Amanda

di Franciska
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Parte due ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Il getto di acqua calda le colpì il capo e un brivido la scosse. Amanda si sedette con un sospiro e appoggiò la schiena contro l’anta della doccia. L’acqua si tinse di rosso.
«Amanda, vieni». Una voce roca proveniente dalla camera da letto. Davide.
Amanda si alzò e chiuse il rubinetto. I piedi toccarono il pavimento, goccioline d’acqua le percorsero il corpo e caddero sulle piastrelle dure e gelide.
Lo sguardò si posò sul braccio destro: una linea rosata segnava la pelle dove l’avevano ferita.
Come in un film. Amanda scoppiò a ridere.
«Ehi, a cosa pensi?». Davide la stava osservando con la fronte corrugata, appoggiato a braccia conserte contro lo stipite della porta. Indossava solo i pantaloni del pigiama. Amanda si avvicinò e con l’indice accarezzò la pelle liscia e abbronzata, disegnando piccoli cerchi sul petto muscoloso.
«Ci lasceranno mai tranquilli?».
Davide sorrise e una fossetta comparve sul mento. «Se non ci lasceranno tranquilli, li aspetterò con in mano il mitra». Le afferrò il viso e la baciò. Amanda rimase senza fiato e spalancò gli occhi; Davide si allontanò con un ghigno e balzò sul letto.
Lei lo seguì e scivolò sotto le lenzuola di cotone. Si strinse a lui e appoggiò la testa sulla sua spalla.
«Ricordi ancora il tuo ultimo giorno?» sussurrò Davide, accarezzandole i capelli.
«Sì…». Amanda chiuse gli occhi e con i pensieri andò indietro di un anno.
 
 
Amanda alzò le mani al cielo e ancheggiò sul posto. I bassi facevano tremare il pavimento di legno, luci bianche illuminavano a intermittenza la sala. Mosse la testa a destra e a sinistra, a ritmo con la musica.
Qualcuno le posò una mano sul fianco e aderì il corpo contro il suo. Amanda alzò lo sguardo verso sinistra e sorrise. Thomas agitò una bustina contenente pasticche colorate, lei annuì e socchiuse le labbra; le infilò una pasticca in bocca e le diede un sorso di vodka dal bicchiere che teneva in mano.
Il volume della musica aumentò, Amanda scoppiò a ridere e barcollò. Le luci illuminarono una tipa a carponi per terra, sporca di vomito. Lo sguardo si posò su un tizio che si accasciava contro il bancone del bar. Il barista afferrò una bottiglia e colpì alla testa una ragazza, liquido e frammenti di vetro schizzarono.
Una fitta le attraversò la testa, Amanda si portò la mano alla nuca. Chiuse gli occhi e li riaprì: era stesa, con Thomas chino su di lei che muoveva le labbra.
Inarcò la schiena per il dolore, il cuore si strinse.
 
 
Amanda si asciugò le lacrime con le lenzuola e si voltò a guardare Davide. Un ricciolo biondo gli scendeva sulla fronte, l’espressione sul viso era rilassata.
Tutto ciò che ho, tutto ciò che voglio. Sorrise e andò alla finestra; socchiuse le ante e una brezza d’aria fresca entrò nella stanza.
Una figura si stagliò sul tetto del condominio di fronte, Amanda si irrigidì. La figura si mosse e saltò nel vuoto. Le labbra di Amanda si tesero a mostrare i denti, un suono basso le provenne dalla gola. Fanculo, non ci prenderete!
Un fruscio alle sue spalle. «Cosa succede?». Davide le cinse la vita con un braccio.
«Sono qui vicino».
Amanda si girò. Davide teneva nelle mani il mitra, un ghigno sul viso. «Aspettiamoli».
Si accucciarono accanto alla finestra e si fissarono. Amanda strinse le mani a pugno e affondò nei suoi occhi azzurri. Non ti perderò.
Dal corridoio provenne un tonfo. Scivolarono dietro la porta della camera, schiena contro muro. Si aprì con un cigolio e una figura si stagliò in mezzo alla stanza, il volto coperto dal passamontagna. Davide annuì.
Amanda si lanciò contro la figura. Premette le dita nelle spalle, trapassò il tessuto e le affondò nella carne. La figura mugolò e si contorse. Con un ringhio, Amanda strappò il passamontagna. I denti incisero il collo e un fiotto di sangue caldo le riempì la bocca. Sangue, delizioso sangue. Si ritrasse e la figura crollò sul pavimento; Davide l’abbracciò da dietro e le succhiò le dita.
«Fin troppo facile» mormorò Amanda.
Davide si irrigidì. «E se fosse stato un modo per assicurarsi della nostra posizione?».
Allora siamo nella merda.
Il vetro della finestra esplose e tre figure balzarono nella camera.
Mostrando i denti, Davide fece fuoco; l’aria tremò, i proiettili trapassarono le figure e crivellarono la parete alle loro spalle. Due si accasciarono, una barcollò e ringhiò. Davide sparò altri colpi e la figura cadde sulle altre.
«Scappiamo!». Si presero per mano e saltarono fuori dalla finestra.
L’aria le accarezzò la pelle nuda, i capelli corvini si alzarono. In un battito di ciglia, i piedi si posarono sulle mattonelle del marciapiede e la luce gialla di un lampione li avvolse.
«Siete di Balfone, non scapperete!». Il grido provenne da sopra di loro.
Davide le mise una mano sotto il mento. «Io li trattengo, tu aspettami al solito posto».
Il cuore le balzò in petto. «Scordatelo, non ti lascio qui!».
Davide ringhiò e la spinse, Amanda andò a sbattere contro il palo del lampione e lo ammaccò. «Vattene».
La vista si offuscò per le lacrime, Amanda si voltò e iniziò a correre. Spari e grida la raggiunsero, un singhiozzo le sfuggì dalle labbra.
Il paesaggio mutò e il bosco sostituì la città. Amanda rallentò e lasciò il sentiero in terra battuta, i piedi e le caviglie sporchi di fango. Con un balzo si aggrappò al ramo di un pino, si tirò su e si sedette cavalcioni, la schiena appoggiata al tronco.
Chiuse gli occhi e le lacrime le rigarono le guance. Torna da me, ti prego. Nella mente le comparve l’immagine di un uomo baffuto, con i capelli bianchi e indosso un completo blu. Balfone. Ringhiò e sferrò un pugno al ramo, che si spezzò con un crepitio e precipitò al suolo.
Tutta colpa di Balfone, maledetto bastardo!Amanda si afferrò i capelli e tirò, l’urlo scoppiò e si diffuse nel bosco.
 
 
Si trovava in una stanzina dalle pareti bianche, senza finestre. Dal soffitto pendeva una lampadina, l’unico oggetto presente.
Due ragazzi erano seduti sul pavimento, di fronte a lei, e indossavano una tuta bianca. Amanda abbassò lo sguardo: indossava la stessa tuta. Lo rialzò e ansimò; erano pallidi e smunti, con le guance incavate e le iridi degli occhi nere.
«Hai anche tu lo stesso aspetto» disse il ragazzo con i capelli biondi. «Sei Amanda Torri, vero?».
Amanda lo squadrò. «Chi sei?».
«Sono Camu».
Amanda inarcò un sopracciglio. Il ragazzo sbuffò e alzò la maglia: lo stomaco era attraversato da una cicatrice. «C’eri anche te, con Thomas, quando quegli stronzi mi hanno attaccato, no?».
Thom. Dov’è finito? Lei lo fissò. «Cazzo ci facciamo qui? Dove ci troviamo?».
Camu alzò le spalle. «Boh».
«Come “boh”?». Amanda si alzò, le mani chiuse a pugno. «Cazzo vuol dire “boh”?!». Si girò e sferrò un calcio contro la porta. «Ehi, dove cazzo siamo?!».
«Amanda… Hai ammaccato la porta!» disse Camu alle sue spalle. Lei spalancò gli occhi; c’era una rientranza dove aveva colpito con il piede.
Si sentì un fischio e fumo bianco si alzò dal pavimento. Le gambe divennero molli, le palpebre pesanti e Amanda si accasciò per terra.
Qualcuno la scosse e Amanda batté le palpebre.
Era seduta su una sedia, con la testa appoggiata contro il ripiano di un tavolo. Si mise dritta. Seduto davanti a lei, c’era un signore in giacca e cravatta, con i capelli bianchi pettinati all’indietro e un paio di occhiali appoggiati sul dorso del naso aquilino; in piedi intorno a loro, uomini con il volto coperto dal passamontagna, in mano ad ognuno un fucile.
«Ciao cara» disse il signore.
Amanda incrociò le braccia e strinse gli occhi. «Chi sei? Che ci faccio qui?».
«Prego, bevi pure». Il signore sorrise e indicò il tavolo.
Amanda abbassò lo sguardo: c’era un calice di vetro, contenente liquido rosso. «Voglio una risposta, non bere vino».
«Tra poco avrai fame, cara, è meglio se bevi».
Lo stomaco gorgogliò. Amanda strinse le mani a pugno e scosse il capo. «No».
Il signore ridacchiò. «Ah, come sono testarde le femmine! Allora, carissima Amanda, io sono Roberto Balfone, direttore della casa farmaceutica Tomiri qui in Italia. Due notti fa, al rave, hai assunto un nostro farmaco sperimentale».
Amanda si irrigidì.
«Eh già, quella pastiglia colorata è di nostra produzione!». Roberto Balfone si alzò in piedi e allargò le braccia. «Cara, benvenuta in famiglia».
Amanda lo fissò. «Cosa?».
«Il tuo corpo ha reagito bene al farmaco e tu ti sei trasformata...» Balfone inclinò la testa di lato. «Per un po’, dovrai stare qui da noi. Naturalmente verrai pagata bene, non ti mancherà nulla!».
Un brivido attraversò Amanda. Ti sei trasformata. Osservò il bicchiere di vino e ansimò. Il vino non ha quel colore. Afferrò i braccioli della sedia e strillò.
 
 
Amanda sbarrò gli occhi e li alzò al cielo. La notte stava lasciando posto al chiarore mattutino e le stelle si stavano spegnendo. Davide, quando arrivi? Il cuore si strinse in una morsa di disperazione.
 

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Capitolo 2
*** Parte due ***


Davide le accarezzò il profilo del viso con l’indice della mano destra, gli occhi fissi nei suoi; le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si chinò su di lei, le labbra dischiuse sul collo. Amanda sospirò e chiuse gli occhi, il corpo scosso da un brivido. «Baciami…» sussurrò.
Davide le accostò le labbra all’orecchio. «Non posso». La strinse in un abbraccio e fece un passo indietro.
Amanda batté le palpebre, la fronte corrugata. «Perché non puoi?».
«Devo andare via».La voce gli tremò. Era pallido in viso, con gli occhi ridotti a due fessure.
Amanda ansimò e lo afferrò per un braccio. «Non lasciarmi da sola!».
Lui scosse la testa e una lacrima gli rigò la guancia. Il cuore le premette contro il petto. «No, ti prego…».
La presa sul braccio si allentò e Davide le mostrò le spalle. Amanda cadde in ginocchio. «Non lasciarmi!».
Davide si allontanò, e con lui anche la luce.
 
 
Amanda scivolò dal ramo e colpì il terreno erboso con un tonfo. Socchiuse gli occhi e il cielo senza nuvole le si parò davanti. Azzurro come i suoi occhi. Affondò le dita nella terra e singhiozzò, l’angoscia del sogno viva in lei. Sei giorni, sei fottuti giorni!
«Amanda…».
Scattò seduta con gli occhi sgranati, la speranza rinata. «Davide! Sei tu?». Con lo sguardo frugò gli alberi intorno. «Dove sei?!».
«Sono qui…».
Amanda si alzò barcollando, gli occhi guizzarono in ogni direzione. «Non ti vedo!».
«Qui…».
La voce provenne da destra. Amanda balzò tra i cespugli.
«Qui…».
Giunse flebile, da sinistra. Corse in quella direzione, il cuore che le batteva furioso.
«Qui…».
Chiara e forte, davanti a lei. C’erano solo alberi. Amanda si prese la testa tra le mani, il labbro inferiore tremante. «Non riesco a trovarti!».
Qualcuno ridacchiò alle sue spalle. Si girò e sobbalzò con un ansito: Balfone, nel suo elegante completo blu, la stava osservando a braccia incrociate; sul viso aveva dipinto un sorriso divertito.
«Non lo troverai mai. È morto.».
Le gambe si fecero molli. «No, non è possibile!». Arretrò di un passo e scosse il capo. «No, non è vero…».
Balfone schioccò le dita. «Scappa, cara, se non vuoi fare la stessa fine».
Un rombo provenne dall’alto, Amanda alzò lo sguardo: figure in nero, armate di mitra, piovevano dal cielo. Con un urlo iniziò a correre, inseguita dalla risata di Balfone.
Il vento le frustò il corpo e i piedi alzarono terra e foglie. La testa iniziò a girare e la vista ad annebbiarsi. Amanda crollò a terra, il respiro ansimante; una fitta le attraversò lo stomaco. Prese fiato e alzò lo sguardo: dei soldati di Balfone non vi era traccia; abbassò il capo e chiuse gli occhi.
Il profumo le inondò le narici, stuzzicandole l’appetito. Amanda mugolò e strisciando seguì la scia.
Seduta sul ceppo di un albero, al centro della radura, c’era una ragazzina in camicia azzurra e scarponcini, con un fazzoletto giallo e blu legato intorno al collo.
Il pulsare frenetico del cuore le giunse alle orecchie, Amanda sorrise e si accucciò; lo stomaco gorgogliò per la fame. Sangue.
Con un ringhio balzò su di lei. La ragazzina alzò lo sguardo e spalancò la bocca in un urlo. Amanda la sbatté a terra, le afferrò i capelli e le tirò indietro la testa; strappò il fazzoletto e lo gettò lontano, i denti incisero la pelle morbida e la bocca venne invasa dal sangue caldo. La ragazzina smise di agitarsi e si accasciò tra le sue braccia.
Si ritrasse con un balzo e la fissò, leccandosi le labbra. Il bianco dell’osso luccicò sotto la luce del sole, brandelli di carne erano sparsi intorno a lei. Gli occhi vacui la guardavano, accusatori.
Un senso di nausea la invase. Cosa ho fatto? Amanda fece un passo indietro, il vuoto che da dentro l’attanagliava. Solo una ragazzina. Le mani e il viso erano sporche del suo sangue.
Si lasciò cadere a terra, lo sguardo abbassato. «Sono un mostro». Le lacrime scivolarono lungo le guance e si persero tra l’erba. Alzò gli occhi al cielo, le mani chiuse a pugno. «Perdonami! Se esisti, perdonami!». Il cielo rimase immobile e silenzioso.
Amanda tirò su con il naso. Sei giorni e Davide ancora non è arrivato. Si alzò e lo sguardo si fermò sulle montagne, le cime innevate e distanti. Rilegò la sofferenza in un angolo della mente e corse in loro direzione.
 
 
«Grazie al farmaco, la tua forza e la tua velocità sono aumentate». Balfone camminava per il laboratorio, le mani dietro la schiena. «Puoi vedere al buio, freddo o caldo è irrilevante, il senso dell’olfatto è maggiormente sviluppato, la tua pelle si cicatrizza subito…».
«Sono invincibile» sussurrò Amanda. Ma a quale prezzo?
«Praticamente sì. Sarebbe interessante vedere cosa succederebbe se ti buttassi dall’edificio più alto del mondo». Balfone si fermò e la osservò. «Non farti venire in mente strane idee, cara. Sono stati creati ad hoc proiettili che ti trapasserebbero come se tu fossi di marzapane». Sorrise e un brivido le corse lungo la schiena.
«Devo per forza nutrirmi con il sangue?».
Balfone si sedette sulla sedia di fronte a lei e incrociò le gambe. «Se non ti nutri, ti verranno le allucinazioni». Le labbra si tesero in un ghigno. «Sangue, in cambio di tutto questo… Cosa vuoi che sia?».
 
 
Era seduta sul bordo del burrone, circondata dalla neve. Il sole aveva colorato di arancione e rosa le nuvole e lentamente si stava nascondendo dietro le montagne.
Morirei se cadessi da questa altezza?I battiti del cuore accelerarono, Amanda sospirò. Coraggio, devi avere coraggio. Non vuoi raggiungere Davide? Si alzò e camminò  lungo il bordo del burrone, le braccia aperte come un’acrobata. Ecco, un passo sbagliato e sarà tutto finito...
«Amanda, non morire».
Amanda chiuse gli occhi e trattenne il respiro, le lacrime che le bagnavano le guance. Fottiti, stupida immaginazione. Alzò un piede e lo tenne sospeso nel vuoto.
«No, Amanda, non farlo!». La voce echeggiò tra le montagne e una mano si posò sulla sua spalla.
Il cuore le balzò in petto, si voltò con un sorriso. Strizzò gli occhi davanti al bianco della neve e il sorriso le abbandonò il volto. Non c’era. «Davide, ti prego, fatti vedere».
«Non sono qui…».
«E dove sei?!». I piedi affondarono nella neve, si guardò intorno. «Ti prego, dimmi dove sei!».
«Non sono qui, non so dove sono… Credo nel laboratorio di Balfone… Amore, salvami!».
Amanda chiuse le mani a pugno. Mai mi hai chiamato amore. «Arrivo» sussurrò.
 

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