo. Visto sotto questa luce..E dal momento che sono il biografo del migliore consulente investigatore di Londra la mia conoscente deve aver pensato di approfittarne
- Giusta osservazione Watson.
- Pensa che questi uomini siano gente molto pericolosa? - domandò il dottore con tono ansioso
- Ce ne accerteremo ma spero di no. A questo punto ci sarebbe da domandarsi se i debiti furono contratti prima della morte del padre e se questa morte sia da considerarsi accidentale o meno ma …
- ma non sappiamo di cosa è morto quell’uomo
- Appunto. Andrò da Lestrade e chiederò di fare delle ricerche. Rimane lei con il ragazzo?
- Ho dei pazienti fra qualche ora ma chiederò alla sig. Hudson di tenerlo d'occhio
- Ottimo. Sarebbe il caso di andare a parlare di persona con la madre, ma date le circostanze non so se sia prudente. Quegli uomini potrebbero seguire i movimenti della donna per impedire che si rivolga a qualcuno per denunciarli. Vedendo entrare e uscire un uomo dalla casa potrebbero decidere di seguirlo e lei, caro Watson, li porterebbe fino a noi e al ragazzo
- Sono d’accordo. Meglio rivolgersi alle autorità, dopotutto loro dovrebbero sapere come comportarsi
Il detective proruppe in una risata asciutta - Lei dice? Gli yarder che noi conosciamo le paiono persone affidabili? Riflettendoci sarebbe meglio rivolgersi a mio fratello
Una volta finito di parlare tornammo dalla sig.ra Hudson che non era affatto contenta di essere trattata come una bambinaia.
Isaac si rivolse subito ad Holmes – che strano libro sig.re – affermò restituendolo
Naturale - rispose il detective raggiante come se gli avesse fatto un complimento – visto che l’ho scritto io. Una monografia sulle ceneri di tabacco con un bel corredo di foto interessantissime. Vero, mio caro Watson?
Il dottore incredulo che avesse dato da leggere roba del genere a un bambino, scoccò un occhiataccia a Holmes che non vi badò. A Watson balenò nella mente che lo avesse fatto a bella posta, di dargli proprio quello, semplicemente perché lo trovava divertente
- A me sembrano mucchietti di terra – disse ingenuamente Isaac
Holmes sorrise condiscendente – c’è un enorme differenza , come si può ben dedurre dal titolo, avresti dovuto leggere megl…- il dottore gli diede una gomitata e cercò di trascinarlo lontano
– Cosa le salta in mente di dare roba simile a un bambino? Cosa vuole che capisca.. – sussurrò esasperato
- Che modi! – si lamentò Holmes – lei è totalmente privo di fantasia dottore! Dopotutto i talenti si devono coltivare fin dall’infanzia
- Almeno gli dia la possibilità di sceglierselo il talento che vuole coltivare. Holmes, faccia in modo di non traviare mio figlio! - sbottò Watson con tono che non ammetteva repliche
- Mi pareva avessimo stabilito che non c’erano le prove sufficienti per definirlo tale – replicò amabilmente l’altro - tuttavia alcuni fastidiosi caratteri in comune farebbero supporre il contrario.
Ora, se non le dispiace, ho delle faccende da sbrigare e non c’è tempo da perdere –
- Non la trattengo – fece Watson scocciato
- Grazie. Au revoir docteur! – salutò Holmes prendendo il cappotto e calandosi il cappello sulla testa prima di uscire

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Capitolo 3
*** Scosse di assestamento ***


Si mise il cappotto e uscì.
Non aveva nessuna intenzione di andare da Lestrade come aveva ipotizzato all’inizio, sapeva che sarebbe stata nel migliore dei casi una perdita di tempo. L’avrebbe contattato in seguito.
Adesso si diresse deciso verso il circolo dove era sicuro avrebbe trovato suo fratello. Andava sempre lì a quell’ora, in quel giorno della settimana.
Infatti eccolo che usciva dal portone d’ingresso, stringendosi nelle falde del cappotto.
- Buongiorno fratello mio. Qual buon vento  ti porta? – lo salutò il suddetto
- Devo avere un motivo per far visita a un mio congiunto? –
- Non farmi ridere Sherlock, ti conosco meglio di nostra madre – sbuffò il fratello –cosa stai macchinando questa volta? –
- Niente. Piuttosto per quale motivo vai via così presto rispetto al tuo solito? –
- Affari di Stato. Non posso dire altro –
- Avrà mica a che fare col furto dei gioielli della Corona di cui ho letto sul giornale questa mattina? Faccenda piuttosto incresciosa in effetti. Io però speravo di trovarti in altri frangenti, in modo da poter conferire riguardo una questione di cui mi sto occupando. In verità mi basterebbero pochi minuti, ho bisogno di un informazione che potresti trovarmi senza difficoltà, niente di illegale questa volta – precisò il detective
- Davvero? Quasi niente di quello che mi chiedi ha mai avuto anche solo la parvenza di cosa lecita.
- Voglio sapere come è morto un certo George Smith: nato nel 1849
- Luogo di nascita?
- Non sono sicuro. Inghilterra suppongo
- Piuttosto ovvio visto il cognome. Purtroppo che sia di origini inglesi non significa che sia nato qui. L’anno della morte almeno lo sappiamo?
- Due anni fa
Mycroft si appuntò i dati sul taccuino - Farò qualche ricerca ma dovrai aspettare per il resoconto, perché sta per scoppiare il finimondo, si sta rischiando l’incidente diplomatico. Pare che i gioielli abbiano preso il largo e che ci fosse un infiltrato nella delegazione tedesca di ritorno a Berlino che si è preso la briga di espatriarli e nasconderli fino all’arrivo in Germania, un complice di quelli che hanno fatto il colpo probabilmente
- Bè buona fortuna. Sono sicuro che saprai risolvere l’emergenza come sempre. Ah! Per la risposta al più tardi domani pomeriggio. Ventiquattro ore sono più che sufficienti  
- Non se ne parla, non ho tempo da perdere dietro simili sciocchezze
- Mi farò vivo io- disse voltandosi per andarsene
- Sherlock! Aspetta – protestò l’altro invano
 
Giunto a casa venne ad aprirgli il dottore, scuro in volto, e appena entrato Holmes fu accolto da un gran trambusto proveniente dalla cucina. Si scrollò di dosso lo spesso pastrano che lo aveva protetto dal freddo pungente e dalla scrosciante pioggia londinese, e si posizionò davanti al caminetto scoppiettante, sfregandosi le mani infreddolite per scaldarle
- Mi sono perso qualcosa Watson? – chiese giulivo
- Oh sì, pare che il nostro giovane amico stia mettendo a dura prova i nervi, già parecchio scossi, della sig. Hudson e questo non promette nulla di buono
- Che notizia interessante – commentò con un sorrisino - almeno la cara sig. Hudson avrà finalmente un'altra persona su cui focalizzare la sua disapprovazione, oltre me
-Non c'è già abbastanza disordine e subbuglio in questa casa? Senza bisogno di aggiungere le conseguenze devastanti di un ragazzino che metterà a dura prova il precario equilibrio mentale che ero riuscito così duramente a stabilire, nonostante i continui tentativi di sabotaggio di un coinquilino come Lei
- Deduco che la giornata non sia stata delle migliori. Deve essere ancora sconvolto per la notizia della paternità. Ma non si affligga.. Vedrà che domattina si sentirà meglio
- Solo quando sarò morto potrò sentirmi meglio! - esclamò l’altro seccato
- Ma cosa le ha fatto di così spiacevole per farla innervosire tanto?
- Ha messo a soqquadro tutte le cartelle dei miei pazienti. Ora dovrò passare la serata a rimetterle a posto
- E perché mai lo avrebbe fatto?
- Sostiene di non aver trovato fogli da disegno in casa! Così ha scarabocchiato la parte retrostante delle analisi dei miei pazienti     
Holmes scoppiò in una breve risata - Via dottore cosa vuole che sia. I suoi pazienti apprezzeranno di sicuro un po’ di colore in quel grigiore. Un futuro pittore.. che novità sensazionale!
- Non le sembrerà tanto sensazionale quando metterà piede nel suo laboratorio e darà il giro ai suoi amati strumenti di lavoro, Holmes  
- Oh questo dubito che avverrà, dal momento che ho avuto l’accortezza di chiudere a chiave prima di uscire, dovrebbe considerare di farlo anche lei, la prossima volta
- Sa che lei può essere davvero irritante?
- E' l’effetto che faccio di solito
Dopodiché, senza più degnare l’altro di uno sguardo, sparì nel laboratorio indossando un grembiule costellato di macchie e abrasioni che ormai assomigliava più a uno straccio da pavimenti
 
- Stia un po’ attento o si sveglierà– avvertì Watson, accorso al rumore di vetri infranti che proveniva dal laboratorio del detective – io spero prorpio che non si svegli fino all’ora di cena. Altrimenti se la vedrà Lei, io non voglio saperne
- Va bene allora se mi è consentito mi assento nella mia stanza, per indulgere in quel passatempo che lei trova così deplorevole –
- E’ impazzito Holmes? Come faremmo se il bambino si svegliasse e la vedesse? –
- Non si preoccupi. Chiuderò a chiave –
- Assolutamente no! Se si dovesse sentire male nessuno potrebbe aiutarla –
- Apprezzo molto i suoi vani tentativi di farmi desistere e certo nessuno, o meglio lei, non si perdonerebbe mai, la sua morale ne verrebbe macchiata irrimediabilmente, se non potesse venirmi in soccorso in caso di bisogno e dovessi morire per causa sua –
Il dottore si adirò a tal punto che il viso gli si tinse di rosso – Si sbaglia. La sua morte non sarebbe per colpa mia, ma per causa sua e del suo vizio, e se c’è qualcosa per cui mi preoccupo non è per la mia morale, semmai per la sua vita –
Holmes stette in silenzio qualche secondo piccato
- Non le ho chiesto un parere, John – rispose
- Non mi chiami per nome, se lo fa con l’intenzione evidente di insultarmi – disse l’altro prima di andarsene
Holmes avrebbe volentieri mandato al diavolo la morale da due soldi del coinquilino, e si sarebbe fatto subito una dose, se non fosse che in quel momento la cosa gli sembrava svilente e non gli avrebbe recato sollievo. Le parole dell’altro ancora gli rimbombavano nella testa e volle dimostrare a Watson che sapeva trattenersi. Non era un drogato come pensava. Così mise mano al violino, il suo passatempo alternativo, e cominciò a strimpellare in modo talmente esasperante che certo l’altro si sarebbe pentito di avergli parlato con quell’arroganza. Riflettendoci si rese conto che i modi di Watson erano tutt’altro che arroganti normalmente. Forse era lui che lo portava a certi sfoghi. Si chiese perché quell’uomo se la prendesse tanto. Pensava a lui come il modo per riscattarsi la coscienza dalla morte di suo fratello ?
Dopo mezz’ora di assoli al violino decise di interrompere momentaneamente l’esecuzione e riaprì gli occhi, così che se ne ritrovò un paio grandi azzurri a fissarlo. Pensò agli occhi di Watson ma si trattava di Isaac.
- E’ un violino? –
- Si. Ne hai mai preso in mano uno? –
Il bambino scosse la testa.
Holmes glielo porse- fai attenzione, è delicato –
Il bambino lo studiò da vicino ma non lo prese in mano per paura di romperlo.
- Prima stavo suonando degli accordi alla rinfusa, non era vera musica –
- Cosa sono gli accordi? –
- Gli accordi sono le note musicali, il loro modo di aggregarsi e creare un suono. Bisogna premere alcune corde e altre no. Ti piace la musica? –
- Non so –
- Vorresti imparare a suonare? –
- Forse –
Il detective sorrise impercettibilmente – hai tempo per scoprirlo, sei ancora piccolo –
- Io ho quasi 8 anni e mezzo –
- Perbacco! Allora sei quasi un ometto.
- Vado a prendere da bere – disse Holmes a un certo punto e mentre si dirigeva in cucina si trovò davanti il dottore, intento a origliare fuori dalla stanza
- Stavo per entrare e poi vi ho sentiti parlare…- si giustificò - volevo chiederti scusa per prima, non dovevo –
Il detective si rese conto che il dottore, senza accorgersi, gli aveva dato del tu
- Meglio dispiacersi per una cosa fatta che per una mancata. Veramente sono io a dovermi scusare per averla offesa, sono stato stupido e insultante, la autorizzo a picchiarmi la prossima volta… -
- Se lo facessi finirei k.o. al primo round. – rise il dottore - Comunque devo dirle che ci sa fare con i bambini a volte-
- Sta scherzando?-lo interruppe Holmes- Sicuro di sentirsi bene? –
 
Il giorno dopo lo vide intento ad insegnare il gioco degli scacchi al marmocchio che lo fissava concentrato.
- Non devi muovere il Re senza motivo, bisogna mandare avanti i pezzi meno importanti, non si possono mettere a rischio le pedine principali. Se si è costretti a muovere il Re vuol dire che l’avversario ci ha in pugno… Bisogna anticipare le sue mosse, trovare il punto debole e prevedere dove lui potrebbe colpirci. La mossa è l’ultima azione, prima si deve vagliare ogni conseguenza possibile.
- Ancor più che alle nostre bisogna fare attenzione alle mosse dell’avversario, per sfruttare i suoi errori a nostro vantaggio. È importante la strategia, si deve attirare l’avversario su un terreno non sicuro, eventualmente anche a costo di qualche sacrificio. Lasciargli mangiare qualche pezzo allo scopo di attirarlo allo scoperto – terminò il detective passando a illustrare le regole basilari
Watson si ritrovò a pensare che in fin dei conti era più o meno la stessa strategia che Holmes adottava quando si trovava a combattere in uno scontro contro qualche criminale.
Lanciò un occhiata divertita da dietro il giornale spiegato ai duellanti e vide Isaac corrugare la fronte e studiare con attenzione il suo avversario.
Osservò come il ragazzino fosse dotato di acume non indifferente e potesse essere un interessante diversivo al tedio quotidiano che talvolta assaliva il detective
Si era chiesto se la vicinanza con il suo singolare coinquilino potesse in qualche modo risultare pericolosa per la sanità mentale del bambino, dopotutto Holmes era alquanto incline all’instabilità, ma poi si era convinto a non interferire. Isaac sembrava apprezzare la compagnia dell’uomo, anche se John pensava che talvolta lo considerasse un po’ stravagante ed eccentrico.
Fin dal primo momento Holmes aveva scatenato in John la stessa ammirazione, mista a soggezione e rispetto. Lo aveva avvinto fin dal principio e il dottore si era trovato risucchiato nel vortice misterioso e intrigante della sua personalità poliedrica, senza accorgersene
La voce del ragazzino lo riscosse dai suoi pensieri. Aveva chiesto al detective - che in quel momento aveva assunto il ruolo altamente gratificante, per lui che amava canalizzare l’attenzione e l’ammirazione degli altri su di sé, di Maestro – se si potesse muovere due pezzi contemporaneamente
– Eh No giovanotto – fece Holmes in risposta – il gioco prevede sempre una sola mossa, tranne quando si gioca la mossa dell’ Arrocco: in quel caso si può muovere la Torre e il Re contemporaneamente. È una mossa che serve a porre il Re in una posizione più sicura, più marginale, è per questo che prende quel nome. Potremmo chiamarla la mossa del rintanarsi – spiegò al bambino che lo guardava affascinato
Watson diede un occhiata distratta all’orologio e interruppe la lezione di Holmes per mandare a letto il ragazzo, che si impuntò per restare alzato ancora, finchè crollò addormentato. Anche Jhon si stava assopendo e Holmes sollevò il bambino tra le braccia e lo portò a letto. Tornato nella stanza si accese la pipa e sfilò il giornale dalle mani del dottore, che si ridestò lievemente
- Ha l’aria stanca Watson – constatò il detective corrugando le sopracciglia
- Mmh. Trova?
- Che ragazzo singolare questo Isaac
- Sì, lei gli piace- sorrise lievemente – e credo che anche a Lei non dispiaccia la sua compagnia. Le ricorda forse la sua infanzia?
Holmes gli lanciò un occhiata profonda, Watson capì di aver colto nel segno – Watson, non dica banalità – sbottò contrariato il detective
- Dal momento che non le va di parlare penso che andrò a dormire
- Lei presume troppo - disse sferzante
- Non ho la presunzione di possedere il suo intuito. La sua vita rimarrà sempre un mistero per me, mentre è evidente che io non posso nasconderle nulla della mia 
- Quindi insinua che ci sia una disparità nelle nostre posizioni?
- Fa torto alla sua intelligenza con questa domanda. Sa benissimo che Le sue capacità la mettono in una posizione di superiorità, ma non ha importanza. Saprò pazientare o rassegnarmi a non avere mai una risposta
- Nessuno mi conosce bene quanto lei, a parte mio fratello. Questo le dovrebbe bastare
- Eppure so della sua vita passata molto poco.
Il detective aspirò una boccata di fumo e stette in silenzio qualche secondo prima di replicare - Quanto basta.
Watson sorrise, si era aspettato esattamente quella risposta, dopotutto un po’ lo conosceva. Con tono rassegnato gli augurò la buonanotte
- Anche a lei, caro Watson - disse il detective, aspirando una altra boccata di fumo dalla pipa
 
 
 
N.d.a:Sì, lo so. Sta diventando un casino, ma sinceramente è venuta fuori così, a sprazzi e sto cercando di dare una consequenzialità alle scene. Mi scuso anche per il pezzo della spiegazione degli accordi musicali, sicuramente non accurata e forse anche sbagliata, ma non me ne intendo molto e accetto volentieri delucidazioni, se vorrete darmele, in merito a questo e ad altro. Qualsiasi critica è bene accetta, perché è la prima fanfic lunga che scrivo.  Ho davvero bisogno dei vostri pareri per migliorarmi. Grazie a tutti !
 

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