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Vitious chiuse l’ultimo di una lunga fila di tomi, disposti sulla
scrivania della Preside, incantata per l’occasione, producendo un rumore sordo
e attutito
Vitious chiuse
l’ultimo di una lunga fila di tomi, disposti sulla scrivania della Preside,
incantata per l’occasione, producendo un rumore sordo e attutito. Tutti gli
insegnanti, e gli Auror, riuniti nell’ufficio, si guardarono l’un l’altro,
nervosi.
- niente?- tentò
Lumacorno.
- niente.- sospirò
Vitious.
- non è possibile
che non ci siano altri modi.- protestò la McGranitt, incrociando le braccia
secche al petto.
- e invece pare
proprio che non abbiamo scelta, Minerva.- sospirò Vitious, abbattuto.
- l’unica
alternativa è lasciar perdere.- rispose soavemente Piton.
- via, Severus, sai
che non possiamo.-
- ed allora, temo
che non ci sia scampo. Per noi, e per loro.-
- non otterremo
nulla, in questo modo. – commentò Lupin, accigliato. – e non possiamo chiedere
ai ragazzi una cosa del genere, non possiamo proprio.-
- questa “cosa”,
Remus, salverebbe la pellaccia a molti di noi! Non possiamo permetterci il
lusso di scartare una simile arma.-
- ma non è un’arma,
Alastor!- gemette Lupin, e Tonks annuì, timidamente.
- è vero. Insomma…
ci pensate, alle conseguenze? Stiamo parlando di una vita, in cambio di cosa?
Di dieci secondi?-
- cielo, non faccio
che pensarci, da quando tutta questa ricerca è cominciata.- disse la McGranitt,
tesa.
- signori, se mi è
concesso…- si intromise di nuovo Piton, con voce spenta. – in un certo senso
Alastor ha ragione. Non ci è concesso di rischiare, e se è vero che ognuno deve
fare la sua parte, in questa guerra, allora che i ragazzi facciano la loro.-
- la loro parte?
Per l’amor del cielo, come se Harry non fosse già quello più coinvolto, fra di
noi, senza metterlo in mezzo ad una faccenda simile.- scattò Tonks,
fortunatamente fermata da Lupin, prima di avere la possibilità di far cadere
qualche libro dal tavolo.
- non c’è la possibilità
di… scegliere qualcun altro?-
- è da escludere, a
questo punto. – commentò Lumacorno, amaro. – Potter è Potter. Senza di lui, non
possiamo andare lontani.-
- sì, ma… per
l’altro? Voglio dire, non possiamo cercare, che ne so, qualche Grifondoro, o
almeno una ragazza che…-
- Malfoy è Malfoy.-
sentenziò Piton, gelido. – ed è il meglio di cui disponiamo, al momento. Il
meglio.-
- mi vengono i
brividi.- Tonks raggelò, con una smorfia di disappunto.
La McGranitt
sospirò. – non sei la sola, cara.-
- allora è deciso?
Davvero?- Lupin sembrava il più restio, ad arrendersi, ma l’assenso risoluto di
Vitious non lasciò spazio a speranze.
- purtroppo
dobbiamo farlo.- disse, laconico.
- è per il bene di
tutti.- gli fece eco Lumacorno.
- già. Ma mi chiedo
che ne sarà del loro, di bene.-
- ma vattene
all’inferno, Malfoy!- Harry grugnì, e con uno strattone tentò di liberarsi
dagli invadenti rami di edera stregata con cui il Serpeverde gli aveva teso un
agguato, appena fuori dagli spogliatoi del campo di Quidditch, dove si era
allenato per ore.
Draco si esibì in
un’affettata risata trionfale.- o ho, offeso, San Potter? Su, un po’ di verde
addosso non ti farà che bene.-
- divertente,
davvero.- replicò il Grifondoro, al colmo dell’irritazione.- Dì un po’, pensi
di crescere, un giorno o l’altro, o hai intenzione di fare il poppante
capriccioso finché i capelli non ti diventeranno ancora più bianchi di così?-
Draco sbuffò una
smorfia infastidita. – per tua norma, Sfregiato, non sono affatto un bambino, e
non so che farci se tu non possiedi nemmeno l’ombra di un senso dell’umorismo,
e non sai stare ad uno scherzo innocente!-
Harry si strappò
dalle spalle gli ultimi rami, e scosse la testa, fingendosi teatralmente
sorpreso.- oh, no, ma che dici, l’ho trovato davvero spassoso, invece, sul
serio! Scommetto che ci hai perso almeno tre o quattro notti, a progettarlo,
vero? Magari ti sei fatto aiutare dai tuoi amichetti, dalla Parkinson e da
Zabini. Oppure hai messo il cervello in comune con i tuoi scimmioni? Se vi
impegnate sono certo che potreste quasi fare l’intelligenza di una persona
media, sapete?-
- piantala di fare
il gradasso con me, Sfregiato!- scoppiò Draco, estraendo la bacchetta con gli
occhi iniettati di sangue. – lo vedremo, chi riderà per ultimo!-
- attento, Malfoy,
ti ho già battuto…- ringhiò Harry, mettendo subito mano alla sua.
I due nemici di
sempre si fronteggiavano, minacciosi, nel bel mezzo del giardino della scuola,
e sembravano più che intenzionati a fare sul serio, con quelle bacchette.
- fatela finita,
tutti e due!- una voce piuttosto imperiosa distrasse i due contendenti dai loro
bellicosi intenti appena prima che Draco facesse la prima mossa. Hermione
saettò un’occhiataccia a Malfoy, poi gli rivolse le spalle, concentrandosi su
Harry. – la McGranitt vi cerca, vi vuole nel suo ufficio.- disse, neutrale.
Harry lasciò
scivolare indietro la testa, impigrito. – che ho fatto, ora?- sospirò,
rassegnato, e sforzandosi di ignorare i risolini di Malfoy.
- che cosa AVETE
fatto.- rispose Hermione, con voce petulante. – vi vuole tutti e due, e alla
svelta, anche.-
Draco rabbrividì
suo malgrado, e il Grifondoro non potè che esserne soddisfatto. Mal comune,
mezzo gaudio.
ANGOLINO!
Eccoci con una
nuova long fic, dopo il mio periodo shot… Come avrete modo di vedere, non sarà
una Male Pregnacy, nulla (spero) di irrazionale, ho cercato in ogni modo di
evitare pasticci con Madre Natura. Beh, questo è stato un semplice prologo, un
modo per tastare il polso della situazione (vi spettavate per caso una
situazione diversa da un Harry e un Draco che bisticciano come gatti? Huhu,
poveri illusi, per quello dovrete aspettare il sequel di The Last Challen… ops…
dovrei imparare a mordermi la lingua. ^^’). Beh, come sempre mi auguro che
apprezzerete questa fic piuttosto insolita, molto altalenante, ma in fondo in
fondo tenera (è inutile, sono una romanticona).
Enjoy, come sempre
io sono a disposizione per domande/commenti/osservazioni di ogni genere!
Ah, anzi, colgo
l’occasione per ringraziare tutte coloro che hanno lasciato un commento a tutte
le shot che ho pubblicato in quest’ultimo periodo, purtroppo non ho avuto
occasione di inchinarmi a loro come sempre, grazie di cuore!
La professoressa McGranitt cercò di mantenere un’espressione quanto più
possibile neutrale, di fronte ai due alunni che aveva convocato
La professoressa
McGranitt cercò di mantenere un’espressione quanto più possibile neutrale, di
fronte ai due alunni che aveva convocato.
Lo studio, il
solito, vecchio studio oltre la statua del gargoyle, era più illuminato del
solito, ma nessuno ci faceva troppo caso. Doveva essere una questione davvero
molto importante, quella per cui aveva convocato loro due, proprio loro due.
Insieme.
Draco agitava
nervosamente il piede sinistro, mentre Harry sembrava tutto sommato più a suo
agio, nonostante la situazione e la compagnia.
- abbiamo bisogno
del vostro sangue, ragazzi. Contro voi-sapete-chi.- spiegò asciuttamente, a
bassa voce la preside, mentre il professor Vitious, vicino a lei, scorreva
nervosamente gli occhietti sui presenti.
- il nostro sangue?
Draco inarcò un sopracciglio. – non intenderete mica dire che volete
sacrificarci, spero.- fece, polemico.
- cielo, no.- la
strega scosse la mano, impaziente. – per “sangue” intendo dire una piccola
quantità.-
- beh…- Harry
Potter si strinse nelle spalle, malcelando il suo stupore. – ne è stato versato
così tanto fino ad ora, che qualche altra goccia non sarà poi questa gran
tragedia…-
La McGranitt si
schiarì la voce, ed i ragazzi si scambiarono un’occhiata, loro malgrado
identica: c’era ancora qualcosa che dovevano sapere, era fin troppo evidente.
come era fin troppo evidente che non sarebbe stato affatto piacevole.
- non hai capito,
Potter… non è solo questione di gocce di sangue. Dobbiamo…- la McGranitt scoccò
un’occhiata a Vitious, che le fece cenno di proseguire. - …unirvi.- terminò con
un soffio.
- unirci?- Draco
arricciò il naso. – che significa, che dovremmo condividere un corpo, o
qualcosa del genere?-
- per l’amor del
cielo, professoressa, mi dica che è uno scherzo.- Harry si aggiustò gli
occhiali con malcelato nervosismo. – non farò mai nulla di simile.-
- no.- la donna
rassettò la gonna, nervosa. – siete fuori strada, entrambi. Ragazzi, io capisco
che ciò che sto per dirvi potrà sembrarvi davvero molto, molto strano. E
piuttosto terribile, in verità. Ma dovete capire che non c’è scelta, e vi prego
di credermi. Abbiamo vagliato ogni possibile soluzione.-
- parli chiaro,
tutto questo mistero comincia ad innervosirmi. Che ve ne fate del sangue mio e
di Potter, e che significa che dobbiamo unirci?-
L’anziana strega
sospirò, ed Harry vide chiaramente che rivolgeva lo sguardo al tavolo con
insistenza, mentre si accingeva a parlare. - significa che dovrete…
procreare..-
Draco quasi si
soffocò con un singhiozzo, Harry semplicemente impallidì come la morte. – che…
che cosa, scusi? -
- hai capito bene,
Potter. Il vostro sangue deve essere unito in una nuova vita.
- ma è…
impossibile.- mormorò il Grifondoro, sconvolto.
Vitious sospirò. -
non lo è. Esiste un modo, in verità. Non è esattamente legale, ma esiste.-
- non… non ci penso
nemmeno!- Draco quasi abbaiò, fuori di sé. – che diamine significa un figlio?
Con Potter? Non è divertente, affatto!-
L’espressione della
preside, purtroppo per loro, non sembrava affatto scherzosa.- lo sappiamo,
signor Malfoy. Ma purtroppo non c’è via di scampo.-
- ma dico, siete
impazziti, per caso?-
Harry si morse un
labbro. – calmati, Malfoy.- mormorò verso il biondo, che per tutta risposta lo
fulminò. – se questa è una qualche congiura, o una delle vostre follie,
sappiate che non intendo reggere i vostri giochi!-
- nessuno è qui per
giocare, Malfoy.-
- ma voi siete
pazzi!- ormai il volto di Draco si era tinto di un rosso vivace. – come… come
diamine potete chiamarmi qui, e venirmi a dire che dovrei fare un figlio con
Potter! Vi rendete lontanamente conto dell’assurdità della situazione?-
- più che bene. –
rispose seccamente la preside. – Malfoy, non sono qui per cercare di
convincervi, purtroppo. Non c’è scelta, il massimo che possiamo fare è valutare
quando farlo.-
Draco si torse le
mani. – Potter… dì qualcosa…- sibilò, ricacciando una goccia di sudore freddo
che cercava di colargli sulla tempia.
Il Grifondoro
sospirò, portandosi una mano alla fronte. - è fuori questione. – lo accontentò,
sforzandosi di essere più calmo e gentile del suo compagno. – signora,
professore, voi non potete chiederci una cosa del genere. È un’assurdità, non
credo serva che ve lo dica.-
- ne siamo più che
coscienti, Potter. – rispose la McGranitt, accorata. – ma purtroppo è anche
l’unica soluzione che abbiamo, per avere a disposizione un’arma in più, contro…
voi-sapete-chi.-
- un’arma? Ma non
era un bambino, fino a un momento fa?- sputò Draco.
- quello che
intendo. – si corresse la preside, con un sospiro. – è che questo bambino, nato
unendo voi due, sarà la nostra arma. -
Harry inclinò la
testa, concentrato. - che cosa vuol dire, esattamente?- domandò duramente.
La McGranitt si
passò una mano sulla fronte. – vedete, ragazzi… come sapete, non sono molte le
armi di cui disponiamo, per questa guerra. Una di queste, però, e il potere che
ognuno di noi ha. E questo potere è una questione di abilità, e di sangue. Il
vostro sangue, nella fattispecie, è il più potente, fra quello di tutti gli
studenti della scuola. Tu, Malfoy, perché discendi da una famiglia antichissima,
e molto… selettiva. E tu, Harry… beh, non c’è bisogno che te lo spieghi. Voi
due perciò siete in assoluto gli alunni più dotati che abbiamo, ed è per questo
che non posso fare a meno di voi.-
Harry aggrottò le
sopracciglia. - non è vero. Hermione ci supera entrambi.-
La Granger ha il sangue sporco.- sibilò Malfoy.
Vitious e Harry si
irrigidirono, ma la preside li richiamò alla calma con un cenno. – quello che
il signor Malfoy dice è deplorevole, ma… in parte vero. Rischieremmo di veder
nascere un bambino senza potere, e purtroppo qui non si tratta di bravura, di
impegno, o di intelligenza. La signorina Granger è una studentessa molto
dotata, ma purtroppo non possiamo fare affidamento su di lei, in un caso come
questo. Le sue non sono doti che vengono trasmesse. Ma il sangue sì. È per
questo che servite necessariamente voi due. Mi dispiace moltissimo dovervelo
dire, ragazzi miei, ma non vi lascerò scelta.-
- per l’ultima
volta, non mi interessa!- Draco si alzò persino in piedi, mettendo in allarme
il professore di incantesimi.- Io non voglio un figlio, ho diciassette anni!-
- ne compierete
entrambi diciotto quest’estate. Aspetteremo fino ad allora.-
- fino ad allora?-
Harry sembrava sinceramente smarrito. – ma mancano solo due mesi. E poi… no…
signora preside, non è fattibile.-
- signor Potter…-
- no. La prego, mi
ascolti. Non mi interessa se esistono formule, o incantesimi, o qualsiasi cosa.
Io non darò vita ad un bambino. Mi dispiace, mi rifiuto, non me la sento.-
- e io pure!-
rincarò Draco. – come potete pensare che io possa… - la sua faccia assunse
un’espressione terrificata. – che… oscenità!-
- lei non dovrà
fare proprio niente, signor Malfoy. – cercò di mediare Vitious. – ci serve solo
il vostro sangue. E dovrete tenervi la mano per qualche secondo, ecco tutto.
Niente di più.-
- niente di più?-
questa volta fu Harry a dare segni di surriscaldamento. – stiamo parlando di
una vita!-
- ne siamo
coscienti. E vi confesserò che siamo i primi ad essere molto perplessi,
riguardo a questa scelta. Che mi crediate o no, coinvolgere dei miei studenti,
chiunque essi siano, in una faccenda simile è una cosa che mi turba
moltissimo.-
- è escluso.- Draco
incrociò le braccia sul petto con aria definitiva.
- ha ragione,
signora…- aggiunse Harry, più mitemente, ma altrettanto determinato. – le
motivazioni di Malfoy non mi interessano, ma conosco le mie. Mi rifiuto di
prendermi una simile responsabilità, mi rifiuto di avere figli con chiunque, e
non sono disposto a diventare padre. Mi dispiace.-
- a me dispiace
molto di più dovervi costringere. Ci serve il vostro sangue, e ci serve unito
in un unico essere. È la nostra ultima speranza, per salvare vite innocenti, e
per fare in modo che questa guerra non si trasformi in un massacro più di
quanto già lo sia. -
Harry si costrinse
a morsicarsi un labbro. – che ne sarà, di questo bambino, una volta nato? Lo
ucciderete? Lo sacrificherete per questa nobile causa?-
Draco rabbrividì,
suo malgrado, mentre la McGranitt si strinse i pugni sul petto, come se avesse
appena ascoltato la peggiore delle bestemmie. – cielo, no, certo che no. Una
volta nato, ci servirà un po’ del suo sangue, per una pozione che il professor
Piton preparerà. Con esso, potremo incantare le bacchette degli Auror, e
moltiplicarne la loro potenza. Inoltre potremo incantare anche dei manufatti
che proteggano edifici, case, e difendano le famiglie di maghi non di sangue
puro. Tutto qui, al bambino non verrà fatto alcun male.-
Draco soffiò. –
tutto qui? E chi si occuperà poi, di lui, una volta che non vi servirà più?
Finirà in un orfanotrofio?-
Vitious sospirò
gravemente.- questo starà ai suoi genitori deciderlo.-
- è da vigliacchi.-
sentenziò Harry, minaccioso. – non potete metterci in mano una simile
responsabilità, solo per del sangue, e poi pretendere che noi decidiamo per il
resto.-
- non voglio
occuparmi di un moccioso.- sibilò Malfoy.
- Non potete non
farlo. Potter, sarò franca. Non puoi pensare di combattere da solo. Lui ha
degli alleati, molti, e ti servirà aiuto, ti servirà il nostro aiuto. E a noi serve
l’aiuto di quell’incantesimo, per poter sperare di avere la meglio. Non c’è
scelta, ci serve quel sangue.-
- quel sangue è
anche mio!- ringhiò Draco.
- e tutti noi ci
auguriamo che tu voglia prendertene cura.- replicò la Preside, rivolgendogli uno sguardo penetrante.
- come osate
pensare che io sia disposto a fare da balia ad un moccioso…-
- perché quando hai
deciso di schierarti dalla nostra parte, Malfoy, hai anche deciso di fare dei
sacrifici, per il bene di tutti. Quel bambino sarà sangue del tuo sangue, non
vedo perché non designarlo ed allevarlo come tuo erede. So che è una questione
molto pregnante, nella tua famiglia…-
- non si permetta…-
- Malfoy, per
favore.- Harry si passò una mano fra i capelli. Sentiva che un violento mal di
testa gli avrebbe squassato le tempie di lì a poco. - non è sufficiente che io
e Malfoy versiamo il nostro sangue direttamente nella vostra pozione?-
- purtroppo no.
Mescolare il vostro sangue non è come unirlo. Sarebbe stato molto più semplice,
altrimenti.-
Malfoy accavallò le
gambe due o tre volte, e si rigirò sulla sua sedia come se fosse stata
bollente. Harry lo guardò di striscio, poi scosse la testa.
- senta… dobbiamo
parlarne, non è una questione che si può risolvere così.-
- se volete
parlare, fatelo. Ma non abbiamo tempo, ragazzi.-
Draco scoccò ad
Harry un’occhiata carica di odio. – io non ho niente di cui parlare…- scandì.-
- ho bisogno di
andare…- mormorò Harry, senza rispondergli. La preside li congedò entrambi con
un cenno stanco della mano, e mentre Harry usciva, sentì solo che stava
ricominciando a parlare con Vitious.
Due giorni dopo, la McGranitt richiamò nuovamente i ragazzi, e ripeté
esattamente ciò che aveva già detto loro, senza lasciare
Due giorni dopo, la
McGranitt richiamò nuovamente i ragazzi, e ripeté esattamente ciò che aveva già
detto loro, senza lasciare nemmeno l’ombra di una speranza. Obbligo, e nessuno
scampo. Questa volta c’erano anche alcuni Auror, Remus, e il professor Piton, a
rendere ancora più grottesca e assurda la faccenda. Gente che insisteva
sull’importanza di quel sangue, e di quella pozione, sulle vite che avrebbe
salvato, e i due ragazzi si sentirono quasi stupidi, mentre si trovavano loro
malgrado ad allearsi per cercare di aprire gli occhi a tutti quanti. Ognuno dei
due aveva i suoi motivi, era chiaro: Draco era fermo sulla sua posizione, mai e
poi mai si sarebbe preso la responsabilità di allevare un figlio. Troppo
giovane, troppo inesperto, troppo spaventato da una simile prospettiva. Harry
dal canto suo si batteva come un leone per cercare di far capire a tutti che
stavano parlando di una vita umana, una vita che avrebbero fatto nascere con la
forza, e che poi, una volta utilizzato per prelevare il sangue necessario,
sarebbe stato dimenticato. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e
così Draco ed Harry, dopo ore di mezze parole, decisero di incontrarsi sulle
sponde del lago, da soli, poco prima del tramonto, per poter almeno parlare fra
loro.
Già, ecco la
seconda assurdità di tutta quella maledetta situazione. Forse, per la prima
volta in sette anni, i due si erano trovati in qualche modo uniti, perché
nemmeno quando Malfoy aveva scelto di non sacrificarsi a Voldemort, e stare
dalla parte dell’Ordine, lui e Potter si erano avvicinati. Pareva proprio che
Draco fosse intenzionato a stare con gli Auror, ma non con Potter. Al
Grifondoro era sembrato persino divertente, all’inizio, che lui si ostinasse a
non considerarlo, e questo gli aveva permesso di non dover ammettere che si era
sentito enormemente sollevato, e felice, quando aveva saputo che Draco non era
perduto, che bene o male sarebbe stato con loro. Harry percorse gli ultimi
passi fra l’erba un po’ alta che contornava la superficie del lago, le mani in
tasca e gli occhi puntati a terra. Certe volte una voce dentro di lui bussava
alla sua attenzione, per dirgli che doveva trattarsi di uno strano sogno.
Eppure non c’era modo di poterle dare ascolto. Gli Auror volevano, si
aspettavano, che lui e Malfoy facessero tutto quanto potesse essere necessario
per salvare il mondo magico.
Tutto, non
importava cosa.
Draco era
mortalmente pallido, in piedi, avvolto nel suo mantello nonostante la
temperatura dell’aria fosse più che generosa, e il fatto che non riuscisse a
nascondere il proprio nervosismo non poteva che significare che doveva essere
davvero sconvolto. Almeno quanto Harry.
Harry si sentì in
qualche modo colpevole, per lui. Dopotutto Draco si era deciso a scegliere di
stare con loro da poco tempo, e neppure a lui sembrava giusto che si ritrovasse
a dover affrontare una cosa simile. – senti, Malfoy. Io questo bambino non lo
voglio.- esordì, come se volesse rassicurarlo, in merito alla sua posizione.
- perché, io sì,
secondo te? -
- no, lo so bene. E
questo per me è un motivo in più. Non potrei mai nemmeno pensare di occuparmi
di un neonato, perciò se non lo farai tu, meglio lasciar perdere.-
Draco sbarrò gli
occhi. – fammi capire bene. Accetteresti, se io mi occupassi di lui?-
Harry mise le mani
avanti, affrettandosi a correggere il tiro. – no, frena, io non ho detto
questo. Per me questo bambino non deve venire al mondo, punto e basta. L’ho
vissuta sulla mia pelle, l’esperienza di diventare un oggetto senza volerlo, e
non intendo permettere a nessuno di ripetere l’errore su un altro bambino,
figuriamoci poi sul mio. Inoltre, visto che tu non intendi prendertene cura,
sarebbe destinato alla solitudine, e all’orfanotrofio. E per me questo basta a
chiudere ogni discussione.-
Malfoy inarcò un
sopracciglio. Sembrava stranamente concentrato. – e… se io invece me ne
occupassi?-
Il Grifondoro si
limitò a dare un’alzata di spalle.- non lo faresti.-
- lascia stare.
Diciamo che lo farei. Che cosa cambierebbe?-
Harry sospirò, e si
lasciò scivolare lungo il tronco generoso di uno dei grandi alberi che
sorgevano nei pressi della riva.
- la verità,
Malfoy?-
- tutta la verità-
– ci penserei su. Non sono un idiota, arrivo
a capire quanto prezioso potrebbe essere per tutti noi, e poi almeno avrebbe un
genitore, avrebbe qualcuno che lo proteggerebbe, e potrebbe crescere sereno,
come un bambino normale.-
Draco si morse un
labbro, poi ghignò. - con un genitore come me, Potter?- fece, divertito. – oh,
andiamo, non vorrai farmi credere che il grande Harry Potter mi reputerebbe
degno di tanta fiducia!-
Harry alzò gli
occhi al cielo. – sarebbe anche figlio tuo, Malfoy, te lo sei già dimenticato?
Beh, suppongo che non avrei molta altra scelta che fidarmi di te, sì. Dopotutto
sei cambiato, e sono quasi certo che non alleveresti mai tuo figlio come tuo
padre ha allevato te.-
La mandibola di
Draco si contrasse leggermente, ma a parte questo, il Serpeverde non diede
altri segni di turbamento.- e tu?- domandò, con calcolata indifferenza. – non
te ne occuperesti?-
- io?- la bocca del
Grifondoro si piegò amaramente. – io non posso farlo. Sarò in prima linea,
molto presto, fra nemmeno due mesi, come potrei fare? Probabilmente morirò, e
ti dirò la verità, Malfoy: non riuscirei mai, per niente al mondo, a prendermi
una simile responsabilità sapendo di condannare mio figlio al mio stesso
destino. -
Draco inarcò un
sopracciglio, e sorrise. - sei uno che si arrende facilmente, Potter.- disse
innocentemente.
- che cosa?- Harry
gli rivolse il suo sguardo più penetrante, ma Draco non si scompose.
- ma sì. Sei un
vigliacco, l’ho sempre detto. Tu, e tutte queste tue idee sul fare l’eroe. Non
è che stai solo scappando?-
- ti sembra che io
stia scappando, Malfoy?- ringhiò Harry, piccato. – io sto rinunciando a tutto
quanto, per questa maledetta guerra!-
- appunto.- Draco
ridacchiò, trionfante. – hai rinunciato alla Weasley, e detto fra noi, tutto di
guadagnato; stai cercando di allontanare i tuoi stupidi amici, e ora ti tiri
indietro davanti a questo. Direi che sei un po’ vigliacco, eh, Potter?-
- ma che diamine
stai dicendo!- Harry scattò in avanti, furioso. – ti ha dato di volta il
cervello? Non eri tu quello che non voleva saperne di questa faccenda?-
- lo ero, e lo sono
ancora.- Draco ridusse gli occhi a due fessure, serissimo e penetrante. – ma al
contrario di te, eroe, cerco di guardare in faccia le cose come stanno. Che
succede, se ci obbligano davvero, Potter? Che succede, se non c’è modo di
scamparla, se non ci riusciamo, a convincerli? L’hai sentita, la strega. Non mi
sembrava che scherzasse troppo. Dobbiamo affrontare la questione, seriamente,
maledizione. Se per caso non ci fosse via d’uscita davvero, che cosa faresti?
Te nefregheresti comunque?-
Harry si morse un
labbro, le sopracciglia contratte in una smorfia addolorata. – se non ci fosse
davvero modo di scamparla… allora dimmi che ti prenderai cura di lui, Draco.-
L’espressione di
Draco mutò all’istante. - …cosa?- gemette, incredulo.
- mi hai sentito.
Voglio sapere che te ne prenderai cura. Io non posso farlo.- riprese Harry, e
la sua voce era come uno specchio d’acqua che celava un mulinello, sotto di sé.
- come sarebbe a
dire che non puoi farlo! Non è solo un problema mio, tu non puoi scaricare
addosso a me una cosa simile!-
- lo so, ma il
fatto è che io di problemi ne ho già abbastanza con gli altri. Vuoi che
facciamo un discorso serio, Malfoy? D’accordo, facciamolo. Se mai davvero
dovessimo sottometterci a questo assurdo incantesimo, o pozione, o quel diamine
che è, allora voglio essere certo che questo bambino non finirà abbandonato. Voglio
sapere che almeno tu ci sarai, voglio che tu me lo prometta. Questo è tutto ciò
che ho da dire.-
Draco scosse la
testa lentamente, molto lentamente. – fai proprio schifo, Potter. E io che
pensavo di essere l’egoista, qui.-
Harry sbuffò
stancamente. - non cercare di ricattarmi, ti prego. Non lo voglio, questo
bambino, non voglio che succeda, non voglio che ci costringano.-
- nemmeno io,
dannazione!- Draco avanzò di pochi, minacciosi passi. – ma di questo non te ne
importa niente, vero? Me lo lascerai, me lo scaricherai addosso, tanto ci pensa
Draco Malfoy!-
- lasceresti
davvero una creatura figlia del tuo sangue in un orfanotrofio, Malfoy? Soltanto
perché per metà è anche mio, magari? Oh, ti prego, dimmi di sì, e deludimi
definitivamente.-
- io non ho detto
questo!- Draco tirò un pugno violento alla corteccia dell’albero, proprio poche
dita sopra la testa di Harry. – dannazione, questo non è uno scherzo, qui
parliamo di una faccenda maledettamente seria! Mi spieghi come faccio, io, con
un bambino? Dannazione, la fai semplice, tu, te ne vai, parti per il fronte,
tanto chi se ne frega, eh?-
- chi se ne frega?-
Harry montò su tutte le furie, poco a poco. – chi se ne frega? È anche mio
figlio, Malfoy!-
- e allora se fossi
l’eroe che dici di essere dovresti fare qualcosa!-
- e cosa? Vorresti
per caso che andassimo a vivere assieme? Che giocassimo a fare la coppietta
felice, e i genitori perfetti, eh, Malfoy? Come se tutto questo fosse
naturale?-
Draco ammutolì.
Ammutolì perché tutto ad un tratto si era reso conto che non ci aveva pensato.
Harry rimase a guardarlo, e non ebbe troppe difficoltà a leggere i suoi
pensieri, attraverso le rughe che gli increspavano la fronte.
- lo vedi?- fece
stancamente. – non può funzionare. O io o tu, Malfoy. E mi dispiace dovertelo
dire, ma non c’è scelta. Tu.-
Draco si sentì
rabbrividire. – e tu che cosa faresti, per questa faccenda?-
- non lo so.
Parlerei con il Ministero. Ti farei passare dei soldi, se ti servissero, non
voglio metterti in difficoltà, mi assicurerei che tu abbia tutto ciò che ti
serve.-
- non vorresti… non
vorresti nemmeno saperne, di tuo figlio? Non vorresti nemmeno essere un padre,
non lo so, nemmeno… nemmeno vederlo?-
Harry si alzò, e
scrollò i pantaloni. Studiò con cura l’orizzonte violetto, su cui si stagliava
l’ombra asciutta del Serpeverde. Distrattamente, sperò con tutto il cuore che
se mai davvero quel bambino fosse dovuto venire al mondo, allora che gli
somigliasse molto. Che prendesse da lui gli occhi, soprattutto. Da lui, invece,
non avrebbe dovuto prendere niente. Non se lo meritava, come uomo, di lasciare
al figlio il peso di somigliare ad un volto che non avrebbe mai visto. – non
sarei un buon padre.- sussurrò, amaramente.
Draco non mosse un
dito, per fermarlo, quando lo vide andare via.
Fuori dalla porta, Draco Malfoy ed Harry Potter aspettavano in rigoroso
silenzio, senza nemmeno guardarsi in faccia
Fuori dalla porta,
Draco Malfoy ed Harry Potter aspettavano in rigoroso silenzio, senza nemmeno
guardarsi in faccia. Evidentemente preferivano ignorarsi, per non dover pensare
troppo a ciò che di lì a poco sarebbe successo. Nella stanza davanti a loro, un
ambulatorio al secondo piano del san Mungo, alcuni curatori stavano lavorando
con Vitious e Piton, e loro due non dovevano far altro che aspettare di essere
chiamati. Già, non dovevano fare altro che stare lì, buoni e fermi, ad
aspettare di fare il loro dovere, per il bene di tutti. Draco masticava
insistentemente qualcosa, niente, probabilmente, le braccia incrociate sul
petto e lo sguardo fisso e vitreo, mentre Harry se ne stava in piedi, a
guardare fuori da uno degli ampi finestroni che soleggiavano il corridoio la
strada affollata di babbani ignari, assorbiti dai loro impegni, picchiettando
di tanto in tanto un dito contro il vetro. C’era troppa tensione, e troppa
paura, da parte di entrambi, e l’ormai ex Grifondoro si concesse un’occhiata di
sfuggita alla figura nervosa del compagno. Soltanto una cosa vide, di lui, con
schiacciante evidenza: era giovane, troppo giovane, e sprovveduto.
E lo stesso valeva
per lui.
Merlino, era così
ingiusto che faceva male.
Draco continuava a
fissare ostinatamente il nulla, e lui avrebbe voluto dirgli che non voleva che
succedesse, non proprio a loro due; che gli dispiaceva da morire di dover
lasciare tutto sulle sue spalle, e che sì, maledizione, avrebbe voluto almeno
vederla, prima o poi, la faccia di suo figlio, ma non poteva, non poteva
nemmeno pensarlo, e non voleva illuderlo, non ne valeva la pena, davvero. Alla
fine, quando sentì di non potersi più trattenere, Harry raccolse il fiato per
un ultimo, immenso sforzo.
- Draco, ho bisogno
che tu mi faccia un enorme favore.- tentò, quanto più gentilmente potè.
- non credo che tu
sia nella posizione di chiedermi un favore, Potter. – fu la replica durissima e
gelida. Nemmeno lo aveva guardato negli occhi, Malfoy, mentre gli aveva
parlato. Nemmeno lo aveva ritenuto degno di considerazione, e dopotutto Harry
non aveva dubbi sul fatto che se lo meritava, un simile trattamento, e che se
avesse potuto probabilmente Draco lo avrebbe preso a pugni fino ad ucciderlo. E
non poteva dargli torto, non poteva proprio. Sentì il violento desiderio di
gridare, o di sprofondare più a fondo possibile, fino a scomparire per sempre,
ma si costrinse a riprendere il controllo.
- ti prego,
ascoltami.- insistette, deciso ad umiliarsi, pur di strappargli un assenso. -
Devi promettermi una cosa, soltanto una.-
Malfoy alzò gli
occhi freddi, e contrasse le labbra in un ghigno orribile e provocatorio. - che
cosa, che non lo picchierò?-
- no.- replicò
Harry, ad occhi chiusi. - Che lo chiamerai James. Oppure Lilian, a seconda di…
cosa sarà. Ti prego…-
- cosa?-
Harry annuì
lentamente. - ti prego.- ripeté, mesto. - È… davvero molto importante, per me.-
Draco aprì la
bocca, ma in quel momento si aprì anche la porta. – entrate.- disse
solennemente Vitious.
Davanti a loro, un
calderone piuttosto capiente, che sobbolliva, facendo vibrare appena la
superficie opaca del denso liquido giallo scuro che conteneva. Dentro di loro,
per contro, un calderone ancora più grande, e più agitato, un bruciore che si
esauriva nel silenzio a cui erano costretti dalle implacabili circostanze. Ad
un cenno di Vitious, i due ragazzi sollevarono le maniche dei loro vestiti, e
tesero le braccia scoperte sul paiolo. Piton diede un’ultima, attenta mescolata
al liquido, fece un segno brusco ad uno dei curatori, che si girò verso i
ragazzi e puntò verso di loro la sua bacchetta, e in pochi secondi, sulla pelle
di entrambi si aprirono dei piccoli squarci, della forma di piccoli occhi, che
iniziarono ad eruttare pigramente dense perle di sangue. Draco sussultò, più
per la sorpresa che per il dolore, ma ben presto si ricompose. Sul suo volto si
rifletteva il colore sulfureo della miscela, ed il suo contegno, rigido,
nonostante tutto, non potè che suscitare in Harry un’ammirazione sconfinata e
colpevole.
- ora!- li incitò
Piton, che aveva il volto se possibile ancora più pallido del solito. -
Congiungete le mani, presto! Prima che cada la prima goccia!-
Harry e Draco
congiunsero immediatamente le mani sospese sul calderone senza guardarsi in
faccia, stringendosi meccanicamente le dita come la McGranitt aveva spiegato
loro di fare soltanto qualche giorno prima. Le ferite si tesero e bruciarono un
po’ di più, quando i fumi della pozione raggiunsero la loro pelle, ma appena il
loro sangue cominciò a colare, subito il liquido magico mutò colore, diventando
di un blu chiaro trasparente che a Harry ricordò molto il colore dell’acqua
colorata dai sali da bagno. Bastarono poche gocce, non più di una manciata di
secondi in tutto, poi Vitious fece loro segno che potevano lasciarsi andare, e
porse loro due garze magiche, che richiusero subito le piccole ferite. Draco
tremava violentemente, nonostante fosse già tutto finito. Harry valutò l’idea
di provare a dirgli qualcosa, ma lasciò perdere in partenza. In un momento
simile non c’era proprio un bel niente da dire, e poi per essere onesti, lui
era decisamente l’ultima persona al mondo che avesse il diritto di parlare.
- sarà maschio.-
annunciò Piton, annoiato, studiando il colore della pozione. Harry si morse il
labbro inferiore e cercò lo sguardo di Draco, che però non volle incontrare il
suo, anzi, sembrava completamente ipnotizzato dal paiolo nero. Con il cuore che
gli faceva quasi male, salutò tutti, sottovoce, uno ad uno, e per ultimo
riprovò con Draco. I suoi erano gli occhi di un ragazzo smarrito, e colpevole,
che cercavano quelli dell’unica persona che, ironia amara e beffarda, sentiva
vicina, o quantomeno nella stessa barca. Ma Draco, di nuovo, non gli offrì che
il suo risentito silenzio, e il potere violentissimo dei suoi occhi
aristocratici e sconfitti. Harry sentì la voce della sua delusione piangere
nelle sue orecchie, e la sentì unirsi a quella dell’avvilimento che provava lui
stesso verso di sé. Raccolse il suo zaino, in silenzio, e uscì dalla porta.
Draco si affacciò
oltre la porta del laboratorio che gli era stato indicato dalla corpulenta
infermiera dell’accettazione. Indossava una tunica leggera, blu scuro, su cui
aveva sistemato una mantello, per proteggersi dalle insidie del tempo
primaverile, e teneva le mani ostinatamente sepolte nelle tasche, come se al
loro interno, in quel momento, ci fosse stato il più prezioso dei tesori. Ma
non c’era proprio nulla, in verità. Soltanto la sua bacchetta, qualche
spicciolo, e un foglietto spiegazzato, un promemoria, probabilmente.
- lei è il signor
Potter?- una voce piuttosto acuta per essere maschile lo fece trasalire. Un
curatore dai capelli brizzolati, sulla quarantina, gli rivolse un sorriso
gentile, da dietro un grosso apparecchio squadrato che pareva una specie di
acquario.
- il signor
Malfoy.- rispose Draco, atono.
- capisco.- l’uomo
sorrise gentilmente, ed allungò lo sguardo indiscreto alle sue spalle.- E il
signor Potter?-
Draco inspirò a
fondo. - non… verrà.- disse, calmo. Come se ciò fosse assolutamente normale.
Il Curatore si
oscurò appena, ma solo per un momento, tanto che Malfoy non fu nemmeno sicuro
di aver colto il suo turbamento. Probabilmente era soltanto lui, e il suo
pietoso stato d’animo, a fargli vedere ciò che voleva negli altri. L’
espressione dell’uomo tornò pacata quasi subito, mentre faceva educatamente
segno a Draco di avvicinarsi.
- venga, è il
momento. – disse, avanzando verso la vasca che aveva davanti, e scrutandone il
contenuto con professionale interesse.
Draco lo raggiunse,
il cuore che minacciava di fargli scoppiare la gola. Aveva paura, voleva
scappare da lì con tutte le sue forze, e invece eccolo, ad affrontare quella
follia. Distrattamente, anzi, quasi speranzosamente, si disseche non era possibile che il medico vedesse
oltre la superficie, e che con buona probabilità non ci sarebbe stato nulla,
proprio niente di niente, lì dentro a quella specie di acqua color pastello.
Insomma, nessuno meglio di lui conosceva la potenzialità delle pozioni, ma
quello era davvero troppo. Il Curatore pronunciò una formula piuttosto lunga,
di cui Draco capì a stento qualche parola, e il liquido, ora di un blu intenso
e opaco, cominciò a sobbollire. Il giovane Malfoy si chiese se non fosse
pericoloso, che quell’acqua bollisse, sempre ammesso che dentro ci fosse
qualcosa, ovviamente, ma l’uomo vi immerse tranquillamente le braccia, fino al
gomito, come se fosse stata fresca come acqua di fonte.
Pochi movimenti, e
quando emerse… non era più solo.
L’ex Serpeverde
sobbalzò violentemente all’indietro. Fra le mani, il Curatore teneva la cosa
più… strana che Draco avesse mai visto, in vita sua. Una creaturina minuscola,
piccolissima, come mai ne aveva viste prima. Il neonato, perché, Merlino,
questo doveva essere, cominciò a piangere, forte, e in quel momento Malfoy si
scosse, si risvegliò da una specie di sonno. E sentì distintamente il peso di
un’incudine crollargli sulla testa, schiacciandolo contro la parete dietro di
lui.
Era… suo figlio.
Quello era suo figlio. Niente più scuse, niente più speranze, quello era suo
figlio, punto. Semplicemente, ecco tutto. Quel cosino, quel… bambino, era il
suo.
Suo, e di Harry
Potter. Già, ma questa era un’altra faccenda.
- Merlino…-
mormorò, stravolto.
Il Curatore gli
sorrise. Andò a prendere un panno pulito, asciugò il neonato del liquido scuro
e lattiginoso, e lo avvolse in una coperta chiara.
– è un bel
maschietto, ed è perfetto, il ritratto della salute. – annunciò gioviale. -
vuole prenderlo?-Domandò
innocentemente, appena finito di ripulire il corpicino. Draco non fiatò, ma
allungò le braccia, e quando il figlio gli fu messo in braccio, si morse un
labbro. Non pesava niente. Sembrava fatto di aria.
Però era… un
bambino. Il suo.
Il suo bambino, il
suo bambino, il suo bambino, e si ritrovò a chiedersi se, continuando a
ripeterselo a quel modo, magari avrebbe persino finito con il crederci. Il
neonato smise di piangere, finendo per emettere solo flebili lamenti. Mosse una
manina, fra le coperte, e fissò Draco. E Draco fissò lui. E fu tutto in un
momento, la paura, e l’istinto, e la rabbia, e l’impotenza, e la tenerezza. Non
poteva, non poteva in nessun modo odiare quel bambino. Ma non poteva nemmeno
amarlo.
- dovrebbe
occuparsi di alcuni documenti, signore…- la voce squillante di un’infermiera interruppe
il suo stato di catalessi. Come un automa, Draco rimise il piccolo fra le
braccia del Curatore, e la seguì verso gli uffici. Firmò tutto ciò che lei gli
sottopose senza nemmeno leggere una riga. Certificati di nascita,
riconoscimenti, tutto quanto gli passava sotto gli occhi sterilmente, come
carta straccia, documenti che non dicevano niente, di come stavano le cose, di
come si sentiva lui. Solo quando la donna gli chiese come intendeva chiamarlo,
Draco la guardò finalmente negli occhi.
- James.- disse,
automaticamente.
- James e basta?-
- no. James Draco.-
La donna riprese a
scrivere, con un sorriso paziente.- James… Draco… cognome?-
- Malfoy-Potter.-
L’’infermiera smise
di scrivere. – doppio cognome?-
- sì.-
- lo sa che per
farlo ci vuole l’assenso anche dell’altro genitore?-
Draco esitò. Poi si
ricompose, e richiamò a sé il suo miglior sorriso di circostanza.- l’altro
genitore… non può venire, ora. Verrà quando… gli sarà possibile.-
La donna si strinse
nelle spalle, e compilò gli ultimi moduli.
Sulla via di
ritorno all’ambulatorio, Draco fu superato da una coppia di infermiere, che
raggiunsero di gran carriera la sua stessa porta. Incuriosito, e in fondo un
po’ intimorito, anche lui allungò il passo, ed entrò, senza bussare. Il
Curatore gli rivolse un sorriso esitante, mentre le infermiere continuavano
imperterrite nel lavoro che stavano facendo, anche se Draco non riusciva a
comprendere esattamente in che cosa consistesse.
- dobbiamo
prelevargli il sangue… -spiegò gentilmente l’uomo, e Draco improvvisamente,
mise a fuoco il motivo primo per cui erano tutti lì, e per il quale tutto
questo stava accadendo. Si chiese se avesse ancora un senso, si chiese come
fosse davvero possibile che qualcuno ancora ricordasse quella remota,
remotissima faccenda del sangue, poi improvvisamente gli tornò alla mente
Harry. Sarebbe stato aiutato dal sangue di suo figlio, e questo gli parve
profondamente ingiusto. Ingiusto, semplicemente, limpidamente ingiusto.
- gli farete male?-
domandò, con un occhio appena socchiuso.
- beh, è una
puntura…- rispose il medico, stringendosi nelle spalle. – di certo non gli
piacerà.-
Draco decise di
restare, ed assistere al prelievo. Il cuore prese a fargli male, quando il
povero neonato cercò debolmente di divincolarsi, dalla stretta dell’infermiera,
e si mise a piangere disperatamente, mentre l’altra gli prelevava il sangue con
un piccolo ago, piccolo eppure troppo grande per lui. Era suo figlio,
maledizione, ed anche se in qualche modo una parte di lui non era ancora pronta
ad accettarlo, quell’esserino lo richiamava a sé con una potenza straordinaria.
Per la prima volta, nella sua vita, Draco non volle. Non volle vedere qualcuno
che non fosse lui soffrire, non volle restare lì, immobile, in silenzio.
Era così
abominevole, tutto ciò. Un bambino ridotto ad un oggetto, ad un’arma. Una vita,
una creatura innocente, che non aveva chiesto niente a nessuno, e che invece si
ritrovava senza un padre, fra le mani di medici ed infermiere, perché il suo
sangue è speciale, perché il suo sangue è prezioso, perché il suo sangue vale
più della sua stessa vita. Quando gli fu rimesso in braccio, il piccolino
pigolava appena, spossato, senza energie. Draco sentì un nodo alla gola,
guardando il suo braccino fasciato, e il suo petto che respirava a fatica. –
mostri…- soffiò, distrutto.
- abbiamo finito,
non si preoccupi. – fece il curatore, accomodante. – si rimetterà prestissimo.-
Draco lo bruciò con
un’occhiata. – già…- commentò, velenoso. – adesso che questo bambino non
interessa più a nessuno posso anche portarlo a casa.-
Già, casa. La casa
nascosta fra le mura di un edificio babbano, dove il Ministero lo aveva
costretto a vivere, per poter essere protetto. E dove avrebbe dovuto tenere al
sicuro… l’arma.
Era tutto pronto,
la culla, qualche giocattolo, la cameretta, e il resto. Tutto pronto, già da un
po’, in fondo Draco sapeva bene che quel giorno sarebbe dovuto andare a
prenderlo, era tutto quanto minuziosamente programmato. Eppure, quando era
uscito di casa, soltanto un paio di ore prima, non aveva capito, non aveva
realizzato che adesso sarebbe davvero cambiato tutto quanto. Guardò per
l’ennesima volta il neonato, fra le sue braccia. Sembrava inanimato, come una
specie di bambolotto con la pelle arrossata, ma era stranissimo, quasi impressionante.
Si muoveva, debolmente, respirava, era… vivo. Draco sospirò, la mente vuota e
rumorosa. Lo posò nella culla, sperando di metterlo in una posizione giusta, e
spedì un paio di gufi. Lo aveva promesso, a Pansy e a Blaise, di farsi sentire,
ed in quel momento sapeva di avere disperatamente bisogno di qualcuno.
Si buttò
pesantemente sul divano, sotterrò il viso sotto ai cuscini, e sbuffò, tre o
quattro volte, teso, e deciso a farsi travolgere da tutto ciò che gli passava
per la testa fino ad annegare, e trovare un modo per scampare a tutto quanto.
Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi, però, che il camino si illuminò di
verde, e un rumore macchinoso si fece strada nel salotto.
Draco sussultò.
Un’ombra alta, e
snella, apparve, oltre la coltre di fumo, e per un momento Draco sentì che nel
suo cuore si era messo a battere qualcosa che assomigliava in modo incredibile
al sollievo, e alla speranza.
- Harry…- soffiò,
tentando qualche passo, barcollante.
- buon giorno,
Draco…- la voce gentile e pacata che gli rispose gli fece l’effetto di una
doccia gelida sul capo. Remus Lupin spolverò la giacca, e sorrise, sincero.
Draco si portò una mano alla fronte, e non ebbe la forza di sorridere di
rimando. L’uomo lasciò perdere, avanzò attraverso il salotto, e si accomodò su
una sedia.
- mi dispiace.-
disse dolcemente. – immaginavo che sperassi di vedere Harry.-
- non mi interessa
affatto vedere Potter.- si difese Draco. – ma forse a lui potrebbe interessare.
– e così dicendo indicò con il mento la culla, dove James dormicchiava, ignaro.
Remus sorrise. -
dal San Mungo ci hanno comunicato che è andato tutto bene.-
- beh, vi hanno
raccontato una bugia, allora, perché non va affatto tutto bene.- Malfoy gli
sbatté in faccia il suo sorriso più amaro, e se ne sentì pienamente in diritto.
– non c’è una sola cosa, Lupin, che vada bene, in tutto questo.-
- Draco…- Lupin
inclinò la tasta in un’espressione preoccupata, e allo stesso tempo solidale. –
ci dispiace, credimi. A tutti quanti noi, per questa situazione, e se potessi
aiutarti lo farei.-
- allora porti via
questo bambino. Gli dia una famiglia, gli assicuri una vita decente, qualcuno
che gli voglia bene, e tutto il resto.-
- sei tu la sua
famiglia, Draco, lo sai. Sei il suo genitore.-
Gli occhi di Draco
brillarono. - non ho chiesto io di diventare genitore!- abbaiò, rizzandosi in
piedi e affrontando Remus.
- d’accordo.-
riprese questi, pacato. - Ma ciò non toglie che ormai è andata così. Se questo
può servire, sappi che mi sono battuto, perché niente di tutto ciò accadesse.
Ma purtroppo, ci sono state ragioni molto più grandi di noi: ora il sangue di
questo bimbo sarà l’alleato più prezioso che avremo, per difenderci, e per
difendere quante più persone potremo. Non ti prende un pochino orgoglioso,
tutto questo?-
Draco ringhiò, e
ghignò, allo stesso tempo. - no, Lupin, non mi rende orgoglioso nemmeno un po’;
perché, lo sa, io sono pur sempre Draco Malfoy, no? Mi dispiace, ma non ci
riesco a non essere egoista, e non ci riesco a non pensare che la mia vita è
rovinata, completamente!-
- essere Draco
Malfoy non significa doversi comportare sempre da Draco Malfoy.- sospirò Lupin.
– sai, c’è una cosa che mi auguro, di tutto cuore, davvero, dal giorno in cui
ti ho conosciuto, anni fa. Che ora, questa situazione, questo bambino, questa
responsabilità, ti aiutino a crescere. Non buttare via un’occasione simile,
Draco, te lo dico da amico.-
Draco incassò.
Chinò lo sguardo, e si morse un labbro. Avrebbe voluto rispondere così tante
cose che si ritrovò a non dire proprio niente, e non seppe se maledirsi o
ringraziarsi, per il suo silenzio.
- come si chiama?-
azzardò Lupin. – gli hai già scelto un nome?-
- James Draco.-
rispose Malfoy, arrossendo, infastidito, suo malgrado.
Lupin rimase in
silenzio. Draco per un momento arrivò a pensare che se ne sarebbe andato, che
sarebbe scomparso nel nulla, e non seppe decidere se ciò gli avrebbe fatto o
meno piacere. Ma invece l’ex insegnante percorse ad ampie falcate la distanza
che lo separava dalla culla, e vi si affacciò.
- James…- sbuffò affettuosamente,
ed anche se di lui vedeva soltanto la schiena, Draco seppe per certo che stava
sorridendo. – te l’ha chiesto Harry, vero?-
- già.-
- e tu hai esaudito
il suo desiderio.-
Draco puntò un
piede a terra, nervoso. - così sembra.- rispose, evasivo.
Remus tornò sui
suoi passi, fino al camino. – è un bellissimo bambino. Sii fiero di te, Draco.
Dico davvero.- disse, gentile. – ah, e ti prego, accetta questo.- aggiunse
frettolosamente, poi, trafficando nella sua sacca logora, e tirandone fuori un
pupazzo, grande quanto una mano.
- un… cervo?- Draco
accettò il peluche e se lo girò fra le mani, poi aggrottò le sopracciglia,
francamente sconcertato.
- beh…- Lupin
sorrise. – credo che qualcuno avrebbe voluto regalargli proprio questo, se
avesse potuto. È un po’… da parte del nonno, mettiamola così. E a proposito,
Harry sa di…-
- non lo so.- Draco
si strinse nelle spalle, e serrò la mandibola.- credevo che glielo avesse
comunicato l’ospedale, no?-
Lupin arricciò
appena i baffi biondi, pensieroso. – Harry non è con noi alla sede dell’Ordine.
Non penso che lo abbia saputo, non è facile far arrivare le notizie dove si
trova.-
- non credo che gli
interessi granché saperlo, no?-
Remus lo squadrò,
severamente. – non essere così duro. È egoista da parte tua dire una cosa
simile.-
- egoista da parte
mia? Come…!- esplose Draco, ma l’uomo lo fermò immediatamente.
- senti.- sospirò,
stanco. – facciamo così: stasera ti manderò qui un gufo. Lui sa dov’è Harry, e
può raggiungerlo. Scrivigli un biglietto, Draco, fai questo sforzo. Sono certo
che Harry vorrebbe sentirselo dire da te, non da voci che si rincorrono dal San
Mungo.-
- perché io non
posso sapere dov’è Potter? Perché non ho il diritto di sapere che fine ha fatto
il padre di quel bambino?- ringhiò Draco.
- perché purtroppo
è troppo pericoloso. Siamo in guerra, Draco, e ogni movimento, ogni parola,
ogni cosa è un rischio. Harry non vorrebbe mai che tu o il piccolo James
correste dei pericoli.-
Draco sbuffò,
amaro. – non verrà, vero? Mai.-
Lupin raccolse un
po’ di polvere dal vasetto, e si voltò per l’ultima volta verso di lui. – io
non sono Harry, e non posso entrare nella sua testa. Però… non aspettarlo
sveglio, non stare a fissare il camino. Cerca di accontentarti di sperare, ma
non ci pensare troppo, d’accordo?-
Malfoy chinò la
testa. – d’accordo.- mormorò, da giovane, troppo giovane, uomo sconfitto che
Remus riconobbe, e compatì con tutto il cuore.
- mi dispiace,
Draco.- mormorò, per poi sparire in una nuvola verde.
* * *
14/4/1999
James Draco è
nato.
Volevo solo che
tu lo sapessi.
Draco.
Draco legò il
pezzetto di pergamena alla zampa del gufo arrivato pochi minuti prima, da parte
di Lupin, e lo sospinse, affinché spiccasse il volo verso ovunque si trovasse
Harry in quel momento. Chiudendo la finestra, si chiese per l’ennesima volta se
davvero valeva la pena, di dirglielo. Ma poi lo sguardo gli cadde ancora sul
fagottino bianco rannicchiato nella culla, su quel ciuffetto di capelli neri
che gli colorava la testolina.
Draco sentì le
lacrime bruciargli gli occhi, e le respinse tenacemente, mentre con uno scatto
isterico gettava il bigliettino nel fuoco. Si prese la testa fra le mani,
accecato ed assordato dalla rabbia.
- te ne frega così
poco di tuo figlio?!?!?!?- gridò, mandando all’aria il tavolino accanto al
camino. Immediatamente, un vagito sordo e disperato fece eco agli ultimi cocci
di un vasetto portacenere che rotolavano per terra. Draco si costrinse a
prendere un bel respiro, a stringere i denti, e a sporgersi sulla culla, dove
James si agitava, spaventato. Lo sollevò, tenendogli la testolina delicata, lo
cullò un po’, e quando finalmente il neonato si fu calmato, se lo appoggiò su
un braccio, per poterlo guardare.
- mi dispiace…-
gemette con la mano posata sul petto del figlio, a sentirne il respiro. - Mi
dispiace tanto, per te. Per avere un genitore come me, scusami, piccoletto. –
sussurrò.
James gorgogliò,
tranquillizzato, sul suo braccio. Aveva un visino vispo, in cui luccicavano due
occhi color del metallo, incorniciato dai capelli neri, e quel profilo che si
intuiva appena, nel suo volto di bambino, ma che segnava il suo mento
squadrato, gli zigomi alti. Draco fu preso da una sensazione di smarrimento, di
nostalgia, di voglia di riuscire a piangere.
- non ho la forza.-
gemette. – Harry io… io non ho la forza!-
James osservava il
suo genitore, corrucciato, una manina stretta ad un lembo della coperta che lo
avvolgeva, e Draco si sentì colpevole, si sentì un assassino, per aver dato la
vita e tolto la gioia a quel bimbo, per averlo costretto ad essere lì, con lui.
Harry all’improvviso gli mancò, gli mancò da impazzire, gli mancò come non gli
era mai mancato nessuno, nessuno al mondo, perché James aveva bisogno di suo
padre, e lui, lui, Draco, aveva bisogno di Harry. Aveva bisogno di poter vedere
lui, e non il suo ritratto sbozzato in James. Aveva bisogno di Harry, e ne
aveva avuto bisogno dal momento in cui le loro mani si erano unite per creare
James. No, non era vero, aveva avuto bisogno di lui da prima, dal giorno in cui
avevano parlato, sul lago, e lui gli aveva detto che non ci sarebbe stato, e
lui non era riuscito a credergli. Di Harry, forse aveva avuto bisogno persino
da prima ancora, da quando c’era suo padre, con le sue manie, da quando era
stato costretto a scappare da Voldemort, dal Marchio Nero, e non era riuscito a
chiedergli aiuto. Aveva avuto bisogno di sapere come aveva fatto, quella volta,
con Fierobecco, perché lui non ci era riuscito. Draco chiuse gli occhi, i suoi
occhi giovani, dalle ciglia chiare. La verità è che lui aveva avuto bisogno di
Harry dal giorno in cui gli aveva offerto la sua mano di bambino, quel giorno
immensamente lontano, e lui l’aveva rifiutata, e Draco aveva sentito freddo per
anni, a quella mano. Ed era per questo che ora non ce la faceva, che non poteva
guardare negli occhi il figlio di Harry James Potter, era per questo che doveva
scappare da quello che sarebbe dovuto essere il frutto di un amore, ed invece
era soltanto il frutto di una guerra tremenda, ma per Dio, per Dio, quant’era
bello, quel frutto, quant’era dolce il suo corpicino fragile, quanto pieni di
vita, e d’amore, e d’ingenuità erano i suoi piccoli occhi immensi. E la sua? La
sua vita, dov’era? Dove, la sua innocenza, dove i suoi sogni, dove, se non
nelle mani di Harry Potter, in mani lontane, in mani disperse.
Come avrebbe fatto
a celare per sempre a quel bambino il suo dolore? Che cosa gli avrebbe
raccontato, di Harry, di suo padre, una volta cresciuto? Che cosa avrebbe
pensato di lui, James, e poi la gente, che cosa si sarebbe detto, che cosa ne
sarebbe stato, di Draco Malfoy, in tutto questo? Come avrebbe spiegato a James
che suo padre aveva mancato di coraggio, e che lui, da parte sua, non ne aveva
mai avuto molto, e non aveva da dargliene? Draco pianse, più quietamente,
stavolta, senza spaventare James, pianse come non aveva mai fatto nemmeno da
bambino, pianse perché era spaventato, a morte, pianse perché improvvisamente
sentì la guerra, se la sentì sulla pelle, nei brividi della schiena, la sentì
vicina, ed Harry era così lontano. Pianse per lui, perché non una parola per
suo figlio, nemmeno la richiesta di baciarlo da parte sua, nemmeno la
curiosità, la stupida, stupida curiosità di sapere se per caso gli somigliasse.
Se per caso avesse i suoi capelli, e il suo profilo. Nemmeno la curiosità di
sapere se quel figlio tanto evidentemente e crudamente osteggiato non fosse per
caso uguale a lui, non fosse il volto stesso del suo futuro. E nemmeno una
parola per lui. Niente, nemmeno un segno, nemmeno la speranza, lontana, che ad
Harry importasse qualcosa del padre di suo figlio, che potesse aver scordato le
loro infantili ostilità, i loro giochi antipatici, nessun segno che lui si
preoccupasse di sapere se Draco era cresciuto, se era diventato un po’ più
uomo. Draco lo era diventato, e avrebbe tanto voluto dirglielo, ma non osava,
non voleva, aveva troppa paura, e si sentì stupido e sincero come una
ragazzina, come una ragazzina che ha paura che il suo ragazzo la faccia
piangere con una parola troppo dura, con qualche lettera troppo arrotondata, o
troppo marcata. Aveva paura di piangere, eppure lo faceva, lo faceva perché
quel bambino era troppo, per lui, era difficile, era piccolo, era troppo
delicato perché lui potesse sperare di non romperlo, prima o poi, ed aveva
troppo bisogno di lui, troppo, troppo bisogno dell’insensibile,
dell’indifferente, del gelido, del distaccato Draco Malfoy, e non aveva paura
di chiederglielo, non aveva paura di piangere, per farsi prendere in braccio.
Draco sentiva
l’amore di James, grande, troppo enorme, troppo sincero ed istintivo, perché
lui potesse meritarlo, e non voleva, per contro, amare quel neonato, non voleva
passare le sue sere a tastargli il corpo, per assicurarsi che respirasse bene,
non voleva stare ore a scuotere il latte sintetico più del dovuto, per essere
sicuro che fosse ben tiepido, e non voleva fare migliaia di stupide prove con
il suo cuscino, per cercare di capire quale fosse il modo migliore per tenerlo
in braccio senza fargli male, o i dubbi esasperanti, davanti al bagnetto, non
sarà troppo calda? Non sarà troppo fredda? Il sapone non gli irriterà la pelle,
non gli brucerà gli occhi? Non era dolce, non era tenero, trovarsi bloccati, di
fronte a tutto questo, di fronte a qualcosa che nessuno gli aveva mai insegnato
ad affrontare. Come si cambia il pannolino ad un neonato? Come diamine si fa?
Draco non lo sapeva, e aveva paura di sbagliare, di fargli del male.
Per fortuna c’era
Pansy, e c’era Blaise. Pansy lo aiutava tantissimo, cercava di insegnargli come
gestire le cose, era sempre pronta a raggiungerlo, in caso di bisogno. Blaise
era l’amico. L’amico che in fondo quel bimbo l’aveva preso in simpatia, quello
che sdrammatizzava, che lo portava al bar sotto casa per distrarlo un momento,
mentre Pansy si occupava un po’ del suo nipotino acquisito. Blaise era quello
che riusciva sempre a calmare James, a fargli fare un sorrisone sdentato, a
fargli fare dei versi buffi, a furia di smorfie. Draco talvolta si trovava a
sorridere lui stesso, per un momento, a sentirsi meglio.
Amava Pansy e
Blaise. Li avrebbe amati, per sempre, perché erano con lui, perché almeno loro
non erano scappati.
Almeno loro non
erano… scappati via.
E così, eccolo di
nuovo, Harry, nei suoi pensieri, come uno spettro dagli occhi gentili, uno
spettro che gli chiedeva perdono, e che lui non riusciva ad odiare, non ci
riusciva, perché tutte le volte che lo malediva, nei suoi sogni, o davanti allo
specchio, James si faceva amare, James si lasciava coccolare, si rabboniva,
succhiava il suo ciucciotto, e lo costringeva a ricordarsi che era anche figlio
suo. Harry non gli aveva nemmeno scritto la data, nel suo biglietto. Non
poteva, probabilmente, non era sicuro, qualcuno avrebbe potuto capire dove si
trovava, forse. Era passato un mese e mezzo, da quando lui gli aveva mandato il
suo. Draco si chiese se Harry pensasse mai a loro, ogni tanto. Si chiese che
cosa doveva aver provato, che cosa avrebbe provato lui, al posto suo, a
ricevere un biglietto gelido che gli annunciava la nascita del figlio che aveva
combattuto con tutto se stesso, e da cui aveva deciso di fuggire. Serrò la
mandibola, e sperò, di cuore, che indipendentemente da tutto ciò che Harry
potesse aver provato, tutto questo gli avesse fatto male, che almeno lo avesse
ferito, che gli fosse bruciato da morire, nella testa, nel cuore, nella sua
coscienza maledetta, se mai ne aveva una. Sperò con tutta la sua rabbia che
qualcuno lo avesse schiaffeggiato a nome suo, ma tanto sapeva che non sarebbe
mai stato così. Lui era a fare l’eroe da qualche parte, a combattere una guerra
a nome di tutti, e nessuno lo avrebbe mai disturbato per un neonato tanto
sfortunato da portare il suo nome, nessuno si sarebbe mai permesso di
rimproverarlo, per il suo egoismo, e Draco in fondo si sentì egoista a sua
volta. Harry era legato a quella guerra da quando era nato, lo sapeva, tutti lo
sapevano, ed era vigliacco da parte sua pretenderlo al suo fianco, pretendere
che si prendesse cura del loro piccolo bimbo, come se davvero fossero quella
famiglia che Harry aveva calpestato con sarcasmo, quel giorno, sul lago.
Sorrise, amaro, per
un istante.
Harry si era preso
persino l’identità, di quel bambino, si era preso il suo nome, e Draco si era
confinato in seconda posizione, era stato costretto a farlo. Non sarebbe mai
riuscito a rifiutare ad Harry una cosa simile, non dopo il modo in cui glielo
aveva chiesto. Non per quell’istante in cui era stato quasi uomo, con lui, in
cui gli aveva dato persino l’impressione che qualcosa, in fondo, gli
importasse, di James. E di lui. Chissà se era sempre stato così bravo a
raccontare bugie, chissà se vendere sogni per promesse era sempre stato uno dei
suoi talenti. Draco non se n’era mai accorto, ma del resto, lui si era accorto
di poche cose, che riguardavano Harry, ed Harry probabilmente si era accordo di
meno cose ancora, sul suo conto. E sarebbe stato maledettamente meglio che le
cose fossero rimaste così, perché allora forse Harry non gli avrebbe spaccato
il cuore con il suo ricordo, e Draco non si sarebbe mai sentito tanto stupido,
e solo, e fragile.
Chinò il volto sul
neonato, e si rannicchiò sul divano, per una volta senza vergognarsi troppo
della propria desolazione.
- gli somigli così
tanto…-
ANGOLINO
Brevissimo, solo
per dire che questo è uno di quei rari capitoli in cui questo Draco l’ho
sentito parlare e pensare, perciò portate pazienza se ci saranno un tot di
errori di battitura, o un verbo o due che non funzionano, ma non ho voluto
rileggerlo.
Ragazze, come
sempre, che ve lo dico a fare! Vi adoro, tutte quante, sia la fazione pro Harry
che quelle contro, in fondo sarei un po’ idiota a schierarmi, no? E poi avendo
io il dono dell’onniscienza, almeno per le mie fic, e sapendo che cos’ha in
serbo per noi il futuro, non priverei mai Draco del piacere di schiaffeggiare
Harry di persona, e chi ha orecchie per intendere… scusatemi se riesco a
ringraziarvi più raramente del solito, ma credetemi, sono davvero sommersa
dall’università, è già una fatica mantenere un buon ritmo di pubblicazione,
rischierei di perdere un giorno soltanto per rispondere, cosa che fra l’altro
farò non vi preoccupate, e penso anche di sapere già quando…
Per tutte coloro
che, ho notato nelle recensioni, non hanno capito una cosa, perché
evidentemente io non l’ho spiegata a dovere (perdono!), il bambino non verrà
assolutamente sacrificato, ucciso o altro: serviva il suo sangue, quindi una
volta prelevato basta, per quanto riguarda tutti il bambino poteva pure finire
in un istituto, se Draco avesse scelto di non tenerlo. Se ci sono altre cose
che vi risultano nebulose, che secondo voi non ho chiarito a dovere ecc,
fatemelo presente, così ve lo spiego qui negli angolini, nel limite del
possibile (tradotto: chiunque mi chieda di anticipare il finale verrà
schiantato all’istante! Al mondo c’è una sola persona che conosce il finale, a
parte me, e che naturalmente è tenuta al segreto professionale in quanto mia
compagna di bevute di Cuba Libre e quell’altro accidente che ho preso io, e che
nemmeno ricordo perché poi il cameriere mi ha annebbiato la vita, e che, per
chi non lo sapesse, è un vero e proprio lavoro!).
Beh, adesso la
pianto e mi ritiro in meditazione preliminare all’ultimazione del nuovo
capitolo di Ho un Problema, e in più vi annuncio, perciò mettetevela via e
rassegnatevi, che ho in programma una fic con, e in parte su, LUI. Sì, avete
capito bene, lui, il dio, il mito, un uomo, un apparecchio…
Dio benedica Marcus
Flitt, e andate in pace, sempre con un suo santino nel portafogli,
possibilmente quello della foto dove compare con la scopa in mano di fianco a
Draco in tutta la sua sbarluccicante bruttezza!
Era vero. Con il
passare dei mesi, James rifletteva sempre di più Harry. Aveva la sua stessa
forma del viso, un pochino squadrata, e i suoi capelli scuri, e soffici. E
nonostante gli occhi fossero incredibilmente identici a quelli di Draco, il
sorriso a volte era quello genuino e contagioso di Harry, sulle labbra piene e
capricciose che erano da sempre una caratteristica dei Malfoy. Andava avanti,
Draco, ma non era facile. Non era facile per niente vivere chiusi in casa,
senza poter uscire, se non per pochi momenti, perché ogni cosa era un pericolo,
e il Ministero gli soffiava sul collo perché James non si muovesse da casa,
nemmeno per una passeggiata sotto il sole tiepido di inizio estate, però poi
lasciava a lui tutti i sensi di colpa, per quella prigionia. Una sera, Pansy lo
trovò a singhiozzare, sul tavolo della cucina, e se ne spaventò. Draco non
aveva mai pianto, ma non aveva mai pianto perché non aveva mai avuto un
problema in vita sua. E il fatto che lui considerasse il figlio come tale, non
poteva che essere terribile, per tutti. Lo amava, eppure continuava a ripetere
che era uguale a Harry, che era come Harry, e i suoi amici lo sapevano, questo
lui non riusciva a sopportarlo. E dopo un po’, arrivarono a capire anche loro che
non era per il fatto che fosse Harry, ma perché Harry non c’era. Soltanto
perché Harry non era lì con lui.
James era un
bambino di pochi mesi come tutti gli altri, e come tale strillava, piangeva, si
agitava, si rifiutava di stare buono, e a volte per Draco, per un ragazzo di
diciannove anni, tutto questo diventava davvero troppo.
- su, Draco…- Pansy
sospirò, e abbracciò l’amico ancora più forte.
- oddio, Pansy,
portalo via!- gridò Draco, affondato nel petto di lei come se stesse cercando
di nascondersi dalle grida del piccolo James.
- no, non dire
così. Coraggio, ora vedrai che si calma. Blaise è andato di là, tranquillo.-
Draco scosse la
testa. – no. No, Pansy, basta, davvero. Ti prego, portalo via, tienilo tu.-
- sai che non
posso. È tuo figlio, Draco, e tu gli vuoi bene.-
- non è vero!-
Draco si sollevò di scatto, gli occhi rossi e venati piantati in quelli della
giovane donna. – non lo sopporto più, basta!- sputò, furioso e frustrato, e
incredibilmente sconfitto.
Pansy gli premette
un bacio sulla guancia, forte e affettuoso. - sei soltanto molto stanco.-
disse, comprensiva.
Draco buttò
indietro la testa, e incrociò nervosamente le mani al petto. – Non doveva
nascere. James non sarebbe mai dovuto nascere, e sono sicuro che starebbe cento
volte meglio da morto, che con me.- commentò fra i singhiozzi, cercando in ogni
modo di apparire più duro e risoluto possibile.
Pansy sbarrò gli
occhi. – non dirlo nemmeno per scherzo…-
- no. Lasciami
finire. Pansy, questo bambino è nato soltanto perché serviva il suo sangue, è
stato deciso così, fin dall’inizio, e nessuno ha mai fatto nulla per cercare di
evitarlo. Ma adesso non vale più niente, per nessuno. Il Ministero se ne frega
di lui, fa il suo dovere in fatto di soldi, come se davvero mi servissero, niente
più. E nemmeno suo padre vuole vederlo.-
- le scelte di
Harry non devono interferire con le tue, Draco. Se lui ha deciso di scappare,
allora vuol dire che tu sei più coraggioso di lui. Lui non sarà niente per il
mondo, ma tu sei suo padre, e non commetterai gli stessi errori che ha fatto
l’altro.-
- ma io non ho
niente da dargli! Pansy, io non lo voglio, non lo voglio!-
Pansy sorrise
appena, triste. – non è vero. Draco, tu ami tuo figlio. Sei soltanto molto
scosso, e credimi, ti capisco. Ti capisco, Draco, ma tu non devi pensare una
cosa simile. Te ne pentiresti per tutta la vita, e lo sai. Non ti perdoneresti
mai.-
Draco tirò su con
il naso, e si sforzò di guardare fuori dalla finestra. Il pianto di James si
era placato, Blaise doveva essere riuscito a farlo addormentare, in qualche modo.
Pansy si spinse di nuovo vicino a lui, e gli strinse una mano sulla spalla. –
hai solo bisogno di un po’ di aiuto, Draco. Vedrai che andrà tutto bene.-
- non lo so, Pansy,
non lo so. È tutto troppo difficile, troppo duro, per me.-
- lo so. Però cerca
di guardare avanti. Non sei curioso di vedere che cosa diventerà, il tuo James?
Prova a pensare a quando comincerà a parlare, a quando inizierà la scuola, e tu
lo aiuterai a fare i compiti. Te lo immagini, il giorno in cui verrà ammesso a
Hogwarts? Diventerà un Serpeverde, proprio come noi, e ti renderà orgoglioso.-
Draco si morse un
labbro, e Pansy sorrise, vittoriosa. – hey, guarda che anche tu frignavi, da
piccolo. Dagli una possibilità, Draco. Tu sei tutto ciò che quel piccolino ha.-
- allora povero lui.-
- no. Fortunato,
invece, fortunatissimo. Se tu ci sarai, e lo proteggerai. Draco, potresti
essere un padre meraviglioso, e crescere un figlio fantastico, ci devi soltanto
credere.-
- non è così
facile, Pansy. Non posso passare tutte le mie notti insonni, soltanto perché
lui piange, e io non so cos’ha!-
- passerà. C’è solo
bisogno di tempo, lascia che cresca.-
In quel momento,
Blaise fece la sua comparsa, con il piccolo James quietamente addormentato in
braccio. Sorrise, e lo porse a Draco, e Pansy lo ringraziò con lo sguardo.
Draco accettò il
piccolo fagotto, e se lo accomodò fra le braccia stanche, e ormai
meccanicamente abituate a reggere il figlioletto. James dormiva con le labbra
socchiuse, e i pugnetti serrati, e Draco chiuse gli occhi, su di lui, e si
concesse un lungo sospiro.
Pansy gli prese una
mano, e gliela fece posare gentilmente sul petto del piccolo, che si sollevava
regolarmente, in un ronzio. Zabini andò a sedersi sull’altro capo del divano, e
per un po’ i tre amici restarono insieme, vicini, in silenzio.
Alla fine, Pansy si
affacciò sulla spalla di Draco, il cui sguardo era come sempre, ormai, concentrato
completamente su James.
- smetti di cercare
Harry in lui, e vedrai che ti sentirai meglio.-
Blaise annuì
accoratamente, vicino a lei. Draco tradì solo un piccolo scatto di uno zigomo.
Non voleva parlare di Harry, in quel momento. Era stanco, esausto,
completamente esausto, di pensare sempre a lui, sempre ad Harry.
ANGOLINO!
Ciao a tutte,
eccoci qui un’altra volta! Dai, sono una brava bambina, in fondo, no? Aggiorno
abbastanza spesso, dai!
Dunque, riguardando
i vostri dolcissimi commenti mi sono resa conto che siete proprio tanto, wow!
Non sapete quanta gioia mi dia sapere che questa storia vi faccia provare
qualcosa, io a volte mi rattristo, mentre la scrivo!
E con questo, un
ringraziamento enorme a tutte voi che mi avete lasciato una piccola grande
recensione per l’ultimo cap, sperando che questo nuovo non vi deluda!
Darklily
Mistress Lay (uhm…
forse, mia cara... forse…)
Gosa
Sara (guarda,
questo Harry menefreghista mi sta veramente facendo male, a scriverlo, te lo
assicuro! E hai ragione, Draco in fondo sta facendo i conti con la sua
dolcezza, e il suo cuore)
Mir
Lelorinel ( non
temere, la tua curiosità fra non molto verrà appagata…)
Fife ( ciao amore,
ma come sono contenta di sentirti!!! Eh, che vuoi farci, Flitt è sempre nei
nostri cuori… e Blaise è un tesoro da sposare, vedrai!)
Chase (hihihi, beh,
forse non hai tutti i torti! XD)
Hakka ( amour, le
tue parole mi scaldano sempre, che posso dire, grazie di cuore per il tuo
affetto incredibile!)
Blaise_sl (amour,
vorrei tanto poter essere più costante, prometto che ce la metterò tutta!)
Dark011(sempre
saputo, io: Flitt è un placebo universale!)
Iul(guarda, posso
anticiparti che i pensieri di Harry li vedremo fra un capitolo circa, ma solo
di sfuggita, e capirai perché…)
Little Star (amour,
lo schiaffo è il minimo, tranquilla! ma non ti preoccupare, Draco ce la farà,
almeno per un po’…)
True (eh, bisogna
calcolare che Harry avrà anche un cuore d’oro, ma manca completamente di tatto…
comunque hai ragione, e nel prossimo cap lo vedrai…)
Kimmalfoy
Tuta (muta come un
pesce!)
Evanescence88
Reader (hey, la Legilimanzia non vale!)
Zafirya(
tranquilla, il Marcus nazionale arriverà fra non molto, e povero lui… grazie
mille per la tua recensione, e come posso darti torto, hai proprio colto nel
segno con Harry…)
Nike87
Dark Soul(oddio,
non farmi venire i sensi di colpa per la tua interrogazione! XD)
P.S.
Non ci contate
troppo, però credo di riuscire a postare il nuovo capitolo nel week end, forse
domenica, perché questo era più che altro una transizione, e il prossimo è
quasi pronto… però non mi linciate se non dovessi riuscirci! ^__^
Draco si riprese, pian piano, ma gli ci volle forza, tanta forza
Draco si riprese,
pian piano, ma gli ci volle forza, tanta forza. Pansy e Blaise per fortuna
erano sempre con lui, e quando le cose si mettevano male uno dei due portava
James in camera, lo faceva giocare e lo distraeva, in modo che Draco potesse
sfogarsi un po’, parlare, gridare, se gli serviva, senza che il figlio dovesse
sentirlo, mentre si disperava a causa sua. James era un bimbo dolcissimo, ma
viverci per tutto il giorno, alzarsi ogni volta che piangeva, curarlo,
preparargli i biberon, era tutta un’altra storia, decisamente una cosa diversa
dal fargli una carezza mentre dormiva. In fondo i due amici ammiravano Draco
per questo, per la forza che nonostante tutto, nonostante i crolli e i dubbi
che a volte venivano come spettri a fargli sudare la fronte, stava dimostrando,
giorno dopo giorno; e soprattutto ammiravano la straordinaria capacità che
aveva avuto di crescere in fretta, per poter essere abbastanza adulto da
crescere James. Era stato questo, forse, il suo gesto d’amore più grande per il
figlio, perché loro solamente capivano che cosa volesse dire per Draco
rinunciare alla sua sempiterna infanzia viziata, ai privilegi di essere sempre
lui, il figlio, e mai l’adulto. Il fatto che il Ministero gli fornisse il
denaro per occuparsi del piccolo senza dover andare a lavorare non era così
d’aiuto come poteva sembrare. A volte anzi era chiaro che Draco avrebbe avuto
disperatamente bisogno di un lavoro, di una qualche attività che lo tenesse
occupato, che lo distraesse, ma in un periodo come quello non c’era da
scherzare, sulla sicurezza, ed obbiettivamente l’unico posto dove lui e James
fossero al sicuro era in casa, nella loro casa accogliente, ed anonima. Blaise
raccontava agli altri due, ogni tanto, di notizie strappate qua e là da bocche
distratte, perché i giornali non parlavano, perché notizie vere non se ne
avevano, perché non c’era modo di sapere che cosa stesse davvero succedendo.
Non si sapeva nemmeno dove, non c’erano tracce né di Signori Oscuri, né
tantomeno di Eroi, ma questo Draco non aveva bisogno di sentirselo dire. Quella
maledetta guerra poteva essere in Amazzonia come dietro a casa, perché in ogni
caso Harry era lontano, e questo era tutto ciò che lui avesse da dire, su quel
conflitto. E ciò nonostante, l’unico contatto più concreto con quella guerra,
così lontana e vicina allo stesso tempo, era Remus Lupin, e le sue sporadiche
visite. Draco sapeva benissimo che era tutto ciò che si potesse fare, lo
capiva, e Remus gli ripeteva di continuo che purtroppo non poteva trattenersi,
e nemmeno parlare troppo, perché era sempre, tutto, troppo pericoloso. Lo aveva
visto in tutto altre due volte, dalla prima visita, appena dopo la nascita di
James, troppo poche, perché i due potessero in qualche modo diventare amici. Ma
Draco si sentiva in qualche modo sollevato, e felice, di vedere quell’uomo,
anche se di Harry non si faceva menzione, quasi mai, se non quando il giovane
Malfoy aveva voglia di arrabbiarsi, e star male. Era un muto accordo, un tabù,
qualcosa che sarebbe stato sempre e comunque difficile da affrontare.
James aveva sei
mesi, ormai, era un piccolo ometto, come lo chiamava Pansy, e Draco si convinse
che ormai era ora di affrontare un’altra questione importante. Fu proprio Remus
Lupin a procurargli i documenti necessari, l’ultima volta che passò a trovarlo,
e ad assicurargli un passaggio sicuro.
Per Hogwarts.
- diventerà un
Serpeverde.- ribadì Blaise per l’ennesima volta, annuendo con un’aria da
autentico zio orgoglioso.
Pansy era rimasta a
casa ad occuparsi di James, mentre i due amici avevano preso la Passaporta per la vecchia scuola. Draco doveva parlare con la Preside, del futuro, perché, ne era sicuro, almeno per James un futuro ci sarebbe stato, e ci
sarebbe stato perché lui avrebbe lottato con tutte le sue forze, per il futuro
di suo figlio.
E del figlio di
Harry Potter, si intende.
Quando rimise piede
nello studio dietro alla statua del Gargoyle, ebbe un leggero sussulto, mentre
tutti i ricordi, tutte le immagini, e le parole, di ciò che era successo,
quando? Anni prima? Sì, un anno, e qualcosa, prima. Era già Ottobre…
Minerva McGranitt
era invecchiata. Non tanto esteriormente, per la verità; conservata il suo
aspetto affilato, e il suo cipiglio severo. Ma qualcosa, era evidente, la stava
rodendo dentro, e quel qualcosa, non era difficile indovinarlo, era la guerra,
ed anzi, più che essa, la preoccupazione per i suoi studenti, che nonostante
tutto, per ordine del Ministero, avevano ripreso a studiare regolarmente, come
a voler esorcizzare la guerra attorno a loro, come a volersi stringere, in
fondo, tutti assieme, per avere un po’ meno paura, per pregare per Harry, per
l’eroe di tutti. Di tutti quanti. Draco e Blaise furono accolti come si doveva,
ad ogni modo; anzi, persino con un certo calore. Chiacchierarono un po’, per
una mezz’ora, davanti a del tea, di fatti di cronaca, e dell’andamento della
guerra. La Preside fu zelante nell’aggiornarli sulle ultime novità, sulla
brutta battaglia combattuta solo pochi giorni prima, in cui erano caduti dieci
Auror. Vittoria, sì, ma dieci Auror, per l’amore del cielo, dieci vite andate
buttate su una qualche distesa senza nome, collinosa e fredda. Alcuni
Serpeverde loro ex compagni, come Nott, o la Greengrass, combattevano per loro, contro i loro stessi genitori, e stavano bene, erano sani
e salvi.
Per il momento.
Moltissimi ragazzi
con cui avevano diviso compiti e tavoli in biblioteca si trovavano coinvolti
nella guerra, moltissimi nomi che ora assumevano una loro solennità. Padma
Patil, la sorella di Calì, Draco si ricordava vagamente di lei, una Corvonero,
era morta in un agguato, assieme ad un suo compagno, Smith. Seamus Finnigan,
invece, e quello Draco se lo ricordava molto bene, era un compagno di Harry,
era stato ferito. O per meglio dire, gli era stata letteralmente strappata via
una gamba, fino al ginocchio. Per fortuna i Curatori erano riusciti a salvarlo,
e gli avevano sostituito l’arto con una gamba nuova di zecca, perfettamente
funzionante, perfino nel solletico ai piedi. L’unico fastidio è che era di ferro,
ma del resto era sempre meglio di niente.
Blaise rimase in
silenzio. Draco, invece, deglutì. La guerra è violenza, realizzò scioccamente
solo in quel momento, e rivolgendo gli occhi all’amico seduto al suo fianco non
potè che sentirsi grato, che lui e Pansy non fossero in mezzo alla battaglia,
che fossero salvi, a Londra, perché il loro aiuto serviva al Ministero, e al
San Mungo. Pensò che ci dovevano essere vittime anche fra i civili, si chiese
se fossero morti dei bambini, dei bimbi come il suo James. Ma si impose quasi
subito di smettere di pensare ad una cosa simile, prima di rischiare di
mettersi a piangere come una mocciosa.
- Potter?- fece,
atono.
- Potter sta bene,
e mi chiedo ancora come sia possibile, visto che è sempre in prima linea. –
rispose concisa la McGranitt. – quella pozione è stata efficace, una vera
salvezza, signor Malfoy. Tutti noi le siamo profondamente grati, per ciò che ha
fatto, e che continua a fare. Sta bene, il bambino?-
- sta bene. Cresce,
a vista d’occhio.-
- oh, è magnifico,
sa, signora?- intervenne Blaise, entusiasta. – ormai mi riconosce, e poi
gattona di già. Beh, più o meno… ma ad ogni modo… Serpeverde!-
Draco sbuffò un
mezzo sorriso. Blaise era davvero incorreggibile.
- lo dirà il
cappello, questo.- fece la McGranitt, concedendo tuttavia a Blaise un mezzo
sorriso indulgente. Agitò la bacchetta, e davanti a loro comparve una spessa
pergamena, coperta di caratteri piuttosto grandi.
- deve compilare
qui, signor Malfoy. – spiegò, spingendo la boccetta d’inchiostro verso Draco. –
dove si chiede il nome dell’alunno, e quello del genitore. E poi una firma, qui
in fondo.-
Draco scorse
brevemente la pagina, e il contenuto formale e burocratico del testo. Scrisse
il nome di James per esteso, poi il proprio. Si fermò, quando veniva richiesto
quello dell’altro genitore.
- quello lo lasci
stare. – lo rassicurò prontamente la McGranitt. – non serve, basta l’assenso di uno dei due genitori.
Draco non volle
dare troppo a vedere il suo sollievo. In qualche modo gli sembrava
sconveniente, ma doveva ammettere che scrivere il nome di Harry, al posto suo,
su una pergamena che riguardava James, sarebbe insopportabilmente suonato come
una ammissione che quel bambino era effettivamente anche suo, e che nonostante
ciò, lui non c’era.
Firmò il documento,
la pergamena brillò per un istante, ed un attimo dopo, alle spalle della
Preside, apparve una lunga lista, che scorse vorticosamente fino alla fine. In
caratteri d’oro, si incise il nome di James Draco Malfoy-Potter, ultimo
iscritto alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. La McGranitt controllò
brevemente che il nome fosse scritto correttamente, poi fece dileguare l’elenco
e la pergamena di iscrizione.
- mi sento… un po’
orgoglioso.- ammise Draco, a mezza voce.
- è l’effetto che
fa Hogwarts, all’inizio. – commentò la Preside. – poi cominciano a piovere strillettere e richiami…-
Draco sbuffò un
sorriso.- oh, ma James sarà un alunno modello.-
Blaise ridacchiò. -
come te, Draco?-
Nessuno rispose, ma
tutti e tre risero un pochino, persino sinceramente.
- Professoressa…- fece
poi Draco, vagamente intimidito. – senta, ci sarebbe una cosa che vorrei
chiederle. Un piccolo favore.-
- se posso, signor
Malfoy…-
Blaise rivolse a
Draco uno sguardo indagatore. Sguardo a cui Draco con un’occhiata che
significava semplicemente “non chiedermi perché lo sto facendo”.
E Blaise non lo
fece. Non gli chiese niente, ma stette ad ascoltare la richiesta di Draco con
un sorriso fraterno, e indulgente, e intenerito, e triste, un po’, in fondo.
Ma, ancora più in fondo, speranzoso.
ANGOLINO!
Preparato in
anticipo, hihihi, vi ho fregate, eh? Così ancora una volta posso dedicarmi un
momento alle vostre domande. Scusatemi se questa volta non vi ringrazio tutte
nominalmente, purtroppo non ne ho materialmente il tempo. Ovviamente a tutte ed
a ognuna di voi va il mio sincero grazie, scusatemi ancora se rispondo
direttamente solo a chi mi ha posto delle domande, ma mi sembra doveroso!
Kimmalfoy: sì.
Semplicemente sì, e non aggiungo nient’altro!
Sara: nel prossimo
capitolo vedrai che le cose saranno un po’ più chiare, riguardo ai sentimenti
di Harry. Quanto al luogo dove si trova, invece, dovrai aspettare un po’, ma
tranquilla, tutto verrà chiarito! Per quanto riguarda Pansy e Blaise, che
sinceramente non ho “accoppiato” con nessuno, non mi sembra comunque giusto, né
coerente, farli vivere da Draco. C’è una guerra, bene o male, e muoversi, o
dare nell’occhio è sempre pericoloso, soprattutto per Draco e James… e poi, al
di là di tutto, ho semplicemente pensato fosse anche giusto che loro avessero
le loro vite, pur sostenendo il loro amico e standogli vicino.
Evanescence88:
come per Sara, per capire dove so trova Harry dovremo aspettare un pochino, ma
vedrete, sarà divertente, in fondo… guarda, per il numero di capitoli non ti so
dire: la fic l’ho scritta quasi completamente, ma siccome ci sono alcuni buchi,
non so quanto lunghe verranno queste parti mancanti, quindi non mi azzardo a
fare ipotesi. Credo che comunque verranno fuori abbastanza capitoli, ne manca
ancora, da raccontare!
Un bacio speciale a
BloodyMoon, felicissima di sapere che ci sei, visto che sei una delle mie
“veterane”! I sentimenti di Harry non saranno trattati in modo approfondito
come quelli di Draco, te lo dico subito, però cercherò di farli trasparire
dalle sue parole, dalle frasi, e spero che già dal prossimo capitolo tu te ne
possa rendere conto.
P.S.
Per tutte, non mi
chiedete qual è stata la richiesta di Draco!!! Hihihi, vedrete, vedrete, a
tempo debito… tenetelo in mente!
Draco levò
gentilmente il biberon ormai vuoto dalla bocca del figlio, che mugolò
contrariato, e gli mise una manina sulla guancia.
- buon compleanno,
James.- mormorò, e gli baciò la fronte.
James lo squadrò,
tutto serio. - ma… da…da.- proclamò solennemente.
Draco sorrise. – ma
certo, tesoro…- disse divertito, mentre tornava nel salone, dove Blaise e Pansy
chiacchieravano, fra un sorso di tea e l’altro.
- allora, il
piccolo leone si è nutrito?- ironizzò Blaise, mentre Draco accomodava James sul
suo seggiolone.
- mangia ogni
giorno di più. – commentò Draco, sornione.
- beh, ci credo! È
un bimbo grande, adesso. Vero, James?- Pansy solleticò la guancia del piccolo,
che pigolò, e agitò le manine. - cocco della zia Pansy…-
Blaise raccolse
alcuni dei pupazzi che James aveva ricevuto in regalo. Molti di essi erano
incantati, e si agitavano fra le sue mani, smaniosi di poter correre sul
tavolo. Al piccolo brillarono gli occhi, quando gliene mise uno a forma di
gatto fra le manine, e questo cominciò a fare le fusa.
Il caminetto
sbuffò, improvvisamente, e i tre amici si voltarono di scatto, verso la fiamma,
che diventava verde.
- chi stai
aspettando?- fece Blaise, curioso.
- nessuno.- ripose
Draco, corrugando le sopracciglia, e mettendo subito mano alla bacchetta.-
Pansy levò rapidamente James dal seggiolone, e lo nascose fra le sue braccia,
tirandosi indietro di qualche passo.
La fiamma sputò una
figura alta e snella, coperta di polvere, e un po’ sbuffante. – è permesso?-
fece, il nuovo arrivato, educatamente.
Draco e Blaise si
guardarono, allibiti, e prudentemente abbassarono le bacchette.
- lei?- fece Draco,
con un filo di voce.- che cosa ci fa qui?-
- beh, ecco- Remus
Lupin si scrollò di dosso gli ultimi residui di polvere, e sorrise cordialmente
ai presenti. – ho saputo che oggi è il compleanno del piccolo James. Così mi
sono domandato se fosse di disturbo passare a trovarlo…-
Draco annuì,
lentamente, mentre anche Pansy tornava al suo posto, tenendosi il piccolo in
grembo.
- è gentile. –
disse, atono.
Lupin sorrise di
nuovo, finché non fu Blaise ad invitarlo a sedersi, al posto di Draco, che
ancora se ne stava immobile, catatonico. L’ex insegnante accettò volentieri una
tazza di tea, e dopo averne sorbito il primo sorso, posò la tazza, per potersi
avvicinare un po’ a James.
- è cresciuto
molto, dall’ultima volta.- commentò, felice, stropicciandogli una guancia.
James piegò la testolina in un’espressione stupita, e prese ad indicare
entusiasticamente i baffi chiari dell’uomo, lasciando momentaneamente perdere
il suo nuovo peluche.
- sì.- Draco si
lasciò finalmente scivolare a peso morto su una sedia. – è cresciuto di un
anno.-
- lo trovo molto
bene, Draco, davvero. I miei complimenti.-
- già. Sono bravo,
vero, a crescere i figli, io.-
Lupin rimase
impassibile, anche se se i suoi occhi si distaccarono dal piccolo, con suo
notevole disappunto.
Blaise scoccò
all’amico un’occhiata di rimprovero, che l’altro ignorò.
- come stai,
Draco?- domandò Remus gentilmente.
- come vuole che
stia, Lupin. È il compleanno di suo figlio, e lui nemmeno se l’è ricordato,
figuriamoci.-
- il fatto che non
ci sia non significa che se lo sia dimenticato. Non avercela con Harry, non è
colpa sua.-
- oh, andiamo!-
Draco scosse seccamente una mano. – siete tutti sempre pronti a difenderlo, ma
la verità è soltanto che non è stato capace di prendersi le responsabilità di
un padre, perché è un vigliacco!-
Pansy sospirò. –
vado a portare di sopra James.- commentò soltanto, prima di alzarsi, ed
imboccare le scale.
Lupin annuì, ed
attese che se ne fosse andata con il piccolo, prima di riprendere a parlare. –
non essere arrabbiato, Draco. Lo so che è una situazione difficile, lo capisco
benissimo. Ma Harry non può proprio venire.-
- Harry non VUOLE
venire.-
- nemmeno io dovrei
essere qui. Credimi, è davvero una situazione rischiosa, e tutti quanti stiamo
facendo il possibile anche per proteggere voi. Il sangue di James ci ha salvati
molte volte fino ad ora, ha salvato Harry stesso, e lui lo sa, non se lo
dimentica mai.-
- dai, Draco…-
tentò anche Zabini.- è il compleanno di James, non rovinarlo con il tuo rancore
per Potter.-
Draco scosse la
testa, seccato di trovarsi improvvisamente solo contro due, e sbuffò.- come
sta…- domandò freddo.
- bene. È forte, e
motivato, ed è soltanto grazie a lui che stiamo in qualche modo avendo la
meglio, almeno per ora. Ma è ancora tutto da decidere, purtroppo.-
- parla mai di
James? Chiede mai notizie di suo figlio?-
Lupin si morse
l’interno della guancia. – vedi, Draco…-
Draco sorrise,
amaro e trionfante. - no, vero?-
- se non lo fa è
solo per non avere nostalgia. Non è facile, per lui.-
- è per me lo è?-
Lupin annuì. – no,
certo che no, non lo metto in dubbio. Dovresti essere fiero di te, per quello
che stai facendo, dico davvero.-
- che cos’altro
dovrei fare, abbandonare mio figlio?-
- beh, devo
ammettere che all’inizio ho temuto che avresti potuto farlo. Hai stupito tutti,
dimostrando di essere forte abbastanza per crescere un bambino, e per prenderti
cura di lui come fai.-
- a
James serve anche Harry. Ha il
diritto di crescere con suo padre, come un bambino normale, e Harry ha il
dovere di esserci, per suo figlio.-
- Harry conosce i
suoi doveri. Sai, Draco, speravo che il tempo ti avesse aiutato a rimarginare
un po’ questa ferita.-
Malfoy rivolse a
Remus un’occhiata penetrante. – il tempo mi ha aiutato, Lupin, sì. A stare
meglio, ad accettare mio figlio, perché solo il cielo, e Blaise, e Pansy, sanno
quanto sia stata maledettamente dura, all’inizio. Il tempo mi ha aiutato, sì, è
vero. Ma io non dimentico che questo bambino ha un padre che non si è mai fatto
vedere, nemmeno per un dannato minuto, che non ha mai scritto una lettera,
nemmeno un messaggio via gufo, nemmeno dei saluti portati da qualcun altro, per
un anno intero, niente di niente!-
- Draco, calmati.-
mormorò Blaise, a denti stretti.
- e non dirmi di
calmarmi, Blaise! Mi dica, Lupin, le sembra giusto, questo, eh? Le sembra
normale? Le sembra coraggioso? Il vostro eroe, come vi piace chiamarlo, ha
preferito affrontare una guerra, piuttosto che dover vedere in faccia suo
figlio!-
- Harry non ha
scelto questa guerra.- rispose con calma Remus. – non ha chiesto lui di farla,
come non ha chiesto lui, e nemmeno tu, lo so, di essere messo in questa
situazione. -
Draco alzò gli
occhi al cielo. - se n’è andato a salvare il mondo, lui. Com’è che ha lasciato
qui me, allora, a salvare suo figlio? O forse è soltanto lui che vuole salvarsi
da James? -
- ti ha lasciato
qui perché ha fiducia in te, e sa che saprai dare a James una vita felice.
Dovresti cercare di capirlo, a volte, Draco.-
Draco arricciò il
naso. – sì, come no. Quanto lui capisce me, scommetto. Oh, io ed Harry non
facciamo altro che capirci a distanza, è davvero appagante, sa, Lupin?-
Remus abbandonò le
braccia lungo i fianchi, rassegnato. – domattina lo raggiungerò, Draco. Vuoi
che gli dica qualcosa, da parte tua? Se vuoi posso farlo.-
- sì.- sibilò
Draco. – gli dica che mi auguro con tutto il mio cuore che muoia nel modo
peggiore, per mano del Signore Oscuro.-
- Draco!- tuonò
Blaise, alzandosi di scatto dalla sedia. – non dire una cosa del genere. Non la
pensi, lo sai benissimo.-
- sì, che la penso,
invece, sì che la penso!- Draco schiantò la mano sul tavolo, producendo uno
scricchiolio sinistro ed amaro. Blaise gli circondò le spalle con un abbraccio,
e lo fece appoggiare a sé, un po’ per tenerlo fermo, e un po’ perché previde un
imminente crisi.
- gli dica…- Draco
singhiozzava sottovoce, come fa un vero Malfoy, quando proprio non può fare a
meno di sentirsi spaccato dentro. – gli dica che io non so più… che cosa digli.
Gli dica che non si faccia mai vedere qui, mai. Gli dica che lui non ha un
figlio, che è libero di fare ciò che vuole. Gli dica che… che vorrei soltanto
che mi scrivesse. Gli dica che suo figlio è bellissimo, che gli somiglia da
morire. Non lo so, non lo so, gli dica qualcosa, qualunque cosa, Lupin, faccia
lei.-
Lupin rivolse a
Blaise un sorriso mesto, a cui il giovane rispose.
- salutate James,
da parte mia. – disse soltanto, prima di andarsene.
* * *
Pioveva.
Pioveva persino
troppo per quelle regioni, pioveva come se dalle nuvole l’acqua fosse scesa a
secchiate, invece che a gocce.
Remus Lupin si fece
strada dentro un capanno apparentemente disabitato, appoggiò una mano contro
una parete fredda, di metallo scuro, mormorò alcune parole, e la parete prese a
scorrere, rivelando una grande stanza illuminata da grosse candele gialle.
Lupin si scrollò di
dosso l’impermeabile zuppo, lo buttò su una sedia, stiracchiò rapidamente i
muscoli indolenziti delle braccia, e finalmente levò gli occhi sui presenti.
Hermione Granger lo salutò con un mezzo sorriso, poi richiamò l’attenzione di
Ron, e di Ginny, seduti uno di fronte all’altro, impegnati a fissare con aria
vacua una grossa pergamena piena di indicazioni, di coordinate e di illustrazioni,
e fece loro segno di seguirla attraverso una piccola porticina.
Pochi istanti dopo,
da quella stessa porticina comparve Harry, un maglione troppo largo e un paio
di pantaloni neri, un po’ sgualciti, addosso. Lupin gli regalò uno sguardo di
paterno affetto, a cui Harry rispose con uno ansioso, e teso.
- stanno bene. –
disse soltanto Remus.
Harry sospirò, e
chiuse gli occhi, per qualche momento. – bene.- commentò.
- e Draco… mi manda
a dirti un paio di cose.-
Harry arricciò
appena il naso. - mi lasci immaginare. “Va’ all’inferno Potter”?-
- non lo pensa,
Harry. Si sente soltanto molto solo. – Lupin prese l’ex allievo per le spalle,
e lo scrollò leggermente. – tuo figlio è veramente splendido, Harry, e ti
somiglia moltissimo. Dovresti proprio vederlo.-
Harry sbuffò un
mezzo riso amaro, ed esausto. – già. – mormorò a testa bassa, mentre il suo
pugno destro si stringeva delicatamente nella tasca dei pantaloni. – dovrei
proprio vederlo.-
ANGOLINO
Oddio… aria… sono
distrutta… sono tornata a casa adesso, da Milano, solo per pubblicarvi il
capitolo nuovo!!! Comunque, visto che non ha alcuna intenzione di rivelarvi che
cosa ho combinato, per essere così in ritardo, prometto però che il prossimo
aggiornamento sarà prestissimo, forse molto prima di quanto pensiate!
Draco scorse la
prima pagina della Gazzetta che Pansy si era precipitata a mettergli in mano
con gli occhi sbarrati. Nessuna foto, nessuna immagine, niente di niente.
Soltanto un titolo enorme, trionfale, la guerra è finita, siamo tutti salvi,
Harry Potter ha sconfitto Voldemort.
Gloria all’Eroe
della comunità magica, gloria al Salvatore di tutti i maghi del mondo, onore e
gratitudine eterna ad Harry Potter.
Draco si rifiutò di
andare oltre. E Pansy si sedette vicina a lui, e lo abbracciò, lasciando che
piangesse in tutta sincerità, almeno un po’, prima di doversi alzare per
frullare della zucca per James.
Fanculo,
all’inferno, l’Eroe del mondo.
Nel pomeriggio,
anche Blaise passò da Draco. Draco si era calmato, anzi, si era sfogato, per la
verità. Nemmeno lui avrebbe saputo dire se avesse pianto per il sollievo e per
la gioia di sapere che finalmente era finito un incubo, anche per lui, oppure
lo aveva fatto perché di Harry non c’era ancora traccia. D’accordo, forse si
trovava a farsi curare le ferite, forse stava semplicemente cercando di
sistemare un po’ le cose, in fondo era finito tutto all’improvviso, il giorno
prima. Draco si era chiesto, distrattamente, quante e quali cose ci fossero da
fare, una volta finita una guerra; che cosa bisognasse fare, una volta battuto
un Signore Oscuro. Ma nonostante ciò, nemmeno un biglietto. Qualcosa, dentro di
lui, cominciava inesorabilmente ad incrinarsi. Qualcosa che doveva essere la
speranza, perché ora Harry non avrebbe davvero avuto più scuse.
Ad ogni modo,
Blaise si lanciò in un appassionato resoconto degli avvenimenti: la battaglia
finale, un massacro fermato soltanto dalla morte del Signore Oscuro. Era morto
il papà di Goyle, fedele fino all’ultimo, era morta la zia di Draco, Bellatrix,
e chissà perché questo non aveva sfiorato il nipote nemmeno un po’. Erano morti
anche degli Auror, però. Due veterani dell’Ordine, più un ex Tassorosso, di cui
Blaise non riusciva a ricordare il nome.
Ed era morta
Ginevra Weasley.
Draco ebbe un
autentico tuffo al cuore.
Ricordava
nitidamente che la più piccola dei Weasley era stata la ragazza di Harry, al
sesto anno, anche se francamente in quel maledetto periodo della sua vita aveva
altre preoccupazioni per la testa, che non fossero i pettegolezzi. Non era
tanto questa la questione. Ginny Weasley era, ironia della sorte, la persona
che conosceva di più, fra le vittime che Blaise gli aveva elencato. Si ricordò
dei dispetti che le aveva fatto, nei giorni della scuola, e di quanto le fosse
antipatica, quella mocciosa ficcanaso. Però pensarla morta, ora, faceva tutto
un altro effetto. Draco decise che sì, la morte era una cosa con cui non
sarebbe mai riuscito a far pace, e che francamente avrebbe continuato
volentieri a prendere in giro la Piattola, piuttosto che saperla sottoterra.
Si chiese come si
fosse sentito Harry.
Se lo chiese così,
all’improvviso, seccamente, e un secondo dopo si diede dello stupido, perché
stava per mettersi a pensare a lui ancora una volta, ed ancora una volta stava
per mettersi a giustificarlo, a dirsi che anche lui aveva sofferto il suo
inferno.
Quello stesso
pomeriggio, soltanto una mezz’ora dopo che Blaise lo aveva lasciato, Draco
prese il figlioletto, lo vestì, gli calcò sulla testa il suo piccolo copricapo
da maghetto, e lo portò fuori.
Lo portò a fare una
passeggiata, la prima passeggiata della sua vita, la prima giornata di libertà,
di tranquillità. Era Draco ad averne bisogno più di tutti, a dire il vero, ma
poter usare per la prima volta il passeggino in qualche modo lo divertiva
persino. Assieme al piccolo James, attraversò una zona babbana, un bel parco,
che risplendeva dei verdi più chiari, quelli del maggio tiepido e soleggiato di
quei giorni. Qualche albero stava già fiorendo, colorandosi di bianco, o di
giallo, e Draco vedeva le manine di James protendersi in ogni direzione,
agitate e curiosissime, e ne provò una tenerezza quasi compassionevole. Si
fermò, su una panchina, non aveva fretta di raggiungere Diagon Alley. Prese in
braccio il figlio, che si inerpicò fino al suo collo, e cominciò a pigolare e a
strattonargli la maglietta, indicando ora un fiore, ora un passerotto, ora il
laghetto con le anatre, ora l’erba. Draco sorrise, sorrise, fino a ridere:
avrebbe voluto anche lui ricordarsi il giorno della sua prima passeggiata.
Avrebbe voluto ricordare che cosa aveva provato a scoprire i fiorellini sugli
alberi.
Chissà, poi, se
aveva provato qualcosa.
Allungò una mano
verso l’alto, afferrò la fronda di un albero, e ne strappò un fiore,ed una
foglia, che porse a James. James spalancò gli occhioni grigio azzurro, prese
fra le manine i due preziosissimi tesori che il suo papà gli aveva donato, e…
cercò di metterseli in bocca.
- no!- Draco prese
immediatamente il polso del bimbo, e lo allontanò dalla sua bocca. – no, James,
non in bocca. Non si fa.-
James gli rivolse
un broncio contrariato, ma parve rassegnarsi. Assottigliò le labbra, corrugò la
fronte, tutto concentrato, e cominciò a pasticciarsi la foglia fra le mani.
Dopo tanto trafficare, riuscì a dividerla in due, ma uno dei due pezzi gli
scivolò sui pantaloni di Draco. James non parve farci troppo caso, comunque: si
era già dedicato con entusiasmo al fiore giallo pallido. Afferrò un petalo, e
lo tirò, facendo un piccolo “oh” sorpreso, quando il petalo si staccò. James osservò
il fiore, poi il petalo, infine decise di gettare via anche il petalo, e di
guardare Draco. Lo guardò per un po’, lo guardò fino a metterlo persino in
imbarazzo, poi guardò il fiore, e infine si levò sui piedini, e con la manina
bene aperta schiacciò il fiore sulla fronte di Draco.
- hey, che combini,
James?- quando Draco riuscì ad allontanare gentilmente il figlioletto dalla sua
faccia, si ritrovò impiastricciato del povero fiore. Lo tolse, con gran
disappunto di James, lo guardò un momento, e capì.
E un sorriso
incredibile gli apparve sul viso.
- amore… il fiore è
dello stesso colore dei capelli di papà, vero?- mormorò, stordito. James agitò
una manina verso il suo naso, e poi gli picchiettò di nuovo la fronte. E Draco
lo abbracciò.
- piccolo, piccolo
James…-
- ummm… maaa!-
Draco scompigliò la
testolina del bimbo, e gli porse di nuovo il fiore. – e tu?- fece, premendogli
il nasino. – anche tu vuoi il fiore? No, perché i tuoi capelli sono diversi,
vero? Tu hai i capelli neri, vero James? Neri come…-
Eccolo di nuovo,
quel rumore di “crack”, dentro di lui. Non ci voleva pensare. Non voleva, non
voleva pensarci, non voleva, non voleva, vattene, Harry, vattene via.
- sono neri come il
mantello di papà, vero? O come i capelli dello zio Blaise e della Zia Pansy?-
James si mise due
dita in bocca, e rimase ad ascoltare il genitore, con le labbra umide di saliva
lucida.
- è bellissimo.-
Draco sollevò la
testa di scatto. Una donna giovane, di pochi anni più grande di lui,
probabilmente, li osservava. Una babbana, senza dubbio.
- grazie.- replicò
con un sorrisetto cortese e un po’ tirato. Il suo primo, primissimo contatto,
da una anno a quella parte, se escludeva i suoi amici. Una donna babbana. Certe
volte la vita è davvero buffa.
- è suo figlio.-
- sì.-
- e come ti chiami,
bel bimbo?-
James studiò la
donna, perplesso. Poi decise di studiarsi un po’ le manine, ed infine indicò la
foglia, ancora sui pantaloni di Draco. La ragazza rise.
- non parla
ancora?-
Draco arricciò il
naso, quasi infastidito. - no. Beh, bofonchia, più che altro, ma non sa dire i
nomi. Si chiama James.-
La ragazza annuì
con un sorriso, e si piegò leggermente sulle ginocchia. - ciao, James. Lo sai
che ho una nipotina che sarà grande più o meno come te? Sei proprio un amore,
lo sai? La tua mamma deve avere dei bellissimi capelli neri, scommetto.-
Draco sussultò
appena. Oh, sì, in un certo senso poteva quasi darle ragione. Pansy aveva i
capelli neri, e lei era l’unica forma di madre che James conoscesse. Con un po’
di fortuna sarebbe persino riuscito a convincersi, un bel giorno, che James
aveva preso il colore dei suoi capelli da lei. e la forma degli zigomi da
Blaise, in fondo anche lui li aveva un po’ squadrati, no?
- sì, è vero.- la
accontentò. Non gli andava, no, non gli andava e non gli andava, di stare a
pensare ai capelli neri.
La giovane donna
sorrise, soddisfatta. Salutò, e Draco la seguì con lo sguardo, per qualche
momento. Lei la bacchetta non la sapeva usare, ma probabilmente fra pochi
minuti sarebbe tornata a casa, dalla sua famiglia, dal suo uomo, se ce l’aveva,
magari aveva un cane, o un gatto, a cui fare un po’ di coccole. Non le sarebbe
mai capitato di dover restare chiusa in casa, per la paura che qualcuno
cercasse di uccidere suo figlio, soprattutto, non avrebbe mai avuto a che fare
con calderoni, con pozioni, e con Eroi.
Draco si alzò, si
aggiustò i pantaloni, e dopo aver messo James nel passeggino, proseguì per
Diagon Alley. Aveva voglia di comprare qualche erba, per farsi una tisana, e
anche un mantello, e un paio di tuniche. E già che c’era ne avrebbe fatta fare
qualcuna anche per James.
ANGOLINO!
Che dite… ci siamo,
eh? Hihihi… al prossimo cap, preparate i tirapugni, le bacchette, le bottiglie
rotte, e quello che vi pare, avete la mia incondizionata autorizzazione ad
infierire ad oltranza!
Invece, facciamo le
persone serie per un nanosecondo… ne approfitto per scusarmi, con tutti coloro
a cui la fic sta risultando noiosa. Il fatto è che volevo che questa storia non
fosse solo una classica storia d’amore, con un piccolo(in tutti i sensi!)
elemento in più. Ci tenevo a mettere in evidenza innanzitutto le sensazioni di
Draco, e anche il loro ripetersi, continuamente, nel corso del tempo.
Scusatemi, ma mi sarei odiata se avessi semplicemente liquidato un anno e mezzo
con un’ellissi temporale, c’erano troppe cose che volevo dire, e tuttavia mi
rendo conto di non essere evidentemente riuscita ad esprimermi e a coinvolgere
come avrei voluto, non intendevo assolutamente ridurre Draco ad un vedovo di
guerra, e questa è mia esclusiva responsabilità.
Perciò portate
pazienza, questo capitolo non potevo in alcun modo tagliarlo, dato che tratta
della fine della guerra, ed era un passaggio cruciale, dal prossimo spero di
non deludervi più, e se così fosse non esitate a dirmelo!
Beh, visto che si
sono mi frego ancora un po’ di spazio… hihihi, vedo un sacco di personcine che
aspirano a fare i detective… allora vi sfido, provate a dirmi le vostre
ipotesi, su cosa Draco ha chiesto alla nostra Minerva nazionale, e su cosa
Harry tiene in tasca (tranquille, nessuna matita, o coniglio, o cose simili…
quelle le lasciamo a “ho un problema”). Vediamo un po’ quante di voi hanno già
indovinato (se sarete in molte mi riterrò ufficialmente una pessima scrittrice,
visto che l’effetto sorpresa se n’è andato a farsi benedire!), come premio
avrete… beh, un bell’applauso al momento della soluzione! Oh, bisogna sapersi
accontentare…
Draco si fece aria con la mano libera dal peso del figlio
Draco si fece aria
con la mano libera dal peso del figlio. Faceva ancora piuttosto caldo, in
quell’inizio di settembre, umido e soleggiato. Non gli andava molto di andare a
letto, non aveva affatto sonno, probabilmente dopo aver dato la buonanotte a
James sarebbe sceso a leggere qualcosa, per far trascorrere un’oretta almeno,
prima di andare a dormire. James non faceva che cantilenare “nanna, nanna”:
doveva essere stanco, in fondo avevano passato tutto il pomeriggio al parco
giochi vicino a casa, e quel cretino di Blaise si era divertito più del nipote,
con le altalene babbane che per funzionare devono addirittura essere spinte.
Draco sorrise appena, e poi si perse in qualche pensiero, con James ancora in
braccio.
Un rumore confuso
dall’ingresso.
Draco si riscosse
di malavoglia, e arricciò il naso. Non gli sembrava di aver lasciato nulla sul
fuoco, o in bilico su qualche tavolo. Mise James nel lettino, e lasciò che il
piccolo gli schioccasse un bacio sulla guancia, ma il rumore si ripeté, più
forte. Draco lo percepì distintamente, e stavolta un rivolo freddo di sudore
gli scivolò lungo il collo. Non aspettava nessuno, e Pansy e Blaise lo
avrebbero avvertito, prima di passare, soprattutto a quell’ora della sera.
Coprì il figlioletto con attenzione, cercando di fargli arrivare il lenzuolino
fino alla testa, per nasconderlo.
-pa-pa no, no…-
James si agitò infastidito, ma Draco gli coprì le labbra con un dito.
- stai qui buono,
eh, James? Dormi. Dormi, ora papà va giù un momento.- mormorò, poi impugnò la
bacchetta, si chiuse la porta della cameretta alle spalle senza far rumore, e
percorse con passi felpati il corridoio, fino alle scale. Le scese senza uno
scricchiolio, bacchetta puntata, ed incantesimo già sulle labbra. La guerra era
finita, non era ragionevole pensare che ci potessero essere pericoli per James,
o per lui, ma Draco non era mai stato troppo bravo ad essere coraggioso, ed
ogni sera, od ogni volta che si ritrovava da solo, con il piccolo, un qualche
allarme interiore gli stringeva lo stomaco, per tenerlo all’erta. E mentre il
suo cuore martellava, la sua mente scandiva “James”, ininterrottamente. Anche
questo doveva far parte dell’ essere padre, evidentemente. Chiunque fosse
stato, Draco sarebbe stato pronto a schermare immediatamente la cameretta del
piccolo, e poi ad affrontarlo, stupido ladro babbano o mago potentissimo che
fosse. Con un po’ di fortuna, magari, sarebbe persino riuscito a buttare della
polvere nel camino, per allertare Pansy e Blaise. Quando fu sul penultimo
gradino, una voce potente e fin troppo alta, nel silenzio sospettoso della
sera, lo fece quasi cadere.
- Hey, Malfoy? Sei
in casa?-
Draco si aggrappò
al corrimano, e si costrinse a respirare con la forza. – che… che ci fai tu,
qui?- soffiò, balzando giù dagli ultimi gradini in modo perfino precipitoso, e
affrontando, dopo più di due anni passati senza avere la minima traccia di
notizie, senza segni, senza uno straccio di segno di vita, Harry James Potter.
Harry si passò una
mano fra i capelli impolverati di verde. – ciao, Draco. – tentò, con un mezzo
sorriso.
- ti ho chiesto…
cosa ci fai qui.- lo ignorò Malfoy, decisamente troppo fuori di testa, in quel
momento, per riuscire a ricordare le buone maniere, e soprattutto con lui.
- sono venuto per
vedere James.- rispose Harry, aggiungendo addirittura una specie di sorrisino
gentile, e cercando in modo più che evidente di ostentare una certa
tranquillità.
Draco non sapeva
cosa dire.
Draco era travolto.
Draco era davanti
ad Harry.
E Draco chiuse gli
occhi, li serrò per non vederlo.
- vattene.- mormorò
appena.
- andiamo, Malfoy…-
Gli occhi di Draco
si socchiusero appena, cattivi. – ti ho detto di andartene.-
Harry scosse la
testa. – Draco, senti…- cominciò. E Draco quasi godette del disagio che la sua
figura scura tradiva. – per favore. Voglio solo vedere mio figlio.-
- hai avuto un anno
e mezzo, per vederlo!-
Harry strinse i
pugni, e la sua gola compì un movimento fluido, su e giù. - un anno e mezzo?
Ero in guerra, Malfoy!-
- e io no?- Draco
gli si parò davanti a braccia incrociate, facendo valere tutta l’altera ed
alterata eleganza della sua figura di ventenne.
- per favore, non
rendermi le cose difficili.-
- che cosa? Per
l’amore del cielo, come… osi, tu, dire a me una cosa simile, quando tu non hai
fatto proprio un bel niente per renderle semplici a me!-
Harry alzò le mani
in segno di resa. - lo so… dannazione, mi dispiace. Avrei dovuto farmi
sentire…-
- sentire?- Draco
scosse la testa, incredulo.- in questo anno e mezzo non hai trovato nemmeno
dieci minuti per venire a vedere tuo figlio, e dovevi farti sentire? Non farmi
ridere, Potter, vattene di qui e non provarci nemmeno, a farmi arrabbiare.-
Harry chinò la
testa. - sei già arrabbiato.- mormorò, amareggiato.
- dammi un solo
motivo per cui non dovrei esserlo!- sbraitò Draco, fuori di sé. – vattene da
qui, Potter, per l’ultima volta.-
- non puoi
impedirmi di vedere mio figlio.-
- non è tuo figlio,
Potter, non funziona così, a comodo!-
- non mi fa comodo!
Dannazione Malfoy, ma mi vuoi ascoltare? –
- no! No che non ti
voglio ascoltare, la cosa ti stupisce tanto? Non voglio sentire una sola parola
da te, è chiaro?- Draco ci mise tutto il suo disgusto, nell’espressione che
assunse il suo viso. – io ho… dedicato tutto il mio tempo, a James, e tu non
sei niente, niente per lui! Avrà anche il tuo sangue nelle vene, Harry Potter,
ma ti posso assicurare che questo non significa niente, perché non ha mai avuto
un briciolo della tua eroica presenza. -
Harry si ritrasse
di un passo, mortificato. – ti… prego.- scandì a denti stretti, la voce tesa, e
montante. – voglio vedere mio figlio. Sono venuto fin qui solo per… James.
Draco, per Merlino, fammi vedere la faccia di mio figlio!-
Gran bella uscita,
Potter. Dentro di sé, Draco rise, prima di infrangersi come un vaso di fiori
marciti. Se le cose stavano così, allora, per Merlino, avrebbe fatto tutto
quanto era in suo potere per impedire ad Harry persino di respirare la stessa
aria che respirava James. - e io non voglio che lui veda la tua, e che capisca
che razza di schifo di persona sei.- soffiò, maligno.
- hai ragione, hai
perfettamente ragione, maledizione, ma non puoi impedirmi di vederlo!-
- hai avuto tutto
il tempo per farlo. –
- sono qui adesso!-
- è troppo tardi.-
- no!- Harry
sembrava… qualcosa che Draco non aveva mai visto, in lui. Sembrava arrabbiato,
ma arrabbiato davvero. - Non accetto una risposta simile, Malfoy. Senti, non mi
interessa rivangare i nostri rapporti, non sono venuto né a disturbarti, né a
chiederti niente. Fammi vedere James, e basta. Non costringermi a mettere in mezzo
il Ministero.-
Draco scoppiò in
una mezza risata nervosa. Questa sì che era davvero buona, si sarebbe ricordato
senz’altro di raccontarla a Blaise, una volta risvegliato da quella specie di
incubo sarcastico. – oh… è commovente il modo in cui il grande Potter si stia
dando tanto da fare, adesso, per il suo pargolo, eh? Ora che non hai più
Signori Oscuri da cacciare ti improvvisi padre?-
Harry si portò le
mani alle tempie, e Draco potè quasi sentirlo, mentre radunava in sé tutte le
energie che aveva in corpo, per riuscire a restare calmo. Fu persino fiero di
sé, per un momento.
- perché pensi che
non vi abbia mai cercati? - scandì Harry infine. -Credi davvero che io sia stato tanto stupido da non aver avuto
un momento per mio figlio? Non volevo che Lui lo vedesse, non volevo che vi
trovasse, maledizione! Ho vissuto quasi due anni senza nemmeno un segno di mio
figlio, solo per proteggervi, e adesso tu non vuoi farmelo vedere?-
- no che non te lo
voglio far vedere, d’accordo? Non mi interessa che cos’hai da raccontare,
Potter, non credere che patetici tentativi come questi possano funzionare. Hai
passato un anno e mezzo fuori dalle nostre vite, e per Merlino, fuori dalle
nostre vite resterai!-
Un attimo, un
guizzo, quasi un lampo. E Draco si trovò a boccheggiare, con la bacchetta di
Harry puntata al petto. Doveva essere diventato davvero bravo, maledettamente
bravo, in tutto quel tempo. A forza di combattere contro Mangiamorte e Nemici
del Mondo, si finiva con il diventare parecchio rapidi di mano, evidentemente.
- non… non farmelo
fare, ti prego.- gemette l’Auror, sconfitto. – sono stanco di usare la forza.-
Draco sorrise.
Sorrise, e poi rise, trionfante.
– dai, coraggio,
Potter!- lo sfidò. – colpiscimi, avanti! Mi piace, questa assurda
tragicommedia, coraggio, colpisci colui che ha cresciuto tuo figlio fino ad
oggi, Schiantami, se ne hai il coraggio, stordiscimi, feriscimi, uccidimi, se
ti pare! Che cosa sarà, poi, una vita in più sulle tue mani.-
- Draco…- ringhiò
Harry. – non dirlo nemmeno per scherzo. Non voglio farti del male, voglio
soltanto che tu mi lasci vedere mio figlio. Ho aspettato, per troppo, e sono
stanco.-
Ma Draco fu più
rapido, e in un secondo anche Harry si trovò con una bacchetta puntata contro.
– te lo puoi scordare, Eroe. Perciò avanti, chiudiamo il discorso.
STUPEFICIUM!-
- PROTEGO! Smettila
subito, Malfoy.-
- vattene di qui,
Potter, fuori dalla mia vita!-
- Draco, non
farmelo fare!-
- avanti, Potter,
scegli! O quel camino, o la mia bacchetta!-
- nessuno dei due.
Ti prego, maledizione, per favore!-
- oh, dimmi un po’,
Potter, che cosa si prova a non avere scelta? È divertente, vero?-
- scusami… scusami…
EXPELLIARMUS!-
- RICTUSEMPRA!-
Lo schianto delle
bacchette fece cadere a terra una paio di libri, dalle mensole vicine. Harry
deviò il raggio di Draco, quanto bastava per potersi avvicinare.
- non essere
assurdo!- esplose, strattonando a mani nude la mano armata di Draco. – non è
questo, non possiamo ridurci a questo! Draco, ma ti rendi conto?-
- e tu ti rendi
conto dell’inferno che è stata la mia vita senza di te?- sputò Draco, troppo
sconvolto per riuscire a pentirsi delle sue parole.
La mano di Harry
tremò, sull’impugnatura della bacchetta, ormai di nuovo quieta, e Draco chiuse
gli occhi, rassegnato. E sempre ad occhi chiusi, levò la mano, lasciò scivolare
giù la bacchetta, dal palmo teso.
- ti odio, Potter.-
sussurrò, prima di schiantargli la mano vuota in piena faccia. Harry barcollò
appena, ma Draco ebbe anche un pugno, per lui. Senza bacchetta, senza armi, gli
restava almeno l’orgoglio, la ferita di tutta la sua solitudine forzata, e
tutto ciò che quell’uomo gli aveva portato via. Orgoglio che ora si traduceva
in violenza sorda, e in fondo anche un po’ muta, perché non aveva molto da
comunicare ad Harry, se non il rancore, il rancore per non aver permesso a quei
ceffoni di essere carezze, carezze sognate, per un uomo e per un bambino, e
invece abortite da un rifiuto troppo vero per essere perdonato, e da una realtà
talmente disarmante da risultare persino piatta, atona. Harry riuscì ad
afferrargli le mani, dopo un po’, e a scuoterlo, come a volerlo risvegliare da
un incubo. Il respiro di Draco minacciava di spezzarsi, quello di Harry era
grosso, potente, autenticamente esausto.
Un singhiozzo
improvviso però ruppe la tensione insopportabile, come un fulmine che squarcia
una nuvola troppo nera. Entrambi guardarono verso le scale, nello stesso
momento.
- si è svegliato,
con tutto questo casino. – commentò stancamente Draco.
Harry ritirò le
mani, mise via la bacchetta, e sollevò gli occhi.- per favore…- mormorò,
completamente diverso, realmente disperato. – ti sto supplicando. Draco…-
Il biondo si portò
le mani alle tempie, e schiacciò forte. Gli sembrava di essere tornato
indietro, quando i pianti di James facevano piangere anche lui, quando la voce
del suo bambino era insopportabile, era come unghie sulla lavagna. Davanti ai
suoi occhi socchiusi, c’era Harry, sfocato, ma immobile, solido, e in quel
momento a Draco fece un’impressione molto strana.
Gli sembrò un
Patronus. Gli sembrò il Patronus che lui non era mai stato in grado di evocare
per sé, e gli sembrò il Patronus naturale di James, l’anima protettiva e adulta
che veglia sul sonno di un figlio, come se non ci fosse nulla al mondo di più
naturale. Senza una parola, prese a salire le scale, lentamente, seguito a
ruota da Harry.
La cameretta di
James era grande, e calda. C’erano delle foto, appese alle pareti, dei pupazzi,
e dei giocattoli, ordinati in un angolo. Sui muri, illuminati solo a tratti da
piccole candeline colorate, erano disegnati motivi a pesci, brillanti ed
allegri. Il lettino di James era addossato al muro, e protetto da una gabbia di
legno e rete gialla, che in quel momento vibrava per i movimenti dell’agitato
inquilino. Draco fece accendere un paio di candele, si sporse su di esso, e
allungò le braccia. – James…- sussurrò dolcemente. – papà gridava, vero?
Scusami, tesoro, scusami…-
- naaaaa!
Pa-pa-da-co!!!-
- shhh…
tranquillo…- Draco sollevò il figlioletto dal lettino, ed Harry trattenne il
fiato.
I capelli mori, tutti
scompigliati, il visino rotondo morbido, bellissimo, arrossato dal pianto, e
gli occhi grandi, affilati, color dell’acciaio.
Harry trattenne il
fiato di fronte a suo figlio.
James si abbracciò
al collo di Draco, mugolando. Questi lo coccolò un pochino, sussurrandogli per
calmarlo e strofinandogli la schiena coperta dal piccolo pigiamino chiaro, e
quando finalmente James si strofinò il nasino e sollevò lo sguardo curioso
sull’estraneo, nella sua cameretta, Draco sentì che era arrivato il momento della
resa dei conti che aveva sognato, ed esorcizzato, per tutto quel tempo.
- James, tesoro…-
sospirò. - ti ricordi che papà Draco ti ha parlato di un altro papà?-
James si guardò le
manine, ne premette una sul volto di Draco e sorrise. – pa-pa-da-co!-
- sì, amore…-
sorrise Draco. –e chi è l’altro papà? Me lo vuoi dire? Papà He…-
- pa-pa-de-di.-
- bravo, cucciolo…-
Draco baciò la fronte di James, che gongolò, felice. – ecco, lui è papà Harry…
papà Harry, hai capito?-
- pa-pa-de-di…-
ripeté il piccolo, restando però concentrato a tormentare il collo di Draco e
non degnando Harry di alcuna attenzione.
- gli hai… detto di
me?- Harry si decise finalmente a parlare, e sembrava francamente sconcertato.
- sì.- disse Draco,
freddo, senza staccare gli occhi dal figlio. – gli ho spiegato che ha un altro
papà. Credevo che avesse il diritto di sapere che esisti, da qualche parte,
anche se è così piccolo e probabilmente non si rende pienamente conto.-
- Draco… grazie.-
Harry non sapeva cos’altro dire, ma il nome del genitore attirò l’attenzione di
James, che si voltò verso di lui e lo squadrò attentamente.
- pa-pa-da-co.-
ripeté, fiero, come a voler dimostrare di conoscere anche lui il nome del
biondo.
Harry sentì il
cuore farsi stretto, nel petto. - ciao, James…- mormorò, roco. – tu non hai
idea di chi io sia, ma io ti conosco molto, molto bene… sono Harry…-
Il bimbo gli
riservò uno sguardo stupito. Con il ditino indice lo puntò, tenendosi afferrato
alla maglia di Draco con l’altra mano. - pa-pa-de-di.-
Harry avvertì chiaramente
le lacrime gonfiargli gli occhi, lacrime di vergogna, quelle più difficili da
piangere, se mischiate alla gioia. – sì… sì, sono papà Harry…-
James lo osservò,
la boccuccia socchiusa, e l’espressione concentrata. Allungò le braccina verso
di lui, sporgendosi oltre le braccia di Draco, che pian piano, quasi
diffidente, lo lasciò avvicinare ad Harry. Il bimbo toccò il volto del
genitore, gli mise le manine sugli occhiali, incuriosito, e poi sul naso, e
sulla bocca. Poi, all’improvviso, si ritrasse, e abbracciò il collo di Draco,
nascondendosi e mugolando sottovoce. Harry riaprì gli occhi di scatto, credendo
di aver rotto qualcosa, convinto persino di aver sentito il rumore di qualcosa
che si spezzava.
- perché fa così?-
domandò, ansioso.
- è normale. –
commentò Draco, neutro. – è solo timido con… gli estranei. Ha fatto così anche
con Blaise e Pansy, per un periodo.-
- tia pa-ty!-
- sì, tesoro. Dov’è
la zia Pansy?-
Il bimbo si guardò
attorno, tutto concentrato. – più!- fece, allargando le manine.
Draco non riuscì a
trattenere un sorriso. – e lo zio Blaise? Dov’è lo zio Blaise?-
- tio Bes… più!-
- non c’è lo zio
Blaise, vero? E lo sai perché? Perché è a fare la nanna… e anche tu dovresti
fare la nanna…-
- nanna nanna…-
- sì tesoro… ora
James fa la nanna, vuoi?-
Harry rimase ad
osservare ipnotizzato Draco che metteva a letto James,lo copriva con cura, e gli accarezzava la
testolina, per fargli prendere sonno. Quando si fu risollevato, si azzardò ad
affacciarsi, per vedere il figlioletto addormentato, con il ciuccio in bocca, e
i pugni stretti.
- Draco…- mormorò.
- ti ha
riconosciuto, in qualche modo. Almeno sembrerebbe…- si limitò ad osservare
Malfoy, sconfitto.
Harry si sentì in
colpa, in quel momento, e anche follemente grato a Draco. – è un bambino stupendo.
Lo hai… cresciuto benissimo.-
- ti ringrazio.-
- Draco… posso
vederlo ancora?-
- Harry…- Draco
misurò alcuni passi nella stanza, ringraziandosi, perché stava in qualche modo
riuscendo a mantenere una certa calma, e a parlare sottovoce, per non disturbare
più il piccolo. – non si torna dal nulla dopo un anno e mezzo, e si ha la
pretesa di fare il padre. –
- lo so… non
pretendo di fare il padre, però vorrei… non lo so, insomma, ti prego… lasciami
provare, con James.-
- hai vent’anni.
Non rovinarti la vita, sei ancora in tempo per rifarti.-
- non rovino
proprio nulla. Per favore, ti prego.-
- guarda che non è
sempre così buono…-
Harry sorrise
appena. – lo so, lo immagino… in fondo è anche un Potter. Senti… ahm, non lo
so, ti servono soldi, per mantenerlo, o qualsiasi cosa?-
Draco inarcò un
sopracciglio, ed Harry si affrettò ad alzare le mani. – era così per dire…-
- a questo bambino
non servono soldi. Serve un padre.- rispose, freddo.
Harry sollevò su di
lui uno sguardo brillante, determinato in modo quasi ironicamente eroico. -
beh, eccomi qui, allora, per quel che può valere… io sono l’uomo che fa per te,
Draco. –
Draco si schiarì la
voce, e si arrabbiò con sé stesso, per il fastidioso calore che sentiva
salirgli al viso. Dopo un paio di secondi di incomprensibile silenzio, Harry
realizzò cosa aveva appena detto, e scivolò indietro di qualche passo. –cioè,
intendevo… per James! Come padre! Io sono… insomma, il padre giusto… nel
senso…-
Draco alzò gli
occhi al cielo. Si sentì persino rincuorato, in fondo.- ho capito, ho capito…-
Era proprio lo
stesso stupido Potter di sempre.
ANGOLINO!
Ma non finiva più
sto capitolo ?!?!? (NdMondo)
Ohiohiohi… la mia
faccia… (NdHarry con occhio nero)
Hai anche il
coraggio di parlare? (NdDraco con spada fiammeggiante in mano)
Ngha! (NdJames che
si succhia il pollice)
Avete finito tutti
quanti?!?!(NdMe sul piede di guerra)
Oh.
Un momento di pace,
finalmente.
Che vi dovevo dire?
Rincoglionita
-___-(NdDraco)
Mi hai fatto
malissssssimo, guarda che Draco picchia duro! (NdHarry risentito)
Ngha! ^__^ (NdJames
che annuisce vigorosamente, dando ragione a uno dei due. Spero non a Draco)
Ok, ho capito,
rinuncio a questo angolino, la situazione sta degenerando troppo rapidamente!
-__-*
Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, Harry ricomparve, alla porta,
stavolta
Il giorno dopo, nel
primo pomeriggio, Harry ricomparve, alla porta, stavolta.
Carino da parte sua
fingere di essere cortese, e di chiedere il permesso, prima di entrare. Draco
gli aprì con una certa rigidità: vedere la sua faccia era qualcosa che, gli scocciava
ammetterlo, gli faceva ancora troppo effetto. Forse era questa la famosa aura
dell’eroe che si diceva Harry emanasse, quel suo modo di metterti in soggezione
semplicemente guardandoti.
Harry era l’eroe
che aveva sconfitto il Signore Oscuro e liberato la comunità magica da un
incubo, eppure Draco in lui vedeva così poco, di eroico, davvero troppo poco.
Però in lui vedeva
il padre di suo figlio, e questa era una cosa che, maledizione, scavalcava
tutto il resto, che gli faceva rabbia e lo salvava dal suo odio.
Lo fece entrare.
- posso vedere
James?-
- no.-
Harry mise mano al
cappotto, con la chiara intenzione di levarlo. - Draco…- fece, e Draco lesse
dietro a quelle parole le ore che doveva aver passato a formulare un discorso
per convincerlo, o qualcosa di simile.
- sta dormendo.- lo
interruppe, con una certa soddisfazione.
- oh.- Harry si
morse il labbro inferiore. – oh, sì, capisco. Beh, allora potrei aspettare che
si svegli.-
- non credo.-
- ti prego. È mio
figlio.-
- errore, Potter. È
MIO figlio.-
Harry si passò
stancamente una mano sulla fronte. – d’accordo. Draco, noi due dobbiamo
parlare.-
- non ho proprio
niente da dirti, e non credo di voler stare a sentire ciò che tu hai da dire.-
- ti prego!-
Draco serrò la
mandibola, e puntò l’indice destro contro Harry come se fosse stata una
bacchetta. – tu prova soltanto a gridare un’altra volta a quel modo, prova a
svegliare James come hai fatto ieri, e parola mia, Potter, ti sbatterò fuori di
qui a calci nel culo.-
- scusa.- Harry
avanzò di un passo, e si tirò indietro i capelli, esasperato. – scusa, cazzo,
non volevo alzare la voce. Possiamo parlare, Draco?-
- no.-
- per favore. Te lo
chiedo per favore. -
- no.-
- Draco, sei stato
solo per più di due anni, vuoi rimanere da solo per sempre?-
CRACK.
- fuori da questa,
casa, Potter.-
Harry ignorò la
rabbia di Draco. Doveva averlo sentito anche lui, quel “crack” tremendo,
all’altezza del suo stomaco. - rispondimi. È questo che vuoi? Io sono il padre
di James, non puoi ignorarlo.-
- ho passato… ogni
maledetto giorno della mia vita, da quando è nato, cercando di ignorarlo!-
Draco si coprì brevemente la bocca con una mano, e tirò su con il naso, secco,
ricomponendosi all’istante.
- beh, smetti di
ignorarlo. E parla con me.-
- non ce la faccio
parlare con te.-
Harry lo avvicinò
prudentemente. – sì che ce la fai. Sei stato forte. Fortissimo, in tutto questo
tempo, ed ora puoi farcela anche a parlare per un momento con il più grande
vigliacco di questo mondo.-
Draco sentì bisogno
di essere abbracciato, forte. E le braccia di Harry erano lì, vicinissime a
lui, come due promesse di pace, di pace vera, finalmente.
Sospirò, si voltò,
e sparì in cucina. Preparò rapidamente un tea, e fece cenno ad Harry si sedersi
in salotto. Ora che James stava facendo il suo riposino, di sopra, eccoli lì,
loro due.
L’eroe del mondo, e
l’erede dei Malfoy.
Era passato tanto
tempo.
Harry posò la sua
tazza, e guardò Draco, limpidamente, negli occhi. E Draco capì che lui voleva
davvero, davvero parlare, e non volle, non volle perché seppe nello stesso,
esatto momento, che qualsiasi cosa Harry gli avesse detto, lui ne avrebbe
sofferto, e qualsiasi cosa gli avesse chiesto, lui avrebbe chinato il capo, e
gli avrebbe detto di sì.
- ciao, Draco.-
esordì Harry, dolcemente.
- Harry.- si limitò
Malfoy, a mezza voce.
- è molto tempo che
non ci vediamo.-
- già.-
Harry sospirò, ma
non distolse lo sguardo da lui. – prima cosa: mi dispiace di esserti piombato
in casa a quel modo, ieri sera, e di averti persino aggredito. Scusami, è solo
che non ce la facevo più. Dovevo vedere James, ad ogni costo.-
- sì.-
- sei arrabbiato
con me, vero?-
- sì, Potter, sono
arrabbiato con te.-
Harry raccolse le
mani sul grembo, e se le strinse in un modo che Draco capì dovesse essere la
massima espressione di colpa che un uomo come Harry riuscisse ad esprimere.
- mi dispiace.-
disse infatti. – non ho… potuto fare altrimenti.-
- avresti potuto.-
Draco si morse forte le guance.
Sarebbe stato duro,
fino in fondo. Alla fine dei conti, non è che potesse esattamente dire che
effetto gli facesse avere Harry davanti, non poteva dire con certezza di essere
felice, né sollevato, né nulla. Meglio sfruttare al massimo quella sorta di
limbo di sensazioni, prima che una qualche zona della sua testa cominciasse a
gridagli nelle orecchie di implorarlo di restare, di fare qualcos’altro che
comunque affermasse la sua sconfitta, in qualche modo.
- no. Credimi,
Draco, non avrei potuto. Se fossi stato libero di scegliere, avrei fatto di
tutto per poter passare con voi un po’ di tempo.-
- tu sei scappato.
Il giorno in cui ci dissero che avremmo dovuto sottometterci a
quell’incantesimo, tu avevi già deciso, dentro di te, che non ci saresti
stato.-
- non è vero,
Draco.- Harry scosse appena la testa, e i suoi occhi diventarono luminosi,
ancora di più. – non sono scappato, e credimi, non avrei mai voluto lasciarti
solo, in mezzo a tutto questo. Dio, Draco, è finito il tempo in cui non ti
digerivo, a scuola, siamo adulti, ora, e che tu ci creda o no, io penso che tu
ti sia dimostrato una gran persona, per ciò che hai fatto, davvero.-
- carino da parte
tua dire una cosa del genere a quello che ha tirato su tuo figlio senza di te.-
Harry tirò un altro
lungo sospiro, e Draco si sentì immensamente irritato dalla diplomazia, e dalla
cautela, che ci stava mettendo in quel discorso. Non voleva essere trattato
come una bestiola nervosa e dal morso facile, non dopo tutto quello che era
successo, e soprattutto, non da Harry.
- Draco…-
- sì lo so. Non ti
andava di giocare alla famiglia felice con me, Potter, l’avevo capito, sai? Sei
sempre stato molto chiaro, in proposito, e non mi sembra di averti mai chiesto
nulla, no?-
- sì, d’accordo,
però…-
- però un bel
niente. Di me puoi pensare ciò che vuoi, davvero. Lo hai detto tu, siamo
adulti, e perfettamente in grado di affrontare i nostri problemi. Ma James no.
James non meritava una vita simile, James aveva il diritto di crescere con due
genitori vicino a lui, non con una specie di furetto maniaco depressivo come
me.-
- ti vieto di dire
una cosa del genere, Draco Malfoy.-
Draco si zittì
all’istante, suo malgrado. Lo sguardo di Harry si era fatto improvvisamente più
duro, e autoritario, come quello di chi è abituato ad essere ascoltato, e a
farsi obbedire senza dover fare il minimo sforzo, ed ora era puntato su di lui,
in tutta la sua potenza. – tu sei il genitore migliore che James avrebbe mai
potuto avere.- scandì, fermo.- Lo so, perché il bambino che ho visto ieri sera
era un bambino felice, in braccio a te, un bambino splendido, un bambino
cresciuto con amore. Draco, una delle prime cose che hai fatto è stato
iscriverlo a Hogwarts, ed io ho una piccola storia da raccontarti, in
proposito: è stata una delle prime cose che hanno fatto anche i miei genitori,
con me. E i miei genitori, te lo posso assicurare, mi amavano.-
Draco sbatté le
palpebre, tre o quattro volte. – e tu… come fai a sapere di Hogwarts?-
Harry si strinse
nelle spalle con noncuranza. - me lo hanno riferito. Non era facile parlare, o
riuscire ad avere notizie dal mondo, credimi, però ogni tanto qualche cosa
arrivava, e quando tu sei andato a scuola, per parlare con la McGranitt, la
voce è circolata, e hanno pensato di farmelo sapere. Sai, in quel momento ebbi
la certezza che andasse tutto bene, che tu amassi nostro figlio, e che ti
stessi comportando in modo eccezionale.-
Draco sbuffò. Non
intendeva cedere a lusinghe di alcun tipo. - sulla tua iscrizione almeno c’era
la firma di entrambi.- polemizzò.
- anche su quella
di James.-
Draco sbarrò gli
occhi.- cosa?-
Harry gli rivolse
un mezzo sorriso compiaciuto, e vagamente criminale. – quando mi dissero che
James era ufficialmente nelle liste di Hogwarts, dato che era sufficiente la
tua firma, mi sentii… come posso spiegartelo? Mi sentii orgoglioso di voi due,
e mi sentii anche un po’ genitore. Non darmi del vigliacco, ti prego. Presi la
Firebolt e mi precipitai a scuola, e al diavolo la guerra, per un paio d’ore.
Quando mi videro, metà dei professori non volle credere che ero io, l’altra
metà pensò che fosse tutto finito, e invece dovetti deludere entrambe le
fazioni. Andai dalla Preside, mi feci mostrare la pergamena con l’iscrizione, e
me la lessi tutta, da cima a fondo. Lessi il nome di mio figlio, e poi il tuo.
Presi la penna, e controfirmai, nella riga vuota sotto la tua firma. Credo di
aver sconvolto per bene la povera Minerva, perché passò ore a tormentarmi,
chiedendomi se non fosse solo uno dei miei ennesimi colpi di testa, mi chiese
se qualcosa non andasse, cose così.- Harry sorrise appena, e Draco sentì le
vertigini, nello stomaco.
Sorrideva determinato,
come James.
– sai, Draco. –
continuò a voce più bassa. – credo che sia stato in quell’esatto momento che
decisi che sarei tornato da voi, prima o poi. Mio dio, niente e nessuno,
nemmeno la mia codardia, mi avrebbe mai privato del piacere di accompagnare mio
figlio a Diagon Alley a comprare i libri e la divisa per il primo anno, o di
rassicurarlo, prima di vederlo salire sull’Espresso.-
- e allora perché
non sei venuto a vederlo, invece che andare ad Hogwarts.-
- non potevo.-
Harry scosse vigorosamente la testa. – vederlo sarebbe stato ben diverso, e
poi… non ero certo di essere pronto ad affrontarti.-
Draco posò la tazza
di tea, lentamente. – che cosa, scusa?-
- sapevo che
l’avresti presa piuttosto male, quando mi avresti rivisto.- Harry si strofinò
di nuovo le mani sul grembo, nervosamente. – insomma, lo capisco. Il fatto è
che ero terrorizzato, davvero, che Voldemort potesse scoprire qualcosa. I
Mangiamorte erano ovunque, tu non puoi immaginare, un passo falso qualsiasi e
sarebbe stata la fine.- Harry serrò le mandibole, fortissimo. – sarebbero
venuti a prenderti… te, e James. E io avrei perso… tutto, tutto quanto.-
Draco chiuse gli
occhi.
Abbracciami, Harry.
- dov’eri. Insomma,
dov’eravate…-
- in Scozia.- Harry
lasciò che la testa vacillasse all’indietro. – noi stavano quasi all’estremo
Nord, mentre i Mangiamorte erano più sparpagliati, avevano preso alcune case
isolate, babbane, dove potevano restare, per impedirci di comunicare.-
- quindi quando sei
andato a scuola…-
- ho rischiato di
brutto, sì. Ma non ero poi molto lontano.-
Draco trasalì. Per
qualche ora, lui era stato vicino, tanto vicino da poter prendere una scopa e
raggiungerlo. E magari buttarglisi fra le braccia e piangere senza ritegno,
come una ragazzina stupida, e poi implorarlo di stare con lui, e con il loro
piccolo, umiliarsi e perdere definitivamente qualsiasi traccia di amor proprio,
per amore di James, e, maledizione, per amor suo.
Un trillo leggero
si diffuse improvvisamente nella stanza, Harry rizzò la schiena, e Draco
allungò la mano verso la bacchetta. Un movimento del polso, e il rumore cessò.
- ora della pappa.-
spiegò stancamente.
- si sveglia?-
Harry scattò in avanti, eccitato, e Draco lesse nei suoi occhi di giovane uomo
nient’altro che una speranza genuina, di poter vedere di nuovo il viso di suo
figlio.
Si chiese se fosse
possibile, al mondo, impedire ad un padre una cosa simile. E ancora di più si
chiese se fosse possibile impedirlo ad uno come Harry.
- salgo a
prenderlo.- mormorò, atono.
ANGOLINO!
Rieccomi, un po’ di
ritardo causa studio, e più che altro causa inceppo nel plot… ho avuto un
problema su dove ficcare chi, e in che momento! ^__^
Un grazie a tutte
le povere martiri che continuano im,perterrite a seguirmi, a incoraggiarmi e ad
essere dolcissime e fantastiche con me!
Fife, Kitten85, la
mia amour Salazar, Michi_chan, zafirya, Lelorinel,
Kimmalfoy, Chase, debbie potter, dark011; gosa, true, little star, sara,
evanescence88, tuta, nischino11, far, saso, nicodora, amelie elektra.
Uhm, e
a proposito di un argomento toccato da Kimmalfoy, ma che sono assolutamente
certa frulli nella testa di buona parte di voi.
La
lemon.
Eh già…
tasto dolente.
Dunque,
premesso che, rassegnatevi, vi farò SUDARE, anzi, nello specifico farò sudare
Harry, prima di permettergli di toccare Draco, francamente non so se in questa
fic inserirò una lemon. Non ho ancora scritto nulla in proposito, ma sto
pensando ad una soluzione a metà strada, quindi ad una descrizione molto
leggera. No, non uccidetemi, cercate di capirmi: una lemon di quelle serie non
è assolutamente coerente con il tono della fic, dopo tutti gli accidenti
successi, e che capiteranno, non riesco a vedermi Harry e Draco che sfondano
letti e tavoli della cucina allegramente, mentre Pansy tiene James…
Chiariamoci,
questo non significa che non accadrà niente, eh! Significa solo che IO non vi
dirò molto. Mettiamola così, apriremo uno spiffero nella porta della camera e
daremo una sbirciatina, niente più…
Ma io…
voglio una lemon!!! (NdHarry con il lacrimone)
Stai
zitto! Non meriti di vivere! (NdTelefono Azzurro e associazioni di genitori
varie)
Harry
sei il solito porco…- (NdDraco)
Papà,
che cos’è una lemon? (NdJames con puntolone di domanda)
Beh,
hai presente quando io e papà Draco ti abbiamo fatto nascere? Ecco, in quel
caso la lemon non c’entrava proprio niente! (NdHarry in versione padre saggio)
AAAAHHHH!!!
Ma vuoi tacere, disgraziato! Niente, tesoro, la lemon è un frutto che nasce
sugli alberi, in Sicilia ne hanno tantissimi… e adesso andiamo a giocare, eh?
^___^’ (NdDraco che maledice Harry in quindici lingue)
PS
Fra non
molto vedremo svelato il primo dei due misteri… Tenetevi pronti, detective!
James scese le scale in braccio a Draco, e appena furono giunti in
fondo, il padre lo poggiò a terra, permettendogli di cammin
James scese le
scale in braccio a Draco, e appena furono giunti in fondo, il padre lo poggiò a
terra, permettendogli di camminare da solo. Calzava delle piccole babbucce
antiscivolo, blu, simili a quelle che si usano anche fra i Babbani, e i suoi
capelli scarmigliati gli tempestavano il visino ancora arrossato per il sonno.
Harry si alzò in piedi di scatto, in modo quasi solenne, e il piccolo,
aggrappato ai pantaloni di Draco, gli rivolse uno sguardo accigliato.
- ciao, James.-
sussurrò Harry. – ti ricordi di me?-
- tao.- James aprì
e chiuse la manina un paio di volte, come gli aveva insegnato il suo papà,
rimanendo prudentemente nascosto dietro la gamba di Draco.
- tesoro…- Draco si
abbassò, e lo tirò su in braccio. – hai visto che c’è papà Harry?-
- pa-pa de-di.-
- sì, James.-
Harry si avvicinò
di un passo. – non… si lascerà prendere in braccio, vero?- tentò, a labbra
strette.
- no.- lo seccò
subito Draco.
Harry si lasciò
cadere sulla poltrona dietro di sé, sotto gli occhi attenti di James. – vorrei…
oddio, vorrei disperatamente poterlo abbracciare.-
- James non ama
essere toccato dagli estranei.-
- lo so. Remus me
lo ha detto, di quella volta che lo ha preso, e lui ha cominciato a strepitare.
Merlino, lui ha tenuto in braccio mio figlio, e io no.-
- questione di
scelte. – lo liquidò Malfoy.
- sì. Già.- Harry
rinunciò in partenza a discutere di questo. Concentrarsi in modo quasi
spasmodico sul corpicino del figlioletto era l’unica cosa che potesse fare, per
il momento.
- ha degli occhi
bellissimi.- mormorò sottovoce, socchiudendo lentamente le palpebre con fare
assorto.
- come?- fece
distrattamente Draco, occupato a dare l’ultima aggiustata alla manica della
tutina di James, e a sistemargli il bavaglino.
- niente. Ora gli
dai da mangiare?-
- mela e zucca
frullate. È la sua merenda, a quest’ora deve mangiarla.-
- mela!- esultò
James.
- si, tesoro, vuoi
la mela? E poi cos’altro ci mettiamo? La zu…-
- tu… tucca.-
Harry sorrise, come
un cretino. La voce di James era la cosa più incredibile che avesse mai
sentito, vivace e buffa, a tratti persino roca. – non avevo mai sentito parlare
un bambino così piccolo.- commentò scioccamente.
- beh, dice qualche
nome, e un sacco di sciocchezze. A volte cerca di ripetere ciò che sente,
oppure si inventa le parole di sana pianta. Provaci tu a capire che il “bu bum”
è il suo pupazzo a forma di cervo. Io ci ho impiegato due settimane.-
- ha un pupazzo a
forma di cervo?- Harry aggrottò le sopracciglia.
- il suo preferito.
Regalo del tuo amico licantropo.- commentò Draco, didascalico.
Harry ridacchiò
bonariamente. – dio, Remus…- mormorò. – non posso crederci che lo abbia fatto
sul serio.-
Draco gli rivolse
un’occhiata al contempo diffidente e sospettosa, poi infilò la porta della
cucina, ed Harry gli si mise rapidamente alle costole. James sembrava un
balsamo, per il caratteraccio di Draco. Harry sapeva benissimo che lui avrebbe
voluto polverizzarlo, ma davanti al figlio si trasformava, diventava gentile,
per finta, certo, solo per non spaventare James, però gli bastava questo. Il
sorriso che Draco rivolgeva a James era qualcosa che non aveva mai visto prima,
sulle labbra di nessun altro al mondo, ed era, beh… bellissimo. Già.
Draco era
bellissimo, e James era bellissimo, e tutto era bellissimo; ma lontano, estraneo,
cintato da un muro che lui non sapeva come fare a superare. Negli occhi di
Draco vedeva il tremore, e la freddezza di uno che avrebbe fatto di tutto per
ostacolarlo, vedeva la determinatezza a tenerlo lontano, nonostante la gelida
cortesia, e gli sforzi che faceva per non dare peso alla sua presenza, davanti
al bambino. Ecco, forse questa era l’arma più affilata di cui Draco disponeva:
renderlo superfluo, invisibile, dimostrargli con una naturalezza disarmante che
loro due non avevano bisogno di lui, che Draco era riuscito ad andare avanti, a
costruirsi una vita, che non era rimasto seduto su un divano ad aspettare lui.
Piccole deformazioni di quando si è troppo abituati ad essere eroi,
evidentemente. In quella casa, nessuno era rimasto sveglio ad aspettarlo,
nessuno aveva pensato a lui, pregato per il suo ritorno, ed in fondo che senso
avrebbe avuto? Sì, James era figlio di entrambi, d’accordo, ma non è che fra
lui e Draco ci fosse mai stata una qualche relazione, in precedenza. Anzi, a
dirla tutta non era mai nemmeno corso buon sangue, del tutto.
La verità era che
se Harry poteva vantare un legame con James, e poteva anche pensare di far
valere i suoi diritti in proposito, non c’era nulla che lo univa a Draco, nulla
che lo avrebbe autorizzato a stare vicino anche a lui. Era possibile che invece
lui volesse il pacchetto completo? La famiglia felice, come Draco la chiamava
con tanto veleno? Questione di scelte, aveva ragione lui. Magari avrebbe dovuto
rischiare un pochino di più, per comunicare con loro, almeno una lettera, per
il giorno del compleanno di James, invece che mandare Remus in avanscoperta,
soltanto perché così almeno qualcuno li avrebbe visti, e avrebbe potuto
raccontargli qualcosa di più, avrebbe potuto dargli qualche straccio delle
notizie di cui era stato tanto avido. “Troppe responsabilità uccidono”, gli
aveva detto Hermione, una volta, per tirarlo un po’ su, ma Harry le aveva
risposto che avrebbe di gran lunga preferito sfidare biberon e passeggini, che
il Signore Oscuro, e per una semplice, banale ragione: almeno quella sarebbe
stata una cosa sua, qualcosa di cui si sarebbe assunto ogni responsabilità
perché, maledizione, era SUO figlio, era la SUA vita, era qualcosa che aveva
voluto, cioè, no, non l’aveva voluto, ma lo voleva adesso, dio, lo voleva
adesso con tutte le sue forze. Sentirsi chiamare papà, da quelle piccole labbra
Malfoy, guardare il suo bimbo camminare un po’ goffamente, o giocare, o magari
combinare qualche pasticcio, doveva essere quella, la sua vita, quello il suo
riscatto, quella la sua redenzione.
- e dai, James…-
Draco scosse la testa rassegnato, quando James respinse per l’ennesima volta il
cucchiaino incantato raso di frullato di mela.
Harry inarcò le
sopracciglia di scatto, risvegliandosi. - perché non mangia?-
- perché ci sei tu,
Potter.-
- io?- Harry si
indicò, dubbioso. – ma se non mi muovo nemmeno.-
Draco arricciò il
labbro in un’espressione di sufficienza, e di disprezzo. – questo bambino,
Potter…- cominciò a sillabare con fare petulante. – è cresciuto da solo, senza
nessun tipo di contatto umano che non fossi io, o Pansy, o Blaise. Fai un
piccolo sforzo, cerca di immaginare come possa sentirsi, con un estraneo
davanti agli occhi.-
Harry assottigliò
brevemente le labbra, e si passò la lingua sui denti. – ti stai divertendo, a
farmi sentire uno schifo?-
- dio, no. No,
Potter, non mi sto divertendo affatto.- gli occhi di Draco fiammeggiarono, e il
cucchiaino vibrò, sospeso a mezz’aria. – e tu? Ti sei divertito, a sparire nel
nulla per un anno e mezzo, e a lasciare tuo figlio da solo?-
- ma non era tuo
figlio, prima?-
Draco scattò in
piedi, ed Harry capì che aveva appena detto la cosa in assoluto più sbagliata
che si potesse formulare.
-fuori di qui!-
gridò Draco, furibondo.
- no. No aspetta,
ti prego, mi dispiace…-
- ho detto esci da
questa casa, Potter, subito!-
- Draco, ti prego!
Non posso farlo!-
James scoppiò a
piangere, spaventato, e il viso di Draco tornò immediatamente pallido. –
scusa…- sussurrò, tirandolo su dal seggiolone. – scusa tesoro, papà non voleva
urlare… shhh…-
- perdonami, non
pensavo ciò che ho detto, lo giuro.-
Draco tirò un
profondo respiro, ed emerse piano dal nascondiglio che si era scavato dietro al
braccio di James. I suoi occhi erano disperatamente lucidi.
- vattene di qui,
Harry. Per favore…- mormorò, stringendo i denti per non singhiozzare. – stai
facendo solo del male. Tu non sei che un estraneo, qui.-
- non farmi questo,
ti prego. - implorò Harry, mestamente.
- dopo tutto ciò
che tu hai fatto a me… a noi, Potter, a me e a James… credo sia meglio per
tutti che tu te ne vada e che tu non ti faccia mai più vedere. Shhh… no, tesoro
non piangere… è passato, papà non lo fa più.-
- io voglio restare
qui. Con voi.-
- non puoi farlo.
Per favore, solo… vattene…-
Harry socchiuse la bocca,
per cercare di dare una risposta. In quel momento lo prese una sorta di
frenesia, come il bisogno effettivo di andarsene, ma allo stesso tempo non di
andarsene, di restare, però di allontanarsi, allontanarsi non da James, e
nemmeno da Draco, solo qualche passo, superare la porta, stare lontano… dalle
sue lacrime. – posso vedere la camera di James?- soffiò precipitosamente.
- che cosa?-
L’Auror inspirò, e
si preparò a riformulare. - posso salire a vedere la cameretta dove dorme mio
figlio, per favore?-
- ma mi senti,
quando parlo? Ti ho detto di andartene!-
- non lo farò. Lo
sai questo, Draco.-
- dio, Potter, ma
come fai ad essere così egoista!-
- perché ho speso
la mia vita a fare l’altruista, ecco perché!-
Draco tirò su con
il naso, e si incurvò su sé stesso, con il piccolo il braccio. – credi che a
tuo figlio faccia bene vederti? Credi che a me faccia bene, vederti? Ho passato
gli ultimi due anni a cercare di trovare un equilibrio, maledizione, chi
diavolo sei tu per venire qui e spezzarlo!-
- sono il padre di
quel bambino, ecco chi sono.-
- non è vero!-
- credevo che
avessimo raggiunto una tregua, prima, tu ed io.-
Draco piantò gli
occhi addosso al volto dell’ex compagno di scuola. I suoi capelli si erano
allungati fino a toccargli il viso, sempre confusi, e spettinati, e i suoi
zigomi tendevano la pelle delle guance, soprattutto ora, che aveva la mandibola
serrata.
“Tu ed io”, io e
te, noi due, Harry e Draco.
Parlava come se
loro potessero costituire un qualche nucleo, una simbiosi, parlava di un
qualche mito illusorio; parlava, e gli faceva male.
Si rimise seduto su
una sedia, lasciando che James si appollaiasse sul tavolo, dietro di lui. - se
soltanto tu…- si ritrovò a sospirare. – non rovinassi sempre tutto, con le tue
parole.-
- lo so. Mi dispiace,
non sono mai stato bravo a dire la cosa giusta.- Harry avanzò di qualche
passetto, cautamente. – ma voglio che tu capisca una cosa. Sono pronto ad
umiliarmi, Draco, dico davvero. Sono pronto a fare qualsiasi cosa, qualunque
cosa al mondo per poter stare con James. – un sospiro corto, di quelli che si
fanno quando si prende una decisione. – E per non dover litigare con te. –
concluse. Si inginocchiò, con la testa china, proprio come un supplice, davanti
alla sedia di Draco, in quella che all’ex Serpeverde sembrò una grottesca
scena, di un mendicante, davanti ad un re, oppure un cavaliere che aspettava la
sua benedizione, un cavaliere che era tornato dalle sue imprese, che era…
Draco lo realizzò
solo in quel momento.
Harry era tornato.
Che cosa questo
significasse, beh, era tutta un’altra storia, ma Harry era tornato, non era
morto, non era rimasto ucciso dalla guerra, era lì, davanti a lui, e non gliene
fregava un accidente che fosse in ginocchio, non era quello che gli
interessava.
- se te ne vai di
là.- cominciò, altero, gli occhi rigorosamente puntati su James, per non dover
guardare lui. – forse James mangerà.-
- d’accordo. Però
allora posso salire?-
- l’hai già vista
la stanza di James.-
- c’era buio, non
ho visto niente. Per favore, in fondo che cosa ti cambia, se sto lì, o in
salotto? Prometto che non toccherò niente, che non farò niente, te lo giuro,
Draco. Va bene?-
Draco lasciò
scivolare la testa all’indietro. – vai.- soffiò.
- vai… vai…- James
osservò Harry, e prese a ripetere le parole di Draco, agitando le manine.
- ecco…- Draco
scosse la testa, sconfitto.
- grazie.- mormorò
Harry, con la speranza dipinta sul volto. – e tu, piccolino… - mormorò in modo
assolutamente emozionato. – cerca di mangiare, eh?-
Draco chiuse gli
occhi, e non li riaprì nemmeno quando sentì il rumore attutito dei passi
ansiosi di Harry sulle scale. – mangerà.- mormorò con la voce impastata. – gli
piace tanto, la mela…-
ANGOLINO!!!
Tesori miei, fra
questo cap, il prossimo, e il prossimo di “Ho un problema” sto battendo i
record di lunghezza! Mmm, sono stupita da me stessa, devo essere impazzita…
Fammi prendere in
braccio James, stronza!!! ç___ç (NdHarry)
Sessesse, stai lì e
soffri, tu, rovinafamiglie!
Ma se quella è la
mia famiglia, come cavolo faccio a rovinarla, cretina! (NdHarry tendente al
furioso)
James, ripeti con
me: papà Harry è un coglione… (NdDraco padre modello)
Papà Dedy è un
cojo… ne. (NdJames che si interroga sul recondito significato di ciò che ha
appena detto.)
Aaaah, vi odio
tutti! Me la pagherete! (NdHarry)
Ah sì? Guarda,
essendo io l’onnipotente autrice, tu prova a minacciarmi di nuovo e io faccio
firmare a Pansy le pratiche d’adozione.
Noooo!!! No,
aspetta, parliamone! Possiamo discuterne in modo civile!!! (NdHarry che si
prostra a terra)
Ecco… così va
meglio. Ti avverto, un passo falso, Potter, e faccio apparire a sorpresa Viktor
Krum… oh, se lo faccio…
Evviva! ^__^
(NdDraco)
Zitto, tu! Non
rivanghiamo faccende dolorose! (NdHarry)
Nella luce del giorno, la camera di James sembrava ancora più colorata,
e allegra
Nella luce del
giorno, la camera di James sembrava ancora più colorata, e allegra. I pupazzi,
appoggiati contro una cassapanca, sembravano tutti intenti a guardare il
lettino del bimbo. Alcuni si voltarono, appena Harry fu entrato, e lo
salutarono agitando le zampe variopinte. Il ragazzo sorrise: non aveva mai
visto dei giocattoli incantati, prima di allora.
Ed era vero, in
mezzo a loro ce n’era uno a forma di cervo, non troppo grande, con gli occhi
neri luminosissimi. Harry si chinò e lo afferrò delicatamente.
- e così… Remus ti
ha portato da tuo nipote, eh?- sussurrò con un sorriso. – non credo che tu sia
molto orgoglioso di me, ora, vero, papà? Tu hai fatto un lavoro migliore, come
me. Non penso che tu te la sia data a gambe levate appena la mamma ti ha detto
di me.- il pupazzo rimase a fissarlo, inespressivo, ed Harry decise che tutto
sommato non si sentiva troppo patetico, in quel momento, mentre si sedeva a
terra e parlava con un peluches. – credi che ora le cose potranno migliorare?-
mormorò mestamente, scuotendo appena il pupazzo. – Draco sembra piuttosto
agguerrito, e per carità, ha tutte le ragioni. Ma il fatto è che non so come
spiegargli che se mi sono comportato così è stato soltanto perché non volevo
che James facesse la mia stessa fine. Che altro avrei dovuto fare, papà,
portarli tutti e due con me, e metterli in pericolo a quel modo? Se fossi
morto, almeno nessuno dei due avrebbe sentito la mia mancanza, almeno avrei
saputo che loro sarebbero stati al sicuro. Non te ne faccio una colpa, papà, tu
hai combattuto per me, ma la mia vita è stata troppo dura, davvero, senza te e
la mamma. Non avrei mai potuto permettere che James fosse condannato allo
stesso destino. Almeno Draco ci sarebbe stato sempre, per lui. Io… sto solo
cercando delle scuse, vero? Sto solo cercando di smettere di sentirmi in colpa
da morire, per aver lasciato Draco da solo, con un figlio da crescere, ed ora
non ho nemmeno il coraggio di dirgli che invece mi piacerebbe da morire poter
giocare alla famiglia felice con lui, perché credo mi prenderebbe a pugni
peggio di ieri sera. Forse tu con la mamma hai avuto meno problemi. Lei non era
così testona, e orgogliosa, non ti odiava come lui odia me, e, beh, era una
donna, fra l’altro. Già, bell’affare. – Harry si premette il muso del cervo
sulla fronte, e se lo picchiettò un paio di volte. – papà aiutami.- soffiò
contro la pancia chiara e morbida del pupazzo. – aiutami a capire che cosa
provo, aiutami a capire se è… amore, quello che sento per Draco, o se è solo il
fatto che amo nostro figlio, o se è gratitudine, o se amo tutti e due, o che
diamine mi succede, perché in questo momento sto amando un po’ troppo, per i
miei gusti, e ormai ho capito che va sempre a finire male, con queste cose.-
Dopo un minuto
abbondante di silenzio, Harry scosse lentamente la testa. – scusami,
pupazzetto, ti lascio in pace.- disse con un mezzo sorriso. – grazie per avermi
ascoltato.-
Con cura, lo ripose
fra gli altri giocattoli. Un orsacchiotto blu si premurò di sistemare per bene
il cervo al suo posto, e di lisciagli il pelo, mentre Harry si rialzava, e si
rimetteva a curiosare in giro.
Il grosso
lampadario era spento, e solo il sole tiepido illuminava le pareti azzurro
chiaro della stanza. Harry vide alcuni poster, in cui alcuni animaletti animati
si rincorrevano e ruzzolavano nell’erba, poi vide una grande mongolfiera gialla
e verde fluttuare pacificamente dentro al suo grande quadro, e infine posò gli
occhi su un angolo dov’erano appese diverse fotografie. Stavano sopra ad una
cassettiera scura, su cui erano posati altri ritratti, incorniciati. Harry vide
James in braccio a Blaise Zabini, piagnucolare e indicare l’obiettivo della
macchina. Poi vide una fotografia di un Draco piuttosto infastidito, che faceva
segno al fotografo di levarsi dai piedi, mentre con una mano reggeva un biberon
mezzo pieno, e con l’altra il figlioletto. In altre due, c’era sempre James:
doveva essere piccolissimo, era avvolto in un pagliaccetto chiaro, e
sonnecchiava, in braccio a Draco. Harry scorse le foto che ritraevano Pansy, di
nuovo Draco, poi Draco e Pansy che si contendevano il bavaglino di James. Sul
volto fece capolino un sorriso nostalgico. Si disse che mancava lui, in quelle
fotografie. Mancava lui, e si sentiva, era come se in qualche modo aleggiasse
un vuoto insistente. Il sorriso, però, si dileguò immediatamente, quando si
accorse che due delle fotografie posate al centro del mobile ritraevano… lui.
Lui, durante
l’ultimo anno. Trasalì: indossava la divisa da Quiddich, e salutava con un
sorriso indulgente l’obiettivo. Le foto per l’album della squadra… nell’altra,
invece, indossava l’uniforme, ma la cravatta era allenata, e la camicia un po’
stropicciata. Rideva, cercando di allontanare da sé la macchina fotografica, e
rigirandosi con la schiena nell’erba. Quella ci mise un po’ per ricordarsela.
Era una foto che gli aveva fatto Hermione, per scherzo, attorno al periodo
pasquale. Non perse troppo tempo a chiedersi come mai quelle foto fossero lì,
perché alzando gli occhi sugli ingrandimenti appesi al muro, si rese conto di
comparire per altre tre volte. In una, volava, sulla scopa, sempre sul campo di
Quiddich. Eseguiva un paio di volteggi, poi allungava le mani, e si lanciava
verso l’obiettivo, mostrando il boccino fra le dita. Nella seconda, quella al
centro, la più grande di tutte, si esibiva in una serie di boccacce, di smorfie
buffe, di linguacce, ed infine una gran risata, sicuramente davanti
all’obiettivo di Ron. E nella terza, invece, impugnava la bacchetta, e guardava
con determinazione davanti a sé. Ad un tratto, scattava in avanti, e lanciava
un potente incantesimo. Quella non si era mai accorto che gliel’avessero
scattata. Sicuramente doveva essere stata fatta durante la prova finale
dell’esame per entrare negli Auror, quando aveva di meglio da pensare, che ad eventuali
macchine fotografiche spione.
La sensazione che
provò, vedendosi, fu di smarrimento, e di imbarazzo. Le sue foto erano
circondate da quelle di Draco, e di James, senza una qualche soluzione di
continuità, senza un ordine preciso; spesso lui era diviso da loro soltanto da
una cornice sottilissima, chiara. Vi posò sopra una mano, e con le dita
congiunse sé stesso con una fotografia di Draco, che mostrava orgogliosamente
il figlio, ancora neonato. Sì, mancava lui. Mancava lui, da morire.
- le hai viste…-
Una voce discreta
lo sorprese alle spalle, e lo fece sobbalzare. Draco era dietro di lui,
appoggiato al muro, e nonostante cercasse di sembrare indifferente, era
palesemente imbarazzato.
- ecco come ha
fatto a riconoscermi…- Harry aveva ancora la bocca aperta per lo stupore di
quella scoperta così immensamente umana.
- non lo so se è
per quelle. Sono lì da un po’, e tu sei cambiato. -
Harry si voltò
lentamente, molto lentamente, verso di lui - perché…- soffiò, semplicemente.
- perché volevo che
ti vedesse. Che sapesse che faccia hai, e chi sei.-
- Draco…-
- no, non serve che
mi ringrazi. Non l’ho fatto per te, se è questo che pensi. Anche se non c’eri,
so che non odiavi tuo figlio, perciò ho ritenuto che lui dovesse in qualche
modo abituarsi alla tua faccia.-
- come te le sei
procurate…-
Draco sorrise
appena. – tramite Hogwarts. La McGranitt c’è rimasta piuttosto di stucco,
quando le ho detto che volevo delle tue fotografie, da poter portare a James. -
Harry fece un passo
verso di lui. - oh, Draco…-
Draco si ritrasse,
sulla difensiva. - ti ho detto di no. Non serve che mi ringrazi, non mi devi
niente. Semplicemente, nonostante tu abbia cercato di cancellare James dalla
tua vita, io non ho voluto che lui cancellasse te dalla sua.-
- gli hai parlato di
me. Gli hai insegnato… il mio nome. E gli hai pure messo delle mie foto in
camera. Draco, dì quello che vuoi, ma io non so come ringraziarti. È come se in
qualche modo mi avessi permesso di stargli un po’ vicino.-
- se tu avessi
voluto…-
- sì, lo so. Avrei
potuto stargli vicino veramente, e basta scuse, basta alibi, non sono qui per
prenderti in giro. Perdonami, non sono stato un eroe, lo so. -
- no. Non lo sei
stato.-
Harry si morse una
guancia, mortificato. Draco lo squadrò ancora per qualche istante, severamente.
–Non sei un eroe, Potter. Ti stai dimostrando per ciò che sei. Un uomo.-
Harry sorrise
mestamente, e Draco si sentì improvvisamente esausto.
- devo tornare giù,
ho lasciato James in salotto.- biascicò.
- ok. Scendo
anch’io.-
Draco annuì lentamente,
e si trascinò l’ombra di Harry giù per le scale di legno scuro, fino al tappeto
dove James era intento a cercare di acchiappare alcuni uccellini di carta
magica che svolazzavano qua e là attorno a lui.
- pensi di
andartene adesso, Potter?-
Questa volta fu
Harry a sentirsi immensamente stanco.
- posso anche
andarmene, ma lo sai che tornerò, Draco.-
Draco si accasciò
sul divano. – perché… perché ti diverti tanto a farmi del male, eh? Non eri tu
quello buono, quello sempre gentile e carino con tutti? Non ero io quello
stronzo?-
- via, sai
benissimo che non è questa la questione. Non voglio farti male, perché dovrei?-
- non lo so, ma
resta il fatto che tu sei qui.-
- e questo è male?-
- lo è, Potter.-
- credevo di
ricordare che tu mi volessi qui, presente. Non è di questo che parlammo, prima
che James nascesse?-
Draco si morse le
guance, e deglutì lentamente, ingoiando la propria saliva e lasciandola
scivolare fino al nodo doloroso che gli pulsava nella gola. - certo che volevo
che tu fossi presente, ma non così. Non quando pare e piace a te, non quando
decidi di fare la tua comparsa, perché ormai non ti resta più niente da fare.
Perché, Harry Potter, un mese fa, un anno fa, non eri meno padre di James di
quanto tu lo sia adesso.-
Harry fece
scroccare le dita della mano destra, con calcolata calma. – dimmi, Malfoy, sei
sempre stato così bravo, a pugnalare gli altri con i sensi di colpa?-
- no, Potter. È
un’attitudine che ho sviluppato in questi anni, ed è solo grazie a te. Chissà
che magari non riesca a farti veramente male, una volta tanto.-
Harry scattò in
piedi, e Draco suo malgrado si ritrasse leggermente. - mi stai già facendo
male, e io non so più come fare, maledizione, a fartelo capire! Mi hai
sconfitto, va bene? Sono io il perdente, sono io il colpevole! Ho sbagliato,
Draco, dimmi solo che cosa devo fare!-
- ti sbagli. Sono
io lo sconfitto, Potter, io sono quello che ha vissuto nell’ombra il suo
inferno, mentre tu eri a combattere la tua guerra.-
- non era la mia
guerra, mio Dio, Draco!-
Malfoy agguantò un
cuscino, e lo stritolò fra le dita, quando improvvisamente il camino sbuffò, e
tossì una vampata di fumo verde.
- Draco!-
Un altro sbuffo. Un
leggero tonfo, e due voci basse.
- siamo noi!-
- hey, come sta il
mio…-
Blaise Zabini si
schiantò contro un muro invisibile, esattamente ad un passo dal camino da cui
era appena uscito.
- Blaise!- lo
rimproverò Pansy, che era riuscita solo per miracolo ad evitare per di finirgli
addosso, un istante prima di affacciarsi a sua volta e dare un gemito roco e
sorpreso.
Draco, con gli
occhi arrossati, ed Harry, stravolto, guardavano Pansy e Blaise, attoniti. Per
qualche secondo l’unico a muoversi fu James, che agitava allegramente le gambe,
in braccio a Draco.
- che ci fai tu
qui.- balbettò Blaise.
Harry chinò lo
sguardo.
- Potter, tu…-
Pansy prese a scuotere la testa molto lentamente, completamente preda
dell’incredulità.
- io…-
- se ne stava
andando.- intervenne Draco, con voce scavata.
- no che non me ne
stavo andando.-
- ti prego…-
- Draco.- Blaise
misurò finalmente un passo in avanti, oltre il muro invisibile che lo aveva
bloccato. – va tutto bene?-
- Blaise…-
- ha cercato di…-
- volevo solo
vedere mio figlio.- si difese Harry, a mezza voce.
- bene.- Blaise
levò di lui uno sguardo davvero impressionante. – l’hai visto. Ora sparisci.-
- non lo farò,
Zabini.-
Pansy studiò
attentamente Draco, e in silenzio gli si fece vicino.
- seduti, tutti.-
disse con voce ferma. – ho l’impressione che sarà una cosa piuttosto lunga.-
Pansy, Draco, Blaise ed Harry si fronteggiavano, letteralmente, nel
salotto della casa in cui Draco aveva trascorso gli ultimi due anni della sua
vita
Pansy, Draco,
Blaise ed Harry si fronteggiavano, letteralmente, nel salotto della casa in cui
Draco aveva trascorso gli ultimi due anni della sua vita.
- voglio parlare
con Draco.- fece Harry, ma Pansy lo fulminò.
- direi che non sei
nelle condizioni di dettare ordini, Potter. Parlerai, ma lo farai davanti a
noi, se non ti dispiace. Siediti. Blaise, anche tu.-
Blaise rimase
piantato sulle sue scarpe, i pugni serrati. Ignorò Pansy, scavalcando la sua
testa mora per cercare gli occhi di Malfoy. - Draco, se vuoi che parli a me sta
bene. – disse, deciso. – ma se ti fa star male, ti basta una parola, ed eroe
del mondo o meno non rimetterà mai più piede in questa casa, parola mia.-
Pansy alzò gli
occhi al cielo e si protese in avanti, appoggiandosi alle ginocchia. – Blaise
ti ho detto di sederti. – ripeté, dura. – non risolveremo le cose a modo tuo.-
- allora non le
risolveremo affatto.- ringhiò Blaise.
Draco scorse i
capelli di James, che osservava a turno i presenti, a metà fra il felice ed il
curioso. Doveva essere contento di vedere i suoi zii, e i suoi papà, tutti
assieme. Draco lo fece mettere comodo, sul suo braccio. Con un po’ di fortuna,
e a patto che nessuno si fosse messo a gridare, si sarebbe addormentato,
risparmiandosi tutta quella scena. Beato lui, che non percepiva la tensione
rovente che aleggiava come uno spettro, fra i divani e le poltrone che
ospitavano quel processo improvvisato, e marziale.
- posso chiederti,
Potter, con che coraggio ti sei presentato qui?- cominciò Pansy, perfettamente tranquilla.
Era fin troppo
evidente che il suo scopo non fosse osteggiarlo, ma metterlo sotto pressione. E
questo era assolutamente peggio. Lo si sentiva dal tono che usava, un tono
aperto ma vibrante, di qualcuno che, semplicemente, vuole vedere fin dove si
può arrivare, senza concedere sconti a nessuno. Pansy, in quel momento, era la
freddezza, il raziocinio, che Draco non riusciva ad essere.
Harry incassò senza
battere ciglio. - con il coraggio della disperazione, Parkinson. Volevo vedere
mio figlio.-
- e credi di averne
il diritto?- Pansy sfoderò un sorrisetto calmo, ma tagliente. – avanti, Potter,
pensi di avere il diritto di vederlo?-
Harry si morse un
labbro.
Draco pensò che
dovesse essere davvero esausto. Era lì da quanto? Qualche ora, più o meno, e in
quel tempo loro due non avevano fatto altro che litigare come furie. Per non
parlare della sera prima, ovviamente. Harry scoccava continuamente occhiate
nervose al figlio, e a lui, come se cercasse in loro un sostegno.
Harry sentì la
testa vorticare, e la lingua impastarsi.
Non ne poteva più.
Prima Draco, ora
questi due, e non erano altro che litigi, non era che un continuo giustificarsi
con tutti. Perché, dannazione, gli servivano delle scuse, per poter vedere
James? Perché, cazzo, perché si era arrivato a questo? Beh, per colpa sua, ecco
perché. Zabini e la Parkinson avevano tutte maledette ragioni di questo mondo,
per metterlo alle strette, e in fondo, lo sapeva, volevano soltanto proteggere
Draco. Avevano molto più diritto loro, che non lui, a proclamarsi tutori di
James.
Cercò James, e poi
Draco, con un’occhiata fugace. La sua pace, quel piccolino stretto fra le
braccia di un padre che forse, chissà, sarebbe potuto diventare la sua gioia.
In quel momento, pace e gioia erano lontane, come se i divani che li separavano
fossero stati isole; però guardarli insieme era la sua unica forza.
- no.- rispose. -
No, Parkinson, non ho il diritto di venire qui a chiedere niente a nessuno. Ma
sono qui lo stesso. Perché ho molto da farmi perdonare, e molto da spiegare.-
- già. E noi tutti
siamo ansiosi di sapere.-
Harry sospirò,
esasperato. – ho rischiato il collo, giorno per giorno, contro Voldemort, ma
questo non ha importanza, vero? Questo a voi non interessa!-
- non dire quel
nome davanti a James.- soffiò Draco, livido.
Harry lo guardò, e
chinò leggermente la testa, in segno di scusa.
- certo che ci
interessa, non è di questo che stiamo discutendo…- mediò Pansy, suo malgrado
colpita.
Nessuno, né lei, ne
Blaise, e tanto meno Draco, potevano pensare di fare i conti con Harry Potter
senza fare i conti con l’eroe del mondo magico. Sarebbe stato cento volte più
semplice, se si fosse trattato di un bastardo qualunque, del classico vigliacco
che non si era più fatto vedere, dopo lo scivolone inaspettato. Invece,
dannazione, questo tizio era andato a combattere una guerra, era sparito perché
il Signore Oscuro in persona lo aveva incastrato nella sua rete, e costretto a
lottare per il bene di tutti.
Blaise si leccò le
labbra, con calma calcolata. – per quanto mi riguarda, Potter, prenditi tutti
gli onori del caso. Ma resta il fatto che ti sei comportato da bastardo.
Nemmeno una parola, un messaggio, niente di niente. E su questo non ci sono
attenuanti.-
- una cosa, almeno,
la devi ammettere. - gli fece eco Pansy. - questa guerra è stata un pretesto
per fingere che James non esistesse, Potter.-
Harry la squadrò
con autentico odio. - non ho mai finto che James non esistesse. Da quel giorno,
in cui abbiamo dato il sangue. Me ne sono andato con un peso sulla coscienza
che voi nemmeno immaginate. Ma ho ringraziato Draco, lo giuro, ogni giorno,
perché sapere che James era al sicuro con lui mi dava la forza di lottare.
Voi…-
- perché pensi
che…-
- zitti.- Harry si
limitò a sollevare un dito, ma gli altri tre ammutolirono di colpo. Non che
fosse stato minaccioso, o aggressivo. Semplicemente autoritario. – zitti, ora
parlo io, se non vi dispiace. Sono pur sempre l’imputato, no?- Riprese Harry,
con voce calma. - Sono tornato dalla Scozia osannato come un maledetto eroe, e
avete la minima idea di cosa voglia dire essere circondato da gente adorante, e
sentirsi uno schifo dentro? Ho cercato per mesi il modo per poter contattare
Draco, maledizione, per mesi!-
Stavolta fu il
turno di Draco. E fra loro tre, sembrava quello decisamente meno spaventato
dall’idea di affrontare Harry. Reminescenze del passato, chissà.- non ci credo.
– lo sfidò. - Che problemi avresti avuto a farti dire dove abitavo?-
- tutti i problemi
del mondo, ho avuto!- esplose Harry, guardandolo dritto negli occhi e
sfidandolo a non credergli. – e lo sai perché? Perché nessuno voleva che io mi
scontrassi con te! Perché tutti mi volevano sotto i riflettori, ed ora che era
tutto finito non vedevano l’ora di dimenticarsi di te, e di James! E che tu
voglia credermi o meno, ti giuro, te lo giuro su tutto quello che ho, che non
ho passato un giorno senza pensare a voi, a tutti e due. Non ho passato un
giorno senza sperare di poter abbracciare mio figlio, e di poter ringraziare
te.-
- posso essere
franco, Potter? La mia preoccupazione è soltanto una, in tutta questa faccenda.
Anzi no, facciamo due. La prima è che tu non faccia star male Draco, ma spero
che tu abbia il buon senso di capire che non ti conviene giocare con tre
Serpeverde, ora che non siamo più dei ragazzini. La seconda, quella più
delicata, è una questione molto semplice. Che cosa ci garantisce, Potter, che
tu sia davvero deciso a restare?- Zabini allargò un braccio sullo schienale del
divano, senza mai smettere di guardarlo. – tu non sai niente di tuo figlio,
anzi non sai niente di bambini in generale, e se c’è una cosa che ho imparato
in questi anni è che essere padre non basta per riuscire a farsi carico di
tutto quanto. Perfino a Draco è venuta voglia di scappare, a volte.-
- chiariamo subito
una cosa, Potter. – si aggiunse Pansy. – noi non mettiamo in dubbio la tua
buona fede. Nemmeno Draco lo fa, credo. Siamo convinti che tu volessi realmente
vedere James. Stiamo soltanto cercando di capire se ti rendi conto di ciò che
stai chiedendo. Essere Harry Potter può essere sufficiente per battere tutti i
nemici di questo mondo, ma ti posso assicurare che non è sufficiente per essere
un buon padre. –
Zabini annuì. –
specialmente visto tutto ciò che ti sei perso di tuo figlio. – concluse, ed
Harry non fu sicuro che con quelle parole lui avesse intenzionalmente voluto
ferirlo. Ma in effetti ci era riuscito alla grande.
- ma se saremo in
due le cose andranno meglio, non credete?-
Harry rispondeva
sempre in modo frettoloso ai due amici, e non era difficile intuire il motivo.
Era con Draco che voleva parlare, ed era Draco che guardava, ogni volta che
apriva bocca. Fra tutti, era solo del suo giudizio che aveva davvero paura. –
so di avere molto da imparare, ma ti prego…-
Draco gli riservò
uno sguardo sostenuto e grave. - non puoi permetterti il lusso di decidere di
stancartene, prima o poi, e nemmeno quello di non ascoltarlo se piange, o di
non stargli dietro ogni secondo della tua vita. Un bambino non è una guerra;
quella prima o poi, nel bene o nel male, finisce.-
- io ho visto amici
morire, in questa guerra!- scoppiò Harry, impallidendo all’improvviso. – voi…
voi non lo sapete! Nessuno di voi lo sa che cosa voleva dire vivere in quel
modo, nascosti, tutto il giorno a stendere piani, per poi uscire senza sapere
chi sarebbe tornato indietro. Uccidere gente, uccidere persone che conoscevo, e
poi gli agguati! Maledizione, c’era gente che usciva per procurare della legna
per il camino e non tornava più indietro! Intercettavano le nostre
comunicazioni abbattendo tutti gli animali, per poter scoprire dove ci
nascondevamo, ci braccavano, giocavano con noi, come se fossimo stati topi,
solo perché io non potevo essere ovunque, e ve lo posso garantire, ce l’hanno
messa tutta per cercare di farmi impazzire. C’erano volte in cui ci attiravano
in mezzo ai boschi soltanto perché ritrovassimo i sacchi con dentro i corpi dei
nostri compagni, o di babbani innocenti fatti a pezzi! È così che ho ritrovato
Ginny Weasley, così che l’ha rivista suo fratello!-
- basta.- Draco si
strinse al grembo la testolina di James e gli tappò le orecchie. – basta, non
una parola di più su queste cose.-
Harry sospirò, e si
arrese. – d’accordo. Va bene, basta così, hai ragione. Signori, non sono qui
per ricattarvi sfruttando il sacrificio di chi è morto. Ma voglio soltanto che
voi riconosciate almeno questo. Non me ne sono andato perché avevo paura, e non
ti ho lasciato da solo, Draco, per andarmene da qualche parte a fare una gita
di piacere. Vi ho lasciati qui perché mio figlio queste cose le dovesse solo
sentire, e non vedere. E anche tu. Non ti sarebbe piaciuto vedere com’è tornato
indietro Seamus Finnigan, una volta. Mi dispiace di non essere stato con te, ma
sono stato messo davanti ad una scelta. Spero che almeno questo tu lo possa
capire, se poi non vorrai perdonarmi, sarò io a capire te. Quello che…-
- Potter…-
Harry sollevò di
nuovo la mano in un cenno risoluto. – quello che volevo dire, e poi giuro che
me ne starò zitto, è che tutti e due abbiamo vissuto il nostro inferno. Non
credi che almeno questo potrebbe essere un buon punto di partenza su cui
costruire qualcosa?-
- costruire…?-
Draco arrossì
furiosamente, e anche Pansy e Blaise rimasero a guardare Harry con gli occhi
sgranati.
- intendo…- si
corresse subito lui. – costruire un buon rapporto, raggiungere la pace. Per
James, almeno. Provare ad andare d’accordo, io non ti chiedo molto. Soltanto di
poter vedere James, di poter stare con lui, e di poter fare una buona
chiacchierata con te, magari.-
- Draco…-
intervenne Pansy, mentre Blaise si era trincerato in un silenzio ostinato. –
hai ascoltato le sue ragioni?-
- l’ho sentito.-
mugugnò Draco.
- vuoi dire le tue,
ora?-
- le sa già.-
- sì, le so. E le
capisco. Hai tutte le ragioni del mondo per avercela con me, hai tutte le
ragioni per muovermi le accuse che mi hai mosso, non finirò mai di ripetertelo.
Ma Draco, non credi che abbiamo già sofferto abbastanza, tutti e due?-
Harry decise di
giocarsela. Il tutto per tutto. - puoi perdonarmi, Draco?- azzardò.
Gli occhi di Blaise
e Pansy corsero sul loro amico, rannicchiato sulla poltrona con James assopito
in braccio.
- non lo so.-
rispose flebilmente.
Pansy scorse fino a
lui, attenta a non svegliare il piccolo addormentato. – prenditi il tuo tempo.-
disse dolcemente.
- sì.-
Harry arricciò
leggermente le labbra. Doveva ammettere di non essersi aspettato un sì. Non
subito, in effetti. Andava bene così. Andava bene essere arrivati ad una sorta
di tregua, almeno.
Non c’era molto
altro da aggiungere, il processo poteva dirsi concluso. Blaise sembrava a metà
fra l’amareggiato e il sereno, e continuava a tenere i suoi occhi diffidenti
puntati su Harry, senza tregua, come se si aspettasse di strappargli una
confessione, un qualche segreto, da un momento all’altro. Pensava a Draco,
evidentemente, e a tutte le possibili conseguenze di ciò che inevitabilmente,
bastava guardarlo negli occhi per capirlo, prima o poi sarebbe successo.
- Potter… dove vivi
ora?- domandò con indifferenza.
- dalle parti del
Ministero. Ho un appartamento.-
- vivi con
qualcuno?-
- no, da solo.-
Blaise intrecciò le
dita delle mani, ostentando la sua calma.- stai con qualcuno?-
Harry sollevò di
scatto lo sguardo, e incrociò quello di Zabini, calcolatore. Capì dove voleva
andare a parare. E la cosa lo fece arrossire.
- no, non sto con
nessuno, Zabini.-
- Blaise lascia
stare. Dai, andiamo.- lo richiamò Pansy, sospirando.
- andate via?- fece
Draco all’improvviso, la tensione della sua voce fin troppo riconoscibile.
Pansy si strinse
nelle spalle. – pensavo che voleste parlare ancora un po’ fra di voi, senza che
Blaise cominciasse ad intromettersi. – disse con noncuranza. - vuoi che
restiamo?-
- no. No, non
importa.-
Blaise grugnì
leggermente. - se vuoi Potter viene via con noi, ti lasciamo riposare un po’.-
- non fa niente
Blaise. Questo se ne va quando vuole lui, tanto.-
Pansy sorrise
debolmente, toccò appena la testina di James, e si avviò. Draco li guardò
sparire dietro la nube verde della metropolvere, e sospirò.
Harry non diceva
niente, sembrava concentrato a fissare il vuoto davanti a sé, e James dormiva
tranquillo.
Troppo silenzio,
che Draco cercò di riempire con altri sospiri impazienti.
Con gli occhi
chiusi, James assomigliava ad Harry ancora di più, ed era bello sentirlo
respirare con un ronzio leggero sul braccio. Talmente bello che Draco decise di
cedere altro terreno della sua trincea, in nome di una pace forse fittizia, ma
voluta disperatamente da tutti.
In fondo Harry quel
giorno ce l’aveva messa davvero tutta, doveva riconoscerlo. Un piccolo passo
doveva farlo anche lui.
- vieni qui,
Harry.- disse sottovoce.
Harry si alzò, le
sopracciglia inarcate in un’espressione di attesa e di sorpresa. Si sedette
vicino a lui, e gli sorrise un po’, non trovando in realtà molto altro da fare,
in quella situazione.
Fu un momento.
Draco si sollevò
con attenzione, e un istante dopo Harry si ritrovò il figlio fra le braccia.
Guardò Draco con gli occhi sgranati dall’emozione e dallo stupore, ma Draco
teneva i suoi prudentemente bassi, ed Harry capì.
Con Draco bisognava
fare un passetto alla volta.
Mosse prudentemente
una mano su James, che continuava a riposare tranquillo, ignaro del cambio di
posizione. Aveva le labbra lucide, e leggermente aperte, e pesava pochissimo,
nonostante i vestitini pesanti. Aveva una mano aperta e una chiusa, e
un’espressione imbronciata che Harry pensò dovesse essere appartenuta anche a
lui, molto tempo prima. Gli toccò la manina aperta, e il viso, con un bisogno,
un desiderio a malapena controllato. Posò la mano sul suo torace e stette a
sentire il suo respiro, incantato dal miracolo che quel bimbo era, anche solo
per il semplice fatto che respirasse. Gli piegò persino una gamba, e poi si
decise a lasciarlo dormire in pace.
- mio dio.- soffiò,
guardando Draco. – è questo che si prova tenendo in braccio il proprio figlio?-
- già-
Harry gli afferrò
gentilmente una mano, e lo attirò un pochino. Draco si irrigidì di colpo,
diventando rosso come il fuoco, e poi sentì Harry guidargli la mano sul suo
cuore.
Batteva forte.
Fortissimo.
Draco boccheggiò.
- lo senti?- chiese
Harry quietamente. Lo stava guardando dritto negli occhi, si aspettava davvero
una risposta, la sua non era una domanda retorica, e Draco riuscì ad annuire.
- Ora mi credi, Draco,
se ti dico che non me ne andrò?-
Draco soffocò un
singhiozzo. Il cuore di Harry batteva sotto al suo palmo, e lui non aveva mai
creduto così tanto alle parole di qualcuno, in vita sua. Non esisteva niente di
più sincero, in quel momento,
- Draco, non sono
mai stato così incredibilmente emozionato, in vita mia. Avere James in braccio,
io… non so spiegare.-
Draco sorrise. – lo
so. Nemmeno io sapevo spiegare, all’inizio.- disse, tirandosi su appena. Non
aveva un obiettivo preciso, in realtà, probabilmente voleva solo trovare una
posizione meno schiacciata contro il divano, ora che era libero dal peso di
James, ma il braccio di Harry si sollevò, dal gomito, in un invito silenzioso,
e senza dire nulla lui si appoggiò al suo petto, poco sopra alle loro mani
ancora intrecciate.
Non provava nulla,
niente di niente. Solo un vuoto caldo e rassicurante, e l’odore di Harry non
aveva un nome, come non ce l’aveva il mezzo abbraccio che lo racchiudeva come
un guscio.
Finalmente.
Socchiuse gli
occhi, e cercò di guardare Harry. Teneva gli occhi chiusi, un braccio attorno a
lui e l’altra mano su James.
Gli occhi chiusi, e
l’espressione più calma del mondo. Come se non avesse potuto chiedere di
meglio, come se la sua vita fosse tutta lì, su quel divano.
Beh, Draco non
poteva sapere se Harry pensasse questo, ma per quanto lo riguardava, la sua, di
vita, in quel momento era davvero tutta su quel divano.
ANGOLINO!
Scusate, posso
distruggere un po’ l’atmosfera generale?
Ho scritto questo
capitolo con metà canzoni di Britney Spears nelle orecchie.
Sissignore, e no,
non sono impazzita, qualcuno di voi sa anche il perché sto facendo questo
sacrificio enorme… Ad ogni modo, mentre scrivevo le frasi cercavo di formare
qualche posizione decente per il braccio sinistro e per la gamba destra, mi
sono storta un ginocchio, dannazione a Draco… oltre a saltellare in giro per la
casa in pantajazz, ma qui mi fermo, perché la cosa diventa seriamente penosa…
Ecco, grazie,
arriva a rovinare il mio momento di gloria! (NdHarry furioso)
Coma sarebbe a dire
momento di gloria! Guarda che io avevo solo freddo, non farti strane idee!
(NdDraco super sostenuto)
ZZZzzzzZzzzzZZzzzZZZ
(NdJames che se la dorme bellamente)
Ma crepa, Malfoy,
perché mi dovete per forza tarpare le ali tutti quanti! (NdHarry con tanto di
broncio)
Attento a te,
Potter, che se mi tratti male Draco io tiro fuori dal cilindro uno dei miei
Jolly! Uhm chi preferisci, Flitt o Krum?
Li preferisco tutti
e due. MOOOOORTIIIII!!!!! ( NdHarry, pazzo assassino)
Ma la motosega da dove
caspio la tira fuori ogni volta??!? (NdMondo)
PS: tranquilla
Marty, per finita intendo che è già tutta scritta, ovviamente ora è questione
di pubblicare il tutto, e c’è ancora un saaaacco… ^___^
Era quasi
incredibile credere a come le cose potessero cambiare in un lampo. Harry e
Draco lo scoprirono sulla loro stessa pelle.
Erno passate
soltanto un paio di settimane da quel giorno, ed Harry sembrava un’altra
persona, ora che sapeva di potersi presentare a casa di Draco senza più dover
temere una sua aggressione. C’erano volte in cui la tensione fra di loro
tornava a farsi sentire, ma Draco aveva perso la voglia di fare del male ad
Harry, ed Harry, lasciato libero di essere sé stesso, era tornato ad essere la
persona meravigliosa che era sempre stata.
- vieni qui. Voglio
mostrarti una cosa.- disse quel giorno, un pomeriggio tranquillo e piuttosto
freddino, sulle soglie di ottobre. Draco scoccò un’occhiata a James, che si era
appisolato sul seggiolone, e per un momento valutò l’idea di tirarlo fuori di
lì prima che gli venisse male alla schiena.
Si strinse nelle
spalle, ed ammise con sé stesso che era troppo buffo, per non goderselo, finchè
dormiva. Probabilmente gli avrebbe scattato un foto.
Così, si sedette
accanto ad Harry, che continuava a battere la mano sul divano per mettergli
fretta.
Da quel giorno
dell’abbraccio, non si erano più toccati. Ma per Draco non c’era niente di più
bello che sapere di poterlo fare, se lo voleva. E lo avrebbe voluto, se solo
ogni volta non si fosse sentito uno stupido.
Harry frugò nella
tasca dei pantaloni, estrasse la mano, e gli mostrò un biglietto stropicciato,
e piuttosto vecchio, che aprì sotto ai suoi occhi.
Draco trasalì.
14/4/1999
James Draco è
nato.
Volevo solo che
tu lo sapessi.
Draco.
- l’ho conservato.-
spiegò Harry, imbarazzato. – era tutto ciò che avevo, di James. L’ho sempre
tenuto con me, in ogni momento, come un talismano.-
- lo vedo. Sembra
una pergamena antica, ormai.-
- già. Stavo
pensando di incorniciarlo e appenderlo in soggiorno.- Harry sorrise, perso nei
suoi pensieri. – ci tengo così tanto, a questo foglietto. Mio dio, è stato il
mio unico compagno, per un anno intero, e più.-
- “grazie per
avermi avvisato, e per averlo chiamato James.” – recitò Draco, in risposta. -
Me lo ricordo ancora, il tuo messaggio, anche se l’ho bruciato.-
Harry si passò le
mani fra i capelli, nervosamente. Annuì, forse solo per segnalare che lo
ricordava anche lui.
- era tutto lì
quello che avevi da dire su tuo figlio, Harry?- proseguì Draco, atono.
- no. Certo che no.
Ma non potevo farlo. E in fondo non me la sentivo. Avrei voluto scriverti che
ero felice, che provavo un’emozione stranissima, che mi sarebbe piaciuto poter
venire a vederlo, poterlo prendere in braccio. Ma che dovevo fare? Avrei solo
complicato le cose, facendo promesse che non avrei potuto mantenere. E poi era
troppo pericoloso. Qualcuno avrebbe potuto scoprirlo, se il mio messaggio fosse
stato intercettato non avreste avuto scampo.-
- sì. Sì, lo so.-
Draco sospirò, e si rigirò fra le mani il suo foglietto. – mi dispiace.
Continuo a farti sempre le stesse domande, ad accusarti delle stesse cose. -
- non fa niente. Ti
capisco benissimo, e credimi, mi sono odiato anch’io, tante volte, per ciò che
ti avevo fatto. Soprattutto all’inizio. Poi, beh… poi la guerra si è portata
via quasi tutto il mio tempo, e i miei pensieri più belli. Come un
Dissennatore; un lungo, infinito bacio mortale, che si ripeteva giorno dopo
giorno.-
Draco annuì
mestamente. – mi dispiace. Per tutto quanto quello che ti è successo. Scusa se
non te l’ho detto prima, se ho fatto l’indifferente. So che hai perso molte
persone care.-
Harry riprese il
biglietto dalle mani di Draco, lo osservò con attenzione, e se lo rimise in
tasca, dopo averlo piegato con una cura quasi maniacale.
– avevo questo.-
mormorò, con un sorriso dolceamaro. – almeno, avevo questo. E poi ora so di
aver ritrovato due delle persone più importanti.-
Draco avvampò. –
due…?- squittì.
Harry sorrise,
senza guardarlo negli occhi.
- pa-pà!- James
prese a sbracciarsi dal seggiolone, riportando entrambi alla realtà. Era
sveglio e arzillo come non mai, così Draco andò a recuperarlo, gli levò il
bavaglino e lo fece accomodare in mezzo a loro.
- pa-pà, accio bu
bum!-
Harry inarcò un
sopracciglio. – che ha detto?-
- vuole che gli
prenda il suo pupazzo.- spiegò Draco ridacchiando. – ogni volta dice “accio”
invece di “prendi”, perché ha capito che è il modo per richiamare le cose.-
- oh, ma sei
furbissimo, tu!- Harry scompigliò i capelli di James, mentre Draco agguantava
al volo il cervo di peluche del figlio, appena volato giù dalla sua cameretta.
James si pigiò le
manine sulla testa, e parve accigliarsi un po’. Osservò con straordinaria
attenzione Harry, o meglio, la sua testa. E poi Draco.
La sua bocca formò
una piccola “o” curiosa, mentre il piccolo si tirava in piedi, e si arrampicava
addosso a Draco. – pa-pà Daco… tole!- disse, afferrando a piene mani i capelli
di Draco.
- ahi… sì James, il
sole, ma non mi tirare i capelli.- protestò Draco, liberandosi a fatica della
presa del piccolo, che però sembrava lungi dall’aver terminato il suo oscuro
lavoro. Lasciò perdere Draco, barcollò verso Harry, e gli si fermò sulle
ginocchia.
- che fa?- domandò
Harry, tenendo prudentemente le mani dietro alla schiena di James, perché non
scivolasse all’indietro.
- ha la mania dei
capelli. – Draco si strinse nelle spalle. – a me li tocca sempre, e da quando
gli ho spiegato che sono chiari come il sole, ha deciso che evidentemente io devo
avere un sole in testa. -
- tato.- esordì
James, indicando Harry.
Le labbra di Harry
tremarono appena, in un sorriso mesto.
Draco lo guardò, e
sospirò. - oh, avanti. Lo sai come si chiama lui, non fare il timido.-
incoraggiò James.
Harry lo improvvisamente
animato da un’ombra di speranza persino infantile. – ti ricordi come mi chiamo
io, James?-
- pa-pà.-
- e poi?-
James aggrottò la fronte. - pa-pà Dedy.-
Harry rabbrividì,
di un brivido caldo e avvolgente. Con tutto il suo cuore sperò che James capisse
davvero il significato delle parole che diceva, perché sentirsi chiamare “papà”
da lui era la sensazione più strabiliante ed appagante che lui avesse mai
provato.
Le manine del
piccolo si insinuarono sulla testa di Harry, e tironarono con poca gentilezza
anche i suoi capelli.
- ahio, piccolo.-
- pa-pà Dedy…
James!- James si premette di nuovo le mani sulla testa, identica a quella di
Harry. – e… e… tia Pa-ty. E… tio Bes.-
- ma che spirito di
osservazione. – ironizzò Draco.
Harry ghignò, ed
annuì all’indirizzo di James. – hai i capelli come i miei, eh, campione? -
Draco si strinse
nelle spalle. - sono l’unico biondo di famiglia. -
James sembrava
assolutamente affascinato da tutte le stranezze della faccia del genitore.
Piazzò con decisione le manine sugli occhiali di Harry, glieli levò, e cominciò
a tirare le asticelle da tutte le parti.
- no, gli occhiali
di papà no.- intervenne Harry, ma prima di riuscire a levarglieli dalle mani,
James se li era già ficcati sulla faccia, e le lenti gli dovevano aver
procurato una vertigine, perché il piccolo strizzò gli occhi e cadde indietro
sul divano, dritto sul sederino. Arricciò tutte le labbra, infastidito, e
lasciò andare con un gesto seccato (incredibilmente Malfoy, pensò Harry con un
sorriso) gli occhiali, che Harry riuscì fortunatamente ad acchiappare al volo.
- hai visto?- lo
rimproverò Draco. – non si toccano le cose degli altri in quel modo!-
- naaaa!- protestò
James, deciso più che mai a perpetuare i suoi misteriosi scopi.
Rifiutò la mano di
Draco come se fosse stata un’offesa personale alla sua capacità deambulatoria,
si tirò di nuovo in piedi tutto da solo, afferrò il suo pupazzo, rimasto di
fianco al genitore, e tornò sulle ginocchia di Harry.
- bu bum.- annunciò
solennemente, offrendogli il peluche.
- si chiama bu bum,
il tuo cervo?- gli chiese Harry, regalando all’animale uno sguardo nostalgico,
e affettuoso.
- bu bum. – asserì
James, e lo protese ancora di più verso Harry.
- Oh. Vuoi che lo
tenga io?- Harry cercò l’aiuto di Draco, che accennò al peluches con il mento e
sorrise appena.
Harry prese il
pupazzo dalla mano di James, e lo osservò con attenzione.
– un giorno…-
mormorò appena, vago. – ti racconterò una bella storia, su un cervo. Si
chiamava proprio come te.-
Harry continuò a tornare, praticamente ogni giorno, e Draco ormai si era
abituato a vederselo comparire davanti, dal camino, con un sorrisone raggiante
sul volto
Harry continuò a
tornare, praticamente ogni giorno, e Draco ormai poteva dire di essersi abituato
a vederselo comparire davanti, quasi ogni pomeriggio, dal camino, con un
sorrisone raggiante sul volto.
E così, giorno dopo
giorno, il tempo si sbloccò, riprese a scorrere, andando ad accumularsi alle
spalle dei due, in settimane, e poi in mesi, in cui accadde di tutto, e non
accadde niente. Harry e Draco mantenevano una distanza formale, minima,
necessaria giusto per non trovarsi ad arrossire. Distanza che, in verità, Harry
cercava di tanto in tanto di sfondare. Ma la mano di Draco, le sue labbra, il
suo sorriso labile, erano sempre un soffio più in là di lui, ed Harry sapeva
che forzare qualsiasi cosa, con lui avrebbe significato distruggere il lavoro
di ore passate assieme a chiacchierare, a scoprirsi amici per forza, e per
davvero. Nemmeno sapeva dire, in verità, che cosa provasse per Draco.
Evidentemente Bu Bum non aveva ancora risposto alle domande che gli aveva fatto
tempo prima. Più di una volta, guardando Draco trafficare in cucina per fare un
tea, oppure standolo a sentire mentre raccontava a James la storia di qualche
grande mago, Harry si era detto che probabilmente suo padre si sarebbe preso
gioco della sua confusione restandosene sornionamente zitto, proprio come quel
pupazzo.
James intanto
cresceva, si faceva più solido sulle gambine, più sicuro nel parlare, nel
comporre i suoi primi discorsi, ingenui e incredibilmente saggi, logici e
sinceri in modo assolutamente disarmante. Sembrava enormemente interessato a
quello strano ragazzo moro, che un bel giorno era comparso dal nulla, e che
sembrava venisse a cercare proprio lui. Lo studiava, ogni volta che lo vedeva,
smetteva persino di pasticciare con la mela frullata, per starlo a guardare, ed
Harry si sentiva investito dalle mille domande che i suoi occhietti azzurro
fumo parevano volergli rivolgere. Domande a cui Harry ancora non era pronto a
dare una risposta.
E tutta via, ormai
aveva deciso di tentare ancora una volta di mettere una gamba davanti all’altra,
per compiere un passo in avanti, uno in più.
- Sai…- disse quasi
per caso, in un pomeriggio domenicale, mentre se ne stava a guardare James
seduto sul tappeto, che lanciava gridolini deliziati e giocava con il suo
pupazzo nuovo a forma di drago. Draco sollevò gli occhi dalla Gazzetta, e lo
squadrò, interrogativo.
- Ti somiglia
molto.- fece il moro, leggermente imbarazzato. - Ha gli occhi uguali ai tuoi,
identici.-
Draco si diede
rapidamente dello stupido. Per un secondo, avvertì più che chiaramente che le
guance gli stavano diventando scandalosamente rosse.
- Beh… ma che mi
dici dei capelli, allora? – cercò di scherzare. – Sono la mia condanna, ogni
volta che cerco di pettinarglieli.-
Harry rise.
Rise, e in quel
sorriso, Draco riconobbe James, come per tante volte, in James aveva
riconosciuto Harry. – Già. – proclamò fieramente. - Altro che Marchio Nero,
questo è Marchio Potter. Mi dispiace, ma i tuoi capelli da angioletto non
potevano sperare di competere. –
- Oh, io non sarei
così fiero di quella testa incasinata, fossi in te! Sembri uno che non ha mai
sentito nominare la parola “pettine” in vita sua.-
- E chi ti dice che
l’abbia mai sentita, infatti?- Harry assunse un’espressione sorniona che non
convinse affatto Draco.
- Bah, ma che schifo!-
- E dai, non
metterti a fare lo stronzetto, come a scuola.-
Draco arrossì tutto
di colpo, talmente violentemente che Harry ebbe paura di aver appena scatenato
una delle sue scenate. Pregò che non fosse così, di tutto cuore. Era esausto di
litigare, ormai, e poi parlare con Draco, scherzare con lui, era così
appagante, così rilassante, che la prospettiva di un altro cambio di rotta,
dopo tutta la fatica fatta, lo sfiancava.
– Non dire
parolacce!- sbraitò invece Draco, accigliandosi. – non lo vedi che James sta
imparando a parlare? Vuoi che cominci a ripetere parolacce? –
- Scusa, scusa…-
fece Harry, alzando le mani e ridacchiando. Probabilmente non si era mai
sentito tanto sollevato in vita sua.
- Mi rovini il
lavoro.- sbuffò Malfoy.- Sono persino riuscito ad eliminare la parola “cazzo”,
e tutti i suoi derivati dal vocabolario di Blaise, e non è stato affatto
facile!-
- Ci credo!- Harry
rise ancora di più. – Beh, ad ogni modo, direi che hai fatto un ottimo lavoro.-
Draco sollevò il
naso. – Sì, lo so.- gongolò un po’, compiaciuto.
- No, intendo… in
generale. Per tutto. – Harry si strinse le mani sulle ginocchia. – Con James
hai fatto davvero uno splendido lavoro.-
Draco scoccò a
Harry la sua peggior occhiata diffidente. – Beh? Dove stai cercando di andare a
parare, Potter?- domandò, circospetto.
- Perché?-
- Perché è tutto il
pomeriggio che mi aduli sfacciatamente. E questo mi puzza…-
Harry fece un
sorrisetto nervoso.- Sagace, Malfoy, come sempre. – disse, a disagio. – Beh,
senti, questo è il punto. Ci penso da un po’, in realtà, da un paio di mesi,
almeno. Mi chiedevo se non vorresti venire da me, con James. Nei week end,
pensavo.-
Draco posò di colpo
il giornale, e lo squadrò con gli occhi sbarrati.
- E’ che pensavo…-
continuò Harry, sforzandosi in modo evidente di mantenere un tono colloquiale.
– Che io vengo spesso qui, e non è che mi dispiaccia. Ma voi due siete venuti
solo un paio volte, da me, per poche ore, e a me farebbe piacere che James
restasse di più a casa mia. Non ci metto nulla, ad arredargli una cameretta, e
naturalmente puoi venire anche tu, è chiaro. Così, insomma, magari si ferma
anche la notte… non è un problema, per me, anzi…-
- Stai cercando di
ottenere qualcosa tipo un… affido?- Domandò Draco, con voce pericolosamente
incrinata.
- Sto solo cercando
di stare più tempo con James.- sospirò Harry, sentendo di nuovo tirare brutta
aria, e questa volta seriamente.
- Stammi a sentire,
Potter.- scandì Malfoy, per tutta risposta. - Io ti sto lasciando vedere tuo
figlio praticamente quando vuoi. Non ti ho mai detto di no, mi pare, e
decisamente mi sto comportando in modo esemplare. Ma non abusare della mia
pazienza.-
- Non voglio
abusare di niente. Te lo giuro, Draco. È che… vorrei sentirmi un po’ più dentro
la vita del piccolo. Fra due mesi compirà due anni…-
- Lo so. L’anno
scorso c’ero solo io, a festeggiarlo.-
Harry chinò il
capo. – Mi dispiace- mormorò, sconfitto.
- Non fai che
ripeterlo, da quando sei tornato, e sono mesi, ormai. Harry, io apprezzo il
fatto che tu ti faccia vivo, sul serio. Però questo bambino non è figlio tuo.-
- E quando lo
sarà?- gemette Harry. – Draco, per favore! Continui a farmi sentire un
estraneo, continui ad erigere barriere, fra me e voi! Io voglio solo poter
recuperare il tempo che ho perso, poter riparare al danno, in qualche modo,
perché non vuoi credermi?-
Draco si oscurò.
– Mi ha fatto…
male, vederti andare via, Potter, che tu ci creda o no. – scandì. - Mi ha
fatto male essere stato solo, quel giorno, a prendere James, e mi ha fatto male
che tu non fossi lì a firmare i documenti con me. Non ti ho mai chiesto nulla,
per me, non voglio nulla da te, per quanto mi riguarda puoi avere la tua vita.
Ma nulla, Harry James Potter, nulla, nemmeno una guerra, può essere una
giustificazione per fingere che tuo figlio non esista.-
Harry si portò le
mani sulla faccia. - Non dire così, ti prego. Lo sai che non è vero, ho sempre
pensato a voi, tutte le volte che potevo.-
- Avresti potuto…-
- Avrei potuto fare
molte cose, sì. Lo so. Avrei potuto almeno scriverti, qualche volta, trovare il
modo per comunicare con te. Era pericoloso, Draco.-
- No. Se tu avessi
continuato a mandarmi gufi, senza sapere dove abitavo, o se mi avessi detto di
non mandarti mai fotografie, in modo da non poter conoscere l’aspetto di
James…-
- Non sarebbe stato
sufficiente!- Harry gesticolò animatamente. – Draco, un po’ di Legilimanzia, e
avrebbero saputo che abbiamo un figlio, che sta con te, e che è suo il sangue
che ha salvato tante vite! Non ti sembra sufficiente? Mi è costato le pene dell’inferno,
allenarmi a dovervi obliviare, per non correre rischi, chiedilo ad Hermione, se
non mi credi, è lei che mi ha aiutato con l’Occlumanzia!-
Draco sospirò,
rassegnato.
- Draco…- Harry
azzardò a muovere una mano verso di lui. – Credimi, ti prego. Non voglio
venderti bugie, e non sono un bastardo che viene e va quando vuole. Mi sembra
di avertelo dimostrato. Hey, sono un perfettino Grifondoro, no? Voglio bene a
James, gliene voglio da sempre. E gliene voglio di più, infinitamente di più,
da quando l’ho potuto conoscere. Voglio esserci davvero, voglio poter essere
d’aiuto, e voglio che anche tu sappia di poter contare su di me, per qualsiasi
cosa. Voglio essere una certezza, per tutti e due.-
- Harry…-
- Non mandarmi via,
Draco. – Harry giunse mollemente le mani davanti al suo volto, e Draco realizzò
quanto fosse strano vederlo così. - Non dirmi di no. Ti prego.-
Draco chiuse gli
occhi, e si lasciò andare sullo schienale del divano. – Lo sapevo. Lo sapevo
già. – mormorò amaramente.
- Che cosa?-
- Che ti avrei
detto di sì.-
E dicendo quel
piccolo sì, Draco aveva quasi fatto pace con sé stesso. O meglio, con la
prospettiva che le cose, fra lui, Harry e James, stessero cambiando, e che lui
non potesse fare obiettivamente niente per fermarle. Si augurò soltanto che
qualsiasi cosa sarebbe stata, d’allora in avanti, comprendesse in fatto che
James stesse sempre assieme al suo eroico padre.
* * *
L’eroico padre in
questione, in effetti, cominciò subito a dar prova di quanto lui e Draco
avrebbero fatto fatica, e quanto si sarebbero divertiti, in fondo, a gestire
l’educazione di un bimbo insieme. Forse era la distensione, la pace, forse era
per la voglia che tutti e due avevano di sentirsi ancora un po’ bambini a loro
volta. Fatto stava, che i vecchi Grifondoro e Serpeverde riemergevano sempre
più spesso, a punzecchiarsi, come se in tempo avesse subito una strana
contrazione, e loro si fossero improvvisamente trovati ad essere di nuovo i
ragazzi di sempre.
Con in più, u bimbo
in mezzo.
- Harry…- il viso di
Draco era straordinariamente pallido, e le sue guance tese in uno spasmo. –
Harry mettilo giù immediatamente.-
- ma dai, quante
storie!- rispose Harry, allegramente, puntando i piedi a terra e saltellando
appena, in sella alla firebolt.
- ti… vieto di farlo
volare, mi hai capito, Potter?-
- sei un noioso.
Solo un giretto, avanti! Si divertirà.-
- no, si ammazzerà!
Non puoi tenerlo in braccio e guidare la Firebolt nello stesso momento!-
Harry esibì un
sorrisetto compiaciuto. – ti ricordo che stai parlando con il miglior Cercatore
della storia di Grifondoro…-
- come se
bisognasse andarne orgogliosi, eh? Tuo figlio non è un Boccino, per la miseria!
Harry smetti subito si saltellare! Se… se prendi quota giuro che…-
- che vuoi fare,
abbattermi a Schiantesimi?-
- non mi tentare.-
- papà!!!- James si
agitò in braccio ad Harry, e gli rivolse uno sguardo eccitato. – papà più su,
più su!-
- Draco non vuole
che andiamo più su…- sbuffò Harry, continuando ad ondeggiare ad un piede o due
da terra.
- no, papà!!!
Dai!!!-
- non si può…-
Harry, facendo finta di niente, inclinò leggermente il capo, schioccò la
lingua, ed ammiccò, ma Draco lo intercettò in pieno.
- Potter non
farlo.- minacciò.
- non corro.-
- non ci provare!
Non ci pensare nemmeno, sai?-
- fai ciao a papà
Draco, James!-
Con un soffio sordo
la Firebolt decollò, accompagnata da un gridolino eccitato di James, e da un
gemito terrorizzato di Draco.
Harry mantenne la
promessa, e non corse.
Beh, non troppo.
Sorvolò alcune
case, salutando i vicini che si affacciavano, poi regalò a James una mezza
picchiata su un laghetto, che scatenò la fuga di un piccolo stormo di anatre.
James si teneva stretto al braccio di Harry, e gridava come un matto, si
agitava, rideva a più non posso, ed Harry provò la sensazione di libertà, e di
responsabilità, e di follia, e di amore, più intensa e incredibile di tutta la
sua vita. Virò con decisione verso casa, sorridendo appena, quando vide Draco
immobile dove lo aveva lasciato, le braccia incrociate sul petto e un paio d’occhi
assolutamente assassini.
- Potter!- ruggì,
ancora prima che Harry assicurasse i piedi a terra. – tu sei il padre più
disgraziato, irresponsabile e… e… idiota del pianeta!-
- oh, avanti… è
tutto intero, non vedi?-
Draco strappò James
dalle braccia di Harry, riuscendo a trattenerne a stento l’entusiasmo.
- e tu piantala di
ridacchiare, mi hai capito, piccolo delinquente? Sei peggio di tuo padre, ecco
cosa sei!- lo minacciò, senza successo.
- ma dai, Draco! Si
è divertito! Tuo padre non ti ci portava mai, sulla scopa?-
- mio padre ha
avuto il buon senso di aspettare che io fossi abbastanza grande per potermi
almeno reggere al manico!-
- ecco, male!
Bisogna cominciare subito, finchè sono piccoli, così poi si appassionano, no?
Non vedi com’è contento? Dovresti provare anche tu a farti un bel giro con
James, ti divertiresti un sacco!-
- annodati la
lingua, perché stai dicendo solo un mucchio di stupidaggini!-
Harry fece
spallucce. – bah. Se tuo padre ti avesse portato a volare di più a quest’ora
saresti meno acido.- mugugnò.
- che cos’hai
detto, Potter?-
Harry si irrigidì
di scatto. – niente!- proclamò ad occhi sbarrati.
- ripetilo, se hai
il coraggio.-
- ma no, non ho
detto niente, di… ahi! Ahi, no, l’Incendio no! Ahi, no, Malfoy, questa fa
male!!!-
Harry cominciò a
caracollare in giro per il giardino, inseguito dalle scintille e dalle fiammate
della bacchetta di Draco, mentre James, indifferente al tutto, cercava una
posiziona comoda per appisolarsi in braccio al genitore. Per quel giorno le
emozioni potevano anche bastare.
ANGOLINO!
Vi informo soltanto
di una cosuccia, anzi due… Il prossimo aggiornamento non arriverà prima di
venerdì prossimo, causa problemi tecnici di lontananza dal PC!
Inoltre per Natale
ho scritto una shot, in cui comparirà il nostro James, assieme ovviamente ad
Harry, a Draco, e a molti altri personaggi di HP e ad una deliziosa cuginetta,
proprietà di Nonna Minerva, e della sua bellissima “I’ll be home for
Christmas”, che, detto fra noi, non potete perdervi; ve lo garantisco io, che
pur essendo una irriducibile slasher ho amato moltissimo questa Remus/Tonks!
Insomma,
consideratela come una piccola appendice, non un Missing Moment, perché non
avrà a che fare con la trama della nostra storia, pur richiamandola;
semplicemente una cosa che, se amate Fathers, e le performance di James, spero
possa piacervi! Verrà postata il 24/12, con ogni probabilità!
Draco ed Harry stavano seduti sul divano della casa che l’ex Grifondoro
aveva comprato, poco distante dal Ministero, nel cuore della Londra magica, a
ragionevole distanza l’uno dall’altro
Draco ed Harry
stavano seduti sul divano della casa che l’ex Grifondoro aveva comprato, poco
distante dal Ministero, nel cuore della Londra magica, a ragionevole distanza
l’uno dall’altro. James aveva portato con sé alcuni giocattoli, altri ne aveva
a casa di Harry, ed in quel momento se ne stava raggomitolato sul tappeto, con
gli occhietti sbarrati, cercando di seguire i movimenti della sua trottola
incantata.
- Vuoi che lo porti
di là?- propose Harry, accennando alla cameretta che aveva fatto arredare
proprio di fianco alla sua stanza, sacrificando con estremo piacere una stanza
degli ospiti.
Draco si rivolse
all’indietro, per cercare l’orologio a muro e consultare l’ora, ma proprio in
quel momento un frastuono sordo attirò di nuovo la sua attenzione.
Alcuni dei libri
sistemati sui grandi scaffali in legno della libreria di Harry, di fianco al
televisore, cominciarono a fluttuare in aria, in circolo, aprendosi e
chiudendosi confusamente, come animati di vita propria e presero a roteare
vorticosamente su sé stessi, sopra la testa di James.
Harry scattò
immediatamente in piedi, la mano sulla bacchetta e lo sguardo allarmato, ma
Draco lo prevenne, ed afferrò James, tirandoselo in braccio pochi istanti prima
che i libri crollassero tutti insieme sul tappeto, inanimati. Harry, ancora
alzato, abbassò su di lui il suo sguardo teso, per poi rivolgerlo a tutto
l’ambiente circostante, scansionandolo letteralmente.
- Non c’è nessun pericolo.-
lo tranquillizzò Draco. - James, stai bene? Fammi vedere… non ti sei fatto
niente, vero?-
James si agitò
infastidito, sulle sue ginocchia, spazientito ed evidentemente sano come un
pesce.
- No, no! Papà,
giù, giù!-
- Ora ti metto giù.
Fammi vedere le manine.-
Harry si accucciò
vicino a loro, senza sedersi. - Draco, che succede.- insistette, per nulla
intenzionato a calmarsi.
Draco rimise il
figlioletto a terra, e si strinse nelle spalle.
– E’ magia
spontanea. – spiegò, fissando davanti a sé. – Bisogna stare attenti, non è
ancora in grado di controllarsi. -
Le sopracciglia di
Harry scattarono in un moto di stupore. - Vuoi dire che è stato James a far
sollevare i libri?-
Draco si limitò ad
annuire. - Esatto. È normale che succeda, tutti i maghi, persino quelli
mezzosangue, manifestano i loro poteri, prima o poi. James ha cominciato quando
ancora non parlava. Di solito gli capita se è teso, oppure molto concentrato.
Vedi? – con il mento indicò gli occhietti attenti di James, ipnotizzati dalla trottola.
– Non mettere a posto i libri, probabilmente lo farà di nuovo.-
- Capisco. – Harry
si grattò il mento, pensieroso. – Ma non è pericoloso? -
- Oh sì, lo è. –
asserì Draco, rabbuiato. – Ma non ci si può fare nulla. Si può soltanto
aspettare che impari a controllarsi crescendo, e tenere gli occhi aperti nel
frattempo. -
- Ma non c’è un
modo per contenere queste cose? – Harry si rimise appoggiato sullo schienale,
mantenendo però su James uno sguardo attento, come illuminato da una nuova
consapevolezza. – Voglio dire, anche a me capitava di fare “cose” senza
rendermene conto, ma in qualche modo riuscivo a gestirlo. -
- Perché a te è
successo quando eri già più grande. James nemmeno si rende conto, di far
succedere “cose”, come dici tu. Te l’ho detto, è stato incredibilmente precoce,
alla sua età soltanto una minuscola percentuale di maghi manifesta i suoi
poteri, e nessuno, che io sappia, li aveva mai manifestati ancora prima di
iniziare a parlare. – Draco sorrise, di un sorriso esitante che non convinse
affatto Harry. – Quello che a noi hanno insegnato a fatica, lui lo fa
spontaneamente. Controlla la magia con il pensiero, non ha bisogno di formule.
Credo che lui possa fare tutto ciò che vuole, in realtà. -
- Ma questo
significa che potrebbe scagliare anatemi senza accorgersene? – sbottò Harry,
allarmato.
Draco gli rivolse
un’occhiataccia. – No, non può farlo. Un incantesimo bisogna conoscerlo, per
poterlo applicare. Lui fa quello che vede fare a me, o a te, ma non può
immaginare cose che non ha mai visto, ed io non ho mai scagliato anatemi di
nessun genere, in sua presenza. Sarebbe davvero troppo pericoloso, se lui
imparasse a riprodurre anche solo un semplice Schiantesimo. -
Harry annuì
assorto. – E quindi niente, non c’è modo… – insistette.
Draco scrollò
brevemente le spalle. - Esiste soltanto un modo per stimare la sua potenza. Al
San Mungo fanno un piccolo esame, una specie di prova per vedere quando sia
intensa la magia spontanea. Io da piccolo la feci. –
- Scommetto che eri
un maghetto in gamba, da piccolo. – disse Harry, teneramente.
Draco accennò ad un
sorriso. Il fatto che Harry toccasse qualcosa di così intimo, come la sua
infanzia, legandola in qualche modo a quella di James, lo lusingava e lo
imbarazzava.
- Io ero molto più
grande di lui. E ciò nonostante probabilmente non reggerei il confronto.-
- Perché non
gliel’hai mai fatto fare? -
- Perché non è
obbligatorio, e io non credo di aver bisogno di sentirmi dire che mio figlio è
potente. Lo so, lo vedo. -
Harry annuì. -
Capisco. -
Draco ruotò la
testa verso di lui. – Capisci?- fece, francamente sorpreso.
- Sì, capisco. –
rispose Harry, con un mezzo sorriso. – Nemmeno io voglio che James diventi un
nuovo caso, un nuovo fenomeno come me, solo perché è più potente. -
Draco boccheggiò
come un pesce, allibito. Harry aveva incredibilmente colto nel segno, e lui
poteva dire di sentire una sensazione di meraviglioso sollievo, per questo. Con
il tempo, aveva imparato ad averne abbastanza, di eroi.
* * *
Harry rabbrividì,
nel suo maglione di lana, spesso ma non troppo. L’inverno sembrava aver deciso
di concentrare tutte le sue forze proprio ora che invece avrebbe dovuto se non
altro cominciare ad allentare la sua morsa, nonostante febbraio fosse una data
francamente ancora troppo ottimistica per sperare in un po’ di calore. Il
piccolo parco dietro casa di Draco era quasi deserto, ma il piccolo aveva tanto
insistito per poter uscire un po’, e Draco, come al solito, non se l’era
sentita di dirgli di no.
- James, tesoro,
con chi parli?-
- Lascialo. – lo
liquidò Draco, ridacchiando. – Starà facendo uno dei suoi discorsi alle papere,
o a qualche albero. Diventa sempre più loquace. -
- Uhm. – Harry
torse il busto a fatica sulla panchina, inquadrò il figlioletto chinato a
terra, dietro di loro, tutto assorto nella sua conversazione, e decise che
qualcosa non gli tornava.
Si alzò, lasciando
Draco a leggersi il suo giornale in tutta tranquillità, e gli si chinò di
fianco facendo attenzione a non spaventarlo.
- Con chi parli,
tesoro?- ripeté dolcemente.
- Pesso! – fece
James, rivolgendogli uno sguardo accorato. – Ha pesso la mamma!-
Harry trasalì.
Proprio davanti a
James, c’era una piccola biscia color terra, tutta raggomitolata. Sembrava
piuttosto piccola, e decisamente spaventata.
- James, tu…
parlavi con il serpente? -
- Ti! -
- Capisci che cosa
ti dice?-
James squadrò il
genitore come se la sua fosse stata la domanda più stupida del mondo.
- Ti! Pesso!-
Harry annuì. Non
era sicuro di ciò che stava provando in quel momento, ma istintivamente si rivolse
al serpentello.
- Sei di queste
parti? -
- Sssssì. -
- E’ vero che ti
sei perso? -
- Sssssì, non
riessssco a trovare la mia tana. -
- Glielo hai
detto tu a mio figlio, di esserti perso? -
- Sssssì… Lui mi
ha chiessssto chi fossssi. -
- Ho capito. -
Harry si rimise in
piedi, superò James, e scavalcò la biscia. – Seguitemi. Ora cerchiamo la tua
tana.- disse in Serpentese, e James gli si mise subito alle calcagna, tutto
eccitato.
Harry ci mise poco
a risolvere il caso della tana smarrita, con enorme soddisfazione di James, che
salutò la piccola biscia con tanti “ciao ciao!”, ma questo di certo non
risolveva il suo, di caso.
James capiva i
serpenti, e i serpenti capivano lui.
Rettilofono.
Chissà come
l’avrebbe presa Draco.
* * *
Draco la prese nel
modo più singolare. Quando Harry finì di raccontargli l’accaduto, si limitò ad
annuire, concentrato, ed infine a richiamare James, e a metterlo sul
passeggino.
- Domani lo porto
al San Mungo. – mormorò, con un ché di mesto nella voce.
- Al San Mungo? –
Harry scoccò un’occhiata al figlioletto. – Vuoi dire che gli farai fare
quell’esame? -
Draco si ostinò a
guardare dritto davanti a sé, e ad assentire vagamente. – A questo punto voglio
sapere fin dove arriva il potere di questo bambino. – disse, rigidamente,
preoccupato in modo ineluttabile.
Harry e Draco
cominciarono a camminare verso casa, in silenzio, per un po’.
– Lo sapevamo che
James sarebbe stato potente. Ce lo avevano detto fin dall’inizio, no? – Esordì
alla fine Harry, a mezza voce, per spezzare il silenzio.
- Sì, lo so. -
- E allora che cosa
ti ha fatto cambiare idea, Draco? Il fatto che sia un rettilofono, come me? ti
fa paura?-
- No, non è questo.
– Draco sbuffò, nervoso. – Ho soltanto paura che tutto il suo potere sia troppo
da gestire, per lui. Ho paura che si faccia del male, ecco tutto. Ho paura di
distrarmi un attimo, ho paura di non poter avere sempre gli occhi addosso a
lui, e lo hai visto anche tu, no? Finché non sarà abbastanza grande da
controllarsi, la magia sarà un pericolo, per lui. -
- Mi hai detto che
però al San Mungo non possono farci niente. -
- Lo so, ma non mi
importa. Voglio almeno illudermi di avere in mano la situazione. -
Draco posò la mano
sulla serratura del cancelletto che portava alla sua palazzina, ed Harry rimase
indietro.
- Mi passi a
chiamare? – fece, tenendo James mentre Draco rimpiccioliva magicamente il
passeggino. – Vorrei venirci anche io, se si può. -
* * *
La camera dove
Harry e Draco vennero condotti era diversa da tutti gli altri ambulatori del
San Mungo. Draco stringeva James fra le braccia con un po’ troppa forza, ma il
piccolo non sembrava intenzionato a ribellarsi. Nemmeno a lui piaceva
quell’ambiente candido, freddo, troppo calmo. Harry camminava davanti a loro,
guardandosi nervosamente attorno, come cercando di memorizzare ogni dettaglio
di quella stanzetta, di cercare un qualche indizio, un segno sulle pareti color
latte. Come sempre, quando si trattava di esibirsi in pubblico, si era lisciato
la frangia sulla fronte, per nascondere la cicatrice, e si era costretto ad
infilarsi un paio di lenti babbane che gli aveva procurato Hermione, per
cercare di rendersi meno riconoscibile. Draco aveva sghignazzato dei suoi occhi
rossi lungo tutto il corridoio, mentre James era sembrato assolutamente
destabilizzato dall’aspetto del genitore, e parecchio deluso per la mancanza
degli occhiali.
La corpulenta
infermiera che li aveva condotti lì armeggiò con uno strano apparecchio
squadrato, che svelò una sorta di barra, simile ad una bacchetta, ma di metallo.
- Come ti chiami,
piccolino?- chiese, con il tono di chi era abituato a trattare con i bambini da
anni.
James le rivolse
uno sguardo affatto convinto, e per tutta risposta si abbracciò forte al collo
di Draco, e si aggrappò ai suoi capelli.
- Shhh… - fece lui,
picchiettandogli la schiena. – Perché non rispondi, eh? Su, dille come ti
chiami.-
La donna sorrise, e
fece segno di lasciar stare. Draco posò il piccolo su una seggiola stranamente
piccola, protetta sul davanti da un’ampia tavola di legno chiaro.
- Non ti faccio
niente, caro, non devi aver paura. – fece l’infermiera, sorridendogli con la
sua bocca pienotta, mentre gli sistemava di fronte lo strano apparecchio con la
bacchetta. – Mi serve solo che tu stringa forte questa barra, va bene? -
- Non fa male,
James, non temere. – lo incoraggiò Draco, chinandosi di fianco a lui. – L’ho
fatto anche io, sai? Quando ero piccolo come te. Devi solo tenere questa, forte
forte, hai capito?-
- Papà… - piagnucolò James, agitato.
- Papà rimane qui
con te, tesoro, non ti preoccupare. -
Harry raggiunse
James sull’altro lato della sedia, e lo affiancò a sua volta. – Hey, campione.
– disse scompigliandogli i capelli. – Facciamo un gioco, vuoi? Perché non fai
finta che questo sia il manico della scopa di papà? –
Draco si affacciò
oltre al figlio e rivolse ad Harry uno sguardo stupito, ma James sembrò
effettivamente esitare un po’ .
- La copa? -
- La scopa, tesoro.
È come la scopa di papà, non c’è niente di cui aver paura. -
Finalmente James
mise le manine sulla barra di metallo, e dopo un attimo di esitazione la
strinse. L’infermiera annuì, puntò la bacchetta contro le lampade, che subito
cominciarono ad emettere una luce bluastra e debole, lasciando tutti nella
semioscurità.
- Papà!-
- Siamo qui, James,
non aver paura. Fra poco si riaccende la luce, tranquillo. -
Harry vide
l’infermiera toccare una delle estremità della barra che James stringeva con la
bacchetta, e poco dopo lo strumento iniziò a colorarsi di un rosso
incandescente.
- Si sta scaldando?
– domandò allarmato.
- No. – ridacchiò
la donna. – Questa barra incantata è in grado di catalizzare la magia
spontanea. È il piccolo che la colora di rosso. Ora si formerà un alone attorno
alle sue mani, e staremo a vedere quanto sarà intenso.
- Io la feci
diventare verde. – brontolò Draco, amareggiato.
La luce
incandescente si accumulò attorno alle manine di James, che improvvisamente
sembrava essere più affascinato che spaventato da ciò che stava succedendo.
- Ooooh. – pigolò,
mentre l’energia cominciava a prendere forma in quelle che sembravano lingue di
fuoco.
Draco sorrise,
gonfiandosi di orgoglio, quando il nucleo di magia, che lentamente si gonfiava,
superò il limite che aveva raggiunto lui, illuminando la faccia di James, e
rimandando mille riflessi sulle pareti della stanza.
- Tille! Tille!
Titille!- esclamò James, eccitato, e improvvisamente l’alone cominciò a
crescere in modo esponenziale, tanto da sembrare che minacciasse di esplodere.
Sia Draco che Harry vennero letteralmente sbalzati via dall’irruenza della
forza magica, e tutti gli oggetti, i tavolini, le altre sedie disposte nella
sala presero ad agitarsi come impazzite, a vorticare su sé stesse, a tremare e
a levarsi in volo.
- Impossibile.-
soffiò l’infermiera, atterrita.
- James, lascia
andare! – gridò Draco, fra gli stridii degli oggetti che cozzavano contro le
pareti e che strisciavano lungo il pavimento.
- James, basta! –
lo affiancò Harry.
James si imbronciò,
deluso, e lasciò andare la barra. Immediatamente l’alone magico svanì, i mobili
e i piccoli oggetti, volati ovunque, tornarono al loro posto, e Draco, Harry e
la donna poterono rialzarsi.
- James. – Draco si
avventò sul figlioletto, lo sollevò dalla sedia e prese ad accarezzargli
convulsamente il volto. – James, stai bene? Tesoro mio, piccolo… stai bene, è
tutto a posto? -
- Hai vitto le
tille papà! – gridò lui, battendogli sulla spalla i pugnetti eccitati. – Hai
vitto, hai vitto, le tille!-
- Sì. – lo
accontentò Draco, sospirando di sollievo. – Hai fatto tante scintille, eh,
tesoro? -
- Quel bambino è un
prodigio. – affermò con forza l’infermiera, che per tutto il tempo non aveva
levato gli occhi di dosso a James. – Parola mia, mai visto nulla di simile. -
Harry le rivolse
un’occhiata esitante, che lei interpretò come una sorta di invito a continuare.
– Il Ministero deve sapere. – disse annuendo decisamente.
- No, il Ministero
non ne saprà niente. – mormorò Harry, freddo.
La donna lo guardò,
a metà fra lo stupito e l’incredulo. – Ma dico, lo ha visto con i suoi occhi,
no? Senta, mi dia retta, nessuno, nemmeno un mago adulto sarebbe in grado di
fare una cosa simile. Nemmeno voi-sapete-chi era tanto potente!-
- Può darsi. Resta
il fatto che non mi interessa. -
- Abbiamo
interrotto la prova! – continuò ad insistere lei. – Per l’amor del cielo,
chissà cosa sarebbe arrivato a fare se non lo aveste fermato! Quanti anni ha? -
- Quasi due. -
- Quasi… Oh. Oh,
per la barba di tutti i profeti. – l’infermiera cominciò a guardare James con
autentica reverenza. – Quel bambino è un fenomeno. Ve lo dico io, un portento,
una cosa mai vista prima. -
Draco rimise a
James il suo cappottino, con studiata lentezza. – E’ solo un bambino. – scandì.
– Soltanto un bimbo. -
Draco firmò i
documenti necessari senza aggiungere una parola, senza rispondere ad alcuna
domanda, ed uscì, raggiungendo Harry, che lo aspettava con James per mano.
- Mi dispiace. –
mormorò solamente.
- Per cosa? -
- Sapevo che
sarebbe andata così. Non dovevo fargli fare questo esame. -
- Non è vero. Hai
fatto bene, era giusto cercare di capire. – Harry gli sorrise, sincero e
rassicurante, come sempre.
– Il nostro bambino
è speciale. – disse, e Draco sentì che in quello “speciale” Harry aveva
sottinteso un’intimità affettuosa, tutta paterna. James non era speciale perché
era potente; era speciale per loro, perché era il loro piccolo.
- Sai che ti dico?
– Harry acchiappò James per le braccia e se lo accomodò sulla spalla. – Stasera
venite a cena da me. E se tu fai il bravo campione, papà Harry ti compra le
patatine fritte. -
Draco alzò gli
occhi al cielo un attimo di troppo, perché quando li riabbassò Harry aveva già
cominciato a correre, con James aggrappato ai capelli.
- Harry, le
patatine no! Hey! Hey, Potter, mi hai sentito? -
ANGOLINO!
Di nuovo, scusate
se non ho tempo per ringraziare tutti quanti, purtroppo sono sempre in giro,
non riesco ad accedere decentemente al pc… Grazie comunque a tutti quanti,
davvero di cuore… Ora la fic prenderà molto presto una piega spero inaspettata,
vedrete. Spero vi piacerà!
Diagon Alley era animata da una folla colorata e piuttosto frettolosa di
maghi e streghe, quasi tutte coppie, e la cosa non stupiva poi più di tanto, se
si calcolava che ormai San Valentino era alle porte
Diagon Alley era
animata da una folla colorata e piuttosto frettolosa di maghi e streghe, quasi
tutte coppie, e la cosa non stupiva poi più di tanto, se si calcolava che ormai
San Valentino era alle porte.
Draco si sentiva
stranamente teso, e non certo a causa di una sciocca festività: era la prima
volta che portava James a passeggio assieme ad Harry a Diagon Alley, come una
specie di coppia. In un certo senso, si poteva quasi interpretare come una
sorta di ammissione di fronte alla comunità magica che, sì, lui ed Harry Potter
avevano effettivamente un pargoletto.
Diagon Alley non
era come il parco babbano che avevano frequentato fino a quel momento. Lì la
gente li conosceva, ed anche se la questione di James era rimasta segreta, non
ci voleva molto a capire che in molti li guardavano, e si chiedevano perché
Draco Malfoy camminasse assieme ad Harry Potter; e soprattutto chi fosse quel
bambino moretto che agitava allegramente le gambine nel passeggino. James
fissava stupito tutti gli altri bimbi che incrociava, oppure indicava gli
animali a guinzaglio dei loro padroni, le luci dei negozi, e tutta la
confusione che vedeva, così diversa da quella del parco giochi dove di solito
andava a giocare, e tentava di dare un nome a tutto. Harry camminava un passo
dietro a Draco, guardandosi distrattamente attorno a sua volta. Volle passare
davanti al negozio di Olivander, per essere certo che fosse vera la voce che
avesse riaperto, dopo la guerra, e quando si ritrovarono davanti alla gelateria
di Florian, insistette tantissimo per sedersi a prendere un gelato per James,
nonostante il freddo. Draco impazzì, per evitare che il piccolo si
impiastricciasse tutto, ma James sembrava francamente troppo entusiasta per
darsi pena di non sporcarsi, e così l’unica soluzione possibile fu un vigoroso
Gratta e Netta contro il cioccolato, il caramello, la vaniglia e le noccioline
che si erano riversate un po’ dovunque.
Quando finalmente
il maglioncino a righe verdi di James fu tornato del suo colore originale,
Draco lo rimise nel passeggino, e con esemplare incuranza si infilò le mani in
tasca. Harry gli scoccò uno sguardo interrogativo, a cui lui rispose con un
cenno nervoso del mento.
- Puoi spingerlo
tu, se vuoi.-
Harry sbarrò gli
occhi. – Dici davvero?-
- Sì. Fai pure.-
Harry fissò su di
lui i suoi occhi incredibilmente limpidi e grati, e Draco arrossì, e scosse la
testa, come a voler dire “non fa niente”.
Non era capitato
molto spesso di uscire insieme, in effetti. Di solito si stava a casa dell’uno
o dell’altro, soprattutto per il freddo pungente della stagione, ma anche le
volte in cui erano usciti a fare una passeggiata, rigorosamente nei dintorni
babbani, era sempre stato Draco a spingere il passeggino di James, ed Harry non
si era mai permesso di obiettare. Era uno di quei muri che ancora rimanevano
fra di loro, un gradino in più da fare, un modo per Draco di affermare la sua
superiorità come padre, la sua importanza maggiore nella loro piccola scala
familiare.
Harry afferrò le
maniglie del passeggino con la piena consapevolezza che Draco aveva fatto un
gesto davvero importante, che gli aveva messo fra le mani una responsabilità
tangibile, vera, e che lui lo avrebbe ripagato della sua fiducia, in qualche
modo, ce l’avrebbe messa tutta per dimostrargli quanto meritava tutto questo.
E così Draco
camminò per un po’ di fianco ad Harry, che armeggiava con il passeggino,
buffamente inesperto. Dopo una decina di minuti Harry si arrese ai dossi, agli
scalini e alle curve strette, e riconsegnò le manopole alle mani più competenti
di Draco, con un sorriso talmente felice da renderlo persino infantile. Avevano
appena ricominciato a camminare, quando una voce squillante li sorprese alle
spalle.
- Signor Potter!-
chiamò a gran voce un uomo con un cappello colorato in testa, e l’aria piuttosto
trafelata, seguito da altri due uomini, e da due donne.
Harry si voltò, e
le sue sopracciglia fremettero appena. – Ministro Lowerton.- mormorò
cortesemente. – Signora Lowerton, signora Wharrel. Signori.-
- Che piacere
incontrarla da queste parti!- proseguì una delle due donne, sorridendo con
tutti i denti che aveva. – Stavamo giusto constatando quanto sia rifiorita
Diagon Alley, in quest’ultimo anno. Oh, è magnifico, semplicemente magnifico
essere tornati alla vita di sempre. -
Lowerton annuì, e
si fregò le mani, ed Harry sorrise a malapena. – Sì, l’ho notato. Mi fa piacere
vedere che molti negozi abbiano riaperto.-
James si voltò
verso Draco, e sbuffò, infastidito per quell’arresto improvviso. Draco gli
rivolse un sorriso paziente, e solo in quel momento il piccolo gruppo si
accorse di loro due.
- Oh, ma lui è…-
Harry si morse
rapidamente il labbro inferiore. – Draco, il Ministro Lowerton e sua moglie.-
recitò con una certa insofferenza. – E i signori, che lavorano al Ministero.-
- Molto piacere. –
- Lui è Draco
Malfoy.- concluse Harry con un sospiro.
- Lieto di
conoscerla, signor Malfoy.- fece Lowerton, fin troppo gioviale, e per di più
con gli occhi puntanti da tutt’altra parte. – E quindi questo piccolino deve
essere…-
- Per la miseria,
sì, è proprio lui!- la moglie del Ministro, una donna elegante e piuttosto in
carne, si chinò davanti alla carrozzina, a poco più di una spanna da James.
-… Mio figlio James
Draco.- Draco vide la mandibola di Harry serrarsi, e cercò il suo sguardo,
confuso, ma in cambio ricevette soltanto un cenno di non fare nulla.
- Il bambino dal
sangue d’oro.- mormorò Lowerton, ammirato, e subito uno degli uomini che lo
accompagnava si sporse, per osservare più da vicino il piccolo.
- Non ha il sangue
d’oro, Ministro.- sibilò Harry, ma nessuno pareva più interessato a lui, ormai.
- Si diceva persino
che fosse una leggenda. – commentò quella che doveva essere la signora Wharrel,
accigliata.
- Ma allora è vero…
il bimbo il cui sangue ha sconfitto ogni maledizione.-
- Sì, è con il suo
sangue che abbiamo vinto la guerra.-
- Il bambino più
potente del mondo…-
Un mormorio
sommesso si levò nel gruppetto di uomini, un mormorio che, evidentemente stava
mandando Harry su tutte le furie.
- Ora basta.-
scandì, freddo.
Il Ministro
Lowerton gli riservò un’occhiata stupita, a cui Harry rispose con uno sguardo
di fuoco.
– Questo non è il
bambino dal sangue d’oro, né il bambino che ha vinto la guerra, né niente del
genere. Si chiama James Draco, ed è un bambino come tutti gli altri, e io non
permetterò che diventi come me, che diventi il nuovo Bambino Sopravvissuto, o
cose simili.-
- Via, crede
davvero che il figlio di Harry Potter non sia destinato ad una giusta fama?-
fece la moglie del Ministro, conciliante.
Ma Harry fulminò
anche lei.- Giusta fama? Oh, non tollererò che gli venga fatto ciò che è stato
fatto a me. Nessuno metterà mio figlio sotto i riflettori, e nessuno lo farà
diventare una celebrità, glielo posso garantire.-
- Ma signor Potter,
suo figlio è probabilmente il mago più potente che sia mai venuto al mondo!-
- Allora vorrà dire
che lo dimostrerà quando sarà il momento, e che deciderà da solo che cosa fare
della sua vita, quando sarà abbastanza grande per farlo.-
- Ma…-
- Niente ma. L’ho
detto e lo ripeto: non permetterò che James diventi un altro eroe involontario
della politica del Ministero. Questa volta avete un padre, anzi due, con cui
fare i conti. – Harry rivolse le spalle al gruppo di uomini con una
sfacciataggine che strappò un gridolino scandalizzato ad una delle due donne. -
Andiamo, Draco. Signori, arrivederci.-
Draco seguì Harry
che si allontanava a passo di marcia, come un automa, a bocca aperta. Persino
James sembrava in qualche modo colpito, ed assolutamente ammirato, dal cipiglio
del padre.
* * *
- Harry…- Draco si
passò rapidamente la lingua sul labbro inferiore, prima di parlare. La strada
di ritorno da Diagon Alley stava costeggiando il laghetto del parco dove Draco
portava sempre James, e che il piccolo, che ora camminava tenendo la mano di Draco,
conosceva ormai bene. - Va tutto bene?-
- Sì.- soffiò
Harry, lo sguardo fisso in avanti, continuando a spingere il passeggino vuoto.
– Tutto a posto. -
- Sei sicuro?-
Harry buttò
un’occhiata ad una panchina, sulla riva del laghetto, la indicò con il mento, e
vi si sedette.
- Domani mi troverò
una nota di demerito, sono pronto a scommetterci.- sbuffò.
- Perché hai
reagito a quel modo, con il Ministro?-
- Perché ne ho
piene le tasche, di Ministri.- Harry abbandonò la testa all’indietro, mettendo
in risalto il pomo d’Adamo, che saliva e scendeva quietamente, ad ogni parola.
– La mia vita è stata un inferno, un vero inferno. Mi sono dovuto fare carico
giorno dopo giorno di un nome, e di una fama, che non volevo, che non ho mai
voluto, e non c’è mai stato nessuno, a parte Silente, che abbia mai potuto
proteggermi da tutto questo. Non permetterò che a James succeda la stessa
cosa.-
- Ma James ha noi.
Non è solo.-
- Sì, lo so.- Harry
sorrise appena, e per un momento i suoi occhi brillarono di un sollievo
autentico. – Tu sei d’accordo con me?-
Draco scoccò
un’occhiata al figlio, raggomitolato a terra, tutto impegnato a giocare con dei
sassi, che cercava ostinatamente di incastrare fra loro. – Certo che sono
d’accordo. Hey, non sei l’unico che si è dovuto trascinare dietro il suo nome
per una vita. Io alla sua età ero già vestito da signore, dovevo stare composto
a tavola, e farmi ritrarre in braccio a mia madre, e non ho mai voluto questo,
per James.-
- Perché no? –
Harry gli rivolse uno sguardo genuinamente curioso. – Perché non ne hai fatto
un perfetto Malfoy, invece che lasciarlo crescere come un bambino normale? -
Draco stirò
l’angolo sinistro della bocca, stancamente. – Perché non ho un buon ricordo
della mia infanzia. Troppi soldi, sempre, e mai un gesto di affetto. Mia madre
si preoccupava solo che io vestissi della seta migliore, mio padre che fossi un
perfetto damerino da presentare ai suoi amici altolocati, ed io mi sono perso
troppe cose. –
Di nuovo, Draco
posò il suo sguardo su James, luminoso, caldo, come se avesse voluto
abbracciarlo con gli occhi. – Quando ho visto James, quando me lo hanno messo
fra le braccia, mi sono detto che non si può pensare di allevare un figlio
così, che non si può privare una creatura così piccola, così spontanea, di un
abbraccio. Quando ho visto quanto bisogno lui avesse di me, di suo padre,
quanto bisogno avesse di essere rassicurato, coccolato, curato, ho capito che
non avrei ripetuto l’errore dei miei genitori, che non avrei inaridito James
con la mia freddezza. –
- Tu non sei
affatto arido, Draco, e nemmeno freddo. – mormorò Harry. – Ed è per questo che
James è innamorato di te. -
- James è
innamorato di me perché è un bambino. – disse semplicemente Draco. – Anche io
amavo i miei genitori, e ce la mettevo tutta, per renderli fieri di me, ed è
così che mi sono rovinato l’infanzia e l’adolescenza. E’ per questo che ho
deciso che James non avrebbe mai dovuto sentire l’importanza di nessuno dei
suoi nomi. Anche io, come te, ho sempre sentito il mio come un fardello. -
- Mi stai dicendo
che abbiamo qualcosa in comune, Draco?- Harry ruotò leggermente la testa per
potergli rivolgere un sorriso criminale, a cui Draco rispose con una mezza
smorfia.
– Non montarti la
testa, Potter. Per il momento l’unica cosa che abbiamo in comune è James. –
- Uhm. Mi piace
quel “per il momento”. -
Draco arrossì, ma
Harry non lo tormentò più di tanto con uno dei suoi soliti “tentativi” come li
aveva battezzati maliziosamente Pansy. Sembrava anche lui perso nei suoi
pensieri, assorbito da idee che di certo non lo facevano sorridere.
- Sai, metà di
quelle persone erano con noi, durante la guerra. Hanno combattuto, hanno
rischiato, hanno fatto anche loro la loro parte. Ma durante quell’anno
maledetto, non hanno fatto che assillarmi, con il sangue miracoloso di James,
non hanno fatto che snocciolarmi rapporti su quante vite aveva salvato, su
quanti Mangiamorte avesse abbattuto, ed io… stavo da schifo. Sentirli
continuamente parlare di mio figlio come di un’arma, e sapere di non poterlo
vedere, mi faceva impazzire. Eppure anche adesso loro continuano a
perseguitarmi, hanno bisogno della mia notorietà, e di quella di James. -
- So che non gli
permetterai di arrivare a lui.- mormorò Draco.
- No, infatti. Non
diventerà il loro eroe numero due.-
Harry allungò le
braccia ed afferrò James, accomodandoselo in grembo. – Tu sarai sempre e solo
il nostro, di eroe. Niente di più.- mormorò baciandogli una tempia, mentre il
piccolo lo ignorava completamente, concentrato com’era sui suoi sassi.
Draco si innamorò
di Harry stagliato nel tramonto, con James in braccio, e lo sguardo determinato
ed amorevole di un padre; se ne innamorò tanto da sentire le lacrime agli
occhi, tanto da capire che ogni muro, ogni fortezza, ogni barriera che aveva
cercato di erigere contro di lui, tutto era miseramente crollato, nel giro di
poco, davanti alla persona incredibile che Harry era. Di lui Draco avrebbe
potuto dire ogni male, ma Harry era semplicemente una padre meraviglioso, un
uomo immenso, un eroe autentico, uno di quelli che ti fa sentire
incredibilmente grato al cielo, quando ti è vicino. Si chiese, per un momento,
se gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi di più. Se avrebbe trovato dentro di
sé il coraggio per fidarsi di lui soltanto un altro po’, abbastanza da permettergli
di realizzare la vita che aveva sempre voluto, per James, e per sé.
- Sarà meglio
tornare a casa.- sussurrò, con gli occhi bassi. – Pansy e Blaise ci aspettano
per cena.-
Harry sospirò, poi
annuì, e si caricò James su una spalla. – Hai sentito papà Draco? Si va a
mangiare dalla zia Pansy!-
- Ooooh, pappe da
tia Patty!-
- E c’è anche lo
zio Blaise, sai? -
- Lo tio Bes? –
James si animò tutto. – Alloa ci dico del gelato! -
Draco sorrise. –
Gli racconti del gelato? – fece, stropicciandogli una guancia. – E se poi lo
vuole mangiare anche lui? -
- Alloa… alloa…
alloa anche io. – sentenziò James.
Harry ridacchiò
sornione. – Oh, è assolutamente subdolo come te. -
ANGOLINO!
Tornata dalle feste
natalizie, rieccomi. Grazie a tutti quanti voi per le vostre recensioni, anche
per la shot natalizia, non perderò troppo tempo ad augurarmi che abbiate
passato un buon Natale, visto che nel 90% dei casi le feste sono autentiche
sofferenze, ma spero almeno che abbiate fatto tutti come la sottoscritta, ovvero
abbiate affogato i vostri rancori familiari nel Pandoro, alla faccia di chi vi
vuole male!
All’inizio di Marzo James aveva cominciato a frequentare l’asilo
All’inizio di Marzo
James aveva cominciato a frequentare l’asilo.
Beh, una sorta di
asilo; Harry non avrebbe saputo come descrivere altrimenti quella scuola,
frequentata solo da piccoli maghetti, come una scuola propedeutica, o qualcosa
di simile. Draco gli aveva soltanto detto, tutto gonfio di orgoglio, che
l’aveva frequentata anche lui, da piccolo, e Harry si era messo le mani nei
capelli al pensiero di quanto orrendamente costosa sarebbe stata la faccenda.
Ciò nonostante,
dovette ammettere che la scuola era un vero toccasana per James: nel giro di un
mese le sue abilità oratorie si erano moltiplicate vertiginosamente,
arricchendosi di tutta una serie di espressioni assurde, frutto di
machiavelliche chiacchierate con i suoi compagni. Aveva legato in particolare
con un certo Matty, un bimbetto simpatico dai capelli chiari, e con una bimba,
che a quanto pareva era assolutamente intenzionato a sposare. Salvo poi
essersene scordato, dopo una settimana o poco. Ma soprattutto, la magia innata
del piccolo sembrava essere diventata un pochino più gestibile. All’asilo
insegnavano ai piccoli alunni a liberare, oppure a cercare di controllare, nel
caso si fossero già manifestati, i loro poteri, e nonostante fosse impossibile
sperare che James potesse controllare la sua potenza, così piccolo, ora
riusciva se non altro a rendersi conto di quando le cose prendevano a
vorticargli attorno per causa sua. Draco andava a parlare spesso con le
insegnanti di James, si teneva costantemente informato, ed informava Harry, sui
suoi progressi, su ciò che succedeva, e fu costretto ad ammettere che, pur
essendo felice che il suo piccolo si divertisse, che si facesse degli
amichetti, e che imparasse a vivere con gli altri, in fondo gli mancava averlo
sempre attorno, nonostante James passasse lontano da casa soltanto la mattina.
* * *
- E…. dai… vai,
vai, vai, a destra… vira, vira… sììììì!!!- Harry fece un balzo sulla poltrona,
e James rimbalzò, di fianco a lui. – Grandi Cannons!!!- esultò, tirandosi il
figlio in braccio e facendolo saltellare sulle ginocchia. Il piccolo James lo
guardò con aria francamente sconcertata, ma Harry non si diede troppa pena di
apparire un perfetto idiota.
- Hai visto, James?
Quello sì che si chiama prendere un Boccino! – borbottò allegramente. - Vedi di
impararlo, perché quando sarai anche tu Cercatore a Grifondoro…-
- Ah ehm…-
Harry buttò
distrattamente la testa verso la porta, dove Draco se ne stava appoggiato allo
stipite a braccia incrociate.
- Harry… che cosa
stai facendo?- domandò Malfoy, soave.
- Beh, gli mostro
una partita di Quidditch, no?-
- No, Potter, gli
mostri i Cannons. I Cannons non sono Quidditch.-
- Come sarebbe a
dire!- Harry scattò immediatamente sulla difensiva, punto sul vivo. – I Cannons
sono il meglio del campionato!-
Draco soffocò
teatralmente un falso sbadiglio con il dorso della mano. – Oh, sì. Certo,
Potter, come no… l’ho sempre detto, io, che tu di Quidditch non ci hai mai
capito un accidente.-
- O ho, ma senti
chi parla…- Harry si esibì in un sorrisetto beffardo che li riportò indietro di
anni. – Mi pare di ricordare, Draco Malfoy, che ti ho fatto mangiare la polvere
un bel po’ di volte, o mi sbaglio, bel Cercatore?-
Draco strinse i
denti per non ringhiare, e Harry ridacchiò, esultante.
- Comunque,
riguardo a quella faccenda di…- il naso di Malfoy si arricciò in un’espressione
di puro disgusto. - …Grifondoro… - sputacchiò Draco, schifato. - Beh, puoi pure
metterti il cuore in pace, sai? James sarà il miglior Serpeverde di tutti i
tempi. Ho già prenotato tutto l’occorrente, metà Diagon Alley è già al lavoro
per fare del mio piccolino un perfetto principe verdeargento. -
- Cosa, cosa,
cosa?- Harry sbarrò gli occhi, e stavolta fu il turno di Draco, di ridere.
– Non puoi
traviarmi il figlio in questo modo!- protestò vivacemente. – Non esiste che un
Potter finisca a Serpeverde!-
- E non esiste che
un Malfoy finisca a Grifondoro, se la metti così!-
- Tregua!- Gridò la
voce di Pansy, dalla cucina. – Vedrete voi, se non finirà a Tassorosso per
disperazione! -
- No, Tassorosso
mai! – risposero in coro i due genitori.
Pansy si affacciò
ridacchiando, e li fulminò entrambi con un’occhiatina saputa, mentre Harry e
Draco guardavano ostinatamente da parti opposte, rossi in viso.
- Papà Dedy…-
Harry si volse,
sorpreso.
Il figlioletto era
dietro di lui, con il pigiamino verde addosso, pronto per andare a letto, e un
paio di cuscini del salotto che gli ingombravano le braccine. Dopo cena Pansy
se n’era andata quasi subito, e lui si era fermato da Draco per un po’, il
tempo di fare un caffè, di chiacchierare, di chiudere in bellezza uno dei tanti
bei pomeriggi passati assieme. Draco doveva essere rimasto in salotto mentre
lui aveva rigovernato le tazzine, anzi, per la verità Harry credeva che fosse
andato a mettere James a letto. E invece, a quanto pareva, il piccoletto era
ancora in piedi, assolutamente sveglio, e con ogni probabilità animato da una
delle sue trovate.
- James, dove vai
con quei cuscini?- fece, piuttosto allarmato.
Per tutta risposta,
James avanzò faticosamente verso di lui, e quando lo ebbe raggiunto gli piazzò
uno dei due cuscini sulle ginocchia.
- Oh.- proclamò,
soddisfatto, stringendosi orgogliosamente fra le manine quello che restava,
morbido e color grigio perla.
- “Oh” cosa,
tesoro? Che cosa ci dovrei fare con un cuscino?-
- Adetto famija.-
Harry corrugò
pesantemente le sopracciglia. – Che cosa?-
James annuì
entusiasta, gli occhi brillanti di gioia. – Matty dice che… che…- cominciò, con
foga. - Che lui ha una famija pecchè i suoi papà dommono insieme, ti, ti, nella
camea gaaande gande. E invece tu non dommi mai con papà Daco. E, e alloa… -
James sollevò le braccia, trionfante. - Io ti ho potato cutino! Adetto anche tu
dommi con papà Daco, ti, adetto anche noi siamo una famija. –
Harry si sentì
gelare.
Guardò il cuscino
chiaro, quello che Draco aveva messo sulle poltrone del salotto, con occhi
vuoti, e un nodo alla gola che rischiava di strozzarlo.
- James… vieni
qui.- sospirò, ingabbiando il figlioletto e tirandoselo sulle ginocchia,
proprio sul cuscino che lui gli aveva consegnato. – Vedi, tesoro… purtroppo non
basta un cuscino, per fare una famiglia. Il tuo amico Matty ha una mamma e un
papà che dormono insieme, è vero. Però per essere una famiglia bisogna volersi
bene.-
James si oscurò. –
Tu non vuoi bene a papà Daco?- domandò, duro.
- Ma certo, tesoro,
io voglio… molto bene, a Draco.-
- E papà Daco non
ti vuole bene?-
Eccoli lì. Padre e
figlio.
In qualche modo,
Harry sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare una questione simile, o
quantomeno sottoporsi ad un interrogatorio da parte del figlio. Realizzò che
probabilmente la sua ansia, la sua attesa, erano alimentate dal senso di colpa
che ancora non era riuscito a smaltire, che ancora lo avvelenava, che
semplicemente si presentava a rendergli le nottate impossibili, lontano dal suo
bambino. E da Draco.
Però si era sempre
illuso, aveva sempre cercato di convincersi che fosse troppo presto, e che
James non riuscisse ancora a rendersi conto di come stessero le cose, che non
si chiedesse chi fossero, che cosa fossero realmente loro tre, come entità,
come nucleo, come legame.
Respirò a fondo.
- Vedi, tesoro.
Papà non si è comportato molto bene con Draco, un po’ di tempo fa, quando tu
eri piccolo piccolo.-
James arrotondò la
bocca, ammirato. – Ci hai fatto i dipetti?- domandò con un’attenzione tutta
delinquente, che fece sorridere Harry. Un vero Potter avrebbe aspettato
soltanto di incastrare il proprio padre con una domanda simile, per poi usarla
come giustificazione per qualsiasi atto criminale commesso durante tutta la
vita.
- …Sì. Sì, gli ho
fatto un dispetto davvero molto, molto brutto. Una cosa che non avrei mai
dovuto fare.-
-E… e… e pecchè non
ci chiedi cusa?-
Harry pensò che in
fondo il piccolo brigante aveva ragione. A lui bastava incespicare qualche
parolina di scusa e fare gli occhioni pentiti, perché Draco gli perdonasse
qualsiasi cosa. Con lui, invece, beh, era tutta un’altra storia. Soprattutto
considerando che il peggio che James potesse combinare era rompere un vaso, o
far cadere il frullato di zucca sul pavimento, o impiastricciarsi i vestiti con
qualche porcheria.
Harry sapeva fin
troppo bene di aver rotto molto più di un vaso, con Draco.
- L’ho fatto. Ma
vedi, alcune cose sono difficili da dimenticare. Papà Draco mi vuole bene, e
tutti e due ne vogliamo a te, tantissimo, cucciolo. Però non credo che potremmo
mai essere una famiglia.-
I grandi occhi
azzurri di James tremarono. – Oh…- fece, desolato, e ad Harry si strinse il
cuore fino a fargli male.
– Ma… ma tu povi a
dommie con papà Daco!- insistette, implorante.
Harry si portò una
mano alla tempia, premendola, e sentì forte, dentro di sé, il peso di una
confessione che aveva assolutamente bisogno di fare. A qualcuno, a chiunque,
forse perfino a suo figlio. Accantonare la questione di Draco per pensare solo
a James non era servito a niente, e il fatto che fosse proprio lui a riportarla
a galla poteva quasi essere valutato come un vero e proprio segno.
- Tesoro, tu non
sai quanto io vorrei poter… dormire con tuo papà Draco. Ma non è possibile,
purtroppo, ci sono tante cose complicate.-
James si accigliò,
pensieroso. Rimase fermo e zitto per una decina di secondi, lasciando Harry nel
panico più completo, prima di stringere con risolutezza fra le dita i bordi del
suo cuscino, e offrirlo al padre. – E… E se ti do anche il mio cutino?-
ritentò, testardo.
Harry si morse il
labbro inferiore, sorridendo, gonfio di orgoglio, e di lacrime, negli occhi. –
Oh, James…- mormorò, sollevando in piedi e stringendosi il piccolo al petto. –
Sei il bimbo più buono del mondo, sai, campione?-
- Ti che tono
buono.-
- Facciamo così.
Ora andiamo di là, e rimettiamo a posto i cuscini, vuoi? Poi io parlo con papà
Draco. Però non ci sperare, cucciolo, non posso prometterti niente. Ma
qualsiasi cosa succeda, tu ricordati sempre che io e Draco ti amiamo
tantissimo, d’accordo? Ti vogliamo tanto, tanto bene, sempre e comunque.-
James annuì, ma
Harry potè leggere chiaramente negli occhi del figlio la luce di chi non ha
ascoltato nemmeno una parola, di chi quel “non ci sperare”, quel “qualsiasi
cosa succeda” non li aveva nemmeno presi in considerazione. I suoi piccoli
occhioni color del ghiaccio rilucevano della promessa che lui gli aveva fatto,
di parlare con Draco, e siccome lui era un grande, e i grandi, si sa, possono
fare tutto; e specialmente i papà, poi: i papà sono davvero dei super, super,
supereroi, allora lui avrebbe senz’altro messo tutto a posto, con papà Draco,
gli avrebbe chiesto cusa, una volta ancora, una volta di più, e poi avrebbero
parlato un po’ di tutte quelle cose complicatissime da grandi, e poi avrebbero
fatto qualche magia, qualche tilla, un sacco di tille, possibilmente, e tutto
sarebbe finalmente stato perfetto.
Harry entrò in
salotto, con James ancora in braccio. Draco era sdraiato sul divano, assopito
da chissà quanto, ormai. Il giovane uomo sorrise, quando vide il cuscino che
James doveva avere maldestramente incastrato fra il suo collo e la sua spalla,
domandandosi per quale miracolo non lo avesse svegliato.
- Tesoro, ma dove
gliel’hai messo, quel cuscino?- sbuffò, scuotendo la testa.
- Cade!- si
giustificò James, che sembrava invece piuttosto fiero del suo lavoro. Harry
sorrise, indulgente, quando lo sguardo gli cadde sull’orologio posato sul
tavolino accanto a Draco.
- Ma dì un po’, lo
sai che è tardi? Forza, eroe, sarà meglio che ti porti a letto, ora.-
James annuì,
deluso, quando Harry se lo accomodò meglio fra le braccia, e prese a dirigersi
verso le scale.
- Papà?-
- Sì?-
- potto domie con
il cutino?-
Harry sorrise
appena. – Sì, James, puoi portarti il cuscino a letto.-
James trillò,
entusiasta, schioccò un bacio sulla guancia di Harry, e si lasciò
diligentemente mettere nel lettino, e rimboccare le coperte. Harry gli diete
l’ultimo buffetto, prima di spegnere la luce e controllare che non ci fossero
giocattoli vaganti per la stanza, poi si chiuse la porta della cameretta alle
spalle, e vi si appoggiò contro. Gli ci vollero un paio di minuti buoni, prima
di risollevarsi dallo stipite, un paio di minuti in cui semplicemente pensò a tutto
ciò a cui era possibile pensare. Annuì, fra sé, deciso, e scese le scale quasi
di corsa.
Draco dormicchiava
ancora, sul divano, ed Harry si rese conto solo in quel momento, avvicinandosi
con passo felpato, di non averlo mai visto dormire, prima. Era strano, e forse
James dopotutto non sbagliava. Essere una famiglia doveva significare anche
condividere un momento di intimità come quello del sonno, e loro non lo avevano
mai fatto, nemmeno una volta. Si inginocchiò davanti al divano, e scosse
dolcemente Malfoy, che si svegliò con un sussulto.
- Uhm, cosa…?-
- Tranquillo. Ti
sei addormentato un attimo sul divano.-
- Oh…- Draco si
tirò su a sedere, stropicciandosi gli occhi. – Ma è tardi?-
- Non troppo. Sono
le dieci appena passate.-
- Ma hai messo a
letto James?-
- Sì, tranquillo.-
Draco annuì, e
rimase a guardare mezzo stordito Harry, ancora inginocchiato ai piedi del
divano. Sembrava aspettasse che lui se ne andasse, o che dicesse qualcosa, ed
Harry colse al volo il momento di silenzio, radunando tutte le sue forze nella
gola.
- Senti, Draco, io…
vorrei parlarti un momento.-
- Mh. L’avevo
intuito. A proposito di?-
- Beh…- Harry si
strinse nelle spalle.- Di cuscini, suppongo.- rispose, accennando con il mento
a quello che Draco aveva dietro alla schiena, e che era scivolato lungo lo
schienale appena lui si era alzato.
- Cuscini?- fece
Draco, afferrandolo, e rivolgendo ad Harry un’occhiata indagatrice.
- Già. È l’ultima
trovata di tuo figlio. Dice che se dormiamo tutti insieme sui cuscini saremo
una famiglia. Ha voluto andare a letto con il suo, credo che l’abbia preso
dalla poltrona.-
Draco soffocò un
colpo di tosse. – Fam… famiglia?- boccheggiò.
- Già. Ironico,
eh?- Harry sorrise appena, prese tempo, si guardò attorno, nervosamente. –
Credevo che adesso che abbiamo recuperato un buon rapporto fosse tutto a posto,
e invece… il nostro James è più sveglio di quanto sperassi, in effetti.-
- Lui vuole… una
famiglia?-
Harry si strinse
nelle spalle, simulando una tranquillità che non c’era. - Credo di sì. Deve
aver visto quella del suo compagno Matty, e probabilmente avranno parlato, sai
come sono i bambini. E lui si sarà reso conto che è diverso, che per lui non è
così.-
-Ti ha chiesto come
mai non ha una mamma?- soffiò Draco, ansioso.
- No. – Harry
inarcò un sopracciglio, annuendo pensieroso. - No, quello in effetti non me lo
ha chiesto, non so perché. Mi ha semplicemente chiesto come mai noi non
dormiamo insieme, e mi ha portato un cuscino perché vuole che io… ahm…- Harry
tossicchiò, cercando di mascherare la tensione. – Che io dorma con te.-
Draco rimase a
guardarlo, senza modificare di una virgola l’espressione del suo volto; non
disse niente, ed Harry si sentì mille volte più stupido. – Senti…- tentò,
trattenendosi dal cominciare a tormentarsi i capelli. – Mi chiedevo se magari…
non lo so, una di queste sere… non lo so, ecco, potremmo uscire a mangiare
qualcosa, noi due.-
- Dimmi la verità,
Potter.- lo raggelò Draco. – Lo stai facendo perché abbiamo un figlio?-
Harry sospirò. –
No. Lo sto facendo perché non ti conosco, e perché vorrei che noi due
parlassimo un po’ di… beh, di tutto.-
Malfoy si oscurò un
pochino, e si abbandonò all’indietro, contro il morbido schienale. – Io… ce
l’ho messa tutta, per cercare di dargli una famiglia.- mormorò con il tono di
qualcuno che stava per lasciarsi crollare addosso il mondo che aveva tanto
faticosamente sostenuto sulle sue spalle fino a quel momento, ed Harry fu
pronto a scattare accanto a lui, sul divano.
- No, non dire
così. Tu sei stato fantastico, davvero.-
- Non è servito a
niente. Adesso lui penserà di avere qualcosa che non va.-
- Ma no, non ti
preoccupare. James è un bambino intelligente, e sa che noi gli vogliamo bene,
tutti e due. Credo che sia normale che si chieda come mai noi siamo… beh,
diversi dagli altri. Ha solo bisogno di un po’ di tempo per capire come stanno
le cose, vedrai.-
- E se si sentisse
sbagliato?- Draco singhiozzò nervosamente, ed Harry gli abbracciò
istintivamente le spalle. – Se credesse che è colpa sua?-
- No, Draco, non
fare così. Gli diremo che non è vero, che non è affatto colpa sua, che qui il
colpevole sono soltanto io.-
- Non serve a
niente cercare colpevoli, Harry. Soprattutto ora che sei tornato, e James ti
adora. Sei il suo papà, che senso avrebbe accusarti di qualcosa.-
Harry strinse forte
Draco, che litigava con il proprio diaframma per smettere di singhiozzare. –
Grazie, Draco.- mormorò. – Per tutto il tuo coraggio.-
- Ma che coraggio
del cazzo. Sono qui che frigno come una ragazzina.-
Harry sorrise. –
Non c’è nulla di male nel lasciarsi andare un po’. Dai, ora smetti di piangere.
Che penserà, James?-
Draco tirò su con
il naso, vergognoso. – Scusa. – mormorò, afflitto.
- Non devi scusarti
proprio di niente. Se qui c’è qualcuno che dovrebbe farlo, quello sono soltanto
io.-
- Harry.-
- Shhh… tutto a
posto.-
James fece un altro
passetto, strusciando un po’ le ciabattine azzurre. – Papà…- sussurrò, con un
mezzo broncio.
Harry si voltò
verso di lui, sorpreso, proprio mentre, reggendosi alla ringhiera, scendeva
l’ultimo gradino. Sorrise, ed allungò verso di lui una mano, invitandolo ad
avvicinarsi. Il piccolo si lasciò prendere, ed Harry lo issò sul divano, in
braccio a lui. – Ti avevo messo a nanna, James…- lo rimproverò bonariamente.
- Pecché papà
piange?- sussurrò il piccolo, con le labbra che tremavano.
Harry gli
stropicciò i capelli. – Non è niente, tesoro, non ti preoccupare. Dai un bel
bacio a Draco, eh? Così vedrai che non piange più.-
James annuì, e si
inginocchiò, sul grembo di Harry. Con la manina accarezzò i capelli di Draco,
disordinandoglieli tutti.
– No piangee,
papà.- disse, tutto preoccupato.
Draco diede un
singhiozzo sordo, sollevò a fatica il viso arrossato dal suo nascondiglio sul
costato di Harry, e guardò il figlioletto, che ancora gli stropicciava i
capelli. – Tesoro mio…- mormorò, riuscendo finalmente a trovare la forza di
abbracciarlo. Harry rise. Circondò entrambi con le braccia, e se li strinse al
petto.
– I miei due
bambini…- sillabò sulle proprie labbra, senza parlare, la testa rivolta
all’indietro, sullo schienale.
James aveva
ragione. In fondo, poteva davvero bastare un cuscino, per fare una famiglia.
Pansy sussultò per lo spavento, quando il caminetto della cucina
rigurgitò una nuvola di fumo verde
Pansy sussultò per
lo spavento, quando il caminetto della cucina rigurgitò una nuvola di fumo
verde. Pansy la intravide dal bagno, si diede una strigliata ai capelli
bagnati, infilò rapidamente la vestaglia e ciabattò fino in cucina.
- Harry?- sbottò,
sorpresa alla faccia che si era appena materializzata sulle braci.
- Ciao!- fece
Harry, con un entusiasmo assolutamente innaturale.
Pansy arricciò il
naso. - Che ci fai nel mio camino di primo mattino? -
- Beh, ecco, mi
chiedevo se… - Harry tossicchiò, facendo svolazzare in giro un po’ di braci.
- …Se?- fece lei,
inclinando la testa.
- Ecco… - Harry
inspirò. - Non è che potresti tenere James, stasera? Io avrei un impegno, e
quindi se… - soffiò tutto in una volta, sollevando altra cenere, che si posò
sul pavimento tutt’intorno, svolazzando.
- Non è un
problema. – lo interruppe Pansy, facendo un po’ d’aria con le mani. - Ma scusa,
Draco non c’è?-
- Ahm… - Harry
ringraziò mentalmente il fatto di essere affacciato su un camino, perché così
almeno Pansy non avrebbe potuto vedere quanto era diventato scandalosamente
rosso.
- No, ecco, è che…
anche lui ha un impegno. -
- Capisco. – Pansy
lo investì con un’occhiata poco convinta, a cui Harry cercò di rispondere con
un sorrisetto. – Harry, sei sicuro che vada tutto bene? –
- Oh, sì!
Sicurissimo! –
Pansy asserì
distrattamente. Ora poteva dirsi definitivamente sicura che Harry Potter stesse
tramando qualcosa.
– Mmm… sarà…Vengo a
casa di Draco. Quando, alle otto? -
- Alle otto,
perfetto. – Harry annuì forsennatamente. – Così James avrà già mangiato, dovrai
solo aspettare che crolli. Oh, non sai quanto ti sono grato, veramente, Pansy.
-
- Non è un
problema. – ridacchiò lei. – Mi sembri abbastanza su di giri, eh Potter? -
Harry si bloccò in
modo tanto repentino che Pansy per un momento temette che si fosse fracassato
tutte le vertebre del collo in un colpo solo.
- Oh, beh, no, è
che… - prese a farfugliare incoerentemente.
- Dai, lascia
stare, non voglio impicciarmi degli affari tuoi. -
- Ma no, è che io,
insomma… Beh, ok, ahm… allora a stasera? –
- A stasera? Harry,
guarda che io vado da Draco, non passo da te… -
- Sì! Sì giusto, ma
io intendevo… nel senso…- Harry prese ad agitare le mani in modo talmente
eccitato che Pansy realizzò che quello scellerato gli avrebbe riempito la casa
di cenere e braci.
- Beh, ci vediamo,
ecco! Ci vendiamo, Pansy! –
- Ecco, sì, sarà
meglio. – sbottò bonariamente lei. – E mi raccomando, divertiti, Potter caro,
che il tuo rampollo è in buone mani. –
* * *
Pansy arrivò
puntualissima a casa di Draco, che la accolse allo sbocco del caminetto con un
sorriso un po’ tirato.
- La zucca! – fu la
prima cosa che disse, con un’urgenza irragionevole. – E’ già pronta, nel caso
te la chiedesse, non serve che gliela prepari, ok? Già pronto, tutto
prontissimo, nel piatto, poi prendi il cucchiaino… –
- D’accordo. –
sussurrò Pansy, sempre meno convinta. – Ma che vi prende oggi, a tutti quanti?
–
- Che ci prende a
chi, scusa? –
- Oh, non lo so.
Stamattina Harry era esagitato, ora tu farnetichi sulla zucca come se fosse
questione di vita o di morte. Sicuro che sia tutto a posto?-
- Oh. – Draco si
ricompose all’istante. – Beh, certo che è tutto a posto. È solo che… ahm…
James, vieni a salutare la zia Pansy! –
- Ti stai facendo
scudo con tuo figlio, Draco Malfoy? –
- Assolutamente no,
ma che dici! Tesoro, visto chi c’è?-
- Tia Patty! –
James prese a scaracollarsi verso Pansy, barcollando nelle sue calzette
antiscivolo.
- Ciao, amore della
zia! –
Pansy lo acchiappò
al volo e gli fece fare un girotondo a mezz’aria. – Lo sai che io e te stasera
restiamo qui insieme? –
- Oh… tia Patty,
tia Patty!-
- Farai il bravo
con la zia, vero? – lo ammonì Draco. – Papà torna presto, ma tu sarai già a
fare la nanna, d’accordo? –
- No nanna, no! –
- Oh, sì invece. –
- Non ti
preoccupare, faremo un sacco di giochi, eh James? – lo confortò Pansy. – Vuoi
che facciamo le bolle colorate? –
- Le bolle, ti! –
esultò James, dimenticandosi completamente la questione-nanna.
In quel momento il
campanello trillò, e Draco avvampò
- Chi aspetti? –
indagò Pansy, maliziosa. – Non mi dirai che stai andando a divertirti senza
avermi detto niente, vero? –
- No, io…-
- Sera a tutti. –
Pansy impallidì
improvvisamente, davanti ad un Harry Potter stranamente più curato del solito,
con una giacca addirittura elegante e… beh, un paio di jeans. Non si poteva poi
pretendere troppo.
- Che ci fai tu
qui? – domandò di getto.
Draco si ostinò a
restare voltato verso la porta, mentre Harry si piegò appena per dare un
buffetto al figlio, che si era precipitato da lui.
- No. – fece Pansy,
dopo un istante di sgomento. – Non ditemi che… -
- Allora ti ricordi
della zucca, vero Pansy? – disse Draco fra i denti, azzardandosi appena a
guardarla di sottecchi.
- State uscendo…
insieme? – proseguì spedita lei, ignorandolo completamente.
- No, ma no, certo
che no! – si affrettò a dire Harry. – Andiamo a mangiare qualcosa, ecco tutto.
–
- Mangiare
qualcosa? – La mandibola di Pansy sembrava essersi incastrata in una qualche
posizione che le impediva in ogni modo di richiudersi. – Oh, ma non prendetemi
in giro! Io vado a mangiare qualcosa quando esco per pranzo con le amiche! Voi
due NON state andando a mangiare qualcosa. State uscendo insieme. Oh sì, state
proprio uscendo insieme. –
- Pansy… -
piagnucolò Draco, imbarazzatissimo. – E’ solo così, per parlare. –
- Ecco, bravi!
Parlate, mi raccomando! Avete un sacco di cose da dirvi, ed era anche ora, non
vi pare? – sbraitò lei, eccitatissima. – Beh, si può sapere che diavolo ci fate
ancora qui? Su, veloci, smammare, aria! –
- Ma Pansy… -
- Pansy Parkinson
prende possesso di questa casa per tutta la serata, perciò niente scuse. Su,
su, che il ristorante vi aspetta! A proposito, dove me lo porti, Potter? –
- Oh beh… - Harry
si grattò rapidamente la fronte. – alla Piuma di Fenice. –
- Alla Piuma di
Fenice? – Pansy agguantò James e se lo tirò in grembo. – Oh, non ti facevo così
romantico, Potter. – tubò, e Draco capì in quel momento perché tutte le donne
del pianeta fossero così fissate con il fard, la cipria e tutte quelle cose.
Desiderò ardentemente poter ficcare la faccia in una vasca di cipria
bianchissima, per riparare ai danni che l’imbarazzo gli stava causando dal
collo alla fronte.
- Beh, allora noi
andiamo. – buttò lì Harry, levandosi dalla porta per far passare Draco.
- Andate,
divertitevi, e non preoccupatevi per James!- trillò Pansy. – Ah, Harry? –
Harry si voltò
verso di lei, che si afferrò il colletto della polo che indossava e prese a
strattonarlo violentemente, stropicciandolo a più non posso.
- La camicia! –
sillabò con un sorrisetto complice, ed Harry decise che a quel punto chiudersi
la porta alle spalle senza concederle spazi ulteriori fosse la cosa più saggia
da fare, in assoluto.
* * *
Alle dieci e mezza,
Pansy mise a letto un James davvero esausto, nonostante i suoi insistenti “No,
no, ancoa bolle, ancoa gioco, gioco!” fra uno sbadiglio e l’altro. Con la
bacchetta gli animò un bel delfino lattiginoso, che prese a nuotare e a
sguazzare sopra la sua testolina, tuffandosi e saltando.
James decise in
quel momento che tutto sommato andare a nanna non era poi un’idea così cattiva.
Se ne tornò di
sotto, si preparò un caffè, e scelse un giornale dalla piccola pila che Draco
aveva accumulato sul tavolino di fronte al divano. Ogni tanto tendeva
l’orecchio, solerte, ma James sembrava pacificamente immerso in un meritato
sonno ristoratore. Pansy decise che la rivista che aveva in mano non avrebbe
ricevuto l’attenzione che meritava, e si dedicò un po’ a pensare. Al suo
nipotino, piccolo angioletto pasticcione. Era impossibile credere a quante cose
riuscisse a fare un bimbo di due anni in una sola serata: ogni cinque minuti
cambiava gioco, la sua attenzione calamitata ora da un oggetto, ora da una
luce, ora da un giocattolo, in modo quasi schizofrenico. Aveva corso qua e là
come un invasato per mezza casa, poi aveva deciso di mangiare la zucca, come
aveva previsto Draco. Ma, altruista, aveva deciso anche un cucchiaino ogni due
se lo doveva mangiare la tia Patty. Poi si era improvvisato ometto di casa e si
era messo a risistemare con una premura tutta Malfoy la pila di giornali, i
suoi peluches in ordine di grandezza (tranne Bu Bum. Lui stava sempre al
centro, al posto d’onore), aveva sbatacchiato i cuscini sui divani, e Pansy era
riuscito a fermarlo soltanto quando ormai sembrava in tutto e per tutto deciso
a riposizionare i delicatissimi vasi decorativi che campeggiavano sulle mensole
del salotto.
Certo, da due papà
come Harry e Draco non ci si poteva aspettare altro che un piccolo flagello dal
cuore d’oro. James possedeva la singolare generosità di Harry, e una prepotenza
nell’imporla tutta Malfoy. Prova ne era stata la zucca.
- Tia, anche tu la
tucca! –
- Ma no, tesoro,
non preoccuparti, è tua. –
- Gno, gno, anche
tu, anche tu la tucca! Ecco. –
James aveva
agganciato il cucchiaino con la manina, risoluto, e Pansy fu costretta a
guidarlo, per evitare che a beneficiare di quel passato fosse il pavimento. Non
c’era stato nulla da fare, aveva dovuto accettare l’offerta di James, pena un
muso lungo fino a terra, e un’espressione abbattuta che avrebbe fatto
sprofondare nei sensi di colpa anche un criminale.
Per il resto,
badare al piccolino era davvero facile. James era il genere di bambino che si
accontentava di nulla, purché condito con un po’ di magia. E non
necessariamente in senso stretto. Sì, avevano fatto le bolle colorate con la
bacchetta di Pansy, quelle che rimbalzano a terra senza scoppiare, quelle che
si uniscono a formare tante figure di animali; ma avevano anche letto delle
favole, favole sulle fate, e sui draghi, e sui marinai che vanno sulle navi
grandissime, e cercano i tesori,e sui giganti, di cui James aveva inquadrato
subito la caratteristica principale: “gigaaaandi” li chiamava con un’enfasi
tutta ammirata.
Chissà dove si
erano andati a cacciare i suoi genitori. Pansy ridacchiò fra sé, pensando che
probabilmente quei due imbranati avevano finalmente capito di avere talmente
tante cose da dirsi, che probabilmente non sarebbero tornati a casa prima delle
due di mattina, ancora tutti intenti a scoprire che oh, magia delle magie, quei
due stupidi erano fatti l’uno per l’altro.
Che Draco avesse un
bisogno che rasentava la disperazione di Harry, Pansy lo aveva sempre saputo.
Ed ora, gli erano bastati pochi elementi per capire che Harry, dal canto suo,
aveva un bisogno enorme di riuscire a conquistare suo figlio, e anche Draco.
tutti e tre avevano soltanto bisogno di riuscire a scambiarsi un po’ d’amore
con sincerità. Anzi, forse James era quello che ne aveva meno bisogno, visti
gli sforzi che i suoi genitori compivano per non fargli mai mancare un
abbraccio, e visto come tutti, lei e Blaise per primi, si erano stretti subito
attorno a quel bimbo nato sfortunato, e cresciuto invece felice, protetto,
amatissimo.
Quanto Harry amasse
Draco in quanto Draco, e non in quanto padre di James, questa era l’unica cosa
che un po’ spaventava Pansy. Ma d’altra parte Potter aveva già sbagliato una
volta, con lui, e difficilmente avrebbe ripetuto errori come quello di
illuderlo per poi ritrattare tutto. potter poteva pure essere uno stupido, a
volte, poteva pure comportarsi peggio di un bambino, ma era una persona
sincera, una di quelle che quanto ti guarda negli occhi non finge di amarti, o
di odiarti, se non è vero. in fondo la sua genuina ingenuità era la sicurezza
più grande che si potesse avere, in merito alle sue intenzioni, e il fatto che
si fosse presentato a casa di Draco vestito in modo goffamente elegante, tirato
a lucido come mai lo aveva visto prima, gridava quanto adolescenzialmente Harry
cercasse di dire a Draco “Hey, mi vedi? Sono qui, sto cercando di conquistarti,
perché tu per me sei probabilmente la cosa più bella del mondo, insieme a
James”. Povero Potter, di certo non ci aveva fatto un grande affare, ad essersi
innamorato di suo figlio e del padre di suo figlio nello stesso momento. Ma in
fondo era questione di specularità. Non era forse successa la stessa, identica
cosa a Draco? Draco non si era forse innamorato di Harry, poco a poco,
attraverso il visetto di James?
Persino
nell’innamorarsi quei due dovevano essere uguali.
Se non era destino
questo… Se non era destino ritrovarsi a dover mettere al mondo un bambino, solo
per scoprire di essere fatti per stare insieme, solo per scoprire di essere
davvero fatti per essere una famiglia, beh, allora Pansy non avrebbe mai più
creduto nel destino in vita sua.
La chiave girò
prudentemente nella toppa. Draco doveva aver deciso di rientrare dalla porta,
per non fare troppa confusione con il camino. Pansy stiracchiò leggermente le
braccia, grata di potersene finalmente tornare a casa, ed aspettò che l’amico
rientrasse. Draco ficcò dentro la testa, le sorrise, un po’ esitante, e infine
dietro di lui comparve Harry, accigliato.
- Me ne vado. –
scattò subito Pansy, tirandosi in piedi senza nemmeno aggiustarsi la gonna.
- Ma no, non… -
Harry si cacciò una
mano fra i capelli, poi si rianimò improvvisamente, e in tutta fretta prese a
levarsi la giacca. Draco sfiorava tonalità di rossore quasi pericolose, ma
Pansy decise di non indagare troppo. Per ora.
- James sta
dormendo come un angioletto, di sopra. – disse invece, accennando alle scale
con la testa. – Direi che qui ho finito. Ci vediamo domani, eh? –
- Grazie infinite
Pansy, davvero. –
- E per cosa? Per
essermi passata una serata a fare le bolle con il mio nipotino preferito? Su,
mi ringrazierai il giorno in cui mi chiederai di farti un favore serio, Draco
Malfoy, uno di quelli che farei volentieri a meno di fare. –
Draco sorrise, ed
Harry, dietro di lui, lo imitò. Pansy acchiappò la borsetta, una manciatina di
polvere, e scomparve in uno sciabordio di cenere verdastra, con Harry e Draco
che la guardavano, ancora in piedi. Il silenzio che accompagnò lo scoppiettio
del camino, come una scia, li lasciò entrambi immobili, indecisi, esitanti.
- Beh… - Draco
intrecciò nervosamente le dita, rompendo il silenzio come un bravo ospite sa
fare. – Vuoi un caffè? O un sorso di Whisky, magari, o… -
- Vieni. –
Draco alzò gli
occhi su Harry proprio mentre lui si sedeva ed accavallava il piede sinistro
sull’altro ginocchio, sul divano, e gli offriva un braccio in un gesto
inequivocabile. Si sedette vicino a lui, si lasciò circondare e stringere,
rosso in volto, e bollente per l’imbarazzo.
- Non credevo che
sarei mai riuscito a trovare il coraggio di darti quel bacio. – confessò Harry
a mezza voce.
Draco deglutì. –
Beh, ma l’hai fatto. –
- Sì, l’ho fatto. e
spero che tu abbia capito che cosa significa per me, Draco. Davvero. –
La bocca di Harry
vagò sulla testa di Draco, sfiorandone i capelli dolcemente, facendolo sorridere.
- Credo che per me
abbia significato la stessa cosa. – sussurrò Draco, ed Harry annuì, e gli baciò
una tempia.
- Avevo così tanto
bisogno di dirti tutte quelle cose… -
- E io avevo
bisogno di sentirmi dire che ora è tutto a posto. Harry senti, tu… io…-
Draco sbuffò, e
lasciò perdere qualsiasi proposito di dire qualcosa di formale, di carino, a
quel punto. Affondò nell’abbraccio caldissimo della camicia di Harry ed inspirò
con forza.
– Non andartene
mai. –
- Mai più. È una
promessa, Draco. Una promessa di quelle vere. – Harry si lasciò stringere
dall’urgenza di Draco senza modificare la forza del proprio abbraccio
avvolgente. - So che te l’ho chiesto non so quante volte, ma lasciamelo fare
una volta ancora. –
Draco chiuse gli
occhi ed annuì. Forse ora era davvero, davvero tutto finito. Forse adesso ogni
cosa sarebbe potuta ricominciare da capo.
- Perdonami,
Draco.- mormorò Harry, il viso chiaro di Draco sulle dita. E Draco tirò su col
naso le lacrime che non aveva più, quelle vecchie, che appartenevano ai mesi,
agli anni passati senza di lui, in un tenue sorriso.
E perdonò.
Definitivamente,
completamente, incondizionatamente perdonò. In fondo, da qualche parte, aveva
sempre saputo che, se mai lui fosse tornato, lo avrebbe perdonato. Lo avrebbe sempre
e comunque perdonato, un giorno o l’altro, lo avrebbe strapazzato, maltrattato,
accusato un po’, ma poi lo avrebbe perdonato.
Harry lo strinse
lentamente, come se avesse dovuto stringere una statua di vetro. - Mi darai del
vigliacco, se provassi a dirti che ti amo?- sussurrò, dolcemente.
- Sì, forse sì.-
- Già. È abbastanza
vigliacco, in effetti. Chi non si innamorerebbe di te?-
Draco sbuffò un
piccolo sorriso.
- Non scherzo.-
soffiò Harry. – Dio, Draco, basta, basta scherzi, basta bugie, fra di noi. Io
ho bisogno di te. Della mia famiglia. Tutto questo tempo mi è servito per
capire una cosa stupida, una cosa ovvia. Non esiste una sola altra persona al
mondo con cui avrei voluto avere un bambino, Draco, e credimi o meno, sono
felice, sono l’uomo più felice del mondo, soltanto perché James ha i tuoi
occhi. Non avrei voluto vedere mai gli occhi di nessun altro al mondo, in
quelli di mio figlio.-
Draco diede un
gemito sommesso, e si avventò sulla bocca di Harry, premendogli le guance con
le mani per poter tenere il suo volto forte, per non lasciarlo andare. Harry si
irrigidì un po’, sorpreso, poi contrasse le labbra in un sorrisetto che quasi
escluse Draco dal bacio, tanto i denti minacciavano di chiudersi in un ghigno.
Rimasero sul divano
del salotto di Draco a baciarsi come ragazzini, scoprendo, ricordandosi, più
che altro, di esserlo. Ricordandosi i pochi anni che si portavano sulle spalle,
già pesanti di responsabilità non loro.
Draco provò, sul
corpo di Harry, una sensazione che gli mancava da un tempo incredibilmente
lungo. Quella dell’eccitazione. Se ne sentì stordito e imbarazzato, la
ricostruì faticosamente nella sua mente, come si fa con certi ricordi un po’
ostici, di cui ci sfuggono un sacco di sfumature, che dobbiamo tirare fuori a
fatica.
Harry esplorava il
collo di Draco in religioso silenzio, e Draco, con le mani aggrappate alla
camicia di lui, ai suoi capelli scombinati e mori, cercava di non respirare in
modo troppo rumoroso. Di tanto in tanto, si ritrovavano faccia a faccia, per
scambiarsi un altro bacio. Draco chiudeva sempre gli occhi, un istante prima di
sentire il naso di Harry premere contro il suo zigomo, sentire il metallo
freddo della montatura dei suoi occhiali, e la sua bocca, calda, morbida.
- Possiamo salire
di sopra? – disse Harry tutto d’un fiato.
Draco sentì nella
sua voce l’imbarazzo per una simile richiesta, ma anche il bisogno, identico al
suo, di chi per troppo tempo si era perso certe sensazioni, di chi non le
ricordava più, se mai le aveva provate.
- Sì. – sussurrò
appena, rosso come il fuoco.
Harry lo lasciò
camminare davanti a sé, seguendone i passi con lo stesso ritmo. Per le scale
risuonò lo strano rumore di quello che pareva un unico passo, sfasato solo di
un istante, più sonoro, come di qualcuno di pesante e stanco. Draco rivolse
alla sua stanza uno sguardo preoccupato. Uno esitante ed indeciso lo regalò
invece alla porta.
- Forse è meglio
socchiuderla. – suggerì prudentemente Harry, accennando a sua volta all’uscio.
La sua voce, nel silenzio e nel buio, squarciò Draco, che in un istante
realizzò, semplicemente, che ciò che stava per accadere sarebbe stato in
qualche modo irreversibile.
Annuì con il cuore
in gola, ed Harry agganciò la maniglia e la sospinse fino a lasciare null’altro
che un piccolo spiraglio.
Se qualcuno, se
un’ombra, od un fantasma, fossero passati di lì, quella notte, non avrebbero
potuto vedere nulla, da quella scheggia aperta sulla porta accostata.
Avrebbero sentito,
al massimo, se proprio si fossero decisi a puntare l’orecchio contro lo
stipite. Rumori di fruscii leggeri. Qualche respiro sconnesso, e poi soffiato
fuori all’improvviso. Poche parole, che fluttuavano di tanto in tanto,
incomprensibili. E poi, quasi all’improvviso, qualcosa di più concitato, un
pochino più rumoroso, appena un po’. Silenzio, qualche strusciare furtivo.
Ancora parole. Molte, questa volta. Parole che si fondevano fluide in sussurri,
detti e ribattuti, ma ascoltandoli, dall’esterno, sembravano lingue di altri
mondi.
E poi il silenzio.
Ma per fortuna,
quella notte non venne nessun fantasma ad adombrare il cuore di Harry di sensi
di colpa vecchi e vigliacchi, né quello di Draco.
Non vennero
fantasmi né ombre, perciò tutto questo non lo sentì nessuno.
ANGOLINO!
Ragazzi/e, non
posso non inchinarmi a voi e ringraziarvi di tutto cuore per il vostro calore
incredibile! Sono rimasta shoccata, letteralmente, dall’accoglienza della nuova
fic “Virgin Draco”, e dall’entusiasmo che dimostrate sempre per i nostri
paparini, che, ve lo dico, e non scherzo, mi sta spingendo ad aggiungere sempre
qualcosa di nuovo, per prolungare le avventure di James!
Fra l’altro, non vi
voglio anticipare niente, ma ho in serbo per voi una sorpresa che spero
gradirete, sempre su “Fathers”… Fanny, non OSARE spoilerare!
Hihihi, sappiate
però che l’idea mi è venuta oggi pomeriggio, ed è già stata approvata…
Restate in attesa,
e nel frattempo godetevi lo spettacolo! Hihihihi, ve lo avevo detto, all’inizio
della fic, che la lemon ve l’avrei fatta vedere soltanto di sfuggita.
Permettetemi di autocitarmi: “Mettiamola così,
apriremo uno spiffero nella porta della camera e daremo una sbirciatina, niente
più…” (cap 13)
Draco si riscosse
con un sospiro netto, e qualcosa, vicino a lui, lo abbracciò.
- Harry.- borbottò,
con la voce impastata ed arrochita dal sonno.
Harry gli baciò la
fronte, lo strinse per bene, e si stiracchiò pigramente, allacciando le gambe a
quelle di Draco e contraendo le braccia. – Buongiorno, già… Buongiorno, Draco…
- ripeté, ipnotizzato dalla nuda, evidente, incredibile prospettiva di poter
dire una cosa simile, in un contesto simile, a lui.
Draco soffocò a
malapena uno sbadiglio, contro la sua spalla. Sentiva il suo corpo risvegliarsi
pian piano, e rabbrividire, contro quello rilassato e tiepido di Harry, ed era
la sensazione più bella che avesse mai provato.
- James si
sveglierà fra non molto. – mormorò biascicando un po’. Sorrise, mentre lo
diceva, sorrise di quel suo sorriso tutto nuovo, da papà, che era andato ad
arricchire le sue labbra da una paio d’anni a quella parte. Pensare al suo
piccolo James, in quel momento, fra le braccia di Harry, era perfetto. Era
giusto, era spontaneo, era naturale, era ciò che in fondo dava una sorta di
senso conclusivo, era qualcosa che chiudeva il cerchio che lui ed Harry avevano
cominciato a disegnare la sera prima.
Harry gli circondò
le spalle e affondò fra i suoi capelli, con un mormorio appagato.- Se vuoi mi
alzo io. Che cosa c’è da fare?-
Draco sorrise
appena. – No. Credo che mi farebbe un effetto troppo strano non alzarmi appena
comincia a lamentarsi. E poi a lui farebbe strano trovarsi davanti te, la
mattina, no?-
- Già.- Harry gli
strinse un pochino più forte una mano, e Draco fu certo, pur non potendolo
vedere, che si fosse oscurato.
- Non intendevo
dire… insomma…- si affrettò a riparare, ma Harry scosse la testa e diede
un’alzata di spalle mite.
- Non ti
preoccupare. In fondo non hai detto una cosa sbagliata. James non è abituato a
me.-
- Ma sì che è
abituato a te. Solo, non di prima mattina. Vorrà venire nel lettone, sai? –
disse con un sorrisone tutto criminale. - Lo fa sempre, la domenica mattina. Si
improvvisa gladiatore e mi salta addosso per ore. –
Harry ridacchiò,
soffiando piccoli getti di aria calda fra i capelli di Draco, che richiuse gli
occhi a quella sensazione gradevole.
Il mondo gli
vorticava ancora attorno alla testa, dopo la notte appena trascorsa. E al
momento, andava benissimo così. Gli piaceva poter essere lui il bambino, per
qualche minuto, fra le braccia di Harry, anche solo per gioco, anche se serviva
solo come scusa per qualche coccola in più. Draco aveva quasi scordato che cosa
potesse significare lasciarsi un po’ andate, senza doversi sentire sempre in
ansia, o preoccupati che sia tutto a posto. Decise di essere probabilmente un
padre un tantinello troppo ansioso, con James, e che forse, ma proprio forse,
avrebbe provveduto a sforzarsi di fare qualcosa a riguardo.
Un giorno o
l’altro.
Prima che gli
venisse una crisi isterica il giorno in cui James fosse partito per il suo
primo anno a Hogwarts. Sbadigliò di nuovo, contro il corpo di Harry, immerso
nel vapore di quello strano senso di confusione, e nel profumo di pelle appena
sveglia, lontanamente tostato, proprio come quello dei biscotti. Aveva fatto
l’amore con Harry, come fanno le coppie, quelle vere, quelle adulte. E in un
colpo solo, loro due si erano guadagnati di essere doppiamente grandi, perché
avevano un figlio, e perché avevano smesso di essere bambini loro stessi.
- Uhm. Sai Draco,
c’è una cosa che mi chiedo, di me stesso. Da un po’. – Harry interruppe
bruscamente le beate macchinazioni di Draco, che riaprì svogliatamente gli
occhi. Aveva un’espressione tutta corrucciata, incredibilmente simile a quella
di James, quando tentava di avere ragione di qualche esperimento
particolarmente complesso, come quello di aprire un libro di favole dal verso
giusto.
- È una cosa
strana, in realtà, una di quelle domande cretine che non avrebbe nemmeno senso
porsi, però… -
Draco si affossò
pigramente nel suo cuscino e sorrise. – Che cos’è? –
- Beh vedi… - Harry
sorrise, esitante. – Dio, è piuttosto imbarazzante. Beh io mi chiedo… da quando
ci sei tu, intendo… mi chiedo se mi sono innamorato di te perché sono gay, o
se… non lo so, se tu sei l’unico uomo al mondo a piacermi. –
Draco si irrigidì
appena, nella sua immobilità. – Ne abbiamo parlato ieri, di questo… - cominciò,
arricciandosi su se stesso.
Harry fece frusciare
le lenzuola, mentre si avvicinava a lui e gli stringeva entrambe le spalle. –
Lo so, e ti ho già detto che la mia risposta è no. Non voglio stare con te
soltanto perché mi sento in dovere verso James, e non mi sono innamorato del
padre di James. Amo anche il padre di James, certo, ma amo te, Draco Malfoy.
Indipendentemente da tutto. Lo sai che non ti mentirei su una cosa simile. –
Draco mise un muso
pensieroso. - Stare insieme solo perché ci sentiamo costretti a farlo non
porterebbe ad altro che alla rovina di tre vite. Quella di James per prima. –
sentenziò gravemente.
- Lo so, lo so
bene. Ma non è così, e lo sai. Voglio voi due nella mia vita, vi voglio
entrambi; e vi voglio per quello che siete, e non per il legame che vi unisce,
che ci unisce tutti. –
Draco afferrò una
mano di Harry, e se la portò alle labbra. – Come mai non sai risponderti da
solo, allora? – fece, baciandogli i polpastrelli. – Non hai avuto nessuno, con
te, durante il tempo in cui sei stato lontano? –
- La guerra ha il
brutto vizio di scoraggiare qualsiasi genere di amore sul nascere, Draco. –
mormorò Harry. – Dici di no perché hai troppa paura di morire il giorno dopo,
oppure di veder morire il tuo amore appena trovato, e non riesci a non pensare
che sarebbe troppo atroce che tutto finisse così, ancora prima di cominciare,
ancora prima di capire, di muovere i primi passi. Ti senti come un filo d’erba
insignificante, e cominci a metterti in testa che tendersi per abbracciarne un
altro rischierebbe solo di rendere entrambi troppo vulnerabili alla falce. È
anche per questo che mi sono battuto per voi, contro tutti e contro me stesso,
per tenervi il più lontano possibile. –
Draco annuì, con il
cuore in gola, come gli succedeva tutte le volte in cui Harry accennava alla
guerra. Alla guerra che aveva sfiorato appena vita sua e di James, ma che Harry
aveva sentito sulla pelle in tutta la sua abominevole assurdità.
- Ricordo che hai
avuto delle ragazze, a scuola. – continuò, sussurrando. – Non mi pare che tu
abbia mai guardato dei ragazzi, no? -
- Beh… Harry
ridacchiò. – Non è che Cho Chang la si possa considerare proprio una fidanzata
vera e propria. Mio dio, mi ha fatto venire il mal di mare nel giro di una
settimana. E Ginny… - Harry si incupì di colpo, e Draco si affrettò a voltarsi
verso di lui.
- Ho fatto bene a
lasciarla, ma lei non ne voleva sapere. – mormorò Harry, un’ottava più in
basso. – Sarebbe ancora viva, e felice, se solo mi avesse dato ascolto. –
- Era la tua
ragazza, lassù? –
- No. No, quella
era stata una questione fra adolescenti, e la guerra ci ha cresciuti entrambi
troppo in fretta. Ma le volevo un bene immenso. L’amavo quanto amo Hermione,
quanto Ron. –
- Mi dispiace… -
soffiò Draco, accorato. – Non volevo toccare un argomento simile. –
- No. – fece Harry,
con un mezzo sorriso. – No, sono io che ci sono finito sopra, mi dispiace.
Dovrei perdere il vizio di parlare dei morti, e di ammorbare in questo modo la
prima domenica della famiglia Malfoy-Potter. –
Draco arrossì di
colpo come un peperone, ed Harry ritrovò lentamente il sorriso, nel suo
imbarazzo.
- Sai, con il senno
di poi, James è stata una benedizione, una vera benedizione. – proseguì,
sereno. - Senza di lui probabilmente non sarei mai arrivato a te. Ti avrei
perso chissà dove, chissà per quali strade, senza nemmeno conoscerti, mi sarei
perso tutto questo, di te. Mio Dio, mi sarei perso la cosa più sacra, più vera
e più… beh, la cosa più immensa che un uomo possa pensare di avere, nella vita.
Mi sono già perso abbastanza, di voi due. –
Draco annuì
lentamente, e si lasciò abbracciare, assorto. – Non… non ci avevo mai pensato.
– confessò. – A questa cosa. È successo tutto quasi per caso, e chissà che cosa
ne sarebbe stato di me, se non ci fosse stato James. Forse me ne starei
rintanato al Manor, senza una vita da vivere. Cielo, credo che mi sentirei così
cosmicamente solo… –
- Probabilmente
avresti avuto dei figli ad un’età un po’ più consona. – lo motteggiò Harry. –
E… beh, magari con un metodo un po’ più tradizionale, no? –
Draco scosse la
testa spettinata, deciso. - Non lo so. Non lo so, credo di non riuscire ad
immaginare la mia vita senza James. Pensare che potrei non averlo mai avuto.
Pensare che altri bambini non sarebbero mai stati come lui… è troppo strano. –
Draco si arrampicò lentamente fin sul petto di Harry, e lo guardò dritto negli
occhi. - James mi è entrato dentro con tanta forza che non riesco più a pensare
alle cose con la prospettiva che avevo prima. – disse, senza la minima paura di
sembrare un patetico sentimentalista. - Ha cambiato il mio mondo,
completamente. Così stanno le cose. -
Harry sorrise, e
giocherellò con un ciuffetto dei suoi capelli chiari. – Sì. Pensa che è
riuscito a fare lo stesso effetto a me, con un semplice bigliettino. James mi
ha stregato, letteralmente. Fin dalla prima volta che l’ho visto. È normale,
vero, essere innamorati del proprio figlio? -
Draco ridacchiò -
Sì, credo di sì. –
Draco si alzò pochi
minuti dopo, richiamato dai borbottii provenienti dalla cameretta di James.
Tornò in camera con il figlioletto in braccio, avvolto nel pigiamino leggero,
azzurro chiaro, e si fermò sulla soglia, un po’ esitante.
- Tesoro, hai visto
chi c’è? – disse con un sorriso.
- Oh. – fece James,
aggrappato al suo collo, le dita bene affondate nei suoi capelli, come sempre.
– Papà Dedy ? -
Harry sorrise,
commosso dallo stupore del piccolo, e dal suo pigiamino, che doveva essere
caldo del suo corpicino tutto rannicchiato nelle coperte. - Ciao, campione. -
Draco si rimise a
letto, ma James non si lanciò subito su di lui, nella sua solita lotta a colpi
di “bum, bum!”. Era troppo impegnato ad osservare l’ospite inatteso della
mattinata.
Si arrampicò sul
corpo di Harry e vi si mise a cavalcioni.
- Papà, dommi? –
domandò, serio.
- Sì, James. -
- Dommi con papà
Daco? -
- Sì cucciolo. -
- E… e con me? -
Harry inarcò un
sopracciglio. – Vuoi dormire anche tu qui? -
- Come mai così
mansueto di domenica mattina? – indagò Draco, arricciando diffidentemente il
naso.
James non stette a
sentire nessuno dei due. Agguantò una mano di Harry, e se la trascinò dietro
mentre gattonava verso Draco. Si accoccolò al suo fianco, creandosi una nicchia
morbida sull’incavo del gomito del genitore, e si tirò sopra la mano di Harry,
tenendo strette le sue dita e facendosi coprire il pancino.
Harry e Draco
rimasero a guardarlo, sorpresi, mentre si addormentava pian piano, pacifico, in
quella specie di abbraccio che si era costruito tutto da solo, e che lo
racchiudeva come una cornice.
- Ha avuto la sua
famiglia. – sussurrò Harry, allungando anche l’altra mano per sistemargli un
ciuffetto di capelli. – E’ un bambino incredibile. -
Draco annuì,
sorrise, e si rannicchiò sul suo piccolo. Semplicemente, entrambi decisero che
si potevano concedere ancora un’oretta di sonno.
* * *
Ore dieci del
mattino.
Harry costrinse
Draco a restarsene a letto ancora per dieci minuti, finché James non si fosse
svegliato da solo.
Il tempo che
serviva a lui per preparargli una buona colazione e viziarlo un po’.
Si fece prestare un
paio di pantaloni comodi, e scese trotterellando per le scale, diretto in
cucina. Nemmeno il tempo di regolare il fuoco sotto la caffettiera, però, che
uno sciabordio familiare cominciò a risuonare dal salotto, attirando la sua
attenzione.
Pochi istanti dopo,
Blaise rotolò letteralmente fuori dal camino, ai suoi piedi.
- Che cosa succede
qui?!?! – prese ad agitarsi, strofinandosi la giacca.
Harry rimase fermo,
in piedi, con un bel sorrisone divertito sulla faccia, aspettando che Blaise lo
mettesse bene a fuoco, e godendosi lo spettacolo, prima di replicare alcunché.
- Oh. – disse lui,
infatti, ricomponendosi all’istante. – Grandioso. Ok. Sembra che le cose siano
effettivamente come dice la strega. – constatò fra sé e sé. - Potter, allora…
con calma, e soprattutto con molto tatto. Sono debole di cuore. –
- Vuoi un caffè,
Blaise? –
- Una camomilla,
meglio. Potter, esattamente, che cosa ci fai a casa di Draco la domenica
mattina?– nemmeno il tempo di finire la frase, che già Blaise aveva preso a
gesticolare vivacemente.
- Nononono aspetta,
zitto. Non credo di volerlo davvero sapere. Rettifica: perché Draco è di sopra,
e tu invece sei qua sotto, con addosso un paio di pantaloni da tuta di Draco,
che per altro ti vanno orribilmente stretti e corti? Aspetta! Aspetta, non mi
rispondere. Non voglio sapere nemmeno questo. – Blaise si portò una mano alla
tempia, fingendosi dolorante. - Diamine, ora che ci penso, non c’è proprio
niente che vorrei sapere, di questa faccenda! –
- Blaise, ti levi!
– sbraitò Pansy, materializzandosi dietro di lui in una nube di polvere verde.
- Oh… ora ho
capito. – commentò Harry con un ghigno. – Ti ha guastato il sonno, eh? –
- Precisamente,
Potter. – rispose asciuttamente Blaise. – Mi si è fiondata in casa come
un’arpia, blaterando qualcosa a proposito di voi due, e dell’amore eterno.
Piuttosto irritante, se sei in mutande e canottiera, e stai deliberatamente
cercando di dormire.
- Immagino. – Harry
scoccò un’occhiata indagatrice a Pansy, che per tutta risposta gli scintillò in
faccia un sorriso sornione.
- Di preciso, che
cosa gli hai raccontato, Pansy? Di vero, intendo. -
- Beh… che siete
usciti insieme! -
- Harry? Stai
parlano con le pentole? – gridò all’improvviso Draco, dal piano superiore.
- No, Draco, con
Blaise e Pansy! – ghignò Harry.
Immediatamente, un
frastuono di passi e saltelli risuonò nel salotto, dal piano superiore, e pochi
istanti dopo Draco scese caracollando giù per le scale a tutta velocità.
- Ragazzi? –
gemette, allucinato.
- Esatto! –
protestò Blaise.
- Com’è andata,
zuccherino? – gli fece eco Pansy, ammiccando.
- Oh… ehm… - Draco
arrossì clamorosamente, e prese a grattarsi il mento. – Beh… Hey! Un momento!
Non sono affari vostri! -
- Oh, se lo sono. –
protestò Pansy.
- Vi lascio soli! –
si arrese Harry, partendo spedito verso la cucina.
Draco si sentì
piovere addosso gli sguardi dei due amici, ed arrossì come una furia.
- Mi ci devo
rassegnare? – esordì Blaise, assolutamente fiscale.
Draco osò
ridacchiare, ed annuì. - Sì, Blaise. -
- Sei proprio
sicuro di lui? -
- Sicuro. -
- Convinto convintissimo?
È lui quello che vuoi, l’uomo che ti renderà felice per tutta la tua vita,
quello che saprà guadagnarsi giorno dopo giorno il diritto a non essere preso a
bastonate dal sottoscritto, e via dicendo? -
Draco sorrise. –
Blaise, non sono una ragazzina. – sbuffò. - E comunque sì, lui è quello che
farà tutte quelle cose assurde che hai elencato. È una persona incredibile,
Blaise, ed è il padre di James. -
Blaise arricciò il
naso. – Mmm. – concesse. – Sta facendo sul serio? Voglio dire, non si infila nel
tuo letto solo per… -
- Zabini?!?!?-
- Oh, avanti,
Draco, non provare a raccontarci che si è passato la notte sul divano! –
intervenne vivacemente Pansy.
- No, cioè sì… cioè
non… - Draco strabuzzò gli occhi, e sbuffò. - D’accordo, va bene, maledizione a
voi. Sempre a farvi i fatti miei. -
- Certo che ci
facciamo i fatti tuoi! – esclamò Pansy. – La tua vita è molto più interessante
di quella di Blaise! -
Blaise le rivolse
un’occhiataccia, ma lei fece spallucce. – Beh, che c‘è? Tu non hai un figlio adorabile,
e nemmeno una storia tormentata e romantica… -
- Hey, la mia
storia non è affatto tormentata! – Draco arricciò il labbro. – Non so nemmeno
se è una storia, per il momento. -
- Sì che è una
storia! – rispose improvvisamente una voce squillante, dalla cucina.
Blaise si voltò
verso la porta, assieme a Pansy, mentre Draco arrossiva clamorosamente.
Harry emerse con un
grande vassoio su cui troneggiavano una caffettiera e quattro tazze, più una
quantità di biscotti, del succo d’arancia, e un piatto di frittelle.
Harry posò il
vassoio sul tavolino, e distribuì le tazze, da perfetto padrone di casa. - …
Che la nostra è una storia. – terminò la frase di Draco, con un sorriso sereno.
Draco ricambiò, un
po’ esitante.
- Blaise scosse
freneticamente la testa dall’uno all’altro. – E va bene, va bene, ho capito! –
sbottò alla fine. – Mi ci abituerò, d’accordo. Potter vedi di trattarlo come si
deve, oppure… -
- Messaggio
ricevuto, Blaise. – ridacchiò Harry.
Blaise agguantò un
paio di biscotti e prese a sgranocchiarli. Pansy lo guardò a lungo, e sorrise:
quello era più o meno il suo modo per dire che accettava la situazione. Non che
Blaise in fondo non simpatizzasse per Harry. Beh, molto in fondo.
All’idea che lui
fosse il padre di James, Blaise era sempre stato quello più abituato. Il più
razionale, su questo punto. Il ritorno di Harry aveva scatenato in lui una serie
di contraddizioni, che ondeggiavano fra il paterno senso di protezione verso
James, la paura che Draco stesse di nuovo male, e in fondo la voglia di veder
risolta questa situazione. In un modo o nell’altro.
E quella, doveva
ammetterlo anche lui, era senza dubbio la soluzione migliore.
* * *
Poco dopo pranzo il
cielo si rannuvolò, e in breve tempo cominciò a scendere una pioggerella fitta
che scoraggiò qualsiasi genere di proposta che riguardasse il mettere il naso
fuori casa.
James non sembrava particolarmente
contrariato, aveva appena inventato un nuovo gioco, quando aveva scoperto che
con un po’ di applicazione si potevano incastrare le zampe di Bu Bum sulle
spalle di uno dei suoi orsacchiotti incantati, rendendolo una sorta di
improbabile destriero. Tutto raccolto sul tappeto, giocava con le sue cose,
pigolando di tanto in tanto qualche verso incomprensibile, mentre Draco si
rilassava un po’ con la Gazzetta, ed Harry finiva di lavare i piatti. Draco
davvero non si capacitava del fatto che quel testone si ostinasse a non usare
la magia, ma i metodi babbani, per rigovernare.
Orribile spreco di
tempo e di energie.
Ma era troppo
maledettamente e pateticamente felice che lui fosse davvero lì con loro, per
provare anche solo a pensare di fargli una ramanzina circa le sue abitudini
assurde.
Un picchiettio
insistente e prolungato attirò improvvisamente la sua attenzione. Draco si
voltò distrattamente verso la finestra, da dove un gufo quasi nero lo
occhieggiava con aria impaziente. Sospirò e posò il giornale, per andare ad
aprire la finestra e lasciarlo entrare, augurandosi che non fosse zuppo di
pioggia, e che non decidesse di mettersi a svolazzare in giro per casa. La
bestiola gli si posò sulla spalla, ma appena lui accennò a toccare il messaggio
che portava, agitò la zampetta con aria critica.
Draco alzò gli
occhi al soffitto e sbuffò. - Harry, è per te! Un gufo. -
- Non puoi
prenderlo tu, il messaggio? -
- Credo che mi
mangerebbe, se provassi a farlo. -
Rumore di pentolame
che sbatacchia sonoramente, e un momento dopo Harry comparve dalla cucina,
asciugandosi le mani sui pantaloni.
Il gufo saltò
subito dalla spalla di Draco alla sua, e gli porse diligentemente la zampa.
Harry srotolò il
messaggio, e lo scorse su e giù con gli occhi, mentre Draco lasciava uscire la
bestiola, che evidentemente non aveva bisogno di ricevere risposte, e
richiudeva la finestra.
- Mmm, no. – sbottò
Harry, esasperato.
- Che succede? –
Draco inclinò la testa e si ributtò sulla poltrona, prendendo di nuovo possesso
del giornale.
- Il Ministero. Mi
vogliono lì questo pomeriggio. -
- Scherzi? È
domenica! -
Harry fece una
smorfia. - Già, appunto. -
- Sono affari
importanti? -
- Questioni di
processi. Da quando la guerra è finita ne mancano ancora un sacco, e vogliono
che sia io a decidere come occuparci dei casi più gravi. -
- Questo è stupido.
– commentò Draco. – La legge è legge, no? -
Harry grugnì un
cenno d’assenso. - Già. Prova a spiegarlo a loro. Bah. -
Harry si infilò
svogliatamente la giacca, e senza troppi complimenti decise di presentarsi al
Ministero con gli stessi vestiti del giorno prima. Di certo non aveva voglia di
passare da casa a cambiarsi, non per compiacere una manica di burocrati che non
aveva di meglio da fare che disturbarlo proprio durante la sua prima domenica
come si deve.
Non si era mai
vista una convocazione tanto perentoria. Tanto meno di domenica.
Baciò Draco, e la
testolina concentrata di James, e si infilò nel camino con un broncio lungo, e
gli occhi apaticamente fissi nel vuoto.
Quei maledetti lo
avrebbero sentito, eccome.
ANGOLINO!
Orecchie alte,
gente, da adesso in poi ci diamo all’avventura!
Harry sospinse il portone del palazzo, e si inerpicò lungo le scale
Harry sospinse il
portone del palazzo, e si inerpicò lungo le scale.
Lo avevano
convocato per fare la statuina, maledetti rompiscatole. Per nient’altro che
annuire alle proposte, e stare a sentire un mucchio di stupidaggini
burocratiche e legislative, inutili quanto noiose. Aveva una voglia matta di
buttarsi sul divano e rilassarsi, di chiacchierare un po’ con Draco e di
giocare con James. Si chiese persino, ormai sul pianerottolo, come diamine
avesse fatto, fino a quel momento, a sopravvivere al lavoro senza la sicurezza
di una famiglia da cui tornare, senza qualcosa per cui valesse la pena
sorridere, dopo un’intera giornata.
Chissà se Draco lo
avrebbe lasciato restare anche quella notte. Lui sperava davvero di sì.
Harry scampanellò
allegramente alla porta, ma quando si aprì, si trovò di fronte il volto di
Draco quasi sfigurato dal pallore e dalla tensione.
- Che succede. –
domandò precipitosamente.
- Harry, perché
sono venuti qui. -
- Chi è venuto? -
Draco sembrò
rianimarsi quel poco che bastava a ricordare le buone maniere, e a scostarsi
per farlo entrare.
Harry gettò la
giacca sulla prima poltrona disponibile, senza staccare gli occhi da Draco, e
prudentemente lo condusse verso il divano.
- Draco, che è
successo? – ritentò, sgradevolmente perseguitato da una sensazione di disagio.
- Sono venuti degli
uomini. Tre. – rispose meccanicamente Draco. – Volevano vedere James. -
Harry ammiccò,
confuso. - James? Ma chi erano? -
Draco scosse la
testa. – Non lo so. Ma avevano i distintivi del Ministero. Forse erano Auror. -
- E’ assurdo, per
quale ragione tre Auror dovrebbero voler vedere un bambino? -
Draco scosse di
nuovo la testa, ed Harry sospirò.
- Dov’è James, ora?
-
- Di là in cucina.
Gli stavo dando da mangiare quando sei tornato. -
- Ok. – Harry si
rimise in piedi. – Allora facciamo così: finisci di dargli la pappa, così poi
lui si mette buono a giocare un po’. E tu mi racconti tutto per filo e per
segno, eh? -
Draco annuì
debolmente. Mentre si rialzava, per tornare in cucina, Harry rimase seduto sul
divano, ipnotizzato per qualche secondo, senza un motivo preciso, dai suoi
piedi che percorrevano frettolosamente il pavimento del salotto.
Sentì i gorgoglii
di James, la voce di Draco, in quella particolare declinazione di dolce che
riservava solo ed esclusivamente lui, il rumore delle posate e dei piatti, e
James che protestava, perché non aveva più fame. Chissà quante volte lo aveva
già sentito, e quindi chissà perché stavolta suonava tutto in modo diverso.
Si prese un lungo
sospiro, per cercare di orientarsi almeno un po’, in quella situazione
improvvisamente tesa e frettolosa.
Tre Auror, o
almeno, probabilmente tali, erano stati lì, durante la sua assenza, per vedere
James. Un po’ troppo poco, per darsi un’idea di cosa potesse essere successo, ma
abbastanza per provare un fastidioso senso di claustrofobica fretta.
Draco tornò in
salotto, con James che gli zampettava davanti, allegro.
Lasciò il piccolo
seduto sul tappeto, in mezzo ai suoi giochi, davanti a loro, e si rimise
seduto, sempre più rigido e meccanico, e vuoto.
- Allora… -
cominciò a sillabare, sforzandosi di fare un bel respiro.
Harry gli cinse le
spalle, entrambe, con un braccio. E lui cominciò.
- Sono venuti a
bussare, dalla porta, non più di mezz’ora dopo che tu te ne sei andato. Erano
in tre, tre uomini robusti, e avevano questi stemmi, dei distintivi, non so,
del Ministero.
- Che cosa ti
hanno detto? –
- Mi hanno chiesto
se ero il Signor Malfoy, e poi mi hanno chiesto se era possibile vedere James.
– mormorò Draco. – Sembravano gentili, non mi hanno aggredito. Eppure non lo
so… c’era qualcosa che non mi convinceva. –
- Che cos’hai
fatto? –
- Gli ho detto che
non era possibile. Che dormiva. –
- E loro? –
Draco si torse le
mani, in grembo. – Mi hanno detto di andare a svegliarlo. –
Harry annuì
lentamente, concentrato, come se fosse intento ad annotare ogni cosa nella
testa.
- Io allora sono
andato a prenderlo. Che altro avrei potuto fare? – gemette Draco. – Loro mi
hanno chiesto se fosse James, e poi… -
- E poi? –
- Non lo so. –
stridette Draco, nervoso. – Era tutto troppo strano. Uno di loro voleva che
glielo lasciassi prendere in braccio, ma io ho detto loro che James non si
lascia toccare dagli estranei. Hanno insistito, hanno detto che non potevo
rifiutarmi, che era un ordine del Ministero, ma io ho detto loro che non li
avrei lasciati avvicinare a James. Non volevo. Ho fatto bene, vero, Harry? –
Harry chinò la
testa verso quella di Draco, che lo guardava, nervoso.
- Sì. hai fatto
benissimo. – lo tranquillizzò, baciandogli la fronte. – E poi cos’è successo? –
- Loro hanno detto
che disobbedire al Ministero era un crimine, ma a quel punto non lo so, sentivo
che c’era qualcosa che non andava. Ho chiesto loro di andarsene, ho detto loro
che dovevano stare lontani da James, loro ripetevano che era per il Ministero,
per il Ministero, ma poi James ha cominciato a piangere, e io non ci ho visto
più. –
- Draco… - Harry
gli passò una mano fra i capelli. – Mi dispiace di non essere stato qui con te.
Maledizione. –
Draco gli strinse
una manica della camicia, come faceva James, tutte le volte che si svegliava da
un brutto sogno.- Che cosa succede, Harry. –
- Non lo so. Ma
qualsiasi cosa sia, non permetteremo che qualcuno si avvicini a James. Domani
pretenderò delle spiegazioni, dovessi andare da Lowerton in persona. –
- Non mi piace che
qualcuno voglia James. Che qualcuno pensi a lui, non voglio, ci pensiamo noi a
lui, siamo i suoi genitori. –
Harry sfregò un
braccio di Draco, affettuosamente. – Tranquillo. – sussurrò.
Draco annuì, e
socchiuse gli occhi, appoggiato a lui. Harry stiracchiò i muscoli della
schiena, e sollevò delicatamente il braccio, per controllare l’ora. Draco lo
seguì con lo sguardo, e quando lo vide muoversi, indeciso, gli strinse di nuovo
la manica.
- Rimani. – gemette.
– Per favore. –
Harry si distrasse
dall’orologio. Draco lo guardava negli occhi con un’intensità quasi
insostenibile, potente e decisa. Nei suoi occhi, gli specchi di James, la voce
e le risate di un bambino, suo e loro, ma anche una paura più adulta e più
razionale, un’inquietudine istintiva.
Nulla più di un
bambino rende un uomo animale, pensò Harry.
Nulla più di un
bambino, del proprio bambino, rende un uomo leone, lo rende sensibile e
primordiale, lo rende forte della sua stessa fragilità, perché un bambino è
allo stesso tempo il punto più debole, il nervo più scoperto, e la forza più
grande di un genitore.
Draco era tutto
questo. Era istinto che non ammetteva briglie, in quel momento, era la potenza
della Natura Madre, era la mano armata del suo stesso amore per James.
- Ma certo che
rimango. – lo rassicurò Harry. – Resto qui con voi. –
- Che cosa vuole il
Ministero, dal nostro piccolo… –
- Non lo so. Ma non
ti preoccupare, lo scoprirò. –
Draco annuì un po’
troppo forte, ed Harry lo abbracciò, senza una parola.
James rimase con le
manine chiuse sul grembo, ad osservare i suoi genitori, sul divano. Così
stretti, così vicini, eppure c’era qualcosa che non andava. Non gli facevano
venire voglia di sorridere.
Papà Harry
stringeva papà Draco con troppa violenza, come se avesse cercato di tenerlo
nascosto, di proteggerlo da qualcosa di brutto, di bruttissimo, e di tanto
cattivo.
James ebbe paura.
Si mise in piedi, appoggiandosi alle manine, afferrò il suo Bu Bum per un
corno, e corse verso il divano, buttandosi sul divano, aggrappandosi al
polpaccio di Draco, piegato e sporgente, e prendendo a piagnucolare senza un
motivo.
- No, piccolo… -
sussurrò lui, prendendolo subito in braccio, e stringendolo fra sé e Harry.
- Che cosa c’è da
piangere, campione? – sorrise Harry, accarezzandogli la testolina con quelle
sue mani tanto grandi che James pensò che, se solo lo avesse voluto, il suo
papà sarebbe stato capace di spostare le montagne.
Non lo sapeva, che
cosa aveva da piangere. Voleva soltanto essere certo che tutto andasse bene,
probabilmente. Ma non sapeva come si fa a chiederlo, a volte la lingua che
parlano i grandi è davvero troppo complicata.
Papà Draco aveva
uno sguardo spaventato che lo rendeva un po’ meno bello, e James non voleva,
voleva che il suo papà fosse sempre bello, bellissimo, così poi lo sarebbe
stato anche lui, un giorno, da grande. Mestamente, affondò le manine nei suoi
capelli tiepidi e chiarissimi, e Draco se lo strinse sulla spalla, gli baciò
una tempia.
Harry teneva lo sguardo
fisso sulla schiena del piccolo, James li poteva sentire, gli occhi verdi del
suo papà eroe, così forti, così intensi, così caldi da sembrare un tocco.
E poi Draco si
piegò verso di lui, e James si trovò stretto contro il petto di Harry, il suo
volto, con le sue strane lenti, oltre l’altra spalla di Draco, che lo guardava,
un po’ troppo assorto, per i suoi gusti, senza sorridere.
James sospirò, e si
raggomitolò sul collo di Draco.
Si stava
preoccupando troppo, probabilmente. Qualsiasi cosa stesse succedendo, i suoi
papà avrebbero sicuramente saputo come fare, per sistemare tutto quanto, no? È
a questo che servono i papà. A questo, e al bacino della buona notte. Oh sì,
quello è davvero fondamentale.
Draco si mise a
letto quasi a forza. Non voleva andarsene dalla cameretta di James, insistette
a lungo per portare il piccolo a dormire con loro, ma Harry lo convinse che non
c’era nulla da temere, non quella notte. Draco si strinse a lui fortissimo,
ancora prima di aver sistemato le coperte, ed Harry ricambiò d’istinto, lo
protesse con il suo corpo da un nemico che non c’era, o forse sì. Gli accarezzò
lentamente la schiena, su e giù, aspettando che ritrovasse la calma necessaria
a dormire un po’, anche se sapeva, entrambi lo sapevano, che quella notte non sarebbe
passata facilmente.
- Non avere paura…
- sussurrò Harry.
- Come posso. Ce
l’hai anche tu. –
Harry affossò il
volto fra il collo e la clavicola magra di Draco, baciandogli delicatamente la
gola. – Andrà tutto bene. Non permetterò mai che qualcosa spaventi i miei
bambini. Mai. –
ANGOLINO!
Signore e signori,
una notizia importante! Spero vi siate accorti del cambio del regolamento in
merito ai commenti, perché è davvero molto importante: non saranno più
accettati, e quindi cancellati dall’Amministrazione, commenti troppo brevi, e
che in sostanza chiedano solo di aggiornare. (es: Bella! Aggiorna presto!)
Per chi non lo
sapesse, vi invito a correre a leggere la nuova regola, nella home page, perché
mi rendo conto che molti di voi, che spesso lasciano commenti molto brevi,
rischiano di veder cancellate le loro recensioni, e davvero mi spiacerebbe
molto che il tempo che mi dedicate e di cui non sarò mai stanca di ringraziarvi
venisse vanificato.
La mattina dopo, Harry riunì attorno a sé le persone, le sole, che
sapeva potessero, che volessero, soprattutto, fare qualcosa
La mattina dopo,
Harry riunì attorno a sé le persone, le sole, che sapeva potessero, che
volessero, soprattutto, fare qualcosa.
Remus Lupin fu il
primo ad arrivare, appena pochi minuti dopo la convocazione generale via camino
da parte di Harry. Era un po’ scavato, come sempre, e come sempre sorridente.
Harry lo salutò con calore, con il calore della gratitudine, regalandosi
qualche minuto per due semplici parole fra amici, prima che Draco scendesse,
con James in braccio.
Harry gli rivolse
uno sguardo accigliato, e con mesta preoccupazione studiò il suo volto pallido,
tirato, segnato da quella notte passata quasi senza dormire. Draco sorrise
debolmente a Remus, sparì in cucina, e tornò dopo pochi minuti, con il biberon
di latte caldo, la colazione verso cui James si protendeva, eccitato. Nel giro
di pochi minuti furono tutti lì, Pansy e Blaise, ed Hermione e Ron, seduti nel
salotto di Draco, a guardarsi in faccia come se fosse una specie di riunione di
tempi andati che non c’erano mai stati. Hermione e Ron vedevano per la prima
volta il figlio di Harry, e ciò permise se non altro di concedersi qualche
minuto di distensione, una sorta di proemio dedicato alla piccola causa di
quella riunione. Il piccino si nascose in braccio a Draco, vergognoso, le
manine intrecciate ai capelli della sua nuca, ma quando Hermione lo avvicinò,
chiedendogli come si chiamasse, lui rispose “James” in modo tutto fiero, da
vero, piccolo Malfoy.
- Io mi chiamo
Hermione. – disse lei, con un sorriso. – Sono un’amica del tuo papà, sai? -
James arricciò il
nasino, indeciso. – Minone! – esclamò, indicandola, e sollevando il visetto
verso Draco, quasi a chiedere conferma.
Remus Lupin
osservava il piccolo a metà fra il divertito e l’intenerito. Osservava come lui
non lo guardasse, come probabilmente non si ricordasse più di lui, visto che
era passato davvero moltissimo tempo da quando era stato lì a trovarlo,
l’ultima volta. Osservava il modo in cui si stringeva il suo pupazzo a forma di
cervo, con tutti i significati e i motivi che si portava dentro, troppo grandi
e troppo complicati per un bambino, assolutamente irrilevanti per lui, con
affettuosa attenzione, senza mai mollarlo un momento. James, il James grande,
quello vecchio, quello suo, sarebbe stato fiero di suo figlio, e del suo nipotino.
Poteva quasi immaginarlo, il suo amico di sempre, tendere le mani verso di lui,
coinvolgerlo in mille giochi stupidi, per farlo ridere, e poteva quasi vedere
Lily ridere di lui, quando il piccolo lo avesse chiamato “nonno”. Invece, il
destino aveva voluto per lui, e per Harry stesso, qualcosa di molto diverso. E
aveva chiamato lui ad essere ciò che di più simile ad un padre Harry potesse
avere, dopo Sirius, e di conseguenza, ciò che di più vicino ad un nonno potesse
esistere per James.
Un giovanissimo nonno,
s’intende.
- Bene. – sussurrò
Harry a mezza voce, e Draco gli si avvicinò, cautamente. – Sarà meglio essere
brevi. È successa una cosa, ieri pomeriggio. –
Tutti i presenti si
protesero in avanti, praticamente nello stesso momento, e lui continuò.
– Sono venuti qui
degli Auror. Tre. E hanno chiesto di vedere James. Ora, io non c’ero, non ero
qui, perché il Ministero mi aveva chiamato a risolvere delle stupide faccende,
e… - Harry serrò i pugni, e James lo guardò, con il biberon a mezz’aria,
assorto.
- Ad ogni modo
Draco ha impedito loro di toccarlo, per fortuna. Volevano prenderlo in braccio,
ma lui gliel’ha impedito. –
- Perché non ti
hanno detto che cosa volevano? – intervenne Pansy, dubbiosa.
- Non lo so. Tutto
ciò che si sono degnati di dire è stato che venivano per ordine del Ministero.
–
Remus si strinse
una mano sul collo, e si fissò le scarpe. – Brutta faccenda. – mormorò.
Draco strinse a sé
James, che lo respinse con le manine, irritato. James aveva lo strano dono di
capire quando fosse il caso di starsene buono, mentre i grandi discutevano, ma
aveva anche la brutta abitudine di dare l’impressione di capire esattamente ciò
che si stesse dicendo. Voleva sentire, voleva stare ad ascoltare, esattamente
come tutti gli altri, non voleva essere protetto, non ne aveva bisogno, era un
bimbo coraggioso, lui.
Per questo Draco
formulò un sorriso forzato, per lui, gli accarezzò il visetto e lo distrasse un
po’ con qualche parola giocosa, mentre Harry continuava a parlare con gli
altri. E James lo punì con i suoi occhi dolcissimi, grandi e assorti.
Ho capito, papà, lo
sai? Non sperare che io non sappia che c’è qualcosa che non va. Non sperare che
io non legga la paura nei tuoi occhi. Non so leggere, papà, lo so, sono troppo
piccino. Però i tuoi occhi, quelli sì, quelli li so leggere, perché sono la
prima cosa che ho conosciuto di questo mondo, e a tutt’oggi restano ancora la
cosa più bella, per me.
Draco si morse un
labbro, chiuso nel suo piccolissimo mondo, con James, ignorando gli altri. –
Non guardarmi così, tesoro… ti prego. - sillabò appena.
- Dovresti parlare
con Lowerton, subito. – mormorò Blaise.
- No. – lo
interruppe Hermione. – E’ l’esattamente l’ultima cosa che devi fare. Devi
rimanere qui, Harry, non devi muoverti di casa. –
Remus annuì. – Ha
ragione. A questo punto è più che ovvio che abbiano solo voluto allontanarti da
casa, ieri, per poter trovare Draco da solo. –
- Già. – Harry
sbuffò dal naso. – E io che ci sono cascato in pieno. –
- Non è colpa tua.
– disse Pansy, pragmatica. – Che ne potevi sapere? –
- Il punto è, che
si fa? – sospirò Blaise. – Se non vai al Ministero non scoprirai mai che cosa
vogliono da James, ma loro aspettano solo che tu ti allontani di qui, a quanto
pare. –
- Però potremmo
cercare di indagare noi. – propose Ron. – Insomma, ci sarà pure qualcuno
disposto a parlare, no? –
Remus annuì, e
anche Pansy.
- Allora,
ricapitoliamo. Tu dovresti… -
Hermione fu
interrotta bruscamente da un picchiettio fastidioso. Tutti i presenti si
voltarono verso la finestra su cui stava appollaiato un bel barbagianni chiaro.
Draco diede un
gemito strozzato, ed Harry gli strinse una mano, per un istante, prima di
alzarsi.
Il gufo gli
consegnò il suo messaggio, che Harry srotolò soltanto una volta tornato a
sedere sul divano.
Si schiarì la voce,
mentre scorreva rapidamente le poche righe.
Signor Potter
Siamo spiacenti
di doverla disturbare nuovamente, ma come Lei ben sa, la sua presenza è
indispensabile, ai fini della prosecuzione dei lavori processuali tutt’ora in
corso, nei confronti di molti imputati ancora privi di una sentenza.
Il Tribunale
perciò La invita formalmente a presentarsi al Ministero della Magia, in data
odierna, alle ore 15.00. La riunione della Corte Speciale si riunirà in
consiglio alle ore 15.10 in punto.
Confidiamo nella
sua disponibilità.
Cordialmente.
Il Tribunale Speciale
- Come pensavamo,
che puntualità. – constatò Remus, accigliato.
- Che facciamo? –
ansimò Harry, stritolandosi nervosamente la pergamena fra le mani. – Non posso
permettere che mi incastrino di nuovo, ma non posso nemmeno rispondere loro
“arrangiatevi”. –
- Harry non andare.
– soffiò Draco.
Harry inspirò a
fondo, abbandonandosi all’indietro, verso Draco. era arrabbiato, e spaventato,
lo si vedeva benissimo. Ma se i suoi amici, che erano stati suoi compagni
durante la guerra, riconoscevano nelle pieghe della sua fronte la stessa
espressione di quando si andava incontro ad un’imboscata, per Draco era tutto
nuovo, tutto molto diverso dall’Harry che aveva conosciuto fino a quel momento,
tutto molto meno stabile, meno sicuro.
- Sta tranquillo,
dai. Andrà tutto bene. – gli mormorò Harry su una tempia, cingendogli le
spalle.
- Se fossimo in
grado di procurarsi della Polisucco, qualcuno potrebbe andare al posto tuo. –
osservò Ron.
Un momento di
silenzio impotente scese, prima che Blaise risollevasse la testa di scatto. –
Hey! – esclamò, quasi facendo sobbalzare i presenti. – Ma noi possiamo
procurarcela! –
- Ah sì? – sbottò
Pansy. – E come pensi di fare? –
- Semplicemente,
penso di chiedere a Piton. – le mugugnò in faccia Blaise, per tutta risposta.
- Se c’è un posto
dove potrebbe esserci della Polisucco, è a scuola. – annuì Hermione. – E il
professor Piton… -
- Oh no, Piton no.
– gemette Ron.
Hermione lo investì
con un’occhiataccia, e proseguì. – Lui ci aiuterà. O quantomeno, ci darà un po’
di pozione e ci manderà tutti al diavolo. -
* * *
- Allora, tutto
chiaro? – fece Harry, teso.
- Chiaro. – rispose
Harry, altrettanto teso.
Harry, quello vero,
si lasciò sfuggire un mezzo sorrisetto. – Dio sei… beh, identico a me, in modo
spaventoso. –
Harry, l’altro
Harry, alzò gli occhi al cielo. – Non ti ricordi di quella volta che siamo
entrati… -
Harry zittì la sua
copia con un’occhiataccia, e il falso Harry si affrettò a mordersi la lingua, e
a scoccare un’occhiatina prudente a Malfoy, fortunatamente distratto.
- Allora, buona
fortuna, Ron. – fece Hermione, aggiustando la giacca del falso Harry. – Ti
aspetto da me, appena avrai finito con la riunione. –
- Hai preso la
fiaschetta di pozione? – intervenne Pansy.
- Sì. Ce l’ho,
tutto a posto. – borbottò Ron, toccandosi una tasca dei pantaloni.
- Ricordati di
prenderla, allo scadere di ogni ora. –
- Me lo ricordo,
Hermione, non mi chiamo Neville Paciock. –
Harry alzò gli
occhi al cielo. – Su, smettila di prendere in giro il povero Neville. Dai,
prendi la mia valigetta. Non ti servirà a niente, ma io la porto sempre,
quindi… -
- Bah… - borbottò
Blaise. – Ancora non riesco a capire perché abbiate scelto lui, invece che me.
–
- Perché Ronald
conosce Harry molto più di tutti noi. – mediò Remus. – E poi è stato in Scozia,
con lui. Se si parlasse di battaglie, almeno lui saprebbe cosa dire, non pensi?
–
- Noi due andiamo a
casa mia. – concluse Pansy, pratica. – Chiamateci lì, quando sarà finita. -
- D’accordo. Ron
tornerà da me, e noi verremo subito qui, intesi? Remus, viene anche lei da me? Sarà
meglio non disperderci, sarà più facile riunirci tutti di nuovo. –
- Volentieri,
Hermione. Spero di poter approfittare di un buon tea. – rispose Remus, con un
sorriso.
Draco osservava
tutti i preparativi con occhi vacui. Solo quando Harry parlò di come
organizzare le comunicazioni si rianimò un pochino.
- Potresti
nasconderti in cucina. – suggerì. – Io resterò qui in salotto con James, e loro
non potrebbero vederti, entrando.
Harry passò in
rassegna con lo sguardo tutti quanti, e Draco si sorprese a pensare che
probabilmente aveva fatto sempre così anche durante la guerra, a giudicare da
come i suoi amici lo ricambiavano. E non gli piaceva per niente, che Harry si
comportasse come se dovesse prepararsi ad una battaglia.
Rimasti soli, il
suo sguardo cambiò, ma l’umanità più tenera che ora Harry stilava era ancora
troppo pregna di un cipiglio nervoso e guerresco.
James fu accomodato
sul tappeto, e circondato dai suoi giochi, mentre Draco, giornale fra le mani,
fissava il vuoto, con il cuore in gola.
- Non essere così
teso. – lo ammonì dolcemente Harry. – Vedrai che non succederà niente. –
- Non lo so. Ho
paura, Harry, ho un presentimento bruttissimo. –
- Ma io sarò qui, e
non permetterò che accada niente. Non permetterò a niente e a nessuno di
toccare James. –
Draco deglutì. – Harry,
non… non ce lo porteranno via, vero? – osò finalmente insinuare. Confessare,
più che altro. Confessare il suo peggior incubo.
- Ma no, certo che
no. – si affrettò a rassicurarlo Harry. – Non possono farlo, non avrebbe senso.
–
Draco annuì
distratto, occhieggiando di tanto in tanto verso la porta di casa.
Harry rimase
immobile, accanto a lui, per pochi minuti, e infine sospirò.
- Ron sarà arrivato,
ormai. – disse, controllando rapidamente l’orologio. – Sarà meglio che vada di
là. –
- Ok. – sibilò
Draco, in un modo che spaventò Harry molto più della prospettiva di dover
affrontare un esercito intero di Auror. Draco aveva una tale empatia, nei suoi
momenti di paura, che Harry riusciva quasi a sentire lo stomaco farsi stretto,
come il suo. Era così, era sempre stato così, con lui, fin dai tempi della
scuola.
Si alzò, e in punta
di piedi si chiuse in cucina, e si appostò contro il muro.
Dopo una decina
scarsa di minuti, il campanello trillò.
Draco deglutì a
vuoto, scoccò un’occhiata a James, e lentamente, misuratamente, si alzò, per
andare ad aprire.
Non erano gli
stessi uomini del giorno prima, erano cambiati, ma erano sempre tre.
- Signor Malfoy? –
fece uno di loro. – Siamo qui per ordine del Ministero. –
- Sono venuti anche
ieri. – replicò Draco, piuttosto seccamente.
- Sì, infatti. –
rispose l’uomo, senza scomporsi. Infilò la mano guantata in una tasca del suo
mantello, ne estrasse un foglio di pergamena dall’aria ufficiale, e la scorse
rapidamente con gli occhi. – Signor Malfoy, vista la sua reticenza nei
confronti dei nostri colleghi, ieri, ci spiace essere dovuti ricorrere alle vie
legali. Abbiamo il compito di prelevare suo figlio. – disse, porgendo il foglio
a Draco.
Draco strabuzzò gli
occhi. – Che.. cosa? – ansimò, ignorando completamente la mano dell’uomo,
mentre nella sua mente prendevano forma tre mostri, di fronte a lui,
sovrapponendosi ai tre Auror.
- Mi dispiace, ma
deve consegnarci il bambino. È per ordine del Ministro, ordine scritto, questa
volta. – spiegò freddamente un altro, infastidito, a quanto sembrava, dal fatto
che Draco non sembrava voler accettare la pergamena.
- Nemmeno per
sogno. – riuscì a formulare Draco. – Via di qui, immediatamente. –
- Non ci costringa
a usare la forza, signor Malfoy. – insistette il primo, con tono professionale,
arrendendosi ed appoggiando il mandato sulla mensola che campeggiava
nell’ingresso. – Perché questa volta ne ho l’autorizzazione. Siamo qui per
prelevare il bambino. –
Draco ringhiò, e
mise mano alla bacchetta prima di rendersene conto. – State lontani. – sibilò.
- Non lo faccia,
Signor Malfoy. – rispose il terzo uomo, annoiato. – Non le conviene andare
contro la legge. –
- Non esiterò a
farlo. –
- Nemmeno io. –
Harry balzò fuori
all’improvviso, prendendo persino Draco alla sprovvista. I tre Auror si
irrigidirono contemporaneamente, sorpresi.
- Signor Potter, ma
lei… -
- Spiacente, ci
avete provato… - ringhiò Harry. - Draco, Prendi James, e stai indietro. –
intimò, la bacchetta ben puntata davanti a sé.
- Metta giù la
bacchetta. – ingiunse un Auror, avanzando di un passo. – Siamo qui per ordine
del Ministro, e… -
- Me ne frego, del
Ministro, uscite subito da qui! –
- Con il bambino,
signor Potter. –
- Scordatevelo. –
- Reducto! –
Una scarica
violacea partì dalla bacchetta di uno dei tre, mancando Harry di un soffio.
James scoppiò a piangere, spaventato dal frastuono, e Draco tese la bacchetta
davanti a sé, di riflesso.
Harry ringhiò
nuovamente di andarsene, ma i tre Auror lo circondarono, costringendolo contro
la parete.
- Stupeficium! –
gridò uno di loro, ed Harry chiuse gli occhi, pronto ad incassare.
Ma nulla lo colpì.
Frastornato, si
chiese come diamine fosse riuscito ad evitare uno Schiantesimo lanciato da così
vicino, quando lo vide cadere, come al rallentatore.
Draco crollò a
terra inerme, il volto imbrattato di sangue, per il raggio che lo aveva
centrato in pieno volto, a tradimento, mentre teneva la bacchetta ancora alzata.
James era fra le sue braccia, e in qualche modo, pur nell’incoscienza, forse
solo per fortuita casualità, Draco riuscì a proteggerlo dalla caduta, ad
attutire il colpo con il proprio corpo.
- Papà! – strillò
il piccino, terrorizzato, ma Draco non potè rispondergli. La sua bacchetta
scivolò via dalla sua mano, rotolando fino al tappeto con un rullio sordo.
Harry era
impietrito, completamente impietrito, ed inorridito, come se il film della sua
stessa infanzia si stesse replicando di fronte ai suoi occhi attoniti. Un
bambino che urlava, di fianco al padre, a terra, prima di venire afferrato
dalle mani troppo grandi e rudi di quello che era, né più né meno, un soldato.
- Lasciatelo! –
ruggì, scatenando un raggio impressionante contro l’Auror più vicino.
- Protego! –
Lo Schiantesimo di
Harry colpì l’Auror solo di striscio, lasciandolo senza forze, ma tre erano
troppi da affrontare, in un ambiente così stretto, persino per lui.
- Diffindo! –
- Harry evitò il
colpo sbilanciandosi, e puntando di nuovo la bacchetta davanti a sé, ma così
circondato non potè far altro che cercare di colpirne almeno uno.
- Reducto! – gridò,
quasi in contemporanea con l’Auror che lo bloccava sulla sinistra, e un attimo
dopo, Harry si ritrovò a terra, a sua volta, stordito e dolorante.
Sentì il gemito
dell’Auror che aveva colpito, sentì il suo collega aiutarlo a rialzarsi, sentì
il terzo di loro intimare di muoversi, di far presto, e sembrava tutto
mostruosamente vero.
- James! – gridò,
senza riuscire ad allungare nemmeno una mano verso la porta che si richiudeva
sbattendo dietro ai tre Auror.
Per un momento,
Harry pensò di lasciarsi andare, di arrendersi, e perdere coscienza lì, sul
pavimento.
Era finito, era
tutto finito, era come aver perso una guerra, tutte le guerre, tutte le guerre
del mondo, e non riuscire a capacitarsene, lì, sul pavimento di casa. Ma poi la
rabbia, la furia, montarono in lui come fuoco, costringendolo a rimettersi in
piedi.
- Draco… -
sussurrò, gattonando a fatica di fianco al compagno esanime. Gli ripulì delicatamente
il viso dal sangue, fece ciò che potè, controllò che il resto fosse intero. Per
il suo naso rotto avrebbe dovuto aspettare.
- Innerva. –
sussurrò, lasciando che Draco riprendesse conoscenza gradualmente.
Non avrebbe saputo
come dirglielo. Parole adatte, non esistevano.
- Harry. – sussurrò
Draco, dolorosamente.
- Shhh… hai il naso
rotto. Non parlare. –
Draco si agitò
quasi subito, appena riacquistata la forza sufficiente. – James. – farfugliò,
concitato.
Harry chinò
penosamente la testa, senza riuscire a fiatare, e Draco, dopo un momento di
silenzio attonito, gemette.
ANGOLINO!
Scusate per il
ritardo, ma sono riuscita nell’impossibile impresa di scrivere questo cap nel
file di Virgin, invece che in quello di Fathers, ragion per cui mi sono
disperata per giorni, e ci ho impiegato anni a ritrovarlo… Effettivamente non
mi tornavano i conti, non riuscivo a capire come diamine facessero Harry e
Draco a ritrovarsi con un figlio dopo il primo appuntamento -___-’
Beh, tutto è bene
quel che finisce bene. Anzi no, proprio per niente, visto che i guai iniziano
adesso…
Grazie a tutti
quelli che hanno come sempre recensito, e per la cronaca autorizzo Far a raccontarmi
della sua comunione!
Ma a parte gli
scherzi, non dovete preoccuparvi della cancellazione se la vostra recensione
non è particolarmente lunga, dovete solo evitare di lasciare soltanto uno
scarno “Aggiorna”, perché sarà preso come una richiesta, e non come una
recensione, e pertanto verrà cancellata!
Ah sì, una cosa che
mi aveva chiesto Sara tempo fa, riguardo ai Missing Moments: ne riparleremo più
avanti, vorrei proporvi un’idea che mi è venuta tempo fa, quindi portate
pazienza per un po’, vi farò sapere!
- Lowerton! – ruggì
Harry, irrompendo nel corridoio deserto del Ministero. – Dov’è mio figlio! -
La porta
dell’ufficio del Ministro era chiusa a chiave, ma Harry si abbatté sul suo
legno massiccio e scuro con furia animale, facendo vibrare persino la parete
circostante.
Draco, dietro di
lui, livido, teneva le dita strette attorno alla bacchetta, e dentro di lui,
come una cantilena, fluttuava la sua stessa voce.
Avrebbe ucciso,
avrebbe ucciso, avrebbe ucciso per suo figlio.
- Signor Potter! –
intervennero due Auror, accorrendo al frastuono che Harry stava scatenando, ma
Harry li incenerì con un’occhiata, e Draco puntò immediatamente la bacchetta
contro i loro distintivi dorati.
Nessuno, né
Hermione, ne Lupin, né Blaise, arrivati appena Ron era tornato dal Ministero,
era riuscito a fermarli, una volta ripresi completamente dalle conseguenze
degli incantesimi che li avevano colpiti. Semplicemente, si erano alzati dal
divano dove gli amici li avevano fatti sdraiare, per curare i lividi di Harry e
il naso rotto di Draco, e ignorando qualunque genere di tentativo di farli
ragionare, erano partiti insieme, per il Ministero, con le facce più nere che
si fossero mai viste.
Sapevano entrambi
che gli amici li avrebbero raggiunti, era solo questione di tempo, ma erano
comunque andati avanti, perché nessuno, in quel momento, sarebbe riuscito a
correre più di loro, e in cuor suo Harry sperava di poter riavere James in
braccio prima che Hermione e Pansy riuscissero a raggiungerli.
- Signor Potter, si
calmi! –
Harry schiantò di
nuovo i pugni contro l’uscio, ignorando qualsiasi altra cosa. - Apri questa
porta, Lowerton, maledizione! Ridammi immediatamente mio figlio! –
I due Auror,
sconcertati, non tentarono nemmeno di cercare di immobilizzare Harry, perché
Draco li teneva sotto tiro, e la sua faccia non prometteva davvero nulla di
buono.
- Lowerton! Vieni
fuori! – gridò ancora Harry, ma da dietro l’uscio non proveniva alcun rumore.
- Levati, Harry,
sfondo la porta. – fece Draco, fermo.
- Aspetta, no. – lo
fermò Harry. – Voglio vedere se questo vigliacco viene fuori da solo, o se devo
andare a stanarlo come un topo. –
- Basta, basta! –
intervenne una voce concitata, dal corridoio. – Harry, fermati! Draco, per
l’amor del cielo, giù quella bacchetta! –
Hermione annaspò
fino a raggiungere gli amici davanti alla porta. Dietro di lei, uno scalpiccio,
di parecchi piedi.
– Non farete che
complicare la situazione. – gemette, con il fiato corto.
- Non c’è nessuna
situazione. – borbottò Harry. – Rivogliamo nostro figlio, eccola, la
situazione. –
- Draco… - sussurrò
Pansy, sopraggiungendo assieme a Blaise, e a Ron. – Draco, devi restare calmo.
–
- Non ci penso
nemmeno, a stare calmo! – strepitò Draco, le guance rosso sangue per la
collera.
- E invece
dovrebbe, signor Malfoy. –
Una voce
controllata e ben impostata raggiunse il gruppetto nel corridoio, davanti alla
porta dell’ufficio del Ministro.
- Continuare ad
insistere davanti a quella porta non servirà a niente. Il Ministro non è lì
dentro. –
- E allora mi dica
dov’è. – ringhiò Harry, voltandosi di scatto.
- La attende al
piano inferiore, signor Malfoy. – rispose l’uomo che aveva parlato, vestito
elegantemente, in modo piuttosto sorpassato, con la sua voce controllata.
Harry storse il
naso, davanti al suo più che palese tentativo di ignorarlo.
- Veniamo anche
noi. – annunciò Hermione, decisa.
- Temo non sia una
faccenda che riguardi altri, all’infuori del signor Malfoy. – replicò l’uomo,
inflessibile.
- Oh, vuole vedere
chi stabilisce le regole, qui? – lo minacciò Harry. – Ci faccia strada, e in
fretta, anche. Non starò a sentire un’altra parola, finché non avrò rivisto mio
figlio. -
* * *
- Ciao, piccino. –
Tu non sei il mio
papà. Chi sei? Dove sono i miei papà?
- Io mi chiamo
Nancy. E tu? –
Che cosa sei? Sei
una mamma? Dove sono i miei papà?
- Ti chiami James,
vero, piccolo? Su, me lo vuoi dire, il tuo nome? –
Forse se le dico il
mio nome, lei mi porta dai miei papà.
- James. –
- James, bravo
bambino. Ascolta, io starò qui con te, va bene? Possiamo giocare insieme, vuoi?
–
Giocare insieme?
No, no, tu non sai giocare. Solo i miei papà sanno giocare. E la zia Pansy, e
lo zio Blaise. Ma tu non sei la zia Pansy, non le somigli affatto.
- … Papà Daco? Papà
Dedy? –
Li conosci? Oh, per
favore, dimmi di sì. Li conosci per forza, non puoi non conoscerli. Papà Harry
è quello forte, è quello che fa l’eroe, sai? Quello che fa le tille, e tutto il
resto, e che mi fa cavalcare sulle sue ginocchia, e un sacco di altre cose. E
papà Draco è quello bellissimo, lui è il papà più più più bello del mondo. Papà
Draco è quello con i capelli tutti morbidi. Li conosci, eh? Eh?
- I tuoi papà
staranno via per un po’, caro. Ma tu non ti preoccupare, vedrai che ci
divertiremo,io e te, sai? Hai fame, piccolino? Lo vuoi un bel biscotto? –
Fame? Oh no, la
mela! Oh, solo papà Draco sa farmi la mela frullata come la voglio io. Con il
succo di zucca, e i pezzetti grossi dentro… no, no senti, i miei papà non
possono essere andati via senza di me. Devi esserti sbagliata, sai? Papà Draco
non vuole mai che io vada lontano da lui, nemmeno quando siamo al parco, perché
dice che c’è troppa gente, e poi mi perdo. Non può essere andato via senza di
me.
- … Papà… -
- Non piangere,
tesoro, su. Vedrai che ti piacerà rimanere qui con me, non preoccuparti. Forza,
vuoi che leggiamo una storia? Una bella storia che vuoi tu? –
Non voglio storie.
Tu non le sai raccontare, le storie. La zia è la più brava, oh sì, ma anche
papà Draco è bravo. Papà Harry invece è un po’ imbranato, perde sempre il
segno, e poi si sbaglia sempre con tutti i finali, però mi fa ridere, lui.
Invece tu non mi fai ridere per niente, no. Non hai un profumo di buono, come
papà Draco. E non profumi nemmeno di eroe. Solo il mio papà Harry profuma di
eroe.
Chi sei? Perché non
vuoi dirmi dove sono i miei papà?
- Gno… gno, papà!
Papà Daco! –
- Il tuo papà non
c’è, piccolino, ma non devi avere paura. Io sono qui per tenerti compagnia.
Faremo tanti bei giochi, vedrai. Su, non piangere. –
È tutto un brutto
sogno. Un brutto sogno bruttissimo, bruttissimo, e lo sai che cosa succederà
adesso? Papà Draco mi sentirà piangere, e verrà a svegliarmi, e mi prenderà in
braccio, e tu scomparirai, sì!
- Su, James, va
tutto bene, caro. –
No, non è vero.
Dove sono i miei papà!
- Bugia! Bugia! –
- No, non è una
bugia. Forza, vieni, perché non ti siedi qui vicino? Così puoi scegliere un bel
gioco da fare. –
No! Non mi toccare!
Vai via, vai via, tu sei brutta!
* * *
Il Ministro
Lowerton occhieggiò nervosamente al volto di Harry, livido di rabbia, a Draco,
che digrignava i denti sonoramente, e ad Hermione, che era entrata di forza
nell’ufficio.
- Conosce il signor
Wharrel, signor Potter? – incominciò con voce leggera. – Ha incontrato sua
moglie assieme a noi, qualche tempo fa. –
- Lei mi ridia mio
figlio, e io fingerò di essermi dimenticato il suo nome. – ringhiò Harry.
- Temo che non sia
possibile. – recitò il signor Wharrel. – Signor Malfoy, abbiamo ricevuto
notizia dal San Mungo che suo figlio possiede doti assolutamente singolari. Ci
è stato riferito che la sua capacità di magia spontanea è sfuggita al controllo
del personale, durante la prova di misurazione, ed ha seriamente sconvolto
l’ambiente circostante. –
- L’esito di quegli
accertamenti dovrebbe essere un segreto professionale. – sibilò Draco.
- Non quando essi
costituiscono un importante pericolo per la comunità. – replicò Wharrel, ed il
Ministro annuì solennemente.
- È nostro dovere
prelevare il bambino, affinché possa essere sorvegliato adeguatamente, e seguito
nel suo sviluppo da persone preparate, in grado di proteggerlo dal pericolo che
costituisce per sé e per gli altri. –
- Mio figlio non è
affatto un pericolo! – ringhiò Draco. – Mi guardi bene in faccia, perché le
assicuro che in questo momento sono io, l’unico pericolo per lei! –
- Non c’è bisogno
di scaldarsi, signor Malfoy, sono certo che lei vorrà essere abbastanza
ragionevole da comprendere che… -
- Hey, nessuno qui
sarà ragionevole, e la smetta di ignorarmi, come se non fossi presente! –
intervenne Harry, seccato.
L’uomo vestito in
modo antiquato fissò Harry con uno stupore tutto artificiale.
- Oh, temo, signor
Potter, che lei non abbia voce in capitolo. È con il signor Malfoy che dovrò
discutere la questione, non con lei. –
Draco rivolse ad
Harry un’occhiata confusa, ed Harry a lui una rigida.
– Che significa che
parlerà solo con Draco? – ringhiò. – Perché, io non valgo niente, qui? –
Il sorriso
dell’uomo si allargò. - La sua firma non compare sui certificati del San Mungo.
– disse, professionale. - A tutti gli effetti, il bambino porta il suo cognome
senza diritto. –
- Il signor Wharrel
è un avvocato del Ministero, signor Potter. – intervenne il Ministro a mezza
voce. – Abbiamo fatto delle verifiche, e… -
Draco aprì la
bocca, sperando di sentirne uscire una replica indignata, ma qualcosa gli fermò
la voce nella gola, lasciandolo lì attonito.
- Come sarebbe a
dire! – ruggì Harry. – E’ ridicolo, sapete tutti che quel bambino è mio figlio!
Tutti, tutti quanti! -
- Ma non c’è nulla
che lo dimostri. –
- Esiste un esame
babbano in grado di dimostrare che James ha il sangue di Harry. – intervenne
Hermione, incrociando le braccia con aria di sfida.
- Temo, signorina
Granger, che la tecnologia babbana non sia uno strumento valido. Nessuno qui
sarebbe in grado di valutarne i risultati. -
- Non è vero! Ci
sono un sacco di figli di Babbani che lavorano qui, e che sanno benissimo che
cos’è un test del DNA!-
- Ma noi non lo
sappiamo. – concluse l’avvocato, soave. – E lei comprenderà che non possiamo
rischiare di farci ingannare. -
Draco ringhiò, e si
levò in piedi. – Maledizione, basta! Volete dirmi o no dov’è mio figlio? –
- Verrà fissata
un’assemblea, entro un’ora, in cui le verranno date le debite spiegazioni,
signor Malfoy. – Wharrel si aggiustò la cravatta dal colore opaco. –
Un’assemblea a cui verrà ammesso solo lei. –
Harry ringhiò, ma
Hermione gli posò una mano sulla gamba, per farlo calmare.
I tre vennero fatti
uscire, e lasciati in un ufficio in disuso, a rimuginare, o a sputare rabbia.
Gli altri erano stati malamente rispediti a casa, ma loro lo vennero a sapere
solo dopo un bel po’, quando ormai non potevano più sperare di raggiungerli.
Erano rimasti solo
loro, erano stati isolati, da Remus, che probabilmente avrebbe potuto dar loro
qualche consiglio, e da tutti i loro amici, da qualsiasi supporto.
- Vi devono delle
spiegazioni, Draco. – mormorò Hermione, decisa.
- No. Mi devono
James, perché delle spiegazioni non me ne faccio niente. – soffiò Draco.
Harry percorse la
stanza nervosamente, un paio di volte, come se si fosse trovato chiuso in una
prigione.
- Draco, ascoltami,
vogliono te perché credono che tu sia più malleabile di me. – disse
all’improvviso. – Soltanto per questo hanno convocato solo te, capisci? –
- Oh, non sarò
affatto malleabile, se si tratta di mio figlio. –
Harry annuì, e gli
strinse le spalle. – Bravo. – sussurrò. – E’ esattamente questo che devi fare.
Vai là dentro e dimostra a tutti che sei un Malfoy della peggior specie, e
soprattutto dimostra loro di che pasta è fatto un padre incazzato. -
- Posso spaccare il
naso a quei figli di puttana come loro hanno fatto a me? -
- Oddio sì che puoi
farlo, hai la mia incondizionata benedizione. –
Hermione si
appoggiò allo stipite della porta e sospirò.
- Ok, sentite. La
situazione mi sembra dannatamente delicata, perciò… Harry, tu dovrai stare
calmo. E, Draco, tu dimenticati di spaccare nasi. Dovrai tendere le orecchie ad
ogni parola che ti diranno. –
- Non ho bisogno
che tu me lo dica, Granger. –
- Te ne intendi di
processi, Malfoy? – sbottò lei, piccata.
Draco grugnì, e
fece un rapido cenno di diniego.
- Beh, io sì, e se
farai ciò che ti dico forse riuscirò ad aiutarvi, non pensi? –
- Che cosa intendi
fare? –
Hermione si strinse
nelle spalle. – Capire le loro intenzioni, innanzitutto. Per il momento non si
può far altro. –
Quando Draco venne
chiamato, Harry si rassegnò a rimanere fuori dalla porta senza opporre troppa
resistenza, e con lui rimase Hermione, che non perse tempo, si procurò una
penna e qualche foglio, e cominciò subito a buttare giù qualche appunto. Harry
la guardava, e si sentiva strano: da una parte era felice che lei fosse al loro
fianco, si sentiva sollevato, sapeva di essere in buone mani. Dall’altra parte,
avrebbe voluto stracciare quelle carte con tutta la sua rabbia. Non gli piaceva
per niente che suo figlio stesse diventando una questione di appunti su una
pergamena.
ANGOLINO!
Questo capitolo è
tutto per la malefica Salazar, e lo sai perché? Perché è stato dannatamente
difficile cercare di rendere il tono drammatico della situazione, quando ogni
benedetta volta che scrivevo “Signor Malfoy” mi spaccavo dalle risate
ripensando al Señor Malfoy… Olé! XD
Un grazie enorme
anche a chi ha recensito le mie due ultime shot, “give in to me” e “under a
rainy sky”. Per la cronaca, sono assolutamente diversissime, lo so, però sono
in periodo Shot, che posso farci! ^_^
- Signor Malfoy, il
Ministero ritiene che lei non sia un genitore idoneo, per il bambino. – ripeté
il signor Wharrel, annoiato.
- Sono suo padre!
–
- Sì. Ma vive solo,
non può garantire al bambino una figura familiare corretta. –
- Non siate
assurdi, c’è Harry con me! –
- La posizione del
signor Potter è già stata chiarita, mi pare. –
Draco schiantò i
pugni sul tavolo, furibondo. - Harry è suo padre! –
- Signor Malfoy… - Wharrel
socchiuse gli occhi, infastidito. – La invito a ragionare, e a non complicare
ulteriormente la sua posizione. –
- La mia posizione
non è affatto complicata. – sbottò Draco. – Sono il padre di James, e pretendo
che mi sia restituito. –
- La sua posizione
non è delle più limpide, invece. – rispose finalmente il Ministro. – Signor
Malfoy, suo padre è rinchiuso ad Azkaban, per gli ignobili crimini commessi
durante la guerra… -
- Che razza i
discorso sarebbe, questo! Io non mi sono mosso dalla casa che VOI mi avete
assegnato, durante tutto quel tempo. –
- Nessuno la accusa
di aver commesso nulla. – mediò il Ministro, occhieggiando spesso all’avvocato
seduto vicino a lui. – Ma essere il figlio del peggior Mangiamorte che… -
Draco roteò gli
occhi, rosso in viso. - Vorrebbe far ricadere su di me le colpe di mio padre? –
- Non possiamo
permettere che un bambino dotato di simili poteri sia affidato ad una persona
di dubbie ideologie, signor Malfoy… -
- Quel bambino è il
figlio dell’eroe che avete osannato per anni ed anni! – esplose Draco. – Come
potete essere tanto ipocriti da… -
- … Glielo ripeterò
nuovamente. - Wharrel ignorò l’occhiata furibonda di Draco. – Per la legge è
lei l’unico genitore del bambino, e, mi dispiace dirlo, ma nei suoi trascorsi,
in quelli della sua famiglia, ci sono ben poche prove di integrità. –
- Smettetela di
ignorare Harry, lui è il padre di James, ed è solo per questa ragione che si è
scatenato tutto questo! –
- Il signor Potter
non c’entra affatto, signor Malfoy. –
- Ah no? E allora
che ne è del bambino dal sangue d’oro che vi siete divertiti ad acclamare solo
pochi mesi fa! –
- Il sangue di suo
figlio ormai non ha più alcuna rilevanza. –
- Ma vi ha fatto
vincere una guerra! –
- Appunto! –
intervenne Lowerton, vivacemente. – Signor Malfoy, si rende conto che suo
figlio potrebbe diventare il più grande Auror di tutti i tempi? Se usassimo il
suo potere per proteggerci, nessun Signore Oscuro rischierebbe più di… -
- Non permetterò
che mio figlio venga usato! – ringhiò Draco, indignato.
- Ma signor Malfoy,
stiamo parlando di una possibilità immensa per tutta la comunità! –
- No, Ministro,
stiamo parlando di un bambino di due anni non ancora compiuti, che Lei vuole
usare soltanto perché si dica che il suo Ministero ha garantito la sicurezza ai
maghi d’Inghilterra! –
- Via, non crede
che sarebbe… -
- No, non credo
proprio niente. Preferisco affrontare dieci Signori Oscuri a mani nude e
tenermi mio figlio. – lo prevenne Draco.
- Mi spiace molto,
signor Malfoy, ma non sarà lei a scegliere. Per come stanno le cose, per la
posizione che non uno, ma tutti i membri della sua famiglia hanno scelto di
prendere, spero si renderà conto che la corte che giudicherà il caso non le
lascerà la custodia del bambino. –
- La smetta di
parlare di me come se fossi mio padre o mia madre! – ruggì Draco. – Ho forse
preso il Marchio, io? –
Wharrel sfoderò un
sorriso educato. - No, ma è stato coinvolto in fatti di notevole rilevanza,
all’epoca del suo sesto anno. I Mangiamorte arrestati ce ne hanno dato
conferma. –
Draco aprì la bocca
per urlare, e dentro di lui qualcosa gridava che no, non era possibile, non
poteva essere così davvero. Non poteva essere che improvvisamente tutti i suoi
errori, e quelli degli altri, si scatenassero in quel modo contro una creatura
innocente. Non poteva essere che davvero volessero portargli via il suo
bambino.
Semplicemente, non
era così.
- Signor Malfoy,
dimostri di essere una persona accorta, e rinunci a qualsiasi azione che potrà
solo danneggiarla. –
- Non rinuncerò a
mio figlio. –
- Presto il bambino
smetterà di essere sotto la sua tutela. Nessun membro della corte lascerebbe un
simile portento nelle mani di una persona dubbia come lei. –
Draco si morse
forte la lingua. – Stia attento a come parla, perché altrimenti potrei
dimostrarmi davvero meritevole di una condanna. – soffiò.
- Via, Wharrel,
sono certo che il signor Malfoy avrà compreso. –
- Io non… -
- Signor Ministro!
–
Draco fu
bruscamente interrotto da un grido forsennato, ed un istante dopo la porta si
spalancò, e Nancy entrò caracollando nello studio di Lowerton.
- Signore, il
bambino… il bambino… - cominciò ad ansimare, livida di paura.
Draco scattò in
piedi all’istante.
- Che cosa. –
scandì. – Cos’ha mio figlio! –
- Signore, signore…
- continuò la donna. – Il bambino… i serpenti… oh cielo, oh cielo. –
Un frastuono
proveniente dal corridoio disturbò ulteriormente la donna, e un momento dopo Harry
entrò come una furia, dalla porta rimasta aperta. - Dov’è. – scandì,
proiettando immediatamente il suo sguardo sulla donna.
- Signor Potter, lei
non può… -
Harry fulminò
Lowerton con un’occhiataccia assassina. – Ho sentito ciò che ho sentito? Avete
messo mio figlio in mezzo a dei serpenti? –
- No, no! Oh,
cielo, cielo. –
Harry scattò verso
la donna, e l’afferrò per la giacca. – Mi porti immediatamente da mio figlio. –
la minacciò.
- La lasci andare,
signor Potter. –
- Immediatamente! –
Draco spinse via la
sedia ed affiancò Harry. – Avanti. – fece, incrociando le braccia. – Le
consiglio di portarci subito da lui. E di pregare chi più preferisce che mio
figlio non abbia nemmeno un graffio, perché altrimenti… -
Nancy scoccò
un’occhiata terrorizzata a Lowerton, che suo malgrado fu costretto ad
aggrottare le sopracciglia, e a farle cenno di obbedire.
La stanzetta
davanti a cui si fermarono i quattro aveva il vetro della porta oscurato, ed
era chiusa a chiave.
- Avete chiuso mio
figlio a chiave in una stanza. – sibilò Draco. – Io vi… io vi faccio a pezzi,
tutti quanti… -
- La apra. – ordinò
Harry, secco.
Riluttante, la
donna puntò la bacchetta contro la serratura, e schizzò all’indietro, quando
questa scattò.
Draco fece per
avventarsi su di essa, ma Harry lo fermò con un’occhiata significativa, e Draco
ritirò la mano, tremante per tutta la tensione accumulata e mal sfogata.
Con prudenza, Harry
aprì la porta, e appena riuscì a mettere a fuoco la situazione, spinse
immediatamente Draco indietro, proteggendolo con un braccio.
James, seduto a
terra su dei cuscini colorati, si grattava un guancina, concentrato, e sibilava
ai serpenti, almeno una decina, che lo circondavano.
- Oh mio dio… -
soffiò Draco, ma Harry gli sfiorò la bocca, per farlo tacere.
- Cosa succede.
–
James sollevò
subito la testolina. – Papà! – gridò, facendo per scattare in piedi.
- Fermo. – soffiò
Harry. – James, non ti muovere, mi hai capito? Ascolta papà, non muoverti.
Resta lì buono, ora vengo a prenderti io. –
- Chi sei tu…
Stai lontano. -
- Io sono il
padre di quel piccolo. Lasciatemi avvicinare, per favore, non ho intenzione di
fare del male a nessuno. –
Il serpente più grosso
si sollevò sul corpo robusto, e scosse la testa. – Questo cucciolo ci ha
chiesto di aiutarlo. Di proteggerlo dalle persone cattive. –
- Io non sono
una persona cattiva. Chiedetegli se posso avvicinarmi a lui. –
Un altro serpente
inclinò la testa, strusciò verso James e sibilò qualcosa.
Draco diede un
gemito atterrito, ma Harry lo ricacciò ancora più indietro.
- Tu, e l’uomo
biondo. -
- Dicono che
possiamo avvicinarci, Draco. – tradusse Harry. – Ora ascoltami, devi stare
calmo, va bene? Non devi spaventarli, e loro non ti aggrediranno. –
- Non faranno del
male a James, vero? – gemette Draco.
- No. Sono qui per
proteggerlo. Rischiamo molto di più noi di lui, te lo posso assicurare. –
Prudentemente,
Harry cominciò ad avanzare, nel groviglio di serpenti, con Draco aggrappato ad
un braccio.
Nancy fece per
seguirli, ma subito due grossi cobra scattarono verso di lei, sibilando
minacciosamente.
- Lei! Cattiva,
butta e cattiva! – soffiò
James.
- No! – gridò Harry. – No, aspettate, per
favore. Mio figlio è piccolo, è solo un cucciolo, non sa parlare. Non vuole che
facciate del male a nessuno, credetemi, non è questo che intende dire. Non
mordete quella donna, o saranno guai per tutti quanti. –
- Il cucciolo
dice che la donna è cattiva. –
- Lo so, ma non
vuole che le facciate del male. Vi prego, dovete darmi retta, lui non sa
esprimersi bene. Vuole solo… che la teniate lontana, ecco tutto. E anche
l’altro uomo. Non è vero, James? Vuoi che la donna cattiva e i signori stiano
lì fermi, vero, tesoro? –
Harry arricciò le
labbra, e si voltò. – State indietro. – fece, rivolto a Nancy e ai due uomini.
Non azzardatevi a fare un passo oltre la soglia, o vi attaccheranno. Non
scherzo, i serpenti obbediscono a James, e lui vi vuole lontani di qui. –
- Oh cielo… -
pigolò Nancy, nascondendosi dietro il mantello del Ministro.
Harry avanzò di
qualche altro passo, tallonato da Draco, e chiuso dai serpenti, che studiavano
ogni sua mossa.
- James… -
sussurrò, tendendo le mani verso il piccolo. – James, da dove vengono questi
serpenti, tesoro? –
James sorrise,
felice, e sibilò qualcosa in risposta, che fece irrigidire Harry.
- Harry. – gemette
Draco, ma Harry scosse prontamente la testa.
- Va bene. –
sospirò - Ora vieni qui, piccolo. Devi dire ai serpenti che vuoi che io ti
porti via, hai capito? Vuoi venire in braccio a papà, James? -
- Ti! Ti, papà
Daco, papà Daco! – squittì
il piccolo, allungando le braccine.
Harry sorrise,
teso. – D’accordo, viene papà Draco, tesoro. Draco, ascolta. Avvicinati
lentamente, e prendilo in braccio. Muoviti sempre piano, i serpenti non ti morderanno,
lui vuole che tu lo prenda in braccio. –
Draco deglutì a
fatica, ed annuì. Si mosse di due passi, attentissimo a non sfiorare nessuno dei
grossi serpenti che lo circondavano, tese le braccia e sollevò James con
infinita cautela.
Toccandolo, sentì
l’impulso irrefrenabile di stringerlo fortissimo, ma si trattenne, per paura.
Harry gli aveva detto di non fare movimenti bruschi, quindi si limitò a
retrocedere, con James che gli accarezzava gioiosamente i capelli, il cuore in
gola, e il braccio di Harry stretto sul suo, che lo guidava prudentemente.
- Dove portate
il cucciolo? – sibilò uno
dei serpenti, ergendosi improvvisamente sul corpo massiccio.
- Lo portiamo
qui fuori. – rispose Harry,
accomodante. – Dobbiamo parlare con lui. Ve lo riporteremo presto. –
Il serpente sembrò
quietarsi, tornò a strisciare verso i suoi compagni e sibilò qualcosa, e i due
cobra permisero ai tre di uscire dalla porta.
L’uscio venne
chiuso e sigillato, e Draco gemette di sollievo, affondando il volto sul
figlioletto, baciandogli le guancine, la fronte, tutto ciò che poteva.
- Siete pazzi! –
ruggì Harry, furibondo.
- No! No, quel
bambino è un mostro! – soffiò Nancy, atterrita.
- Tu sarai un
mostro, strega. – ringhiò Draco.
- Esigo delle
spiegazioni, Lowerton. –
- Il Ministro non
deve alcuna spiegazione. – intervenne Wharrel. – Come le ho già detto, il
bambino è sotto la custodia del Ministero. –
- Custodia che ha
rischiato di ucciderlo! –
- E’ evidente che
le capacità del bambino sono sfuggite al controllo di… -
- Nessuno può
controllare James. – scandì Harry. – Illudetevi quanto volete, ma le cose
stanno così, e solo stando con i suoi genitori sarà al sicuro. –
- Il suo unico
genitore è il figlio di un Mangiamorte. –
- Non mi faccia
perdere il controllo! – minacciò Harry, agguantando la bacchetta.
- Per favore. –
mediò Lowerton, tenendo su Harry e su James i suoi occhi acquosi e spaventati.
– Andiamo a discuterne nel mio ufficio. –
Harry respirava a
fatica, le mani strette convulsamente attorno alla bacchetta. Fece una smorfia,
e accennò con il mento al corridoio davanti a sé.
* * *
Hermione se ne
rimase in silenzio ad ascoltare tutta la conversazione che ne seguì, senza
perdersi nemmeno una parola. Aveva abbastanza esperienza da capire il
linguaggio insidioso di un avvocato del ministero, era abbastanza furba da
individuare i punti di forza e le falle. E di certo, non c’era che una cosa da
fare.
- Dovete lasciare
qui James. – disse mestamente, ad un Harry ancora scosso dalla tensione, e ad
un Draco che si era consumato le labbra a furia di mordersele.
- Che cosa? –
gemette Draco, incredulo.
- Sentite, non c’è
altra soluzione. Se ora porterete via James non farete che complicare le cose.
–
- Non mi interessa
affatto complicare le cose, dovrei lasciare qui mio figlio per renderle più
semplici? –
- Esatto. –
Hermione, nonostante tutto, sorrise. – Datemi retta, credo di avere un’idea,
per risolvere la questione. Harry, avrò bisogno che tu mi racconti di nuovo,
nei minimi particolari, che cosa è successo quando avete trovato James in
quella stanza piena di serpenti, e che tu mi dica esattamente tutto ciò che vi
siete detti. –
Harry strabuzzò un
po’ gli occhi, confuso, ed Hermione gli strinse un braccio.
- Vi prego, so di
chiedervi moltissimo. Ma non commettete errori di cui poi potreste pentirvi
amaramente. Il Ministero vi ha in pugno, in questo momento, ma un modo per
uscirne lo troveremo, vedrete. –
- Non posso andare
a casa senza James. –
- Devi, Draco, te
lo chiedo per favore. È solo una notte, ti prometto che domani riavrete James.
Ma non possiamo rischiare di farci cogliere impreparati, dobbiamo pianificare
ogni mossa, dobbiamo studiare ogni dettaglio. Te la ricordi la guerra, Harry? –
Harry fece un cenno
stanco, ed Hermione annuì. – Questa è la vostra battaglia più importante. –
insistette.
Draco rivolse gli
occhi verso Harry, che li teneva ostinatamente fissi davanti a sé, il volto
oscurato. Alla fine, Harry annuì, e Draco premette una mano sulla testolina di
James, espirando fino a svuotarsi di tutta l’aria.
* * *
- James, piccolo
mio… - Draco sollevò il figlioletto di fronte a sé, e gli baciò la fronte. –
Ascoltami, tesoro, noi ora dobbiamo andare via, ma tu non devi avere paura,
d’accordo? Domani torneremo qui a prenderti, promesso. –
- Papà… - pigolò il
piccino, imbronciandosi. – Gno, gno, io vojo dae a casa, a casa! –
- Lo so, amore mio,
lo so. –
- James. –
intervenne Harry, dolcemente. – James, sei un bimbo coraggioso, tu? –
James tirò subito
su con il nasino, e si stropicciò gli occhi per nascondere le lacrime. – Ti. –
rispose, borbottando fieramente.
- Sei coraggioso
come il tuo papà, eh, tesoro? –
- Ti. Come te. –
Harry gli sorrise, con
le lacrime agli occhi per l’orgoglio. - Ok. Allora me lo devi dimostrare, va
bene? Devi restare qui finché io e papà Draco non torniamo a prenderti domani,
hai capito? Dovrai essere un ometto coraggiosissimo, tesoro, dovrai essere
l’eroe più eroe di tutti. –
- Più eloe di te? -
Harry si morsicò un
labbro, prese James dalle braccia di Draco e se lo strinse forte al petto. –
Certo, campione, molto più di me. – disse con voce incrinata. – Tu sei sempre
stato molto più eroe di me, tesoro mio. –
James chiuse i
grandi occhi azzurro fumo, e attorcigliò le dita fra i capelli di Harry,
mugolando mestamente.
- James… - lo
chiamò Draco. – Non c’è nulla di cui aver paura. –
- Tesoro, io e papà
Draco torneremo qui a prenderti domani, va bene? E poi ti porteremo a mangiare
un bel gelato grande, e andremo al parco a giocare, vuoi? –
- Ti. –
- Ti vogliamo bene.
– sussurrò Draco.
James fu messo in
braccio a Nancy, e non versò nemmeno una lacrima, nonostante il suo visetto
fosse tutto rosso, e le sue labbra fossero contratte in una smorfia
dolorosissima.
Era un bambino
coraggioso, lui.
ANGOLINO!
Ripeto di nuovo,
che non si sa mai, da domani sarà via qualche giorno, quindi ci sarà da
aspettare un pochino per gli aggiornamenti, ma non vi preoccupate!
Harry e Draco tornarono a casa insieme, ma non vollero che Hermione li
accompagnasse, né che gli altri li raggiungessero
Harry e Draco
tornarono a casa insieme, ma non vollero che Hermione li accompagnasse, né che
gli altri li raggiungessero. Si accordarono per il giorno dopo, per rivedersi a
casa loro e decidere, pianificare, fare, dopo aver passato almeno una notte a
cercare di schiarirsi un po’ le idee, a farsi una ragione di ciò che stava
succedendo, ed accumulare la forza di reagire, di rimettersi in piedi.
Avevano bisogno di
stare soli, a leccarsi le ferite l’un l’altro, se volevano sperare di non
impazzire.
Draco aveva tentato
di farsi dire da Hermione che cosa avesse intenzione di fare, ma lei era stata
franca nel rispondergli di darle fiducia, e di cercare di riposare, nel
frattempo, per essere lucidi abbastanza per affrontare il delicato processo del
giorno dopo. Più che altro, capiva che rivelare i propri piani ad un Draco e ad
un Harry tanto sconvolti sarebbe servito soltanto a peggiorare le cose, a
mettere loro addosso un’ansia che li avrebbe inevitabilmente fatti correre e
sbandare nella direzione sbagliata.
Harry esaminò il
disordine dell’ingresso, rimasto immutato da quando i tre Auror erano venuti a
prendere il loro James. Con un movimento stizzito del polso fece ritornare a
posto le cose cadute, e fece sparire le tracce sul pavimento, veementemente,
come se questo avesse in qualche modo potuto cancellare l’intera, assurda
faccenda, come se pulire il pavimento potesse servire a far riapparire James
davanti a loro.
Draco teneva lo
sguardo fisso sul punto dove il piccolo giocava sempre, sul tappeto. Sembrava
non capacitarsi del fatto che James non fosse lì, accucciato sui suoi
giocattoli, a ridacchiare e a parlottare con Bu Bum. Aveva gli occhi spenti, e
tramortiti, ed Harry sapeva che una lunghissima notte avrebbe atteso entrambi,
che sarebbe passata sui loro occhi aperti rigandoli di rosso, che li avrebbe
fatti contorcere senza pace in un letto diventato di spine. Sperò soltanto che
non li facesse litigare, almeno questo. Erano troppo tesi, e troppo sconvolti,
tutti e due, per non temere che qualcosa di simile potesse succedere; ma allora
sarebbe stata davvero la fine.
- Draco. – gracchiò
con voce affaticata.
Draco si riscosse
debolmente dal suo stato catatonico, e si voltò. - Abbiamo sbagliato a
lasciarlo lì. – sussurrò.
- Dobbiamo avere
fiducia in Hermione. – mormorò Harry. – Se ci ha detto di fare così è perché sa
quello che fa. –
- Non ho mai
passato una notte senza il mio piccolo. A meno che non fosse da te. –
- Lo so. – Harry si
lasciò cadere sul divano senza forze. – Vieni qui, ti prego. Ho un bisogno disperato
di abbracciarti. –
Per un po’, almeno
una mezz’ora, Draco ed Harry rimasero stretti, a condividere un dolore intimo
come una ferita all’addome, eppure identico, tanto identico da spingerli a
mischiare il sangue per scaldarsi a vicenda.
Entrambi cercavano di
trovare un po’ di forza nelle braccia dell’altro, un motivo per non lasciarsi
andare alla desolazione cieca, che bussava alla finestra tentandoli,
sussurrando loro di arrendersi.
In quella casa era
sceso un gran silenzio, un silenzio che arpionò Draco alla gola, un silenzio
che faceva il prepotente con le orecchie, che si divertiva a sottolineare
l’assenza di James nel modo più meschino. Niente scalpiccio di piedini che
correvano con le calzette antiscivolo, niente richiami insistenti, niente gridolini
di gioia, o paroline incomprensibili. Niente giocattoli a spasso per il
salotto, niente acqua tiepida che scorre per lavare le manine prima di
mangiare, niente proteste perché è presto per le nanne, niente domande buffe e
malposte, niente frasine spezzate, niente risate spumeggianti, niente Harry che
corre come un cretino con il figlio sulle spalle, giocando all’unicorno
imbizzarrito, niente Draco che gli solletica il pancino, niente visetto vispo
di un bimbo di due anni.
Niente aria da
respirare, niente luci oltre le finestre, niente candele e lampade accese
perché non inciampasse in qualche spigolo, niente di niente, non senza il
piccolo James Draco. Non senza il loro piccolo bimbo, il loro cucciolo, il loro
figlio.
Solo qualche
sospiro, di tanto in tanto, di due bocche diverse e adulte, vicine per
scaldarsi e farsi forza a vicenda, inutilmente, perché l’assenza di James era
come la desolazione dopo un uragano, le macerie che si lascia dietro un piccolo
tornado dagli occhietti allegri.
Harry fissava
dritto davanti a sé, smarrito e rabbioso, preoccupato per cose che forse Draco
non avrebbe saputo comprendere.
I serpenti non sono
creature semplici da capire e da gestire, nemmeno se parli il loro linguaggio,
e James riusciva a stento a far capire i suoi discorsetti confusi ai suoi
genitori, figuriamoci a creature così selvatiche. Se fosse successo di nuovo,
lui non sarebbe stato lì a salvarlo, e questo lo faceva impazzire, lo
strozzava, gli bruciava lo stomaco e la gola.
Draco era a pezzi
come solo un genitore può essere.
A pezzi perché
davvero gli avevano strappato la carne dall’anima, perché metà del suo cuore
era rimasto nelle manine del figlio, e se l’altra metà era riuscita a tornare a
casa era soltanto grazie ad Harry.
Aveva la gola secca
e dolorante, e gli veniva da piangere, da morire, ma era come se un vuoto nero,
all’altezza dell’ombelico, si ingoiasse qualsiasi cosa, persino la forza di
volontà per alzarsi e andare a prendere un bicchiere d’acqua.
Bere, in ogni caso,
non serviva, non sarebbe servito ad altro che a vedere i biberon di James nel
lavello e nella credenza, e a fargli venire le vertigini fino alla nausea,
perché James non c’era, il piccolo James non era a casa con i suoi papà. Non
era in casa, ed era tutto vuoto, vuoto, vuoto. Morto.
Draco si
raggomitolò fra le braccia di Harry. – Rivoglio James. – sussurrò.
- Ce lo
riprenderemo. – soffiò Harry. – Ad ogni costo. -
- Giuramelo.
Giurami che niente e nessuno ci porterà davvero via il nostro bambino. -
- Niente e nessuno,
Draco, te lo giuro. Dovessi abbattere le mura del Ministero, domani ce lo
andremo a riprendere. -
Draco diede uno
strattone involontario, feroce, con le braccia. - Ma perché non vogliono capire
che ha bisogno di noi! – gemette. – E’ un bambino, maledizione, è solo un
bambino. -
- Perché hanno
paura di lui, e del suo potere, e per questo vogliono farne un burattino. Come
fecero con me. -
- Ma lui non può,
non deve… - Draco si divincolò per poter guardare almeno il mento di Harry. -
Tu i genitori li hai persi, ma lui li ha, e siamo noi, siamo noi! –
- Lo so, e lo sanno
bene anche loro. -
- E allora perché…
-
Draco lasciò cadere
la sua domanda in un sospiro esausto, a cui Harry non rispose subito. Si
strinse forte le tempie fra le mani, cercando di mettere un po’ a tacere le
urla di dolore della sua testa. – Lo sai come lo chiamavano tutti, su in
Scozia, Draco?- scandì piano.
- No. -
- Lo chiamavano
“l’arma”. –
Draco si irrigidì,
mentre Harry rizzava la schiena contro il divano.
– L’arma. – ripeté.
– Lo chiamarono così quando il potere del suo sangue divenne la nostra risorsa
principale. Me la ricordo ancora, la pozione in cui lo impiegavano. Era quasi
trasparente, ed aveva un odore acre e freddo. Ed era capace di fare da scudo a
decine di uomini alla volta, era capace di rispedire al mittente le maledizioni
più potenti, e davvero, non saprei dirti con esattezza quante vite ha salvato,
fra le nostre e quelle degli innocenti finiti in mezzo al conflitto. La mia
l’ha salvata più di una volta, però, questo posso garantirtelo. Perché ogni
volta era uno strazio. –
- Uno strazio? –
mugugnò Draco.
Harry sembrò avere
improvvisamente freddo, nella semioscurità del tramonto.
- Ogni volta che
sentivo l’odore di quella pozione, ogni volta che la sentivo agire su di me,
isolarmi e proteggermi, pensavo a James, e a te. – disse stringendo un po’ di
più le braccia attorno alle spalle di Draco, che si appoggiò al suo petto. –
Era come se per qualche istante io potessi sentirvi vicini, così vicini da
riuscire a vedervi, a toccarvi. Avevo così tante cose da dirti, Draco, in quel
periodo. Così tante da spiegare a mio figlio. Mi spaccavo la testa su voi due,
mi chiedevo se andasse tutto bene, se steste bene. E che cosa steste facendo,
se qualcuno, in questa casa, mi pensasse mai. – Harry si portò una mano sulla
fronte, stremato. – E gli occhi, Draco. Mi chiedevo come fossero gli occhi di
mio figlio, passavo ore buttato su una branda, a cercare disperatamente di
immaginare quanto potesse essere bello il mio bambino. Cercavo di immaginarlo
mentre giocava, mentre rideva, e diventavo pazzo, credimi. Pazzo. Lentamente
pazzo. E tutti gli altri, intorno a me, che ne parlavano come fosse l’ennesimo
prodigio che avessi compiuto, come se fosse un incantesimo ben riuscito. –
- Un incantesimo. –
sussurrò Draco, stridulo.
- Mio figlio. –
ripeté Harry con voce roca.
Nessuno dei due
mangiò nulla, per cena, e nemmeno propose di farlo. Draco si concesse una
doccia, per ritemprarsi un pochino, ma ne uscì in lacrime, con i capelli tutti
umidi, e l’asciugamano avvolto scompostamente attorno al corpo, buttandosi
addosso ad Harry e singhiozzando che non ce la faceva a stare lontano anche da
lui.
Harry lo tenne
strettissimo finché un po’ della sua disperazione non si fu sfogata sui suoi
vestiti, e ci volle tempo, perché Draco aveva bisogno di piangere, e anche lui.
Lo riaccompagnò in bagno, gli asciugò i capelli e gli fece indossare maglia e boxer
per la notte, perché non prendesse freddo. Per tutto il tempo gli accarezzò la
schiena o le braccia, lo coccolò con tutta la devozione che umanamente poteva
esserci in lui, ma ogni ombra di tenerezza nei suoi gesti veniva vanificata ed
assorbita dall’assenza, nera e vigliacca, dal buco nero che dentro di loro si mangiava
ogni cosa.
Si coricarono
subito, per non dover restare in piedi come mendicanti ad aspettare una notte
che tanto non si decideva ad arrivare, e salendo le scale entrambi,
tacitamente, evitarono di rivolgere gli occhi verso il corridoio buio che si
inghiottiva la stanza di James, vuota e silenziosa.
Draco si mise sotto
le coperte con movimenti prudenti e accorti, come se avesse cercato di non far
rumore per non disturbare qualcuno che dormiva vicino a lui. Harry invece si
buttò addosso il piumino, svogliatamente, ed aspettò di riuscire a sentire la
pelle di Draco vicino alla sua per toccarlo. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma
senza urtarlo, e allo stesso tempo avrebbe disperatamente voluto poter fare
qualcosa, qualsiasi cosa, che non fosse aspettare di vedere Hermione il giorno
dopo, e intanto stare a massacrarsi di paura e di rabbia. Draco adesso era la
sola cosa a cui aggrapparsi, e Harry sapeva di essere lo stesso, per lui. In
fondo un rapporto era anche questo, era non lasciarsi le mani nei momenti più
duri. E quel momento era quasi impossibile, e quel “quasi” era proprio Draco,
era il suo respiro affannoso e frantumato dai singhiozzi, era il suo dolore,
identico ma forse, meno razionale, più sfrenato.
- Parla, Draco, ti
prego. – lo implorò. – Ho bisogno di sentirti parlare, ho bisogno di parlare di
James. –
- Non ci riesco. –
soffiò Draco. – Dio, ho fatto così tanti sbagli con mio figlio. –
No. I sensi di
colpa no.
Harry strinse forte
i denti. – No, Draco, no, ascoltami. Ti prego, non dirmi che stai cedendo a
colpe che non hai. Se solo io ci fossi stato fin dall’inizio, se solo non
avessi perso così tanto tempo con te, adesso… -
- Non c’eri!
Infatti! – stridette Draco. – Tu non c’eri, tu non sai! Io l’ho… tu non puoi
sapere, io l’ho… odiato. – Draco singhiozzò violentemente. – L’ho odiato,
capisci? Ho pensato cose orrende di lui, ho odiato James, ho sparato che
sparisse dalla mia vista, e adesso come pensi che possa sentirmi? Adesso che
non c’è davvero, James non è qui con me, e solo il cielo sa quanto lui sia
diventato la mia vita. –
- Draco… -
- Ti prego. Non
riuscirò a sopportare il tuo disprezzo, non adesso. –
- E come potrei, se
l’unico che davvero ha qualcosa da farsi perdonare qui sono io. Draco ti prego,
non pensare di non essere il padre meraviglioso che sei. James vuole tornare
qui a casa con il suo papà Draco, perché ti ama tantissimo, e tu te lo meriti.
–
- Meriterei la
forca solo per aver pensato ciò che ho pensato del bambino più buono e dolce
del mondo. –
Harry toccò con un
dito solo la guancia di Draco rivolta verso l’alto. – Importa che cosa pensi di
lui ora, Draco. – disse quanto più teneramente potè.
- Ora… - Draco si
passò frettolosamente la mano sugli occhi. – Io so solo che non potrei vivere
senza il mio piccolo. Che sarebbe tutto… inutile. Inutile. – Draco cominciò a
parlare lentamente, a singhiozzo. – Quello che mi dà… non lo so, James è
l’unico miracolo che sia mai accaduto nella mia vita. -
Harry si dedicò
ancora un po’ ad accarezzare i capelli di Draco, lasciando che lui cercasse di
spiegare il suo amore per il figlio, a modo suo, esitando, eppure senza
riuscire a scegliere le parole, ripetendosi e aggrovigliandosi su sé stesso.
Draco che parlava di James era qualcosa che faceva male allo stomaco e bene al
cuore, qualcosa che frustava e dava forza allo stesso tempo. Era l’amore di un
padre troppo giovane, per un figlio troppo piccolo, una comunione di sentimenti
che venivano fuori parola dopo parola.
- Avrei voluto
esserci, sai, mentre Draco Lucius Malfoy si trasformava pian piano in papà
Draco. – mormorò quando Draco smise di parlare. – Avrei voluto poter sentire la
sua bocca di James dire la sua prima parola, e avrei voluto esserci, il giorno
del suo primo compleanno, per riuscire ad esorcizzare le mie paure. –
Draco tirò su con
il naso e annuì. – Sapevo che avevi paura di nostro figlio. –
- Avevo paura di
tante cose, Draco. Del mio passato, innanzitutto. Avevo paura che si ripetesse
tutto quanto di nuovo, avevo paura di condannare un bambino al mio stesso
destino, e credimi, ho passato notti intere senza dormire, pregando, implorando
che a mio figlio fosse concessa una vita migliore, che gli fosse concessa la
serenità di una vita normale, e adesso che qualcuno sta cercando di portarlo
via da noi, io lo sento, Draco, lo sento qui, nel petto, l’amore fisico per
James, riesco a sentire tutti gli echi del mio passato, e riesco a capire la
loro forza. Riesco a sentire mio padre morire per me come io morirei per James,
e riesco a sentire mia madre che proteggeva la mia testa con tutte le sue
forze, perché io voglio fare la stessa cosa per il nostro piccolo. –
Draco si
raggomitolò un pochino. – Adesso che ci penso. – disse con voce un po’ più
solida. – Non abbiamo mai parlato dei tuoi genitori. Devono mancarti molto. –
- Mi mancavano da
morire, prima di James. Ma adesso non lo so, essere diventato padre ha cambiato
così tante cose in me, che credo di avere in qualche modo superato il complesso
dell’eterno orfano. Per me che non ho mai avuto un padre, esserlo diventato ha
un significato immenso. –
Harry sentì le
labbra di Draco contrarsi un pochino sul suo petto. – E’ per questo che sei un
padre magnifico. – lo sentì mormorare.
- Non lascerei mai
James in altre mani che non siano le mie e le tue, lo sai, vero, Draco? –
- Sì. lo so. –
Lo sapeva davvero,
ed era un po’ tornare a respirare. Harry riprese ad accarezzargli i capelli,
lentamente.
- Quando sono
diventato abbastanza grande da capire che un giorno anche io sarei diventato
padre, ho cominciato a fantasticare su quanto perfetta sarebbe stata la mia
famiglia, su quanto felice sarei stato con una moglie e un figlio, magari più
di uno, perché no. Mi vedevo prendermi cura di un neonato, e sognavo
disperatamente di riuscire a sentire un po’ dell’amore dei mie genitori,
facendo ciò che loro non avevano potuto fare per me. Ho passato anni ed anni
della mia vita ad aspettare il giorno in cui finalmente sarei riuscito a
crescere, a realizzare ciò che volevo, e ho combattuto duramente, per tutto
questo, ho combattuto contro Voldemort non per sperare di riavere indietro i
miei genitori, ma per poter crescere i miei figli, ed ero pronto a partire per
la guerra, così. Ma poi sei arrivato tu, ed è successo tutto così in fretta, e
io non sono mai riuscito a trovare il coraggio di dirti che non volevo che
andasse così, che non dovevi essere tu, che non doveva succedere per la guerra.
Non sai quanto avrei voluto urlare, come un pazzo, che non era giusto, che una
volta ancora c’era qualcuno che stava mandando in fumo i miei sogni, che quel
figlio non lo volevo in quel modo, non lo volevo in quel momento. Ho fatto
anche io i miei errori, ho sbagliato con te fin dall’inizio, e finché non ho
ricevuto quel tuo biglietto non ho fatto altro che pensare che non potesse
capitarmi cosa peggiore nella vita. –
- Hai odiato così
tanto James, anche tu? –
Harry scosse
debolmente la testa, sul cuscino. - No. – ammise. – Ho odiato te, per un po’.
Ma James mai, non ci sono mai riuscito, ad odiarlo. Lui era pur sempre il
figlio che ho aspettato per tutta una vita. E poi sei cambiato anche tu, sei
diventato qualcosa di diverso, giorno dopo giorno, fino ad arrivare al punto di
non riuscire a pensare a James senza immaginarlo in braccio a te. Ed è soltanto
per questo che ho esitato a tornare da voi. Sapevo già che avrei dovuto
affrontare anche quel qualcosa che tu mi facevi sentire nel cuore, e invece ho
sbagliato tutto quanto. –
- Scusa. – mormorò
Draco con voce tremula. – Lo so che è il momento peggiore per dire una cosa del
genere, però… mi dispiace, per come ti ho trattato, e per tutto quello che ti
ho fatto passare. È stato orribile da parte mia impedirti di avvicinarti a
James. –
- Lo hai fatto solo
per proteggerlo dal papà cattivo venuto dal nulla. –
- Volevo proteggere
tutta la mia vita da te, Harry. –
Harry non rispose.
Che cosa avrebbe
dovuto dire, davanti a parole come quelle? La verità è quella frase che non ti
lascia nulla da replicare, ed Harry rivisse in pochi flash tutto il calvario
che aveva dovuto affrontare per conquistare la fiducia di Draco, e la
confidenza di James. Adesso che Draco stava rannicchiato fra le sue braccia, e
che c’era un bimbo che aspettava di essere recuperato dal Ministero, tutto
aveva un significato diverso. Ma era pur sempre una lotta, un’altra battaglia
da vincere per forza.
- … Ma adesso che
sembrava che le cose cominciassero a funzionare, quei… - Draco singhiozzò
nervosamente, e strinse i denti. – Non lo so, se ne escono dicendo che non sei
suo padre, che devi andartene… -
- Ti ho già detto
perché lo fanno. – sospirò Harry. – Sanno benissimo che James è mio figlio, ma
contro di me non hanno armi di ricatto. Contro di te invece ne hanno una molto
potente, per costringerti a mollare la presa. –
- Come fanno a
credere che potrei arrendermi e perdere James? –
- Non lo so, non chiederlo,
sembra assurdo anche a me. Evidentemente nessuno di loro sa cosa significhi
avere un figlio. –
Draco annuì con
decisione. - Mio dio, voglio andare a riprendermelo. –
- Lo faremo –
sospirò piano Harry.
- Ancora non riesco
a crederci. A credere che stia davvero succedendo tutto questo, e non capisco
perché James, perché non riescono a vedere che stanno facendo del male ad un
bambino. –
- Il Ministero vede
solo ciò che vuole vedere. È sempre stato così, ormai ho rinunciato a cambiare
le cose. Ma credimi, se mi sono rassegnato alla loro ottusità, di sicuro non
permetterò che questo mi porti via James o faccia condannare te per qualcosa
che non ha niente a che fare con te. –
Draco cercò la sua
mano a tentoni, fra le lenzuola, e vi si insinuò dentro.
- Voglio che tu
rimanga con me. – disse. – Voglio che tu rimanga qui, con me, e con nostro
figlio, e non permetterò mai che qualcosa ti allontani di nuovo da noi. -
Harry strinse la
mano di Draco anche con l’altra, racchiudendolo come dentro ad un guscio. – Sì.
– soffiò. – Non lo permetterò nemmeno io. Il cielo mi ascolti, dovranno
uccidermi, per portarmi via da voi. -
* * *
Papà?
Dove sei, papà?
Non riesco a fare
le nanne, senza Bu Bum.
Sei a casa con papà
Harry? È sempre a casa con noi, da qualche giorno.
Papà, non avete
preso un altro bambino al posto mio, vero? Tu mi dici sempre che io sono il
bambino più bello del mondo, e quindi vuol dire che non esiste un bambino più
bello di me. Non ne hai trovato un altro, giusto?
Papà Harry e papà
Draco hanno detto che verranno a prendermi domani, e io credo ai miei papà, i
papà non raccontano bugie, solo i bimbi cattivi lo fanno. Mi hanno detto di
restare qui fino a domani, e di non avere paura.
Quando viene
domani? Devo aspettare che ritorni il sole grande grande? E se non succede? Se
il sole non si accende più? Se si è rotto? Verrete lo stesso a prendermi?
Io spero di sì. Non
voglio stare senza il profumo dei miei papà. No, davvero, voglio le favole, e i
giochi, e le nanne nel lettone caldo. Voglio i baci del mio papà Draco, solo
lui sa darmi i baci che sanno di buono. E voglio fare le lotte con papà Harry.
E i voli sulla scopa, e la nanna sul divano, papà Harry ha un petto grande, ci
sto sopra tutto quanto, fino ai piedi.
Non ho capito
perché mi hanno portato via da voi, ma spero solo di non essere stato cattivo.
Se domani tornerete, prometto che non farò mai più i capricci, mai mai più.
Non mi lasciate qui
da solo. Non mi piace stare senza di voi, mi sento molto solo, e ho tanta
voglia di stare in braccio.
Venite a prendermi.
Papà Harry, papà Draco. Mi mancate tanto.
ANGOLINO!
Eccomi di ritorno,
ho fatto prima che ho potuto, e non vi nascondo le difficoltà che questo cap mi
ha dato… Per chi segue, presto ci sarà anche l’aggiornamento di Virgin!
Un portone grande, piuttosto imponente, di legno chiaro
Un portone grande,
piuttosto imponente, di legno chiaro, cassettonato. I battenti di ferro dorato,
ed un tappeto rosso porpora. Dentro, un brusio insistente, rumore di passi, di
richiami, di sedie e di carte.
L’assemblea che si
riuniva per il processo, per decidere sul caso James Draco Malfoy-Potter.
Fuori, Hermione
spiava la situazione attraverso quel poco che si poteva vedere dalla fessura di
una delle ante socchiuse. La sua espressione era allo stesso tempo tirata e
determinata, e dal canto suo Hermione sapeva di avere fra le mani un’arma
efficace, ma sapeva anche di dover essere molto prudente nell’usarla, contro
Wharrel e il Ministro.
I giudici, tre,
avevano preso il loro posto, era ora di entrare anche per loro. Per lei e
Draco, perché ad Harry era stato vietato di partecipare, in quanto elemento
completamente estraneo alla vicenda. Sì, come no.
– Pronti ad andare
in scena? –
Harry annuì, e
Draco gli strinse la mano.
- Pronti. -
- Allora è tutto
chiaro, vero? –
- Aspetterò qui
fuori. Buono come un agnellino. – sbuffò Harry.
- Finché non
sentirai che è il momento giusto per intervenire. –
Harry annuì con
riluttanza, e quasi a voler confermare ulteriormente le parole di Hermione,
estrasse da una tasca una coppia di Orecchie Oblunghe.
- Mi raccomando,
sii prudente, o rischierai di rovinare tutto. –
- Non rovinerò
niente, Hermione. Si tratta di mio figlio James, so quando non è il caso di
fare di testa mia. –
Hermione accennò ad
un sorrisetto paziente. – Io entro. Fai in fretta, Draco, ti aspetto. – disse
solamente.
Draco aspettò che
Hermione fosse scomparsa dietro al portone, prima di avvicinarsi ad Harry. Lo
fece per pudore, principalmente, ma anche perché a Draco Malfoy creava pur
sempre un certo fastidio mostrarsi fragile davanti a qualcuno che non fossero i
suoi amici più stretti, o Harry.
Harry lo sentì
abbracciargli saldamente la vita, e stringersi a lui più che potè, con
infantile ostinazione.
- Draco. – mormorò
affondando morbidamente la bocca sui suoi capelli. – Mi dispiace di non poter
entrare con te ed esserti vicino. -
- Sì, lo so, ma non
è colpa tua. – borbottò Draco. – Voglio che questa faccenda sia finita presto,
voglio tornare a casa, voglio… -
- Stasera andiamo a
mangiare fuori, tutti e tre. –promise Harry.
Draco si lasciò
coccolare da quel “tre” per qualche istante; lo respirò a fondo, per trovare in
esso la forza di affrontare la corte che lo aspettava, dietro a quella porta.
Uno e trino, perché
James era quell’uno che faceva il tre, era l’elemento che davvero faceva la
differenza, che con la sua presenza, piccina e chiassosa, segnava il confine
fra una coppia e una famiglia, un mondo monotonamente adulto ed uno ibrido,
fatto di linguaggi simili ma a volte ostici, fatto di sorrisoni e di capricci,
di passati di verdure e di notti che non finiscono mai.
Ed era James che
Draco stava andando a riprendersi, ora, là dentro. Con Harry fuori, che non
poteva far altro che aspettare, ma la sua presenza, la sua forza, la sua
determinazione erano contagiose; Draco le poteva sentire scorrere da lui al suo
corpo, dargli coraggio, dargli la certezza che sarebbe andato tutto bene,
perché c’era Harry con lui, perché lui avrebbe saputo che cosa fare, sarebbe
riuscito a salvare tutto, da vero eroe che era.
- Vai. – soffiò
dolcemente Harry. – Vai e falli tutti fuori. -
* * *
- … per questo
motivo il Ministero ritiene il signor Malfoy non idoneo alla custodia
dell’oggetto della disputa, ed auspica che la corte riconosca l’assoluta
necessità di mantenere il bambino adeguatamente sorvegliato, perché possa
essere cresciuto ed educato al controllo del suo potere. Tutti noi ci
auguriamo, come cittadini e membri della comunità magica d’Inghilterra, che in
un futuro prossimo il bambino di cui oggi si discute, e di cui è giusto temere
il potenziale, diventi un grande Auror, un difensore della legalità e della
giustizia, un amico della comunità ed un monito a chiunque volesse tentare
ancora di minacciare la pace della nostra società. -
Dai membri della
corte si sollevò un brusio eccitato e confuso, intervallato qua e là da qualche
esclamazione di incredulità.
Wharrel accennò ad
un mezzo sorriso e si sedette al suo posto, di fianco a Lowerton, che gli
bisbigliò qualcosa nell’orecchio.
Draco scoccò
un’occhiata tesa ad Hermione, che gli strinse brevemente un braccio per
rassicurarlo, prima di alzarsi.
- Signori, membri
del consiglio. – scandì chiaramente. – Il signor Draco Lucius Malfoy intente
controbattere personalmente alle insinuazioni che contro di lui sono state
rivolte. Io, Hermione Jane Granger, sono pertanto qui solo in veste di
consulente. Le mie parole e le sue saranno pertanto da intendersi come parti di
un’unica linea difensiva, e con questo inizio subito con il contraddire le
parole del signor Wharrel, che ha detto il vero solo in parte. Draco Lucius
Malfoy è, effettivamente ed innegabilmente, membro della famiglia Malfoy, e
unico figlio di Lucius Malfoy, che in questo momento si trova rinchiuso ad
Azkaban, accusato di crimini orrendi che voi tutti conoscete, meglio di me. -
Hermione inspirò
profondamente, gli occhi fissi e concentrati in un punto impreciso davanti a
lei. – Ma… - riprese lentamente. – Ciò che non deve essere frainteso, e che
invece il Ministero vorrebbe spingervi a credere, è che il signor Malfoy sia in
qualche modo stato coinvolto nelle attività dei Mangiamorte, durante il periodo
della guerra, o che sia anche solo sospettabile di ciò. Draco Malfoy non è un
Mangiamorte, non lo è mai stato, e se è vero che anni fa fu coinvolto
nell’assassinio di Silente, è altrettanto vero che il ragazzino terrorizzato di
allora non è l’uomo che avete di fronte ora. -
Draco si alzò in
piedi, piantando i palmi sul banco. – L’uomo che avete di fronte ora è venuto a
riprendersi suo figlio. – ringhiò. – Un figlio che mi è stato strappato, a me e
ad Harry, in modo vergognoso. –
- La sua mancanza
di collaborazione ha costretto i nostri Auror ad agire di conseguenza. –
commentò Wharrel.
- Lei crede? – fece
Hermione. – E per agire di conseguenza intende dire usare uno Schiantesimo
violentissimo contro un uomo che teneva in braccio un bambino di due anni? Uno
Schiantesimo che avrebbe potuto uccidere quel bambino, se lo avesse colpito? -
- E’ solo un
miracolo che mio figlio James non si sia ferito cadendo. – abbaiò Draco. – E
voi, ai vostri Auror, dovreste insegnare la differenza fra un nemico ed un
bambino. -
- I nostri Auror ed
il loro operato non solo l’oggetto della riunione di oggi. – ribatté Wharrel,
gelido.
- Forse no, ma
l’operato della persona da voi nominata responsabile di James sì. – Hermione si
volse bruscamente verso la prima fila, occupata dal Ministro e dal suo
corteggio. - La signorina Nancy Avery, se non erro. -
Wharrel sembrò
esitare, ma uno dei giudici, quello più a destra, gli rivolse un’occhiata che
lo costrinse ad annuire in risposta. Nancy impallidì, ma l’avvocato le fece con
la testa il cenno di non aprire bocca.
- Molto bene. –
Hermione sorrise, determinata. – L’avvocato, prima, deve essersi scordato di
raccontarvi un piccolo aneddoto molto singolare. Qualcosa che ha a che vedere
con un bambino di due anni lasciato solo in una stanza piena di serpenti
velenosi. -
Dagli spalti della
corte si levò un mormorio scandalizzato, soprattutto da parte delle signore.
- Il bambino in
questione è un rettilofono. E quei serpenti li ha evocati lui stesso, con il
suo spaventoso potere. -
- Ma davvero? –
sputò Draco. – Beh, è curioso che il figlio che tanto vi ostinate a negare sia
di Harry Potter parli il Serpentese, non trovate? -
- Harry Potter non
è parte di questo processo, signor Malfoy. -
Draco fulminò
Wharrel con gli occhi. - Harry Potter è il padre di James Draco Malfoy-Potter
tanto quanto lo sono io, stronzo, e se ora vuole lasciarmi proseguire… -
- Signor Malfoy. –
lo riprese uno dei giudici.
Hermione gli scoccò
un’occhiata tesa, ma Draco ebbe un’occhiataccia anche per lui. – Lei si faccia
strappare un figlio dalle braccia, e poi mi venga a raccontare come le viene
voglia di chiamare chi glielo ha portato via. – rispose, brusco. – E se ora mi
lasciate finire, vi racconterò qualcosa a proposito di mio figlio. Che sarà
pure potente quanto volete, ma non è un dio, è solo un bambino di due anni. E
non è in grado di eseguire incantesimi alla cieca. -
I membri della
corte si guardarono l’un l’altro, interrogativi, e a quel punto Hermione
riprese in mano la situazione.
- Quello che il
signor Malfoy intende dire è che il bambino non è capace di lanciare
incantesimi autonomamente. Ma può farlo per imitare qualcuno. Qualcuno che
abbia eseguito l’incantesimo davanti a lui. -
Nancy, sulla panca
di legno, sembrò tentare di farsi più piccola.
- Nessuno qui
poteva sapere che James fosse un rettilofono, ed è per questo che lei ha
evocato un Serpensortia, non è così? Per verificare se lui fosse in grado di
interagire con lui. -
- Io non… -
- Signorina Avery.
– la invitò uno dei giudici.
- Io… io… - Nancy
Avery vacillò pericolosamente, le ginocchia che le tremavano, nonostante fosse
seduta. – Io ho fatto ciò che mi era stato ordinato di fare. Ho evocato un
serpente innocuo, ed ero pronta a farlo sparire, nel caso in cui James non
avesse reagito. Ma poi lui ha sorriso, ha detto qualcosa al serpente, e
all’improvviso si è scatenata la sua magia, e dal nulla sono comparsi almeno
dieci serpenti. E non erano affatto innocui, nossignore, erano grossi, e minacciosi.
-
- E lei è scappata,
lasciando il bambino da solo, in mezzo ai serpenti? -
- Avevo paura! -
- Paura di mio
figlio? – sbraitò Draco, schiantandole le mani davanti. – Ma vi rendete conto
che siete ridotti ad aver paura di un bambino di due anni? -
- Un bambino dotato
di poteri incontrollabili. -
- Incontrollabili
per voi! Perché voi gli fate paura, perché lui vuole tornare a casa con i suoi
genitori! -
- Incontrollabili
perché questo bambino è il figlio di colui a cui voi vi ostinate a non voler
riconoscere la paternità . – scandì Hermione.
- I metodi dei
Babbani per riconoscere la paternità di qualcuno non sono considerati validi in
questa sede, signorina Granger. – asserì il giudice seduto in mezzo.
Wharrel si alzò,
brandendo un piccolo dossier, che posò con leggerezza sul banco dei giudici. –
La signorina Granger sembra piuttosto restia ad accettare ciò. – commentò. – Ma
come voi stessi, a nome di tutta la Corte, potete verificare, in questi
documenti, che sono i certificati di nascita e di riconoscimento originali del
bambino, il nome e la firma di Harry Potter non compaiono in alcun luogo.
L’unico genitore del bambino è e resta il figlio di un Mangiamorte. -
Silenzio,
nell’aula.
Il giudice analizzò
con attenzione le carte, rigirò più volte alcune pagine, indicò ai colleghi
alcuni passaggi, talvolta tamburellò con le dita sulle parole, tracciate in
corsivo.
- Stando così le
cose. – sospirò. – Il signor Potter non può… -
- Oh, il signor
Potter può eccome, invece. -
Harry irruppe nella
grande sala, le braccia incrociate sul petto, e gli occhi incendiati.
- Signor Potter! –
gemette Lowerton, sbiancando come uno straccio.
- Esca
immediatamente da qui, lei non ha il diritto di… -
Harry ignorò
completamente Wharrel, e il mormorio di tutti i presenti. Saltellò lungo i
gradoni degli spalti e raggiunse Hermione, che lo aspettava con un sorriso
aperto e sollevato. Insieme, i due raggiunsero a passo di marcia Draco, di
fronte ai seggi dei Giudici, ed Harry cacciò fuori dal mantello un foglio di
pergamena, che ebbe cura di schiantare sul tavolo, sotto al naso dei
magistrati.
- Questa, signori…
- cominciò, soave. – E’ l’iscrizione di mio.figlio.James a Hogwarts. Come
potete vedere risale a circa un anno e mezzo fa. E, sempre se la vostra vista non
vi inganna… - Harry ghignò, maligno. – Qui sotto c’è la mia firma. -
Draco diede un
sospiro quasi singhiozzato per il sollievo, quando la firma di Harry comparve,
chiara e sfavillante, sulla pergamena giallognola.
Wharrel si alzò di
scatto, ma qualsiasi cosa avesse tentato di dire fu soffocata da un rumoroso
“oooh” di sorpresa, da parte di tutti i membri del consiglio.
- I documenti
incantati non mentono. – continuò Hermione, professionale. – E voi, meglio di
me, saprete che se Harry Potter non fosse davvero il genitore naturale, o il
tutore legale di James, la sua firma sarebbe scomparsa dalla pergamena. -
- Ma i certificati
di nascita del San Mungo… - protestò debolmente Lowerton.
- Momentaneamente
impossibilitato a firmarli. – recitò Harry, rivolgendo un sorrisino innocente a
tutta la Corte. – Forse i signori non si ricordano. In quel periodo mi trovavo
in guerra. –
Harry si prese
tutto il tempo per un sospiro teatrale. – A salvare tutti quanti voi da
V.o.l.d.e.m.o.r.t. – si divertì a sillabare, facendo rabbrividire violentemente
metà dei presenti.
- E ad ogni modo la
legge non fa distinzioni fra documenti. – concluse Hermione. – E’ sufficiente
che la firma di Harry risulti su un documento ufficiale, perché lui possa
essere riconosciuto come padre del bambino. E l’iscrizione ad Hogwarts lo è. -
- E adesso ridateci
nostro figlio. – ringhiò Draco, le mani ficcate in tasca, la destra stretta
attorno alla bacchetta, in una minaccia nemmeno troppo velata.
- Non potete
affidare un bambino tanto potente al figlio di un Mangiamorte! – ruggì Wharrel.
– E’ un pazzia! -
- Al figlio di un
Mangiamorte forse no, ma ad Harry Potter sì. – gli ringhiò contro lui. – O
forse non ho fatto abbastanza, per voi? Forse non mi merito ancora un po’ di
pace, un po’ di tranquillità, una vita normale? Voi siete qui a giudicare noi,
ora, ma stasera tornerete a casa dai vostri figli, e preparerete loro la cena,
e li farete giocare, e non avrete paura che qualcuno possa cercare di portarli
via per farne un’arma da usare contro chissà chi, per il bene del Ministero! -
- Questo non ha
nulla a che vedere con… -
- Un’altra parola.
– sibilò Draco. – Lei dica solo un’altra parola, Wharrel, e le giuro che le
farò desiderare di non aver mai visto la mia faccia. -
Harry non si voltò
nemmeno, lasciando che Draco si levasse la soddisfazione di mangiarsi quel
diavolo di avvocato.
Aveva la sua di
arringa da fare, ora.
- Sapete dirmi,
signori, per cosa abbiamo combattuto, per più di un anno, lassù in Scozia? –
fece, carrellando tutti i presenti con lo sguardo. – Margaret, non hai forse
combattuto per i tuoi figli, nascosti in Spagna, da quella tua zia lontana di
cui mi parlasti una volta? E tu, Darius, non hai combattuto per il tuo ragazzo,
perché potesse continuare i suoi studi? -
I due membri
chiamati in causa sobbalzarono sui loro seggi, ma annuirono, debolmente. Harry
sorrise, di un sorriso rabbioso, e continuò imperterrito.
- Jack. La tua
primogenita si doveva sposare, prima che scoppiasse la guerra, e tu giurasti a
te stesso che avresti dato la vita per poterle regalare un futuro lontano dai
pericoli. Come sta, ora? -
- Sta bene. –
rispose un uomo di mezza età, con un gemito. – Aspetta una bambina. -
Harry annuì
lentamente, davanti a tutti. – Bene. Auguri, Jack, sono sicuro che sarai un
ottimo nonno. E adesso, se non vi dispiace io aspetto il mio, di bambino. -
- Per l’amor del
cielo, ridate loro quel bambino! – gridò una voce femminile, accorata.
- Portate qui il
bambino. – ordinò il giudice di sinistra, facendo cenno a due Auror.
- No. -
Una vocina esitante
si fece largo nel chiasso generale, e l’attenzione di tutti fu calamitata da
Nancy, che si alzava timidamente. – Forse… - disse, trasalendo. – Forse è
meglio che vada a prenderlo io. In fondo sono quella con cui ha avuto più confidenza.
-
Draco le scoccò
un’occhiata di fuoco, ma il giudice si strinse nelle spalle, ed acconsentì che
fosse lei ad infilare la porta per andare a prendere James.
- Papà? -
- Sì, tesoro, ci
sono i tuoi papà. Adesso andiamo subito da loro, eh? -
- Ti! Ti! Adetto,
adetto papà! -
James fece capolino
agitandosi come un pazzo fra le braccia di Nancy, che conteneva a malapena il
suo entusiasmo disperato.
- James. – soffiò
Draco, correndogli incontro appena lo vide passare oltre il cordone di Auror di
guardia.
James voltò la
testolina verso di lui, e il suo visino di illuminò di una gioia disarmante,
che gli invase gli occhietti e tutte le guance.
- Papà Daco! –
trillò.
- Piccolo mio. –
Draco lo artigliò dalle mani di Nancy, e lo strinse fortissimo a sé,
singhiozzando violentemente.
James si aggrappò
forte ai suoi capelli, affondandovi tutte le ditina, e quando Harry li
raggiunse alle spalle fece un sorrisone enorme, e allungò una manina verso di
lui, con gli occhioni pieni di lacrime, finchè Harry non li ebbe stretti
entrambi.
Qualcuno, da
qualche parte, nell’aula, cominciò a battere le mani.
Era Hermione, ferma
davanti al banco dei giudici, commossa e felice.
Qualcun altro le
venne dietro, dopo pochi secondi.
Era l’uomo che
Harry aveva chiamato Jack, in piedi, in mezzo agli altri membri della corte.
A loro seguirono
tutti gli altri, uno dopo l’altro, chi con più convinzione, chi con meno.
L’ultima, quella che forse ebbe più difficoltà a trovare il coraggio di
applaudire, fu Nancy. Ma ci mise anche un sorriso, quando lo fece. Applaudivano
tutti, alla famiglia più strana del mondo, alla coppia di genitori più
coraggiosa della storia, al bimbo più umano e bello che ci fosse, che sollevò
gli occhietti interrogativi su tutto quel baccano, si osservò le mani con aria
concentrata, e cominciò a batterle anche lui, goffamente, senza nemmeno sapere
perché, applaudendo a sé stesso, e ai suoi papà, a quello biondo e a quello
eroe.
- Papà, è domani? È
domani adetto? -
- Sì, tesoro,
adesso è domani. – mormorò Draco, premendo un bacio sulla fronte di James. – Ce
ne torniamo a casa, vuoi? -
- Bu Bum. -
- Vuoi Bu Bum? È a
casa che ti aspetta, insieme a tutti gli altri giochi, amore mio. -
James pigolò
qualcosa, e si fece passare fra le braccia di Harry.
- Ho fatto eloe. –
annunciò, risoluto. Harry si sentì vinto su tutti i fronti, innamorato come uno
scemo di suo figlio, stordito dalla gioia di averlo di nuovo fra le braccia.
- Lo so. Adesso sei
tu il più grande eroe di tutto il mondo, sai? -
- Più più di tutti?
-
- Proprio di tutti.
-
James gongolò per
un attimo ma altrettanto repentinamente ricominciò a piagnucolare e a sporgersi
verso Draco. E dopo un momento appena, di nuovo verso Harry. E continuò così, a
farsi passare dall’uno all’altro, ubriacandosi di coccole e di abbracci, senza
volersi decidere a scegliere, finchè fu Harry a dirgli di stare buono con
Draco.
Perché lui aveva
una piccola cosa da sbrigare.
- Fatemi firmare
questi schifo di fogli, e che sia finita qui. – sibilò Harry, afferrando il plico
di documenti del San Mungo, brandendo una penna e scarabocchiando il suo nome
in tutti gli spazi liberi, persino in quelli per le date. – E che non debba mai
più sentire che è un pezzo di carta a decidere se un bambino e figlio di
qualcuno o no. Mai più. –
Draco saltellò precariamente oltre la graticola del camino, rischiando
di scivolare sulla cenere, o su qualche ceppo
Draco saltellò
precariamente oltre la graticola del camino, rischiando di scivolare sulla
cenere, o su qualche ceppo. Ma non gliene importava niente, non aveva alcuna
intenzione si staccare le braccia da James per tenersi in equilibrio, e dal
canto suo il piccolo era aggrappato talmente forte ai suoi capelli che gli
faceva persino male.
- Siamo a casa,
tesoro. – mormorò, mentre Harry compariva dietro di lui con uno sbuffo
verdognolo.
James mugolò
qualcosa di incomprensibile e smise di tirargli i capelli, preferendo loro il
collo del suo papà.
Draco si buttò sul
divano senza preoccuparsi della giacca, delle scarpe, o di qualunque altra cosa
che non fosse James, e la sua presenza sicura fra le sue braccia. Harry si levò
soltanto la giacca, e li raggiunse proprio mentre Draco stava lasciando che
James gli si sedesse sulle ginocchia, per poterlo coccolare ancora un po’.
Si sedette alla sua
sinistra, a avvolse le spalle di Draco con il braccio, per poter stare vicino
sia a lui che a James.
- Campione… - disse
sorridendo, e baciandogli la testolina arruffata.
- E’ il mio
piccolo. Il mio bambino. – sussurrò Draco, ad occhi socchiusi, di nuovo tiepido
nell’abbraccio di Harry.
Harry
sorrise. – Lo so. E tu sei
bellissimo. –
- E’ finita,
adesso, vero? -
- Certo. – Harry
afferrò una manina di James, e ci giocherellò, sorridendo alla risatina del
piccolo. – Non un’altra parola su questa storia.
- Credo di non
essere mai stato più felice, in tutta la mia vita. – sospirò Draco. – Non credo
che avrei retto un minuto di più senza di lui. -
Harry ridacchiò di
cuore, e scoccò un’occhiata all’orologio. – Dai, adesso non ci pensiamo più, in
piedi. Andiamo a cambiare James, fra una mezz’ora usciamo. –
Draco aggrottò le
sopracciglia. – Usciamo? Per andare dove? –
Harry ghignò. –
Sono un uomo di parola, io. Te l’avevo detto che vi avrei portati fuori a cena.
-
* * *
- Quel tavolo
laggiù mi ricorda qualcosa. – Harry ghignò, vagamente malizioso, accennando ad
un tavolo sulla sinistra del locale, affacciato direttamente sull’ampia vetrata
panoramica. – E’ possibile avere quel tavolo laggiù? -
- Certamente
signori. -
Un cameriere in
livrea chiara, e dall’aria rigorosamente professionale accompagnò i tre al
tavolo che Harry aveva richiesto, e trasfigurò una delle sedie in un seggiolino
per il piccolo James.
- Eccoci qui di
nuovo. -
Draco posò le mani
sulla tovaglia candida, quasi sperando che fosse la stessa della volta prima. –
Già. – disse con un mezzo sorriso. – Ma questa volta abbiamo un commensale in
più. -
- Un terzo incomodo…
- Harry allungò un buffetto a James, che eccitatissimo si guardava attorno e
cercava di allungare le mani verso i camerieri che facevano fluttuare davanti a
loro dei piatti da portata.
- Gli prendiamo una
zuppa, e gli facciamo tritare della carne. – Valutò Draco, scorrendo il menu.
- E gli offriamo un
bicchiere di vino. – ridacchiò Harry. – In fondo è lui il festeggiato. -
- Naaaa! -
Draco alzò gli
occhi al cielo. – James, basta. Non si gioca con il tovagliolo, mi hai capito?
-
- Aaaaah, gno, gno!!!
-
- James. – lo
rimproverò Harry con voce ferma.
Il piccolino mise
un broncio lungo fino a terra, davanti al suo purè di verdure, e desistette dal
cercare di affogarci dentro il tovagliolo.
Harry fece un mezzo
sorrisino, guardandolo mentre studiava i pezzetti di carne con diffidenza.
Essere padre era piuttosto stancante, a volte; ma, doveva ammetterlo, anche
tremendamente spassoso.
Versò un mezzo
bicchiere di vino bianco a Draco e pigramente allungò una mano attraverso il
tavolo, raggiungendo la sua, abbandonata vicino al tovagliolo. La accarezzò in
silenzio, con una tenerezza tutta intima e anche un po’ incantata, e poi la
strinse fra le sue dita, attirandola un po’ più verso di sé.
- So che avevo
detto che non ne avremmo più parlato, però devo proprio dirtelo. Sei stato
grande, in quell’aula. – disse, sinceramente ammirato.
- Anche tu. – Draco
strinse con il pollice il dito indice di Harry. - E sei stato grande anche
fuori. Non sai che paura avevo che tu irrompessi nel momento sbagliato. -
- Andiamo, non sono
poi così disperatamente impulsivo. – ridacchiò Harry. – Anche se non ti
nascondo che qualcosa dentro di me mi gridava di spaccare tutto e di andare a
riprendermi James, subito. -
Draco annuì. - Lo
avremmo fatto, vero? Se avessimo perso. -
Harry fissò la mano
di Draco, assente. – Ma certo. – mormorò. – Lo avremmo fatto insieme, io e te.
–
Draco lasciò che
Harry gli tirasse la mano fino alla sua bocca, e che la baciasse con le labbra
socchiuse. Rabbrividì leggermente, per il contatto, per la sensazione della
guancia di Harry, e delle sue ciglia sulla punta delle dita, morbide.
- Papàààà! -
Draco sobbalzò
violentemente. James li scrutava entrambi, con il visino corrucciato, e si
tendeva disperatamente verso Harry, verso le loro mani, cercando di toccarle. –
Papà, io, io! -
Harry sbuffò,
divertito, e allungò un buffetto sulla guancia del piccolo. – Cosa c’è, vuoi
mettere anche tu la mano? –
- E’ viziato e
straviziato. – commentò Draco, con aria un po’ colpevole.
Harry ridacchiò. –
Su, vedrai come si mette buono, adesso. Mangiamo un po’ di pollo, eh? Lo vuoi
il pollo, James? -
- Gno. -
Harry infilzò un
pezzetto di carne nella forchetta. – No? Nemmeno se te lo porta la scopa
magica? – lo tentò, facendo svolazzare la forchetta con la mano.
- La copaaaa….
Aaaa… Ammmh! – James addentò il boccone con entusiasmo e lo ruminò ben bene,
senza staccare gli occhi dalla “scopa” che si ritirava.
- Non capisco come
tu faccia ad essere così bravo con i bambini. – ammise Draco.
- Ho sempre voluto
averne. Mi sono allenato nel frattempo. – rispose Harry, sornione. – E poi
dovrò pure trovare un modo per ritagliarmi il mio spazietto di amore familiare,
visto che non vengo considerato da te, no? -
- Che cosa vorresti
dire? – ridacchiò Draco.
Harry mise un broncio
identico a quello del figlio. – Che tu dai sempre a lui tutti i baci. –
mugugnò.
- Oh, e a te non ne
do mai, signor Potter? -
Harry scosse la
testa, risentito.
Draco alzò gli
occhi al soffitto e puntò le mani sul tavolo per sporgersi in avanti. – Lo sai
che sei tremendo? – mormorò divertito.
Harry posò la
forchetta di James e si alzò di un poco, con un’espressione dolcemente beata. –
Mmm, vieni qui. – disse, raggiungendolo a metà del tavolo, e chiudendo gli
occhi un attimo prima di baciarlo. Lo baciò teneramente, assaporando le labbra
di Draco, e la sensazione del suo naso dritto vicino al suo, che sfregava con
dolcezza sulla sua guancia.
PLAF
Harry socchiuse un
occhio, e sospirò.
- No,
James. – gemette Draco.
Troppo tardi.
James guardava i
suoi genitori con un sorrisone enorme sulla faccina imbrattata di budino alla
fragola color rosso acceso.
- Sei cattivo. – lo
rimproverò Draco. – Non si mettono le mani nel cibo, lo sai! -
L’espressione del
piccolo cambiò repentinamente dall’entusiasta all’indeciso. James si osservò la
manina incriminata, da cui colavano grosse gocciolone di budino denso, e tentò
di porre rimedio al pasticcio leccandosi le ditina.
Draco scoppiò a
ridere suo malgrado, mentre Harry si armava di tovagliolo e di paterna
pazienza, e cercava di ripulirlo un po’.
- Guardati, sei
riuscito a sporcarti fino alle guance, eh? -
- Su, non eri così
fiero che tuo figlio fosse un vero Potter? Ne hai avuto la prova adesso, nessun
Malfoy al mondo si sarebbe mai sognato di ficcare le mani in un budino. Questi
geni sono senza dubbio tuoi. -
- Gno, è buono, è
buono! – protestò James, quando Harry fece per levargli il piatto di budino da
sotto il naso.
- Non mi sembra che
ti piaccia, altrimenti lo mangeresti, invece che giocarci. -
- Gno, gno, papà, è
mio, è mio! -
Harry fece una
smorfia, e gli restituì il piattino – E questi invece sono mooolto Malfoy. –
insinuò.
- Sta solo cercando
di… James! -
James ritirò la
manina all’istante. – Pappa. – si difese, agitandosi sul seggiolino.
- E da quando la
pappa si mangia con le mani? -
James sfarfallò le
ciglia, sfoggiando la sua miglior faccina innocente. Afferrò il cucchiaino e lo
offrì a Draco, incoraggiante.
– Pappa? – ritentò,
facendo gli occhi grandi.
Draco alzò gli
occhi al cielo, e sbuffò, mettendocela tutta per sembrare spazientito, ma Harry
riuscì quasi vederlo diventare di gelatina, e sciogliersi completamente per gli
occhioni del suo piccolino.
- Sei molto dolce
quando imbocchi James, lo sai? – bisbigliò Harry, inclinando dolcemente la testa
verso di lui.
- Beh, è
necessario, non puoi certo ficcargli il cucchiaio in bocca, poverino. -
- Non intendevo
dire per come lo fai. È per come lo guardi, per come ti muovi per lui, per come
sei attento a tutto. -
Draco sfilò il
cucchiaino dalla bocca di James, che si gustò il suo boccone di dolcetto senza
nemmeno impiastricciarsi troppo. Mentre era impegnato ad ingoiare, Draco gli
sfiorò il nasino con un dito, guadagnandosi una sua occhiatina perplessa.
- E’ cresciuto,
sai? – mormorò assorto. – Mi sembra ieri che stava in una culla, che si muoveva
appena, con i suoi pagliaccetti colorati addosso. Era così fragile, così
minuscolo, e ora è un ometto, corre e gioca dappertutto. -
- E crescerà ancora
molto. – asserì Harry. – Ha ancora tanta strada da fare. -
- Nulla mi toglie
dalla testa l’impressione che James abbia cominciato veramente a crescere solo
quando sei tornato tu. -
Harry rimase con il
bicchiere a mezz’aria. Attraverso il vetro poteva vedere gli occhi di Draco,
fermi sul suo piatto, senza che lo stessero davvero guardando.
- La vuoi sapere
una cosa, Draco? Una cosa a proposito di quello che ti ho detto ieri notte, del
mio desiderio di diventare padre. – disse a mezza bocca.
Draco inarcò le
sopracciglia, ed Harry sorrise, vagamente imbarazzato.
– James è il
bambino dei miei sogni. – confessò con semplicità. – E’ esattamente il figlio
che ho sempre sognato di avere, perfetto in ogni cosa, dal viso al carattere,
al modo di ridere. È come se tu lo avessi tirato su apposta per me. –
Draco arrossì
violentemente, facendo sorridere Harry. – Ma tu non lo hai allevato apposta per
me, vero? – mormorò. - Non credo che tu ti sia scritto una lista di cose da
fare per rendere Harry Potter l’uomo più felice del mondo, al suo ritorno. –
- No. – ammise
Draco, persino divertito. – No, ovviamente no. Però lui mi faceva pensare
sempre a te, e quindi tante volte mi sono trovato a chiedermi, stupidamente,
come ti saresti comportato tu al mio posto. Come lo avresti rimproverato per un
capriccio, o come avresti premiato le sue conquiste. -
Harry sorrise in un
modo che Draco trovò molto significativo, e sincero. - Che cos’hai fatto,
quando James ha fatto i primi passetti? -
- Beh… - Draco
inarcò un sopracciglio, e dopo qualche istante sorrise. – Lo abbracciai forte, lo
sollevai e lo feci girare. Mi ricordo che lui rideva come uno scemo, ma poi non
riuscì più a camminare, quel giorno, perché gli girava la testa, e non riusciva
più a stare in equilibrio. -
Harry prese di
nuovo la mano di Draco, e ne attirò il palmo sulla sua bocca. – E’ esattamente
la stessa cosa che avrei fatto io. – sussurrò sulle sue dita. – Grazie, Draco.
–
- Ammmh, ammmh! -
Draco sospirò,
sconfitto.
James aveva ficcato
la faccia nel piatto, e si era riempito di budino dappertutto, quasi fino ai capelli.
E sembrava essere assolutamente fiero di sé.
* * *
Harry controllò che
la copertina che avvolgeva James fosse ben rimboccata, e gli diede un buffetto
leggero sulla guancia. Il piccolino era stordito dalla stanchezza, e dalle
emozioni di una giornata decisamente molto movimentata, ed aveva davvero
bisogno di una bella dormita. Si era già appisolato sulla via del ritorno a
casa, in braccio a Draco, e aveva continuato a sbadigliare anche mentre Harry
gli metteva il pigiama e lo metteva a letto.
Gli sistemò Bu Bum
all’altezza del petto, e James subito gli strinse una manina attorno ad una
zampa, sospirando. Un’ultima occhiata, un ultimo sorriso, e Harry fece spegnere
tutte le luci della cameretta, ed uscì.
Quando entrò in
camera, Draco gli dava la schiena, e stava finendo di svestirsi. La sua camicia
e il suo maglioncino erano già sistemati su una poltroncina, e le scarpe erano
sparite dentro l’armadio. Harry, prudentemente, si socchiuse la porta della
stanza alle spalle.
Draco si accorse
del cigolio sommesso, e si voltò con aria interrogativa. Guardò prima Harry,
negli occhi, e poi la porta, e poi di nuovo l’espressione imbarazzata di Harry.
- Oh. – disse con
espressione consapevole.
Harry fece un
sorrisino esitante. – Ti… andrebbe? – tentò con una certa indecisione.
- Io… - indugiò
Draco. – Io credo di sì. –
Harry finalmente si
staccò dalla porta, per raggiungerlo. Lo abbracciò da dietro, impacciato, ma
immensamente tenero.
- So che lo
facciamo raramente. - ammise. – Però stasera sei davvero troppo bello. –
Draco gli concesse
un mezzo sorrisino. – Siamo sicuri, per James? –
- Dorme come un
angelo. – sussurrò Harry, sfiorandogli con la bocca la spalla nuda, ad occhi
chiusi, lasciandosi stordire dal suo profumo.
* * *
- Papà! -
Draco aprì gli occhi
giusto in tempo per vedere la porta della camera aprirsi, ed animarsi della
luce della mattina. James la sospinse fino in fondo, con tutte e due le manine,
ed entrò zampettando.
- Mmm… James, sei
uscito da solo dal lettino? - Draco recuperò riflessi a sufficienza per
tastarsi le gambe e il petto. Fortunatamente si era rimesso addosso boxer e
canottiera.
Si tirò a sedere
sbadigliando, ed allungò una mano verso Harry, scuotendolo per svegliarlo. E a
quanto sembrava, lui invece non si era rivestito, prima di addormentarsi.
- Dai, vuoi venire
sul lettone? -
Domanda retorica,
ovviamente. James si slanciò verso di lui, facendosi acchiappare al volo, e
ridacchiando, più vispo che mai.
- Papà Dedy, bam,
bam! -
- Harry.
– biascicò Draco.
Harry grugnì qualcosa
socchiudendo gli occhi.
- Uhm, tesoro, papà
Harry ha ancora sonno. – sospirò Draco. - Non è che vuoi dormire un po’ qui
anche tu, eh? -
Per tutta risposta
James cominciò ad agitarsi energicamente sulle ginocchia di Draco, e a gridare
versi incomprensibili, ma che nella sua lingua probabilmente erano
dichiarazioni di guerra ai suoi papà.
Harry allungò una
mano a casaccio sotto le lenzuola, e recuperò la canottiera. Poi fece un attimo
mente locale sul figlio, e su di sé, e decise che forse era meglio recuperare
anche i boxer. James era già pronto a buttarglisi addosso, e lui non aveva
nessuna voglia di spiegargli come mai papà dormisse senza mutande. Riuscì
persino a chiedersi se anche lui avesse mai rotto l’anima ai suoi genitori, da
piccolo, beccando suo padre in situazioni così compromettenti. Ma l’idea dei
suoi genitori in una situazione del genere gli fece venire un brivido sulla
schiena, che lo convinse a lasciar perdere questioni simili, e a concentrarsi
sulla lotta contro James il piccolo drago.
MAXI ANGOLINO!
Dunque, ho due o
tre cose da dirvi, andiamo con ordine…
Oddio ecco che
attacca a blaterare… fermatela! (NdHarry)
Crepa, stupido
Potter, che tanto se tu tiri le cuoia io sistemo Draco con Krum, che per la
cronaca è molto più galante di te. E anche più virile, tiè!
AAAAARGGHHH!!! Non
devi mai nominare tu-zapere-ki! Oooodio
Viktor Krum!!!
1_Wowowo, com’è che
qui si fondano Eserciti di Liberazione James a mia insaputa! Che cavolo, se lo
sapevo prima mi ci iscrivevo! (Ahm… Stat, non puoi, tu sei l’autrice,
tecnicamente saresti la super partes della situazione NdHermione)
…Ah. -____- Bah,
brutto affare essere autrici…
E comunque qui ci
stiamo riempiendo di sigle, e voi dovete capirmi, io sono una povera rintronata
con difficoltà mnemoniche insormontabili.
Riassumendo…
C’è L’ELJ (che fra
l’altro adesso vi toccherà riconvertire in qualcos’altro, visto che James sta
benone. Volete che faccia rapire/arrestare/fustigare qualcun altro? Non so,
potremmo organizzare una fic in cui tutti gli studenti di Hogwarts finiscono ad
Azkaban per l’assassinio di Ms Purr)
L’ ES
E il MFS
Ne ho persi altri
per strada?
2_ Sto aspettando
una mail dalla direzione del sito, perché ho richiesto delle informazioni per
una cosa (di cui non vi dirò assolutamente niente), e quindi vi avverto che
finchè non riceverò una risposta, non potrò proseguire con la pubblicazione
della fic. Penso che in realtà questo avvertimento sia inutile, perché
solitamente le risposte alle mail giungono nel giro di qualche giorno, ma per
scrupolo ve lo dico, in modo che non vi preoccupiate se non mi vedete
aggiornare presto.
3_ un po’ di
pazienza per l’aggiornamento di Virgin, sto lavorando in condizioni veramente
crudeli, passo le mie giornate a procacciarmi libri e fascicoli in giro per Milano…
Mooolto antierotico… -__-
4_ C’è qualcuno che
sa usare Photoshop? Volevo riuscire a fare qualche fanart di Fathers, mi sono
anche procurata delle belle foto (con l’assistenza della povera Zucchero, che è
diventata pazza), ma non so da che parte cominciare!
A Fanny (che lo aspetta
da secoli) e a Minerva, per il loro fantastico regalo di Natale.
Harry si svegliò
dal suo sonno leggero al primo accenno di luce che filtrò nella stanza. Sbatté
le palpebre, già più che sveglio, e preda di un’eccitazione tutta infantile.
Silenziosamente, sollevò le lenzuola e sgattaiolò fuori dal letto, muovendosi
come una lucertola per non svegliare Draco. Non dubitava nemmeno per scherzo
del fatto che Draco dovesse essere eccitato almeno quanto lui, ed in quel poco,
pochissimo tempo di convivenza era riuscito se non altro ad imparare a leggere
il suo sonno superficiale dal suo modo di sibilare. Il più piccolo fruscio lo
avrebbe svegliato, ma quella mattina non doveva andare così. Avrebbe fatto
tutto lui.
La cameretta di
James era immersa in un buio placido, e il piccolo dormiva tranquillo nel suo
lettino, accoccolato su un fianco, con il fedele Bu Bum seduto sul cuscino a
fare da guardia contro gli incubi cattivi.
Harry entrò in
punta di piedi, e comandò che un paio di candele si accendessero, per potersi
muovere con un minimo di cognizione.
- James! –
bisbigliò, affacciandosi sul lettino.
Niente da fare,
James dormiva come un angioletto.
Harry sbuffò.
- Hey, James! –
ritentò, strattonando un po’ la rete protettiva del letto, e facendolo
ondeggiare.
- James! Dai,
sveglia! –
James soffiò un
filo d’aria dal nasino e allungò in avanti un braccio, ma non diede alcun segno
di essersi svegliato. Aveva la guancina premuta per metà sul cuscino e per metà
sul materasso, e quella rivolta verso l’alto era rossa, di un rossore
innamorato.
Harry sentì che era
davvero, davvero crudele ciò che voleva fare, ma si morse la lingua, e decise
che con i sensi di colpa che sarebbero derivati dalla sua azione criminale
avrebbe fatto i conti un giorno un po’ meno speciale di quello.
Allungò un dito, e
pizzicò delicatamente il pancino di James.
- Naaa! – James si
svegliò di soprassalto, agitandosi tutto per il solletico.
- Oh, ci siamo
svegliati. – fece Harry, sornione.
- Harry! -
- Tranquillo, sono
già qui io! -
E’ mio. Tutto per
me.
Harry rivolse al
suo piccolo un sorrisone delinquente, guadagnandosi in risposta un mugolio
assonnato.
- Che giorno è
oggi, James? – cantilenò, acchiappandolo per la vita e cominciando a
strapazzarlo con entusiasmo.
- Gno, gno… -
- Oh sì invece. Chi
compie gli anni oggi? -
James cercò di
divincolarsi, ed osservò Harry sempre più allarmato, ma Harry se lo ficcò sulle
spalle e partì a razzo per la camera.
- Eeeee… La scopa
più veloce del mondo sta atterrando! – gridò, lanciandosi sul letto con James,
e terrorizzando Draco a morte.
- Ma sei scemo? –
sbraitò Draco, precipitandosi su un lato del letto, e addio lenzuola e coperte.
– Vuoi farlo fuori proprio oggi? -
- Oh, non rompere,
è il compleanno del mio nanerottolo, niente storie! -
James proprio non
riuscì a capire che diamine fosse preso all’improvviso ai suoi papà, o che cosa
fosse questo compleanno che a quanto sembrava stava sconvolgendo le vite di
tutti. Ma se ciò significava un mare di coccole extra nel lettone grande, beh,
allora lui di certo non si sarebbe lamentato.
Papà Harry sembrava
impazzito completamente. Continuava a tormentarlo, a rivoltarlo di qua e di là
come un bambolotto di pezza, a dire cose senza senso riguardo questo
compleanno, o quello che era. Mah, certe volte papà Harry era davvero un tipo
strano.
Anche papà Draco
comunque sembrava un po’ fuori di testa. Ma se l’udito non lo ingannava, lo
aveva sentito nominare la pera frullata con il cioccolato. Oh, buona, la pera
frullata con il cioccolato, tanto cioccolato!
- Naaa! – James
mise le manine sulla faccia di Harry e cercò disperatamente di respingere il
suo tentativo di soffocarlo di baci.
- Lo farai
vomitare. – borbottò Draco, alzando gli occhi al cielo in una muta richiesta di
aiuto.
- Ma smettila, ride
come uno scemo. -
- E’ tuo figlio,
Potter, ridere come uno scemo è nel suo patrimonio genetico. -
- Papà, accio Bu
Bum, dai, dai, accio Bu Bum! -
- Niente Bu Bum,
ora ci alziamo, su. -
Draco si stiracchiò,
ridacchiando del figlio che si era messo con le manine tutte alzate, e gli
occhietti attenti sulla porta, aspettando che il suo pupazzo comparisse
dall’altra stanza, richiamato da un incantesimo che nessuno aveva lanciato.
Non si stupì
nemmeno troppo, di vederlo arrivare fluttuando qua e là, in modo piuttosto
traballante, come sostenuto da un fantasma ubriaco, e finire dritto nelle sue
manine.
Il suo piccolo,
tremendo maghetto.
* * *
Diagon Alley era
piacevolmente tranquilla, nel periodo primaverile. Nessuna ricorrenza ad
animare i negozi, niente acquisti scolastici, niente corse e deliri collettivi.
La gente si dedicava più che altro a passeggiare fra le vie, a passare un po’
di tempo in tranquillità, divertendosi ad esplorare le vetrine e a commentare
le ultime novità editoriali al Ghirigoro, senza badare troppo ad un passeggino
che fendeva la folla, condotto da un ragazzo dai capelli biondi come paglia.
- Allora, James!-
Draco sembrava francamente più entusiasta del figlio, ed Harry sbuffò,
divertito.
- Guarda che è il
suo compleanno, al tuo manca ancora un po’.-
- Oh, finiscila.-
lo liquidò Draco. – Che cosa compriamo al mio piccolo campione, eh?-
- Mari e monti, eh,
Malfoy?-
- Se servisse a
farlo felice, certamente. –
La cosa davvero spassosa
è che Draco si stava comportando esattamente come lui aveva pronosticato.
Cielo, ci avrebbe potuto scommettere la cicatrice, Malfoy era sempre Malfoy.
Proprio in quel
momento i tre passarono davanti al negozio di scope, che sfoggiava in vetrina
la nuovissima Nimbus Ultimate. Harry rallentò il passo cercando in ogni modo di
dissimularlo, ma davanti al magnifico manico di scopa tirato a lucido dovette
leccarsi le labbra secche un paio di volte, esibendo un’aria pateticamente
adorante.
- Scordatelo!- lo
scosse Draco, imperioso. – Niente scopa, finché non sarà abbastanza grande!-
- Ma… –
- Ho detto no.-
- Ma Draco…-
- Ho detto no!-
- Uffa. -
- Potter…- Draco
inarcò le sopracciglia con aria irritantemente saccente. – Vedi, Potter, mio
caro, stupido Grifondoro, se questa scopa dovesse davvero servire a James, ci
farei più di un pensierino. Ma il fatto è che so benissimo che è solo un
pretesto per poterla usare tu!-
Harry si diede una
grattatina risentita sulla nuca, e osò dissentire. Almeno, ci provò.
- Al tuo compleanno
ci penseremo. Forse.- annunciò Draco, ben deciso a passare sopra la questione.
- Ma io la voglio
adesso. –
Draco gli rivolse
un’occhiata accigliata. - Sei peggio di tuo figlio, te ne stai rendendo conto,
spero.-
- E va bene, va
bene, mi arrendo! Andiamo al maledetto negozio di animali!-
Draco sfoderò un
sorrisino soddisfatto, e riprese a spingere la carrozzina con più energia di
prima.
- James, vuoi
scendere dal passeggino, così ne scegli uno? – Draco si prese in braccio il
figlioletto e lo sfilò dal passeggino. James fu posato in mezzo a centinaia di
gabbie rumorose, e prese a voltarsi e a rivoltarsi su sé stesso, attonito, le
manine strette al petto, e la bocca spalancata.
Draco lo superò,
dopo essersi assicurato che ci fosse Harry a tenerlo d’occhio, per andare a
parlare con la corpulenta commessa del negozio, circa l’animale più adatto ad
un bimbo così piccolo.
- Niente di
aggressivo.- si affrettò a mettere in chiaro. – O di troppo grosso. Insomma,
non lo so, io pensavo ad un gattino, oppure…-
Harry giocherellò
con il un pedale del passeggino. Gli animali più suscettibili erano storati in
gabbie fuori dalla portata delle manine curiose di James, ma lui voleva
assolutamente riuscire a dare un’occhiata più da vicino alla salamandra di
fuoco, o a quel fantastico riccio scavatore che stava tentando di evadere dalla
sua gabbietta.
- Bellooo!!!!- la
vocina eccitata di James raggiunse sia Harry che Draco alle spalle. Entrambi si
voltarono, assieme alla commessa, sulla figura del piccolo chinato su una delle
gabbie del livello più basso, quelle che toccavano terra.
- Cos’hai trovato,
campione?-
- Bello, bello!-
James indicò la gabbietta davanti a sé saltellando, e battendovi sopra la
manina per far vedere anche ai genitori l’animaletto accoccolato dentro.
Draco impallidì.
Harry affondò i
denti nel labbro inferiore e inspirò a fondo, cercando di contenere le
avvisaglie di un pericoloso tremolio delle guance.
- Ahm, tesoro…-
cominciò Draco. – Non credo che QUELLO vada bene.-
- Secondo me è perfetto.
– azzardò Harry, fra i denti.
La commessa sorrise
apertamente - Perché no, signor Malfoy? Per un bimbo è l’ideale.-
Harry singhiozzò
sonoramente. - Ascolta la signora, Draco, per me dovremmo prenderglielo.-
Draco lo polverizzò
con un’occhiataccia. – E’… un furetto!- esclamò, scandalizzato.
- Lo vedo. - Harry decise
di arrendersi al soffocante solletichio della propria gola, e scoppiò in una
sonora risata. – Oddio, Malfoy, tu mi fai morire!- proclamò fra le lacrime. –
Quando si dice tale padre…-
- Chiudi il becco,
Potter!-
- E dai, è destino!
Compriamogli quel furetto!-
- Nemmeno morto.-
- Avanti,
Malferret!-
- Ti vieto di
chiamarmi in quel modo!-
- Ma pensaci!
Farete sicuramente amicizia, tu sei così empatico con i fur…-
- Un’altra parola,
Potter. Ti sfido a dire un’altra parola su quella bestia.-
- Uhm…- Harry si
schiarì la voce, riuscendo a tornare più o meno serio. Si portò innocentemente
le mani dietro la schiena, e le fece oscillare. – Che ne dici di “ti amo”?-
sussurrò nell’orecchio di Draco con un sorrisetto.
Draco avvampò, ed
Harry si fece una risatina soddisfatta.
- Papà! È bello,
bello!-
- Non se ne parla,
James. Scegline un altro.-
- Ma dai, Draco,
gli piace il… furetto!-
Niente da fare.
Harry ci stava davvero mettendo l’anima, ma non c’era modo di riuscire a non
scoppiare a ridere ogni volta che si trovava a dover pronunciare quella parola.
La bestiola li fissava tutti con il suo musetto perplesso, da dietro le sbarre
della gabbietta, e Draco le rivolse uno sguardo decisamente esitante.
- Su, vedrà che le
piacerà, signor Malfoy.- lo incoraggiò la commessa. – I furetti sono animali
adorabili.-
- Oh sì, posso
confermarlo. - Harry si diede ad un altro eccesso di risate, e James pensò che
potesse essere una buona idea imitarlo, e mettersi a ridere a sua volta.
- Piantala subito!-
esplose Draco. – Basta, tutti e due! E va bene, che diamine, sia! Prendi quel
dannato pellicciotto, e finiamola qui!-
James ebbe il suo
pellicciotto.
Un furetto
adorabile, un piccolo, lungo cosino morbidissimo, che di tanto in tanto si
affacciava dal suo cestino, e rifilava occhiate indagatrici al suo nuovo
padroncino, con i suoi occhietti scuri e brillanti. Draco sbuffava a più non
posso, ed Harry cercava ancora di avere ragione della sua bocca, e smettere di
ridere. Ma guardare la faccia di Draco e soffocarsi di risate senza ritegno era
quasi una cosa automatica. Gli piaceva da morire la sua espressione
imbronciata, e sotto sotto felice, per aver fatto contento James, e gli piaceva
da morire che uno squarcio del loro passato fosse tornato prepotentemente nelle
loro vite, a ricordare loro che avevano un trascorso, insieme.
Un po’ burrascoso,
forse. Decisamente burrascoso, però in un modo o nell’altro si conoscevano fin
da quando erano ragazzini, non erano due sconosciuti con un figlio in mezzo.
Avevano passato anche dei momenti divertenti, insieme. Beh, più per lui che per
Draco, probabilmente. Ma alla fine anche il fiero Malfoy si sarebbe affezionato
a quella bestiola, forse per gli stessi motivi per cui lui già la adorava.
- Come lo vuoi
chiamare, James?- domandò, incoraggiante.
- Uhm… mmm…- James
si portò un dito alla bocca, indeciso. – Gatto!-
- Ma tesoro, non
puoi chiamarlo Gatto. – osservò Draco, scettico. – A parte che porterebbe male
un nome del genere ad un furetto, e poi i gatti sono un'altra cosa!-
- Papà ha un’idea,
se vuoi! Perché non lo chiami Malferret?-
- Potter!-
- Ahia!-
- Ti sbatto fuori
di casa assieme a quel sacchettino di pulci, se ci provi un’altra volta!-
- Ma Draco, hai una
vaga idea di quanto tu fossi assolutamente carino? -
Draco fece per
replicare, ma Harry fu rapidissimo ad abbracciarlo bloccandogli anche le
braccia. Il passeggino di James proseguì per poco più di un metro per inerzia,
e poi si fermò, mentre Harry sollevava Draco e giocava con le sue guance
arrossate.
James non si
accorse dell’interruzione, occupato com’era ad accarezzare la testolina del suo
furetto, e Draco, per la prima volta, non ebbe nulla da obiettare alla
momentanea distrazione di entrambi dal suo preziosissimo bambino, occupato
com’era a lasciarsi baciare da Harry davanti a tutti, nel bel mezzo di Diagon
Alley.
E se non altro,
giunti a casa, la spuntò su una questione. Al furetto venne dato il nome che
lui aveva candidato, abbastanza altisonante da permettere alla bestiola di
diventare parte della famiglia.
“Augusto”, fu
battezzato con una certa solennità. Harry scrisse il nome in caratteri rosso
granata sulle sue ciotole, e sulla cuccia, e Draco impazzì, per quella
cicatrice Grifondoro nella cucina.
James sembrò un po’
titubante, lì per lì, ma poi si convinse anche lui della bontà della scelta di
Draco, e tutto entusiasta prese a cantilenare “Gutto”, correndo qua e là con il
furetto alle calcagna.
AVVISO! ( e non
angolino)
Signori, questa è
una cosa serissima ( e ciò significa che Stateira blatererà per un quarto
d’ora, perciò fate un bel sospiro e preparatevi).
Dopo lunghe et
attente ponderazioni, ho deciso di scrivere una Missing Moments di questa fic
(L’hai deciso in treno, vigliacca, non raccontare panzane NdLa tua Coscienza),
visto che di Missing Moments in questa storia ce ne sono a valangate.
Per chi non lo
sapesse, normalmente una Missing Moments è organizzata come una raccolta di
shot, che raccontano appunto i “momenti mancanti”, quelli che nella fic non
sono stati trattati, che sono stati glissati, e così via. Esempio stupido,
potrebbero esserci una o più Missing Moments dedicate al periodo della guerra
vista dalla prospettiva di Harry, che non ho voluto affrontare, sulla morte di
alcuni dei personaggi che nella fic vengono solo citati da Blaise, o dai
giornali. Oppure una Missing Moments su un episodio particolare della vita di
Draco e James, prima del ritorno di Harry. O ancora, la fase di preparazione
del processo, che nella fic non è approfondita.
Insomma, ovunque
voi vediate delle ellissi, delle glissature, delle scene non approfondite,
qualcosa di non raccontato o di appena accennato, ecco, quello è il terreno per
una Missing Moments
Questo per dirvi
che avrei intenzione di condurre una vera e propria Missing Moments on demand.
Potete sbizzarrirvi a chiedermi quello che volete (purché le richieste siano
strettamente pertinenti alla fic, naturalmente) su James, su Draco, su Harry,
su Pansy, su Blaise, su chi vi pare. Data la natura della fic, prevedo che ce
ne sarà per tutti i gusti, dalle scenette familiari più buffe, a momenti più
malinconici, a quelli romantici, a quelli drammatici.
Ha parlato con
l’amministrazione del sito, prima di darvi l’annuncio, per concordare le
modalità di richiesta, che qui di seguito vi esporrò. Vi prego caldamente di
fare attenzione e di seguirle, soprattutto per rispetto verso quei santi che
gestiscono il sito.
Due metodi:
1- Via mail.
Contattatemi dal sito (attraverso il link “contatta” che compare vicino al nome
dell’autore). Considerate che non potrò rispondere alle mail, per un motivo
molto semplice: ho un accesso degno di tal nome alla Rete per due giorni alla
settimana, quindi o pubblico o rispondo a tutti voi. Mi trascriverò le vostre
richieste, e di volta in volta segnalerò nel capitolo chi mi ha richiesto
quella MM, naturalmente con i debiti ringraziamenti. Risponderò, questo è
chiaro, nel caso in cui mi chiediate dei chiarimenti, o abbiate dei dubbi, ecc.
Il metodo della
mail è sempre valido, qualsiasi momento è buono.
2- Attraverso lo spazio
recensioni, ma attenzione, SOLO dopo aver scritto una VERA recensione di un
capitolo.
Esempio: Questo
capitolo è molto commovente, i sentimenti di Draco sono ben delineati ecc. Per
la MM vorrei chiederti…
Mi raccomando, è
davvero una cosa importante.
E attenzione, in
questo caso pongo anche un’altra condizione: non posso pensare di controllare
continuamente le recensioni di Fathers, a mesi di distanza, per vedere se ci
sono nuove richieste, perciò avrete tempo fino ad una settimana dalla
conclusione della fic (che ovviamente vi segnalerò) per espormi le vostre idee
e le vostre richieste.
Dopo tale data, se
vi venissero altri spunti in mente, vi chiedo di aspettare l’inizio della
pubblicazione della Missing Moments (che con grande fantasia si intitolerà
Fathers Missing Moments, o giù di lì), e scrivermi nello spazio recensioni
della Missing Moments, non più in quello di Fathers, ricordandovi che qui vale
la stessa regola di prima, quindi sempre e comunque una vera recensione, che
poi comprende la richiesta.
Naturalmente non
posso promettervi di riuscire ad accontentare tutti, dipenderà tutto dal
numero, numero, ma ce la metterò tutta!
La pubblicazione
della Missing Moments avrà una cadenza più rada della fic vera e propria,
perché, trattandosi di shot, le scriverò nel tempo libero, le long fic in
pubblicazione avranno la precedenza.
Che scegliate l’uno
o l’altro metodo, vi domando solo di seguire qualche piccola regola per la
richiesta (per facilitarmi il lavoro, portate pazienza):
Segnalatemi per
favore il capitolo di riferimento dell’episodio che vorreste fosse trattato.
Rispettate i
termini temporali. Ribadisco che dopo una settimana dalla conclusione della fic
non accetterò più richieste nello spazio recensioni di Fathers, ma solo in
quello della Missing Moments, o per mail.
Esempi della
richiesta ideale per la quale vi adorerei:
Cap 5, “nove mesi
dopo”. Vorrei vedere il momento in cui Draco esce di casa per andare al San
Mungo a prendere James. Quello che pensa, che cosa fa ecc.
Cap 13, “una tazza
di tea”. Harry torna il giorno dopo a casa di Draco. Mi fai vedere come ha
passato la nottata, le sue riflessioni, le sue idee sul figlio appena
conosciuto, ecc?
Vanno bene anche
situazioni più generiche, che possano avere senso nel contesto, per esempio
“Harry che porta a spasso il figlio da solo, perché Draco ha un impegno”,
oppure “ momenti in cui i tre giocano assieme”, o “James a scuola”.
Insomma, questi
sono esempi banali, giusto per darvi un’idea.
Ho già scritto un
paio di MM, comunque, e le pubblicherò per prime in modo da darvi un po’
l’idea.
Per qualsiasi
dubbio contattatemi e chiedete pure, intanto vi ringrazio per la pazienza e
l’attenzione, e spero che la mia idea possa piacervi.
Capitolo 32 *** Le crociate di James. Epilogo? ***
Le crociate di James: epilogo
Quattro mesi
dopo
Harry diede una
stropicciata al giornale, e voltò pagina. Faceva ancora caldo, e la casa di
Draco – la loro casa, ormai da un po’ – era piena di finestre su cui il sole
batteva implacabile. Si fece distrattamente aria con il lembo superiore della
Gazzetta del Profeta, e si aggiustò gli occhiali sul naso, arricciandolo
leggermente.
- Ma guardati. – lo
motteggiò Draco. – Sembri un vecchio padre di famiglia, ti manca solo la pipa
in bocca. –
Harry si affacciò
oltre la pagina del quotidiano e gli rivolse un sorriso furbetto tutto James. –
Il tuo è un patetico tentativo di ottenere il giornale, Draco Malfoy. –
sentenziò. - Ma non ce la farai. Niente al mondo mi distoglierà dal leggere
l’articolo sui Cannons. –
- Oh, povero Potty,
ti piacciono le letture tragiche, a quanto pare. -
- A ha, continua a
fare lo spiritoso. Sei pronto a mangiare la polvere, domenica? -
- Detto da uno che
una volta si è quasi mangiato un Boccino, potrebbe persino suonare ridicolo,
sai? -
Harry alzò gli
occhi al soffitto, e borbottò qualcosa che scatenò una smorfia indignata di
Draco.
Harry era tornato
dalla sua famiglia da un anno. Draco probabilmente nemmeno sapeva che, per
l’esattezza, mancavano dieci giorni tondi all’anniversario della sua irruzione
notturna e concitata a casa sua. Ma Harry lo ricordava molto bene, invece. Era
una di quelle date che erano ritagliate un angolino nella sua testa, assieme a
quella della nascita del loro piccolo James, a quella del loro primo bacio, e
ad altre cose vergognosamente romantiche che avrebbero fatto fare a Draco una
gran risata. Una risata di cui lui si sarebbe innamorato fino a sentire la
testa girare, ma questo aveva poca importanza. Draco era una persona
insopportabilmente pragmatica e poco propensa a lasciarsi andare a qualche
tenerezza, ma era anche una persona immensa, e lui era maledettamente felice, e
fortunato, che lo avesse ritenuto un padre degno, per James, nonostante tutto
quello che era successo, e che lui aveva fatto passare loro. Da quando aveva
visto il piccolo per la prima volta, in braccio a lui, aveva sentito fin nelle
ossa che avrebbe dedicato tutta la sua vita a quel visetto vispo, ma molte
volte in verità gli era capitato di chiedersi che cosa sarebbe successo, se
non lo avesse mai incontrato; se sarebbe mai riuscito a fare a meno di lui, o
se piuttosto lo avrebbe cercato per sempre, per la strada, fra la folla, se
avrebbe continuato a spaccarsi la testa chiedendosi che sapore potesse avere un
bacio del suo piccolo James, che suono la sua risata. E se non avrebbe davvero
più pensato a Draco.
Lo guardò, ancora
fermo sulla soglia della cucina, gli occhi che scorrevano curiosi su qualche
parola dei titoli della prima pagina, e si disse che no, a Draco ci avrebbe
pensato eccome. Ci avrebbe pensato per sempre.
- Vieni! – Harry
sorrise all’improvviso, scansò il giornale e si batté le mani sulle ginocchia.
– Lo leggiamo assieme, dai. -
- Non mi interessa
il tuo giornale, Potter! -
- Ma a me interessa
avere te sulle gambe, perciò muoviti, vieni qui! -
Draco alzò gli
occhi al cielo, come se fosse stato in procinto di sacrificarsi a chissà quale
fatica, e trotterellò fino alla poltrona, vagamente dinoccolato.
- Sei davvero bravo
a fingere che ti pesi stare un po’ da solo con me a farti strapazzare, sai,
Malfoy? – ghignò Harry. – Eri quasi riuscito a farmi sentire in colpa. -
Draco si aggiustò
sul grembo di Harry, e agguantò il suo giornale, spalancandolo sulle pagine
sportive. – Stupidaggini. – fece, addossandosi al petto di Harry. – Sai
benissimo che ti tormenterò a vita per aver permesso a Weasley di portare al
parco il mio James Draco. -
- Ma finiscila. –
Harry gli stropicciò i capelli, guadagnandosi un grugnito infastidito. – Ron
adora James, e Hermione è un angelo, con i bambini. Si divertirà come un matto.
-
- Tuo figlio si
diverte sempre con tutti, perché è un sempliciotto, come te. –
- Espansivo, Draco,
espansivo. James è espansivo, da bravo Potter. – Harry ridacchiò. – Sempre
meglio che acido come qualcuno di mia conoscenza. –
- Ritira quello che
hai detto! – Draco allungò le mani all’indietro, e piantò un pizzicotto
sull’addome impreparato di Harry.
- Ma sei atroce! –
ululò Harry. – Diavolo di un Malfoy, tu e la tua stirpe! –
- A ha, attento,
papà Harry, o la tua maledizione si ritorcerà contro il tuo frugoletto. –
Draco sghignazzò
con genuino piacere, della sua vittoria su Harry. Cielo, fregarlo con le sue
stesse armi era qualcosa di meravigliosamente appagante. Harry poteva avere
tutte le qualità di questo mondo, e le aveva, per Dio. Ma di certo il cielo
sarebbe diventato verde, prima che lui riuscisse a sopraffarlo in un battibecco
dialettico come quello.
- Perso la lingua?
– insinuò, ruotando la testa all’indietro.
Harry lo guardava
scuotendo le palpebre, vagamente perplesso. Stupidissimo, meraviglioso Harry
James Potter.
- Come mi hai
chiamato? – sussurrò.
- Uhm? – Draco
inarcò un sopracciglio, e fece rapidamente mente locale. – Oh, sì. – ghignò. –
Papà Harry! Perché, non si può? –
Harry non rispose
subito. Se ne rimase fermo, pensieroso, concentrato sulla schiena di Draco,
inarcava verso di lui. E poi lo abbracciò all’improvviso, stringendogli forte
la vita.
Harry gli schiacciò
le labbra sulla bocca, e Draco potè sentirlo respirare forte con il naso, sulla
sua guancia.
- Voglio che mi
chiami sempre così. Sempre. – disse Harry precipitosamente, ancora per metà
sulle sue labbra. – Oddio, sì. È proprio questo il mio nome. –
* * *
- Papà!- James
zampettò entusiasta verso Harry, gli si aggrappò ai pantaloni e glieli
strattonò quasi fino a levarglieli, finché non fu accontentato e preso in
braccio.
- Hey, campione! Ti
sei divertito, con lo zio Ron?-
- Tì!- trillò il
bimbo, eccitatissimo.
Harry gli concesse
un buffetto sulla testina. – E’ stato bravo? – chiese ad Hermione.
- Un tesoro. –
confermò lei, annuendo con una certa energia. Le brillavano gli occhi in un
modo strano. Orgoglioso, in qualche modo, ed entusiasta, più di James stesso.
- A parte quando ha
fatto levitare la piscina delle palline. -
- Ron! -
- Che c’è! – si
inalberò Ron, arrossendo sulle guance. – Io ho impiegato anni ed anni, per
riuscire a far volare una seggiola! – borbottò con una certa invidia.
- Non è successo
niente. – lo liquidò Hermione, rivolgendosi ad un Harry già allarmato. – Non
l’ha fatto apposta, cercava solo di afferrare le palline, e poi siamo
intervenuti subito. Nessuno si è accorto di nulla. –
Draco sospirò, e
prese in consegna il piccolo James da Harry, che rimase in cucina a scambiare
due parole con gli amici davanti ad un tè.
Prima Pansy,
Blaise, e dopo Harry si erano aggiunti anche la Granger e Weasley. Gli sembrava
sempre più di vivere in una specie di enorme famiglia allargata piena zeppa di
zii acquisiti, con buona pace del suo spirito Serpeverde di padre gelosone.
Certo che quei due potevano pure farsene uno loro, di figlio, invece che
portare a spasso il suo.
Bah, Grifondoro,
valli a capire.
- Come sono le
manine, James? – gli disse, sulle scale per il piano di sopra.
James sfoderò un
sorrisone incontenibile, e tutto tronfio si affrettò a mostrargli i palmi della
mano, completamente neri di terra, di polvere e di chissà quali giochi.
Draco si lasciò
andare ad un gemito sconsolato.
- Ecco, appunto.
Troppi, troppi Grifondoro. –
* * *
- Tzk! Non mi piace
che James frequenti i Weasley.- borbottò Draco, fra un boccone e l’altro, ben
attento a non dirlo troppo ad alta voce. Ma Harry gli scoccò ugualmente
un’occhiataccia, da sopra la testolina di James.
- Ma piantala,
Hermione e Ron sono adorabili, con James. –
- Ma compromettono
la sua educazione, con le loro idee strampalate. –
- Per esempio
quelle sulla parità fra purosangue e figli di Babbani? –
- Esatto! – si
infervorò Draco. – Precisamente per quelle, Potter! Ma ti rendi conto di dove
andremo a finire? –
Harry alzò gli
occhi al soffitto, e gemette qualcosa a mezzavoce, quando James scostò
improvvisamente il cucchiaio di carne macinata con cui stava per imboccarlo, e
gli si inerpicò addosso.
- Papà!- piagnucolò,
piazzando le manine sulle clavicole di Harry e rivolgendogli contro tutto il
potere dei suoi occhioni luccicanti. Aveva proprio l’aria di chi ha passato
almeno gli ultimi cinque minuti a rimuginare su qualcosa di estremamente
importante, e che ora era determinato ad ottenerla. – Mi compi? Mi compi?-
- Ti compro,
tesoro?- Harry inarcò un sopracciglio. – Papà Draco ti compra già troppi
giocattoli. -
James scosse la
testa, seccato. - Gno! Mi compi una to… to… tolelina?-
Draco tossì
precipitosamente. A giudicare dal rimbombo della sua testa, si convinse di
essere svenuto, e per un paio di secondi rimase persino in attesa di impattare
con il pavimento. Harry invece fu certo di aver sentito la sua mandibola
infrangersi al suolo ed andare il mille pezzi.
- Ahm, tesoro. –
gracchiò disperatamente, tutti i muscoli della faccia contratti in
un’espressione impossibile.
- Daaaai! –
insistette James. – Una tolelina! Papà! –
- Ma James. –
mormorò, Harry, accomodante. – Una sorellina… insomma, non è un gioco, lo sai?
Poi bisogna curarla. –
- Gno, gno, bella,
bella tolelina! – James annuì con sincera convinzione. – E… e… poi io faccio
camminae! –
- Ma tesoro, non
basta farla camminare. - a Harry sarebbe venuto persino da ridere, se
l’espressione terrorizzata di Draco non lo avesse dissuaso.
- Ma… ma io do i… i
giochi!-
- Sì, ma James…-
- Papà!- implorò
James, e Harry sentì la sgradevole sensazione delle sue ginocchia che si
squagliavano.
- Ahm… Draco?-
boccheggiò.
Draco scosse
vigorosamente la testa. - Scordatelo! – strepitò. – Gestiscitelo tu questo
problema! L’avevo detto, io, che non dovevi lasciarlo andare con quei Weasley,
loro, e le loro manie di fare figli!-
Harry sospirò, e si
impose di non litigare con Draco, non in una situazione così disperata. –
Senti, James, ci pensiamo, eh? –
- Gno. – sbuffò il
piccolo, tutto deluso.
- Tesoro, non è una
cosa così facile, sai? –
- Tì! Compi, al
negotio! –
- Ma gliel’hai
messa tu in testa questa cosa del negozio?- sbraitò Harry.
Draco, per tutta
risposta, grugnì. – Beh, che altro dovevo dirgli? – si difese orgogliosamente.
- Alloa fai le
tille! Accio tolelina! -
Harry sentì il
bisogno di prendere una bella rincorsa e andare a sbattere contro ad un muro,
da qualche parte. - Ma James, non ci sono magie per fare una sorellina! –
gemette.
Draco gli scoccò
un’occhiataccia critica. – Che fai, menti a tuo figlio? –
- E tu vuoi
complicarmi la situazione? – ringhiò Harry.
- Ma tu scei il
mago più più più gande! –
- Lo so, ma… -
- Tsk! –
- Ignora tuo papà
Draco, James. Dicevo, lo so, però non posso fare Accio. Senti, facciamo così,
tu vai a letto, e alla sorellina… ci pensiamo domani, eh? –
- Guarda che domani
se lo ricorda, e te lo chiede di nuovo. –
Harry guardò Draco
di traverso, disopra il cespuglietto di capelli di James. – Dì un po’, hai
proprio deciso di fare l’uccellaccio del malaugurio, tu? –
* * *
Un paio di ore
dopo, anche Harry e Draco erano a letto. James, malgrado il broncio, si era
addormentato quasi subito. Resistere alle coccole di Draco era veramente impossibile,
per lui, soprattutto quando si trattava di un Draco particolarmente paterno,
come quello di quella sera. Gli era crollato fra le braccia mentre lui gli
stava tenendo una mano sul pancino caldo, e gli soffiava sulla testolina,
accarezzandogli i capelli con le labbra. Poi Harry lo aveva preso in consegna e
lo aveva portato di sopra, per metterlo a nanna. Adorava poter dare la
buonanotte al suo piccolo, e in quell’annetto era diventato un vero asso nel
rimboccargli le coperte senza infastidirlo. Lui e Draco erano rimasti in
salotto, a farsi venire sonno, per un po’ di tempo ancora. Qualche parola di
tanto in tanto, anche se servivano a poco, ed erano più che altro timidi
accenni di affetto, pronunciati con voce un po’ roca. Probabilmente per certe
cose sarebbe servito ancora un po’ di tempo. Soprattutto a Draco.
Draco si
raggomitolò sotto la coperta leggera, e andò in cerca di una spalla di Harry,
per potervicisi rannicchiare. Harry tese il braccio e lo lasciò fare, senza in
verità prestargli troppa attenzione. Doveva essere assorto in qualche ricordo
suo, lontano, qualcosa che lo stava rapendo al sonno, e al presente. La sua
espressione concentrata era bella da guardare, e fragile, legata al silenzio e
alla penombra che li avvolgeva. Draco non intendeva disturbarlo, anche se gli
sarebbe piaciuto da morire sapere a cosa stesse pensando, a chi stesse
rivolgendo gli occhi della sua memoria con tanta intensità. Doveva essere
qualcuno di davvero importante, perché lo sguardo gli brillava sotto le ciglia
come quando guardava James. Decise che chissà, forse gliel’avrebbe chiesto la
mattina dopo, svegliandolo.
Stava quasi per
addormentarsi, quando un brusco sussulto lo avvertì che Harry doveva essersi
ripreso dai suoi pensieri.
- Draco?-
- Uhm?-
Harry circondò Draco
con entrambe le braccia, portandole davanti al suo volto, e con la mano destra
prese a sfregarsi distrattamente l’avambraccio sinistro.
- Senti, e se
dopotutto… gliela facessimo sul serio, una sorellina? –
FINE (?)
ANGOLINO!
È finita. Eh già,
prima o poi doveva pur succedere, no?
Mi dispiace un po’
averla terminata, anche se il pensiero delle MM mi consola, avrò ancora tempo e
modo di divertirmi con la nostra famigliola delle meraviglie.
E, a proposito,
grazie a tutti quelli che mi hanno scritto, per mail o via recensione, per
proporre le loro idee e i loro suggerimenti. Li ho già raccolti tutti in un
elenco, non temete, non ne ho tralasciato nessuno. Ne approfitto per ricordarvi
che se volete fare la vostra richiesta nello spazio recensioni avete tempo una
settimana, quindi fino a domenica prossima. Dopo tale data, mail, oppure
aspettate che cominci la MM. Non vorrei dire scemenze, ma dovremmo essere a
quota 9 richieste, fino ad ora, considerando naturalmente che alcune sono dei
“doppioni” che più di qualcuno ha richiesto.
Come sempre, grazie
infinite per tutta la vostra pazienza, il vostro entusiasmo, e il vostro
incoraggiamento.