Fathers

di Stateira
(/viewuser.php?uid=11251)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Edera ***
Capitolo 2: *** l'arma ***
Capitolo 3: *** parlare ***
Capitolo 4: *** al San Mungo ***
Capitolo 5: *** nove mesi dopo ***
Capitolo 6: *** visite inaspettate ***
Capitolo 7: *** fantasmi ***
Capitolo 8: *** sconforto ***
Capitolo 9: *** Hogwarts ***
Capitolo 10: *** 14.04.2000 ***
Capitolo 11: *** fiori gialli ***
Capitolo 12: *** patronus ***
Capitolo 13: *** una tazza di tea ***
Capitolo 14: *** questione di scelte ***
Capitolo 15: *** la stanza di James ***
Capitolo 16: *** accusa e difesa ***
Capitolo 17: *** voglio mostrarti una cosa ***
Capitolo 18: *** Passo dopo passo ***
Capitolo 19: *** Tille ***
Capitolo 20: *** Innamorarsi a San Valentino ***
Capitolo 21: *** Cuscini ***
Capitolo 22: *** Spiragli ***
Capitolo 23: *** Convocazioni ***
Capitolo 24: *** Auror ***
Capitolo 25: *** Perdere una guerra ***
Capitolo 26: *** Appunti ***
Capitolo 27: *** Serpenti ***
Capitolo 28: *** Tempo di confessioni ***
Capitolo 29: *** L'arringa ***
Capitolo 30: *** A cena fuori ***
Capitolo 31: *** Un (altro) giorno speciale ***
Capitolo 32: *** Le crociate di James. Epilogo? ***



Capitolo 1
*** Edera ***


Vitious chiuse l’ultimo di una lunga fila di tomi, disposti sulla scrivania della Preside, incantata per l’occasione, producendo un rumore sordo e attutito

Vitious chiuse l’ultimo di una lunga fila di tomi, disposti sulla scrivania della Preside, incantata per l’occasione, producendo un rumore sordo e attutito. Tutti gli insegnanti, e gli Auror, riuniti nell’ufficio, si guardarono l’un l’altro, nervosi.

- niente?- tentò Lumacorno.

- niente.- sospirò Vitious.

- non è possibile che non ci siano altri modi.- protestò la McGranitt, incrociando le braccia secche al petto.

- e invece pare proprio che non abbiamo scelta, Minerva.- sospirò Vitious, abbattuto.

- l’unica alternativa è lasciar perdere.- rispose soavemente Piton.

- via, Severus, sai che non possiamo.-

- ed allora, temo che non ci sia scampo. Per noi, e per loro.-

- non otterremo nulla, in questo modo. – commentò Lupin, accigliato. – e non possiamo chiedere ai ragazzi una cosa del genere, non possiamo proprio.-

- questa “cosa”, Remus, salverebbe la pellaccia a molti di noi! Non possiamo permetterci il lusso di scartare una simile arma.-

- ma non è un’arma, Alastor!- gemette Lupin, e Tonks annuì, timidamente.

- è vero. Insomma… ci pensate, alle conseguenze? Stiamo parlando di una vita, in cambio di cosa? Di dieci secondi?-

- cielo, non faccio che pensarci, da quando tutta questa ricerca è cominciata.- disse la McGranitt, tesa.

- signori, se mi è concesso…- si intromise di nuovo Piton, con voce spenta. – in un certo senso Alastor ha ragione. Non ci è concesso di rischiare, e se è vero che ognuno deve fare la sua parte, in questa guerra, allora che i ragazzi facciano la loro.-

- la loro parte? Per l’amor del cielo, come se Harry non fosse già quello più coinvolto, fra di noi, senza metterlo in mezzo ad una faccenda simile.- scattò Tonks, fortunatamente fermata da Lupin, prima di avere la possibilità di far cadere qualche libro dal tavolo.

- non c’è la possibilità di… scegliere qualcun altro?-

- è da escludere, a questo punto. – commentò Lumacorno, amaro. – Potter è Potter. Senza di lui, non possiamo andare lontani.-

- sì, ma… per l’altro? Voglio dire, non possiamo cercare, che ne so, qualche Grifondoro, o almeno una ragazza che…-

- Malfoy è Malfoy.- sentenziò Piton, gelido. – ed è il meglio di cui disponiamo, al momento. Il meglio.-

- mi vengono i brividi.- Tonks raggelò, con una smorfia di disappunto.

La McGranitt sospirò. – non sei la sola, cara.-

- allora è deciso? Davvero?- Lupin sembrava il più restio, ad arrendersi, ma l’assenso risoluto di Vitious non lasciò spazio a speranze.

- purtroppo dobbiamo farlo.- disse, laconico.

- è per il bene di tutti.- gli fece eco Lumacorno.

- già. Ma mi chiedo che ne sarà del loro, di bene.-

 

- ma vattene all’inferno, Malfoy!- Harry grugnì, e con uno strattone tentò di liberarsi dagli invadenti rami di edera stregata con cui il Serpeverde gli aveva teso un agguato, appena fuori dagli spogliatoi del campo di Quidditch, dove si era allenato per ore.

Draco si esibì in un’affettata risata trionfale.- o ho, offeso, San Potter? Su, un po’ di verde addosso non ti farà che bene.-

- divertente, davvero.- replicò il Grifondoro, al colmo dell’irritazione.- Dì un po’, pensi di crescere, un giorno o l’altro, o hai intenzione di fare il poppante capriccioso finché i capelli non ti diventeranno ancora più bianchi di così?-

Draco sbuffò una smorfia infastidita. – per tua norma, Sfregiato, non sono affatto un bambino, e non so che farci se tu non possiedi nemmeno l’ombra di un senso dell’umorismo, e non sai stare ad uno scherzo innocente!-

Harry si strappò dalle spalle gli ultimi rami, e scosse la testa, fingendosi teatralmente sorpreso.- oh, no, ma che dici, l’ho trovato davvero spassoso, invece, sul serio! Scommetto che ci hai perso almeno tre o quattro notti, a progettarlo, vero? Magari ti sei fatto aiutare dai tuoi amichetti, dalla Parkinson e da Zabini. Oppure hai messo il cervello in comune con i tuoi scimmioni? Se vi impegnate sono certo che potreste quasi fare l’intelligenza di una persona media, sapete?-

- piantala di fare il gradasso con me, Sfregiato!- scoppiò Draco, estraendo la bacchetta con gli occhi iniettati di sangue. – lo vedremo, chi riderà per ultimo!-

- attento, Malfoy, ti ho già battuto…- ringhiò Harry, mettendo subito mano alla sua.

I due nemici di sempre si fronteggiavano, minacciosi, nel bel mezzo del giardino della scuola, e sembravano più che intenzionati a fare sul serio, con quelle bacchette.

- fatela finita, tutti e due!- una voce piuttosto imperiosa distrasse i due contendenti dai loro bellicosi intenti appena prima che Draco facesse la prima mossa. Hermione saettò un’occhiataccia a Malfoy, poi gli rivolse le spalle, concentrandosi su Harry. – la McGranitt vi cerca, vi vuole nel suo ufficio.- disse, neutrale.

Harry lasciò scivolare indietro la testa, impigrito. – che ho fatto, ora?- sospirò, rassegnato, e sforzandosi di ignorare i risolini di Malfoy.

- che cosa AVETE fatto.- rispose Hermione, con voce petulante. – vi vuole tutti e due, e alla svelta, anche.-

Draco rabbrividì suo malgrado, e il Grifondoro non potè che esserne soddisfatto. Mal comune, mezzo gaudio.

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

Eccoci con una nuova long fic, dopo il mio periodo shot… Come avrete modo di vedere, non sarà una Male Pregnacy, nulla (spero) di irrazionale, ho cercato in ogni modo di evitare pasticci con Madre Natura. Beh, questo è stato un semplice prologo, un modo per tastare il polso della situazione (vi spettavate per caso una situazione diversa da un Harry e un Draco che bisticciano come gatti? Huhu, poveri illusi, per quello dovrete aspettare il sequel di The Last Challen… ops… dovrei imparare a mordermi la lingua. ^^’). Beh, come sempre mi auguro che apprezzerete questa fic piuttosto insolita, molto altalenante, ma in fondo in fondo tenera (è inutile, sono una romanticona).

Enjoy, come sempre io sono a disposizione per domande/commenti/osservazioni di ogni genere!

Ah, anzi, colgo l’occasione per ringraziare tutte coloro che hanno lasciato un commento a tutte le shot che ho pubblicato in quest’ultimo periodo, purtroppo non ho avuto occasione di inchinarmi a loro come sempre, grazie di cuore!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** l'arma ***


La professoressa McGranitt cercò di mantenere un’espressione quanto più possibile neutrale, di fronte ai due alunni che aveva convocato

La professoressa McGranitt cercò di mantenere un’espressione quanto più possibile neutrale, di fronte ai due alunni che aveva convocato.

Lo studio, il solito, vecchio studio oltre la statua del gargoyle, era più illuminato del solito, ma nessuno ci faceva troppo caso. Doveva essere una questione davvero molto importante, quella per cui aveva convocato loro due, proprio loro due. Insieme.

Draco agitava nervosamente il piede sinistro, mentre Harry sembrava tutto sommato più a suo agio, nonostante la situazione e la compagnia.

- abbiamo bisogno del vostro sangue, ragazzi. Contro voi-sapete-chi.- spiegò asciuttamente, a bassa voce la preside, mentre il professor Vitious, vicino a lei, scorreva nervosamente gli occhietti sui presenti.

- il nostro sangue? Draco inarcò un sopracciglio. – non intenderete mica dire che volete sacrificarci, spero.- fece, polemico.

- cielo, no.- la strega scosse la mano, impaziente. – per “sangue” intendo dire una piccola quantità.-

- beh…- Harry Potter si strinse nelle spalle, malcelando il suo stupore. – ne è stato versato così tanto fino ad ora, che qualche altra goccia non sarà poi questa gran tragedia…-

La McGranitt si schiarì la voce, ed i ragazzi si scambiarono un’occhiata, loro malgrado identica: c’era ancora qualcosa che dovevano sapere, era fin troppo evidente. come era fin troppo evidente che non sarebbe stato affatto piacevole.

- non hai capito, Potter… non è solo questione di gocce di sangue. Dobbiamo…- la McGranitt scoccò un’occhiata a Vitious, che le fece cenno di proseguire. - …unirvi.- terminò con un soffio.

- unirci?- Draco arricciò il naso. – che significa, che dovremmo condividere un corpo, o qualcosa del genere?-

- per l’amor del cielo, professoressa, mi dica che è uno scherzo.- Harry si aggiustò gli occhiali con malcelato nervosismo. – non farò mai nulla di simile.-

- no.- la donna rassettò la gonna, nervosa. – siete fuori strada, entrambi. Ragazzi, io capisco che ciò che sto per dirvi potrà sembrarvi davvero molto, molto strano. E piuttosto terribile, in verità. Ma dovete capire che non c’è scelta, e vi prego di credermi. Abbiamo vagliato ogni possibile soluzione.-

- parli chiaro, tutto questo mistero comincia ad innervosirmi. Che ve ne fate del sangue mio e di Potter, e che significa che dobbiamo unirci?-

L’anziana strega sospirò, ed Harry vide chiaramente che rivolgeva lo sguardo al tavolo con insistenza, mentre si accingeva a parlare. - significa che dovrete… procreare..-

Draco quasi si soffocò con un singhiozzo, Harry semplicemente impallidì come la morte. – che… che cosa, scusi? -

- hai capito bene, Potter. Il vostro sangue deve essere unito in una nuova vita.

- ma è… impossibile.- mormorò il Grifondoro, sconvolto.

Vitious sospirò. - non lo è. Esiste un modo, in verità. Non è esattamente legale, ma esiste.-

- non… non ci penso nemmeno!- Draco quasi abbaiò, fuori di sé. – che diamine significa un figlio? Con Potter? Non è divertente, affatto!-

L’espressione della preside, purtroppo per loro, non sembrava affatto scherzosa.- lo sappiamo, signor Malfoy. Ma purtroppo non c’è via di scampo.-

- ma dico, siete impazziti, per caso?-

Harry si morse un labbro. – calmati, Malfoy.- mormorò verso il biondo, che per tutta risposta lo fulminò. – se questa è una qualche congiura, o una delle vostre follie, sappiate che non intendo reggere i vostri giochi!-

- nessuno è qui per giocare, Malfoy.-

- ma voi siete pazzi!- ormai il volto di Draco si era tinto di un rosso vivace. – come… come diamine potete chiamarmi qui, e venirmi a dire che dovrei fare un figlio con Potter! Vi rendete lontanamente conto dell’assurdità della situazione?-

- più che bene. – rispose seccamente la preside. – Malfoy, non sono qui per cercare di convincervi, purtroppo. Non c’è scelta, il massimo che possiamo fare è valutare quando farlo.-

Draco si torse le mani. – Potter… dì qualcosa…- sibilò, ricacciando una goccia di sudore freddo che cercava di colargli sulla tempia.

Il Grifondoro sospirò, portandosi una mano alla fronte. - è fuori questione. – lo accontentò, sforzandosi di essere più calmo e gentile del suo compagno. – signora, professore, voi non potete chiederci una cosa del genere. È un’assurdità, non credo serva che ve lo dica.-

- ne siamo più che coscienti, Potter. – rispose la McGranitt, accorata. – ma purtroppo è anche l’unica soluzione che abbiamo, per avere a disposizione un’arma in più, contro… voi-sapete-chi.-

- un’arma? Ma non era un bambino, fino a un momento fa?- sputò Draco.

-  quello che intendo. – si corresse la preside, con un sospiro. – è che questo bambino, nato unendo voi due, sarà la nostra arma. -

Harry inclinò la testa, concentrato. - che cosa vuol dire, esattamente?- domandò duramente.

La McGranitt si passò una mano sulla fronte. – vedete, ragazzi… come sapete, non sono molte le armi di cui disponiamo, per questa guerra. Una di queste, però, e il potere che ognuno di noi ha. E questo potere è una questione di abilità, e di sangue. Il vostro sangue, nella fattispecie, è il più potente, fra quello di tutti gli studenti della scuola. Tu, Malfoy, perché discendi da una famiglia antichissima, e molto… selettiva. E tu, Harry… beh, non c’è bisogno che te lo spieghi. Voi due perciò siete in assoluto gli alunni più dotati che abbiamo, ed è per questo che non posso fare a meno di voi.-

Harry aggrottò le sopracciglia. - non è vero. Hermione ci supera entrambi.-

La Granger ha il sangue sporco.- sibilò Malfoy.

Vitious e Harry si irrigidirono, ma la preside li richiamò alla calma con un cenno. – quello che il signor Malfoy dice è deplorevole, ma… in parte vero. Rischieremmo di veder nascere un bambino senza potere, e purtroppo qui non si tratta di bravura, di impegno, o di intelligenza. La signorina Granger è una studentessa molto dotata, ma purtroppo non possiamo fare affidamento su di lei, in un caso come questo. Le sue non sono doti che vengono trasmesse. Ma il sangue sì. È per questo che servite necessariamente voi due. Mi dispiace moltissimo dovervelo dire, ragazzi miei, ma non vi lascerò scelta.-

- per l’ultima volta, non mi interessa!- Draco si alzò persino in piedi, mettendo in allarme il professore di incantesimi.- Io non voglio un figlio, ho diciassette anni!-

- ne compierete entrambi diciotto quest’estate. Aspetteremo fino ad allora.-

- fino ad allora?- Harry sembrava sinceramente smarrito. – ma mancano solo due mesi. E poi… no… signora preside, non è fattibile.-

- signor Potter…-

- no. La prego, mi ascolti. Non mi interessa se esistono formule, o incantesimi, o qualsiasi cosa. Io non darò vita ad un bambino. Mi dispiace, mi rifiuto, non me la sento.-

- e io pure!- rincarò Draco. – come potete pensare che io possa… - la sua faccia assunse un’espressione terrificata. – che… oscenità!-

- lei non dovrà fare proprio niente, signor Malfoy. – cercò di mediare Vitious. – ci serve solo il vostro sangue. E dovrete tenervi la mano per qualche secondo, ecco tutto. Niente di più.-

- niente di più?- questa volta fu Harry a dare segni  di surriscaldamento. – stiamo parlando di una vita!-

- ne siamo coscienti. E vi confesserò che siamo i primi ad essere molto perplessi, riguardo a questa scelta. Che mi crediate o no, coinvolgere dei miei studenti, chiunque essi siano, in una faccenda simile è una cosa che mi turba moltissimo.-

- è escluso.- Draco incrociò le braccia sul petto con aria definitiva.

- ha ragione, signora…- aggiunse Harry, più mitemente, ma altrettanto determinato. – le motivazioni di Malfoy non mi interessano, ma conosco le mie. Mi rifiuto di prendermi una simile responsabilità, mi rifiuto di avere figli con chiunque, e non sono disposto a diventare padre. Mi dispiace.-

- a me dispiace molto di più dovervi costringere. Ci serve il vostro sangue, e ci serve unito in un unico essere. È la nostra ultima speranza, per salvare vite innocenti, e per fare in modo che questa guerra non si trasformi in un massacro più di quanto già lo sia. -

Harry si costrinse a morsicarsi un labbro. – che ne sarà, di questo bambino, una volta nato? Lo ucciderete? Lo sacrificherete per questa nobile causa?-

Draco rabbrividì, suo malgrado, mentre la McGranitt si strinse i pugni sul petto, come se avesse appena ascoltato la peggiore delle bestemmie. – cielo, no, certo che no. Una volta nato, ci servirà un po’ del suo sangue, per una pozione che il professor Piton preparerà. Con esso, potremo incantare le bacchette degli Auror, e moltiplicarne la loro potenza. Inoltre potremo incantare anche dei manufatti che proteggano edifici, case, e difendano le famiglie di maghi non di sangue puro. Tutto qui, al bambino non verrà fatto alcun male.-

Draco soffiò. – tutto qui? E chi si occuperà poi, di lui, una volta che non vi servirà più? Finirà in un orfanotrofio?-

Vitious sospirò gravemente.- questo starà ai suoi genitori deciderlo.-

- è da vigliacchi.- sentenziò Harry, minaccioso. – non potete metterci in mano una simile responsabilità, solo per del sangue, e poi pretendere che noi decidiamo per il resto.-

- non voglio occuparmi di un moccioso.- sibilò Malfoy.

- Non potete non farlo. Potter, sarò franca. Non puoi pensare di combattere da solo. Lui ha degli alleati, molti, e ti servirà aiuto, ti servirà il nostro aiuto. E a noi serve l’aiuto di quell’incantesimo, per poter sperare di avere la meglio. Non c’è scelta, ci serve quel sangue.-

- quel sangue è anche mio!- ringhiò Draco.

- e tutti noi ci auguriamo che tu voglia prendertene cura.- replicò la Preside, rivolgendogli uno sguardo penetrante.

- come osate pensare che io sia disposto a fare da balia ad un moccioso…-

- perché quando hai deciso di schierarti dalla nostra parte, Malfoy, hai anche deciso di fare dei sacrifici, per il bene di tutti. Quel bambino sarà sangue del tuo sangue, non vedo perché non designarlo ed allevarlo come tuo erede. So che è una questione molto pregnante, nella tua famiglia…-

- non si permetta…-

- Malfoy, per favore.- Harry si passò una mano fra i capelli. Sentiva che un violento mal di testa gli avrebbe squassato le tempie di lì a poco. - non è sufficiente che io e Malfoy versiamo il nostro sangue direttamente nella vostra pozione?-

- purtroppo no. Mescolare il vostro sangue non è come unirlo. Sarebbe stato molto più semplice, altrimenti.-

Malfoy accavallò le gambe due o tre volte, e si rigirò sulla sua sedia come se fosse stata bollente. Harry lo guardò di striscio, poi scosse la testa.

- senta… dobbiamo parlarne, non è una questione che si può risolvere così.-

- se volete parlare, fatelo. Ma non abbiamo tempo, ragazzi.-

Draco scoccò ad Harry un’occhiata carica di odio. – io non ho niente di cui parlare…- scandì.-

- ho bisogno di andare…- mormorò Harry, senza rispondergli. La preside li congedò entrambi con un cenno stanco della mano, e mentre Harry usciva, sentì solo che stava ricominciando a parlare con Vitious.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** parlare ***


Due giorni dopo, la McGranitt richiamò nuovamente i ragazzi, e ripeté esattamente ciò che aveva già detto loro, senza lasciare

Due giorni dopo, la McGranitt richiamò nuovamente i ragazzi, e ripeté esattamente ciò che aveva già detto loro, senza lasciare nemmeno l’ombra di una speranza. Obbligo, e nessuno scampo. Questa volta c’erano anche alcuni Auror, Remus, e il professor Piton, a rendere ancora più grottesca e assurda la faccenda. Gente che insisteva sull’importanza di quel sangue, e di quella pozione, sulle vite che avrebbe salvato, e i due ragazzi si sentirono quasi stupidi, mentre si trovavano loro malgrado ad allearsi per cercare di aprire gli occhi a tutti quanti. Ognuno dei due aveva i suoi motivi, era chiaro: Draco era fermo sulla sua posizione, mai e poi mai si sarebbe preso la responsabilità di allevare un figlio. Troppo giovane, troppo inesperto, troppo spaventato da una simile prospettiva. Harry dal canto suo si batteva come un leone per cercare di far capire a tutti che stavano parlando di una vita umana, una vita che avrebbero fatto nascere con la forza, e che poi, una volta utilizzato per prelevare il sangue necessario, sarebbe stato dimenticato. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e così Draco ed Harry, dopo ore di mezze parole, decisero di incontrarsi sulle sponde del lago, da soli, poco prima del tramonto, per poter almeno parlare fra loro.

Già, ecco la seconda assurdità di tutta quella maledetta situazione. Forse, per la prima volta in sette anni, i due si erano trovati in qualche modo uniti, perché nemmeno quando Malfoy aveva scelto di non sacrificarsi a Voldemort, e stare dalla parte dell’Ordine, lui e Potter si erano avvicinati. Pareva proprio che Draco fosse intenzionato a stare con gli Auror, ma non con Potter. Al Grifondoro era sembrato persino divertente, all’inizio, che lui si ostinasse a non considerarlo, e questo gli aveva permesso di non dover ammettere che si era sentito enormemente sollevato, e felice, quando aveva saputo che Draco non era perduto, che bene o male sarebbe stato con loro. Harry percorse gli ultimi passi fra l’erba un po’ alta che contornava la superficie del lago, le mani in tasca e gli occhi puntati a terra. Certe volte una voce dentro di lui bussava alla sua attenzione, per dirgli che doveva trattarsi di uno strano sogno. Eppure non c’era modo di poterle dare ascolto. Gli Auror volevano, si aspettavano, che lui e Malfoy facessero tutto quanto potesse essere necessario per salvare il mondo magico.

Tutto, non importava cosa.

Draco era mortalmente pallido, in piedi, avvolto nel suo mantello nonostante la temperatura dell’aria fosse più che generosa, e il fatto che non riuscisse a nascondere il proprio nervosismo non poteva che significare che doveva essere davvero sconvolto. Almeno quanto Harry.

Harry si sentì in qualche modo colpevole, per lui. Dopotutto Draco si era deciso a scegliere di stare con loro da poco tempo, e neppure a lui sembrava giusto che si ritrovasse a dover affrontare una cosa simile. – senti, Malfoy. Io questo bambino non lo voglio.- esordì, come se volesse rassicurarlo, in merito alla sua posizione.

- perché, io sì, secondo te? -

- no, lo so bene. E questo per me è un motivo in più. Non potrei mai nemmeno pensare di occuparmi di un neonato, perciò se non lo farai tu, meglio lasciar perdere.-

Draco sbarrò gli occhi. – fammi capire bene. Accetteresti, se io mi occupassi di lui?-

Harry mise le mani avanti, affrettandosi a correggere il tiro. – no, frena, io non ho detto questo. Per me questo bambino non deve venire al mondo, punto e basta. L’ho vissuta sulla mia pelle, l’esperienza di diventare un oggetto senza volerlo, e non intendo permettere a nessuno di ripetere l’errore su un altro bambino, figuriamoci poi sul mio. Inoltre, visto che tu non intendi prendertene cura, sarebbe destinato alla solitudine, e all’orfanotrofio. E per me questo basta a chiudere ogni discussione.-

Malfoy inarcò un sopracciglio. Sembrava stranamente concentrato. – e… se io invece me ne occupassi?-

Il Grifondoro si limitò a dare un’alzata di spalle.- non lo faresti.-

- lascia stare. Diciamo che lo farei. Che cosa cambierebbe?-

Harry sospirò, e si lasciò scivolare lungo il tronco generoso di uno dei grandi alberi che sorgevano nei pressi della riva.

- la verità, Malfoy?-

- tutta la verità-

 – ci penserei su. Non sono un idiota, arrivo a capire quanto prezioso potrebbe essere per tutti noi, e poi almeno avrebbe un genitore, avrebbe qualcuno che lo proteggerebbe, e potrebbe crescere sereno, come un bambino normale.-

Draco si morse un labbro, poi ghignò. - con un genitore come me, Potter?- fece, divertito. – oh, andiamo, non vorrai farmi credere che il grande Harry Potter mi reputerebbe degno di tanta fiducia!-

Harry alzò gli occhi al cielo. – sarebbe anche figlio tuo, Malfoy, te lo sei già dimenticato? Beh, suppongo che non avrei molta altra scelta che fidarmi di te, sì. Dopotutto sei cambiato, e sono quasi certo che non alleveresti mai tuo figlio come tuo padre ha allevato te.-

La mandibola di Draco si contrasse leggermente, ma a parte questo, il Serpeverde non diede altri segni di turbamento.- e tu?- domandò, con calcolata indifferenza. – non te ne occuperesti?-

- io?- la bocca del Grifondoro si piegò amaramente. – io non posso farlo. Sarò in prima linea, molto presto, fra nemmeno due mesi, come potrei fare? Probabilmente morirò, e ti dirò la verità, Malfoy: non riuscirei mai, per niente al mondo, a prendermi una simile responsabilità sapendo di condannare mio figlio al mio stesso destino. -

Draco inarcò un sopracciglio, e sorrise. - sei uno che si arrende facilmente, Potter.- disse innocentemente.

- che cosa?- Harry gli rivolse il suo sguardo più penetrante, ma Draco non si scompose.

- ma sì. Sei un vigliacco, l’ho sempre detto. Tu, e tutte queste tue idee sul fare l’eroe. Non è che stai solo scappando?-

- ti sembra che io stia scappando, Malfoy?- ringhiò Harry, piccato. – io sto rinunciando a tutto quanto, per questa maledetta guerra!-

- appunto.- Draco ridacchiò, trionfante. – hai rinunciato alla Weasley, e detto fra noi, tutto di guadagnato; stai cercando di allontanare i tuoi stupidi amici, e ora ti tiri indietro davanti a questo. Direi che sei un po’ vigliacco, eh, Potter?-

- ma che diamine stai dicendo!- Harry scattò in avanti, furioso. – ti ha dato di volta il cervello? Non eri tu quello che non voleva saperne di questa faccenda?-

- lo ero, e lo sono ancora.- Draco ridusse gli occhi a due fessure, serissimo e penetrante. – ma al contrario di te, eroe, cerco di guardare in faccia le cose come stanno. Che succede, se ci obbligano davvero, Potter? Che succede, se non c’è modo di scamparla, se non ci riusciamo, a convincerli? L’hai sentita, la strega. Non mi sembrava che scherzasse troppo. Dobbiamo affrontare la questione, seriamente, maledizione. Se per caso non ci fosse via d’uscita davvero, che cosa faresti? Te ne  fregheresti comunque?-

Harry si morse un labbro, le sopracciglia contratte in una smorfia addolorata. – se non ci fosse davvero modo di scamparla… allora dimmi che ti prenderai cura di lui, Draco.-

L’espressione di Draco mutò all’istante. - …cosa?- gemette, incredulo.

- mi hai sentito. Voglio sapere che te ne prenderai cura. Io non posso farlo.- riprese Harry, e la sua voce era come uno specchio d’acqua che celava un mulinello, sotto di sé.

- come sarebbe a dire che non puoi farlo! Non è solo un problema mio, tu non puoi scaricare addosso a me una cosa simile!-

- lo so, ma il fatto è che io di problemi ne ho già abbastanza con gli altri. Vuoi che facciamo un discorso serio, Malfoy? D’accordo, facciamolo. Se mai davvero dovessimo sottometterci a questo assurdo incantesimo, o pozione, o quel diamine che è, allora voglio essere certo che questo bambino non finirà abbandonato. Voglio sapere che almeno tu ci sarai, voglio che tu me lo prometta. Questo è tutto ciò che ho da dire.-

Draco scosse la testa lentamente, molto lentamente. – fai proprio schifo, Potter. E io che pensavo di essere l’egoista, qui.-

Harry sbuffò stancamente. - non cercare di ricattarmi, ti prego. Non lo voglio, questo bambino, non voglio che succeda, non voglio che ci costringano.-

- nemmeno io, dannazione!- Draco avanzò di pochi, minacciosi passi. – ma di questo non te ne importa niente, vero? Me lo lascerai, me lo scaricherai addosso, tanto ci pensa Draco Malfoy!-

- lasceresti davvero una creatura figlia del tuo sangue in un orfanotrofio, Malfoy? Soltanto perché per metà è anche mio, magari? Oh, ti prego, dimmi di sì, e deludimi definitivamente.-

- io non ho detto questo!- Draco tirò un pugno violento alla corteccia dell’albero, proprio poche dita sopra la testa di Harry. – dannazione, questo non è uno scherzo, qui parliamo di una faccenda maledettamente seria! Mi spieghi come faccio, io, con un bambino? Dannazione, la fai semplice, tu, te ne vai, parti per il fronte, tanto chi se ne frega, eh?-

- chi se ne frega?- Harry montò su tutte le furie, poco a poco. – chi se ne frega? È anche mio figlio, Malfoy!-

- e allora se fossi l’eroe che dici di essere dovresti fare qualcosa!-

- e cosa? Vorresti per caso che andassimo a vivere assieme? Che giocassimo a fare la coppietta felice, e i genitori perfetti, eh, Malfoy? Come se tutto questo fosse naturale?-

Draco ammutolì. Ammutolì perché tutto ad un tratto si era reso conto che non ci aveva pensato. Harry rimase a guardarlo, e non ebbe troppe difficoltà a leggere i suoi pensieri, attraverso le rughe che gli increspavano la fronte.

- lo vedi?- fece stancamente. – non può funzionare. O io o tu, Malfoy. E mi dispiace dovertelo dire, ma non c’è scelta. Tu.-

Draco si sentì rabbrividire. – e tu che cosa faresti, per questa faccenda?-

- non lo so. Parlerei con il Ministero. Ti farei passare dei soldi, se ti servissero, non voglio metterti in difficoltà, mi assicurerei che tu abbia tutto ciò che ti serve.-

- non vorresti… non vorresti nemmeno saperne, di tuo figlio? Non vorresti nemmeno essere un padre, non lo so, nemmeno… nemmeno vederlo?-

Harry si alzò, e scrollò i pantaloni. Studiò con cura l’orizzonte violetto, su cui si stagliava l’ombra asciutta del Serpeverde. Distrattamente, sperò con tutto il cuore che se mai davvero quel bambino fosse dovuto venire al mondo, allora che gli somigliasse molto. Che prendesse da lui gli occhi, soprattutto. Da lui, invece, non avrebbe dovuto prendere niente. Non se lo meritava, come uomo, di lasciare al figlio il peso di somigliare ad un volto che non avrebbe mai visto. – non sarei un buon padre.- sussurrò, amaramente.

Draco non mosse un dito, per fermarlo, quando lo vide andare via.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** al San Mungo ***


Fuori dalla porta, Draco Malfoy ed Harry Potter aspettavano in rigoroso silenzio, senza nemmeno guardarsi in faccia

Fuori dalla porta, Draco Malfoy ed Harry Potter aspettavano in rigoroso silenzio, senza nemmeno guardarsi in faccia. Evidentemente preferivano ignorarsi, per non dover pensare troppo a ciò che di lì a poco sarebbe successo. Nella stanza davanti a loro, un ambulatorio al secondo piano del san Mungo, alcuni curatori stavano lavorando con Vitious e Piton, e loro due non dovevano far altro che aspettare di essere chiamati. Già, non dovevano fare altro che stare lì, buoni e fermi, ad aspettare di fare il loro dovere, per il bene di tutti. Draco masticava insistentemente qualcosa, niente, probabilmente, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso e vitreo, mentre Harry se ne stava in piedi, a guardare fuori da uno degli ampi finestroni che soleggiavano il corridoio la strada affollata di babbani ignari, assorbiti dai loro impegni, picchiettando di tanto in tanto un dito contro il vetro. C’era troppa tensione, e troppa paura, da parte di entrambi, e l’ormai ex Grifondoro si concesse un’occhiata di sfuggita alla figura nervosa del compagno. Soltanto una cosa vide, di lui, con schiacciante evidenza: era giovane, troppo giovane, e sprovveduto.

E lo stesso valeva per lui.

Merlino, era così ingiusto che faceva male.

Draco continuava a fissare ostinatamente il nulla, e lui avrebbe voluto dirgli che non voleva che succedesse, non proprio a loro due; che gli dispiaceva da morire di dover lasciare tutto sulle sue spalle, e che sì, maledizione, avrebbe voluto almeno vederla, prima o poi, la faccia di suo figlio, ma non poteva, non poteva nemmeno pensarlo, e non voleva illuderlo, non ne valeva la pena, davvero. Alla fine, quando sentì di non potersi più trattenere, Harry raccolse il fiato per un ultimo, immenso sforzo.

- Draco, ho bisogno che tu mi faccia un enorme favore.- tentò, quanto più gentilmente potè.

- non credo che tu sia nella posizione di chiedermi un favore, Potter. – fu la replica durissima e gelida. Nemmeno lo aveva guardato negli occhi, Malfoy, mentre gli aveva parlato. Nemmeno lo aveva ritenuto degno di considerazione, e dopotutto Harry non aveva dubbi sul fatto che se lo meritava, un simile trattamento, e che se avesse potuto probabilmente Draco lo avrebbe preso a pugni fino ad ucciderlo. E non poteva dargli torto, non poteva proprio. Sentì il violento desiderio di gridare, o di sprofondare più a fondo possibile, fino a scomparire per sempre, ma si costrinse a riprendere il controllo.

- ti prego, ascoltami.- insistette, deciso ad umiliarsi, pur di strappargli un assenso. -  Devi promettermi una cosa, soltanto una.-

Malfoy alzò gli occhi freddi, e contrasse le labbra in un ghigno orribile e provocatorio. - che cosa, che non lo picchierò?-

- no.- replicò Harry, ad occhi chiusi. - Che lo chiamerai James. Oppure Lilian, a seconda di… cosa sarà. Ti prego…-

- cosa?-

Harry annuì lentamente. - ti prego.- ripeté, mesto. - È… davvero molto importante, per me.-

Draco aprì la bocca, ma in quel momento si aprì anche la porta. – entrate.- disse solennemente Vitious.

 

Davanti a loro, un calderone piuttosto capiente, che sobbolliva, facendo vibrare appena la superficie opaca del denso liquido giallo scuro che conteneva. Dentro di loro, per contro, un calderone ancora più grande, e più agitato, un bruciore che si esauriva nel silenzio a cui erano costretti dalle implacabili circostanze. Ad un cenno di Vitious, i due ragazzi sollevarono le maniche dei loro vestiti, e tesero le braccia scoperte sul paiolo. Piton diede un’ultima, attenta mescolata al liquido, fece un segno brusco ad uno dei curatori, che si girò verso i ragazzi e puntò verso di loro la sua bacchetta, e in pochi secondi, sulla pelle di entrambi si aprirono dei piccoli squarci, della forma di piccoli occhi, che iniziarono ad eruttare pigramente dense perle di sangue. Draco sussultò, più per la sorpresa che per il dolore, ma ben presto si ricompose. Sul suo volto si rifletteva il colore sulfureo della miscela, ed il suo contegno, rigido, nonostante tutto, non potè che suscitare in Harry un’ammirazione sconfinata e colpevole.

- ora!- li incitò Piton, che aveva il volto se possibile ancora più pallido del solito. - Congiungete le mani, presto! Prima che cada la prima goccia!-

Harry e Draco congiunsero immediatamente le mani sospese sul calderone senza guardarsi in faccia, stringendosi meccanicamente le dita come la McGranitt aveva spiegato loro di fare soltanto qualche giorno prima. Le ferite si tesero e bruciarono un po’ di più, quando i fumi della pozione raggiunsero la loro pelle, ma appena il loro sangue cominciò a colare, subito il liquido magico mutò colore, diventando di un blu chiaro trasparente che a Harry ricordò molto il colore dell’acqua colorata dai sali da bagno. Bastarono poche gocce, non più di una manciata di secondi in tutto, poi Vitious fece loro segno che potevano lasciarsi andare, e porse loro due garze magiche, che richiusero subito le piccole ferite. Draco tremava violentemente, nonostante fosse già tutto finito. Harry valutò l’idea di provare a dirgli qualcosa, ma lasciò perdere in partenza. In un momento simile non c’era proprio un bel niente da dire, e poi per essere onesti, lui era decisamente l’ultima persona al mondo che avesse il diritto di parlare.

 

- sarà maschio.- annunciò Piton, annoiato, studiando il colore della pozione. Harry si morse il labbro inferiore e cercò lo sguardo di Draco, che però non volle incontrare il suo, anzi, sembrava completamente ipnotizzato dal paiolo nero. Con il cuore che gli faceva quasi male, salutò tutti, sottovoce, uno ad uno, e per ultimo riprovò con Draco. I suoi erano gli occhi di un ragazzo smarrito, e colpevole, che cercavano quelli dell’unica persona che, ironia amara e beffarda, sentiva vicina, o quantomeno nella stessa barca. Ma Draco, di nuovo, non gli offrì che il suo risentito silenzio, e il potere violentissimo dei suoi occhi aristocratici e sconfitti. Harry sentì la voce della sua delusione piangere nelle sue orecchie, e la sentì unirsi a quella dell’avvilimento che provava lui stesso verso di sé. Raccolse il suo zaino, in silenzio, e uscì dalla porta.

 

Tre giorni dopo, sparì nel nulla.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** nove mesi dopo ***


Nove mesi dopo

Nove mesi dopo

 

Draco si affacciò oltre la porta del laboratorio che gli era stato indicato dalla corpulenta infermiera dell’accettazione. Indossava una tunica leggera, blu scuro, su cui aveva sistemato una mantello, per proteggersi dalle insidie del tempo primaverile, e teneva le mani ostinatamente sepolte nelle tasche, come se al loro interno, in quel momento, ci fosse stato il più prezioso dei tesori. Ma non c’era proprio nulla, in verità. Soltanto la sua bacchetta, qualche spicciolo, e un foglietto spiegazzato, un promemoria, probabilmente.

- lei è il signor Potter?- una voce piuttosto acuta per essere maschile lo fece trasalire. Un curatore dai capelli brizzolati, sulla quarantina, gli rivolse un sorriso gentile, da dietro un grosso apparecchio squadrato che pareva una specie di acquario.

- il signor Malfoy.- rispose Draco, atono.

- capisco.- l’uomo sorrise gentilmente, ed allungò lo sguardo indiscreto alle sue spalle.- E il signor Potter?-

Draco inspirò a fondo. - non… verrà.- disse, calmo. Come se ciò fosse assolutamente normale.

Il Curatore si oscurò appena, ma solo per un momento, tanto che Malfoy non fu nemmeno sicuro di aver colto il suo turbamento. Probabilmente era soltanto lui, e il suo pietoso stato d’animo, a fargli vedere ciò che voleva negli altri. L’ espressione dell’uomo tornò pacata quasi subito, mentre faceva educatamente segno a Draco di avvicinarsi.

- venga, è il momento. – disse, avanzando verso la vasca che aveva davanti, e scrutandone il contenuto con professionale interesse.

Draco lo raggiunse, il cuore che minacciava di fargli scoppiare la gola. Aveva paura, voleva scappare da lì con tutte le sue forze, e invece eccolo, ad affrontare quella follia. Distrattamente, anzi, quasi speranzosamente, si disse  che non era possibile che il medico vedesse oltre la superficie, e che con buona probabilità non ci sarebbe stato nulla, proprio niente di niente, lì dentro a quella specie di acqua color pastello. Insomma, nessuno meglio di lui conosceva la potenzialità delle pozioni, ma quello era davvero troppo. Il Curatore pronunciò una formula piuttosto lunga, di cui Draco capì a stento qualche parola, e il liquido, ora di un blu intenso e opaco, cominciò a sobbollire. Il giovane Malfoy si chiese se non fosse pericoloso, che quell’acqua bollisse, sempre ammesso che dentro ci fosse qualcosa, ovviamente, ma l’uomo vi immerse tranquillamente le braccia, fino al gomito, come se fosse stata fresca come acqua di fonte.

Pochi movimenti, e quando emerse… non era più solo.

L’ex Serpeverde sobbalzò violentemente all’indietro. Fra le mani, il Curatore teneva la cosa più… strana che Draco avesse mai visto, in vita sua. Una creaturina minuscola, piccolissima, come mai ne aveva viste prima. Il neonato, perché, Merlino, questo doveva essere, cominciò a piangere, forte, e in quel momento Malfoy si scosse, si risvegliò da una specie di sonno. E sentì distintamente il peso di un’incudine crollargli sulla testa, schiacciandolo contro la parete dietro di lui.

Era… suo figlio. Quello era suo figlio. Niente più scuse, niente più speranze, quello era suo figlio, punto. Semplicemente, ecco tutto. Quel cosino, quel… bambino, era il suo.

Suo, e di Harry Potter. Già, ma questa era un’altra faccenda.

- Merlino…- mormorò, stravolto.

Il Curatore gli sorrise. Andò a prendere un panno pulito, asciugò il neonato del liquido scuro e lattiginoso, e lo avvolse in una coperta chiara.

– è un bel maschietto, ed è perfetto, il ritratto della salute. – annunciò gioviale. - vuole prenderlo?-  Domandò innocentemente, appena finito di ripulire il corpicino. Draco non fiatò, ma allungò le braccia, e quando il figlio gli fu messo in braccio, si morse un labbro. Non pesava niente. Sembrava fatto di aria.

Però era… un bambino. Il suo.

Il suo bambino, il suo bambino, il suo bambino, e si ritrovò a chiedersi se, continuando a ripeterselo a quel modo, magari avrebbe persino finito con il crederci. Il neonato smise di piangere, finendo per emettere solo flebili lamenti. Mosse una manina, fra le coperte, e fissò Draco. E Draco fissò lui. E fu tutto in un momento, la paura, e l’istinto, e la rabbia, e l’impotenza, e la tenerezza. Non poteva, non poteva in nessun modo odiare quel bambino. Ma non poteva nemmeno amarlo.

- dovrebbe occuparsi di alcuni documenti, signore…- la voce squillante di un’infermiera interruppe il suo stato di catalessi. Come un automa, Draco rimise il piccolo fra le braccia del Curatore, e la seguì verso gli uffici. Firmò tutto ciò che lei gli sottopose senza nemmeno leggere una riga. Certificati di nascita, riconoscimenti, tutto quanto gli passava sotto gli occhi sterilmente, come carta straccia, documenti che non dicevano niente, di come stavano le cose, di come si sentiva lui. Solo quando la donna gli chiese come intendeva chiamarlo, Draco la guardò finalmente negli occhi.

- James.- disse, automaticamente.

- James e basta?-

- no. James Draco.-

La donna riprese a scrivere, con un sorriso paziente.- James… Draco… cognome?-

- Malfoy-Potter.-

L’’infermiera smise di scrivere. – doppio cognome?-

- sì.-

- lo sa che per farlo ci vuole l’assenso anche dell’altro genitore?-

Draco esitò. Poi si ricompose, e richiamò a sé il suo miglior sorriso di circostanza.- l’altro genitore… non può venire, ora. Verrà quando… gli sarà possibile.-

La donna si strinse nelle spalle, e compilò gli ultimi moduli.

 

Sulla via di ritorno all’ambulatorio, Draco fu superato da una coppia di infermiere, che raggiunsero di gran carriera la sua stessa porta. Incuriosito, e in fondo un po’ intimorito, anche lui allungò il passo, ed entrò, senza bussare. Il Curatore gli rivolse un sorriso esitante, mentre le infermiere continuavano imperterrite nel lavoro che stavano facendo, anche se Draco non riusciva a comprendere esattamente in che cosa consistesse.

- dobbiamo prelevargli il sangue… -spiegò gentilmente l’uomo, e Draco improvvisamente, mise a fuoco il motivo primo per cui erano tutti lì, e per il quale tutto questo stava accadendo. Si chiese se avesse ancora un senso, si chiese come fosse davvero possibile che qualcuno ancora ricordasse quella remota, remotissima faccenda del sangue, poi improvvisamente gli tornò alla mente Harry. Sarebbe stato aiutato dal sangue di suo figlio, e questo gli parve profondamente ingiusto. Ingiusto, semplicemente, limpidamente ingiusto.

- gli farete male?- domandò, con un occhio appena socchiuso.

- beh, è una puntura…- rispose il medico, stringendosi nelle spalle. – di certo non gli piacerà.-

Draco decise di restare, ed assistere al prelievo. Il cuore prese a fargli male, quando il povero neonato cercò debolmente di divincolarsi, dalla stretta dell’infermiera, e si mise a piangere disperatamente, mentre l’altra gli prelevava il sangue con un piccolo ago, piccolo eppure troppo grande per lui. Era suo figlio, maledizione, ed anche se in qualche modo una parte di lui non era ancora pronta ad accettarlo, quell’esserino lo richiamava a sé con una potenza straordinaria. Per la prima volta, nella sua vita, Draco non volle. Non volle vedere qualcuno che non fosse lui soffrire, non volle restare lì, immobile, in silenzio.

Era così abominevole, tutto ciò. Un bambino ridotto ad un oggetto, ad un’arma. Una vita, una creatura innocente, che non aveva chiesto niente a nessuno, e che invece si ritrovava senza un padre, fra le mani di medici ed infermiere, perché il suo sangue è speciale, perché il suo sangue è prezioso, perché il suo sangue vale più della sua stessa vita. Quando gli fu rimesso in braccio, il piccolino pigolava appena, spossato, senza energie. Draco sentì un nodo alla gola, guardando il suo braccino fasciato, e il suo petto che respirava a fatica. – mostri…- soffiò, distrutto.

- abbiamo finito, non si preoccupi. – fece il curatore, accomodante. – si rimetterà prestissimo.-

Draco lo bruciò con un’occhiata. – già…- commentò, velenoso. – adesso che questo bambino non interessa più a nessuno posso anche portarlo a casa.-

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** visite inaspettate ***


Pochi minuti dopo, Draco era a casa

Pochi minuti dopo, Draco era a casa.

Già, casa. La casa nascosta fra le mura di un edificio babbano, dove il Ministero lo aveva costretto a vivere, per poter essere protetto. E dove avrebbe dovuto tenere al sicuro… l’arma.

Era tutto pronto, la culla, qualche giocattolo, la cameretta, e il resto. Tutto pronto, già da un po’, in fondo Draco sapeva bene che quel giorno sarebbe dovuto andare a prenderlo, era tutto quanto minuziosamente programmato. Eppure, quando era uscito di casa, soltanto un paio di ore prima, non aveva capito, non aveva realizzato che adesso sarebbe davvero cambiato tutto quanto. Guardò per l’ennesima volta il neonato, fra le sue braccia. Sembrava inanimato, come una specie di bambolotto con la pelle arrossata, ma era stranissimo, quasi impressionante. Si muoveva, debolmente, respirava, era… vivo. Draco sospirò, la mente vuota e rumorosa. Lo posò nella culla, sperando di metterlo in una posizione giusta, e spedì un paio di gufi. Lo aveva promesso, a Pansy e a Blaise, di farsi sentire, ed in quel momento sapeva di avere disperatamente bisogno di qualcuno.

Si buttò pesantemente sul divano, sotterrò il viso sotto ai cuscini, e sbuffò, tre o quattro volte, teso, e deciso a farsi travolgere da tutto ciò che gli passava per la testa fino ad annegare, e trovare un modo per scampare a tutto quanto. Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi, però, che il camino si illuminò di verde, e un rumore macchinoso si fece strada nel salotto.

Draco sussultò.

Un’ombra alta, e snella, apparve, oltre la coltre di fumo, e per un momento Draco sentì che nel suo cuore si era messo a battere qualcosa che assomigliava in modo incredibile al sollievo, e alla speranza.

- Harry…- soffiò, tentando qualche passo, barcollante.

- buon giorno, Draco…- la voce gentile e pacata che gli rispose gli fece l’effetto di una doccia gelida sul capo. Remus Lupin spolverò la giacca, e sorrise, sincero. Draco si portò una mano alla fronte, e non ebbe la forza di sorridere di rimando. L’uomo lasciò perdere, avanzò attraverso il salotto, e si accomodò su una sedia.

- mi dispiace.- disse dolcemente. – immaginavo che sperassi di vedere Harry.-

- non mi interessa affatto vedere Potter.- si difese Draco. – ma forse a lui potrebbe interessare. – e così dicendo indicò con il mento la culla, dove James dormicchiava, ignaro.

Remus sorrise. - dal San Mungo ci hanno comunicato che è andato tutto bene.-

- beh, vi hanno raccontato una bugia, allora, perché non va affatto tutto bene.- Malfoy gli sbatté in faccia il suo sorriso più amaro, e se ne sentì pienamente in diritto. – non c’è una sola cosa, Lupin, che vada bene, in tutto questo.-

- Draco…- Lupin inclinò la tasta in un’espressione preoccupata, e allo stesso tempo solidale. – ci dispiace, credimi. A tutti quanti noi, per questa situazione, e se potessi aiutarti lo farei.-

- allora porti via questo bambino. Gli dia una famiglia, gli assicuri una vita decente, qualcuno che gli voglia bene, e tutto il resto.-

- sei tu la sua famiglia, Draco, lo sai. Sei il suo genitore.-

Gli occhi di Draco brillarono. - non ho chiesto io di diventare genitore!- abbaiò, rizzandosi in piedi e affrontando Remus.

- d’accordo.- riprese questi, pacato. - Ma ciò non toglie che ormai è andata così. Se questo può servire, sappi che mi sono battuto, perché niente di tutto ciò accadesse. Ma purtroppo, ci sono state ragioni molto più grandi di noi: ora il sangue di questo bimbo sarà l’alleato più prezioso che avremo, per difenderci, e per difendere quante più persone potremo. Non ti prende un pochino orgoglioso, tutto questo?-

Draco ringhiò, e ghignò, allo stesso tempo. - no, Lupin, non mi rende orgoglioso nemmeno un po’; perché, lo sa, io sono pur sempre Draco Malfoy, no? Mi dispiace, ma non ci riesco a non essere egoista, e non ci riesco a non pensare che la mia vita è rovinata, completamente!-

- essere Draco Malfoy non significa doversi comportare sempre da Draco Malfoy.- sospirò Lupin. – sai, c’è una cosa che mi auguro, di tutto cuore, davvero, dal giorno in cui ti ho conosciuto, anni fa. Che ora, questa situazione, questo bambino, questa responsabilità, ti aiutino a crescere. Non buttare via un’occasione simile, Draco, te lo dico da amico.- 

Draco incassò. Chinò lo sguardo, e si morse un labbro. Avrebbe voluto rispondere così tante cose che si ritrovò a non dire proprio niente, e non seppe se maledirsi o ringraziarsi, per il suo silenzio.

- come si chiama?- azzardò Lupin. – gli hai già scelto un nome?-

- James Draco.- rispose Malfoy, arrossendo, infastidito, suo malgrado.

Lupin rimase in silenzio. Draco per un momento arrivò a pensare che se ne sarebbe andato, che sarebbe scomparso nel nulla, e non seppe decidere se ciò gli avrebbe fatto o meno piacere. Ma invece l’ex insegnante percorse ad ampie falcate la distanza che lo separava dalla culla, e vi si affacciò.

- James…- sbuffò affettuosamente, ed anche se di lui vedeva soltanto la schiena, Draco seppe per certo che stava sorridendo. – te l’ha chiesto Harry, vero?-

- già.-

- e tu hai esaudito il suo desiderio.-

Draco puntò un piede a terra, nervoso. - così sembra.- rispose, evasivo.

Remus tornò sui suoi passi, fino al camino. – è un bellissimo bambino. Sii fiero di te, Draco. Dico davvero.- disse, gentile. – ah, e ti prego, accetta questo.- aggiunse frettolosamente, poi, trafficando nella sua sacca logora, e tirandone fuori un pupazzo, grande quanto una mano.

- un… cervo?- Draco accettò il peluche e se lo girò fra le mani, poi aggrottò le sopracciglia, francamente sconcertato.

- beh…- Lupin sorrise. – credo che qualcuno avrebbe voluto regalargli proprio questo, se avesse potuto. È un po’… da parte del nonno, mettiamola così. E a proposito, Harry sa di…-

- non lo so.- Draco si strinse nelle spalle, e serrò la mandibola.- credevo che glielo avesse comunicato l’ospedale, no?-

Lupin arricciò appena i baffi biondi, pensieroso. – Harry non è con noi alla sede dell’Ordine. Non penso che lo abbia saputo, non è facile far arrivare le notizie dove si trova.-

- non credo che gli interessi granché saperlo, no?-

Remus lo squadrò, severamente. – non essere così duro. È egoista da parte tua dire una cosa simile.-

- egoista da parte mia? Come…!- esplose Draco, ma l’uomo lo fermò immediatamente.

- senti.- sospirò, stanco. – facciamo così: stasera ti manderò qui un gufo. Lui sa dov’è Harry, e può raggiungerlo. Scrivigli un biglietto, Draco, fai questo sforzo. Sono certo che Harry vorrebbe sentirselo dire da te, non da voci che si rincorrono dal San Mungo.-

- perché io non posso sapere dov’è Potter? Perché non ho il diritto di sapere che fine ha fatto il padre di quel bambino?- ringhiò Draco.

- perché purtroppo è troppo pericoloso. Siamo in guerra, Draco, e ogni movimento, ogni parola, ogni cosa è un rischio. Harry non vorrebbe mai che tu o il piccolo James correste dei pericoli.-

Draco sbuffò, amaro. – non verrà, vero? Mai.-

Lupin raccolse un po’ di polvere dal vasetto, e si voltò per l’ultima volta verso di lui. – io non sono Harry, e non posso entrare nella sua testa. Però… non aspettarlo sveglio, non stare a fissare il camino. Cerca di accontentarti di sperare, ma non ci pensare troppo, d’accordo?-

Malfoy chinò la testa. – d’accordo.- mormorò, da giovane, troppo giovane, uomo sconfitto che Remus riconobbe, e compatì con tutto il cuore.

- mi dispiace, Draco.- mormorò, per poi sparire in una nuvola verde.

 

*          *          *

 

14/4/1999

James Draco è nato.

Volevo solo che tu lo sapessi.

Draco.

 

Draco legò il pezzetto di pergamena alla zampa del gufo arrivato pochi minuti prima, da parte di Lupin, e lo sospinse, affinché spiccasse il volo verso ovunque si trovasse Harry in quel momento. Chiudendo la finestra, si chiese per l’ennesima volta se davvero valeva la pena, di dirglielo. Ma poi lo sguardo gli cadde ancora sul fagottino bianco rannicchiato nella culla, su quel ciuffetto di capelli neri che gli colorava la testolina.

E si disse che non poteva non dirglielo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** fantasmi ***


X/X/1999

X/X/1999

Ho ricevuto il tuo messaggio.

Ti ringrazio per avermi avvertito.

E Grazie, per averlo chiamato James.

Harry.

 

Draco sentì le lacrime bruciargli gli occhi, e le respinse tenacemente, mentre con uno scatto isterico gettava il bigliettino nel fuoco. Si prese la testa fra le mani, accecato ed assordato dalla rabbia.

- te ne frega così poco di tuo figlio?!?!?!?- gridò, mandando all’aria il tavolino accanto al camino. Immediatamente, un vagito sordo e disperato fece eco agli ultimi cocci di un vasetto portacenere che rotolavano per terra. Draco si costrinse a prendere un bel respiro, a stringere i denti, e a sporgersi sulla culla, dove James si agitava, spaventato. Lo sollevò, tenendogli la testolina delicata, lo cullò un po’, e quando finalmente il neonato si fu calmato, se lo appoggiò su un braccio, per poterlo guardare.

- mi dispiace…- gemette con la mano posata sul petto del figlio, a sentirne il respiro. - Mi dispiace tanto, per te. Per avere un genitore come me, scusami, piccoletto. – sussurrò.

James gorgogliò, tranquillizzato, sul suo braccio. Aveva un visino vispo, in cui luccicavano due occhi color del metallo, incorniciato dai capelli neri, e quel profilo che si intuiva appena, nel suo volto di bambino, ma che segnava il suo mento squadrato, gli zigomi alti. Draco fu preso da una sensazione di smarrimento, di nostalgia, di voglia di riuscire a piangere.

- non ho la forza.- gemette. – Harry io… io non ho la forza!-

James osservava il suo genitore, corrucciato, una manina stretta ad un lembo della coperta che lo avvolgeva, e Draco si sentì colpevole, si sentì un assassino, per aver dato la vita e tolto la gioia a quel bimbo, per averlo costretto ad essere lì, con lui. Harry all’improvviso gli mancò, gli mancò da impazzire, gli mancò come non gli era mai mancato nessuno, nessuno al mondo, perché James aveva bisogno di suo padre, e lui, lui, Draco, aveva bisogno di Harry. Aveva bisogno di poter vedere lui, e non il suo ritratto sbozzato in James. Aveva bisogno di Harry, e ne aveva avuto bisogno dal momento in cui le loro mani si erano unite per creare James. No, non era vero, aveva avuto bisogno di lui da prima, dal giorno in cui avevano parlato, sul lago, e lui gli aveva detto che non ci sarebbe stato, e lui non era riuscito a credergli. Di Harry, forse aveva avuto bisogno persino da prima ancora, da quando c’era suo padre, con le sue manie, da quando era stato costretto a scappare da Voldemort, dal Marchio Nero, e non era riuscito a chiedergli aiuto. Aveva avuto bisogno di sapere come aveva fatto, quella volta, con Fierobecco, perché lui non ci era riuscito. Draco chiuse gli occhi, i suoi occhi giovani, dalle ciglia chiare. La verità è che lui aveva avuto bisogno di Harry dal giorno in cui gli aveva offerto la sua mano di bambino, quel giorno immensamente lontano, e lui l’aveva rifiutata, e Draco aveva sentito freddo per anni, a quella mano. Ed era per questo che ora non ce la faceva, che non poteva guardare negli occhi il figlio di Harry James Potter, era per questo che doveva scappare da quello che sarebbe dovuto essere il frutto di un amore, ed invece era soltanto il frutto di una guerra tremenda, ma per Dio, per Dio, quant’era bello, quel frutto, quant’era dolce il suo corpicino fragile, quanto pieni di vita, e d’amore, e d’ingenuità erano i suoi piccoli occhi immensi. E la sua? La sua vita, dov’era? Dove, la sua innocenza, dove i suoi sogni, dove, se non nelle mani di Harry Potter, in mani lontane, in mani disperse.

Come avrebbe fatto a celare per sempre a quel bambino il suo dolore? Che cosa gli avrebbe raccontato, di Harry, di suo padre, una volta cresciuto? Che cosa avrebbe pensato di lui, James, e poi la gente, che cosa si sarebbe detto, che cosa ne sarebbe stato, di Draco Malfoy, in tutto questo? Come avrebbe spiegato a James che suo padre aveva mancato di coraggio, e che lui, da parte sua, non ne aveva mai avuto molto, e non aveva da dargliene? Draco pianse, più quietamente, stavolta, senza spaventare James, pianse come non aveva mai fatto nemmeno da bambino, pianse perché era spaventato, a morte, pianse perché improvvisamente sentì la guerra, se la sentì sulla pelle, nei brividi della schiena, la sentì vicina, ed Harry era così lontano. Pianse per lui, perché non una parola per suo figlio, nemmeno la richiesta di baciarlo da parte sua, nemmeno la curiosità, la stupida, stupida curiosità di sapere se per caso gli somigliasse. Se per caso avesse i suoi capelli, e il suo profilo. Nemmeno la curiosità di sapere se quel figlio tanto evidentemente e crudamente osteggiato non fosse per caso uguale a lui, non fosse il volto stesso del suo futuro. E nemmeno una parola per lui. Niente, nemmeno un segno, nemmeno la speranza, lontana, che ad Harry importasse qualcosa del padre di suo figlio, che potesse aver scordato le loro infantili ostilità, i loro giochi antipatici, nessun segno che lui si preoccupasse di sapere se Draco era cresciuto, se era diventato un po’ più uomo. Draco lo era diventato, e avrebbe tanto voluto dirglielo, ma non osava, non voleva, aveva troppa paura, e si sentì stupido e sincero come una ragazzina, come una ragazzina che ha paura che il suo ragazzo la faccia piangere con una parola troppo dura, con qualche lettera troppo arrotondata, o troppo marcata. Aveva paura di piangere, eppure lo faceva, lo faceva perché quel bambino era troppo, per lui, era difficile, era piccolo, era troppo delicato perché lui potesse sperare di non romperlo, prima o poi, ed aveva troppo bisogno di lui, troppo, troppo bisogno dell’insensibile, dell’indifferente, del gelido, del distaccato Draco Malfoy, e non aveva paura di chiederglielo, non aveva paura di piangere, per farsi prendere in braccio.

Draco sentiva l’amore di James, grande, troppo enorme, troppo sincero ed istintivo, perché lui potesse meritarlo, e non voleva, per contro, amare quel neonato, non voleva passare le sue sere a tastargli il corpo, per assicurarsi che respirasse bene, non voleva stare ore a scuotere il latte sintetico più del dovuto, per essere sicuro che fosse ben tiepido, e non voleva fare migliaia di stupide prove con il suo cuscino, per cercare di capire quale fosse il modo migliore per tenerlo in braccio senza fargli male, o i dubbi esasperanti, davanti al bagnetto, non sarà troppo calda? Non sarà troppo fredda? Il sapone non gli irriterà la pelle, non gli brucerà gli occhi? Non era dolce, non era tenero, trovarsi bloccati, di fronte a tutto questo, di fronte a qualcosa che nessuno gli aveva mai insegnato ad affrontare. Come si cambia il pannolino ad un neonato? Come diamine si fa? Draco non lo sapeva, e aveva paura di sbagliare, di fargli del male.

Per fortuna c’era Pansy, e c’era Blaise. Pansy lo aiutava tantissimo, cercava di insegnargli come gestire le cose, era sempre pronta a raggiungerlo, in caso di bisogno. Blaise era l’amico. L’amico che in fondo quel bimbo l’aveva preso in simpatia, quello che sdrammatizzava, che lo portava al bar sotto casa per distrarlo un momento, mentre Pansy si occupava un po’ del suo nipotino acquisito. Blaise era quello che riusciva sempre a calmare James, a fargli fare un sorrisone sdentato, a fargli fare dei versi buffi, a furia di smorfie. Draco talvolta si trovava a sorridere lui stesso, per un momento, a sentirsi meglio.

Amava Pansy e Blaise. Li avrebbe amati, per sempre, perché erano con lui, perché almeno loro non erano scappati.

Almeno loro non erano… scappati via.

E così, eccolo di nuovo, Harry, nei suoi pensieri, come uno spettro dagli occhi gentili, uno spettro che gli chiedeva perdono, e che lui non riusciva ad odiare, non ci riusciva, perché tutte le volte che lo malediva, nei suoi sogni, o davanti allo specchio, James si faceva amare, James si lasciava coccolare, si rabboniva, succhiava il suo ciucciotto, e lo costringeva a ricordarsi che era anche figlio suo. Harry non gli aveva nemmeno scritto la data, nel suo biglietto. Non poteva, probabilmente, non era sicuro, qualcuno avrebbe potuto capire dove si trovava, forse. Era passato un mese e mezzo, da quando lui gli aveva mandato il suo. Draco si chiese se Harry pensasse mai a loro, ogni tanto. Si chiese che cosa doveva aver provato, che cosa avrebbe provato lui, al posto suo, a ricevere un biglietto gelido che gli annunciava la nascita del figlio che aveva combattuto con tutto se stesso, e da cui aveva deciso di fuggire. Serrò la mandibola, e sperò, di cuore, che indipendentemente da tutto ciò che Harry potesse aver provato, tutto questo gli avesse fatto male, che almeno lo avesse ferito, che gli fosse bruciato da morire, nella testa, nel cuore, nella sua coscienza maledetta, se mai ne aveva una. Sperò con tutta la sua rabbia che qualcuno lo avesse schiaffeggiato a nome suo, ma tanto sapeva che non sarebbe mai stato così. Lui era a fare l’eroe da qualche parte, a combattere una guerra a nome di tutti, e nessuno lo avrebbe mai disturbato per un neonato tanto sfortunato da portare il suo nome, nessuno si sarebbe mai permesso di rimproverarlo, per il suo egoismo, e Draco in fondo si sentì egoista a sua volta. Harry era legato a quella guerra da quando era nato, lo sapeva, tutti lo sapevano, ed era vigliacco da parte sua pretenderlo al suo fianco, pretendere che si prendesse cura del loro piccolo bimbo, come se davvero fossero quella famiglia che Harry aveva calpestato con sarcasmo, quel giorno, sul lago.

Sorrise, amaro, per un istante.

Harry si era preso persino l’identità, di quel bambino, si era preso il suo nome, e Draco si era confinato in seconda posizione, era stato costretto a farlo. Non sarebbe mai riuscito a rifiutare ad Harry una cosa simile, non dopo il modo in cui glielo aveva chiesto. Non per quell’istante in cui era stato quasi uomo, con lui, in cui gli aveva dato persino l’impressione che qualcosa, in fondo, gli importasse, di James. E di lui. Chissà se era sempre stato così bravo a raccontare bugie, chissà se vendere sogni per promesse era sempre stato uno dei suoi talenti. Draco non se n’era mai accorto, ma del resto, lui si era accorto di poche cose, che riguardavano Harry, ed Harry probabilmente si era accordo di meno cose ancora, sul suo conto. E sarebbe stato maledettamente meglio che le cose fossero rimaste così, perché allora forse Harry non gli avrebbe spaccato il cuore con il suo ricordo, e Draco non si sarebbe mai sentito tanto stupido, e solo, e fragile.

Chinò il volto sul neonato, e si rannicchiò sul divano, per una volta senza vergognarsi troppo della propria desolazione.

- gli somigli così tanto…-

 

 

 

 

ANGOLINO

Brevissimo, solo per dire che questo è uno di quei rari capitoli in cui questo Draco l’ho sentito parlare e pensare, perciò portate pazienza se ci saranno un tot di errori di battitura, o un verbo o due che non funzionano, ma non ho voluto rileggerlo.

Ragazze, come sempre, che ve lo dico a fare! Vi adoro, tutte quante, sia la fazione pro Harry che quelle contro, in fondo sarei un po’ idiota a schierarmi, no? E poi avendo io il dono dell’onniscienza, almeno per le mie fic, e sapendo che cos’ha in serbo per noi il futuro, non priverei mai Draco del piacere di schiaffeggiare Harry di persona, e chi ha orecchie per intendere… scusatemi se riesco a ringraziarvi più raramente del solito, ma credetemi, sono davvero sommersa dall’università, è già una fatica mantenere un buon ritmo di pubblicazione, rischierei di perdere un giorno soltanto per rispondere, cosa che fra l’altro farò non vi preoccupate, e penso anche di sapere già quando…

Per tutte coloro che, ho notato nelle recensioni, non hanno capito una cosa, perché evidentemente io non l’ho spiegata a dovere (perdono!), il bambino non verrà assolutamente sacrificato, ucciso o altro: serviva il suo sangue, quindi una volta prelevato basta, per quanto riguarda tutti il bambino poteva pure finire in un istituto, se Draco avesse scelto di non tenerlo. Se ci sono altre cose che vi risultano nebulose, che secondo voi non ho chiarito a dovere ecc, fatemelo presente, così ve lo spiego qui negli angolini, nel limite del possibile (tradotto: chiunque mi chieda di anticipare il finale verrà schiantato all’istante! Al mondo c’è una sola persona che conosce il finale, a parte me, e che naturalmente è tenuta al segreto professionale in quanto mia compagna di bevute di Cuba Libre e quell’altro accidente che ho preso io, e che nemmeno ricordo perché poi il cameriere mi ha annebbiato la vita, e che, per chi non lo sapesse, è un vero e proprio lavoro!).

Beh, adesso la pianto e mi ritiro in meditazione preliminare all’ultimazione del nuovo capitolo di Ho un Problema, e in più vi annuncio, perciò mettetevela via e rassegnatevi, che ho in programma una fic con, e in parte su, LUI. Sì, avete capito bene, lui, il dio, il mito, un uomo, un apparecchio…

Dio benedica Marcus Flitt, e andate in pace, sempre con un suo santino nel portafogli, possibilmente quello della foto dove compare con la scopa in mano di fianco a Draco in tutta la sua sbarluccicante bruttezza!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** sconforto ***


Era vero

Era vero. Con il passare dei mesi, James rifletteva sempre di più Harry. Aveva la sua stessa forma del viso, un pochino squadrata, e i suoi capelli scuri, e soffici. E nonostante gli occhi fossero incredibilmente identici a quelli di Draco, il sorriso a volte era quello genuino e contagioso di Harry, sulle labbra piene e capricciose che erano da sempre una caratteristica dei Malfoy. Andava avanti, Draco, ma non era facile. Non era facile per niente vivere chiusi in casa, senza poter uscire, se non per pochi momenti, perché ogni cosa era un pericolo, e il Ministero gli soffiava sul collo perché James non si muovesse da casa, nemmeno per una passeggiata sotto il sole tiepido di inizio estate, però poi lasciava a lui tutti i sensi di colpa, per quella prigionia. Una sera, Pansy lo trovò a singhiozzare, sul tavolo della cucina, e se ne spaventò. Draco non aveva mai pianto, ma non aveva mai pianto perché non aveva mai avuto un problema in vita sua. E il fatto che lui considerasse il figlio come tale, non poteva che essere terribile, per tutti. Lo amava, eppure continuava a ripetere che era uguale a Harry, che era come Harry, e i suoi amici lo sapevano, questo lui non riusciva a sopportarlo. E dopo un po’, arrivarono a capire anche loro che non era per il fatto che fosse Harry, ma perché Harry non c’era. Soltanto perché Harry non era lì con lui.

James era un bambino di pochi mesi come tutti gli altri, e come tale strillava, piangeva, si agitava, si rifiutava  di stare buono, e a volte per Draco, per un ragazzo di diciannove anni, tutto questo diventava davvero troppo.

 

- su, Draco…- Pansy sospirò, e abbracciò l’amico ancora più forte.

- oddio, Pansy, portalo via!- gridò Draco, affondato nel petto di lei come se stesse cercando di nascondersi dalle grida del piccolo James.

- no, non dire così. Coraggio, ora vedrai che si calma. Blaise è andato di là, tranquillo.-

Draco scosse la testa. – no. No, Pansy, basta, davvero. Ti prego, portalo via, tienilo tu.-

- sai che non posso. È tuo figlio, Draco, e tu gli vuoi bene.-

- non è vero!- Draco si sollevò di scatto, gli occhi rossi e venati piantati in quelli della giovane donna. – non lo sopporto più, basta!- sputò, furioso e frustrato, e incredibilmente sconfitto.

Pansy gli premette un bacio sulla guancia, forte e affettuoso. - sei soltanto molto stanco.- disse, comprensiva.

Draco buttò indietro la testa, e incrociò nervosamente le mani al petto. – Non doveva nascere. James non sarebbe mai dovuto nascere, e sono sicuro che starebbe cento volte meglio da morto, che con me.- commentò fra i singhiozzi, cercando in ogni modo di apparire più duro e risoluto possibile.

Pansy sbarrò gli occhi. – non dirlo nemmeno per scherzo…-

- no. Lasciami finire. Pansy, questo bambino è nato soltanto perché serviva il suo sangue, è stato deciso così, fin dall’inizio, e nessuno ha mai fatto nulla per cercare di evitarlo. Ma adesso non vale più niente, per nessuno. Il Ministero se ne frega di lui, fa il suo dovere in fatto di soldi, come se davvero mi servissero, niente più. E nemmeno suo padre vuole vederlo.-

- le scelte di Harry non devono interferire con le tue, Draco. Se lui ha deciso di scappare, allora vuol dire che tu sei più coraggioso di lui. Lui non sarà niente per il mondo, ma tu sei suo padre, e non commetterai gli stessi errori che ha fatto l’altro.-

- ma io non ho niente da dargli! Pansy, io non lo voglio, non lo voglio!-

Pansy sorrise appena, triste. – non è vero. Draco, tu ami tuo figlio. Sei soltanto molto scosso, e credimi, ti capisco. Ti capisco, Draco, ma tu non devi pensare una cosa simile. Te ne pentiresti per tutta la vita, e lo sai. Non ti perdoneresti mai.-

Draco tirò su con il naso, e si sforzò di guardare fuori dalla finestra. Il pianto di James si era placato, Blaise doveva essere riuscito a farlo addormentare, in qualche modo. Pansy si spinse di nuovo vicino a lui, e gli strinse una mano sulla spalla. – hai solo bisogno di un po’ di aiuto, Draco. Vedrai che andrà tutto bene.-

- non lo so, Pansy, non lo so. È tutto troppo difficile, troppo duro, per me.-

- lo so. Però cerca di guardare avanti. Non sei curioso di vedere che cosa diventerà, il tuo James? Prova a pensare a quando comincerà a parlare, a quando inizierà la scuola, e tu lo aiuterai a fare i compiti. Te lo immagini, il giorno in cui verrà ammesso a Hogwarts? Diventerà un Serpeverde, proprio come noi, e ti renderà orgoglioso.-

Draco si morse un labbro, e Pansy sorrise, vittoriosa. – hey, guarda che anche tu frignavi, da piccolo. Dagli una possibilità, Draco. Tu sei tutto ciò che quel piccolino ha.-

- allora povero lui.-

- no. Fortunato, invece, fortunatissimo. Se tu ci sarai, e lo proteggerai. Draco, potresti essere un padre meraviglioso, e crescere un figlio fantastico, ci devi soltanto credere.-

- non è così facile, Pansy. Non posso passare tutte le mie notti insonni, soltanto perché lui piange, e io non so cos’ha!-

- passerà. C’è solo bisogno di tempo, lascia che cresca.-

In quel momento, Blaise fece la sua comparsa, con il piccolo James quietamente addormentato in braccio. Sorrise, e lo porse a Draco, e Pansy lo ringraziò con lo sguardo.

Draco accettò il piccolo fagotto, e se lo accomodò fra le braccia stanche, e ormai meccanicamente abituate a reggere il figlioletto. James dormiva con le labbra socchiuse, e i pugnetti serrati, e Draco chiuse gli occhi, su di lui, e si concesse un lungo sospiro.

Pansy gli prese una mano, e gliela fece posare gentilmente sul petto del piccolo, che si sollevava regolarmente, in un ronzio. Zabini andò a sedersi sull’altro capo del divano, e per un po’ i tre amici restarono insieme, vicini, in silenzio.

Alla fine, Pansy si affacciò sulla spalla di Draco, il cui sguardo era come sempre, ormai,  concentrato completamente su James.

- smetti di cercare Harry in lui, e vedrai che ti sentirai meglio.-

Blaise annuì accoratamente, vicino a lei. Draco tradì solo un piccolo scatto di uno zigomo. Non voleva parlare di Harry, in quel momento. Era stanco, esausto, completamente esausto, di pensare sempre a lui, sempre ad Harry.

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Ciao a tutte, eccoci qui un’altra volta! Dai, sono una brava bambina, in fondo, no? Aggiorno abbastanza spesso, dai!

 

Dunque, riguardando i vostri dolcissimi commenti mi sono resa conto che siete proprio tanto, wow! Non sapete quanta gioia mi dia sapere che questa storia vi faccia provare qualcosa, io a volte mi rattristo, mentre la scrivo!

 

E con questo, un ringraziamento enorme a tutte voi che mi avete lasciato una piccola grande recensione per l’ultimo cap, sperando che questo nuovo non vi deluda!

 

Darklily

Mistress Lay (uhm… forse, mia cara... forse…)

Gosa

Sara (guarda, questo Harry menefreghista mi sta veramente facendo male, a scriverlo, te lo assicuro! E hai ragione, Draco in fondo sta facendo i conti con la sua dolcezza, e il suo cuore)

Mir

Lelorinel ( non temere, la tua curiosità fra non molto verrà appagata…)

Fife ( ciao amore, ma come sono contenta di sentirti!!! Eh, che vuoi farci, Flitt è sempre nei nostri cuori… e Blaise è un tesoro da sposare, vedrai!)

Chase (hihihi, beh, forse non hai tutti i torti! XD)

Hakka ( amour, le tue parole mi scaldano sempre, che posso dire, grazie di cuore per il tuo affetto incredibile!)

Blaise_sl (amour, vorrei tanto poter essere più costante, prometto che ce la metterò tutta!)

Dark011(sempre saputo, io: Flitt è un placebo universale!)

Iul(guarda, posso anticiparti che i pensieri di Harry li vedremo fra un capitolo circa, ma solo di sfuggita, e capirai perché…)

Little Star (amour, lo schiaffo è il minimo, tranquilla! ma non ti preoccupare, Draco ce la farà, almeno per un po’…)

True (eh, bisogna calcolare che Harry avrà anche un cuore d’oro, ma manca completamente di tatto… comunque hai ragione, e nel prossimo cap lo vedrai…)

Kimmalfoy

Tuta (muta come un pesce!)

Evanescence88

Reader (hey, la Legilimanzia non vale!)

Zafirya( tranquilla, il Marcus nazionale arriverà fra non molto, e povero lui… grazie mille per la tua recensione, e come posso darti torto, hai proprio colto nel segno con Harry…)

Nike87

Dark Soul(oddio, non farmi venire i sensi di colpa per la tua interrogazione! XD)

 

 

 

P.S.

Non ci contate troppo, però credo di riuscire a postare il nuovo capitolo nel week end, forse domenica, perché questo era più che altro una transizione, e il prossimo è quasi pronto… però non mi linciate se non dovessi riuscirci! ^__^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Hogwarts ***


Draco si riprese, pian piano, ma gli ci volle forza, tanta forza

Draco si riprese, pian piano, ma gli ci volle forza, tanta forza. Pansy e Blaise per fortuna erano sempre con lui, e quando le cose si mettevano male uno dei due portava James in camera, lo faceva giocare e lo distraeva, in modo che Draco potesse sfogarsi un po’, parlare, gridare, se gli serviva, senza che il figlio dovesse sentirlo, mentre si disperava a causa sua. James era un bimbo dolcissimo, ma viverci per tutto il giorno, alzarsi ogni volta che piangeva, curarlo, preparargli i biberon, era tutta un’altra storia, decisamente una cosa diversa dal fargli una carezza mentre dormiva. In fondo i due amici ammiravano Draco per questo, per la forza che nonostante tutto, nonostante i crolli e i dubbi che a volte venivano come spettri a fargli sudare la fronte, stava dimostrando, giorno dopo giorno; e soprattutto ammiravano la straordinaria capacità che aveva avuto di crescere in fretta, per poter essere abbastanza adulto da crescere James. Era stato questo, forse, il suo gesto d’amore più grande per il figlio, perché loro solamente capivano che cosa volesse dire per Draco rinunciare alla sua sempiterna infanzia viziata, ai privilegi di essere sempre lui, il figlio, e mai l’adulto. Il fatto che il Ministero gli fornisse il denaro per occuparsi del piccolo senza dover andare a lavorare non era così d’aiuto come poteva sembrare. A volte anzi era chiaro che Draco avrebbe avuto disperatamente bisogno di un lavoro, di una qualche attività che lo tenesse occupato, che lo distraesse, ma in un periodo come quello non c’era da scherzare, sulla sicurezza, ed obbiettivamente l’unico posto dove lui e James fossero al sicuro era in casa, nella loro casa accogliente, ed anonima. Blaise raccontava agli altri due, ogni tanto, di notizie strappate qua e là da bocche distratte, perché i giornali non parlavano, perché notizie vere non se ne avevano, perché non c’era modo di sapere che cosa stesse davvero succedendo. Non si sapeva nemmeno dove, non c’erano tracce né di Signori Oscuri, né tantomeno di Eroi, ma questo Draco non aveva bisogno di sentirselo dire. Quella maledetta guerra poteva essere in Amazzonia come dietro a casa, perché in ogni caso Harry era lontano, e questo era tutto ciò che lui avesse da dire, su quel conflitto. E ciò nonostante, l’unico contatto più concreto con quella guerra, così lontana e vicina allo stesso tempo, era Remus Lupin, e le sue sporadiche visite. Draco sapeva benissimo che era tutto ciò che si potesse fare, lo capiva, e Remus gli ripeteva di continuo che purtroppo non poteva trattenersi, e nemmeno parlare troppo, perché era sempre, tutto, troppo pericoloso. Lo aveva visto in tutto altre due volte, dalla prima visita, appena dopo la nascita di James, troppo poche, perché i due potessero in qualche modo diventare amici. Ma Draco si sentiva in qualche modo sollevato, e felice, di vedere quell’uomo, anche se di Harry non si faceva menzione, quasi mai, se non quando il giovane Malfoy aveva voglia di arrabbiarsi, e star male. Era un muto accordo, un tabù, qualcosa che sarebbe stato sempre e comunque difficile da affrontare.

James aveva sei mesi, ormai, era un piccolo ometto, come lo chiamava Pansy, e Draco si convinse che ormai era ora di affrontare un’altra questione importante. Fu proprio Remus Lupin a procurargli i documenti necessari, l’ultima volta che passò a trovarlo, e ad assicurargli un passaggio sicuro.

 

Per Hogwarts.

 

- diventerà un Serpeverde.- ribadì Blaise per l’ennesima volta, annuendo con un’aria da autentico zio orgoglioso.

Pansy era rimasta a casa ad occuparsi di James, mentre i due amici avevano preso la Passaporta per la vecchia scuola. Draco doveva parlare con la Preside, del futuro, perché, ne era sicuro, almeno per James un futuro ci sarebbe stato, e ci sarebbe stato  perché lui avrebbe lottato con tutte le sue forze, per il futuro di suo figlio.

 

E del figlio di Harry Potter, si intende.

 

Quando rimise piede nello studio dietro alla statua del Gargoyle, ebbe un leggero sussulto, mentre tutti i ricordi, tutte le immagini, e le parole, di ciò che era successo, quando? Anni prima? Sì, un anno, e qualcosa, prima. Era già Ottobre…

Minerva McGranitt era invecchiata. Non tanto esteriormente, per la verità; conservata il suo aspetto affilato, e il suo cipiglio severo. Ma qualcosa, era evidente, la stava rodendo dentro, e quel qualcosa, non era difficile indovinarlo, era la guerra, ed anzi, più che essa, la preoccupazione per i suoi studenti, che nonostante tutto, per ordine del Ministero, avevano ripreso a studiare regolarmente, come a voler esorcizzare la guerra attorno a loro, come a volersi stringere, in fondo, tutti assieme, per avere un po’ meno paura, per pregare per Harry, per l’eroe di tutti. Di tutti quanti. Draco e Blaise furono accolti come si doveva, ad ogni modo; anzi, persino con un certo calore. Chiacchierarono un po’, per una mezz’ora, davanti a del tea, di fatti di cronaca, e dell’andamento della guerra. La Preside fu zelante nell’aggiornarli sulle ultime novità, sulla brutta battaglia combattuta solo pochi giorni prima, in cui erano caduti dieci Auror. Vittoria, sì, ma dieci Auror, per l’amore del cielo, dieci vite andate buttate su una qualche distesa senza nome, collinosa e fredda. Alcuni Serpeverde loro ex compagni, come Nott, o la Greengrass, combattevano per loro, contro i loro stessi genitori, e stavano bene, erano sani e salvi.

Per il momento.

Moltissimi ragazzi con cui avevano diviso compiti e tavoli in biblioteca si trovavano coinvolti nella guerra, moltissimi nomi che ora assumevano una loro solennità. Padma Patil, la sorella di Calì, Draco si ricordava vagamente di lei, una Corvonero, era morta in un agguato, assieme ad un suo compagno, Smith. Seamus Finnigan, invece, e quello Draco se lo ricordava molto bene, era un compagno di Harry, era stato ferito. O per meglio dire, gli era stata letteralmente strappata via una gamba, fino al ginocchio. Per fortuna i Curatori erano riusciti a salvarlo, e gli avevano sostituito l’arto con una gamba nuova di zecca, perfettamente funzionante, perfino nel solletico ai piedi. L’unico fastidio è che era di ferro, ma del resto era sempre meglio di niente.

Blaise rimase in silenzio. Draco, invece, deglutì. La guerra è violenza, realizzò scioccamente solo in quel momento, e rivolgendo gli occhi all’amico seduto al suo fianco non potè che sentirsi grato, che lui e Pansy non fossero in mezzo alla battaglia, che fossero salvi, a Londra, perché il loro aiuto serviva al Ministero, e al San Mungo. Pensò che ci dovevano essere vittime anche fra i civili, si chiese se fossero morti dei bambini, dei bimbi come il suo James. Ma si impose quasi subito di smettere di pensare ad una cosa simile, prima di rischiare di mettersi a piangere come una mocciosa.

- Potter?- fece, atono.

- Potter sta bene, e mi chiedo ancora come sia possibile, visto che è sempre in prima linea. – rispose concisa la McGranitt. – quella pozione è stata efficace, una vera salvezza, signor Malfoy. Tutti noi le siamo profondamente grati, per ciò che ha fatto, e che continua a fare. Sta bene, il bambino?-

- sta bene. Cresce, a vista d’occhio.-

- oh, è magnifico, sa, signora?- intervenne Blaise, entusiasta. – ormai mi riconosce, e poi gattona di già. Beh, più o meno… ma ad ogni modo… Serpeverde!-

Draco sbuffò un mezzo sorriso. Blaise era davvero incorreggibile.

- lo dirà il cappello, questo.- fece la McGranitt, concedendo tuttavia a Blaise un mezzo sorriso indulgente. Agitò la bacchetta, e davanti a loro comparve una spessa pergamena, coperta di caratteri piuttosto grandi.

- deve compilare qui, signor Malfoy. – spiegò, spingendo la boccetta d’inchiostro verso Draco. – dove si chiede il nome dell’alunno, e quello del genitore. E poi una firma, qui in fondo.-

Draco scorse brevemente la pagina, e il contenuto formale e burocratico del testo. Scrisse il nome di James per esteso, poi il proprio. Si fermò, quando veniva richiesto quello dell’altro genitore.

- quello lo lasci stare. – lo rassicurò prontamente la McGranitt. – non serve, basta l’assenso di uno dei due genitori.

Draco non volle dare troppo a vedere il suo sollievo. In qualche modo gli sembrava sconveniente, ma doveva ammettere che scrivere il nome di Harry, al posto suo, su una pergamena che riguardava James, sarebbe insopportabilmente suonato come una ammissione che quel bambino era effettivamente anche suo, e che nonostante ciò, lui non c’era.

Firmò il documento, la pergamena brillò per un istante, ed un attimo dopo, alle spalle della Preside, apparve una lunga lista, che scorse vorticosamente fino alla fine. In caratteri d’oro, si incise il nome di James Draco Malfoy-Potter, ultimo iscritto alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. La McGranitt controllò brevemente che il nome fosse scritto correttamente, poi fece dileguare l’elenco e la pergamena di iscrizione.

- mi sento… un po’ orgoglioso.- ammise Draco, a mezza voce.

- è l’effetto che fa Hogwarts, all’inizio. – commentò la Preside. – poi cominciano a piovere strillettere e richiami…-

Draco sbuffò un sorriso.- oh, ma James sarà un alunno modello.-

Blaise ridacchiò. - come te, Draco?-

Nessuno rispose, ma tutti e tre risero un pochino, persino sinceramente.

- Professoressa…- fece poi Draco, vagamente intimidito. – senta, ci sarebbe una cosa che vorrei chiederle. Un piccolo favore.-

- se posso, signor Malfoy…-

Blaise rivolse a Draco uno sguardo indagatore. Sguardo a cui Draco con un’occhiata che significava semplicemente “non chiedermi perché lo sto facendo”.

E Blaise non lo fece. Non gli chiese niente, ma stette ad ascoltare la richiesta di Draco con un sorriso fraterno, e indulgente, e intenerito, e triste, un po’, in fondo. Ma, ancora più in fondo, speranzoso.

 

 

 

 

ANGOLINO!

Preparato in anticipo, hihihi, vi ho fregate, eh? Così ancora una volta posso dedicarmi un momento alle vostre domande. Scusatemi se questa volta non vi ringrazio tutte nominalmente, purtroppo non ne ho materialmente il tempo. Ovviamente a tutte ed a ognuna di voi va il mio sincero grazie, scusatemi ancora se rispondo direttamente solo a chi mi ha posto delle domande, ma mi sembra doveroso!

Kimmalfoy: sì. Semplicemente sì, e non aggiungo nient’altro!

 

Sara: nel prossimo capitolo vedrai che le cose saranno un po’ più chiare, riguardo ai sentimenti di Harry. Quanto al luogo dove si trova, invece, dovrai aspettare un po’, ma tranquilla, tutto verrà chiarito! Per quanto riguarda Pansy e Blaise, che sinceramente non ho “accoppiato” con nessuno, non mi sembra comunque giusto, né coerente, farli vivere da Draco. C’è una guerra, bene o male, e muoversi, o dare nell’occhio è sempre pericoloso, soprattutto per Draco e James… e poi, al di là di tutto, ho semplicemente pensato fosse anche giusto che loro avessero le loro vite, pur sostenendo il loro amico e standogli vicino.

 

 Evanescence88: come per Sara, per capire dove so trova Harry dovremo aspettare un pochino, ma vedrete, sarà divertente, in fondo… guarda, per il numero di capitoli non ti so dire: la fic l’ho scritta quasi completamente, ma siccome ci sono alcuni buchi, non so quanto lunghe verranno queste parti mancanti, quindi non mi azzardo a fare ipotesi. Credo che comunque verranno fuori abbastanza capitoli, ne manca ancora, da raccontare!

 

Un bacio speciale a BloodyMoon, felicissima di sapere che ci sei, visto che sei una delle mie “veterane”! I sentimenti di Harry non saranno trattati in modo approfondito come quelli di Draco, te lo dico subito, però cercherò di farli trasparire dalle sue parole, dalle frasi, e spero che già dal prossimo capitolo tu te ne possa rendere conto.

 

P.S.

Per tutte, non mi chiedete qual è stata la richiesta di Draco!!! Hihihi, vedrete, vedrete, a tempo debito… tenetelo in mente!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 14.04.2000 ***


14/04/2000

14/04/2000

 

Draco levò gentilmente il biberon ormai vuoto dalla bocca del figlio, che mugolò contrariato, e gli mise una manina sulla guancia.

- buon compleanno, James.- mormorò, e gli baciò la fronte.

James lo squadrò, tutto serio. - ma… da…da.- proclamò solennemente.

Draco sorrise. – ma certo, tesoro…- disse divertito, mentre tornava nel salone, dove Blaise e Pansy chiacchieravano, fra un sorso di tea e l’altro.

- allora, il piccolo leone si è nutrito?- ironizzò Blaise, mentre Draco accomodava James sul suo seggiolone.

- mangia ogni giorno di più. – commentò Draco, sornione.

- beh, ci credo! È un bimbo grande, adesso. Vero, James?- Pansy solleticò la guancia del piccolo, che pigolò, e agitò le manine. - cocco della zia Pansy…-

Blaise raccolse alcuni dei pupazzi che James aveva ricevuto in regalo. Molti di essi erano incantati, e si agitavano fra le sue mani, smaniosi di poter correre sul tavolo. Al piccolo brillarono gli occhi, quando gliene mise uno a forma di gatto fra le manine, e questo cominciò a fare le fusa.

Il caminetto sbuffò, improvvisamente, e i tre amici si voltarono di scatto, verso la fiamma, che diventava verde.

- chi stai aspettando?- fece Blaise, curioso.

- nessuno.- ripose Draco, corrugando le sopracciglia, e mettendo subito mano alla bacchetta.- Pansy levò rapidamente James dal seggiolone, e lo nascose fra le sue braccia, tirandosi indietro di qualche passo.

La fiamma sputò una figura alta e snella, coperta di polvere, e un po’ sbuffante. – è permesso?- fece, il nuovo arrivato, educatamente.

Draco e Blaise si guardarono, allibiti, e prudentemente abbassarono le bacchette.

- lei?- fece Draco, con un filo di voce.- che cosa ci fa qui?-

- beh, ecco- Remus Lupin si scrollò di dosso gli ultimi residui di polvere, e sorrise cordialmente ai presenti. – ho saputo che oggi è il compleanno del piccolo James. Così mi sono domandato se fosse di disturbo passare a trovarlo…-

Draco annuì, lentamente, mentre anche Pansy tornava al suo posto, tenendosi il piccolo in grembo.

- è gentile. – disse, atono.

Lupin sorrise di nuovo, finché non fu Blaise ad invitarlo a sedersi, al posto di Draco, che ancora se ne stava immobile, catatonico. L’ex insegnante accettò volentieri una tazza di tea, e dopo averne sorbito il primo sorso, posò la tazza, per potersi avvicinare un po’ a James.

- è cresciuto molto, dall’ultima volta.-  commentò, felice, stropicciandogli una guancia. James piegò la testolina in un’espressione stupita, e prese ad indicare entusiasticamente i baffi chiari dell’uomo, lasciando momentaneamente perdere il suo nuovo peluche.

- sì.- Draco si lasciò finalmente scivolare a peso morto su una sedia. – è cresciuto di un anno.-

- lo trovo molto bene, Draco, davvero. I miei complimenti.-

- già. Sono bravo, vero, a crescere i figli, io.-

Lupin rimase impassibile, anche se se i suoi occhi si distaccarono dal piccolo, con suo notevole disappunto.

Blaise scoccò all’amico un’occhiata di rimprovero, che l’altro ignorò.

- come stai, Draco?- domandò Remus gentilmente.

- come vuole che stia, Lupin. È il compleanno di suo figlio, e lui nemmeno se l’è ricordato, figuriamoci.-

- il fatto che non ci sia non significa che se lo sia dimenticato. Non avercela con Harry, non è colpa sua.-

- oh, andiamo!- Draco scosse seccamente una mano. – siete tutti sempre pronti a difenderlo, ma la verità è soltanto che non è stato capace di prendersi le responsabilità di un padre, perché è un vigliacco!-

Pansy sospirò. – vado a portare di sopra James.- commentò soltanto, prima di alzarsi, ed imboccare le scale.

Lupin annuì, ed attese che se ne fosse andata con il piccolo, prima di riprendere a parlare. – non essere arrabbiato, Draco. Lo so che è una situazione difficile, lo capisco benissimo. Ma Harry non può proprio venire.-

- Harry non VUOLE venire.-

- nemmeno io dovrei essere qui. Credimi, è davvero una situazione rischiosa, e tutti quanti stiamo facendo il possibile anche per proteggere voi. Il sangue di James ci ha salvati molte volte fino ad ora, ha salvato Harry stesso, e lui lo sa, non se lo dimentica mai.-

- dai, Draco…- tentò anche Zabini.- è il compleanno di James, non rovinarlo con il tuo rancore per Potter.-

Draco scosse la testa, seccato di trovarsi improvvisamente solo contro due, e sbuffò.- come sta…- domandò freddo.

- bene. È forte, e motivato, ed è soltanto grazie a lui che stiamo in qualche modo avendo la meglio, almeno per ora. Ma è ancora tutto da decidere, purtroppo.-

- parla mai di James? Chiede mai notizie di suo figlio?-

Lupin si morse l’interno della guancia. – vedi, Draco…-

Draco sorrise, amaro e trionfante. - no, vero?-

- se non lo fa è solo per non avere nostalgia. Non è facile, per lui.-

- è per me lo è?-

Lupin annuì. – no, certo che no, non lo metto in dubbio. Dovresti essere fiero di te, per quello che stai facendo, dico davvero.-

- che cos’altro dovrei fare, abbandonare mio figlio?-

- beh, devo ammettere che all’inizio ho temuto che avresti potuto farlo. Hai stupito tutti, dimostrando di essere forte abbastanza per crescere un bambino, e per prenderti cura di lui come fai.-

- a James serve anche Harry. Ha il diritto di crescere con suo padre, come un bambino normale, e Harry ha il dovere di esserci, per suo figlio.-

- Harry conosce i suoi doveri. Sai, Draco, speravo che il tempo ti avesse aiutato a rimarginare un po’ questa ferita.-

Malfoy rivolse a Remus un’occhiata penetrante. – il tempo mi ha aiutato, Lupin, sì. A stare meglio, ad accettare mio figlio, perché solo il cielo, e Blaise, e Pansy, sanno quanto sia stata maledettamente dura, all’inizio. Il tempo mi ha aiutato, sì, è vero. Ma io non dimentico che questo bambino ha un padre che non si è mai fatto vedere, nemmeno per un dannato minuto, che non ha mai scritto una lettera, nemmeno un messaggio via gufo, nemmeno dei saluti portati da qualcun altro, per un anno intero, niente di niente!-

- Draco, calmati.- mormorò Blaise, a denti stretti.

- e non dirmi di calmarmi, Blaise! Mi dica, Lupin, le sembra giusto, questo, eh? Le sembra normale? Le sembra coraggioso? Il vostro eroe, come vi piace chiamarlo, ha preferito affrontare una guerra, piuttosto che dover vedere in faccia suo figlio!-

- Harry non ha scelto questa guerra.- rispose con calma Remus. – non ha chiesto lui di farla, come non ha chiesto lui, e nemmeno tu, lo so, di essere messo in questa situazione. -

Draco alzò gli occhi al cielo. - se n’è andato a salvare il mondo, lui. Com’è che ha lasciato qui me, allora, a salvare suo figlio? O forse è soltanto lui che vuole salvarsi da James? -

- ti ha lasciato qui perché ha fiducia in te, e sa che saprai dare a James una vita felice. Dovresti cercare di capirlo, a volte, Draco.-

Draco arricciò il naso. – sì, come no. Quanto lui capisce me, scommetto. Oh, io ed Harry non facciamo altro che capirci a distanza, è davvero appagante, sa, Lupin?-

Remus abbandonò le braccia lungo i fianchi, rassegnato. – domattina lo raggiungerò, Draco. Vuoi che gli dica qualcosa, da parte tua? Se vuoi posso farlo.-

- sì.- sibilò Draco. – gli dica che mi auguro con tutto il mio cuore che muoia nel modo peggiore, per mano del Signore Oscuro.-

- Draco!- tuonò Blaise, alzandosi di scatto dalla sedia. – non dire una cosa del genere. Non la pensi, lo sai benissimo.-

- sì, che la penso, invece, sì che la penso!- Draco schiantò la mano sul tavolo, producendo uno scricchiolio sinistro ed amaro. Blaise gli circondò le spalle con un abbraccio, e lo fece appoggiare a sé, un po’ per tenerlo fermo, e un po’ perché previde un imminente crisi.

- gli dica…- Draco singhiozzava sottovoce, come fa un vero Malfoy, quando proprio non può fare a meno di sentirsi spaccato dentro. – gli dica che io non so più… che cosa digli. Gli dica che non si faccia mai vedere qui, mai. Gli dica che lui non ha un figlio, che è libero di fare ciò che vuole. Gli dica che… che vorrei soltanto che mi scrivesse. Gli dica che suo figlio è bellissimo, che gli somiglia da morire. Non lo so, non lo so, gli dica qualcosa, qualunque cosa, Lupin, faccia lei.-

Lupin rivolse a Blaise un sorriso mesto, a cui il giovane rispose.

- salutate James, da parte mia. – disse soltanto, prima di andarsene.

 

*          *          *

 

Pioveva.

Pioveva persino troppo per quelle regioni, pioveva come se dalle nuvole l’acqua fosse scesa a secchiate, invece che a gocce.

Remus Lupin si fece strada dentro un capanno apparentemente disabitato, appoggiò una mano contro una parete fredda, di metallo scuro, mormorò alcune parole, e la parete prese a scorrere, rivelando una grande stanza illuminata da grosse candele gialle.

Lupin si scrollò di dosso l’impermeabile zuppo, lo buttò su una sedia, stiracchiò rapidamente i muscoli indolenziti delle braccia, e finalmente levò gli occhi sui presenti. Hermione Granger lo salutò con un mezzo sorriso, poi richiamò l’attenzione di Ron, e di Ginny, seduti uno di fronte all’altro, impegnati a fissare con aria vacua una grossa pergamena piena di indicazioni, di coordinate e di illustrazioni, e fece loro segno di seguirla attraverso una piccola porticina.

Pochi istanti dopo, da quella stessa porticina comparve Harry, un maglione troppo largo e un paio di pantaloni neri, un po’ sgualciti, addosso. Lupin gli regalò uno sguardo di paterno affetto, a cui Harry rispose con uno ansioso, e teso.

- stanno bene. – disse soltanto Remus.

Harry sospirò, e chiuse gli occhi, per qualche momento. – bene.- commentò.

- e Draco… mi manda a dirti un paio di cose.-

Harry arricciò appena il naso. - mi lasci immaginare. “Va’ all’inferno Potter”?-

- non lo pensa, Harry. Si sente soltanto molto solo. – Lupin prese l’ex allievo per le spalle, e lo scrollò leggermente. – tuo figlio è veramente splendido, Harry, e ti somiglia moltissimo. Dovresti proprio vederlo.-

Harry sbuffò un mezzo riso amaro, ed esausto. – già. – mormorò a testa bassa, mentre il suo pugno destro si stringeva delicatamente nella tasca dei pantaloni. – dovrei proprio vederlo.-

 

 

 

 

ANGOLINO

 

Oddio… aria… sono distrutta… sono tornata a casa adesso, da Milano, solo per pubblicarvi il capitolo nuovo!!! Comunque, visto che non ha alcuna intenzione di rivelarvi che cosa ho combinato, per essere così in ritardo, prometto però che il prossimo aggiornamento sarà prestissimo, forse molto prima di quanto pensiate!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** fiori gialli ***


Fiori gialli

La guerra è finita.

 

Draco scorse la prima pagina della Gazzetta che Pansy si era precipitata a mettergli in mano con gli occhi sbarrati. Nessuna foto, nessuna immagine, niente di niente. Soltanto un titolo enorme, trionfale, la guerra è finita, siamo tutti salvi, Harry Potter ha sconfitto Voldemort.

Gloria all’Eroe della comunità magica, gloria al Salvatore di tutti i maghi del mondo, onore e gratitudine eterna ad Harry Potter.

Draco si rifiutò di andare oltre. E Pansy si sedette vicina a lui, e lo abbracciò, lasciando che piangesse in tutta sincerità, almeno un po’, prima di doversi alzare per frullare della zucca per James.

Fanculo, all’inferno, l’Eroe del mondo.

 

Nel pomeriggio, anche Blaise passò da Draco. Draco si era calmato, anzi, si era sfogato, per la verità. Nemmeno lui avrebbe saputo dire se avesse pianto per il sollievo e per la gioia di sapere che finalmente era finito un incubo, anche per lui, oppure lo aveva fatto perché di Harry non c’era ancora traccia. D’accordo, forse si trovava a farsi curare le ferite, forse stava semplicemente cercando di sistemare un po’ le cose, in fondo era finito tutto all’improvviso, il giorno prima. Draco si era chiesto, distrattamente, quante e quali cose ci fossero da fare, una volta finita una guerra; che cosa bisognasse fare, una volta battuto un Signore Oscuro. Ma nonostante ciò, nemmeno un biglietto. Qualcosa, dentro di lui, cominciava inesorabilmente ad incrinarsi. Qualcosa che doveva essere la speranza, perché ora Harry non avrebbe davvero avuto più scuse.

Ad ogni modo, Blaise si lanciò in un appassionato resoconto degli avvenimenti: la battaglia finale, un massacro fermato soltanto dalla morte del Signore Oscuro. Era morto il papà di Goyle, fedele fino all’ultimo, era morta la zia di Draco, Bellatrix, e chissà perché questo non aveva sfiorato il nipote nemmeno un po’. Erano morti anche degli Auror, però. Due veterani dell’Ordine, più un ex Tassorosso, di cui Blaise non riusciva a ricordare il nome.

Ed era morta Ginevra Weasley.

Draco ebbe un autentico tuffo al cuore.

Ricordava nitidamente che la più piccola dei Weasley era stata la ragazza di Harry, al sesto anno, anche se francamente in quel maledetto periodo della sua vita aveva altre preoccupazioni per la testa, che non fossero i pettegolezzi. Non era tanto questa la questione. Ginny Weasley era, ironia della sorte, la persona che conosceva di più, fra le vittime che Blaise gli aveva elencato. Si ricordò dei dispetti che le aveva fatto, nei giorni della scuola, e di quanto le fosse antipatica, quella mocciosa ficcanaso. Però pensarla morta, ora, faceva tutto un altro effetto. Draco decise che sì, la morte era una cosa con cui non sarebbe mai riuscito a far pace, e che francamente avrebbe continuato volentieri a prendere in giro la Piattola, piuttosto che saperla sottoterra.

Si chiese come si fosse sentito Harry.

Se lo chiese così, all’improvviso, seccamente, e un secondo dopo si diede dello stupido, perché stava per mettersi a pensare a lui ancora una volta, ed ancora una volta stava per mettersi a giustificarlo, a dirsi che anche lui aveva sofferto il suo inferno.

 

Quello stesso pomeriggio, soltanto una mezz’ora dopo che Blaise lo aveva lasciato, Draco prese il figlioletto, lo vestì, gli calcò sulla testa il suo piccolo copricapo da maghetto, e lo portò fuori.

Lo portò a fare una passeggiata, la prima passeggiata della sua vita, la prima giornata di libertà, di tranquillità. Era Draco ad averne bisogno più di tutti, a dire il vero, ma poter usare per la prima volta il passeggino in qualche modo lo divertiva persino. Assieme al piccolo James, attraversò una zona babbana, un bel parco, che risplendeva dei verdi più chiari, quelli del maggio tiepido e soleggiato di quei giorni. Qualche albero stava già fiorendo, colorandosi di bianco, o di giallo, e Draco vedeva le manine di James protendersi in ogni direzione, agitate e curiosissime, e ne provò una tenerezza quasi compassionevole. Si fermò, su una panchina, non aveva fretta di raggiungere Diagon Alley. Prese in braccio il figlio, che si inerpicò fino al suo collo, e cominciò a pigolare e a strattonargli la maglietta, indicando ora un fiore, ora un passerotto, ora il laghetto con le anatre, ora l’erba. Draco sorrise, sorrise, fino a ridere: avrebbe voluto anche lui ricordarsi il giorno della sua prima passeggiata. Avrebbe voluto ricordare che cosa aveva provato a scoprire i fiorellini sugli alberi.

Chissà, poi, se aveva provato qualcosa.

Allungò una mano verso l’alto, afferrò la fronda di un albero, e ne strappò un fiore,ed una foglia, che porse a James. James spalancò gli occhioni grigio azzurro, prese fra le manine i due preziosissimi tesori che il suo papà gli aveva donato, e… cercò di metterseli in bocca.

- no!- Draco prese immediatamente il polso del bimbo, e lo allontanò dalla sua bocca. – no, James, non in bocca. Non si fa.-

James gli rivolse un broncio contrariato, ma parve rassegnarsi. Assottigliò le labbra, corrugò la fronte, tutto concentrato, e cominciò a pasticciarsi la foglia fra le mani. Dopo tanto trafficare, riuscì a dividerla in due, ma uno dei due pezzi gli scivolò sui pantaloni di Draco. James non parve farci troppo caso, comunque: si era già dedicato con entusiasmo al fiore giallo pallido. Afferrò un petalo, e lo tirò, facendo un piccolo “oh” sorpreso, quando il petalo si staccò. James osservò il fiore, poi il petalo, infine decise di gettare via anche il petalo, e di guardare Draco. Lo guardò per un po’, lo guardò fino a metterlo persino in imbarazzo, poi guardò il fiore, e infine si levò sui piedini, e con la manina bene aperta schiacciò il fiore sulla fronte di Draco.

- hey, che combini, James?- quando Draco riuscì ad allontanare gentilmente il figlioletto dalla sua faccia, si ritrovò impiastricciato del povero fiore. Lo tolse, con gran disappunto di James, lo guardò un momento, e capì.

E un sorriso incredibile gli apparve sul viso.

- amore… il fiore è dello stesso colore dei capelli di papà, vero?-  mormorò, stordito. James agitò una manina verso il suo naso, e poi gli picchiettò di nuovo la fronte. E Draco lo abbracciò.

- piccolo, piccolo James…-

- ummm… maaa!-

Draco scompigliò la testolina del bimbo, e gli porse di nuovo il fiore. – e tu?- fece, premendogli il nasino. – anche tu vuoi il fiore? No, perché i tuoi capelli sono diversi, vero? Tu hai i capelli neri, vero James? Neri come…-

Eccolo di nuovo, quel rumore di “crack”, dentro di lui. Non ci voleva pensare. Non voleva, non voleva pensarci, non voleva, non voleva, vattene, Harry, vattene via.

- sono neri come il mantello di papà, vero? O come i capelli dello zio Blaise e della Zia Pansy?-

James si mise due dita in bocca, e rimase ad ascoltare il genitore, con le labbra umide di saliva lucida.

- è bellissimo.-

Draco sollevò la testa di scatto. Una donna giovane, di pochi anni più grande di lui, probabilmente, li osservava. Una babbana, senza dubbio.

- grazie.- replicò con un sorrisetto cortese e un po’ tirato. Il suo primo, primissimo contatto, da una anno a quella parte, se escludeva i suoi amici. Una donna babbana. Certe volte la vita è davvero buffa.

- è suo figlio.-

- sì.-

- e come ti chiami, bel bimbo?-

James studiò la donna, perplesso. Poi decise di studiarsi un po’ le manine, ed infine indicò la foglia, ancora sui pantaloni di Draco. La ragazza rise.

- non parla ancora?-

Draco arricciò il naso, quasi infastidito. - no. Beh, bofonchia, più che altro, ma non sa dire i nomi. Si chiama James.-

La ragazza annuì con un sorriso, e si piegò leggermente sulle ginocchia. - ciao, James. Lo sai che ho una nipotina che sarà grande più o meno come te? Sei proprio un amore, lo sai? La tua mamma deve avere dei bellissimi capelli neri, scommetto.-

Draco sussultò appena. Oh, sì, in un certo senso poteva quasi darle ragione. Pansy aveva i capelli neri, e lei era l’unica forma di madre che James conoscesse. Con un po’ di fortuna sarebbe persino riuscito a convincersi, un bel giorno, che James aveva preso il colore dei suoi capelli da lei. e la forma degli zigomi da Blaise, in fondo anche lui li aveva un po’ squadrati, no?

- sì, è vero.- la accontentò. Non gli andava, no, non gli andava e non gli andava, di stare a pensare ai capelli neri.

La giovane donna sorrise, soddisfatta. Salutò, e Draco la seguì con lo sguardo, per qualche momento. Lei la bacchetta non la sapeva usare, ma probabilmente fra pochi minuti sarebbe tornata a casa, dalla sua famiglia, dal suo uomo, se ce l’aveva, magari aveva un cane, o un gatto, a cui fare un po’ di coccole. Non le sarebbe mai capitato di dover restare chiusa in casa, per la paura che qualcuno cercasse di uccidere suo figlio, soprattutto, non avrebbe mai avuto a che fare con calderoni, con pozioni, e con Eroi.

Draco si alzò, si aggiustò i pantaloni, e dopo aver messo James nel passeggino, proseguì per Diagon Alley. Aveva voglia di comprare qualche erba, per farsi una tisana, e anche un mantello, e un paio di tuniche. E già che c’era ne avrebbe fatta fare qualcuna anche per James.

 

 

 

 

ANGOLINO!

Che dite… ci siamo, eh? Hihihi… al prossimo cap, preparate i tirapugni, le bacchette, le bottiglie rotte, e quello che vi pare, avete la mia incondizionata autorizzazione ad infierire ad oltranza!

Invece, facciamo le persone serie per un nanosecondo… ne approfitto per scusarmi, con tutti coloro a cui la fic sta risultando noiosa. Il fatto è che volevo che questa storia non fosse solo una classica storia d’amore, con un piccolo(in tutti i sensi!) elemento in più. Ci tenevo a mettere in evidenza innanzitutto le sensazioni di Draco, e anche il loro ripetersi, continuamente, nel corso del tempo. Scusatemi, ma mi sarei odiata se avessi semplicemente liquidato un anno e mezzo con un’ellissi temporale, c’erano troppe cose che volevo dire, e tuttavia mi rendo conto di non essere evidentemente riuscita ad esprimermi e a coinvolgere come avrei voluto, non intendevo assolutamente ridurre Draco ad un vedovo di guerra, e questa è mia esclusiva responsabilità.

Perciò portate pazienza, questo capitolo non potevo in alcun modo tagliarlo, dato che tratta della fine della guerra, ed era un passaggio cruciale, dal prossimo spero di non deludervi più, e se così fosse non esitate a dirmelo!

Beh, visto che si sono mi frego ancora un po’ di spazio… hihihi, vedo un sacco di personcine che aspirano a fare i detective… allora vi sfido, provate a dirmi le vostre ipotesi, su cosa Draco ha chiesto alla nostra Minerva nazionale, e su cosa Harry tiene in tasca (tranquille, nessuna matita, o coniglio, o cose simili… quelle le lasciamo a “ho un problema”). Vediamo un po’ quante di voi hanno già indovinato (se sarete in molte mi riterrò ufficialmente una pessima scrittrice, visto che l’effetto sorpresa se n’è andato a farsi benedire!), come premio avrete… beh, un bell’applauso al momento della soluzione! Oh, bisogna sapersi accontentare…

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** patronus ***


Draco si fece aria con la mano libera dal peso del figlio

Draco si fece aria con la mano libera dal peso del figlio. Faceva ancora piuttosto caldo, in quell’inizio di settembre, umido e soleggiato. Non gli andava molto di andare a letto, non aveva affatto sonno, probabilmente dopo aver dato la buonanotte a James sarebbe sceso a leggere qualcosa, per far trascorrere un’oretta almeno, prima di andare a dormire. James non faceva che cantilenare “nanna, nanna”: doveva essere stanco, in fondo avevano passato tutto il pomeriggio al parco giochi vicino a casa, e quel cretino di Blaise si era divertito più del nipote, con le altalene babbane che per funzionare devono addirittura essere spinte. Draco sorrise appena, e poi si perse in qualche pensiero, con James ancora in braccio.

Un rumore confuso dall’ingresso.

Draco si riscosse di malavoglia, e arricciò il naso. Non gli sembrava di aver lasciato nulla sul fuoco, o in bilico su qualche tavolo. Mise James nel lettino, e lasciò che il piccolo gli schioccasse un bacio sulla guancia, ma il rumore si ripeté, più forte. Draco lo percepì distintamente, e stavolta un rivolo freddo di sudore gli scivolò lungo il collo. Non aspettava nessuno, e Pansy e Blaise lo avrebbero avvertito, prima di passare, soprattutto a quell’ora della sera. Coprì il figlioletto con attenzione, cercando di fargli arrivare il lenzuolino fino alla testa, per nasconderlo.

-pa-pa no, no…- James si agitò infastidito, ma Draco gli coprì le labbra con un dito.

- stai qui buono, eh, James? Dormi. Dormi, ora papà va giù un momento.- mormorò, poi impugnò la bacchetta, si chiuse la porta della cameretta alle spalle senza far rumore, e percorse con passi felpati il corridoio, fino alle scale. Le scese senza uno scricchiolio, bacchetta puntata, ed incantesimo già sulle labbra. La guerra era finita, non era ragionevole pensare che ci potessero essere pericoli per James, o per lui, ma Draco non era mai stato troppo bravo ad essere coraggioso, ed ogni sera, od ogni volta che si ritrovava da solo, con il piccolo, un qualche allarme interiore gli stringeva lo stomaco, per tenerlo all’erta. E mentre il suo cuore martellava, la sua mente scandiva “James”, ininterrottamente. Anche questo doveva far parte dell’ essere padre, evidentemente. Chiunque fosse stato, Draco sarebbe stato pronto a schermare immediatamente la cameretta del piccolo, e poi ad affrontarlo, stupido ladro babbano o mago potentissimo che fosse. Con un po’ di fortuna, magari, sarebbe persino riuscito a buttare della polvere nel camino, per allertare Pansy e Blaise. Quando fu sul penultimo gradino, una voce potente e fin troppo alta, nel silenzio sospettoso della sera, lo fece quasi cadere.

- Hey, Malfoy? Sei in casa?-

 

Draco si aggrappò al corrimano, e si costrinse a respirare con la forza. – che… che ci fai tu, qui?- soffiò, balzando giù dagli ultimi gradini in modo perfino precipitoso, e affrontando, dopo più di due anni passati senza avere la minima traccia di notizie, senza segni, senza uno straccio di segno di vita, Harry James Potter.

Harry si passò una mano fra i capelli impolverati di verde. – ciao, Draco. – tentò, con un mezzo sorriso.

- ti ho chiesto… cosa ci fai qui.- lo ignorò Malfoy, decisamente troppo fuori di testa, in quel momento, per riuscire a ricordare le buone maniere, e soprattutto con lui.

- sono venuto per vedere James.- rispose Harry, aggiungendo addirittura una specie di sorrisino gentile, e cercando in modo più che evidente di ostentare una certa tranquillità.

Draco non sapeva cosa dire.

Draco era travolto.

Draco era davanti ad Harry.

E Draco chiuse gli occhi, li serrò per non vederlo.

- vattene.- mormorò appena.

- andiamo, Malfoy…-

Gli occhi di Draco si socchiusero appena, cattivi. – ti ho detto di andartene.-

Harry scosse la testa. – Draco, senti…- cominciò. E Draco quasi godette del disagio che la sua figura scura tradiva. – per favore. Voglio solo vedere mio figlio.-

- hai avuto un anno e mezzo, per vederlo!-

Harry strinse i pugni, e la sua gola compì un movimento fluido, su e giù. - un anno e mezzo? Ero in guerra, Malfoy!-

- e io no?- Draco gli si parò davanti a braccia incrociate, facendo valere tutta l’altera ed alterata eleganza della sua figura di ventenne.

- per favore, non rendermi le cose difficili.-

- che cosa? Per l’amore del cielo, come… osi, tu, dire a me una cosa simile, quando tu non hai fatto proprio un bel niente per renderle semplici a me!-

Harry alzò le mani in segno di resa. - lo so… dannazione, mi dispiace. Avrei dovuto farmi sentire…-

- sentire?- Draco scosse la testa, incredulo.- in questo anno e mezzo non hai trovato nemmeno dieci minuti per venire a vedere tuo figlio, e dovevi farti sentire? Non farmi ridere, Potter, vattene di qui e non provarci nemmeno, a farmi arrabbiare.-

Harry chinò la testa. - sei già arrabbiato.- mormorò, amareggiato.

- dammi un solo motivo per cui non dovrei esserlo!- sbraitò Draco, fuori di sé. – vattene da qui, Potter, per l’ultima volta.-

- non puoi impedirmi di vedere mio figlio.-

- non è tuo figlio, Potter, non funziona così, a comodo!-

- non mi fa comodo! Dannazione Malfoy, ma mi vuoi ascoltare? –

- no! No che non ti voglio ascoltare, la cosa ti stupisce tanto? Non voglio sentire una sola parola da te, è chiaro?- Draco ci mise tutto il suo disgusto, nell’espressione che assunse il suo viso. – io ho… dedicato tutto il mio tempo, a James, e tu non sei niente, niente per lui! Avrà anche il tuo sangue nelle vene, Harry Potter, ma ti posso assicurare che questo non significa niente, perché non ha mai avuto un briciolo della tua eroica presenza. -

Harry si ritrasse di un passo, mortificato. – ti… prego.- scandì a denti stretti, la voce tesa, e montante. – voglio vedere mio figlio. Sono venuto fin qui solo per… James. Draco, per Merlino, fammi vedere la faccia di mio figlio!-

Gran bella uscita, Potter. Dentro di sé, Draco rise, prima di infrangersi come un vaso di fiori marciti. Se le cose stavano così, allora, per Merlino, avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per impedire ad Harry persino di respirare la stessa aria che respirava James. - e io non voglio che lui veda la tua, e che capisca che razza di schifo di persona sei.- soffiò, maligno.

- hai ragione, hai perfettamente ragione, maledizione, ma non puoi impedirmi di vederlo!-

- hai avuto tutto il tempo per farlo. –

- sono qui adesso!-

- è troppo tardi.-

- no!- Harry sembrava… qualcosa che Draco non aveva mai visto, in lui. Sembrava arrabbiato, ma arrabbiato davvero. - Non accetto una risposta simile, Malfoy. Senti, non mi interessa rivangare i nostri rapporti, non sono venuto né a disturbarti, né a chiederti niente. Fammi vedere James, e basta. Non costringermi a mettere in mezzo il Ministero.-

Draco scoppiò in una mezza risata nervosa. Questa sì che era davvero buona, si sarebbe ricordato senz’altro di raccontarla a Blaise, una volta risvegliato da quella specie di incubo sarcastico. – oh… è commovente il modo in cui il grande Potter si stia dando tanto da fare, adesso, per il suo pargolo, eh? Ora che non hai più Signori Oscuri da cacciare ti improvvisi padre?-

Harry si portò le mani alle tempie, e Draco potè quasi sentirlo, mentre radunava in sé tutte le energie che aveva in corpo, per riuscire a restare calmo. Fu persino fiero di sé, per un momento.

- perché pensi che non vi abbia mai cercati? - scandì Harry infine. -   Credi davvero che io sia stato tanto stupido da non aver avuto un momento per mio figlio? Non volevo che Lui lo vedesse, non volevo che vi trovasse, maledizione! Ho vissuto quasi due anni senza nemmeno un segno di mio figlio, solo per proteggervi, e adesso tu non vuoi farmelo vedere?-

- no che non te lo voglio far vedere, d’accordo? Non mi interessa che cos’hai da raccontare, Potter, non credere che patetici tentativi come questi possano funzionare. Hai passato un anno e mezzo fuori dalle nostre vite, e per Merlino, fuori dalle nostre vite resterai!-

Un attimo, un guizzo, quasi un lampo. E Draco si trovò a boccheggiare, con la bacchetta di Harry puntata al petto. Doveva essere diventato davvero bravo, maledettamente bravo, in tutto quel tempo. A forza di combattere contro Mangiamorte e Nemici del Mondo, si finiva con il diventare parecchio rapidi di mano, evidentemente.

- non… non farmelo fare, ti prego.- gemette l’Auror, sconfitto. – sono stanco di usare la forza.-

Draco sorrise. Sorrise, e poi rise, trionfante.

– dai, coraggio, Potter!- lo sfidò. – colpiscimi, avanti! Mi piace, questa assurda tragicommedia, coraggio, colpisci colui che ha cresciuto tuo figlio fino ad oggi, Schiantami, se ne hai il coraggio, stordiscimi, feriscimi, uccidimi, se ti pare! Che cosa sarà, poi, una vita in più sulle tue mani.-

- Draco…- ringhiò Harry. – non dirlo nemmeno per scherzo. Non voglio farti del male, voglio soltanto che tu mi lasci vedere mio figlio. Ho aspettato, per troppo, e sono stanco.-

Ma Draco fu più rapido, e in un secondo anche Harry si trovò con una bacchetta puntata contro. – te lo puoi scordare, Eroe. Perciò avanti, chiudiamo il discorso. STUPEFICIUM!-

- PROTEGO! Smettila subito, Malfoy.-

- vattene di qui, Potter, fuori dalla mia vita!-

- Draco, non farmelo fare!-

- avanti, Potter, scegli! O quel camino, o la mia bacchetta!-

- nessuno dei due. Ti prego, maledizione, per favore!-

- oh, dimmi un po’, Potter, che cosa si prova a non avere scelta? È divertente, vero?-

- scusami… scusami… EXPELLIARMUS!-

- RICTUSEMPRA!-

Lo schianto delle bacchette fece cadere a terra una paio di libri, dalle mensole vicine. Harry deviò il raggio di Draco, quanto bastava per potersi avvicinare.

- non essere assurdo!- esplose, strattonando a mani nude la mano armata di Draco. – non è questo, non possiamo ridurci a questo! Draco, ma ti rendi conto?-

- e tu ti rendi conto dell’inferno che è stata la mia vita senza di te?- sputò Draco, troppo sconvolto per riuscire a pentirsi delle sue parole.

La mano di Harry tremò, sull’impugnatura della bacchetta, ormai di nuovo quieta, e Draco chiuse gli occhi, rassegnato. E sempre ad occhi chiusi, levò la mano, lasciò scivolare giù la bacchetta, dal palmo teso.

- ti odio, Potter.- sussurrò, prima di schiantargli la mano vuota in piena faccia. Harry barcollò appena, ma Draco ebbe anche un pugno, per lui. Senza bacchetta, senza armi, gli restava almeno l’orgoglio, la ferita di tutta la sua solitudine forzata, e tutto ciò che quell’uomo gli aveva portato via. Orgoglio che ora si traduceva in violenza sorda, e in fondo anche un po’ muta, perché non aveva molto da comunicare ad Harry, se non il rancore, il rancore per non aver permesso a quei ceffoni di essere carezze, carezze sognate, per un uomo e per un bambino, e invece abortite da un rifiuto troppo vero per essere perdonato, e da una realtà talmente disarmante da risultare persino piatta, atona. Harry riuscì ad afferrargli le mani, dopo un po’, e a scuoterlo, come a volerlo risvegliare da un incubo. Il respiro di Draco minacciava di spezzarsi, quello di Harry era grosso, potente, autenticamente esausto.

Un singhiozzo improvviso però ruppe la tensione insopportabile, come un fulmine che squarcia una nuvola troppo nera. Entrambi guardarono verso le scale, nello stesso momento.

- si è svegliato, con tutto questo casino. – commentò stancamente Draco.

Harry ritirò le mani, mise via la bacchetta, e sollevò gli occhi.- per favore…- mormorò, completamente diverso, realmente disperato. – ti sto supplicando. Draco…-

Il biondo si portò le mani alle tempie, e schiacciò forte. Gli sembrava di essere tornato indietro, quando i pianti di James facevano piangere anche lui, quando la voce del suo bambino era insopportabile, era come unghie sulla lavagna. Davanti ai suoi occhi socchiusi, c’era Harry, sfocato, ma immobile, solido, e in quel momento a Draco fece un’impressione molto strana.

Gli sembrò un Patronus. Gli sembrò il Patronus che lui non era mai stato in grado di evocare per sé, e gli sembrò il Patronus naturale di James, l’anima protettiva e adulta che veglia sul sonno di un figlio, come se non ci fosse nulla al mondo di più naturale. Senza una parola, prese a salire le scale, lentamente, seguito a ruota da Harry.

 

La cameretta di James era grande, e calda. C’erano delle foto, appese alle pareti, dei pupazzi, e dei giocattoli, ordinati in un angolo. Sui muri, illuminati solo a tratti da piccole candeline colorate, erano disegnati motivi a pesci, brillanti ed allegri. Il lettino di James era addossato al muro, e protetto da una gabbia di legno e rete gialla, che in quel momento vibrava per i movimenti dell’agitato inquilino. Draco fece accendere un paio di candele, si sporse su di esso, e allungò le braccia. – James…- sussurrò dolcemente. – papà gridava, vero? Scusami, tesoro, scusami…-

- naaaaa! Pa-pa-da-co!!!-

- shhh… tranquillo…- Draco sollevò il figlioletto dal lettino, ed Harry trattenne il fiato.

I capelli mori, tutti scompigliati, il visino rotondo morbido, bellissimo, arrossato dal pianto, e gli occhi grandi, affilati, color dell’acciaio.

Harry trattenne il fiato di fronte a suo figlio.

James si abbracciò al collo di Draco, mugolando. Questi lo coccolò un pochino, sussurrandogli per calmarlo e strofinandogli la schiena coperta dal piccolo pigiamino chiaro, e quando finalmente James si strofinò il nasino e sollevò lo sguardo curioso sull’estraneo, nella sua cameretta, Draco sentì che era arrivato il momento della resa dei conti che aveva sognato, ed esorcizzato, per tutto quel tempo.

- James, tesoro…- sospirò. - ti ricordi che papà Draco ti ha parlato di un altro papà?-

James si guardò le manine, ne premette una sul volto di Draco e sorrise. – pa-pa-da-co!-

- sì, amore…- sorrise Draco. –e chi è l’altro papà? Me lo vuoi dire? Papà He…-

- pa-pa-de-di.-

- bravo, cucciolo…- Draco baciò la fronte di James, che gongolò, felice. – ecco, lui è papà Harry… papà Harry, hai capito?-

- pa-pa-de-di…- ripeté il piccolo, restando però concentrato a tormentare il collo di Draco e non degnando Harry di alcuna attenzione.

- gli hai… detto di me?- Harry si decise finalmente a parlare, e sembrava francamente sconcertato.

- sì.- disse Draco, freddo, senza staccare gli occhi dal figlio. – gli ho spiegato che ha un altro papà. Credevo che avesse il diritto di sapere che esisti, da qualche parte, anche se è così piccolo e probabilmente non si rende pienamente conto.-

- Draco… grazie.- Harry non sapeva cos’altro dire, ma il nome del genitore attirò l’attenzione di James, che si voltò verso di lui e lo squadrò attentamente.

- pa-pa-da-co.- ripeté, fiero, come a voler dimostrare di conoscere anche lui il nome del biondo.

Harry sentì il cuore farsi stretto, nel petto. - ciao, James…- mormorò, roco. – tu non hai idea di chi io sia, ma io ti conosco molto, molto bene… sono Harry…-

Il bimbo gli riservò uno sguardo stupito. Con il ditino indice lo puntò, tenendosi afferrato alla maglia di Draco con l’altra mano. - pa-pa-de-di.-

Harry avvertì chiaramente le lacrime gonfiargli gli occhi, lacrime di vergogna, quelle più difficili da piangere, se mischiate alla gioia. – sì… sì, sono papà Harry…-

James lo osservò, la boccuccia socchiusa, e l’espressione concentrata. Allungò le braccina verso di lui, sporgendosi oltre le braccia di Draco, che pian piano, quasi diffidente, lo lasciò avvicinare ad Harry. Il bimbo toccò il volto del genitore, gli mise le manine sugli occhiali, incuriosito, e poi sul naso, e sulla bocca. Poi, all’improvviso, si ritrasse, e abbracciò il collo di Draco, nascondendosi e mugolando sottovoce. Harry riaprì gli occhi di scatto, credendo di aver rotto qualcosa, convinto persino di aver sentito il rumore di qualcosa che si spezzava.

- perché fa così?- domandò, ansioso.

- è normale. – commentò Draco, neutro. – è solo timido con… gli estranei. Ha fatto così anche con Blaise e Pansy, per un periodo.-

- tia pa-ty!-

- sì, tesoro. Dov’è la zia Pansy?-

Il bimbo si guardò attorno, tutto concentrato. – più!- fece, allargando le manine.

Draco non riuscì a trattenere un sorriso. – e lo zio Blaise? Dov’è lo zio Blaise?-

- tio Bes… più!-

- non c’è lo zio Blaise, vero? E lo sai perché? Perché è a fare la nanna… e anche tu dovresti fare la nanna…-

- nanna nanna…-

- sì tesoro… ora James fa la nanna, vuoi?-

Harry rimase ad osservare ipnotizzato Draco che metteva a letto James,  lo copriva con cura, e gli accarezzava la testolina, per fargli prendere sonno. Quando si fu risollevato, si azzardò ad affacciarsi, per vedere il figlioletto addormentato, con il ciuccio in bocca, e i pugni stretti.

- Draco…- mormorò.

- ti ha riconosciuto, in qualche modo. Almeno sembrerebbe…- si limitò ad osservare Malfoy, sconfitto.

Harry si sentì in colpa, in quel momento, e anche follemente grato a Draco. – è un bambino stupendo. Lo hai… cresciuto benissimo.-

- ti ringrazio.-

- Draco… posso vederlo ancora?-

- Harry…- Draco misurò alcuni passi nella stanza, ringraziandosi, perché stava in qualche modo riuscendo a mantenere una certa calma, e a parlare sottovoce, per non disturbare più il piccolo. – non si torna dal nulla dopo un anno e mezzo, e si ha la pretesa di fare il padre. –

- lo so… non pretendo di fare il padre, però vorrei… non lo so, insomma, ti prego… lasciami provare, con James.-

- hai vent’anni. Non rovinarti la vita, sei ancora in tempo per rifarti.-

- non rovino proprio nulla. Per favore, ti prego.-

- guarda che non è sempre così buono…-

Harry sorrise appena. – lo so, lo immagino… in fondo è anche un Potter. Senti… ahm, non lo so, ti servono soldi, per mantenerlo, o qualsiasi cosa?-

Draco inarcò un sopracciglio, ed Harry si affrettò ad alzare le mani. – era così per dire…-

- a questo bambino non servono soldi. Serve un padre.- rispose, freddo.

Harry sollevò su di lui uno sguardo brillante, determinato in modo quasi ironicamente eroico. - beh, eccomi qui, allora, per quel che può valere… io sono l’uomo che fa per te, Draco. –

Draco si schiarì la voce, e si arrabbiò con sé stesso, per il fastidioso calore che sentiva salirgli al viso. Dopo un paio di secondi di incomprensibile silenzio, Harry realizzò cosa aveva appena detto, e scivolò indietro di qualche passo. –cioè, intendevo… per James! Come padre! Io sono… insomma, il padre giusto… nel senso…-

Draco alzò gli occhi al cielo. Si sentì persino rincuorato, in fondo.- ho capito, ho capito…-

Era proprio lo stesso stupido Potter di sempre.

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

Ma non finiva più sto capitolo ?!?!? (NdMondo)

Ohiohiohi… la mia faccia… (NdHarry con occhio nero)

Hai anche il coraggio di parlare? (NdDraco con spada fiammeggiante in mano)

Ngha! (NdJames che si succhia il pollice)

Avete finito tutti quanti?!?!(NdMe sul piede di guerra)

Oh.

Un momento di pace, finalmente.

Che vi dovevo dire?

Rincoglionita -___-(NdDraco)

Mi hai fatto malissssssimo, guarda che Draco picchia duro! (NdHarry risentito)

Ngha! ^__^ (NdJames che annuisce vigorosamente, dando ragione a uno dei due. Spero non a Draco)

Ok, ho capito, rinuncio a questo angolino, la situazione sta degenerando troppo rapidamente! -__-*

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** una tazza di tea ***


Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, Harry ricomparve, alla porta, stavolta

Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, Harry ricomparve, alla porta, stavolta.

Carino da parte sua fingere di essere cortese, e di chiedere il permesso, prima di entrare. Draco gli aprì con una certa rigidità: vedere la sua faccia era qualcosa che, gli scocciava ammetterlo, gli faceva ancora troppo effetto. Forse era questa la famosa aura dell’eroe che si diceva Harry emanasse, quel suo modo di metterti in soggezione semplicemente guardandoti.

Harry era l’eroe che aveva sconfitto il Signore Oscuro e liberato la comunità magica da un incubo, eppure Draco in lui vedeva così poco, di eroico, davvero troppo poco.

Però in lui vedeva il padre di suo figlio, e questa era una cosa che, maledizione, scavalcava tutto il resto, che gli faceva rabbia e lo salvava dal suo odio.

Lo fece entrare.

- posso vedere James?-

- no.-

Harry mise mano al cappotto, con la chiara intenzione di levarlo. - Draco…- fece, e Draco lesse dietro a quelle parole le ore che doveva aver passato a formulare un discorso per convincerlo, o qualcosa di simile.

- sta dormendo.- lo interruppe, con una certa soddisfazione.

- oh.- Harry si morse il labbro inferiore. – oh, sì, capisco. Beh, allora potrei aspettare che si svegli.-

- non credo.-

- ti prego. È mio figlio.-

- errore, Potter. È MIO figlio.-

Harry si passò stancamente una mano sulla fronte. – d’accordo. Draco, noi due dobbiamo parlare.-

- non ho proprio niente da dirti, e non credo di voler stare a sentire ciò che tu hai da dire.-

- ti prego!-

Draco serrò la mandibola, e puntò l’indice destro contro Harry come se fosse stata una bacchetta. – tu prova soltanto a gridare un’altra volta a quel modo, prova a svegliare James come hai fatto ieri, e parola mia, Potter, ti sbatterò fuori di qui a calci nel culo.-

- scusa.- Harry avanzò di un passo, e si tirò indietro i capelli, esasperato. – scusa, cazzo, non volevo alzare la voce. Possiamo parlare, Draco?-

- no.-

- per favore. Te lo chiedo per favore. -

- no.-

- Draco, sei stato solo per più di due anni, vuoi rimanere da solo per sempre?-

CRACK.

- fuori da questa, casa, Potter.-

Harry ignorò la rabbia di Draco. Doveva averlo sentito anche lui, quel “crack” tremendo, all’altezza del suo stomaco. - rispondimi. È questo che vuoi? Io sono il padre di James, non puoi ignorarlo.-

- ho passato… ogni maledetto giorno della mia vita, da quando è nato, cercando di ignorarlo!- Draco si coprì brevemente la bocca con una mano, e tirò su con il naso, secco, ricomponendosi all’istante.

- beh, smetti di ignorarlo. E parla con me.-

- non ce la faccio  parlare con te.-

Harry lo avvicinò prudentemente. – sì che ce la fai. Sei stato forte. Fortissimo, in tutto questo tempo, ed ora puoi farcela anche a parlare per un momento con il più grande vigliacco di questo mondo.-

Draco sentì bisogno di essere abbracciato, forte. E le braccia di Harry erano lì, vicinissime a lui, come due promesse di pace, di pace vera, finalmente.

Sospirò, si voltò, e sparì in cucina. Preparò rapidamente un tea, e fece cenno ad Harry si sedersi in salotto. Ora che James stava facendo il suo riposino, di sopra, eccoli lì, loro due.

L’eroe del mondo, e l’erede dei Malfoy.

Era passato tanto tempo.

Harry posò la sua tazza, e guardò Draco, limpidamente, negli occhi. E Draco capì che lui voleva davvero, davvero parlare, e non volle, non volle perché seppe nello stesso, esatto momento, che qualsiasi cosa Harry gli avesse detto, lui ne avrebbe sofferto, e qualsiasi cosa gli avesse chiesto, lui avrebbe chinato il capo, e gli avrebbe detto di sì.

- ciao, Draco.- esordì Harry, dolcemente.

- Harry.- si limitò Malfoy, a mezza voce.

- è molto tempo che non ci vediamo.-

- già.-

Harry sospirò, ma non distolse lo sguardo da lui. – prima cosa: mi dispiace di esserti piombato in casa a quel modo, ieri sera, e di averti persino aggredito. Scusami, è solo che non ce la facevo più. Dovevo vedere James, ad ogni costo.-

- sì.-

- sei arrabbiato con me, vero?-

- sì, Potter, sono arrabbiato con te.-

Harry raccolse le mani sul grembo, e se le strinse in un modo che Draco capì dovesse essere la massima espressione di colpa che un uomo come Harry riuscisse ad esprimere.

- mi dispiace.- disse infatti. – non ho… potuto fare altrimenti.-

- avresti potuto.- Draco si morse forte le guance.

Sarebbe stato duro, fino in fondo. Alla fine dei conti, non è che potesse esattamente dire che effetto gli facesse avere Harry davanti, non poteva dire con certezza di essere felice, né sollevato, né nulla. Meglio sfruttare al massimo quella sorta di limbo di sensazioni, prima che una qualche zona della sua testa cominciasse a gridagli nelle orecchie di implorarlo di restare, di fare qualcos’altro che comunque affermasse la sua sconfitta, in qualche modo.

- no. Credimi, Draco, non avrei potuto. Se fossi stato libero di scegliere, avrei fatto di tutto per poter passare con voi un po’ di tempo.-

- tu sei scappato. Il giorno in cui ci dissero che avremmo dovuto sottometterci a quell’incantesimo, tu avevi già deciso, dentro di te, che non ci saresti stato.-

- non è vero, Draco.- Harry scosse appena la testa, e i suoi occhi diventarono luminosi, ancora di più. – non sono scappato, e credimi, non avrei mai voluto lasciarti solo, in mezzo a tutto questo. Dio, Draco, è finito il tempo in cui non ti digerivo, a scuola, siamo adulti, ora, e che tu ci creda o no, io penso che tu ti sia dimostrato una gran persona, per ciò che hai fatto, davvero.-

- carino da parte tua dire una cosa del genere a quello che ha tirato su tuo figlio senza di te.-

Harry tirò un altro lungo sospiro, e Draco si sentì immensamente irritato dalla diplomazia, e dalla cautela, che ci stava mettendo in quel discorso. Non voleva essere trattato come una bestiola nervosa e dal morso facile, non dopo tutto quello che era successo, e soprattutto, non da Harry.

- Draco…-

- sì lo so. Non ti andava di giocare alla famiglia felice con me, Potter, l’avevo capito, sai? Sei sempre stato molto chiaro, in proposito, e non mi sembra di averti mai chiesto nulla, no?-

- sì, d’accordo, però…-

- però un bel niente. Di me puoi pensare ciò che vuoi, davvero. Lo hai detto tu, siamo adulti, e perfettamente in grado di affrontare i nostri problemi. Ma James no. James non meritava una vita simile, James aveva il diritto di crescere con due genitori vicino a lui, non con una specie di furetto maniaco depressivo come me.-

- ti vieto di dire una cosa del genere, Draco Malfoy.-

Draco si zittì all’istante, suo malgrado. Lo sguardo di Harry si era fatto improvvisamente più duro, e autoritario, come quello di chi è abituato ad essere ascoltato, e a farsi obbedire senza dover fare il minimo sforzo, ed ora era puntato su di lui, in tutta la sua potenza. – tu sei il genitore migliore che James avrebbe mai potuto avere.- scandì, fermo.-  Lo so, perché il bambino che ho visto ieri sera era un bambino felice, in braccio a te, un bambino splendido, un bambino cresciuto con amore. Draco, una delle prime cose che hai fatto è stato iscriverlo a Hogwarts, ed io ho una piccola storia da raccontarti, in proposito: è stata una delle prime cose che hanno fatto anche i miei genitori, con me. E i miei genitori, te lo posso assicurare, mi amavano.-

Draco sbatté le palpebre, tre o quattro volte. – e tu… come fai a sapere di Hogwarts?-

Harry si strinse nelle spalle con noncuranza. - me lo hanno riferito. Non era facile parlare, o riuscire ad avere notizie dal mondo, credimi, però ogni tanto qualche cosa arrivava, e quando tu sei andato a scuola, per parlare con la McGranitt, la voce è circolata, e hanno pensato di farmelo sapere. Sai, in quel momento ebbi la certezza che andasse tutto bene, che tu amassi nostro figlio, e che ti stessi comportando in modo eccezionale.-

Draco sbuffò. Non intendeva cedere a lusinghe di alcun tipo. - sulla tua iscrizione almeno c’era la firma di entrambi.- polemizzò.

- anche su quella di James.-

Draco sbarrò gli occhi.- cosa?-

Harry gli rivolse un mezzo sorriso compiaciuto, e vagamente criminale. – quando mi dissero che James era ufficialmente nelle liste di Hogwarts, dato che era sufficiente la tua firma, mi sentii… come posso spiegartelo? Mi sentii orgoglioso di voi due, e mi sentii anche un po’ genitore. Non darmi del vigliacco, ti prego. Presi la Firebolt e mi precipitai a scuola, e al diavolo la guerra, per un paio d’ore. Quando mi videro, metà dei professori non volle credere che ero io, l’altra metà pensò che fosse tutto finito, e invece dovetti deludere entrambe le fazioni. Andai dalla Preside, mi feci mostrare la pergamena con l’iscrizione, e me la lessi tutta, da cima a fondo. Lessi il nome di mio figlio, e poi il tuo. Presi la penna, e controfirmai, nella riga vuota sotto la tua firma. Credo di aver sconvolto per bene la povera Minerva, perché passò ore a tormentarmi, chiedendomi se non fosse solo uno dei miei ennesimi colpi di testa, mi chiese se qualcosa non andasse, cose così.- Harry sorrise appena, e Draco sentì le vertigini, nello stomaco.

Sorrideva determinato, come James.

– sai, Draco. – continuò a voce più bassa. – credo che sia stato in quell’esatto momento che decisi che sarei tornato da voi, prima o poi. Mio dio, niente e nessuno, nemmeno la mia codardia, mi avrebbe mai privato del piacere di accompagnare mio figlio a Diagon Alley a comprare i libri e la divisa per il primo anno, o di rassicurarlo, prima di vederlo salire sull’Espresso.-

- e allora perché non sei venuto a vederlo, invece che andare ad Hogwarts.-

- non potevo.- Harry scosse vigorosamente la testa. – vederlo sarebbe stato ben diverso, e poi… non ero certo di essere pronto ad affrontarti.-

Draco posò la tazza di tea, lentamente. – che cosa, scusa?-

- sapevo che l’avresti presa piuttosto male, quando mi avresti rivisto.- Harry si strofinò di nuovo le mani sul grembo, nervosamente. – insomma, lo capisco. Il fatto è che ero terrorizzato, davvero, che Voldemort potesse scoprire qualcosa. I Mangiamorte erano ovunque, tu non puoi immaginare, un passo falso qualsiasi e sarebbe stata la fine.- Harry serrò le mandibole, fortissimo. – sarebbero venuti a prenderti… te, e James. E io avrei perso… tutto, tutto quanto.-

Draco chiuse gli occhi.

Abbracciami, Harry.

- dov’eri. Insomma, dov’eravate…-

- in Scozia.- Harry lasciò che la testa vacillasse all’indietro. – noi stavano quasi all’estremo Nord, mentre i Mangiamorte erano più sparpagliati, avevano preso alcune case isolate, babbane, dove potevano restare, per impedirci di comunicare.-

- quindi quando sei andato a scuola…-

- ho rischiato di brutto, sì. Ma non ero poi molto lontano.-

Draco trasalì. Per qualche ora, lui era stato vicino, tanto vicino da poter prendere una scopa e raggiungerlo. E magari buttarglisi fra le braccia e piangere senza ritegno, come una ragazzina stupida, e poi implorarlo di stare con lui, e con il loro piccolo, umiliarsi e perdere definitivamente qualsiasi traccia di amor proprio, per amore di James, e, maledizione, per amor suo.

Un trillo leggero si diffuse improvvisamente nella stanza, Harry rizzò la schiena, e Draco allungò la mano verso la bacchetta. Un movimento del polso, e il rumore cessò.

- ora della pappa.- spiegò stancamente.

- si sveglia?- Harry scattò in avanti, eccitato, e Draco lesse nei suoi occhi di giovane uomo nient’altro che una speranza genuina, di poter vedere di nuovo il viso di suo figlio.

Si chiese se fosse possibile, al mondo, impedire ad un padre una cosa simile. E ancora di più si chiese se fosse possibile impedirlo ad uno come Harry.

- salgo a prenderlo.- mormorò, atono.

 

 

 

ANGOLINO!

 

Rieccomi, un po’ di ritardo causa studio, e più che altro causa inceppo nel plot… ho avuto un problema su dove ficcare chi, e in che momento! ^__^

 

Un grazie a tutte le povere martiri che continuano im,perterrite a seguirmi, a incoraggiarmi e ad essere dolcissime e fantastiche con me!

Fife, Kitten85, la mia amour Salazar, Michi_chan, zafirya, Lelorinel, Kimmalfoy, Chase, debbie potter, dark011; gosa, true, little star, sara, evanescence88, tuta, nischino11, far, saso, nicodora, amelie elektra.

 

Uhm, e a proposito di un argomento toccato da Kimmalfoy, ma che sono assolutamente certa frulli nella testa di buona parte di voi.

La lemon.

Eh già… tasto dolente.

Dunque, premesso che, rassegnatevi, vi farò SUDARE, anzi, nello specifico farò sudare Harry, prima di permettergli di toccare Draco, francamente non so se in questa fic inserirò una lemon. Non ho ancora scritto nulla in proposito, ma sto pensando ad una soluzione a metà strada, quindi ad una descrizione molto leggera. No, non uccidetemi, cercate di capirmi: una lemon di quelle serie non è assolutamente coerente con il tono della fic, dopo tutti gli accidenti successi, e che capiteranno, non riesco a vedermi Harry e Draco che sfondano letti e tavoli della cucina allegramente, mentre Pansy tiene James…

Chiariamoci, questo non significa che non accadrà niente, eh! Significa solo che IO non vi dirò molto. Mettiamola così, apriremo uno spiffero nella porta della camera e daremo una sbirciatina, niente più…

 

Ma io… voglio una lemon!!! (NdHarry con il lacrimone)

Stai zitto! Non meriti di vivere! (NdTelefono Azzurro e associazioni di genitori varie)

Harry sei il solito porco…- (NdDraco)

Papà, che cos’è una lemon? (NdJames con puntolone di domanda)

Beh, hai presente quando io e papà Draco ti abbiamo fatto nascere? Ecco, in quel caso la lemon non c’entrava proprio niente! (NdHarry in versione padre saggio)

AAAAHHHH!!! Ma vuoi tacere, disgraziato! Niente, tesoro, la lemon è un frutto che nasce sugli alberi, in Sicilia ne hanno tantissimi… e adesso andiamo a giocare, eh? ^___^’ (NdDraco che maledice Harry in quindici lingue)

 

PS

Fra non molto vedremo svelato il primo dei due misteri… Tenetevi pronti, detective!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** questione di scelte ***


James scese le scale in braccio a Draco, e appena furono giunti in fondo, il padre lo poggiò a terra, permettendogli di cammin

James scese le scale in braccio a Draco, e appena furono giunti in fondo, il padre lo poggiò a terra, permettendogli di camminare da solo. Calzava delle piccole babbucce antiscivolo, blu, simili a quelle che si usano anche fra i Babbani, e i suoi capelli scarmigliati gli tempestavano il visino ancora arrossato per il sonno. Harry si alzò in piedi di scatto, in modo quasi solenne, e il piccolo, aggrappato ai pantaloni di Draco, gli rivolse uno sguardo accigliato.

- ciao, James.- sussurrò Harry. – ti ricordi di me?-

- tao.- James aprì e chiuse la manina un paio di volte, come gli aveva insegnato il suo papà, rimanendo prudentemente nascosto dietro la gamba di Draco.

- tesoro…- Draco si abbassò, e lo tirò su in braccio. – hai visto che c’è papà Harry?-

- pa-pa de-di.-

- sì, James.-

Harry si avvicinò di un passo. – non… si lascerà prendere in braccio, vero?- tentò, a labbra strette.

- no.- lo seccò subito Draco.

Harry si lasciò cadere sulla poltrona dietro di sé, sotto gli occhi attenti di James. – vorrei… oddio, vorrei disperatamente poterlo abbracciare.-

- James non ama essere toccato dagli estranei.-

- lo so. Remus me lo ha detto, di quella volta che lo ha preso, e lui ha cominciato a strepitare. Merlino, lui ha tenuto in braccio mio figlio, e io no.-

- questione di scelte. – lo liquidò Malfoy.

- sì. Già.- Harry rinunciò in partenza a discutere di questo. Concentrarsi in modo quasi spasmodico sul corpicino del figlioletto era l’unica cosa che potesse fare, per il momento.

- ha degli occhi bellissimi.- mormorò sottovoce, socchiudendo lentamente le palpebre con fare assorto.

- come?- fece distrattamente Draco, occupato a dare l’ultima aggiustata alla manica della tutina di James, e a sistemargli il bavaglino.

- niente. Ora gli dai da mangiare?-

- mela e zucca frullate. È la sua merenda, a quest’ora deve mangiarla.-

- mela!- esultò James.

- si, tesoro, vuoi la mela? E poi cos’altro ci mettiamo? La zu…-

- tu… tucca.-

Harry sorrise, come un cretino. La voce di James era la cosa più incredibile che avesse mai sentito, vivace e buffa, a tratti persino roca. – non avevo mai sentito parlare un bambino così piccolo.- commentò scioccamente.

- beh, dice qualche nome, e un sacco di sciocchezze. A volte cerca di ripetere ciò che sente, oppure si inventa le parole di sana pianta. Provaci tu a capire che il “bu bum” è il suo pupazzo a forma di cervo. Io ci ho impiegato due settimane.-

- ha un pupazzo a forma di cervo?- Harry aggrottò le sopracciglia.

- il suo preferito. Regalo del tuo amico licantropo.- commentò Draco, didascalico.

Harry ridacchiò bonariamente. – dio, Remus…- mormorò. – non posso crederci che lo abbia fatto sul serio.-

Draco gli rivolse un’occhiata al contempo diffidente e sospettosa, poi infilò la porta della cucina, ed Harry gli si mise rapidamente alle costole. James sembrava un balsamo, per il caratteraccio di Draco. Harry sapeva benissimo che lui avrebbe voluto polverizzarlo, ma davanti al figlio si trasformava, diventava gentile, per finta, certo, solo per non spaventare James, però gli bastava questo. Il sorriso che Draco rivolgeva a James era qualcosa che non aveva mai visto prima, sulle labbra di nessun altro al mondo, ed era, beh… bellissimo. Già.

Draco era bellissimo, e James era bellissimo, e tutto era bellissimo; ma lontano, estraneo, cintato da un muro che lui non sapeva come fare a superare. Negli occhi di Draco vedeva il tremore, e la freddezza di uno che avrebbe fatto di tutto per ostacolarlo, vedeva la determinatezza a tenerlo lontano, nonostante la gelida cortesia, e gli sforzi che faceva per non dare peso alla sua presenza, davanti al bambino. Ecco, forse questa era l’arma più affilata di cui Draco disponeva: renderlo superfluo, invisibile, dimostrargli con una naturalezza disarmante che loro due non avevano bisogno di lui, che Draco era riuscito ad andare avanti, a costruirsi una vita, che non era rimasto seduto su un divano ad aspettare lui. Piccole deformazioni di quando si è troppo abituati ad essere eroi, evidentemente. In quella casa, nessuno era rimasto sveglio ad aspettarlo, nessuno aveva pensato a lui, pregato per il suo ritorno, ed in fondo che senso avrebbe avuto? Sì, James era figlio di entrambi, d’accordo, ma non è che fra lui e Draco ci fosse mai stata una qualche relazione, in precedenza. Anzi, a dirla tutta non era mai nemmeno corso buon sangue, del tutto.

La verità era che se Harry poteva vantare un legame con James, e poteva anche pensare di far valere i suoi diritti in proposito, non c’era nulla che lo univa a Draco, nulla che lo avrebbe autorizzato a stare vicino anche a lui. Era possibile che invece lui volesse il pacchetto completo? La famiglia felice, come Draco la chiamava con tanto veleno? Questione di scelte, aveva ragione lui. Magari avrebbe dovuto rischiare un pochino di più, per comunicare con loro, almeno una lettera, per il giorno del compleanno di James, invece che mandare Remus in avanscoperta, soltanto perché così almeno qualcuno li avrebbe visti, e avrebbe potuto raccontargli qualcosa di più, avrebbe potuto dargli qualche straccio delle notizie di cui era stato tanto avido. “Troppe responsabilità uccidono”, gli aveva detto Hermione, una volta, per tirarlo un po’ su, ma Harry le aveva risposto che avrebbe di gran lunga preferito sfidare biberon e passeggini, che il Signore Oscuro, e per una semplice, banale ragione: almeno quella sarebbe stata una cosa sua, qualcosa di cui si sarebbe assunto ogni responsabilità perché, maledizione, era SUO figlio, era la SUA vita, era qualcosa che aveva voluto, cioè, no, non l’aveva voluto, ma lo voleva adesso, dio, lo voleva adesso con tutte le sue forze. Sentirsi chiamare papà, da quelle piccole labbra Malfoy, guardare il suo bimbo camminare un po’ goffamente, o giocare, o magari combinare qualche pasticcio, doveva essere quella, la sua vita, quello il suo riscatto, quella la sua redenzione.

 

- e dai, James…- Draco scosse la testa rassegnato, quando James respinse per l’ennesima volta il cucchiaino incantato raso di frullato di mela.

Harry inarcò le sopracciglia di scatto, risvegliandosi. - perché non mangia?-

- perché ci sei tu, Potter.-

- io?- Harry si indicò, dubbioso. – ma se non mi muovo nemmeno.-

Draco arricciò il labbro in un’espressione di sufficienza, e di disprezzo. – questo bambino, Potter…- cominciò a sillabare con fare petulante. – è cresciuto da solo, senza nessun tipo di contatto umano che non fossi io, o Pansy, o Blaise. Fai un piccolo sforzo, cerca di immaginare come possa sentirsi, con un estraneo davanti agli occhi.-

Harry assottigliò brevemente le labbra, e si passò la lingua sui denti. – ti stai divertendo, a farmi sentire uno schifo?-

- dio, no. No, Potter, non mi sto divertendo affatto.- gli occhi di Draco fiammeggiarono, e il cucchiaino vibrò, sospeso a mezz’aria. – e tu? Ti sei divertito, a sparire nel nulla per un anno e mezzo, e a lasciare tuo figlio da solo?-

- ma non era tuo figlio, prima?-

Draco scattò in piedi, ed Harry capì che aveva appena detto la cosa in assoluto più sbagliata che si potesse formulare.

-fuori di qui!- gridò Draco, furibondo.

- no. No aspetta, ti prego, mi dispiace…-

- ho detto esci da questa casa, Potter, subito!-

- Draco, ti prego! Non posso farlo!-

James scoppiò a piangere, spaventato, e il viso di Draco tornò immediatamente pallido. – scusa…- sussurrò, tirandolo su dal seggiolone. – scusa tesoro, papà non voleva urlare… shhh…-

- perdonami, non pensavo ciò che ho detto, lo giuro.-

Draco tirò un profondo respiro, ed emerse piano dal nascondiglio che si era scavato dietro al braccio di James. I suoi occhi erano disperatamente lucidi.

- vattene di qui, Harry. Per favore…- mormorò, stringendo i denti per non singhiozzare. – stai facendo solo del male. Tu non sei che un estraneo, qui.-

- non farmi questo, ti prego. - implorò Harry, mestamente.

- dopo tutto ciò che tu hai fatto a me… a noi, Potter, a me e a James… credo sia meglio per tutti che tu te ne vada e che tu non ti faccia mai più vedere. Shhh… no, tesoro non piangere… è passato, papà non lo fa più.-

- io voglio restare qui. Con voi.-

- non puoi farlo. Per favore, solo… vattene…-

Harry socchiuse la bocca, per cercare di dare una risposta. In quel momento lo prese una sorta di frenesia, come il bisogno effettivo di andarsene, ma allo stesso tempo non di andarsene, di restare, però di allontanarsi, allontanarsi non da James, e nemmeno da Draco, solo qualche passo, superare la porta, stare lontano… dalle sue lacrime. – posso vedere la camera di James?- soffiò precipitosamente.

- che cosa?-

L’Auror inspirò, e si preparò a riformulare. - posso salire a vedere la cameretta dove dorme mio figlio, per favore?-

- ma mi senti, quando parlo? Ti ho detto di andartene!-

- non lo farò. Lo sai questo, Draco.-

- dio, Potter, ma come fai ad essere così egoista!-

- perché ho speso la mia vita a fare l’altruista, ecco perché!-

Draco tirò su con il naso, e si incurvò su sé stesso, con il piccolo il braccio. – credi che a tuo figlio faccia bene vederti? Credi che a me faccia bene, vederti? Ho passato gli ultimi due anni a cercare di trovare un equilibrio, maledizione, chi diavolo sei tu per venire qui e spezzarlo!-

- sono il padre di quel bambino, ecco chi sono.-

- non è vero!-

- credevo che avessimo raggiunto una tregua, prima, tu ed io.-

Draco piantò gli occhi addosso al volto dell’ex compagno di scuola. I suoi capelli si erano allungati fino a toccargli il viso, sempre confusi, e spettinati, e i suoi zigomi tendevano la pelle delle guance, soprattutto ora, che aveva la mandibola serrata.

“Tu ed io”, io e te, noi due, Harry e Draco.

Parlava come se loro potessero costituire un qualche nucleo, una simbiosi, parlava di un qualche mito illusorio; parlava, e gli faceva male.

Si rimise seduto su una sedia, lasciando che James si appollaiasse sul tavolo, dietro di lui. - se soltanto tu…- si ritrovò a sospirare. – non rovinassi sempre tutto, con le tue parole.-

- lo so. Mi dispiace, non sono mai stato bravo a dire la cosa giusta.- Harry avanzò di qualche passetto, cautamente. – ma voglio che tu capisca una cosa. Sono pronto ad umiliarmi, Draco, dico davvero. Sono pronto a fare qualsiasi cosa, qualunque cosa al mondo per poter stare con James. – un sospiro corto, di quelli che si fanno quando si prende una decisione. – E per non dover litigare con te. – concluse. Si inginocchiò, con la testa china, proprio come un supplice, davanti alla sedia di Draco, in quella che all’ex Serpeverde sembrò una grottesca scena, di un mendicante, davanti ad un re, oppure un cavaliere che aspettava la sua benedizione, un cavaliere che era tornato dalle sue imprese, che era…

Draco lo realizzò solo in quel momento.

Harry era tornato.

Che cosa questo significasse, beh, era tutta un’altra storia, ma Harry era tornato, non era morto, non era rimasto ucciso dalla guerra, era lì, davanti a lui, e non gliene fregava un accidente che fosse in ginocchio, non era quello che gli interessava.

- se te ne vai di là.- cominciò, altero, gli occhi rigorosamente puntati su James, per non dover guardare lui. – forse James mangerà.-

- d’accordo. Però allora posso salire?-

- l’hai già vista la stanza di James.-

- c’era buio, non ho visto niente. Per favore, in fondo che cosa ti cambia, se sto lì, o in salotto? Prometto che non toccherò niente, che non farò niente, te lo giuro, Draco. Va bene?-

Draco lasciò scivolare la testa all’indietro. – vai.- soffiò.

- vai… vai…- James osservò Harry, e prese a ripetere le parole di Draco, agitando le manine.

- ecco…- Draco scosse la testa, sconfitto.

- grazie.- mormorò Harry, con la speranza dipinta sul volto. – e tu, piccolino… - mormorò in modo assolutamente emozionato. – cerca di mangiare, eh?-

Draco chiuse gli occhi, e non li riaprì nemmeno quando sentì il rumore attutito dei passi ansiosi di Harry sulle scale. – mangerà.- mormorò con la voce impastata. – gli piace tanto, la mela…-

 

 

 

 

ANGOLINO!!!

 

Tesori miei, fra questo cap, il prossimo, e il prossimo di “Ho un problema” sto battendo i record di lunghezza! Mmm, sono stupita da me stessa, devo essere impazzita…

 

Fammi prendere in braccio James, stronza!!! ç___ç (NdHarry)

Sessesse, stai lì e soffri, tu, rovinafamiglie!

Ma se quella è la mia famiglia, come cavolo faccio a rovinarla, cretina! (NdHarry tendente al furioso)

James, ripeti con me: papà Harry è un coglione… (NdDraco padre modello)

Papà Dedy è un cojo… ne. (NdJames che si interroga sul recondito significato di ciò che ha appena detto.)

Aaaah, vi odio tutti! Me la pagherete! (NdHarry)

Ah sì? Guarda, essendo io l’onnipotente autrice, tu prova a minacciarmi di nuovo e io faccio firmare a Pansy le pratiche d’adozione.

Noooo!!! No, aspetta, parliamone! Possiamo discuterne in modo civile!!! (NdHarry che si prostra a terra)

Ecco… così va meglio. Ti avverto, un passo falso, Potter, e faccio apparire a sorpresa Viktor Krum… oh, se lo faccio…

Evviva! ^__^ (NdDraco)

Zitto, tu! Non rivanghiamo faccende dolorose! (NdHarry)

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** la stanza di James ***


Nella luce del giorno, la camera di James sembrava ancora più colorata, e allegra

Nella luce del giorno, la camera di James sembrava ancora più colorata, e allegra. I pupazzi, appoggiati contro una cassapanca, sembravano tutti intenti a guardare il lettino del bimbo. Alcuni si voltarono, appena Harry fu entrato, e lo salutarono agitando le zampe variopinte. Il ragazzo sorrise: non aveva mai visto dei giocattoli incantati, prima di allora.

Ed era vero, in mezzo a loro ce n’era uno a forma di cervo, non troppo grande, con gli occhi neri luminosissimi. Harry si chinò e lo afferrò delicatamente.

- e così… Remus ti ha portato da tuo nipote, eh?- sussurrò con un sorriso. – non credo che tu sia molto orgoglioso di me, ora, vero, papà? Tu hai fatto un lavoro migliore, come me. Non penso che tu te la sia data a gambe levate appena la mamma ti ha detto di me.- il pupazzo rimase a fissarlo, inespressivo, ed Harry decise che tutto sommato non si sentiva troppo patetico, in quel momento, mentre si sedeva a terra e parlava con un peluches. – credi che ora le cose potranno migliorare?- mormorò mestamente, scuotendo appena il pupazzo. – Draco sembra piuttosto agguerrito, e per carità, ha tutte le ragioni. Ma il fatto è che non so come spiegargli che se mi sono comportato così è stato soltanto perché non volevo che James facesse la mia stessa fine. Che altro avrei dovuto fare, papà, portarli tutti e due con me, e metterli in pericolo a quel modo? Se fossi morto, almeno nessuno dei due avrebbe sentito la mia mancanza, almeno avrei saputo che loro sarebbero stati al sicuro. Non te ne faccio una colpa, papà, tu hai combattuto per me, ma la mia vita è stata troppo dura, davvero, senza te e la mamma. Non avrei mai potuto permettere che James fosse condannato allo stesso destino. Almeno Draco ci sarebbe stato sempre, per lui. Io… sto solo cercando delle scuse, vero? Sto solo cercando di smettere di sentirmi in colpa da morire, per aver lasciato Draco da solo, con un figlio da crescere, ed ora non ho nemmeno il coraggio di dirgli che invece mi piacerebbe da morire poter giocare alla famiglia felice con lui, perché credo mi prenderebbe a pugni peggio di ieri sera. Forse tu con la mamma hai avuto meno problemi. Lei non era così testona, e orgogliosa, non ti odiava come lui odia me, e, beh, era una donna, fra l’altro. Già, bell’affare. – Harry si premette il muso del cervo sulla fronte, e se lo picchiettò un paio di volte. – papà aiutami.- soffiò contro la pancia chiara e morbida del pupazzo. – aiutami a capire che cosa provo, aiutami a capire se è… amore, quello che sento per Draco, o se è solo il fatto che amo nostro figlio, o se è gratitudine, o se amo tutti e due, o che diamine mi succede, perché in questo momento sto amando un po’ troppo, per i miei gusti, e ormai ho capito che va sempre a finire male, con queste cose.-

Dopo un minuto abbondante di silenzio, Harry scosse lentamente la testa. – scusami, pupazzetto, ti lascio in pace.- disse con un mezzo sorriso. – grazie per avermi ascoltato.-

Con cura, lo ripose fra gli altri giocattoli. Un orsacchiotto blu si premurò di sistemare per bene il cervo al suo posto, e di lisciagli il pelo, mentre Harry si rialzava, e si rimetteva a curiosare in giro.

Il grosso lampadario era spento, e solo il sole tiepido illuminava le pareti azzurro chiaro della stanza. Harry vide alcuni poster, in cui alcuni animaletti animati si rincorrevano e ruzzolavano nell’erba, poi vide una grande mongolfiera gialla e verde fluttuare pacificamente dentro al suo grande quadro, e infine posò gli occhi su un angolo dov’erano appese diverse fotografie. Stavano sopra ad una cassettiera scura, su cui erano posati altri ritratti, incorniciati. Harry vide James in braccio a Blaise Zabini, piagnucolare e indicare l’obiettivo della macchina. Poi vide una fotografia di un Draco piuttosto infastidito, che faceva segno al fotografo di levarsi dai piedi, mentre con una mano reggeva un biberon mezzo pieno, e con l’altra il figlioletto. In altre due, c’era sempre James: doveva essere piccolissimo, era avvolto in un pagliaccetto chiaro, e sonnecchiava, in braccio a Draco. Harry scorse le foto che ritraevano Pansy, di nuovo Draco, poi Draco e Pansy che si contendevano il bavaglino di James. Sul volto fece capolino un sorriso nostalgico. Si disse che mancava lui, in quelle fotografie. Mancava lui, e si sentiva, era come se in qualche modo aleggiasse un vuoto insistente. Il sorriso, però, si dileguò immediatamente, quando si accorse che due delle fotografie posate al centro del mobile ritraevano… lui.

Lui, durante l’ultimo anno. Trasalì: indossava la divisa da Quiddich, e salutava con un sorriso indulgente l’obiettivo. Le foto per l’album della squadra… nell’altra, invece, indossava l’uniforme, ma la cravatta era allenata, e la camicia un po’ stropicciata. Rideva, cercando di allontanare da sé la macchina fotografica, e rigirandosi con la schiena nell’erba. Quella ci mise un po’ per ricordarsela. Era una foto che gli aveva fatto Hermione, per scherzo, attorno al periodo pasquale. Non perse troppo tempo a chiedersi come mai quelle foto fossero lì, perché alzando gli occhi sugli ingrandimenti appesi al muro, si rese conto di comparire per altre tre volte. In una, volava, sulla scopa, sempre sul campo di Quiddich. Eseguiva un paio di volteggi, poi allungava le mani, e si lanciava verso l’obiettivo, mostrando il boccino fra le dita. Nella seconda, quella al centro, la più grande di tutte, si esibiva in una serie di boccacce, di smorfie buffe, di linguacce, ed infine una gran risata, sicuramente davanti all’obiettivo di Ron. E nella terza, invece, impugnava la bacchetta, e guardava con determinazione davanti a sé. Ad un tratto, scattava in avanti, e lanciava un potente incantesimo. Quella non si era mai accorto che gliel’avessero scattata. Sicuramente doveva essere stata fatta durante la prova finale dell’esame per entrare negli Auror, quando aveva di meglio da pensare, che ad eventuali macchine fotografiche spione.

La sensazione che provò, vedendosi, fu di smarrimento, e di imbarazzo. Le sue foto erano circondate da quelle di Draco, e di James, senza una qualche soluzione di continuità, senza un ordine preciso; spesso lui era diviso da loro soltanto da una cornice sottilissima, chiara. Vi posò sopra una mano, e con le dita congiunse sé stesso con una fotografia di Draco, che mostrava orgogliosamente il figlio, ancora neonato. Sì, mancava lui. Mancava lui, da morire.

- le hai viste…-

Una voce discreta lo sorprese alle spalle, e lo fece sobbalzare. Draco era dietro di lui, appoggiato al muro, e nonostante cercasse di sembrare indifferente, era palesemente imbarazzato.

- ecco come ha fatto a riconoscermi…- Harry aveva ancora la bocca aperta per lo stupore di quella scoperta così immensamente umana.

- non lo so se è per quelle. Sono lì da un po’, e tu sei cambiato. -

Harry si voltò lentamente, molto lentamente, verso di lui - perché…- soffiò, semplicemente.

- perché volevo che ti vedesse. Che sapesse che faccia hai, e chi sei.-

- Draco…-

- no, non serve che mi ringrazi. Non l’ho fatto per te, se è questo che pensi. Anche se non c’eri, so che non odiavi tuo figlio, perciò ho ritenuto che lui dovesse in qualche modo abituarsi alla tua faccia.-

- come te le sei procurate…-

Draco sorrise appena. – tramite Hogwarts. La McGranitt c’è rimasta piuttosto di stucco, quando le ho detto che volevo delle tue fotografie, da poter portare a James. -

Harry fece un passo verso di lui. - oh, Draco…-

Draco si ritrasse, sulla difensiva. - ti ho detto di no. Non serve che mi ringrazi, non mi devi niente. Semplicemente, nonostante tu abbia cercato di cancellare James dalla tua vita, io non ho voluto che lui cancellasse te dalla sua.-

- gli hai parlato di me. Gli hai insegnato… il mio nome. E gli hai pure messo delle mie foto in camera. Draco, dì quello che vuoi, ma io non so come ringraziarti. È come se in qualche modo mi avessi permesso di stargli un po’ vicino.-

- se tu avessi voluto…-

- sì, lo so. Avrei potuto stargli vicino veramente, e basta scuse, basta alibi, non sono qui per prenderti in giro. Perdonami, non sono stato un eroe, lo so. -

- no. Non lo sei stato.-

Harry si morse una guancia, mortificato. Draco lo squadrò ancora per qualche istante, severamente. –Non sei un eroe, Potter. Ti stai dimostrando per ciò che sei. Un uomo.-

Harry sorrise mestamente, e Draco si sentì improvvisamente esausto.

- devo tornare giù, ho lasciato James in salotto.- biascicò.

- ok. Scendo anch’io.-

Draco annuì lentamente, e si trascinò l’ombra di Harry giù per le scale di legno scuro, fino al tappeto dove James era intento a cercare di acchiappare alcuni uccellini di carta magica che svolazzavano qua e là attorno a lui.

- pensi di andartene adesso, Potter?-

Questa volta fu Harry a sentirsi immensamente stanco.

- posso anche andarmene, ma lo sai che tornerò, Draco.-

Draco si accasciò sul divano. – perché… perché ti diverti tanto a farmi del male, eh? Non eri tu quello buono, quello sempre gentile e carino con tutti? Non ero io quello stronzo?-

- via, sai benissimo che non è questa la questione. Non voglio farti male, perché dovrei?-

- non lo so, ma resta il fatto che tu sei qui.-

- e questo è male?-

- lo è, Potter.-

- credevo di ricordare che tu mi volessi qui, presente. Non è di questo che parlammo, prima che James nascesse?-

Draco si morse le guance, e deglutì lentamente, ingoiando la propria saliva e lasciandola scivolare fino al nodo doloroso che gli pulsava nella gola. - certo che volevo che tu fossi presente, ma non così. Non quando pare e piace a te, non quando decidi di fare la tua comparsa, perché ormai non ti resta più niente da fare. Perché, Harry Potter, un mese fa, un anno fa, non eri meno padre di James di quanto tu lo sia adesso.-

Harry fece scroccare le dita della mano destra, con calcolata calma. – dimmi, Malfoy, sei sempre stato così bravo, a pugnalare gli altri con i sensi di colpa?-

- no, Potter. È un’attitudine che ho sviluppato in questi anni, ed è solo grazie a te. Chissà che magari non riesca a farti veramente male, una volta tanto.-

Harry scattò in piedi, e Draco suo malgrado si ritrasse leggermente. - mi stai già facendo male, e io non so più come fare, maledizione, a fartelo capire! Mi hai sconfitto, va bene? Sono io il perdente, sono io il colpevole! Ho sbagliato, Draco, dimmi solo che cosa devo fare!-

- ti sbagli. Sono io lo sconfitto, Potter, io sono quello che ha vissuto nell’ombra il suo inferno, mentre tu eri a combattere la tua guerra.-

- non era la mia guerra, mio Dio, Draco!-

Malfoy agguantò un cuscino, e lo stritolò fra le dita, quando improvvisamente il camino sbuffò, e tossì una vampata di fumo verde.

 

- Draco!-

Un altro sbuffo. Un leggero tonfo, e due voci basse.

- siamo noi!-

- hey, come sta il mio…-

Blaise Zabini si schiantò contro un muro invisibile, esattamente ad un passo dal camino da cui era appena uscito.

- Blaise!- lo rimproverò Pansy, che era riuscita solo per miracolo ad evitare per di finirgli addosso, un istante prima di affacciarsi a sua volta e dare un gemito roco e sorpreso.

Draco, con gli occhi arrossati, ed Harry, stravolto, guardavano Pansy e Blaise, attoniti. Per qualche secondo l’unico a muoversi fu James, che agitava allegramente le gambe, in braccio a Draco.

- che ci fai tu qui.- balbettò Blaise.

Harry chinò lo sguardo.

- Potter, tu…- Pansy prese a scuotere la testa molto lentamente, completamente preda dell’incredulità.

- io…-

- se ne stava andando.- intervenne Draco, con voce scavata.

- no che non me ne stavo andando.-

- ti prego…-

- Draco.- Blaise misurò finalmente un passo in avanti, oltre il muro invisibile che lo aveva bloccato. – va tutto bene?-

- Blaise…-

- ha cercato di…-

- volevo solo vedere mio figlio.- si difese Harry, a mezza voce.

- bene.- Blaise levò di lui uno sguardo davvero impressionante. – l’hai visto. Ora sparisci.-

- non lo farò, Zabini.-

Pansy studiò attentamente Draco, e in silenzio gli si fece vicino.

- seduti, tutti.- disse con voce ferma. – ho l’impressione che sarà una cosa piuttosto lunga.-

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** accusa e difesa ***


Pansy, Draco, Blaise ed Harry si fronteggiavano, letteralmente, nel salotto della casa in cui Draco aveva trascorso gli ultimi due anni della sua vita

Pansy, Draco, Blaise ed Harry si fronteggiavano, letteralmente, nel salotto della casa in cui Draco aveva trascorso gli ultimi due anni della sua vita.

 

- voglio parlare con Draco.- fece Harry, ma Pansy lo fulminò.

- direi che non sei nelle condizioni di dettare ordini, Potter. Parlerai, ma lo farai davanti a noi, se non ti dispiace. Siediti. Blaise, anche tu.-

Blaise rimase piantato sulle sue scarpe, i pugni serrati. Ignorò Pansy, scavalcando la sua testa mora per cercare gli occhi di Malfoy. - Draco, se vuoi che parli a me sta bene. – disse, deciso. – ma se ti fa star male, ti basta una parola, ed eroe del mondo o meno non rimetterà mai più piede in questa casa, parola mia.-

Pansy alzò gli occhi al cielo e si protese in avanti, appoggiandosi alle ginocchia. – Blaise ti ho detto di sederti. – ripeté, dura. – non risolveremo le cose a modo tuo.-

- allora non le risolveremo affatto.- ringhiò Blaise.

Draco scorse i capelli di James, che osservava a turno i presenti, a metà fra il felice ed il curioso. Doveva essere contento di vedere i suoi zii, e i suoi papà, tutti assieme. Draco lo fece mettere comodo, sul suo braccio. Con un po’ di fortuna, e a patto che nessuno si fosse messo a gridare, si sarebbe addormentato, risparmiandosi tutta quella scena. Beato lui, che non percepiva la tensione rovente che aleggiava come uno spettro, fra i divani e le poltrone che ospitavano quel processo improvvisato, e marziale.

 

- posso chiederti, Potter, con che coraggio ti sei presentato qui?- cominciò Pansy, perfettamente tranquilla.

Era fin troppo evidente che il suo scopo non fosse osteggiarlo, ma metterlo sotto pressione. E questo era assolutamente peggio. Lo si sentiva dal tono che usava, un tono aperto ma vibrante, di qualcuno che, semplicemente, vuole vedere fin dove si può arrivare, senza concedere sconti a nessuno. Pansy, in quel momento, era la freddezza, il raziocinio, che Draco non riusciva ad essere.

Harry incassò senza battere ciglio. - con il coraggio della disperazione, Parkinson. Volevo vedere mio figlio.-

- e credi di averne il diritto?- Pansy sfoderò un sorrisetto calmo, ma tagliente. – avanti, Potter, pensi di avere il diritto di vederlo?-

Harry si morse un labbro.

 

Draco pensò che dovesse essere davvero esausto. Era lì da quanto? Qualche ora, più o meno, e in quel tempo loro due non avevano fatto altro che litigare come furie. Per non parlare della sera prima, ovviamente. Harry scoccava continuamente occhiate nervose al figlio, e a lui, come se cercasse in loro un sostegno.

 

Harry sentì la testa vorticare, e la lingua impastarsi.

Non ne poteva più.

Prima Draco, ora questi due, e non erano altro che litigi, non era che un continuo giustificarsi con tutti. Perché, dannazione, gli servivano delle scuse, per poter vedere James? Perché, cazzo, perché si era arrivato a questo? Beh, per colpa sua, ecco perché. Zabini e la Parkinson avevano tutte maledette ragioni di questo mondo, per metterlo alle strette, e in fondo, lo sapeva, volevano soltanto proteggere Draco. Avevano molto più diritto loro, che non lui, a proclamarsi tutori di James.

Cercò James, e poi Draco, con un’occhiata fugace. La sua pace, quel piccolino stretto fra le braccia di un padre che forse, chissà, sarebbe potuto diventare la sua gioia. In quel momento, pace e gioia erano lontane, come se i divani che li separavano fossero stati isole; però guardarli insieme era la sua unica forza.

 

- no.- rispose. - No, Parkinson, non ho il diritto di venire qui a chiedere niente a nessuno. Ma sono qui lo stesso. Perché ho molto da farmi perdonare, e molto da spiegare.-

- già. E noi tutti siamo ansiosi di sapere.-

Harry sospirò, esasperato. – ho rischiato il collo, giorno per giorno, contro Voldemort, ma questo non ha importanza, vero? Questo a voi non interessa!-

- non dire quel nome davanti a James.- soffiò Draco, livido.

Harry lo guardò, e chinò leggermente la testa, in segno di scusa.

- certo che ci interessa, non è di questo che stiamo discutendo…- mediò Pansy, suo malgrado colpita.

Nessuno, né lei, ne Blaise, e tanto meno Draco, potevano pensare di fare i conti con Harry Potter senza fare i conti con l’eroe del mondo magico. Sarebbe stato cento volte più semplice, se si fosse trattato di un bastardo qualunque, del classico vigliacco che non si era più fatto vedere, dopo lo scivolone inaspettato. Invece, dannazione, questo tizio era andato a combattere una guerra, era sparito perché il Signore Oscuro in persona lo aveva incastrato nella sua rete, e costretto a lottare per il bene di tutti.

Blaise si leccò le labbra, con calma calcolata. – per quanto mi riguarda, Potter, prenditi tutti gli onori del caso. Ma resta il fatto che ti sei comportato da bastardo. Nemmeno una parola, un messaggio, niente di niente. E su questo non ci sono attenuanti.-

- una cosa, almeno, la devi ammettere. - gli fece eco Pansy. - questa guerra è stata un pretesto per fingere che James non esistesse, Potter.-

Harry la squadrò con autentico odio. - non ho mai finto che James non esistesse. Da quel giorno, in cui abbiamo dato il sangue. Me ne sono andato con un peso sulla coscienza che voi nemmeno immaginate. Ma ho ringraziato Draco, lo giuro, ogni giorno, perché sapere che James era al sicuro con lui mi dava la forza di lottare. Voi…-

- perché pensi che…-

- zitti.- Harry si limitò a sollevare un dito, ma gli altri tre ammutolirono di colpo. Non che fosse stato minaccioso, o aggressivo. Semplicemente autoritario. – zitti, ora parlo io, se non vi dispiace. Sono pur sempre l’imputato, no?- Riprese Harry, con voce calma. - Sono tornato dalla Scozia osannato come un maledetto eroe, e avete la minima idea di cosa voglia dire essere circondato da gente adorante, e sentirsi uno schifo dentro? Ho cercato per mesi il modo per poter contattare Draco, maledizione, per mesi!-

Stavolta fu il turno di Draco. E fra loro tre, sembrava quello decisamente meno spaventato dall’idea di affrontare Harry. Reminescenze del passato, chissà.- non ci credo. – lo sfidò. - Che problemi avresti avuto a farti dire dove abitavo?-

- tutti i problemi del mondo, ho avuto!- esplose Harry, guardandolo dritto negli occhi e sfidandolo a non credergli. – e lo sai perché? Perché nessuno voleva che io mi scontrassi con te! Perché tutti mi volevano sotto i riflettori, ed ora che era tutto finito non vedevano l’ora di dimenticarsi di te, e di James! E che tu voglia credermi o meno, ti giuro, te lo giuro su tutto quello che ho, che non ho passato un giorno senza pensare a voi, a tutti e due. Non ho passato un giorno senza sperare di poter abbracciare mio figlio, e di poter ringraziare te.-

- posso essere franco, Potter? La mia preoccupazione è soltanto una, in tutta questa faccenda. Anzi no, facciamo due. La prima è che tu non faccia star male Draco, ma spero che tu abbia il buon senso di capire che non ti conviene giocare con tre Serpeverde, ora che non siamo più dei ragazzini. La seconda, quella più delicata, è una questione molto semplice. Che cosa ci garantisce, Potter, che tu sia davvero deciso a restare?- Zabini allargò un braccio sullo schienale del divano, senza mai smettere di guardarlo. – tu non sai niente di tuo figlio, anzi non sai niente di bambini in generale, e se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che essere padre non basta per riuscire a farsi carico di tutto quanto. Perfino a Draco è venuta voglia di scappare, a volte.-

- chiariamo subito una cosa, Potter. – si aggiunse Pansy. – noi non mettiamo in dubbio la tua buona fede. Nemmeno Draco lo fa, credo. Siamo convinti che tu volessi realmente vedere James. Stiamo soltanto cercando di capire se ti rendi conto di ciò che stai chiedendo. Essere Harry Potter può essere sufficiente per battere tutti i nemici di questo mondo, ma ti posso assicurare che non è sufficiente per essere un buon padre. –

Zabini annuì. – specialmente visto tutto ciò che ti sei perso di tuo figlio. – concluse, ed Harry non fu sicuro che con quelle parole lui avesse intenzionalmente voluto ferirlo. Ma in effetti ci era riuscito alla grande.

- ma se saremo in due le cose andranno meglio, non credete?-

Harry rispondeva sempre in modo frettoloso ai due amici, e non era difficile intuire il motivo. Era con Draco che voleva parlare, ed era Draco che guardava, ogni volta che apriva bocca. Fra tutti, era solo del suo giudizio che aveva davvero paura. – so di avere molto da imparare, ma ti prego…-

Draco gli riservò uno sguardo sostenuto e grave. - non puoi permetterti il lusso di decidere di stancartene, prima o poi, e nemmeno quello di non ascoltarlo se piange, o di non stargli dietro ogni secondo della tua vita. Un bambino non è una guerra; quella prima o poi, nel bene o nel male, finisce.-

- io ho visto amici morire, in questa guerra!- scoppiò Harry, impallidendo all’improvviso. – voi… voi non lo sapete! Nessuno di voi lo sa che cosa voleva dire vivere in quel modo, nascosti, tutto il giorno a stendere piani, per poi uscire senza sapere chi sarebbe tornato indietro. Uccidere gente, uccidere persone che conoscevo, e poi gli agguati! Maledizione, c’era gente che usciva per procurare della legna per il camino e non tornava più indietro! Intercettavano le nostre comunicazioni abbattendo tutti gli animali, per poter scoprire dove ci nascondevamo, ci braccavano, giocavano con noi, come se fossimo stati topi, solo perché io non potevo essere ovunque, e ve lo posso garantire, ce l’hanno messa tutta per cercare di farmi impazzire. C’erano volte in cui ci attiravano in mezzo ai boschi soltanto perché ritrovassimo i sacchi con dentro i corpi dei nostri compagni, o di babbani innocenti fatti a pezzi! È così che ho ritrovato Ginny Weasley, così che l’ha rivista suo fratello!- 

- basta.- Draco si strinse al grembo la testolina di James e gli tappò le orecchie. – basta, non una parola di più su queste cose.-

Harry sospirò, e si arrese. – d’accordo. Va bene, basta così, hai ragione. Signori, non sono qui per ricattarvi sfruttando il sacrificio di chi è morto. Ma voglio soltanto che voi riconosciate almeno questo. Non me ne sono andato perché avevo paura, e non ti ho lasciato da solo, Draco, per andarmene da qualche parte a fare una gita di piacere. Vi ho lasciati qui perché mio figlio queste cose le dovesse solo sentire, e non vedere. E anche tu. Non ti sarebbe piaciuto vedere com’è tornato indietro Seamus Finnigan, una volta. Mi dispiace di non essere stato con te, ma sono stato messo davanti ad una scelta. Spero che almeno questo tu lo possa capire, se poi non vorrai perdonarmi, sarò io a capire te. Quello che…-

- Potter…-

Harry sollevò di nuovo la mano in un cenno risoluto. – quello che volevo dire, e poi giuro che me ne starò zitto, è che tutti e due abbiamo vissuto il nostro inferno. Non credi che almeno questo potrebbe essere un buon punto di partenza su cui costruire qualcosa?-

- costruire…?-

Draco arrossì furiosamente, e anche Pansy e Blaise rimasero a guardare Harry con gli occhi sgranati.

- intendo…- si corresse subito lui. – costruire un buon rapporto, raggiungere la pace. Per James, almeno. Provare ad andare d’accordo, io non ti chiedo molto. Soltanto di poter vedere James, di poter stare con lui, e di poter fare una buona chiacchierata con te, magari.-

- Draco…- intervenne Pansy, mentre Blaise si era trincerato in un silenzio ostinato. – hai ascoltato le sue ragioni?-

- l’ho sentito.- mugugnò Draco.

- vuoi dire le tue, ora?-

- le sa già.-

- sì, le so. E le capisco. Hai tutte le ragioni del mondo per avercela con me, hai tutte le ragioni per muovermi le accuse che mi hai mosso, non finirò mai di ripetertelo. Ma Draco, non credi che abbiamo già sofferto abbastanza, tutti e due?-

- sì.- mormorò appena Draco. – abbiamo decisamente sofferto abbastanza.-

Harry decise di giocarsela. Il tutto per tutto. - puoi perdonarmi, Draco?- azzardò.

Gli occhi di Blaise e Pansy corsero sul loro amico, rannicchiato sulla poltrona con James assopito in braccio.

- non lo so.- rispose flebilmente.

Pansy scorse fino a lui, attenta a non svegliare il piccolo addormentato. – prenditi il tuo tempo.- disse dolcemente.

- sì.-

Harry arricciò leggermente le labbra. Doveva ammettere di non essersi aspettato un sì. Non subito, in effetti. Andava bene così. Andava bene essere arrivati ad una sorta di tregua, almeno.

 

Non c’era molto altro da aggiungere, il processo poteva dirsi concluso. Blaise sembrava a metà fra l’amareggiato e il sereno, e continuava a tenere i suoi occhi diffidenti puntati su Harry, senza tregua, come se si aspettasse di strappargli una confessione, un qualche segreto, da un momento all’altro. Pensava a Draco, evidentemente, e a tutte le possibili conseguenze di ciò che inevitabilmente, bastava guardarlo negli occhi per capirlo, prima o poi sarebbe successo.

- Potter… dove vivi ora?- domandò con indifferenza.

- dalle parti del Ministero. Ho un appartamento.-

- vivi con qualcuno?-

- no, da solo.-

Blaise intrecciò le dita delle mani, ostentando la sua calma.- stai con qualcuno?-

Harry sollevò di scatto lo sguardo, e incrociò quello di Zabini, calcolatore. Capì dove voleva andare a parare. E la cosa lo fece arrossire.

- no, non sto con nessuno, Zabini.-

- Blaise lascia stare. Dai, andiamo.- lo richiamò Pansy, sospirando.

- andate via?- fece Draco all’improvviso, la tensione della sua voce fin troppo riconoscibile.

Pansy si strinse nelle spalle. – pensavo che voleste parlare ancora un po’ fra di voi, senza che Blaise cominciasse ad intromettersi. – disse con noncuranza. - vuoi che restiamo?-

- no. No, non importa.-

Blaise grugnì leggermente. - se vuoi Potter viene via con noi, ti lasciamo riposare un po’.-

- non fa niente Blaise. Questo se ne va quando vuole lui, tanto.-

 

Pansy sorrise debolmente, toccò appena la testina di James, e si avviò. Draco li guardò sparire dietro la nube verde della metropolvere, e sospirò.

Harry non diceva niente, sembrava concentrato a fissare il vuoto davanti a sé, e James dormiva tranquillo.

Troppo silenzio, che Draco cercò di riempire con altri sospiri impazienti.

Con gli occhi chiusi, James assomigliava ad Harry ancora di più, ed era bello sentirlo respirare con un ronzio leggero sul braccio. Talmente bello che Draco decise di cedere altro terreno della sua trincea, in nome di una pace forse fittizia, ma voluta disperatamente da tutti.

In fondo Harry quel giorno ce l’aveva messa davvero tutta, doveva riconoscerlo. Un piccolo passo doveva farlo anche lui.

- vieni qui, Harry.- disse sottovoce.

Harry si alzò, le sopracciglia inarcate in un’espressione di attesa e di sorpresa. Si sedette vicino a lui, e gli sorrise un po’, non trovando in realtà molto altro da fare, in quella situazione.

Fu un momento.

Draco si sollevò con attenzione, e un istante dopo Harry si ritrovò il figlio fra le braccia. Guardò Draco con gli occhi sgranati dall’emozione e dallo stupore, ma Draco teneva i suoi prudentemente bassi, ed Harry capì.

Con Draco bisognava fare un passetto alla volta.

Mosse prudentemente una mano su James, che continuava a riposare tranquillo, ignaro del cambio di posizione. Aveva le labbra lucide, e leggermente aperte, e pesava pochissimo, nonostante i vestitini pesanti. Aveva una mano aperta e una chiusa, e un’espressione imbronciata che Harry pensò dovesse essere appartenuta anche a lui, molto tempo prima. Gli toccò la manina aperta, e il viso, con un bisogno, un desiderio a malapena controllato. Posò la mano sul suo torace e stette a sentire il suo respiro, incantato dal miracolo che quel bimbo era, anche solo per il semplice fatto che respirasse. Gli piegò persino una gamba, e poi si decise a lasciarlo dormire in pace.

- mio dio.- soffiò, guardando Draco. – è questo che si prova tenendo in braccio il proprio figlio?-

- già-

Harry gli afferrò gentilmente una mano, e lo attirò un pochino. Draco si irrigidì di colpo, diventando rosso come il fuoco, e poi sentì Harry guidargli la mano sul suo cuore.

Batteva forte. Fortissimo.

Draco boccheggiò.

- lo senti?- chiese Harry quietamente. Lo stava guardando dritto negli occhi, si aspettava davvero una risposta, la sua non era una domanda retorica, e Draco riuscì ad annuire.

- Ora mi credi, Draco, se ti dico che non me ne andrò?-

Draco soffocò un singhiozzo. Il cuore di Harry batteva sotto al suo palmo, e lui non aveva mai creduto così tanto alle parole di qualcuno, in vita sua. Non esisteva niente di più sincero, in quel momento,

- Draco, non sono mai stato così incredibilmente emozionato, in vita mia. Avere James in braccio, io… non so spiegare.-

Draco sorrise. – lo so. Nemmeno io sapevo spiegare, all’inizio.- disse, tirandosi su appena. Non aveva un obiettivo preciso, in realtà, probabilmente voleva solo trovare una posizione meno schiacciata contro il divano, ora che era libero dal peso di James, ma il braccio di Harry si sollevò, dal gomito, in un invito silenzioso, e senza dire nulla lui si appoggiò al suo petto, poco sopra alle loro mani ancora intrecciate.

Non provava nulla, niente di niente. Solo un vuoto caldo e rassicurante, e l’odore di Harry non aveva un nome, come non ce l’aveva il mezzo abbraccio che lo racchiudeva come un guscio.

Finalmente.

Socchiuse gli occhi, e cercò di guardare Harry. Teneva gli occhi chiusi, un braccio attorno a lui e l’altra mano su James.

Gli occhi chiusi, e l’espressione più calma del mondo. Come se non avesse potuto chiedere di meglio, come se la sua vita fosse tutta lì, su quel divano.

Beh, Draco non poteva sapere se Harry pensasse questo, ma per quanto lo riguardava, la sua, di vita, in quel momento era davvero tutta su quel divano.

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Scusate, posso distruggere un po’ l’atmosfera generale?

Ho scritto questo capitolo con metà canzoni di Britney Spears nelle orecchie.

Sissignore, e no, non sono impazzita, qualcuno di voi sa anche il perché sto facendo questo sacrificio enorme… Ad ogni modo, mentre scrivevo le frasi cercavo di formare qualche posizione decente per il braccio sinistro e per la gamba destra, mi sono storta un ginocchio, dannazione a Draco… oltre a saltellare in giro per la casa in pantajazz, ma qui mi fermo, perché la cosa diventa seriamente penosa…

 

Ecco, grazie, arriva a rovinare il mio momento di gloria! (NdHarry furioso)

Coma sarebbe a dire momento di gloria! Guarda che io avevo solo freddo, non farti strane idee! (NdDraco super sostenuto)

ZZZzzzzZzzzzZZzzzZZZ (NdJames che se la dorme bellamente)

Ma crepa, Malfoy, perché mi dovete per forza tarpare le ali tutti quanti! (NdHarry con tanto di broncio)

Attento a te, Potter, che se mi tratti male Draco io tiro fuori dal cilindro uno dei miei Jolly! Uhm chi preferisci, Flitt o Krum?

Li preferisco tutti e due. MOOOOORTIIIII!!!!! ( NdHarry, pazzo assassino)

Ma la motosega da dove caspio la tira fuori ogni volta??!? (NdMondo)

 

PS: tranquilla Marty, per finita intendo che è già tutta scritta, ovviamente ora è questione di pubblicare il tutto, e c’è ancora un saaaacco… ^___^

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** voglio mostrarti una cosa ***


VOGLIO MOSTRARTI UNA COSA

Era quasi incredibile credere a come le cose potessero cambiare in un lampo. Harry e Draco lo scoprirono sulla loro stessa pelle.

Erno passate soltanto un paio di settimane da quel giorno, ed Harry sembrava un’altra persona, ora che sapeva di potersi presentare a casa di Draco senza più dover temere una sua aggressione. C’erano volte in cui la tensione fra di loro tornava a farsi sentire, ma Draco aveva perso la voglia di fare del male ad Harry, ed Harry, lasciato libero di essere sé stesso, era tornato ad essere la persona meravigliosa che era sempre stata.

 

- vieni qui. Voglio mostrarti una cosa.- disse quel giorno, un pomeriggio tranquillo e piuttosto freddino, sulle soglie di ottobre. Draco scoccò un’occhiata a James, che si era appisolato sul seggiolone, e per un momento valutò l’idea di tirarlo fuori di lì prima che gli venisse male alla schiena.

Si strinse nelle spalle, ed ammise con sé stesso che era troppo buffo, per non goderselo, finchè dormiva. Probabilmente gli avrebbe scattato un foto.

Così, si sedette accanto ad Harry, che continuava a battere la mano sul divano per mettergli fretta.

 

Da quel giorno dell’abbraccio, non si erano più toccati. Ma per Draco non c’era niente di più bello che sapere di poterlo fare, se lo voleva. E lo avrebbe voluto, se solo ogni volta non si fosse sentito uno stupido.

 

Harry frugò nella tasca dei pantaloni, estrasse la mano, e gli mostrò un biglietto stropicciato, e piuttosto vecchio, che aprì sotto ai suoi occhi.

Draco trasalì.

 

14/4/1999

James Draco è nato.

Volevo solo che tu lo sapessi.

Draco.

 

- l’ho conservato.- spiegò Harry, imbarazzato. – era tutto ciò che avevo, di James. L’ho sempre tenuto con me, in ogni momento, come un talismano.-

- lo vedo. Sembra una pergamena antica, ormai.-

- già. Stavo pensando di incorniciarlo e appenderlo in soggiorno.- Harry sorrise, perso nei suoi pensieri. – ci tengo così tanto, a questo foglietto. Mio dio, è stato il mio unico compagno, per un anno intero, e più.-

- “grazie per avermi avvisato, e per averlo chiamato James.” – recitò Draco, in risposta. - Me lo ricordo ancora, il tuo messaggio, anche se l’ho bruciato.-

Harry si passò le mani fra i capelli, nervosamente. Annuì, forse solo per segnalare che lo ricordava anche lui.

- era tutto lì quello che avevi da dire su tuo figlio, Harry?- proseguì Draco, atono.

- no. Certo che no. Ma non potevo farlo. E in fondo non me la sentivo. Avrei voluto scriverti che ero felice, che provavo un’emozione stranissima, che mi sarebbe piaciuto poter venire a vederlo, poterlo prendere in braccio. Ma che dovevo fare? Avrei solo complicato le cose, facendo promesse che non avrei potuto mantenere. E poi era troppo pericoloso. Qualcuno avrebbe potuto scoprirlo, se il mio messaggio fosse stato intercettato non avreste avuto scampo.-

- sì. Sì, lo so.- Draco sospirò, e si rigirò fra le mani il suo foglietto. – mi dispiace. Continuo a farti sempre le stesse domande, ad accusarti delle stesse cose. -

- non fa niente. Ti capisco benissimo, e credimi, mi sono odiato anch’io, tante volte, per ciò che ti avevo fatto. Soprattutto all’inizio. Poi, beh… poi la guerra si è portata via quasi tutto il mio tempo, e i miei pensieri più belli. Come un Dissennatore; un lungo, infinito bacio mortale, che si ripeteva giorno dopo giorno.-

Draco annuì mestamente. – mi dispiace. Per tutto quanto quello che ti è successo. Scusa se non te l’ho detto prima, se ho fatto l’indifferente. So che hai perso molte persone care.-

Harry riprese il biglietto dalle mani di Draco, lo osservò con attenzione, e se lo rimise in tasca, dopo averlo piegato con una cura quasi maniacale.

– avevo questo.- mormorò, con un sorriso dolceamaro. – almeno, avevo questo. E poi ora so di aver ritrovato due delle persone più importanti.-

Draco avvampò. – due…?- squittì.

Harry sorrise, senza guardarlo negli occhi.

- pa-pà!- James prese a sbracciarsi dal seggiolone, riportando entrambi alla realtà. Era sveglio e arzillo come non mai, così Draco andò a recuperarlo, gli levò il bavaglino e lo fece accomodare in mezzo a loro.

- pa-pà, accio bu bum!-

Harry inarcò un sopracciglio. – che ha detto?-

- vuole che gli prenda il suo pupazzo.- spiegò Draco ridacchiando. – ogni volta dice “accio” invece di “prendi”, perché ha capito che è il modo per richiamare le cose.-

- oh, ma sei furbissimo, tu!- Harry scompigliò i capelli di James, mentre Draco agguantava al volo il cervo di peluche del figlio, appena volato giù dalla sua cameretta.

James si pigiò le manine sulla testa, e parve accigliarsi un po’. Osservò con straordinaria attenzione Harry, o meglio, la sua testa. E poi Draco.

La sua bocca formò una piccola “o” curiosa, mentre il piccolo si tirava in piedi, e si arrampicava addosso a Draco. – pa-pà Daco… tole!- disse, afferrando a piene mani i capelli di Draco.

- ahi… sì James, il sole, ma non mi tirare i capelli.- protestò Draco, liberandosi a fatica della presa del piccolo, che però sembrava lungi dall’aver terminato il suo oscuro lavoro. Lasciò perdere Draco, barcollò verso Harry, e gli si fermò sulle ginocchia.

- che fa?- domandò Harry, tenendo prudentemente le mani dietro alla schiena di James, perché non scivolasse all’indietro.

- ha la mania dei capelli. – Draco si strinse nelle spalle. – a me li tocca sempre, e da quando gli ho spiegato che sono chiari come il sole, ha deciso che evidentemente io devo avere un sole in testa. -

- tato.- esordì James, indicando Harry.

Le labbra di Harry tremarono appena, in un sorriso mesto.

Draco lo guardò, e sospirò. - oh, avanti. Lo sai come si chiama lui, non fare il timido.- incoraggiò James.

Harry lo improvvisamente animato da un’ombra di speranza persino infantile. – ti ricordi come mi chiamo io, James?-

- pa-pà.-

- e poi?-

James aggrottò la fronte. - pa-pà Dedy.-

Harry rabbrividì, di un brivido caldo e avvolgente. Con tutto il suo cuore sperò che James capisse davvero il significato delle parole che diceva, perché sentirsi chiamare “papà” da lui era la sensazione più strabiliante ed appagante che lui avesse mai provato.

Le manine del piccolo si insinuarono sulla testa di Harry, e tironarono con poca gentilezza anche i suoi capelli.

- ahio, piccolo.-

- pa-pà Dedy… James!- James si premette di nuovo le mani sulla testa, identica a quella di Harry. – e… e… tia Pa-ty. E… tio Bes.-

- ma che spirito di osservazione. – ironizzò Draco.

Harry ghignò, ed annuì all’indirizzo di James. – hai i capelli come i miei, eh, campione? -

Draco si strinse nelle spalle. - sono l’unico biondo di famiglia. -

 

James sembrava assolutamente affascinato da tutte le stranezze della faccia del genitore. Piazzò con decisione le manine sugli occhiali di Harry, glieli levò, e cominciò a tirare le asticelle da tutte le parti.

- no, gli occhiali di papà no.- intervenne Harry, ma prima di riuscire a levarglieli dalle mani, James se li era già ficcati sulla faccia, e le lenti gli dovevano aver procurato una vertigine, perché il piccolo strizzò gli occhi e cadde indietro sul divano, dritto sul sederino. Arricciò tutte le labbra, infastidito, e lasciò andare con un gesto seccato (incredibilmente Malfoy, pensò Harry con un sorriso) gli occhiali, che Harry riuscì fortunatamente ad acchiappare al volo.

- hai visto?- lo rimproverò Draco. – non si toccano le cose degli altri in quel modo!-

- naaaa!- protestò James, deciso più che mai a perpetuare i suoi misteriosi scopi.

Rifiutò la mano di Draco come se fosse stata un’offesa personale alla sua capacità deambulatoria, si tirò di nuovo in piedi tutto da solo, afferrò il suo pupazzo, rimasto di fianco al genitore, e tornò sulle ginocchia di Harry.

- bu bum.- annunciò solennemente, offrendogli il peluche.

- si chiama bu bum, il tuo cervo?- gli chiese Harry, regalando all’animale uno sguardo nostalgico, e affettuoso.

- bu bum. – asserì James, e lo protese ancora di più verso Harry.

- Oh. Vuoi che lo tenga io?- Harry cercò l’aiuto di Draco, che accennò al peluches con il mento e sorrise appena.

Harry prese il pupazzo dalla mano di James, e lo osservò con attenzione.

– un giorno…- mormorò appena, vago. – ti racconterò una bella storia, su un cervo. Si chiamava proprio come te.- 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Passo dopo passo ***


Harry continuò a tornare, praticamente ogni giorno, e Draco ormai si era abituato a vederselo comparire davanti, dal camino, con un sorrisone raggiante sul volto

Harry continuò a tornare, praticamente ogni giorno, e Draco ormai poteva dire di essersi abituato a vederselo comparire davanti, quasi ogni pomeriggio, dal camino, con un sorrisone raggiante sul volto.

E così, giorno dopo giorno, il tempo si sbloccò, riprese a scorrere, andando ad accumularsi alle spalle dei due, in settimane, e poi in mesi, in cui accadde di tutto, e non accadde niente. Harry e Draco mantenevano una distanza formale, minima, necessaria giusto per non trovarsi ad arrossire. Distanza che, in verità, Harry cercava di tanto in tanto di sfondare. Ma la mano di Draco, le sue labbra, il suo sorriso labile, erano sempre un soffio più in là di lui, ed Harry sapeva che forzare qualsiasi cosa, con lui avrebbe significato distruggere il lavoro di ore passate assieme a chiacchierare, a scoprirsi amici per forza, e per davvero. Nemmeno sapeva dire, in verità, che cosa provasse per Draco. Evidentemente Bu Bum non aveva ancora risposto alle domande che gli aveva fatto tempo prima. Più di una volta, guardando Draco trafficare in cucina per fare un tea, oppure standolo a sentire mentre raccontava a James la storia di qualche grande mago, Harry si era detto che probabilmente suo padre si sarebbe preso gioco della sua confusione restandosene sornionamente zitto, proprio come quel pupazzo.

 

James intanto cresceva, si faceva più solido sulle gambine, più sicuro nel parlare, nel comporre i suoi primi discorsi, ingenui e incredibilmente saggi, logici e sinceri in modo assolutamente disarmante. Sembrava enormemente interessato a quello strano ragazzo moro, che un bel giorno era comparso dal nulla, e che sembrava venisse a cercare proprio lui. Lo studiava, ogni volta che lo vedeva, smetteva persino di pasticciare con la mela frullata, per starlo a guardare, ed Harry si sentiva investito dalle mille domande che i suoi occhietti azzurro fumo parevano volergli rivolgere. Domande a cui Harry ancora non era pronto a dare una risposta.

E tutta via, ormai aveva deciso di tentare ancora una volta di mettere una gamba davanti all’altra, per compiere un passo in avanti, uno in più.

 

- Sai…- disse quasi per caso, in un pomeriggio domenicale, mentre se ne stava a guardare James seduto sul tappeto, che lanciava gridolini deliziati e giocava con il suo pupazzo nuovo a forma di drago. Draco sollevò gli occhi dalla Gazzetta, e lo squadrò, interrogativo.

- Ti somiglia molto.- fece il moro, leggermente imbarazzato. - Ha gli occhi uguali ai tuoi, identici.-

Draco si diede rapidamente dello stupido. Per un secondo, avvertì più che chiaramente che le guance gli stavano diventando scandalosamente rosse.

- Beh… ma che mi dici dei capelli, allora? – cercò di scherzare. – Sono la mia condanna,  ogni volta che cerco di pettinarglieli.-

Harry rise.

Rise, e in quel sorriso, Draco riconobbe James, come per tante volte, in James aveva riconosciuto Harry. – Già. – proclamò fieramente. - Altro che Marchio Nero, questo è Marchio Potter. Mi dispiace, ma i tuoi capelli da angioletto non potevano sperare di competere. –

- Oh, io non sarei così fiero di quella testa incasinata, fossi in te! Sembri uno che non ha mai sentito nominare la parola “pettine” in vita sua.-

- E chi ti dice che l’abbia mai sentita, infatti?- Harry assunse un’espressione sorniona che non convinse affatto Draco.

- Bah, ma che schifo!-

- E dai, non metterti a fare lo stronzetto, come a scuola.-

Draco arrossì tutto di colpo, talmente violentemente che Harry ebbe paura di aver appena scatenato una delle sue scenate. Pregò che non fosse così, di tutto cuore. Era esausto di litigare, ormai, e poi parlare con Draco, scherzare con lui, era così appagante, così rilassante, che la prospettiva di un altro cambio di rotta, dopo tutta la fatica fatta, lo sfiancava.

– Non dire parolacce!- sbraitò invece Draco, accigliandosi. – non lo vedi che James sta imparando a parlare? Vuoi che cominci a ripetere parolacce? –

- Scusa, scusa…- fece Harry, alzando le mani e ridacchiando. Probabilmente non si era mai sentito tanto sollevato in vita sua.

- Mi rovini il lavoro.- sbuffò Malfoy.- Sono persino riuscito ad eliminare la parola “cazzo”, e tutti i suoi derivati dal vocabolario di Blaise, e non è stato affatto facile!-

- Ci credo!- Harry rise ancora di più. – Beh, ad ogni modo, direi che hai fatto un ottimo lavoro.-

Draco sollevò il naso. – Sì, lo so.- gongolò un po’, compiaciuto.

- No, intendo… in generale. Per tutto. – Harry si strinse le mani sulle ginocchia. – Con James hai fatto davvero uno splendido lavoro.-

Draco scoccò a Harry la sua peggior occhiata diffidente. – Beh? Dove stai cercando di andare a parare, Potter?- domandò, circospetto.

- Perché?-

- Perché è tutto il pomeriggio che mi aduli sfacciatamente. E questo mi puzza…-

Harry fece un sorrisetto nervoso.- Sagace, Malfoy, come sempre. – disse, a disagio. – Beh, senti, questo è il punto. Ci penso da un po’, in realtà, da un paio di mesi, almeno. Mi chiedevo se non vorresti venire da me, con James. Nei week end, pensavo.-

Draco posò di colpo il giornale, e lo squadrò con gli occhi sbarrati.

- E’ che  pensavo…- continuò Harry, sforzandosi in modo evidente di mantenere un tono colloquiale. – Che io vengo spesso qui, e non è che mi dispiaccia. Ma voi due siete venuti solo un paio volte, da me, per poche ore, e a me farebbe piacere che James restasse di più a casa mia. Non ci metto nulla, ad arredargli una cameretta, e naturalmente puoi venire anche tu, è chiaro. Così, insomma, magari si ferma anche la notte… non è un problema, per me, anzi…-

- Stai cercando di ottenere qualcosa tipo un… affido?- Domandò Draco, con voce pericolosamente incrinata.

- Sto solo cercando di stare più tempo con James.- sospirò Harry, sentendo di nuovo tirare brutta aria, e questa volta seriamente.

- Stammi a sentire, Potter.- scandì Malfoy, per tutta risposta. - Io ti sto lasciando vedere tuo figlio praticamente quando vuoi. Non ti ho mai detto di no, mi pare, e decisamente mi sto comportando in modo esemplare. Ma non abusare della mia pazienza.-

- Non voglio abusare di niente. Te lo giuro, Draco. È che… vorrei sentirmi un po’ più dentro la vita del piccolo. Fra due mesi compirà due anni…-

- Lo so. L’anno scorso c’ero solo io, a festeggiarlo.-

Harry chinò il capo. – Mi dispiace- mormorò, sconfitto.

- Non fai che ripeterlo, da quando sei tornato, e sono mesi, ormai. Harry, io apprezzo il fatto che tu ti faccia vivo, sul serio. Però questo bambino non è figlio tuo.-

- E quando lo sarà?- gemette Harry. – Draco, per favore! Continui a farmi sentire un estraneo, continui ad erigere barriere, fra me e voi! Io voglio solo poter recuperare il tempo che ho perso, poter riparare al danno, in qualche modo, perché non vuoi credermi?-

Draco si oscurò.

– Mi ha fatto… male, vederti andare via, Potter, che tu ci creda o no. – scandì. -  Mi ha fatto male essere stato solo, quel giorno, a prendere James, e mi ha fatto male che tu non fossi lì a firmare i documenti con me. Non ti ho mai chiesto nulla, per me, non voglio nulla da te, per quanto mi riguarda puoi avere la tua vita. Ma nulla, Harry James Potter, nulla, nemmeno una guerra, può essere una giustificazione per fingere che tuo figlio non esista.-

Harry si portò le mani sulla faccia. - Non dire così, ti prego. Lo sai che non è vero, ho sempre pensato a voi, tutte le volte che potevo.-

- Avresti potuto…-

- Avrei potuto fare molte cose, sì. Lo so. Avrei potuto almeno scriverti, qualche volta, trovare il modo per comunicare con te. Era pericoloso, Draco.-

- No. Se tu avessi continuato a mandarmi gufi, senza sapere dove abitavo, o se mi avessi detto di non mandarti mai fotografie, in modo da non poter conoscere l’aspetto di James…-

- Non sarebbe stato sufficiente!- Harry gesticolò animatamente. – Draco, un po’ di Legilimanzia, e avrebbero saputo che abbiamo un figlio, che sta con te, e che è suo il sangue che ha salvato tante vite! Non ti sembra sufficiente? Mi è costato le pene dell’inferno, allenarmi a dovervi obliviare, per non correre rischi, chiedilo ad Hermione, se non mi credi, è lei che mi ha aiutato con l’Occlumanzia!-

Draco sospirò, rassegnato.

- Draco…- Harry azzardò a muovere una mano verso di lui. – Credimi, ti prego. Non voglio venderti bugie, e non sono un bastardo che viene e va quando vuole. Mi sembra di avertelo dimostrato. Hey, sono un perfettino Grifondoro, no? Voglio bene a James, gliene voglio da sempre. E gliene voglio di più, infinitamente di più, da quando l’ho potuto conoscere. Voglio esserci davvero, voglio poter essere d’aiuto, e voglio che anche tu sappia di poter contare su di me, per qualsiasi cosa. Voglio essere una certezza, per tutti e due.-

- Harry…-

- Non mandarmi via, Draco. – Harry giunse mollemente le mani davanti al suo volto, e Draco realizzò quanto fosse strano vederlo così. - Non dirmi di no. Ti prego.-

Draco chiuse gli occhi, e si lasciò andare sullo schienale del divano. – Lo sapevo. Lo sapevo già. – mormorò amaramente.

- Che cosa?-

- Che ti avrei detto di sì.-

 

E dicendo quel piccolo sì, Draco aveva quasi fatto pace con sé stesso. O meglio, con la prospettiva che le cose, fra lui, Harry e James, stessero cambiando, e che lui non potesse fare obiettivamente niente per fermarle. Si augurò soltanto che qualsiasi cosa sarebbe stata, d’allora in avanti, comprendesse in fatto che James stesse sempre assieme al suo eroico padre.

 

*          *          *

 

L’eroico padre in questione, in effetti, cominciò subito a dar prova di quanto lui e Draco avrebbero fatto fatica, e quanto si sarebbero divertiti, in fondo, a gestire l’educazione di un bimbo insieme. Forse era la distensione, la pace, forse era per la voglia che tutti e due avevano di sentirsi ancora un po’ bambini a loro volta. Fatto stava, che i vecchi Grifondoro e Serpeverde riemergevano sempre più spesso, a punzecchiarsi, come se in tempo avesse subito una strana contrazione, e loro si fossero improvvisamente trovati ad essere di nuovo i ragazzi di sempre.

Con in più, u bimbo in mezzo.

 

- Harry…- il viso di Draco era straordinariamente pallido, e le sue guance tese in uno spasmo. – Harry mettilo giù immediatamente.-

- ma dai, quante storie!- rispose Harry, allegramente, puntando i piedi a terra e saltellando appena, in sella alla firebolt.

- ti… vieto di farlo volare, mi hai capito, Potter?-

- sei un noioso. Solo un giretto, avanti! Si divertirà.-

- no, si ammazzerà! Non puoi tenerlo in braccio e guidare la Firebolt nello stesso momento!-

Harry esibì un sorrisetto compiaciuto. – ti ricordo che stai parlando con il miglior Cercatore della storia di Grifondoro…-

- come se bisognasse andarne orgogliosi, eh? Tuo figlio non è un Boccino, per la miseria! Harry smetti subito si saltellare! Se… se prendi quota giuro che…-

- che vuoi fare, abbattermi a Schiantesimi?-

- non mi tentare.-

- papà!!!- James si agitò in braccio ad Harry, e gli rivolse uno sguardo eccitato. – papà più su, più su!-

- Draco non vuole che andiamo più su…- sbuffò Harry, continuando ad ondeggiare ad un piede o due da terra.

- no, papà!!! Dai!!!-

- non si può…- Harry, facendo finta di niente, inclinò leggermente il capo, schioccò la lingua, ed ammiccò, ma Draco lo intercettò in pieno.

- Potter non farlo.- minacciò.

- non corro.-

- non ci provare! Non ci pensare nemmeno, sai?-

- fai ciao a papà Draco, James!-

Con un soffio sordo la Firebolt decollò, accompagnata da un gridolino eccitato di James, e da un gemito terrorizzato di Draco.

Harry mantenne la promessa, e non corse.

Beh, non troppo.

Sorvolò alcune case, salutando i vicini che si affacciavano, poi regalò a James una mezza picchiata su un laghetto, che scatenò la fuga di un piccolo stormo di anatre. James si teneva stretto al braccio di Harry, e gridava come un matto, si agitava, rideva a più non posso, ed Harry provò la sensazione di libertà, e di responsabilità, e di follia, e di amore, più intensa e incredibile di tutta la sua vita. Virò con decisione verso casa, sorridendo appena, quando vide Draco immobile dove lo aveva lasciato, le braccia incrociate sul petto e un paio d’occhi assolutamente assassini.

- Potter!- ruggì, ancora prima che Harry assicurasse i piedi a terra. – tu sei il padre più disgraziato, irresponsabile e… e… idiota del pianeta!-

- oh, avanti… è tutto intero, non vedi?-

Draco strappò James dalle braccia di Harry, riuscendo a trattenerne a stento l’entusiasmo.

- e tu piantala di ridacchiare, mi hai capito, piccolo delinquente? Sei peggio di tuo padre, ecco cosa sei!- lo minacciò, senza successo.

- ma dai, Draco! Si è divertito! Tuo padre non ti ci portava mai, sulla scopa?-

- mio padre ha avuto il buon senso di aspettare che io fossi abbastanza grande per potermi almeno reggere al manico!-

- ecco, male! Bisogna cominciare subito, finchè sono piccoli, così poi si appassionano, no? Non vedi com’è contento? Dovresti provare anche tu a farti un bel giro con James, ti divertiresti un sacco!-

- annodati la lingua, perché stai dicendo solo un mucchio di stupidaggini!-

Harry fece spallucce. – bah. Se tuo padre ti avesse portato a volare di più a quest’ora saresti meno acido.- mugugnò.

- che cos’hai detto, Potter?-

Harry si irrigidì di scatto. – niente!- proclamò ad occhi sbarrati.

- ripetilo, se hai il coraggio.-

- ma no, non ho detto niente, di… ahi! Ahi, no, l’Incendio no! Ahi, no, Malfoy, questa fa male!!!-

Harry cominciò a caracollare in giro per il giardino, inseguito dalle scintille e dalle fiammate della bacchetta di Draco, mentre James, indifferente al tutto, cercava una posiziona comoda per appisolarsi in braccio al genitore. Per quel giorno le emozioni potevano anche bastare.

 

 

 

 

ANGOLINO!

Vi informo soltanto di una cosuccia, anzi due… Il prossimo aggiornamento non arriverà prima di venerdì prossimo, causa problemi tecnici di lontananza dal PC!

Inoltre per Natale ho scritto una shot, in cui comparirà il nostro James, assieme ovviamente ad Harry, a Draco, e a molti altri personaggi di HP e ad una deliziosa cuginetta, proprietà di Nonna Minerva, e della sua bellissima “I’ll be home for Christmas”, che, detto fra noi, non potete perdervi; ve lo garantisco io, che pur essendo una irriducibile slasher ho amato moltissimo questa Remus/Tonks!

Insomma, consideratela come una piccola appendice, non un Missing Moment, perché non avrà a che fare con la trama della nostra storia, pur richiamandola; semplicemente una cosa che, se amate Fathers, e le performance di James, spero possa piacervi! Verrà postata il 24/12, con ogni probabilità!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Tille ***


Draco ed Harry stavano seduti sul divano della casa che l’ex Grifondoro aveva comprato, poco distante dal Ministero, nel cuore della Londra magica, a ragionevole distanza l’uno dall’altro

Draco ed Harry stavano seduti sul divano della casa che l’ex Grifondoro aveva comprato, poco distante dal Ministero, nel cuore della Londra magica, a ragionevole distanza l’uno dall’altro. James aveva portato con sé alcuni giocattoli, altri ne aveva a casa di Harry, ed in quel momento se ne stava raggomitolato sul tappeto, con gli occhietti sbarrati, cercando di seguire i movimenti della sua trottola incantata.

- Dovrebbe dormire un’oretta. – osservò Draco. – Altrimenti stasera sarà nervoso.-

- Vuoi che lo porti di là?- propose Harry, accennando alla cameretta che aveva fatto arredare proprio di fianco alla sua stanza, sacrificando con estremo piacere una stanza degli ospiti.

Draco si rivolse all’indietro, per cercare l’orologio a muro e consultare l’ora, ma proprio in quel momento un frastuono sordo attirò di nuovo la sua attenzione.

Alcuni dei libri sistemati sui grandi scaffali in legno della libreria di Harry, di fianco al televisore, cominciarono a fluttuare in aria, in circolo, aprendosi e chiudendosi confusamente, come animati di vita propria e presero a roteare vorticosamente su sé stessi, sopra la testa di James.

Harry scattò immediatamente in piedi, la mano sulla bacchetta e lo sguardo allarmato, ma Draco lo prevenne, ed afferrò James, tirandoselo in braccio pochi istanti prima che i libri crollassero tutti insieme sul tappeto, inanimati. Harry, ancora alzato, abbassò su di lui il suo sguardo teso, per poi rivolgerlo a tutto l’ambiente circostante, scansionandolo letteralmente.

- Non c’è nessun pericolo.- lo tranquillizzò Draco. - James, stai bene? Fammi vedere… non ti sei fatto niente, vero?-

James si agitò infastidito, sulle sue ginocchia, spazientito ed evidentemente sano come un pesce.

- No, no! Papà, giù, giù!-

- Ora ti metto giù. Fammi vedere le manine.-

Harry si accucciò vicino a loro, senza sedersi. - Draco, che succede.- insistette, per nulla intenzionato a calmarsi.

Draco rimise il figlioletto a terra, e si strinse nelle spalle.

– E’ magia spontanea. – spiegò, fissando davanti a sé. – Bisogna stare attenti, non è ancora in grado di controllarsi. -

Le sopracciglia di Harry scattarono in un moto di stupore. - Vuoi dire che è stato James a far sollevare i libri?-

Draco si limitò ad annuire. - Esatto. È normale che succeda, tutti i maghi, persino quelli mezzosangue, manifestano i loro poteri, prima o poi. James ha cominciato quando ancora non parlava. Di solito gli capita se è teso, oppure molto concentrato. Vedi? – con il mento indicò gli occhietti attenti di James, ipnotizzati dalla trottola. – Non mettere a posto i libri, probabilmente lo farà di nuovo.-

- Capisco. – Harry si grattò il mento, pensieroso. – Ma non è pericoloso? -

- Oh sì, lo è. – asserì Draco, rabbuiato. – Ma non ci si può fare nulla. Si può soltanto aspettare che impari a controllarsi crescendo, e tenere gli occhi aperti nel frattempo. -

- Ma non c’è un modo per contenere queste cose? – Harry si rimise appoggiato sullo schienale, mantenendo però su James uno sguardo attento, come illuminato da una nuova consapevolezza. – Voglio dire, anche a me capitava di fare “cose” senza rendermene conto, ma in qualche modo riuscivo a gestirlo. -

- Perché a te è successo quando eri già più grande. James nemmeno si rende conto, di far succedere “cose”, come dici tu. Te l’ho detto, è stato incredibilmente precoce, alla sua età soltanto una minuscola percentuale di maghi manifesta i suoi poteri, e nessuno, che io sappia, li aveva mai manifestati ancora prima di iniziare a parlare. – Draco sorrise, di un sorriso esitante che non convinse affatto Harry. – Quello che a noi hanno insegnato a fatica, lui lo fa spontaneamente. Controlla la magia con il pensiero, non ha bisogno di formule. Credo che lui possa fare tutto ciò che vuole, in realtà. -

- Ma questo significa che potrebbe scagliare anatemi senza accorgersene? – sbottò Harry, allarmato.

Draco gli rivolse un’occhiataccia. – No, non può farlo. Un incantesimo bisogna conoscerlo, per poterlo applicare. Lui fa quello che vede fare a me, o a te, ma non può immaginare cose che non ha mai visto, ed io non ho mai scagliato anatemi di nessun genere, in sua presenza. Sarebbe davvero troppo pericoloso, se lui imparasse a riprodurre anche solo un semplice Schiantesimo. -

Harry annuì assorto. – E quindi niente, non c’è modo… – insistette.

Draco scrollò brevemente le spalle. - Esiste soltanto un modo per stimare la sua potenza. Al San Mungo fanno un piccolo esame, una specie di prova per vedere quando sia intensa la magia spontanea. Io da piccolo la feci. –

- Scommetto che eri un maghetto in gamba, da piccolo. – disse Harry, teneramente.

Draco accennò ad un sorriso. Il fatto che Harry toccasse qualcosa di così intimo, come la sua infanzia, legandola in qualche modo a quella di James, lo lusingava e lo imbarazzava.

- Io ero molto più grande di lui. E ciò nonostante probabilmente non reggerei il confronto.-

- Perché non gliel’hai mai fatto fare? -

- Perché non è obbligatorio, e io non credo di aver bisogno di sentirmi dire che mio figlio è potente. Lo so, lo vedo. -

Harry annuì. - Capisco. -

Draco ruotò la testa verso di lui. – Capisci?- fece, francamente sorpreso.

- Sì, capisco. – rispose Harry, con un mezzo sorriso. – Nemmeno io voglio che James diventi un nuovo caso, un nuovo fenomeno come me, solo perché è più potente. -

Draco boccheggiò come un pesce, allibito. Harry aveva incredibilmente colto nel segno, e lui poteva dire di sentire una sensazione di meraviglioso sollievo, per questo. Con il tempo, aveva imparato ad averne abbastanza, di eroi.

 

*          *          *

 

Harry rabbrividì, nel suo maglione di lana, spesso ma non troppo. L’inverno sembrava aver deciso di concentrare tutte le sue forze proprio ora che invece avrebbe dovuto se non altro cominciare ad allentare la sua morsa, nonostante febbraio fosse una data francamente ancora troppo ottimistica per sperare in un po’ di calore. Il piccolo parco dietro casa di Draco era quasi deserto, ma il piccolo aveva tanto insistito per poter uscire un po’, e Draco, come al solito, non se l’era sentita di dirgli di no.

- James, tesoro, con chi parli?-

- Lascialo. – lo liquidò Draco, ridacchiando. – Starà facendo uno dei suoi discorsi alle papere, o a qualche albero. Diventa sempre più loquace. - 

- Uhm. – Harry torse il busto a fatica sulla panchina, inquadrò il figlioletto chinato a terra, dietro di loro, tutto assorto nella sua conversazione, e decise che qualcosa non gli tornava.

Si alzò, lasciando Draco a leggersi il suo giornale in tutta tranquillità, e gli si chinò di fianco facendo attenzione a non spaventarlo.

- Con chi parli, tesoro?- ripeté dolcemente.

- Pesso! – fece James, rivolgendogli uno sguardo accorato. – Ha pesso la mamma!-

Harry trasalì.

Proprio davanti a James, c’era una piccola biscia color terra, tutta raggomitolata. Sembrava piuttosto piccola, e decisamente spaventata.

- James, tu… parlavi con il serpente? -

- Ti! -

- Capisci che cosa ti dice?-

James squadrò il genitore come se la sua fosse stata la domanda più stupida del mondo.

- Ti! Pesso!-

Harry annuì. Non era sicuro di ciò che stava provando in quel momento, ma istintivamente si rivolse al serpentello.

- Sei di queste parti? - 

- Sssssì. -

- E’ vero che ti sei perso? -

- Sssssì, non riessssco a trovare la mia tana. -

- Glielo hai detto tu a mio figlio, di esserti perso? -

- Sssssì… Lui mi ha chiessssto chi fossssi. -

- Ho capito. -

Harry si rimise in piedi, superò James, e scavalcò la biscia. – Seguitemi. Ora cerchiamo la tua tana.- disse in Serpentese, e James gli si mise subito alle calcagna, tutto eccitato.

 

Harry ci mise poco a risolvere il caso della tana smarrita, con enorme soddisfazione di James, che salutò la piccola biscia con tanti “ciao ciao!”, ma questo di certo non risolveva il suo, di caso.

James capiva i serpenti, e i serpenti capivano lui.

Rettilofono.

Chissà come l’avrebbe presa Draco.

 

*          *          *

 

Draco la prese nel modo più singolare. Quando Harry finì di raccontargli l’accaduto, si limitò ad annuire, concentrato, ed infine a richiamare James, e a metterlo sul passeggino.

- Domani lo porto al San Mungo. – mormorò, con un ché di mesto nella voce.

- Al San Mungo? – Harry scoccò un’occhiata al figlioletto. – Vuoi dire che gli farai fare quell’esame? -

Draco si ostinò a guardare dritto davanti a sé, e ad assentire vagamente. – A questo punto voglio sapere fin dove arriva il potere di questo bambino. – disse, rigidamente, preoccupato in modo ineluttabile.

Harry e Draco cominciarono a camminare verso casa, in silenzio, per un po’.

– Lo sapevamo che James sarebbe stato potente. Ce lo avevano detto fin dall’inizio, no? – Esordì alla fine Harry, a mezza voce, per spezzare il silenzio.

- Sì, lo so. -

- E allora che cosa ti ha fatto cambiare idea, Draco? Il fatto che sia un rettilofono, come me? ti fa paura?-

- No, non è questo. – Draco sbuffò, nervoso. – Ho soltanto paura che tutto il suo potere sia troppo da gestire, per lui. Ho paura che si faccia del male, ecco tutto. Ho paura di distrarmi un attimo, ho paura di non poter avere sempre gli occhi addosso a lui, e lo hai visto anche tu, no? Finché non sarà abbastanza grande da controllarsi, la magia sarà un pericolo, per lui. -

- Mi hai detto che però al San Mungo non possono farci niente. -

- Lo so, ma non mi importa. Voglio almeno illudermi di avere in mano la situazione. -

Draco posò la mano sulla serratura del cancelletto che portava alla sua palazzina, ed Harry rimase indietro.

- Mi passi a chiamare? – fece, tenendo James mentre Draco rimpiccioliva magicamente il passeggino. – Vorrei venirci anche io, se si può. -

 

*          *          *

 

La camera dove Harry e Draco vennero condotti era diversa da tutti gli altri ambulatori del San Mungo. Draco stringeva James fra le braccia con un po’ troppa forza, ma il piccolo non sembrava intenzionato a ribellarsi. Nemmeno a lui piaceva quell’ambiente candido, freddo, troppo calmo. Harry camminava davanti a loro, guardandosi nervosamente attorno, come cercando di memorizzare ogni dettaglio di quella stanzetta, di cercare un qualche indizio, un segno sulle pareti color latte. Come sempre, quando si trattava di esibirsi in pubblico, si era lisciato la frangia sulla fronte, per nascondere la cicatrice, e si era costretto ad infilarsi un paio di lenti babbane che gli aveva procurato Hermione, per cercare di rendersi meno riconoscibile. Draco aveva sghignazzato dei suoi occhi rossi lungo tutto il corridoio, mentre James era sembrato assolutamente destabilizzato dall’aspetto del genitore, e parecchio deluso per la mancanza degli occhiali.

La corpulenta infermiera che li aveva condotti lì armeggiò con uno strano apparecchio squadrato, che svelò una sorta di barra, simile ad una bacchetta, ma di metallo.

- Come ti chiami, piccolino?- chiese, con il tono di chi era abituato a trattare con i bambini da anni.

James le rivolse uno sguardo affatto convinto, e per tutta risposta si abbracciò forte al collo di Draco, e si aggrappò ai suoi capelli.

- Shhh… - fece lui, picchiettandogli la schiena. – Perché non rispondi, eh? Su, dille come ti chiami.-

La donna sorrise, e fece segno di lasciar stare. Draco posò il piccolo su una seggiola stranamente piccola, protetta sul davanti da un’ampia tavola di legno chiaro.

- Non ti faccio niente, caro, non devi aver paura. – fece l’infermiera, sorridendogli con la sua bocca pienotta, mentre gli sistemava di fronte lo strano apparecchio con la bacchetta. – Mi serve solo che tu stringa forte questa barra, va bene? -

- Non fa male, James, non temere. – lo incoraggiò Draco, chinandosi di fianco a lui. – L’ho fatto anche io, sai? Quando ero piccolo come te. Devi solo tenere questa, forte forte, hai capito?-

- Papà… - piagnucolò James, agitato.

- Papà rimane qui con te, tesoro, non ti preoccupare. -

Harry raggiunse James sull’altro lato della sedia, e lo affiancò a sua volta. – Hey, campione. – disse scompigliandogli i capelli. – Facciamo un gioco, vuoi? Perché non fai finta che questo sia il manico della scopa di papà? –

Draco si affacciò oltre al figlio e rivolse ad Harry uno sguardo stupito, ma James sembrò effettivamente esitare un po’ .

- La copa? -

- La scopa, tesoro. È come la scopa di papà, non c’è niente di cui aver paura. -

Finalmente James mise le manine sulla barra di metallo, e dopo un attimo di esitazione la strinse. L’infermiera annuì, puntò la bacchetta contro le lampade, che subito cominciarono ad emettere una luce bluastra e debole, lasciando tutti nella semioscurità.

- Papà!-

- Siamo qui, James, non aver paura. Fra poco si riaccende la luce, tranquillo. -

Harry vide l’infermiera toccare una delle estremità della barra che James stringeva con la bacchetta, e poco dopo lo strumento iniziò a colorarsi di un rosso incandescente.

- Si sta scaldando? – domandò allarmato.

- No. – ridacchiò la donna. – Questa barra incantata è in grado di catalizzare la magia spontanea. È il piccolo che la colora di rosso. Ora si formerà un alone attorno alle sue mani, e staremo a vedere quanto sarà intenso.

- Io la feci diventare verde. – brontolò Draco, amareggiato.

La luce incandescente si accumulò attorno alle manine di James, che improvvisamente sembrava essere più affascinato che spaventato da ciò che stava succedendo.

- Ooooh. – pigolò, mentre l’energia cominciava a prendere forma in quelle che sembravano lingue di fuoco.

Draco sorrise, gonfiandosi di orgoglio, quando il nucleo di magia, che lentamente si gonfiava, superò il limite che aveva raggiunto lui, illuminando la faccia di James, e rimandando mille riflessi sulle pareti della stanza.

- Tille! Tille! Titille!- esclamò James, eccitato, e improvvisamente l’alone cominciò a crescere in modo esponenziale, tanto da sembrare che minacciasse di esplodere. Sia Draco che Harry vennero letteralmente sbalzati via dall’irruenza della forza magica, e tutti gli oggetti, i tavolini, le altre sedie disposte nella sala presero ad agitarsi come impazzite, a vorticare su sé stesse, a tremare e a levarsi in volo.

- Impossibile.- soffiò l’infermiera, atterrita.

- James, lascia andare! – gridò Draco, fra gli stridii degli oggetti che cozzavano contro le pareti e che strisciavano lungo il pavimento.

- James, basta! – lo affiancò Harry.

James si imbronciò, deluso, e lasciò andare la barra. Immediatamente l’alone magico svanì, i mobili e i piccoli oggetti, volati ovunque, tornarono al loro posto, e Draco, Harry e la donna poterono rialzarsi.

- James. – Draco si avventò sul figlioletto, lo sollevò dalla sedia e prese ad accarezzargli convulsamente il volto. – James, stai bene? Tesoro mio, piccolo… stai bene, è tutto a posto? -

- Hai vitto le tille papà! – gridò lui, battendogli sulla spalla i pugnetti eccitati. – Hai vitto, hai vitto, le tille!-

- Sì. – lo accontentò Draco, sospirando di sollievo. – Hai fatto tante scintille, eh, tesoro? -

- Quel bambino è un prodigio. – affermò con forza l’infermiera, che per tutto il tempo non aveva levato gli occhi di dosso a James. – Parola mia, mai visto nulla di simile. -

Harry le rivolse un’occhiata esitante, che lei interpretò come una sorta di invito a continuare. – Il Ministero deve sapere. – disse annuendo decisamente.

- No, il Ministero non ne saprà niente. – mormorò Harry, freddo.

La donna lo guardò, a metà fra lo stupito e l’incredulo. – Ma dico, lo ha visto con i suoi occhi, no? Senta, mi dia retta, nessuno, nemmeno un mago adulto sarebbe in grado di fare una cosa simile. Nemmeno voi-sapete-chi era tanto potente!-

- Può darsi. Resta il fatto che non mi interessa. -

- Abbiamo interrotto la prova! – continuò ad insistere lei. – Per l’amor del cielo, chissà cosa sarebbe arrivato a fare se non lo aveste fermato! Quanti anni ha? -

- Quasi due. -

- Quasi… Oh. Oh, per la barba di tutti i profeti. – l’infermiera cominciò a guardare James con autentica reverenza. – Quel bambino è un fenomeno. Ve lo dico io, un portento, una cosa mai vista prima. -

Draco rimise a James il suo cappottino, con studiata lentezza. – E’ solo un bambino. – scandì. – Soltanto un bimbo. -

 

Draco firmò i documenti necessari senza aggiungere una parola, senza rispondere ad alcuna domanda, ed uscì, raggiungendo Harry, che lo aspettava con James per mano.

- Mi dispiace. – mormorò solamente.

- Per cosa? -

- Sapevo che sarebbe andata così. Non dovevo fargli fare questo esame. -

- Non è vero. Hai fatto bene, era giusto cercare di capire. – Harry gli sorrise, sincero e rassicurante, come sempre.

– Il nostro bambino è speciale. – disse, e Draco sentì che in quello “speciale” Harry aveva sottinteso un’intimità affettuosa, tutta paterna. James non era speciale perché era potente; era speciale per loro, perché era il loro piccolo.

- Sai che ti dico? – Harry acchiappò James per le braccia e se lo accomodò sulla spalla. – Stasera venite a cena da me. E se tu fai il bravo campione, papà Harry ti compra le patatine fritte. -

Draco alzò gli occhi al cielo un attimo di troppo, perché quando li riabbassò Harry aveva già cominciato a correre, con James aggrappato ai capelli.

- Harry, le patatine no! Hey! Hey, Potter, mi hai sentito? -

 

 

 

ANGOLINO!

Di nuovo, scusate se non ho tempo per ringraziare tutti quanti, purtroppo sono sempre in giro, non riesco ad accedere decentemente al pc… Grazie comunque a tutti quanti, davvero di cuore… Ora la fic prenderà molto presto una piega spero inaspettata, vedrete. Spero vi piacerà!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Innamorarsi a San Valentino ***


Diagon Alley era animata da una folla colorata e piuttosto frettolosa di maghi e streghe, quasi tutte coppie, e la cosa non stupiva poi più di tanto, se si calcolava che ormai San Valentino era alle porte

Diagon Alley era animata da una folla colorata e piuttosto frettolosa di maghi e streghe, quasi tutte coppie, e la cosa non stupiva poi più di tanto, se si calcolava che ormai San Valentino era alle porte.

 

Draco si sentiva stranamente teso, e non certo a causa di una sciocca festività: era la prima volta che portava James a passeggio assieme ad Harry a Diagon Alley, come una specie di coppia. In un certo senso, si poteva quasi interpretare come una sorta di ammissione di fronte alla comunità magica che, sì, lui ed Harry Potter avevano effettivamente un pargoletto.

Diagon Alley non era come il parco babbano che avevano frequentato fino a quel momento. Lì la gente li conosceva, ed anche se la questione di James era rimasta segreta, non ci voleva molto a capire che in molti li guardavano, e si chiedevano perché Draco Malfoy camminasse assieme ad Harry Potter; e soprattutto chi fosse quel bambino moretto che agitava allegramente le gambine nel passeggino. James fissava stupito tutti gli altri bimbi che incrociava, oppure indicava gli animali a guinzaglio dei loro padroni, le luci dei negozi, e tutta la confusione che vedeva, così diversa da quella del parco giochi dove di solito andava a giocare, e tentava di dare un nome a tutto. Harry camminava un passo dietro a Draco, guardandosi distrattamente attorno a sua volta. Volle passare davanti al negozio di Olivander, per essere certo che fosse vera la voce che avesse riaperto, dopo la guerra, e quando si ritrovarono davanti alla gelateria di Florian, insistette tantissimo per sedersi a prendere un gelato per James, nonostante il freddo. Draco impazzì, per evitare che il piccolo si impiastricciasse tutto, ma James sembrava francamente troppo entusiasta per darsi pena di non sporcarsi, e così l’unica soluzione possibile fu un vigoroso Gratta e Netta contro il cioccolato, il caramello, la vaniglia e le noccioline che si erano riversate un po’ dovunque.

Quando finalmente il maglioncino a righe verdi di James fu tornato del suo colore originale, Draco lo rimise nel passeggino, e con esemplare incuranza si infilò le mani in tasca. Harry gli scoccò uno sguardo interrogativo, a cui lui rispose con un cenno nervoso del mento.

- Puoi spingerlo tu, se vuoi.-

Harry sbarrò gli occhi. – Dici davvero?-

- Sì. Fai pure.-

Harry fissò su di lui i suoi occhi incredibilmente limpidi e grati, e Draco arrossì, e scosse la testa, come a voler dire “non fa niente”.

Non era capitato molto spesso di uscire insieme, in effetti. Di solito si stava a casa dell’uno o dell’altro, soprattutto per il freddo pungente della stagione, ma anche le volte in cui erano usciti a fare una passeggiata, rigorosamente nei dintorni babbani, era sempre stato Draco a spingere il passeggino di James, ed Harry non si era mai permesso di obiettare. Era uno di quei muri che ancora rimanevano fra di loro, un gradino in più da fare, un modo per Draco di affermare la sua superiorità come padre, la sua importanza maggiore nella loro piccola scala familiare.

Harry afferrò le maniglie del passeggino con la piena consapevolezza che Draco aveva fatto un gesto davvero importante, che gli aveva messo fra le mani una responsabilità tangibile, vera, e che lui lo avrebbe ripagato della sua fiducia, in qualche modo, ce l’avrebbe messa tutta per dimostrargli quanto meritava tutto questo.

E così Draco camminò per un po’ di fianco ad Harry, che armeggiava con il passeggino, buffamente inesperto. Dopo una decina di minuti Harry si arrese ai dossi, agli scalini e alle curve strette, e riconsegnò le manopole alle mani più competenti di Draco, con un sorriso talmente felice da renderlo persino infantile. Avevano appena ricominciato a camminare, quando una voce squillante li sorprese alle spalle.

 

- Signor Potter!- chiamò a gran voce un uomo con un cappello colorato in testa, e l’aria piuttosto trafelata, seguito da altri due uomini, e da due donne.

Harry si voltò, e le sue sopracciglia fremettero appena. – Ministro Lowerton.- mormorò cortesemente. – Signora Lowerton, signora Wharrel. Signori.-

- Che piacere incontrarla da queste parti!- proseguì una delle due donne, sorridendo con tutti i denti che aveva. – Stavamo giusto constatando quanto sia rifiorita Diagon Alley, in quest’ultimo anno. Oh, è magnifico, semplicemente magnifico essere tornati alla vita di sempre. -

Lowerton annuì, e si fregò le mani, ed Harry sorrise a malapena. – Sì, l’ho notato. Mi fa piacere vedere che molti negozi abbiano riaperto.-

James si voltò verso Draco, e sbuffò, infastidito per quell’arresto improvviso. Draco gli rivolse un sorriso paziente, e solo in quel momento il piccolo gruppo si accorse di loro due.

- Oh, ma lui è…-

Harry si morse rapidamente il labbro inferiore. – Draco, il Ministro Lowerton e sua moglie.- recitò con una certa insofferenza. – E i signori, che lavorano al Ministero.-

- Molto piacere. –

- Lui è Draco Malfoy.- concluse Harry con un sospiro.

- Lieto di conoscerla, signor Malfoy.- fece Lowerton, fin troppo gioviale, e per di più con gli occhi puntanti da tutt’altra parte. – E quindi questo piccolino deve essere…-

- Per la miseria, sì, è proprio lui!- la moglie del Ministro, una donna elegante e piuttosto in carne, si chinò davanti alla carrozzina, a poco più di una spanna da James.

-… Mio figlio James Draco.- Draco vide la mandibola di Harry serrarsi, e cercò il suo sguardo, confuso, ma in cambio ricevette soltanto un cenno di non fare nulla.

- Il bambino dal sangue d’oro.- mormorò Lowerton, ammirato, e subito uno degli uomini che lo accompagnava si sporse, per osservare più da vicino il piccolo.

- Non ha il sangue d’oro, Ministro.- sibilò Harry, ma nessuno pareva più interessato a lui, ormai.

- Si diceva persino che fosse una leggenda. – commentò quella che doveva essere la signora Wharrel, accigliata.

- Ma allora è vero… il bimbo il cui sangue ha sconfitto ogni maledizione.- 

- Sì, è con il suo sangue che abbiamo vinto la guerra.-

- Il bambino più potente del mondo…-

 

Un mormorio sommesso si levò nel gruppetto di uomini, un mormorio che, evidentemente stava mandando Harry su tutte le furie.

- Ora basta.- scandì, freddo.

Il Ministro Lowerton gli riservò un’occhiata stupita, a cui Harry rispose con uno sguardo di fuoco.

– Questo non è il bambino dal sangue d’oro, né il bambino che ha vinto la guerra, né niente del genere. Si chiama James Draco, ed è un bambino come tutti gli altri, e io non permetterò che diventi come me, che diventi il nuovo Bambino Sopravvissuto, o cose simili.-

- Via, crede davvero che il figlio di Harry Potter non sia destinato ad una giusta fama?- fece la moglie del Ministro, conciliante.

Ma Harry fulminò anche lei.- Giusta fama? Oh, non tollererò che gli venga fatto ciò che è stato fatto a me. Nessuno metterà mio figlio sotto i riflettori, e nessuno lo farà diventare una celebrità, glielo posso garantire.-

- Ma signor Potter, suo figlio è probabilmente il mago più potente che sia mai venuto al mondo!-

- Allora vorrà dire che lo dimostrerà quando sarà il momento, e che deciderà da solo che cosa fare della sua vita, quando sarà abbastanza grande per farlo.-

- Ma…-

- Niente ma. L’ho detto e lo ripeto: non permetterò che James diventi un altro eroe involontario della politica del Ministero. Questa volta avete un padre, anzi due, con cui fare i conti. – Harry rivolse le spalle al gruppo di uomini con una sfacciataggine che strappò un gridolino scandalizzato ad una delle due donne. - Andiamo, Draco. Signori, arrivederci.-

Draco seguì Harry che si allontanava a passo di marcia, come un automa, a bocca aperta. Persino James sembrava in qualche modo colpito, ed assolutamente ammirato, dal cipiglio del padre.

 

*          *          *

 

- Harry…- Draco si passò rapidamente la lingua sul labbro inferiore, prima di parlare. La strada di ritorno da Diagon Alley stava costeggiando il laghetto del parco dove Draco portava sempre James, e che il piccolo, che ora camminava tenendo la mano di Draco, conosceva ormai bene. - Va tutto bene?-

- Sì.- soffiò Harry, lo sguardo fisso in avanti, continuando a spingere il passeggino vuoto. – Tutto a posto. -

- Sei sicuro?-

Harry buttò un’occhiata ad una panchina, sulla riva del laghetto, la indicò con il mento, e vi si sedette.

- Domani mi troverò una nota di demerito, sono pronto a scommetterci.- sbuffò.

- Perché hai reagito a quel modo, con il Ministro?-

- Perché ne ho piene le tasche, di Ministri.- Harry abbandonò la testa all’indietro, mettendo in risalto il pomo d’Adamo, che saliva e scendeva quietamente, ad ogni parola. – La mia vita è stata un inferno, un vero inferno. Mi sono dovuto fare carico giorno dopo giorno di un nome, e di una fama, che non volevo, che non ho mai voluto, e non c’è mai stato nessuno, a parte Silente, che abbia mai potuto proteggermi da tutto questo. Non permetterò che a James succeda la stessa cosa.-

- Ma James ha noi. Non è solo.-

- Sì, lo so.- Harry sorrise appena, e per un momento i suoi occhi brillarono di un sollievo autentico. – Tu sei d’accordo con me?-

Draco scoccò un’occhiata al figlio, raggomitolato a terra, tutto impegnato a giocare con dei sassi, che cercava ostinatamente di incastrare fra loro. – Certo che sono d’accordo. Hey, non sei l’unico che si è dovuto trascinare dietro il suo nome per una vita. Io alla sua età ero già vestito da signore, dovevo stare composto a tavola, e farmi ritrarre in braccio a mia madre, e non ho mai voluto questo, per James.-

- Perché no? – Harry gli rivolse uno sguardo genuinamente curioso. – Perché non ne hai fatto un perfetto Malfoy, invece che lasciarlo crescere come un bambino normale? -

Draco stirò l’angolo sinistro della bocca, stancamente. – Perché non ho un buon ricordo della mia infanzia. Troppi soldi, sempre, e mai un gesto di affetto. Mia madre si preoccupava solo che io vestissi della seta migliore, mio padre che fossi un perfetto damerino da presentare ai suoi amici altolocati, ed io mi sono perso troppe cose. –

Di nuovo, Draco posò il suo sguardo su James, luminoso, caldo, come se avesse voluto abbracciarlo con gli occhi. – Quando ho visto James, quando me lo hanno messo fra le braccia, mi sono detto che non si può pensare di allevare un figlio così, che non si può privare una creatura così piccola, così spontanea, di un abbraccio. Quando ho visto quanto bisogno lui avesse di me, di suo padre, quanto bisogno avesse di essere rassicurato, coccolato, curato, ho capito che non avrei ripetuto l’errore dei miei genitori, che non avrei inaridito James con la mia freddezza. –

- Tu non sei affatto arido, Draco, e nemmeno freddo. – mormorò Harry. – Ed è per questo che James è innamorato di te. -

- James è innamorato di me perché è un bambino. – disse semplicemente Draco. – Anche io amavo i miei genitori, e ce la mettevo tutta, per renderli fieri di me, ed è così che mi sono rovinato l’infanzia e l’adolescenza. E’ per questo che ho deciso che James non avrebbe mai dovuto sentire l’importanza di nessuno dei suoi nomi. Anche io, come te, ho sempre sentito il mio come un fardello. -

- Mi stai dicendo che abbiamo qualcosa in comune, Draco?- Harry ruotò leggermente la testa per potergli rivolgere un sorriso criminale, a cui Draco rispose con una mezza smorfia.

– Non montarti la testa, Potter. Per il momento l’unica cosa che abbiamo in comune è James. –

- Uhm. Mi piace quel “per il momento”. -

Draco arrossì, ma Harry non lo tormentò più di tanto con uno dei suoi soliti “tentativi” come li aveva battezzati maliziosamente Pansy. Sembrava anche lui perso nei suoi pensieri, assorbito da idee che di certo non lo facevano sorridere.

- Sai, metà di quelle persone erano con noi, durante la guerra. Hanno combattuto, hanno rischiato, hanno fatto anche loro la loro parte. Ma durante quell’anno maledetto, non hanno fatto che assillarmi, con il sangue miracoloso di James, non hanno fatto che snocciolarmi rapporti su quante vite aveva salvato, su quanti Mangiamorte avesse abbattuto, ed io… stavo da schifo. Sentirli continuamente parlare di mio figlio come di un’arma, e sapere di non poterlo vedere, mi faceva impazzire. Eppure anche adesso loro continuano a perseguitarmi, hanno bisogno della mia notorietà, e di quella di James. -

- So che non gli permetterai di arrivare a lui.- mormorò Draco.

- No, infatti. Non diventerà il loro eroe numero due.-

Harry allungò le braccia ed afferrò James, accomodandoselo in grembo. – Tu sarai sempre e solo il nostro, di eroe. Niente di più.- mormorò baciandogli una tempia, mentre il piccolo lo ignorava completamente, concentrato com’era sui suoi sassi.

 

Draco si innamorò di Harry stagliato nel tramonto, con James in braccio, e lo sguardo determinato ed amorevole di un padre; se ne innamorò tanto da sentire le lacrime agli occhi, tanto da capire che ogni muro, ogni fortezza, ogni barriera che aveva cercato di erigere contro di lui, tutto era miseramente crollato, nel giro di poco, davanti alla persona incredibile che Harry era. Di lui Draco avrebbe potuto dire ogni male, ma Harry era semplicemente una padre meraviglioso, un uomo immenso, un eroe autentico, uno di quelli che ti fa sentire incredibilmente grato al cielo, quando ti è vicino. Si chiese, per un momento, se gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi di più. Se avrebbe trovato dentro di sé il coraggio per fidarsi di lui soltanto un altro po’, abbastanza da permettergli di realizzare la vita che aveva sempre voluto, per James, e per sé.

- Sarà meglio tornare a casa.- sussurrò, con gli occhi bassi. – Pansy e Blaise ci aspettano per cena.-

Harry sospirò, poi annuì, e si caricò James su una spalla. – Hai sentito papà Draco? Si va a mangiare dalla zia Pansy!-

- Ooooh, pappe da tia Patty!-

- E c’è anche lo zio Blaise, sai? -

- Lo tio Bes? – James si animò tutto. – Alloa ci dico del gelato! -

Draco sorrise. – Gli racconti del gelato? – fece, stropicciandogli una guancia. – E se poi lo vuole mangiare anche lui? -

- Alloa… alloa… alloa anche io. – sentenziò James.

Harry ridacchiò sornione. – Oh, è assolutamente subdolo come te. -

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Tornata dalle feste natalizie, rieccomi. Grazie a tutti quanti voi per le vostre recensioni, anche per la shot natalizia, non perderò troppo tempo ad augurarmi che abbiate passato un buon Natale, visto che nel 90% dei casi le feste sono autentiche sofferenze, ma spero almeno che abbiate fatto tutti come la sottoscritta, ovvero abbiate affogato i vostri rancori familiari nel Pandoro, alla faccia di chi vi vuole male!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Cuscini ***


All’inizio di Marzo James aveva cominciato a frequentare l’asilo

All’inizio di Marzo James aveva cominciato a frequentare l’asilo.

Beh, una sorta di asilo; Harry non avrebbe saputo come descrivere altrimenti quella scuola, frequentata solo da piccoli maghetti, come una scuola propedeutica, o qualcosa di simile. Draco gli aveva soltanto detto, tutto gonfio di orgoglio, che l’aveva frequentata anche lui, da piccolo, e Harry si era messo le mani nei capelli al pensiero di quanto orrendamente costosa sarebbe stata la faccenda.

Ciò nonostante, dovette ammettere che la scuola era un vero toccasana per James: nel giro di un mese le sue abilità oratorie si erano moltiplicate vertiginosamente, arricchendosi di tutta una serie di espressioni assurde, frutto di machiavelliche chiacchierate con i suoi compagni. Aveva legato in particolare con un certo Matty, un bimbetto simpatico dai capelli chiari, e con una bimba, che a quanto pareva era assolutamente intenzionato a sposare. Salvo poi essersene scordato, dopo una settimana o poco. Ma soprattutto, la magia innata del piccolo sembrava essere diventata un pochino più gestibile. All’asilo insegnavano ai piccoli alunni a liberare, oppure a cercare di controllare, nel caso si fossero già manifestati, i loro poteri, e nonostante fosse impossibile sperare che James potesse controllare la sua potenza, così piccolo, ora riusciva se non altro a rendersi conto di quando le cose prendevano a vorticargli attorno per causa sua. Draco andava a parlare spesso con le insegnanti di James, si teneva costantemente informato, ed informava Harry, sui suoi progressi, su ciò che succedeva, e fu costretto ad ammettere che, pur essendo felice che il suo piccolo si divertisse, che si facesse degli amichetti, e che imparasse a vivere con gli altri, in fondo gli mancava averlo sempre attorno, nonostante James passasse lontano da casa soltanto la mattina.

 

*          *          *

 

- E…. dai… vai, vai, vai, a destra… vira, vira… sììììì!!!- Harry fece un balzo sulla poltrona, e James rimbalzò, di fianco a lui. – Grandi Cannons!!!- esultò, tirandosi il figlio in braccio e facendolo saltellare sulle ginocchia. Il piccolo James lo guardò con aria francamente sconcertata, ma Harry non si diede troppa pena di apparire un perfetto idiota.

- Hai visto, James? Quello sì che si chiama prendere un Boccino! – borbottò allegramente. - Vedi di impararlo, perché quando sarai anche tu Cercatore a Grifondoro…-

- Ah ehm…-

Harry buttò distrattamente la testa verso la porta, dove Draco se ne stava appoggiato allo stipite a braccia incrociate.

- Harry… che cosa stai facendo?- domandò Malfoy, soave.

- Beh, gli mostro una partita di Quidditch, no?-

- No, Potter, gli mostri i Cannons. I Cannons non sono Quidditch.-

- Come sarebbe a dire!- Harry scattò immediatamente sulla difensiva, punto sul vivo. – I Cannons sono il meglio del campionato!-

Draco soffocò teatralmente un falso sbadiglio con il dorso della mano. – Oh, sì. Certo, Potter, come no… l’ho sempre detto, io, che tu di Quidditch non ci hai mai capito un accidente.-

- O ho, ma senti chi parla…- Harry si esibì in un sorrisetto beffardo che li riportò indietro di anni. – Mi pare di ricordare, Draco Malfoy, che ti ho fatto mangiare la polvere un bel po’ di volte, o mi sbaglio, bel Cercatore?-

Draco strinse i denti per non ringhiare, e Harry ridacchiò, esultante.

- Comunque, riguardo a quella faccenda di…- il naso di Malfoy si arricciò in un’espressione di puro disgusto. - …Grifondoro… - sputacchiò Draco, schifato. - Beh, puoi pure metterti il cuore in pace, sai? James sarà il miglior Serpeverde di tutti i tempi. Ho già prenotato tutto l’occorrente, metà Diagon Alley è già al lavoro per fare del mio piccolino un perfetto principe verdeargento. -

- Cosa, cosa, cosa?- Harry sbarrò gli occhi, e stavolta fu il turno di Draco, di ridere.

– Non puoi traviarmi il figlio in questo modo!- protestò vivacemente. – Non esiste che un Potter finisca a Serpeverde!-

- E non esiste che un Malfoy finisca a Grifondoro, se la metti così!-

- Tregua!- Gridò la voce di Pansy, dalla cucina. – Vedrete voi, se non finirà a Tassorosso per disperazione! -

- No, Tassorosso mai! – risposero in coro i due genitori.

Pansy si affacciò ridacchiando, e li fulminò entrambi con un’occhiatina saputa, mentre Harry e Draco guardavano ostinatamente da parti opposte, rossi in viso.

 

- Papà Dedy…-

Harry si volse, sorpreso.

Il figlioletto era dietro di lui, con il pigiamino verde addosso, pronto per andare a letto, e un paio di cuscini del salotto che gli ingombravano le braccine. Dopo cena Pansy se n’era andata quasi subito, e lui si era fermato da Draco per un po’, il tempo di fare un caffè, di chiacchierare, di chiudere in bellezza uno dei tanti bei pomeriggi passati assieme. Draco doveva essere rimasto in salotto mentre lui aveva rigovernato le tazzine, anzi, per la verità Harry credeva che fosse andato a mettere James a letto. E invece, a quanto pareva, il piccoletto era ancora in piedi, assolutamente sveglio, e con ogni probabilità animato da una delle sue trovate.

- James, dove vai con quei cuscini?- fece, piuttosto allarmato. 

Per tutta risposta, James avanzò faticosamente verso di lui, e quando lo ebbe raggiunto gli piazzò uno dei due cuscini sulle ginocchia.

- Oh.- proclamò, soddisfatto, stringendosi orgogliosamente fra le manine quello che restava, morbido e color grigio perla.

- “Oh” cosa, tesoro? Che cosa ci dovrei fare con un cuscino?-

- Adetto famija.-

Harry corrugò pesantemente le sopracciglia. – Che cosa?-

James annuì entusiasta, gli occhi brillanti di gioia. – Matty dice che… che…- cominciò, con foga. - Che lui ha una famija pecchè i suoi papà dommono insieme, ti, ti, nella camea gaaande gande. E invece tu non dommi mai con papà Daco. E, e alloa… - James sollevò le braccia, trionfante. - Io ti ho potato cutino! Adetto anche tu dommi con papà Daco, ti, adetto anche noi siamo una famija. – 

 

Harry si sentì gelare.

 

Guardò il cuscino chiaro, quello che Draco aveva messo sulle poltrone del salotto, con occhi vuoti, e un nodo alla gola che rischiava di strozzarlo.

- James… vieni qui.- sospirò, ingabbiando il figlioletto e tirandoselo sulle ginocchia, proprio sul cuscino che lui gli aveva consegnato. – Vedi, tesoro… purtroppo non basta un cuscino, per fare una famiglia. Il tuo amico Matty ha una mamma e un papà che dormono insieme, è vero. Però per essere una famiglia bisogna volersi bene.-

James si oscurò. – Tu non vuoi bene a papà Daco?- domandò, duro.

- Ma certo, tesoro, io voglio… molto bene, a Draco.-

- E papà Daco non ti vuole bene?-

 

Eccoli lì. Padre e figlio.

In qualche modo, Harry sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare una questione simile, o quantomeno sottoporsi ad un interrogatorio da parte del figlio. Realizzò che probabilmente la sua ansia, la sua attesa, erano alimentate dal senso di colpa che ancora non era riuscito a smaltire, che ancora lo avvelenava, che semplicemente si presentava a rendergli le nottate impossibili, lontano dal suo bambino. E da Draco.

Però si era sempre illuso, aveva sempre cercato di convincersi che fosse troppo presto, e che James non riuscisse ancora a rendersi conto di come stessero le cose, che non si chiedesse chi fossero, che cosa fossero realmente loro tre, come entità, come nucleo, come legame.

Respirò a fondo.

 

- Vedi, tesoro. Papà non si è comportato molto bene con Draco, un po’ di tempo fa, quando tu eri piccolo piccolo.-

James arrotondò la bocca, ammirato. – Ci hai fatto i dipetti?- domandò con un’attenzione tutta delinquente, che fece sorridere Harry. Un vero Potter avrebbe aspettato soltanto di incastrare il proprio padre con una domanda simile, per poi usarla come giustificazione per qualsiasi atto criminale commesso durante tutta la vita.

- …Sì. Sì, gli ho fatto un dispetto davvero molto, molto brutto. Una cosa che non avrei mai dovuto fare.-

-E… e… e pecchè non ci chiedi cusa?-

Harry pensò che in fondo il piccolo brigante aveva ragione. A lui bastava incespicare qualche parolina di scusa e fare gli occhioni pentiti, perché Draco gli perdonasse qualsiasi cosa. Con lui, invece, beh, era tutta un’altra storia. Soprattutto considerando che il peggio che James potesse combinare era rompere un vaso, o far cadere il frullato di zucca sul pavimento, o impiastricciarsi i vestiti con qualche porcheria.

Harry sapeva fin troppo bene di aver rotto molto più di un vaso, con Draco.

- L’ho fatto. Ma vedi, alcune cose sono difficili da dimenticare. Papà Draco mi vuole bene, e tutti e due ne vogliamo a te, tantissimo, cucciolo. Però non credo che potremmo mai essere una famiglia.-

I grandi occhi azzurri di James tremarono. – Oh…- fece, desolato, e ad Harry si strinse il cuore fino a fargli male.

– Ma… ma tu povi a dommie con papà Daco!- insistette, implorante.

Harry si portò una mano alla tempia, premendola, e sentì forte, dentro di sé, il peso di una confessione che aveva assolutamente bisogno di fare. A qualcuno, a chiunque, forse perfino a suo figlio. Accantonare la questione di Draco per pensare solo a James non era servito a niente, e il fatto che fosse proprio lui a riportarla a galla poteva quasi essere valutato come un vero e proprio segno.

- Tesoro, tu non sai quanto io vorrei poter… dormire con tuo papà Draco. Ma non è possibile, purtroppo, ci sono tante cose complicate.-

James si accigliò, pensieroso. Rimase fermo e zitto per una decina di secondi, lasciando Harry nel panico più completo, prima di stringere con risolutezza fra le dita i bordi del suo cuscino, e offrirlo al padre. – E… E se ti do anche il mio cutino?- ritentò, testardo.

Harry si morse il labbro inferiore, sorridendo, gonfio di orgoglio, e di lacrime, negli occhi. – Oh, James…- mormorò, sollevando in piedi e stringendosi il piccolo al petto. – Sei il bimbo più buono del mondo, sai, campione?-

- Ti che tono buono.- 

- Facciamo così. Ora andiamo di là, e rimettiamo a posto i cuscini, vuoi? Poi io parlo con papà Draco. Però non ci sperare, cucciolo, non posso prometterti niente. Ma qualsiasi cosa succeda, tu ricordati sempre che io e Draco ti amiamo tantissimo, d’accordo? Ti vogliamo tanto, tanto bene, sempre e comunque.-

James annuì, ma Harry potè leggere chiaramente negli occhi del figlio la luce di chi non ha ascoltato nemmeno una parola, di chi quel “non ci sperare”, quel “qualsiasi cosa succeda” non li aveva nemmeno presi in considerazione. I suoi piccoli occhioni color del ghiaccio rilucevano della promessa che lui gli aveva fatto, di parlare con Draco, e siccome lui era un grande, e i grandi, si sa, possono fare tutto; e specialmente i papà, poi: i papà sono davvero dei super, super, supereroi, allora lui avrebbe senz’altro messo tutto a posto, con papà Draco, gli avrebbe chiesto cusa, una volta ancora, una volta di più, e poi avrebbero parlato un po’ di tutte quelle cose complicatissime da grandi, e poi avrebbero fatto qualche magia, qualche tilla, un sacco di tille, possibilmente, e tutto sarebbe finalmente stato perfetto.

 

Harry entrò in salotto, con James ancora in braccio. Draco era sdraiato sul divano, assopito da chissà quanto, ormai. Il giovane uomo sorrise, quando vide il cuscino che James doveva avere maldestramente incastrato fra il suo collo e la sua spalla, domandandosi per quale miracolo non lo avesse svegliato.

- Tesoro, ma dove gliel’hai messo, quel cuscino?- sbuffò, scuotendo la testa.

- Cade!- si giustificò James, che sembrava invece piuttosto fiero del suo lavoro. Harry sorrise, indulgente, quando lo sguardo gli cadde sull’orologio posato sul tavolino accanto a Draco.

- Ma dì un po’, lo sai che è tardi? Forza, eroe, sarà meglio che ti porti a letto, ora.-

James annuì, deluso, quando Harry se lo accomodò meglio fra le braccia, e prese a dirigersi verso le scale.

- Papà?-

- Sì?-

- potto domie con il cutino?-

Harry sorrise appena. – Sì, James, puoi portarti il cuscino a letto.-

James trillò, entusiasta, schioccò un bacio sulla guancia di Harry, e si lasciò diligentemente mettere nel lettino, e rimboccare le coperte. Harry gli diete l’ultimo buffetto, prima di spegnere la luce e controllare che non ci fossero giocattoli vaganti per la stanza, poi si chiuse la porta della cameretta alle spalle, e vi si appoggiò contro. Gli ci vollero un paio di minuti buoni, prima di risollevarsi dallo stipite, un paio di minuti in cui semplicemente pensò a tutto ciò a cui era possibile pensare. Annuì, fra sé, deciso, e scese le scale quasi di corsa.

Draco dormicchiava ancora, sul divano, ed Harry si rese conto solo in quel momento, avvicinandosi con passo felpato, di non averlo mai visto dormire, prima. Era strano, e forse James dopotutto non sbagliava. Essere una famiglia doveva significare anche condividere un momento di intimità come quello del sonno, e loro non lo avevano mai fatto, nemmeno una volta. Si inginocchiò davanti al divano, e scosse dolcemente Malfoy, che si svegliò con un sussulto.

- Uhm, cosa…?-

- Tranquillo. Ti sei addormentato un attimo sul divano.-

- Oh…- Draco si tirò su a sedere, stropicciandosi gli occhi. – Ma è tardi?-

- Non troppo. Sono le dieci appena passate.-

- Ma hai messo a letto James?-

- Sì, tranquillo.-

Draco annuì, e rimase a guardare mezzo stordito Harry, ancora inginocchiato ai piedi del divano. Sembrava aspettasse che lui se ne andasse, o che dicesse qualcosa, ed Harry colse al volo il momento di silenzio, radunando tutte le sue forze nella gola.

- Senti, Draco, io… vorrei parlarti un momento.-

- Mh. L’avevo intuito. A proposito di?-

- Beh…- Harry si strinse nelle spalle.- Di cuscini, suppongo.- rispose, accennando con il mento a quello che Draco aveva dietro alla schiena, e che era scivolato lungo lo schienale appena lui si era alzato.

- Cuscini?- fece Draco, afferrandolo, e rivolgendo ad Harry un’occhiata indagatrice.

- Già. È l’ultima trovata di tuo figlio. Dice che se dormiamo tutti insieme sui cuscini saremo una famiglia. Ha voluto andare a letto con il suo, credo che l’abbia preso dalla poltrona.-

Draco soffocò un colpo di tosse. – Fam… famiglia?- boccheggiò.

- Già. Ironico, eh?- Harry sorrise appena, prese tempo, si guardò attorno, nervosamente. – Credevo che adesso che abbiamo recuperato un buon rapporto fosse tutto a posto, e invece… il nostro James è più sveglio di quanto sperassi, in effetti.-

- Lui vuole… una famiglia?-

Harry si strinse nelle spalle, simulando una tranquillità che non c’era. - Credo di sì. Deve aver visto quella del suo compagno Matty, e probabilmente avranno parlato, sai come sono i bambini. E lui si sarà reso conto che è diverso, che per lui non è così.-

-Ti ha chiesto come mai non ha una mamma?- soffiò Draco, ansioso.

- No. – Harry inarcò un sopracciglio, annuendo pensieroso. - No, quello in effetti non me lo ha chiesto, non so perché. Mi ha semplicemente chiesto come mai noi non dormiamo insieme, e mi ha portato un cuscino perché vuole che io… ahm…- Harry tossicchiò, cercando di mascherare la tensione. – Che io dorma con te.-

Draco rimase a guardarlo, senza modificare di una virgola l’espressione del suo volto; non disse niente, ed Harry si sentì mille volte più stupido. – Senti…- tentò, trattenendosi dal cominciare a tormentarsi i capelli. – Mi chiedevo se magari… non lo so, una di queste sere… non lo so, ecco, potremmo uscire a mangiare qualcosa, noi due.-

- Dimmi la verità, Potter.- lo raggelò Draco. – Lo stai facendo perché abbiamo un figlio?-

Harry sospirò. – No. Lo sto facendo perché non ti conosco, e perché vorrei che noi due parlassimo un po’ di… beh, di tutto.-

Malfoy si oscurò un pochino, e si abbandonò all’indietro, contro il morbido schienale. – Io… ce l’ho messa tutta, per cercare di dargli una famiglia.- mormorò con il tono di qualcuno che stava per lasciarsi crollare addosso il mondo che aveva tanto faticosamente sostenuto sulle sue spalle fino a quel momento, ed Harry fu pronto a scattare accanto a lui, sul divano.

- No, non dire così. Tu sei stato  fantastico, davvero.-

- Non è servito a niente. Adesso lui penserà di avere qualcosa che non va.-

- Ma no, non ti preoccupare. James è un bambino intelligente, e sa che noi gli vogliamo bene, tutti e due. Credo che sia normale che si chieda come mai noi siamo… beh, diversi dagli altri. Ha solo bisogno di un po’ di tempo per capire come stanno le cose, vedrai.-

- E se si sentisse sbagliato?- Draco singhiozzò nervosamente, ed Harry gli abbracciò istintivamente le spalle. – Se credesse che è colpa sua?-

- No, Draco, non fare così. Gli diremo che non è vero, che non è affatto colpa sua, che qui il colpevole sono soltanto io.-

- Non serve a niente cercare colpevoli, Harry. Soprattutto ora che sei tornato, e James ti adora. Sei il suo papà, che senso avrebbe accusarti di qualcosa.-

Harry strinse forte Draco, che litigava con il proprio diaframma per smettere di singhiozzare. – Grazie, Draco.- mormorò. – Per tutto il tuo coraggio.-

- Ma che coraggio del cazzo. Sono qui che frigno come una ragazzina.-

Harry sorrise. – Non c’è nulla di male nel lasciarsi andare un po’. Dai, ora smetti di piangere. Che penserà, James?-

Draco tirò su con il naso, vergognoso. – Scusa. – mormorò, afflitto.

- Non devi scusarti proprio di niente. Se qui c’è qualcuno che dovrebbe farlo, quello sono soltanto io.-

- Harry.-

- Shhh… tutto a posto.-

James fece un altro passetto, strusciando un po’ le ciabattine azzurre. – Papà…- sussurrò, con un mezzo broncio.

Harry si voltò verso di lui, sorpreso, proprio mentre, reggendosi alla ringhiera, scendeva l’ultimo gradino. Sorrise, ed allungò verso di lui una mano, invitandolo ad avvicinarsi. Il piccolo si lasciò prendere, ed Harry lo issò sul divano, in braccio a lui. – Ti avevo messo a nanna, James…- lo rimproverò bonariamente.

- Pecché papà piange?- sussurrò il piccolo, con le labbra che tremavano.

Harry gli stropicciò i capelli. – Non è niente, tesoro, non ti preoccupare. Dai un bel bacio a Draco, eh? Così vedrai che non piange più.-

James annuì, e si inginocchiò, sul grembo di Harry. Con la manina accarezzò i capelli di Draco, disordinandoglieli tutti.

– No piangee, papà.- disse, tutto preoccupato.

Draco diede un  singhiozzo sordo, sollevò a fatica il viso arrossato dal suo nascondiglio sul costato di Harry, e guardò il figlioletto, che ancora gli stropicciava i capelli. – Tesoro mio…- mormorò, riuscendo finalmente a trovare la forza di abbracciarlo. Harry rise. Circondò entrambi con le braccia, e se li strinse al petto.

– I miei due bambini…- sillabò sulle proprie labbra, senza parlare, la testa rivolta all’indietro, sullo schienale.

 

James aveva ragione. In fondo, poteva davvero bastare un cuscino, per fare una famiglia.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Spiragli ***


Pansy sussultò per lo spavento, quando il caminetto della cucina rigurgitò una nuvola di fumo verde

Pansy sussultò per lo spavento, quando il caminetto della cucina rigurgitò una nuvola di fumo verde. Pansy la intravide dal bagno, si diede una strigliata ai capelli bagnati, infilò rapidamente la vestaglia e ciabattò fino in cucina.

 

- Harry?- sbottò, sorpresa alla faccia che si era appena materializzata sulle braci.

- Ciao!- fece Harry, con un entusiasmo assolutamente innaturale.

Pansy arricciò il naso. - Che ci fai nel mio camino di primo mattino? -

- Beh, ecco, mi chiedevo se… - Harry tossicchiò, facendo svolazzare in giro un po’ di braci.

- …Se?- fece lei, inclinando la testa.

- Ecco… - Harry inspirò. - Non è che potresti tenere James, stasera? Io avrei un impegno, e quindi se… - soffiò tutto in una volta, sollevando altra cenere, che si posò sul pavimento tutt’intorno, svolazzando.

- Non è un problema. – lo interruppe Pansy, facendo un po’ d’aria con le mani. - Ma scusa, Draco non c’è?-

- Ahm… - Harry ringraziò mentalmente il fatto di essere affacciato su un camino, perché così almeno Pansy non avrebbe potuto vedere quanto era diventato scandalosamente rosso.

- No, ecco, è che… anche lui ha un impegno. -

- Capisco. – Pansy lo investì con un’occhiata poco convinta, a cui Harry cercò di rispondere con un sorrisetto. – Harry, sei sicuro che vada tutto bene? –

- Oh, sì! Sicurissimo! –

Pansy asserì distrattamente. Ora poteva dirsi definitivamente sicura che Harry Potter stesse tramando qualcosa.

– Mmm… sarà…Vengo a casa di Draco. Quando, alle otto? -

- Alle otto, perfetto. – Harry annuì forsennatamente. – Così James avrà già mangiato, dovrai solo aspettare che crolli. Oh, non sai quanto ti sono grato, veramente, Pansy. -

- Non è un problema. – ridacchiò lei. – Mi sembri abbastanza su di giri, eh Potter? -

Harry si bloccò in modo tanto repentino che Pansy per un momento temette che si fosse fracassato tutte le vertebre del collo in un colpo solo.

- Oh, beh, no, è che… - prese a farfugliare incoerentemente.

- Dai, lascia stare, non voglio impicciarmi degli affari tuoi. -

- Ma no, è che io, insomma… Beh, ok, ahm… allora a stasera? –

- A stasera? Harry, guarda che io vado da Draco, non passo da te… -

- Sì! Sì giusto, ma io intendevo… nel senso…- Harry prese ad agitare le mani in modo talmente eccitato che Pansy realizzò che quello scellerato gli avrebbe riempito la casa di cenere e braci.

- Beh, ci vediamo, ecco! Ci vendiamo, Pansy! –

- Ecco, sì, sarà meglio. – sbottò bonariamente lei. – E mi raccomando, divertiti, Potter caro, che il tuo rampollo è in buone mani. –

 

*          *          *

 

Pansy arrivò puntualissima a casa di Draco, che la accolse allo sbocco del caminetto con un sorriso un po’ tirato.

- La zucca! – fu la prima cosa che disse, con un’urgenza irragionevole. – E’ già pronta, nel caso te la chiedesse, non serve che gliela prepari, ok? Già pronto, tutto prontissimo, nel piatto, poi prendi il cucchiaino… –

- D’accordo. – sussurrò Pansy, sempre meno convinta. – Ma che vi prende oggi, a tutti quanti? –

- Che ci prende a chi, scusa? –

- Oh, non lo so. Stamattina Harry era esagitato, ora tu farnetichi sulla zucca come se fosse questione di vita o di morte. Sicuro che sia tutto a posto?-

- Oh. – Draco si ricompose all’istante. – Beh, certo che è tutto a posto. È solo che… ahm… James, vieni a salutare la zia Pansy! –

- Ti stai facendo scudo con tuo figlio, Draco Malfoy? –

- Assolutamente no, ma che dici! Tesoro, visto chi c’è?-

- Tia Patty! – James prese a scaracollarsi verso Pansy, barcollando nelle sue calzette antiscivolo.

- Ciao, amore della zia! –

Pansy lo acchiappò al volo e gli fece fare un girotondo a mezz’aria. – Lo sai che io e te stasera restiamo qui insieme? –

- Oh… tia Patty, tia Patty!- 

- Farai il bravo con la zia, vero? – lo ammonì Draco. – Papà torna presto, ma tu sarai già a fare la nanna, d’accordo? –

- No nanna, no! –

- Oh, sì invece. –

- Non ti preoccupare, faremo un sacco di giochi, eh James? – lo confortò Pansy. – Vuoi che facciamo le bolle colorate? –

- Le bolle, ti! – esultò James, dimenticandosi completamente la questione-nanna.

In quel momento il campanello trillò, e Draco avvampò

- Chi aspetti? – indagò Pansy, maliziosa. – Non mi dirai che stai andando a divertirti senza avermi detto niente, vero? –

- No, io…-

- Sera a tutti. –

Pansy impallidì improvvisamente, davanti ad un Harry Potter stranamente più curato del solito, con una giacca addirittura elegante e… beh, un paio di jeans. Non si poteva poi pretendere troppo.

- Che ci fai tu qui? – domandò di getto.

Draco si ostinò a restare voltato verso la porta, mentre Harry si piegò appena per dare un buffetto al figlio, che si era precipitato da lui.

- No. – fece Pansy, dopo un istante di sgomento. – Non ditemi che… -

- Allora ti ricordi della zucca, vero Pansy? – disse Draco fra i denti, azzardandosi appena a guardarla di sottecchi.

- State uscendo… insieme? – proseguì spedita lei, ignorandolo completamente.

- No, ma no, certo che no! – si affrettò a dire Harry. – Andiamo a mangiare qualcosa, ecco tutto. –

- Mangiare qualcosa? – La mandibola di Pansy sembrava essersi incastrata in una qualche posizione che le impediva in ogni modo di richiudersi. – Oh, ma non prendetemi in giro! Io vado a mangiare qualcosa quando esco per pranzo con le amiche! Voi due NON state andando a mangiare qualcosa. State uscendo insieme. Oh sì, state proprio uscendo insieme. –

- Pansy… - piagnucolò Draco, imbarazzatissimo. – E’ solo così, per parlare. –

- Ecco, bravi! Parlate, mi raccomando! Avete un sacco di cose da dirvi, ed era anche ora, non vi pare? – sbraitò lei, eccitatissima. – Beh, si può sapere che diavolo ci fate ancora qui? Su, veloci, smammare, aria! –

- Ma Pansy… -

- Pansy Parkinson prende possesso di questa casa per tutta la serata, perciò niente scuse. Su, su, che il ristorante vi aspetta! A proposito, dove me lo porti, Potter? –

- Oh beh… - Harry si grattò rapidamente la fronte. – alla Piuma di Fenice. –

- Alla Piuma di Fenice? – Pansy agguantò James e se lo tirò in grembo. – Oh, non ti facevo così romantico, Potter. – tubò, e Draco capì in quel momento perché tutte le donne del pianeta fossero così fissate con il fard, la cipria e tutte quelle cose. Desiderò ardentemente poter ficcare la faccia in una vasca di cipria bianchissima, per riparare ai danni che l’imbarazzo gli stava causando dal collo alla fronte.

- Beh, allora noi andiamo. – buttò lì Harry, levandosi dalla porta per far passare Draco.

- Andate, divertitevi, e non preoccupatevi per James!- trillò Pansy. – Ah, Harry? –

Harry si voltò verso di lei, che si afferrò il colletto della polo che indossava e prese a strattonarlo violentemente, stropicciandolo a più non posso.

- La camicia! – sillabò con un sorrisetto complice, ed Harry decise che a quel punto chiudersi la porta alle spalle senza concederle spazi ulteriori fosse la cosa più saggia da fare, in assoluto. 

 

*          *          *

 

Alle dieci e mezza, Pansy mise a letto un James davvero esausto, nonostante i suoi insistenti “No, no, ancoa bolle, ancoa gioco, gioco!” fra uno sbadiglio e l’altro. Con la bacchetta gli animò un bel delfino lattiginoso, che prese a nuotare e a sguazzare sopra la sua testolina, tuffandosi e saltando.

James decise in quel momento che tutto sommato andare a nanna non era poi un’idea così cattiva.

 

Se ne tornò di sotto, si preparò un caffè, e scelse un giornale dalla piccola pila che Draco aveva accumulato sul tavolino di fronte al divano. Ogni tanto tendeva l’orecchio, solerte, ma James sembrava pacificamente immerso in un meritato sonno ristoratore. Pansy decise che la rivista che aveva in mano non avrebbe ricevuto l’attenzione che meritava, e si dedicò un po’ a pensare. Al suo nipotino, piccolo angioletto pasticcione. Era impossibile credere a quante cose riuscisse a fare un bimbo di due anni in una sola serata: ogni cinque minuti cambiava gioco, la sua attenzione calamitata ora da un oggetto, ora da una luce, ora da un giocattolo, in modo quasi schizofrenico. Aveva corso qua e là come un invasato per mezza casa, poi aveva deciso di mangiare la zucca, come aveva previsto Draco. Ma, altruista, aveva deciso anche un cucchiaino ogni due se lo doveva mangiare la tia Patty. Poi si era improvvisato ometto di casa e si era messo a risistemare con una premura tutta Malfoy la pila di giornali, i suoi peluches in ordine di grandezza (tranne Bu Bum. Lui stava sempre al centro, al posto d’onore), aveva sbatacchiato i cuscini sui divani, e Pansy era riuscito a fermarlo soltanto quando ormai sembrava in tutto e per tutto deciso a riposizionare i delicatissimi vasi decorativi che campeggiavano sulle mensole del salotto.

Certo, da due papà come Harry e Draco non ci si poteva aspettare altro che un piccolo flagello dal cuore d’oro. James possedeva la singolare generosità di Harry, e una prepotenza nell’imporla tutta Malfoy. Prova ne era stata la zucca.

- Tia, anche tu la tucca! –

- Ma no, tesoro, non preoccuparti, è tua. –

- Gno, gno, anche tu, anche tu la tucca! Ecco. –

James aveva agganciato il cucchiaino con la manina, risoluto, e Pansy fu costretta a guidarlo, per evitare che a beneficiare di quel passato fosse il pavimento. Non c’era stato nulla da fare, aveva dovuto accettare l’offerta di James, pena un muso lungo fino a terra, e un’espressione abbattuta che avrebbe fatto sprofondare nei sensi di colpa anche un criminale.

Per il resto, badare al piccolino era davvero facile. James era il genere di bambino che si accontentava di nulla, purché condito con un po’ di magia. E non necessariamente in senso stretto. Sì, avevano fatto le bolle colorate con la bacchetta di Pansy, quelle che rimbalzano a terra senza scoppiare, quelle che si uniscono a formare tante figure di animali; ma avevano anche letto delle favole, favole sulle fate, e sui draghi, e sui marinai che vanno sulle navi grandissime, e cercano i tesori,e sui giganti, di cui James aveva inquadrato subito la caratteristica principale: “gigaaaandi” li chiamava con un’enfasi tutta ammirata.

Chissà dove si erano andati a cacciare i suoi genitori. Pansy ridacchiò fra sé, pensando che probabilmente quei due imbranati avevano finalmente capito di avere talmente tante cose da dirsi, che probabilmente non sarebbero tornati a casa prima delle due di mattina, ancora tutti intenti a scoprire che oh, magia delle magie, quei due stupidi erano fatti l’uno per l’altro.

Che Draco avesse un bisogno che rasentava la disperazione di Harry, Pansy lo aveva sempre saputo. Ed ora, gli erano bastati pochi elementi per capire che Harry, dal canto suo, aveva un bisogno enorme di riuscire a conquistare suo figlio, e anche Draco. tutti e tre avevano soltanto bisogno di riuscire a scambiarsi un po’ d’amore con sincerità. Anzi, forse James era quello che ne aveva meno bisogno, visti gli sforzi che i suoi genitori compivano per non fargli mai mancare un abbraccio, e visto come tutti, lei e Blaise per primi, si erano stretti subito attorno a quel bimbo nato sfortunato, e cresciuto invece felice, protetto, amatissimo.

 

Quanto Harry amasse Draco in quanto Draco, e non in quanto padre di James, questa era l’unica cosa che un po’ spaventava Pansy. Ma d’altra parte Potter aveva già sbagliato una volta, con lui, e difficilmente avrebbe ripetuto errori come quello di illuderlo per poi ritrattare tutto. potter poteva pure essere uno stupido, a volte, poteva pure comportarsi peggio di un bambino, ma era una persona sincera, una di quelle che quanto ti guarda negli occhi non finge di amarti, o di odiarti, se non è vero. in fondo la sua genuina ingenuità era la sicurezza più grande che si potesse avere, in merito alle sue intenzioni, e il fatto che si fosse presentato a casa di Draco vestito in modo goffamente elegante, tirato a lucido come mai lo aveva visto prima, gridava quanto adolescenzialmente Harry cercasse di dire a Draco “Hey, mi vedi? Sono qui, sto cercando di conquistarti, perché tu per me sei probabilmente la cosa più bella del mondo, insieme a James”. Povero Potter, di certo non ci aveva fatto un grande affare, ad essersi innamorato di suo figlio e del padre di suo figlio nello stesso momento. Ma in fondo era questione di specularità. Non era forse successa la stessa, identica cosa a Draco? Draco non si era forse innamorato di Harry, poco a poco, attraverso il visetto di James?

Persino nell’innamorarsi quei due dovevano essere uguali.

Se non era destino questo… Se non era destino ritrovarsi a dover mettere al mondo un bambino, solo per scoprire di essere fatti per stare insieme, solo per scoprire di essere davvero fatti per essere una famiglia, beh, allora Pansy non avrebbe mai più creduto nel destino in vita sua.

 

La chiave girò prudentemente nella toppa. Draco doveva aver deciso di rientrare dalla porta, per non fare troppa confusione con il camino. Pansy stiracchiò leggermente le braccia, grata di potersene finalmente tornare a casa, ed aspettò che l’amico rientrasse. Draco ficcò dentro la testa, le sorrise, un po’ esitante, e infine dietro di lui comparve Harry, accigliato.

- Me ne vado. – scattò subito Pansy, tirandosi in piedi senza nemmeno aggiustarsi la gonna.

- Ma no, non… -

Harry si cacciò una mano fra i capelli, poi si rianimò improvvisamente, e in tutta fretta prese a levarsi la giacca. Draco sfiorava tonalità di rossore quasi pericolose, ma Pansy decise di non indagare troppo. Per ora.

- James sta dormendo come un angioletto, di sopra. – disse invece, accennando alle scale con la testa. – Direi che qui ho finito. Ci vediamo domani, eh? –

- Grazie infinite Pansy, davvero. –

- E per cosa? Per essermi passata una serata a fare le bolle con il mio nipotino preferito? Su, mi ringrazierai il giorno in cui mi chiederai di farti un favore serio, Draco Malfoy, uno di quelli che farei volentieri a meno di fare. –

Draco sorrise, ed Harry, dietro di lui, lo imitò. Pansy acchiappò la borsetta, una manciatina di polvere, e scomparve in uno sciabordio di cenere verdastra, con Harry e Draco che la guardavano, ancora in piedi. Il silenzio che accompagnò lo scoppiettio del camino, come una scia, li lasciò entrambi immobili, indecisi, esitanti.

 

- Beh… - Draco intrecciò nervosamente le dita, rompendo il silenzio come un bravo ospite sa fare. – Vuoi un caffè? O un sorso di Whisky, magari, o… -

- Vieni. –

Draco alzò gli occhi su Harry proprio mentre lui si sedeva ed accavallava il piede sinistro sull’altro ginocchio, sul divano, e gli offriva un braccio in un gesto inequivocabile. Si sedette vicino a lui, si lasciò circondare e stringere, rosso in volto, e bollente per l’imbarazzo.

- Non credevo che sarei mai riuscito a trovare il coraggio di darti quel bacio. – confessò Harry a mezza voce.

Draco deglutì. – Beh, ma l’hai fatto. –

- Sì, l’ho fatto. e spero che tu abbia capito che cosa significa per me, Draco. Davvero. –

La bocca di Harry vagò sulla testa di Draco, sfiorandone i capelli dolcemente, facendolo sorridere.

- Credo che per me abbia significato la stessa cosa. – sussurrò Draco, ed Harry annuì, e gli baciò una tempia.

- Avevo così tanto bisogno di dirti tutte quelle cose… -

- E io avevo bisogno di sentirmi dire che ora è tutto a posto. Harry senti, tu… io…-

Draco sbuffò, e lasciò perdere qualsiasi proposito di dire qualcosa di formale, di carino, a quel punto. Affondò nell’abbraccio caldissimo della camicia di Harry ed inspirò con forza.

– Non andartene mai. –

- Mai più. È una promessa, Draco. Una promessa di quelle vere. – Harry si lasciò stringere dall’urgenza di Draco senza modificare la forza del proprio abbraccio avvolgente. - So che te l’ho chiesto non so quante volte, ma lasciamelo fare una volta ancora. –

Draco chiuse gli occhi ed annuì. Forse ora era davvero, davvero tutto finito. Forse adesso ogni cosa sarebbe potuta ricominciare da capo.

- Perdonami, Draco.- mormorò Harry, il viso chiaro di Draco sulle dita. E Draco tirò su col naso le lacrime che non aveva più, quelle vecchie, che appartenevano ai mesi, agli anni passati senza di lui, in un tenue sorriso.

E perdonò.

Definitivamente, completamente, incondizionatamente perdonò. In fondo, da qualche parte, aveva sempre saputo che, se mai lui fosse tornato, lo avrebbe perdonato. Lo avrebbe sempre e comunque perdonato, un giorno o l’altro, lo avrebbe strapazzato, maltrattato, accusato un po’, ma poi lo avrebbe perdonato.

Harry lo strinse lentamente, come se avesse dovuto stringere una statua di vetro. - Mi darai del vigliacco, se provassi a dirti che ti amo?- sussurrò, dolcemente.

- Sì, forse sì.-

- Già. È abbastanza vigliacco, in effetti. Chi non si innamorerebbe di te?-

Draco sbuffò un piccolo sorriso.

- Non scherzo.- soffiò Harry. – Dio, Draco, basta, basta scherzi, basta bugie, fra di noi. Io ho bisogno di te. Della mia famiglia. Tutto questo tempo mi è servito per capire una cosa stupida, una cosa ovvia. Non esiste una sola altra persona al mondo con cui avrei voluto avere un bambino, Draco, e credimi o meno, sono felice, sono l’uomo più felice del mondo, soltanto perché James ha i tuoi occhi. Non avrei voluto vedere mai gli occhi di nessun altro al mondo, in quelli di mio figlio.-

Draco diede un gemito sommesso, e si avventò sulla bocca di Harry, premendogli le guance con le mani per poter tenere il suo volto forte, per non lasciarlo andare. Harry si irrigidì un po’, sorpreso, poi contrasse le labbra in un sorrisetto che quasi escluse Draco dal bacio, tanto i denti minacciavano di chiudersi in un ghigno.

 

Rimasero sul divano del salotto di Draco a baciarsi come ragazzini, scoprendo, ricordandosi, più che altro, di esserlo. Ricordandosi i pochi anni che si portavano sulle spalle, già pesanti di responsabilità non loro.

Draco provò, sul corpo di Harry, una sensazione che gli mancava da un tempo incredibilmente lungo. Quella dell’eccitazione. Se ne sentì stordito e imbarazzato, la ricostruì faticosamente nella sua mente, come si fa con certi ricordi un po’ ostici, di cui ci sfuggono un sacco di sfumature, che dobbiamo tirare fuori a fatica.

Harry esplorava il collo di Draco in religioso silenzio, e Draco, con le mani aggrappate alla camicia di lui, ai suoi capelli scombinati e mori, cercava di non respirare in modo troppo rumoroso. Di tanto in tanto, si ritrovavano faccia a faccia, per scambiarsi un altro bacio. Draco chiudeva sempre gli occhi, un istante prima di sentire il naso di Harry premere contro il suo zigomo, sentire il metallo freddo della montatura dei suoi occhiali, e la sua bocca, calda, morbida.

- Possiamo salire di sopra? – disse Harry tutto d’un fiato.

Draco sentì nella sua voce l’imbarazzo per una simile richiesta, ma anche il bisogno, identico al suo, di chi per troppo tempo si era perso certe sensazioni, di chi non le ricordava più, se mai le aveva provate.

- Sì. – sussurrò appena, rosso come il fuoco.

 

Harry lo lasciò camminare davanti a sé, seguendone i passi con lo stesso ritmo. Per le scale risuonò lo strano rumore di quello che pareva un unico passo, sfasato solo di un istante, più sonoro, come di qualcuno di pesante e stanco. Draco rivolse alla sua stanza uno sguardo preoccupato. Uno esitante ed indeciso lo regalò invece alla porta.

- Forse è meglio socchiuderla. – suggerì prudentemente Harry, accennando a sua volta all’uscio. La sua voce, nel silenzio e nel buio, squarciò Draco, che in un istante realizzò, semplicemente, che ciò che stava per accadere sarebbe stato in qualche modo irreversibile.

Annuì con il cuore in gola, ed Harry agganciò la maniglia e la sospinse fino a lasciare null’altro che un piccolo spiraglio.

 

Se qualcuno, se un’ombra, od un fantasma, fossero passati di lì, quella notte, non avrebbero potuto vedere nulla, da quella scheggia aperta sulla porta accostata.

Avrebbero sentito, al massimo, se proprio si fossero decisi a puntare l’orecchio contro lo stipite. Rumori di fruscii leggeri. Qualche respiro sconnesso, e poi soffiato fuori all’improvviso. Poche parole, che fluttuavano di tanto in tanto, incomprensibili. E poi, quasi all’improvviso, qualcosa di più concitato, un pochino più rumoroso, appena un po’. Silenzio, qualche strusciare furtivo. Ancora parole. Molte, questa volta. Parole che si fondevano fluide in sussurri, detti e ribattuti, ma ascoltandoli, dall’esterno, sembravano lingue di altri mondi.

E poi il silenzio.

Ma per fortuna, quella notte non venne nessun fantasma ad adombrare il cuore di Harry di sensi di colpa vecchi e vigliacchi, né quello di Draco.

Non vennero fantasmi né ombre, perciò tutto questo non lo sentì nessuno.

 

 

 

ANGOLINO!

 

Ragazzi/e, non posso non inchinarmi a voi e ringraziarvi di tutto cuore per il vostro calore incredibile! Sono rimasta shoccata, letteralmente, dall’accoglienza della nuova fic “Virgin Draco”, e dall’entusiasmo che dimostrate sempre per i nostri paparini, che, ve lo dico, e non scherzo, mi sta spingendo ad aggiungere sempre qualcosa di nuovo, per prolungare le avventure di James!

Fra l’altro, non vi voglio anticipare niente, ma ho in serbo per voi una sorpresa che spero gradirete, sempre su “Fathers”… Fanny, non OSARE spoilerare!

Hihihi, sappiate però che l’idea mi è venuta oggi pomeriggio, ed è già stata approvata…

Restate in attesa, e nel frattempo godetevi lo spettacolo! Hihihihi, ve lo avevo detto, all’inizio della fic, che la lemon ve l’avrei fatta vedere soltanto di sfuggita. Permettetemi di autocitarmi:  “Mettiamola così, apriremo uno spiffero nella porta della camera e daremo una sbirciatina, niente più…” (cap 13)

Beh, come avete visto sono stata di parola!



 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Convocazioni ***


- Buongiorno

- Buongiorno.-

Draco si riscosse con un sospiro netto, e qualcosa, vicino a lui, lo abbracciò.

- Harry.- borbottò, con la voce impastata ed arrochita dal sonno.

Harry gli baciò la fronte, lo strinse per bene, e si stiracchiò pigramente, allacciando le gambe a quelle di Draco e contraendo le braccia. – Buongiorno, già… Buongiorno, Draco… - ripeté, ipnotizzato dalla nuda, evidente, incredibile prospettiva di poter dire una cosa simile, in un contesto simile, a lui.

Draco soffocò a malapena uno sbadiglio, contro la sua spalla. Sentiva il suo corpo risvegliarsi pian piano, e rabbrividire, contro quello rilassato e tiepido di Harry, ed era la sensazione più bella che avesse mai provato.

- James si sveglierà fra non molto. – mormorò biascicando un po’. Sorrise, mentre lo diceva, sorrise di quel suo sorriso tutto nuovo, da papà, che era andato ad arricchire le sue labbra da una paio d’anni a quella parte. Pensare al suo piccolo James, in quel momento, fra le braccia di Harry, era perfetto. Era giusto, era spontaneo, era naturale, era ciò che in fondo dava una sorta di senso conclusivo, era qualcosa che chiudeva il cerchio che lui ed Harry avevano cominciato a disegnare la sera prima.

Harry gli circondò le spalle e affondò fra i suoi capelli, con un mormorio appagato.- Se vuoi mi alzo io. Che cosa c’è da fare?-

Draco sorrise appena. – No. Credo che mi farebbe un effetto troppo strano non alzarmi appena comincia a lamentarsi. E poi a lui farebbe strano trovarsi davanti te, la mattina, no?-

- Già.- Harry gli strinse un pochino più forte una mano, e Draco fu certo, pur non potendolo vedere, che si fosse oscurato.

- Non intendevo dire… insomma…- si affrettò a riparare, ma Harry scosse la testa e diede un’alzata di spalle mite.

- Non ti preoccupare. In fondo non hai detto una cosa sbagliata. James non è abituato a me.-

- Ma sì che è abituato a te. Solo, non di prima mattina. Vorrà venire nel lettone, sai? – disse con un sorrisone tutto criminale. - Lo fa sempre, la domenica mattina. Si improvvisa gladiatore e mi salta addosso per ore. –

Harry ridacchiò, soffiando piccoli getti di aria calda fra i capelli di Draco, che richiuse gli occhi a quella sensazione gradevole.

Il mondo gli vorticava ancora attorno alla testa, dopo la notte appena trascorsa. E al momento, andava benissimo così. Gli piaceva poter essere lui il bambino, per qualche minuto, fra le braccia di Harry, anche solo per gioco, anche se serviva solo come scusa per qualche coccola in più. Draco aveva quasi scordato che cosa potesse significare lasciarsi un po’ andate, senza doversi sentire sempre in ansia, o preoccupati che sia tutto a posto. Decise di essere probabilmente un padre un tantinello troppo ansioso, con James, e che forse, ma proprio forse, avrebbe provveduto a sforzarsi di fare qualcosa a riguardo.

Un giorno o l’altro.

Prima che gli venisse una crisi isterica il giorno in cui James fosse partito per il suo primo anno a Hogwarts. Sbadigliò di nuovo, contro il corpo di Harry, immerso nel vapore di quello strano senso di confusione, e nel profumo di pelle appena sveglia, lontanamente tostato, proprio come quello dei biscotti. Aveva fatto l’amore con Harry, come fanno le coppie, quelle vere, quelle adulte. E in un colpo solo, loro due si erano guadagnati di essere doppiamente grandi, perché avevano un figlio, e perché avevano smesso di essere bambini loro stessi.

- Uhm. Sai Draco, c’è una cosa che mi chiedo, di me stesso. Da un po’. – Harry interruppe bruscamente le beate macchinazioni di Draco, che riaprì svogliatamente gli occhi. Aveva un’espressione tutta corrucciata, incredibilmente simile a quella di James, quando tentava di avere ragione di qualche esperimento particolarmente complesso, come quello di aprire un libro di favole dal verso giusto.

- È una cosa strana, in realtà, una di quelle domande cretine che non avrebbe nemmeno senso porsi, però… -

Draco si affossò pigramente nel suo cuscino e sorrise. – Che cos’è? –

- Beh vedi… - Harry sorrise, esitante. – Dio, è piuttosto imbarazzante. Beh io mi chiedo… da quando ci sei tu, intendo… mi chiedo se mi sono innamorato di te perché sono gay, o se… non lo so, se tu sei l’unico uomo al mondo a piacermi. –

Draco si irrigidì appena, nella sua immobilità. – Ne abbiamo parlato ieri, di questo… - cominciò, arricciandosi su se stesso.

Harry fece frusciare le lenzuola, mentre si avvicinava a lui e gli stringeva entrambe le spalle. – Lo so, e ti ho già detto che la mia risposta è no. Non voglio stare con te soltanto perché mi sento in dovere verso James, e non mi sono innamorato del padre di James. Amo anche il padre di James, certo, ma amo te, Draco Malfoy. Indipendentemente da tutto. Lo sai che non ti mentirei su una cosa simile. –

Draco mise un muso pensieroso. - Stare insieme solo perché ci sentiamo costretti a farlo non porterebbe ad altro che alla rovina di tre vite. Quella di James per prima. – sentenziò gravemente.

- Lo so, lo so bene. Ma non è così, e lo sai. Voglio voi due nella mia vita, vi voglio entrambi; e vi voglio per quello che siete, e non per il legame che vi unisce, che ci unisce tutti. –

Draco afferrò una mano di Harry, e se la portò alle labbra. – Come mai non sai risponderti da solo, allora? – fece, baciandogli i polpastrelli. – Non hai avuto nessuno, con te, durante il tempo in cui sei stato lontano? –

- La guerra ha il brutto vizio di scoraggiare qualsiasi genere di amore sul nascere, Draco. – mormorò Harry. – Dici di no perché hai troppa paura di morire il giorno dopo, oppure di veder morire il tuo amore appena trovato, e non riesci a non pensare che sarebbe troppo atroce che tutto finisse così, ancora prima di cominciare, ancora prima di capire, di muovere i primi passi. Ti senti come un filo d’erba insignificante, e cominci a metterti in testa che tendersi per abbracciarne un altro rischierebbe solo di rendere entrambi troppo vulnerabili alla falce. È anche per questo che mi sono battuto per voi, contro tutti e contro me stesso, per tenervi il più lontano possibile. –

Draco annuì, con il cuore in gola, come gli succedeva tutte le volte in cui Harry accennava alla guerra. Alla guerra che aveva sfiorato appena vita sua e di James, ma che Harry aveva sentito sulla pelle in tutta la sua abominevole assurdità.

- Ricordo che hai avuto delle ragazze, a scuola. – continuò, sussurrando. – Non mi pare che tu abbia mai guardato dei ragazzi, no? - 

- Beh… Harry ridacchiò. – Non è che Cho Chang la si possa considerare proprio una fidanzata vera e propria. Mio dio, mi ha fatto venire il mal di mare nel giro di una settimana. E Ginny… - Harry si incupì di colpo, e Draco si affrettò a voltarsi verso di lui.

- Ho fatto bene a lasciarla, ma lei non ne voleva sapere. – mormorò Harry, un’ottava più in basso. – Sarebbe ancora viva, e felice, se solo mi avesse dato ascolto. –

- Era la tua ragazza, lassù? –

- No. No, quella era stata una questione fra adolescenti, e la guerra ci ha cresciuti entrambi troppo in fretta. Ma le volevo un bene immenso. L’amavo quanto amo Hermione, quanto Ron. –

- Mi dispiace… - soffiò Draco, accorato. – Non volevo toccare un argomento simile. –

- No. – fece Harry, con un mezzo sorriso. – No, sono io che ci sono finito sopra, mi dispiace. Dovrei perdere il vizio di parlare dei morti, e di ammorbare in questo modo la prima domenica della famiglia Malfoy-Potter. –

Draco arrossì di colpo come un peperone, ed Harry ritrovò lentamente il sorriso, nel suo imbarazzo.

- Sai, con il senno di poi, James è stata una benedizione, una vera benedizione. – proseguì, sereno. - Senza di lui probabilmente non sarei mai arrivato a te. Ti avrei perso chissà dove, chissà per quali strade, senza nemmeno conoscerti, mi sarei perso tutto questo, di te. Mio Dio, mi sarei perso la cosa più sacra, più vera e più… beh, la cosa più immensa che un uomo possa pensare di avere, nella vita. Mi sono già perso abbastanza, di voi due. –

Draco annuì lentamente, e si lasciò abbracciare, assorto. – Non… non ci avevo mai pensato. – confessò. – A questa cosa. È successo tutto quasi per caso, e chissà che cosa ne sarebbe stato di me, se non ci fosse stato James. Forse me ne starei rintanato al Manor, senza una vita da vivere. Cielo, credo che mi sentirei così cosmicamente solo… –

- Probabilmente avresti avuto dei figli ad un’età un po’ più consona. – lo motteggiò Harry. – E… beh, magari con un metodo un po’ più tradizionale, no? –

Draco scosse la testa spettinata, deciso. - Non lo so. Non lo so, credo di non riuscire ad immaginare la mia vita senza James. Pensare che potrei non averlo mai avuto. Pensare che altri bambini non sarebbero mai stati come lui… è troppo strano. – Draco si arrampicò lentamente fin sul petto di Harry, e lo guardò dritto negli occhi. - James mi è entrato dentro con tanta forza che non riesco più a pensare alle cose con la prospettiva che avevo prima. – disse, senza la minima paura di sembrare un patetico sentimentalista. - Ha cambiato il mio mondo, completamente. Così stanno le cose. - 

Harry sorrise, e giocherellò con un ciuffetto dei suoi capelli chiari. – Sì. Pensa che è riuscito a fare lo stesso effetto a me, con un semplice bigliettino. James mi ha stregato, letteralmente. Fin dalla prima volta che l’ho visto. È normale, vero, essere innamorati del proprio figlio? -

Draco ridacchiò - Sì, credo di sì. –

 

Draco si alzò pochi minuti dopo, richiamato dai borbottii provenienti dalla cameretta di James. Tornò in camera con il figlioletto in braccio, avvolto nel pigiamino leggero, azzurro chiaro, e si fermò sulla soglia, un po’ esitante.

- Tesoro, hai visto chi c’è? – disse con un sorriso.

- Oh. – fece James, aggrappato al suo collo, le dita bene affondate nei suoi capelli, come sempre. – Papà Dedy ? -

Harry sorrise, commosso dallo stupore del piccolo, e dal suo pigiamino, che doveva essere caldo del suo corpicino tutto rannicchiato nelle coperte. - Ciao, campione. -

Draco si rimise a letto, ma James non si lanciò subito su di lui, nella sua solita lotta a colpi di “bum, bum!”. Era troppo impegnato ad osservare l’ospite inatteso della mattinata.

Si arrampicò sul corpo di Harry e vi si mise a cavalcioni.

- Papà, dommi? – domandò, serio.

- Sì, James. -

- Dommi con papà Daco? -

- Sì cucciolo. -

- E… e con me? -

Harry inarcò un sopracciglio. – Vuoi dormire anche tu qui? -

- Come mai così mansueto di domenica mattina? – indagò Draco, arricciando diffidentemente il naso.

 

James non stette a sentire nessuno dei due. Agguantò una mano di Harry, e se la trascinò dietro mentre gattonava verso Draco. Si accoccolò al suo fianco, creandosi una nicchia morbida sull’incavo del gomito del genitore, e si tirò sopra la mano di Harry, tenendo strette le sue dita e facendosi coprire il pancino.

Harry e Draco rimasero a guardarlo, sorpresi, mentre si addormentava pian piano, pacifico, in quella specie di abbraccio che si era costruito tutto da solo, e che lo racchiudeva come una cornice.

- Ha avuto la sua famiglia. – sussurrò Harry, allungando anche l’altra mano per sistemargli un ciuffetto di capelli. – E’ un bambino incredibile. -

Draco annuì, sorrise, e si rannicchiò sul suo piccolo. Semplicemente, entrambi decisero che si potevano concedere ancora un’oretta di sonno.

 

*          *          *

 

Ore dieci del mattino.

Harry costrinse Draco a restarsene a letto ancora per dieci minuti, finché James non si fosse svegliato da solo.

Il tempo che serviva a lui per preparargli una buona colazione e viziarlo un po’.

Si fece prestare un paio di pantaloni comodi, e scese trotterellando per le scale, diretto in cucina. Nemmeno il tempo di regolare il fuoco sotto la caffettiera, però, che uno sciabordio familiare cominciò a risuonare dal salotto, attirando la sua attenzione.

 

Pochi istanti dopo, Blaise rotolò letteralmente fuori dal camino, ai suoi piedi.

- Che cosa succede qui?!?! – prese ad agitarsi, strofinandosi la giacca.

Harry rimase fermo, in piedi, con un bel sorrisone divertito sulla faccia, aspettando che Blaise lo mettesse bene a fuoco, e godendosi lo spettacolo, prima di replicare alcunché.

- Oh. – disse lui, infatti, ricomponendosi all’istante. – Grandioso. Ok. Sembra che le cose siano effettivamente come dice la strega. – constatò fra sé e sé. - Potter, allora… con calma, e soprattutto con molto tatto. Sono debole di cuore. –

- Vuoi un caffè, Blaise? –

- Una camomilla, meglio. Potter, esattamente, che cosa ci fai a casa di Draco la domenica mattina?– nemmeno il tempo di finire la frase, che già Blaise aveva preso a gesticolare vivacemente.

- Nononono aspetta, zitto. Non credo di volerlo davvero sapere. Rettifica: perché Draco è di sopra, e tu invece sei qua sotto, con addosso un paio di pantaloni da tuta di Draco, che per altro ti vanno orribilmente stretti e corti? Aspetta! Aspetta, non mi rispondere. Non voglio sapere nemmeno questo. – Blaise si portò una mano alla tempia, fingendosi dolorante. - Diamine, ora che ci penso, non c’è proprio niente che vorrei sapere, di questa faccenda! –

- Blaise, ti levi! – sbraitò Pansy, materializzandosi dietro di lui in una nube di polvere verde.

- Oh… ora ho capito. – commentò Harry con un ghigno. – Ti ha guastato il sonno, eh? –

- Precisamente, Potter. – rispose asciuttamente Blaise. – Mi si è fiondata in casa come un’arpia, blaterando qualcosa a proposito di voi due, e dell’amore eterno. Piuttosto irritante, se sei in mutande e canottiera, e stai deliberatamente cercando di dormire.

- Immagino. – Harry scoccò un’occhiata indagatrice a Pansy, che per tutta risposta gli scintillò in faccia un sorriso sornione.

- Di preciso, che cosa gli hai raccontato, Pansy? Di vero, intendo. -

- Beh… che siete usciti insieme! -

- Harry? Stai parlano con le pentole? – gridò all’improvviso Draco, dal piano superiore.

- No, Draco, con Blaise e Pansy! – ghignò Harry.

Immediatamente, un frastuono di passi e saltelli risuonò nel salotto, dal piano superiore, e pochi istanti dopo Draco scese caracollando giù per le scale a tutta velocità.

- Ragazzi? – gemette, allucinato.

- Esatto! – protestò Blaise.

- Com’è andata, zuccherino? – gli fece eco Pansy, ammiccando.

- Oh… ehm… - Draco arrossì clamorosamente, e prese a grattarsi il mento. – Beh… Hey! Un momento! Non sono affari vostri! -

- Oh, se lo sono. – protestò Pansy.

- Vi lascio soli! – si arrese Harry, partendo spedito verso la cucina.

 

Draco si sentì piovere addosso gli sguardi dei due amici, ed arrossì come una furia.

- Mi ci devo rassegnare? – esordì Blaise, assolutamente fiscale.

Draco osò ridacchiare, ed annuì. - Sì, Blaise. -

- Sei proprio sicuro di lui? -

- Sicuro. -

- Convinto convintissimo? È lui quello che vuoi, l’uomo che ti renderà felice per tutta la tua vita, quello che saprà guadagnarsi giorno dopo giorno il diritto a non essere preso a bastonate dal sottoscritto, e via dicendo? -

Draco sorrise. – Blaise, non sono una ragazzina. – sbuffò. - E comunque sì, lui è quello che farà tutte quelle cose assurde che hai elencato. È una persona incredibile, Blaise, ed è il padre di James. -

Blaise arricciò il naso. – Mmm. – concesse. – Sta facendo sul serio? Voglio dire, non si infila nel tuo letto solo per… -

- Zabini?!?!?-

- Oh, avanti, Draco, non provare a raccontarci che si è passato la notte sul divano! – intervenne vivacemente Pansy.

- No, cioè sì… cioè non… - Draco strabuzzò gli occhi, e sbuffò. - D’accordo, va bene, maledizione a voi. Sempre a farvi i fatti miei. -

- Certo che ci facciamo i fatti tuoi! – esclamò Pansy. – La tua vita è molto più interessante di quella di Blaise! -

Blaise le rivolse un’occhiataccia, ma lei fece spallucce. – Beh, che c‘è? Tu non hai un figlio adorabile, e nemmeno una storia tormentata e romantica… -

- Hey, la mia storia non è affatto tormentata! – Draco arricciò il labbro. – Non so nemmeno se è una storia, per il momento. -

 

- Sì che è una storia! – rispose improvvisamente una voce squillante, dalla cucina.

 

Blaise si voltò verso la porta, assieme a Pansy, mentre Draco arrossiva clamorosamente.

Harry emerse con un grande vassoio su cui troneggiavano una caffettiera e quattro tazze, più una quantità di biscotti, del succo d’arancia, e un piatto di frittelle.

- Ecco. – commentò Draco, vagamente trionfante. – Visto? -

- Che cosa, che Potter è bravo in cucina? -

- No! Che ha detto… insomma ha detto… -

Harry posò il vassoio sul tavolino, e distribuì le tazze, da perfetto padrone di casa. - … Che la nostra è una storia. – terminò la frase di Draco, con un sorriso sereno.

Draco ricambiò, un po’ esitante.

- Blaise scosse freneticamente la testa dall’uno all’altro. – E va bene, va bene, ho capito! – sbottò alla fine. – Mi ci abituerò, d’accordo. Potter vedi di trattarlo come si deve, oppure… -

- Messaggio ricevuto, Blaise. – ridacchiò Harry.

Blaise agguantò un paio di biscotti e prese a sgranocchiarli. Pansy lo guardò a lungo, e sorrise: quello era più o meno il suo modo per dire che accettava la situazione. Non che Blaise in fondo non simpatizzasse per Harry. Beh, molto in fondo.

All’idea che lui fosse il padre di James, Blaise era sempre stato quello più abituato. Il più razionale, su questo punto. Il ritorno di Harry aveva scatenato in lui una serie di contraddizioni, che ondeggiavano fra il paterno senso di protezione verso James, la paura che Draco stesse di nuovo male, e in fondo la voglia di veder risolta questa situazione. In un modo o nell’altro.

E quella, doveva ammetterlo anche lui, era senza dubbio la soluzione migliore. 

 

*          *          *

 

Poco dopo pranzo il cielo si rannuvolò, e in breve tempo cominciò a scendere una pioggerella fitta che scoraggiò qualsiasi genere di proposta che riguardasse il mettere il naso fuori casa.

James non sembrava particolarmente contrariato, aveva appena inventato un nuovo gioco, quando aveva scoperto che con un po’ di applicazione si potevano incastrare le zampe di Bu Bum sulle spalle di uno dei suoi orsacchiotti incantati, rendendolo una sorta di improbabile destriero. Tutto raccolto sul tappeto, giocava con le sue cose, pigolando di tanto in tanto qualche verso incomprensibile, mentre Draco si rilassava un po’ con la Gazzetta, ed Harry finiva di lavare i piatti. Draco davvero non si capacitava del fatto che quel testone si ostinasse a non usare la magia, ma i metodi babbani, per rigovernare.

Orribile spreco di tempo e di energie.

Ma era troppo maledettamente e pateticamente felice che lui fosse davvero lì con loro, per provare anche solo a pensare di fargli una ramanzina circa le sue abitudini assurde.

Un picchiettio insistente e prolungato attirò improvvisamente la sua attenzione. Draco si voltò distrattamente verso la finestra, da dove un gufo quasi nero lo occhieggiava con aria impaziente. Sospirò e posò il giornale, per andare ad aprire la finestra e lasciarlo entrare, augurandosi che non fosse zuppo di pioggia, e che non decidesse di mettersi a svolazzare in giro per casa. La bestiola gli si posò sulla spalla, ma appena lui accennò a toccare il messaggio che portava, agitò la zampetta con aria critica.

Draco alzò gli occhi al soffitto e sbuffò. - Harry, è per te! Un gufo. -

- Non puoi prenderlo tu, il messaggio? -

- Credo che mi mangerebbe, se provassi a farlo. -

Rumore di pentolame che sbatacchia sonoramente, e un momento dopo Harry comparve dalla cucina, asciugandosi le mani sui pantaloni.

Il gufo saltò subito dalla spalla di Draco alla sua, e gli porse diligentemente la zampa.

Harry srotolò il messaggio, e lo scorse su e giù con gli occhi, mentre Draco lasciava uscire la bestiola, che evidentemente non aveva bisogno di ricevere risposte, e richiudeva la finestra.

- Mmm, no. – sbottò Harry, esasperato.

- Che succede? – Draco inclinò la testa e si ributtò sulla poltrona, prendendo di nuovo possesso del giornale.

- Il Ministero. Mi vogliono lì questo pomeriggio. -

- Scherzi? È domenica! -

Harry fece una smorfia. - Già, appunto. -

- Sono affari importanti? -

- Questioni di processi. Da quando la guerra è finita ne mancano ancora un sacco, e vogliono che sia io a decidere come occuparci dei casi più gravi. -

- Questo è stupido. – commentò Draco. – La legge è legge, no? -

Harry grugnì un cenno d’assenso. - Già. Prova a spiegarlo a loro. Bah. -

 

Harry si infilò svogliatamente la giacca, e senza troppi complimenti decise di presentarsi al Ministero con gli stessi vestiti del giorno prima. Di certo non aveva voglia di passare da casa a cambiarsi, non per compiacere una manica di burocrati che non aveva di meglio da fare che disturbarlo proprio durante la sua prima domenica come si deve.

Non si era mai vista una convocazione tanto perentoria. Tanto meno di domenica.

Baciò Draco, e la testolina concentrata di James, e si infilò nel camino con un broncio lungo, e gli occhi apaticamente fissi nel vuoto.

Quei maledetti lo avrebbero sentito, eccome.

 

 

 

ANGOLINO!

 

Orecchie alte, gente, da adesso in poi ci diamo all’avventura!

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Auror ***


Harry sospinse il portone del palazzo, e si inerpicò lungo le scale

Harry sospinse il portone del palazzo, e si inerpicò lungo le scale.

Lo avevano convocato per fare la statuina, maledetti rompiscatole. Per nient’altro che annuire alle proposte, e stare a sentire un mucchio di stupidaggini burocratiche e legislative, inutili quanto noiose. Aveva una voglia matta di buttarsi sul divano e rilassarsi, di chiacchierare un po’ con Draco e di giocare con James. Si chiese persino, ormai sul pianerottolo, come diamine avesse fatto, fino a quel momento, a sopravvivere al lavoro senza la sicurezza di una famiglia da cui tornare, senza qualcosa per cui valesse la pena sorridere, dopo un’intera giornata.

Chissà se Draco lo avrebbe lasciato restare anche quella notte. Lui sperava davvero di sì.

Harry scampanellò allegramente alla porta, ma quando si aprì, si trovò di fronte il volto di Draco quasi sfigurato dal pallore e dalla tensione.

- Che succede. – domandò precipitosamente.

- Harry, perché sono venuti qui. -

- Chi è venuto? -

Draco sembrò rianimarsi quel poco che bastava a ricordare le buone maniere, e a scostarsi per farlo entrare.

Harry gettò la giacca sulla prima poltrona disponibile, senza staccare gli occhi da Draco, e prudentemente lo condusse verso il divano.

- Draco, che è successo? – ritentò, sgradevolmente perseguitato da una sensazione di disagio.

- Sono venuti degli uomini. Tre. – rispose meccanicamente Draco. – Volevano vedere James. -

Harry ammiccò, confuso. - James? Ma chi erano? -

Draco scosse la testa. – Non lo so. Ma avevano i distintivi del Ministero. Forse erano Auror. -

- E’ assurdo, per quale ragione tre Auror dovrebbero voler vedere un bambino? -

Draco scosse di nuovo la testa, ed Harry sospirò.

- Dov’è James, ora? -

- Di là in cucina. Gli stavo dando da mangiare quando sei tornato. -

- Ok. – Harry si rimise in piedi. – Allora facciamo così: finisci di dargli la pappa, così poi lui si mette buono a giocare un po’. E tu mi racconti tutto per filo e per segno, eh? -

 

Draco annuì debolmente. Mentre si rialzava, per tornare in cucina, Harry rimase seduto sul divano, ipnotizzato per qualche secondo, senza un motivo preciso, dai suoi piedi che percorrevano frettolosamente il pavimento del salotto.

Sentì i gorgoglii di James, la voce di Draco, in quella particolare declinazione di dolce che riservava solo ed esclusivamente lui, il rumore delle posate e dei piatti, e James che protestava, perché non aveva più fame. Chissà quante volte lo aveva già sentito, e quindi chissà perché stavolta suonava tutto in modo diverso.

Si prese un lungo sospiro, per cercare di orientarsi almeno un po’, in quella situazione improvvisamente tesa e frettolosa.

Tre Auror, o almeno, probabilmente tali, erano stati lì, durante la sua assenza, per vedere James. Un po’ troppo poco, per darsi un’idea di cosa potesse essere successo, ma abbastanza per provare un fastidioso senso di claustrofobica fretta.

Draco tornò in salotto, con James che gli zampettava davanti, allegro.

Lasciò il piccolo seduto sul tappeto, in mezzo ai suoi giochi, davanti a loro, e si rimise seduto, sempre più rigido e meccanico, e vuoto.

- Allora… - cominciò a sillabare, sforzandosi di fare un bel respiro.

Harry gli cinse le spalle, entrambe, con un braccio. E lui cominciò.

- Sono venuti a bussare, dalla porta, non più di mezz’ora dopo che tu te ne sei andato. Erano in tre, tre uomini robusti, e avevano questi stemmi, dei distintivi, non so, del Ministero.

- Che  cosa ti hanno detto? –

- Mi hanno chiesto se ero il Signor Malfoy, e poi mi hanno chiesto se era possibile vedere James. – mormorò Draco. – Sembravano gentili, non mi hanno aggredito. Eppure non lo so… c’era qualcosa che non mi convinceva. –

- Che cos’hai fatto? –

- Gli ho detto che non era possibile. Che dormiva. –

- E loro? –

Draco si torse le mani, in grembo. – Mi hanno detto di andare a svegliarlo. –

Harry annuì lentamente, concentrato, come se fosse intento ad annotare ogni cosa nella testa.

- Io allora sono andato a prenderlo. Che altro avrei potuto fare? – gemette Draco. – Loro mi hanno chiesto se fosse James, e poi… -

- E poi? –

- Non lo so. – stridette Draco, nervoso. – Era tutto troppo strano. Uno di loro voleva che glielo lasciassi prendere in braccio, ma io ho detto loro che James non si lascia toccare dagli estranei. Hanno insistito, hanno detto che non potevo rifiutarmi, che era un ordine del Ministero, ma io ho detto loro che non li avrei lasciati avvicinare a James. Non volevo. Ho fatto bene, vero, Harry? –

Harry chinò la testa verso quella di Draco, che lo guardava, nervoso.

- Sì. hai fatto benissimo. – lo tranquillizzò, baciandogli la fronte. – E poi cos’è successo? –

- Loro hanno detto che disobbedire al Ministero era un crimine, ma a quel punto non lo so, sentivo che c’era qualcosa che non andava. Ho chiesto loro di andarsene, ho detto loro che dovevano stare lontani da James, loro ripetevano che era per il Ministero, per il Ministero, ma poi James ha cominciato a piangere, e io non ci ho visto più. –

- Draco… - Harry gli passò una mano fra i capelli. – Mi dispiace di non essere stato qui con te. Maledizione. –

Draco gli strinse una manica della camicia, come faceva James, tutte le volte che si svegliava da un brutto sogno.- Che cosa succede, Harry. –

- Non lo so. Ma qualsiasi cosa sia, non permetteremo che qualcuno si avvicini a James. Domani pretenderò delle spiegazioni, dovessi andare da Lowerton in persona. –

- Non mi piace che qualcuno voglia James. Che qualcuno pensi a lui, non voglio, ci pensiamo noi a lui, siamo i suoi genitori. –

Harry sfregò un braccio di Draco, affettuosamente. – Tranquillo. – sussurrò.

Draco annuì, e socchiuse gli occhi, appoggiato a lui. Harry stiracchiò i muscoli della schiena, e sollevò delicatamente il braccio, per controllare l’ora. Draco lo seguì con lo sguardo, e quando lo vide muoversi, indeciso, gli strinse di nuovo la manica.

- Rimani. – gemette. – Per favore. –

Harry si distrasse dall’orologio. Draco lo guardava negli occhi con un’intensità quasi insostenibile, potente e decisa. Nei suoi occhi, gli specchi di James, la voce e le risate di un bambino, suo e loro, ma anche una paura più adulta e più razionale, un’inquietudine istintiva.

Nulla più di un bambino rende un uomo animale, pensò Harry.

Nulla più di un bambino, del proprio bambino, rende un uomo leone, lo rende sensibile e primordiale, lo rende forte della sua stessa fragilità, perché un bambino è allo stesso tempo il punto più debole, il nervo più scoperto, e la forza più grande di un genitore.

Draco era tutto questo. Era istinto che non ammetteva briglie, in quel momento, era la potenza della Natura Madre, era la mano armata del suo stesso amore per James.

- Ma certo che rimango. – lo rassicurò Harry. – Resto qui con voi. –

- Che cosa vuole il Ministero, dal nostro piccolo… –

- Non lo so. Ma non ti preoccupare, lo scoprirò. –

Draco annuì un po’ troppo forte, ed Harry lo abbracciò, senza una parola.

 

James rimase con le manine chiuse sul grembo, ad osservare i suoi genitori, sul divano. Così stretti, così vicini, eppure c’era qualcosa che non andava. Non gli facevano venire voglia di sorridere.

Papà Harry stringeva papà Draco con troppa violenza, come se avesse cercato di tenerlo nascosto, di proteggerlo da qualcosa di brutto, di bruttissimo, e di tanto cattivo.

James ebbe paura. Si mise in piedi, appoggiandosi alle manine, afferrò il suo Bu Bum per un corno, e corse verso il divano, buttandosi sul divano, aggrappandosi al polpaccio di Draco, piegato e sporgente, e prendendo a piagnucolare senza un motivo.

- No, piccolo… - sussurrò lui, prendendolo subito in braccio, e stringendolo fra sé e Harry.

- Che cosa c’è da piangere, campione? – sorrise Harry, accarezzandogli la testolina con quelle sue mani tanto grandi che James pensò che, se solo lo avesse voluto, il suo papà sarebbe stato capace di spostare le montagne.

Non lo sapeva, che cosa aveva da piangere. Voleva soltanto essere certo che tutto andasse bene, probabilmente. Ma non sapeva come si fa a chiederlo, a volte la lingua che parlano i grandi è davvero troppo complicata.

Papà Draco aveva uno sguardo spaventato che lo rendeva un po’ meno bello, e James non voleva, voleva che il suo papà fosse sempre bello, bellissimo, così poi lo sarebbe stato anche lui, un giorno, da grande. Mestamente, affondò le manine nei suoi capelli tiepidi e chiarissimi, e Draco se lo strinse sulla spalla, gli baciò una tempia.

Harry teneva lo sguardo fisso sulla schiena del piccolo, James li poteva sentire, gli occhi verdi del suo papà eroe, così forti, così intensi, così caldi da sembrare un tocco.

E poi Draco si piegò verso di lui, e James si trovò stretto contro il petto di Harry, il suo volto, con le sue strane lenti, oltre l’altra spalla di Draco, che lo guardava, un po’ troppo assorto, per i suoi gusti, senza sorridere.

James sospirò, e si raggomitolò sul collo di Draco.

Si stava preoccupando troppo, probabilmente. Qualsiasi cosa stesse succedendo, i suoi papà avrebbero sicuramente saputo come fare, per sistemare tutto quanto, no? È a questo che servono i papà. A questo, e al bacino della buona notte. Oh sì, quello è davvero fondamentale.

 

Draco si mise a letto quasi a forza. Non voleva andarsene dalla cameretta di James, insistette a lungo per portare il piccolo a dormire con loro, ma Harry lo convinse che non c’era nulla da temere, non quella notte. Draco si strinse a lui fortissimo, ancora prima di aver sistemato le coperte, ed Harry ricambiò d’istinto, lo protesse con il suo corpo da un nemico che non c’era, o forse sì. Gli accarezzò lentamente la schiena, su e giù, aspettando che ritrovasse la calma necessaria a dormire un po’, anche se sapeva, entrambi lo sapevano, che quella notte non sarebbe passata facilmente.

- Non avere paura… - sussurrò Harry.

- Come posso. Ce l’hai anche tu. –

Harry affossò il volto fra il collo e la clavicola magra di Draco, baciandogli delicatamente la gola. – Andrà tutto bene. Non permetterò mai che qualcosa spaventi i miei bambini. Mai. –

 

 

ANGOLINO!

 

Signore e signori, una notizia importante! Spero vi siate accorti del cambio del regolamento in merito ai commenti, perché è davvero molto importante: non saranno più accettati, e quindi cancellati dall’Amministrazione, commenti troppo brevi, e che in sostanza chiedano solo di aggiornare. (es: Bella! Aggiorna presto!)

Per chi non lo sapesse, vi invito a correre a leggere la nuova regola, nella home page, perché mi rendo conto che molti di voi, che spesso lasciano commenti molto brevi, rischiano di veder cancellate le loro recensioni, e davvero mi spiacerebbe molto che il tempo che mi dedicate e di cui non sarò mai stanca di ringraziarvi venisse vanificato.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Perdere una guerra ***


La mattina dopo, Harry riunì attorno a sé le persone, le sole, che sapeva potessero, che volessero, soprattutto, fare qualcosa

La mattina dopo, Harry riunì attorno a sé le persone, le sole, che sapeva potessero, che volessero, soprattutto, fare qualcosa.

Remus Lupin fu il primo ad arrivare, appena pochi minuti dopo la convocazione generale via camino da parte di Harry. Era un po’ scavato, come sempre, e come sempre sorridente. Harry lo salutò con calore, con il calore della gratitudine, regalandosi qualche minuto per due semplici parole fra amici, prima che Draco scendesse, con James in braccio.

Harry gli rivolse uno sguardo accigliato, e con mesta preoccupazione studiò il suo volto pallido, tirato, segnato da quella notte passata quasi senza dormire. Draco sorrise debolmente a Remus, sparì in cucina, e tornò dopo pochi minuti, con il biberon di latte caldo, la colazione verso cui James si protendeva, eccitato. Nel giro di pochi minuti furono tutti lì, Pansy e Blaise, ed Hermione e Ron, seduti nel salotto di Draco, a guardarsi in faccia come se fosse una specie di riunione di tempi andati che non c’erano mai stati. Hermione e Ron vedevano per la prima volta il figlio di Harry, e ciò permise se non altro di concedersi qualche minuto di distensione, una sorta di proemio dedicato alla piccola causa di quella riunione. Il piccino si nascose in braccio a Draco, vergognoso, le manine intrecciate ai capelli della sua nuca, ma quando Hermione lo avvicinò, chiedendogli come si chiamasse, lui rispose “James” in modo tutto fiero, da vero, piccolo Malfoy.

- Io mi chiamo Hermione. – disse lei, con un sorriso. – Sono un’amica del tuo papà, sai? -

James arricciò il nasino, indeciso. – Minone! – esclamò, indicandola, e sollevando il visetto verso Draco, quasi a chiedere conferma.

Remus Lupin osservava il piccolo a metà fra il divertito e l’intenerito. Osservava come lui non lo guardasse, come probabilmente non si ricordasse più di lui, visto che era passato davvero moltissimo tempo da quando era stato lì a trovarlo, l’ultima volta. Osservava il modo in cui si stringeva il suo pupazzo a forma di cervo, con tutti i significati e i motivi che si portava dentro, troppo grandi e troppo complicati per un bambino, assolutamente irrilevanti per lui, con affettuosa attenzione, senza mai mollarlo un momento. James, il James grande, quello vecchio, quello suo, sarebbe stato fiero di suo figlio, e del suo nipotino. Poteva quasi immaginarlo, il suo amico di sempre, tendere le mani verso di lui, coinvolgerlo in mille giochi stupidi, per farlo ridere, e poteva quasi vedere Lily ridere di lui, quando il piccolo lo avesse chiamato “nonno”. Invece, il destino aveva voluto per lui, e per Harry stesso, qualcosa di molto diverso. E aveva chiamato lui ad essere ciò che di più simile ad un padre Harry potesse avere, dopo Sirius, e di conseguenza, ciò che di più vicino ad un nonno potesse esistere per James.

Un giovanissimo nonno, s’intende.

 

- Bene. – sussurrò Harry a mezza voce, e Draco gli si avvicinò, cautamente. – Sarà meglio essere brevi. È successa una cosa, ieri pomeriggio. –

Tutti i presenti si protesero in avanti, praticamente nello stesso momento, e lui continuò.

– Sono venuti qui degli Auror. Tre. E hanno chiesto di vedere James. Ora, io non c’ero, non ero qui, perché il Ministero mi aveva chiamato a risolvere delle stupide faccende, e… - Harry serrò i pugni, e James lo guardò, con il biberon a mezz’aria, assorto.

- Ad ogni modo Draco ha impedito loro di toccarlo, per fortuna. Volevano prenderlo in braccio, ma lui gliel’ha impedito. –

- Perché non ti hanno detto che cosa volevano? – intervenne Pansy, dubbiosa.

- Non lo so. Tutto ciò che si sono degnati di dire è stato che venivano per ordine del Ministero. –

Remus si strinse una mano sul collo, e si fissò le scarpe. – Brutta faccenda. – mormorò.

Draco strinse a sé James, che lo respinse con le manine, irritato. James aveva lo strano dono di capire quando fosse il caso di starsene buono, mentre i grandi discutevano, ma aveva anche la brutta abitudine di dare l’impressione di capire esattamente ciò che si stesse dicendo. Voleva sentire, voleva stare ad ascoltare, esattamente come tutti gli altri, non voleva essere protetto, non ne aveva bisogno, era un bimbo coraggioso, lui.

Per questo Draco formulò un sorriso forzato, per lui, gli accarezzò il visetto e lo distrasse un po’ con qualche parola giocosa, mentre Harry continuava a parlare con gli altri. E James lo punì con i suoi occhi dolcissimi, grandi e assorti.

 

Ho capito, papà, lo sai? Non sperare che io non sappia che c’è qualcosa che non va. Non sperare che io non legga la paura nei tuoi occhi. Non so leggere, papà, lo so, sono troppo piccino. Però i tuoi occhi, quelli sì, quelli li so leggere, perché sono la prima cosa che ho conosciuto di questo mondo, e a tutt’oggi restano ancora la cosa più bella, per me.

 

Draco si morse un labbro, chiuso nel suo piccolissimo mondo, con James, ignorando gli altri. – Non guardarmi così, tesoro… ti prego. - sillabò appena.

 

- Dovresti parlare con Lowerton, subito. – mormorò Blaise.

- No. – lo interruppe Hermione. – E’ l’esattamente l’ultima cosa che devi fare. Devi rimanere qui, Harry, non devi muoverti di casa. –

Remus annuì. – Ha ragione. A questo punto è più che ovvio che abbiano solo voluto allontanarti da casa, ieri, per poter trovare Draco da solo. –

- Già. – Harry sbuffò dal naso. – E io che ci sono cascato in pieno. –

- Non è colpa tua. – disse Pansy, pragmatica. – Che ne potevi sapere? –

- Il punto è, che si fa? – sospirò Blaise. – Se non vai al Ministero non scoprirai mai che cosa vogliono da James, ma loro aspettano solo che tu ti allontani di qui, a quanto pare. –

- Però potremmo cercare di indagare noi. – propose Ron. – Insomma, ci sarà pure qualcuno disposto a parlare, no? –

Remus annuì, e anche Pansy.

- Allora, ricapitoliamo. Tu dovresti… -

Hermione fu interrotta bruscamente da un picchiettio fastidioso. Tutti i presenti si voltarono verso la finestra su cui stava appollaiato un bel barbagianni chiaro.

Draco diede un gemito strozzato, ed Harry gli strinse una mano, per un istante, prima di alzarsi.

Il gufo gli consegnò il suo messaggio, che Harry srotolò soltanto una volta tornato a sedere sul divano.

Si schiarì la voce, mentre scorreva rapidamente le poche righe.

 

Signor Potter

Siamo spiacenti di doverla disturbare nuovamente, ma come Lei ben sa, la sua presenza è indispensabile, ai fini della prosecuzione dei lavori processuali tutt’ora in corso, nei confronti di molti imputati ancora privi di una sentenza.

Il Tribunale perciò La invita formalmente a presentarsi al Ministero della Magia, in data odierna, alle ore 15.00. La riunione della Corte Speciale si riunirà in consiglio alle ore 15.10 in punto.

Confidiamo nella sua disponibilità.

Cordialmente.

Il Tribunale Speciale

 

- Come pensavamo, che puntualità. – constatò Remus, accigliato.

- Che facciamo? – ansimò Harry, stritolandosi nervosamente la pergamena fra le mani. – Non posso permettere che mi incastrino di nuovo, ma non posso nemmeno rispondere loro “arrangiatevi”. –

- Harry non andare. – soffiò Draco.

Harry inspirò a fondo, abbandonandosi all’indietro, verso Draco. era arrabbiato, e spaventato, lo si vedeva benissimo. Ma se i suoi amici, che erano stati suoi compagni durante la guerra, riconoscevano nelle pieghe della sua fronte la stessa espressione di quando si andava incontro ad un’imboscata, per Draco era tutto nuovo, tutto molto diverso dall’Harry che aveva conosciuto fino a quel momento, tutto molto meno stabile, meno sicuro.

- Sta tranquillo, dai. Andrà tutto bene. – gli mormorò Harry su una tempia, cingendogli le spalle.

- Se fossimo in grado di procurarsi della Polisucco, qualcuno potrebbe andare al posto tuo. – osservò Ron.

Un momento di silenzio impotente scese, prima che Blaise risollevasse la testa di scatto. – Hey! – esclamò, quasi facendo sobbalzare i presenti. – Ma noi possiamo procurarcela! –

- Ah sì? – sbottò Pansy. – E come pensi di fare? –

- Semplicemente, penso di chiedere a Piton. – le mugugnò in faccia Blaise, per tutta risposta.

- Se c’è un posto dove potrebbe esserci della Polisucco, è a scuola. – annuì Hermione. – E il professor Piton… -

- Oh no, Piton no. – gemette Ron.

Hermione lo investì con un’occhiataccia, e proseguì. – Lui ci aiuterà. O quantomeno, ci darà un po’ di pozione e ci manderà tutti al diavolo. -

 

*          *          *

 

- Allora, tutto chiaro? – fece Harry, teso.

- Chiaro. – rispose Harry, altrettanto teso.

Harry, quello vero, si lasciò sfuggire un mezzo sorrisetto. – Dio sei… beh, identico a me, in modo spaventoso. –

Harry, l’altro Harry, alzò gli occhi al cielo. – Non ti ricordi di quella volta che siamo entrati… -

Harry zittì la sua copia con un’occhiataccia, e il falso Harry si affrettò a mordersi la lingua, e a scoccare un’occhiatina prudente a Malfoy, fortunatamente distratto.

- Allora, buona fortuna, Ron. – fece Hermione, aggiustando la giacca del falso Harry. – Ti aspetto da me, appena avrai finito con la riunione. –

- Hai preso la fiaschetta di pozione? – intervenne Pansy.

- Sì. Ce l’ho, tutto a posto. – borbottò Ron, toccandosi una tasca dei pantaloni.

- Ricordati di prenderla, allo scadere di ogni ora. –

- Me lo ricordo, Hermione, non mi chiamo Neville Paciock. –

Harry alzò gli occhi al cielo. – Su, smettila di prendere in giro il povero Neville. Dai, prendi la mia valigetta. Non ti servirà a niente, ma io la porto sempre, quindi… -

- Bah… - borbottò Blaise. – Ancora non riesco a capire perché abbiate scelto lui, invece che me. –

- Perché Ronald conosce Harry molto più di tutti noi. – mediò Remus. – E poi è stato in Scozia, con lui. Se si parlasse di battaglie, almeno lui saprebbe cosa dire, non pensi? –

- Noi due andiamo a casa mia. – concluse Pansy, pratica. – Chiamateci lì, quando sarà finita. -

- D’accordo. Ron tornerà da me, e noi verremo subito qui, intesi? Remus, viene anche lei da me? Sarà meglio non disperderci, sarà più facile riunirci tutti di nuovo. –

- Volentieri, Hermione. Spero di poter approfittare di un buon tea. – rispose Remus, con un sorriso.

 

Draco osservava tutti i preparativi con occhi vacui. Solo quando Harry parlò di come organizzare le comunicazioni si rianimò un pochino.

- Potresti nasconderti in cucina. – suggerì. – Io resterò qui in salotto con James, e loro non potrebbero vederti, entrando.

Harry passò in rassegna con lo sguardo tutti quanti, e Draco si sorprese a pensare che probabilmente aveva fatto sempre così anche durante la guerra, a giudicare da come i suoi amici lo ricambiavano. E non gli piaceva per niente, che Harry si comportasse come se dovesse prepararsi ad una battaglia.

 

Rimasti soli, il suo sguardo cambiò, ma l’umanità più tenera che ora Harry stilava era ancora troppo pregna di un cipiglio nervoso e guerresco.

James fu accomodato sul tappeto, e circondato dai suoi giochi, mentre Draco, giornale fra le mani, fissava il vuoto, con il cuore in gola.

- Non essere così teso. – lo ammonì dolcemente Harry. – Vedrai che non succederà niente. –

- Non lo so. Ho paura, Harry, ho un presentimento bruttissimo. –

- Ma io sarò qui, e non permetterò che accada niente. Non permetterò a niente e a nessuno di toccare James. –

Draco deglutì. – Harry, non… non ce lo porteranno via, vero? – osò finalmente insinuare. Confessare, più che altro. Confessare il suo peggior incubo.

- Ma no, certo che no. – si affrettò a rassicurarlo Harry. – Non possono farlo, non avrebbe senso. –

Draco annuì distratto, occhieggiando di tanto in tanto verso la porta di casa.

Harry rimase immobile, accanto a lui, per pochi minuti, e infine sospirò.

- Ron sarà arrivato, ormai. – disse, controllando rapidamente l’orologio. – Sarà meglio che vada di là. –

- Ok. – sibilò Draco, in un modo che spaventò Harry molto più della prospettiva di dover affrontare un esercito intero di Auror. Draco aveva una tale empatia, nei suoi momenti di paura, che Harry riusciva quasi a sentire lo stomaco farsi stretto, come il suo. Era così, era sempre stato così, con lui, fin dai tempi della scuola.

Si alzò, e in punta di piedi si chiuse in cucina, e si appostò contro il muro.

 

Dopo una decina scarsa di minuti, il campanello trillò.

 

Draco deglutì a vuoto, scoccò un’occhiata a James, e lentamente, misuratamente, si alzò, per andare ad aprire.

Non erano gli stessi uomini del giorno prima, erano cambiati, ma erano sempre tre.

- Signor Malfoy? – fece uno di loro. – Siamo qui per ordine del Ministero. –

- Sono venuti anche ieri. – replicò Draco, piuttosto seccamente.

- Sì, infatti. – rispose l’uomo, senza scomporsi. Infilò la mano guantata in una tasca del suo mantello, ne estrasse un foglio di pergamena dall’aria ufficiale, e la scorse rapidamente con gli occhi. – Signor Malfoy, vista la sua reticenza nei confronti dei nostri colleghi, ieri, ci spiace essere dovuti ricorrere alle vie legali. Abbiamo il compito di prelevare suo figlio. – disse, porgendo il foglio a Draco.

Draco strabuzzò gli occhi. – Che.. cosa? – ansimò, ignorando completamente la mano dell’uomo, mentre nella sua mente  prendevano forma tre mostri, di fronte a lui, sovrapponendosi ai tre Auror.

- Mi dispiace, ma deve consegnarci il bambino. È per ordine del Ministro, ordine scritto, questa volta. – spiegò freddamente un altro, infastidito, a quanto sembrava, dal fatto che Draco non sembrava voler accettare la pergamena.

- Nemmeno per sogno. – riuscì a formulare Draco. – Via di qui, immediatamente. –

- Non ci costringa a usare la forza, signor Malfoy. – insistette il primo, con tono professionale, arrendendosi ed appoggiando il mandato sulla mensola che campeggiava nell’ingresso. – Perché questa volta ne ho l’autorizzazione. Siamo qui per prelevare il bambino. –

Draco ringhiò, e mise mano alla bacchetta prima di rendersene conto. – State lontani. – sibilò.

- Non lo faccia, Signor Malfoy. – rispose il terzo uomo, annoiato. – Non le conviene andare contro la legge. –

- Non esiterò a farlo. –

- Nemmeno io. –

 

Harry balzò fuori all’improvviso, prendendo persino Draco alla sprovvista. I tre Auror si irrigidirono contemporaneamente, sorpresi.

- Signor Potter, ma lei… -

- Spiacente, ci avete provato… - ringhiò Harry. - Draco, Prendi James, e stai indietro. – intimò, la bacchetta ben puntata davanti a sé.

- Metta giù la bacchetta. – ingiunse un Auror, avanzando di un passo. – Siamo qui per ordine del Ministro, e… -

- Me ne frego, del Ministro, uscite subito da qui! –

- Con il bambino, signor Potter. –

- Scordatevelo. –

- Reducto! –

Una scarica violacea partì dalla bacchetta di uno dei tre, mancando Harry di un soffio. James scoppiò a piangere, spaventato dal frastuono, e Draco tese la bacchetta davanti a sé, di riflesso.

Harry ringhiò nuovamente di andarsene, ma i tre Auror lo circondarono, costringendolo contro la parete.

- Stupeficium! – gridò uno di loro, ed Harry chiuse gli occhi, pronto ad incassare.

Ma nulla lo colpì.

Frastornato, si chiese come diamine fosse riuscito ad evitare uno Schiantesimo lanciato da così vicino, quando lo vide cadere, come al rallentatore.

Draco crollò a terra inerme, il volto imbrattato di sangue, per il raggio che lo aveva centrato in pieno volto, a tradimento, mentre teneva la bacchetta ancora alzata. James era fra le sue braccia, e in qualche modo, pur nell’incoscienza, forse solo per fortuita casualità, Draco riuscì a proteggerlo dalla caduta, ad attutire il colpo con il proprio corpo.

- Papà! – strillò il piccino, terrorizzato, ma Draco non potè rispondergli. La sua bacchetta scivolò via dalla sua mano, rotolando fino al tappeto con un rullio sordo.

Harry era impietrito, completamente impietrito, ed inorridito, come se il film della sua stessa infanzia si stesse replicando di fronte ai suoi occhi attoniti. Un bambino che urlava, di fianco al padre, a terra, prima di venire afferrato dalle mani troppo grandi e rudi di quello che era, né più né meno, un soldato.

- Lasciatelo! – ruggì, scatenando un raggio impressionante contro l’Auror più vicino.

- Protego! –

Lo Schiantesimo di Harry colpì l’Auror solo di striscio, lasciandolo senza forze, ma tre erano troppi da affrontare, in un ambiente così stretto, persino per lui.

- Diffindo! –

- Harry evitò il colpo sbilanciandosi, e puntando di nuovo la bacchetta davanti a sé, ma così circondato non potè far altro che cercare di colpirne almeno uno.

- Reducto! – gridò, quasi in contemporanea con l’Auror che lo bloccava sulla sinistra, e un attimo dopo, Harry si ritrovò a terra, a sua volta, stordito e dolorante.

Sentì il gemito dell’Auror che aveva colpito, sentì il suo collega aiutarlo a rialzarsi, sentì il terzo di loro intimare di muoversi, di far presto, e sembrava tutto mostruosamente vero.

- James! – gridò, senza riuscire ad allungare nemmeno una mano verso la porta che si richiudeva sbattendo dietro ai tre Auror.

 

Per un momento, Harry pensò di lasciarsi andare, di arrendersi, e perdere coscienza lì, sul pavimento.

Era finito, era tutto finito, era come aver perso una guerra, tutte le guerre, tutte le guerre del mondo, e non riuscire a capacitarsene, lì, sul pavimento di casa. Ma poi la rabbia, la furia, montarono in lui come fuoco, costringendolo a rimettersi in piedi.

- Draco… - sussurrò, gattonando a fatica di fianco al compagno esanime. Gli ripulì delicatamente il viso dal sangue, fece ciò che potè, controllò che il resto fosse intero. Per il suo naso rotto avrebbe dovuto aspettare.

- Innerva. – sussurrò, lasciando che Draco riprendesse conoscenza gradualmente.

Non avrebbe saputo come dirglielo. Parole adatte, non esistevano.

- Harry. – sussurrò Draco, dolorosamente.

- Shhh… hai il naso rotto. Non parlare. –

Draco si agitò quasi subito, appena riacquistata la forza sufficiente. – James. – farfugliò, concitato.

Harry chinò penosamente la testa, senza riuscire a fiatare, e Draco, dopo un momento di silenzio attonito, gemette.

 

 

 

ANGOLINO!

 

Scusate per il ritardo, ma sono riuscita nell’impossibile impresa di scrivere questo cap nel file di Virgin, invece che in quello di Fathers, ragion per cui mi sono disperata per giorni, e ci ho impiegato anni a ritrovarlo… Effettivamente non mi tornavano i conti, non riuscivo a capire come diamine facessero Harry e Draco a ritrovarsi con un figlio dopo il primo appuntamento -___-’

Beh, tutto è bene quel che finisce bene. Anzi no, proprio per niente, visto che i guai iniziano adesso…

Grazie a tutti quelli che hanno come sempre recensito, e per la cronaca autorizzo Far a raccontarmi della sua comunione!

Ma a parte gli scherzi, non dovete preoccuparvi della cancellazione se la vostra recensione non è particolarmente lunga, dovete solo evitare di lasciare soltanto uno scarno “Aggiorna”, perché sarà preso come una richiesta, e non come una recensione, e pertanto verrà cancellata!

Ah sì, una cosa che mi aveva chiesto Sara tempo fa, riguardo ai Missing Moments: ne riparleremo più avanti, vorrei proporvi un’idea che mi è venuta tempo fa, quindi portate pazienza per un po’, vi farò sapere!

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Appunti ***


- Lowerton

- Lowerton! – ruggì Harry, irrompendo nel corridoio deserto del Ministero. – Dov’è mio figlio! -

La porta dell’ufficio del Ministro era chiusa a chiave, ma Harry si abbatté sul suo legno massiccio e scuro con furia animale, facendo vibrare persino la parete circostante.

Draco, dietro di lui, livido, teneva le dita strette attorno alla bacchetta, e dentro di lui, come una cantilena, fluttuava la sua stessa voce.

Avrebbe ucciso, avrebbe ucciso, avrebbe ucciso per suo figlio.

- Signor Potter! – intervennero due Auror, accorrendo al frastuono che Harry stava scatenando, ma Harry li incenerì con un’occhiata, e Draco puntò immediatamente la bacchetta contro i loro distintivi dorati.

Nessuno, né Hermione, ne Lupin, né Blaise, arrivati appena Ron era tornato dal Ministero, era riuscito a fermarli, una volta ripresi completamente dalle conseguenze degli incantesimi che li avevano colpiti. Semplicemente, si erano alzati dal divano dove gli amici li avevano fatti sdraiare, per curare i lividi di Harry e il naso rotto di Draco, e ignorando qualunque genere di tentativo di farli ragionare, erano partiti insieme, per il Ministero, con le facce più nere che si fossero mai viste.

 

Sapevano entrambi che gli amici li avrebbero raggiunti, era solo questione di tempo, ma erano comunque andati avanti, perché nessuno, in quel momento, sarebbe riuscito a correre più di loro, e in cuor suo Harry sperava di poter riavere James in braccio prima che Hermione e Pansy riuscissero a raggiungerli.

- Signor Potter, si calmi! –

 Harry schiantò di nuovo i pugni contro l’uscio, ignorando qualsiasi altra cosa. - Apri questa porta, Lowerton, maledizione! Ridammi immediatamente mio figlio! –

I due Auror, sconcertati, non tentarono nemmeno di cercare di immobilizzare Harry, perché Draco li teneva sotto tiro, e la sua faccia non prometteva davvero nulla di buono.

- Lowerton! Vieni fuori! – gridò ancora Harry, ma da dietro l’uscio non proveniva alcun rumore.

- Levati, Harry, sfondo la porta. – fece Draco, fermo.

- Aspetta, no. – lo fermò Harry. – Voglio vedere se questo vigliacco viene fuori da solo, o se devo andare a stanarlo come un topo. –

- Basta, basta! – intervenne una voce concitata, dal corridoio. – Harry, fermati! Draco, per l’amor del cielo, giù quella bacchetta! –

Hermione annaspò fino a raggiungere gli amici davanti alla porta. Dietro di lei, uno scalpiccio, di parecchi piedi.

– Non farete che complicare la situazione. – gemette, con il fiato corto.

- Non c’è nessuna situazione. – borbottò Harry. – Rivogliamo nostro figlio, eccola, la situazione. –

- Draco… - sussurrò Pansy, sopraggiungendo assieme a Blaise, e a Ron. – Draco, devi restare calmo. –

- Non ci penso nemmeno, a stare calmo! – strepitò Draco, le guance rosso sangue per la collera.

- E invece dovrebbe, signor Malfoy. –

 

Una voce controllata e ben impostata raggiunse il gruppetto nel corridoio, davanti alla porta dell’ufficio del Ministro.

- Continuare ad insistere davanti a quella porta non servirà a niente. Il Ministro non è lì dentro. –

- E allora mi dica dov’è. – ringhiò Harry, voltandosi di scatto.

- La attende al piano inferiore, signor Malfoy. – rispose l’uomo che aveva parlato, vestito elegantemente, in modo piuttosto sorpassato, con la sua voce controllata.

Harry storse il naso, davanti al suo più che palese tentativo di ignorarlo.

- Veniamo anche noi. – annunciò Hermione, decisa.

- Temo non sia una faccenda che riguardi altri, all’infuori del signor Malfoy. – replicò l’uomo, inflessibile.

- Oh, vuole vedere chi stabilisce le regole, qui? – lo minacciò Harry. – Ci faccia strada, e in fretta, anche. Non starò a sentire un’altra parola, finché non avrò rivisto mio figlio. -

 

*          *          *

 

- Ciao, piccino. –

Tu non sei il mio papà. Chi sei? Dove sono i miei papà?

- Io mi chiamo Nancy. E tu? –

Che cosa sei? Sei una mamma? Dove sono i miei papà?

- Ti chiami James, vero, piccolo? Su, me lo vuoi dire, il tuo nome? –

Forse se le dico il mio nome, lei mi porta dai miei papà.

- James. –

- James, bravo bambino. Ascolta, io starò qui con te, va bene? Possiamo giocare insieme, vuoi? –

Giocare insieme? No, no, tu non sai giocare. Solo i miei papà sanno giocare. E la zia Pansy, e lo zio Blaise. Ma tu non sei la zia Pansy, non le somigli affatto.

- … Papà Daco? Papà Dedy? –

Li conosci? Oh, per favore, dimmi di sì. Li conosci per forza, non puoi non conoscerli. Papà Harry è quello forte, è quello che fa l’eroe, sai? Quello che fa le tille, e tutto il resto, e che mi fa cavalcare sulle sue ginocchia, e un sacco di altre cose. E papà Draco è quello bellissimo, lui è il papà più più più bello del mondo. Papà Draco è quello con i capelli tutti morbidi. Li conosci, eh? Eh?

- I tuoi papà staranno via per un po’, caro. Ma tu non ti preoccupare, vedrai che ci divertiremo,io e te, sai? Hai fame, piccolino? Lo vuoi un bel biscotto? –

Fame? Oh no, la mela! Oh, solo papà Draco sa farmi la mela frullata come la voglio io. Con il succo di zucca, e i pezzetti grossi dentro… no, no senti, i miei papà non possono essere andati via senza di me. Devi esserti sbagliata, sai? Papà Draco non vuole mai che io vada lontano da lui, nemmeno quando siamo al parco, perché dice che c’è troppa gente, e poi mi perdo. Non può essere andato via senza di me.

- … Papà… -

- Non piangere, tesoro, su. Vedrai che ti piacerà rimanere qui con me, non preoccuparti. Forza, vuoi che leggiamo una storia? Una bella storia che vuoi tu? –

Non voglio storie. Tu non le sai raccontare, le storie. La zia è la più brava, oh sì, ma anche papà Draco è bravo. Papà Harry invece è un po’ imbranato, perde sempre il segno, e poi si sbaglia sempre con tutti i finali, però mi fa ridere, lui. Invece tu non mi fai ridere per niente, no. Non hai un profumo di buono, come papà Draco. E non profumi nemmeno di eroe. Solo il mio papà Harry profuma di eroe.

Chi sei? Perché non vuoi dirmi dove sono i miei papà?

- Gno… gno, papà! Papà Daco! –

- Il tuo papà non c’è, piccolino, ma non devi avere paura. Io sono qui per tenerti compagnia. Faremo tanti bei giochi, vedrai. Su, non piangere. –

È tutto un brutto sogno. Un brutto sogno bruttissimo, bruttissimo, e lo sai che cosa succederà adesso? Papà Draco mi sentirà piangere, e verrà a svegliarmi, e mi prenderà in braccio, e tu scomparirai, sì!

- Su, James, va tutto bene, caro. –

No, non è vero. Dove sono i miei papà!

- Bugia! Bugia! –

- No, non è una bugia. Forza, vieni, perché non ti siedi qui vicino? Così puoi scegliere un bel gioco da fare.  –

No! Non mi toccare! Vai via, vai via, tu sei brutta!

 

*          *          *

 

Il Ministro Lowerton occhieggiò nervosamente al volto di Harry, livido di rabbia, a Draco, che digrignava i denti sonoramente, e ad Hermione, che era entrata di forza nell’ufficio.

- Conosce il signor Wharrel, signor Potter? – incominciò con voce leggera. – Ha incontrato sua moglie assieme a noi, qualche tempo fa. –

- Lei mi ridia mio figlio, e io fingerò di essermi dimenticato il suo nome. – ringhiò Harry.

- Temo che non sia possibile. – recitò il signor Wharrel. – Signor Malfoy, abbiamo ricevuto notizia dal San Mungo che suo figlio possiede doti assolutamente singolari. Ci è stato riferito che la sua capacità di magia spontanea è sfuggita al controllo del personale, durante la prova di misurazione, ed ha seriamente sconvolto l’ambiente circostante. –

- L’esito di quegli accertamenti dovrebbe essere un segreto professionale. – sibilò Draco.

- Non quando essi costituiscono un importante pericolo per la comunità. – replicò Wharrel, ed il Ministro annuì solennemente.

- È nostro dovere prelevare il bambino, affinché possa essere sorvegliato adeguatamente, e seguito nel suo sviluppo da persone preparate, in grado di proteggerlo dal pericolo che costituisce per sé e per gli altri. –

- Mio figlio non è affatto un pericolo! – ringhiò Draco. – Mi guardi bene in faccia, perché le assicuro che in questo momento sono io, l’unico pericolo per lei! –

- Non c’è bisogno di scaldarsi, signor Malfoy, sono certo che lei vorrà essere abbastanza ragionevole da comprendere che… -

- Hey, nessuno qui sarà ragionevole, e la smetta di ignorarmi, come se non fossi presente! – intervenne Harry, seccato.

L’uomo vestito in modo antiquato fissò Harry con uno stupore tutto artificiale.

- Oh, temo, signor Potter, che lei non abbia voce in capitolo. È con il signor Malfoy che dovrò discutere la questione, non con lei. –

Draco rivolse ad Harry un’occhiata confusa, ed Harry a lui una rigida.

– Che significa che parlerà solo con Draco? – ringhiò. – Perché, io non valgo niente, qui? –

Il sorriso dell’uomo si allargò. - La sua firma non compare sui certificati del San Mungo. – disse, professionale. - A tutti gli effetti, il bambino porta il suo cognome senza diritto. –

- Il signor Wharrel è un avvocato del Ministero, signor Potter. – intervenne il Ministro a mezza voce. – Abbiamo fatto delle verifiche, e… -

Draco aprì la bocca, sperando di sentirne uscire una replica indignata, ma qualcosa gli fermò la voce nella gola, lasciandolo lì attonito.

- Come sarebbe a dire! – ruggì Harry. – E’ ridicolo, sapete tutti che quel bambino è mio figlio! Tutti, tutti quanti! -

- Ma non c’è nulla che lo dimostri. –

- Esiste un esame babbano in grado di dimostrare che James ha il sangue di Harry. – intervenne Hermione, incrociando le braccia con aria di sfida. 

- Temo, signorina Granger, che la tecnologia babbana non sia uno strumento valido. Nessuno qui sarebbe in grado di valutarne i risultati. -

- Non è vero! Ci sono un sacco di figli di Babbani che lavorano qui, e che sanno benissimo che cos’è un test del DNA!-

- Ma noi non lo sappiamo. – concluse l’avvocato, soave. – E lei comprenderà che non possiamo rischiare di farci ingannare. -

Draco ringhiò, e si levò in piedi. – Maledizione, basta! Volete dirmi o no dov’è mio figlio? –

- Verrà fissata un’assemblea, entro un’ora, in cui le verranno date le debite spiegazioni, signor Malfoy. – Wharrel si aggiustò la cravatta dal colore opaco. – Un’assemblea a cui verrà ammesso solo lei. –

Harry ringhiò, ma Hermione gli posò una mano sulla gamba, per farlo calmare.

 

I tre vennero fatti uscire, e lasciati in un ufficio in disuso, a rimuginare, o a sputare rabbia. Gli altri erano stati malamente rispediti a casa, ma loro lo vennero a sapere solo dopo un bel po’, quando ormai non potevano più sperare di raggiungerli.

Erano rimasti solo loro, erano stati isolati, da Remus, che probabilmente avrebbe potuto dar loro qualche consiglio, e da tutti i loro amici, da qualsiasi supporto.

- Vi devono delle spiegazioni, Draco. – mormorò Hermione, decisa.

- No. Mi devono James, perché delle spiegazioni non me ne faccio niente. – soffiò Draco.

Harry percorse la stanza nervosamente, un paio di volte, come se si fosse trovato chiuso in una prigione.

- Draco, ascoltami, vogliono te perché credono che tu sia più malleabile di me. – disse all’improvviso. – Soltanto per questo hanno convocato solo te, capisci? –

- Oh, non sarò affatto malleabile, se si tratta di mio figlio. –

Harry annuì, e gli strinse le spalle. – Bravo. – sussurrò. – E’ esattamente questo che devi fare. Vai là dentro e dimostra a tutti che sei un Malfoy della peggior specie, e soprattutto dimostra loro di che pasta è fatto un padre incazzato. -

- Posso spaccare il naso a quei figli di puttana come loro hanno fatto a me? -

- Oddio sì che puoi farlo, hai la mia incondizionata benedizione. –

Hermione si appoggiò allo stipite della porta e sospirò.

- Ok, sentite. La situazione mi sembra dannatamente delicata, perciò… Harry, tu dovrai stare calmo. E, Draco, tu dimenticati di spaccare nasi. Dovrai tendere le orecchie ad ogni parola che ti diranno. –

- Non ho bisogno che tu me lo dica, Granger. –

- Te ne intendi di processi, Malfoy? – sbottò lei, piccata.

Draco grugnì, e fece un rapido cenno di diniego.

- Beh, io sì, e se farai ciò che ti dico forse riuscirò ad aiutarvi, non pensi? –

- Che cosa intendi fare? –

Hermione si strinse nelle spalle. – Capire le loro intenzioni, innanzitutto. Per il momento non si può far altro. –

 

Quando Draco venne chiamato, Harry si rassegnò a rimanere fuori dalla porta senza opporre troppa resistenza, e con lui rimase Hermione, che non perse tempo, si procurò una penna e qualche foglio, e cominciò subito a buttare giù qualche appunto. Harry la guardava, e si sentiva strano: da una parte era felice che lei fosse al loro fianco, si sentiva sollevato, sapeva di essere in buone mani. Dall’altra parte, avrebbe voluto stracciare quelle carte con tutta la sua rabbia. Non gli piaceva per niente che suo figlio stesse diventando una questione di appunti su una pergamena.

 

 

 

ANGOLINO!

 

Questo capitolo è tutto per la malefica Salazar, e lo sai perché? Perché è stato dannatamente difficile cercare di rendere il tono drammatico della situazione, quando ogni benedetta volta che scrivevo “Signor Malfoy” mi spaccavo dalle risate ripensando al Señor Malfoy… Olé! XD

 

Un grazie enorme anche a chi ha recensito le mie due ultime shot, “give in to me” e “under a rainy sky”. Per la cronaca, sono assolutamente diversissime, lo so, però sono in periodo Shot, che posso farci! ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Serpenti ***


- Lowerton

- Come… sarebbe a dire?!? – ruggì Draco.

- Signor Malfoy, il Ministero ritiene che lei non sia un genitore idoneo, per il bambino. – ripeté il signor Wharrel, annoiato.

 - Sono suo padre! –

- Sì. Ma vive solo, non può garantire al bambino una figura familiare corretta. –

- Non siate assurdi, c’è Harry con me! –

- La posizione del signor Potter è già stata chiarita, mi pare. –

Draco schiantò i pugni sul tavolo, furibondo. - Harry è suo padre! –

- Signor Malfoy… - Wharrel socchiuse gli occhi, infastidito. – La invito a ragionare, e a non complicare ulteriormente la sua posizione. –

- La mia posizione non è affatto complicata. – sbottò Draco. – Sono il padre di James, e pretendo che mi sia restituito. –

- La sua posizione non è delle più limpide, invece. – rispose finalmente il Ministro. – Signor Malfoy, suo padre è rinchiuso ad Azkaban, per gli ignobili crimini commessi durante la guerra… -

- Che razza i discorso sarebbe, questo! Io non mi sono mosso dalla casa che VOI mi avete assegnato, durante tutto quel tempo. –

- Nessuno la accusa di aver commesso nulla. – mediò il Ministro, occhieggiando spesso all’avvocato seduto vicino a lui. – Ma essere il figlio del peggior Mangiamorte che… -

Draco roteò gli occhi, rosso in viso. - Vorrebbe far ricadere su di me le colpe di mio padre? –

- Non possiamo permettere che un bambino dotato di simili poteri sia affidato ad una persona di dubbie ideologie, signor Malfoy… -

- Quel bambino è il figlio dell’eroe che avete osannato per anni ed anni! – esplose Draco. – Come potete essere tanto ipocriti da… -

- … Glielo ripeterò nuovamente. - Wharrel ignorò l’occhiata furibonda di Draco. – Per la legge è lei l’unico genitore del bambino, e, mi dispiace dirlo, ma nei suoi trascorsi, in quelli della sua famiglia, ci sono ben poche prove di integrità. –

- Smettetela di ignorare Harry, lui è il padre di James, ed è solo per questa ragione che si è scatenato tutto questo! –

- Il signor Potter non c’entra affatto, signor Malfoy. –

- Ah no? E allora che ne è del bambino dal sangue d’oro che vi siete divertiti ad acclamare solo pochi mesi fa! –

- Il sangue di suo figlio ormai non ha più alcuna rilevanza. –

- Ma vi ha fatto vincere una guerra! –

- Appunto! – intervenne Lowerton, vivacemente. – Signor Malfoy, si rende conto che suo figlio potrebbe diventare il più grande Auror di tutti i tempi? Se usassimo il suo potere per proteggerci, nessun Signore Oscuro rischierebbe più di… -

- Non permetterò che mio figlio venga usato! – ringhiò Draco, indignato.

- Ma signor Malfoy, stiamo parlando di una possibilità immensa per tutta la comunità! –

- No, Ministro, stiamo parlando di un bambino di due anni non ancora compiuti, che Lei vuole usare soltanto perché si dica che il suo Ministero ha garantito la sicurezza ai maghi d’Inghilterra! –

- Via, non crede che sarebbe… -

- No, non credo proprio niente. Preferisco affrontare dieci Signori Oscuri a mani nude e tenermi mio figlio. – lo prevenne Draco.

- Mi spiace molto, signor Malfoy, ma non sarà lei a scegliere. Per come stanno le cose, per la posizione che non uno, ma tutti i membri della sua famiglia hanno scelto di prendere, spero si renderà conto che la corte che giudicherà il caso non le lascerà la custodia del bambino. –

- La smetta di parlare di me come se fossi mio padre o mia madre! – ruggì Draco. – Ho forse preso il Marchio, io? –

Wharrel sfoderò un sorriso educato. - No, ma è stato coinvolto in fatti di notevole rilevanza, all’epoca del suo sesto anno. I Mangiamorte arrestati ce ne hanno dato conferma. –

Draco aprì la bocca per urlare, e dentro di lui qualcosa gridava che no, non era possibile, non poteva essere così davvero. Non poteva essere che improvvisamente tutti i suoi errori, e quelli degli altri, si scatenassero in quel modo contro una creatura innocente. Non poteva essere che davvero volessero portargli via il suo bambino.

Semplicemente, non era così.

- Signor Malfoy, dimostri di essere una persona accorta, e rinunci a qualsiasi azione che potrà solo danneggiarla. –

- Non rinuncerò a mio figlio. –

- Presto il bambino smetterà di essere sotto la sua tutela. Nessun membro della corte lascerebbe un simile portento nelle mani di una persona dubbia come lei. –

Draco si morse forte la lingua. – Stia attento a come parla, perché altrimenti potrei dimostrarmi davvero meritevole di una condanna. – soffiò.

- Via, Wharrel, sono certo che il signor Malfoy avrà compreso. –

- Io non…  -

- Signor Ministro! –

 

Draco fu bruscamente interrotto da un grido forsennato, ed un istante dopo la porta si spalancò, e Nancy entrò caracollando nello studio di Lowerton.

- Signore, il bambino… il bambino… - cominciò ad ansimare, livida di paura.

Draco scattò in piedi all’istante.

- Che cosa. – scandì. – Cos’ha mio figlio! –

- Signore, signore… - continuò la donna. – Il bambino… i serpenti… oh cielo, oh cielo. –

Un frastuono proveniente dal corridoio disturbò ulteriormente la donna, e un momento dopo Harry entrò come una furia, dalla porta rimasta aperta. - Dov’è. – scandì, proiettando immediatamente il suo sguardo sulla donna.

- Signor Potter, lei non può… -

Harry fulminò Lowerton con un’occhiataccia assassina. – Ho sentito ciò che ho sentito? Avete messo mio figlio in mezzo a dei serpenti? –

- No, no! Oh, cielo, cielo. –

Harry scattò verso la donna, e l’afferrò per la giacca. – Mi porti immediatamente da mio figlio. – la minacciò.

- La lasci andare, signor Potter. –

- Immediatamente! –

Draco spinse via la sedia ed affiancò Harry. – Avanti. – fece, incrociando le braccia. – Le consiglio di portarci subito da lui. E di pregare chi più preferisce che mio figlio non abbia nemmeno un graffio, perché altrimenti… -

Nancy scoccò un’occhiata terrorizzata a Lowerton, che suo malgrado fu costretto ad aggrottare le sopracciglia, e a farle cenno di obbedire.

 

La stanzetta davanti a cui si fermarono i quattro aveva il vetro della porta oscurato, ed era chiusa a chiave.

- Avete chiuso mio figlio a chiave in una stanza. – sibilò Draco. – Io vi… io vi faccio a pezzi, tutti quanti… -

- La apra. – ordinò Harry, secco.

Riluttante, la donna puntò la bacchetta contro la serratura, e schizzò all’indietro, quando questa scattò.

Draco fece per avventarsi su di essa, ma Harry lo fermò con un’occhiata significativa, e Draco ritirò la mano, tremante per tutta la tensione accumulata e mal sfogata.

Con prudenza, Harry aprì la porta, e appena riuscì a mettere a fuoco la situazione, spinse immediatamente Draco indietro, proteggendolo con un braccio.

James, seduto a terra su dei cuscini colorati, si grattava un guancina, concentrato, e sibilava ai serpenti, almeno una decina, che lo circondavano.

- Oh mio dio… - soffiò Draco, ma Harry gli sfiorò la bocca, per farlo tacere.

- Cosa succede. –

James sollevò subito la testolina. – Papà! – gridò, facendo per scattare in piedi.

- Fermo. – soffiò Harry. – James, non ti muovere, mi hai capito? Ascolta papà, non muoverti. Resta lì buono, ora vengo a prenderti io. –

- Chi sei tu… Stai lontano. -

- Io sono il padre di quel piccolo. Lasciatemi avvicinare, per favore, non ho intenzione di fare del male a nessuno. –

Il serpente più grosso si sollevò sul corpo robusto, e scosse la testa. – Questo cucciolo ci ha chiesto di aiutarlo. Di proteggerlo dalle persone cattive. –

- Io non sono una persona cattiva. Chiedetegli se posso avvicinarmi a lui. –

Un altro serpente inclinò la testa, strusciò verso James e sibilò qualcosa.

Draco diede un gemito atterrito, ma Harry lo ricacciò ancora più indietro.

- Tu, e l’uomo biondo. -

- Dicono che possiamo avvicinarci, Draco. – tradusse Harry. – Ora ascoltami, devi stare calmo, va bene? Non devi spaventarli, e loro non ti aggrediranno. –

- Non faranno del male a James, vero? – gemette Draco.

- No. Sono qui per proteggerlo. Rischiamo molto di più noi di lui, te lo posso assicurare. –

Prudentemente, Harry cominciò ad avanzare, nel groviglio di serpenti, con Draco aggrappato ad un braccio.

Nancy fece per seguirli, ma subito due grossi cobra scattarono verso di lei, sibilando minacciosamente.

- Lei! Cattiva, butta e cattiva! – soffiò James.

- No! – gridò Harry. – No, aspettate, per favore. Mio figlio è piccolo, è solo un cucciolo, non sa parlare. Non vuole che facciate del male a nessuno, credetemi, non è questo che intende dire. Non mordete quella donna, o saranno guai per tutti quanti. –

- Il cucciolo dice che la donna è cattiva. –

- Lo so, ma non vuole che le facciate del male. Vi prego, dovete darmi retta, lui non sa esprimersi bene. Vuole solo… che la teniate lontana, ecco tutto. E anche l’altro uomo. Non è vero, James? Vuoi che la donna cattiva e i signori stiano lì fermi, vero, tesoro? –

- Ti! – affermò James. – Via, via, butti cattivi! –

Harry arricciò le labbra, e si voltò. – State indietro. – fece, rivolto a Nancy e ai due uomini. Non azzardatevi a fare un passo oltre la soglia, o vi attaccheranno. Non scherzo, i serpenti obbediscono a James, e lui vi vuole lontani di qui. –

- Oh cielo… - pigolò Nancy, nascondendosi dietro il mantello del Ministro.

Harry avanzò di qualche altro passo, tallonato da Draco, e chiuso dai serpenti, che studiavano ogni sua mossa.

- James… - sussurrò, tendendo le mani verso il piccolo. – James, da dove vengono questi serpenti, tesoro? –

James sorrise, felice, e sibilò qualcosa in risposta, che fece irrigidire Harry.

- Harry. – gemette Draco, ma Harry scosse prontamente la testa.

- Va bene. – sospirò - Ora vieni qui, piccolo. Devi dire ai serpenti che vuoi che io ti porti via, hai capito? Vuoi venire in braccio a papà, James? -

- Ti! Ti, papà Daco, papà Daco! – squittì il piccolo, allungando le braccine.

Harry sorrise, teso. – D’accordo, viene papà Draco, tesoro. Draco, ascolta. Avvicinati lentamente, e prendilo in braccio. Muoviti sempre piano, i serpenti non ti morderanno, lui vuole che tu lo prenda in braccio. –

Draco deglutì a fatica, ed annuì. Si mosse di due passi, attentissimo a non sfiorare nessuno dei grossi serpenti che lo circondavano, tese le braccia e sollevò James con infinita cautela.

Toccandolo, sentì l’impulso irrefrenabile di stringerlo fortissimo, ma si trattenne, per paura. Harry gli aveva detto di non fare movimenti bruschi, quindi si limitò a retrocedere, con James che gli accarezzava gioiosamente i capelli, il cuore in gola, e il braccio di Harry stretto sul suo, che lo guidava prudentemente.

- Dove portate il cucciolo? – sibilò uno dei serpenti, ergendosi improvvisamente sul corpo massiccio.

- Lo portiamo qui fuori. – rispose Harry, accomodante. – Dobbiamo parlare con lui. Ve lo riporteremo presto. –

Il serpente sembrò quietarsi, tornò a strisciare verso i suoi compagni e sibilò qualcosa, e i due cobra permisero ai tre di uscire dalla porta.

L’uscio venne chiuso e sigillato, e Draco gemette di sollievo, affondando il volto sul figlioletto, baciandogli le guancine, la fronte, tutto ciò che poteva.

- Siete pazzi! – ruggì Harry, furibondo.

- No! No, quel bambino è un mostro! – soffiò Nancy, atterrita.

- Tu sarai un mostro, strega. – ringhiò Draco.

- Esigo delle spiegazioni, Lowerton. –

- Il Ministro non deve alcuna spiegazione. – intervenne Wharrel. – Come le ho già detto, il bambino è sotto la custodia del Ministero. –

- Custodia che ha rischiato di ucciderlo! –

- E’ evidente che le capacità del bambino sono sfuggite al controllo di… -

- Nessuno può controllare James. – scandì Harry. – Illudetevi quanto volete, ma le cose stanno così, e solo stando con i suoi genitori sarà al sicuro. –

- Il suo unico genitore è il figlio di un Mangiamorte. –

- Non mi faccia perdere il controllo! – minacciò Harry, agguantando la bacchetta.

- Per favore. – mediò Lowerton, tenendo su Harry e su James i suoi occhi acquosi e spaventati. – Andiamo a discuterne nel mio ufficio. –

 Harry respirava a fatica, le mani strette convulsamente attorno alla bacchetta. Fece una smorfia, e accennò con il mento al corridoio davanti a sé.

 

*          *          *

 

Hermione se ne rimase in silenzio ad ascoltare tutta la conversazione che ne seguì, senza perdersi nemmeno una parola. Aveva abbastanza esperienza da capire il linguaggio insidioso di un avvocato del ministero, era abbastanza furba da individuare i punti di forza e le falle. E di certo, non c’era che una cosa da fare.

 

- Dovete lasciare qui James. – disse mestamente, ad un Harry ancora scosso dalla tensione, e ad un Draco che si era consumato le labbra a furia di mordersele.

- Che cosa? – gemette Draco, incredulo.

- Sentite, non c’è altra soluzione. Se ora porterete via James non farete che complicare le cose. –

- Non mi interessa affatto complicare le cose, dovrei lasciare qui mio figlio per renderle più semplici? –

- Esatto. – Hermione, nonostante tutto, sorrise. – Datemi retta, credo di avere un’idea, per risolvere la questione. Harry, avrò bisogno che tu mi racconti di nuovo, nei minimi particolari, che cosa è successo quando avete trovato James in quella stanza piena di serpenti, e che tu mi dica esattamente tutto ciò che vi siete detti. –

Harry strabuzzò un po’ gli occhi, confuso, ed Hermione gli strinse un braccio.

- Vi prego, so di chiedervi moltissimo. Ma non commettete errori di cui poi potreste pentirvi amaramente. Il Ministero vi ha in pugno, in questo momento, ma un modo per uscirne lo troveremo, vedrete. –

- Non posso andare a casa senza James. –

- Devi, Draco, te lo chiedo per favore. È solo una notte, ti prometto che domani riavrete James. Ma non possiamo rischiare di farci cogliere impreparati, dobbiamo pianificare ogni mossa, dobbiamo studiare ogni dettaglio. Te la ricordi la guerra, Harry? –

Harry fece un cenno stanco, ed Hermione annuì. – Questa è la vostra battaglia più importante. – insistette.

Draco rivolse gli occhi verso Harry, che li teneva ostinatamente fissi davanti a sé, il volto oscurato. Alla fine, Harry annuì, e Draco premette una mano sulla testolina di James, espirando fino a svuotarsi di tutta l’aria.

 

*          *          *

 

- James, piccolo mio… - Draco sollevò il figlioletto di fronte a sé, e gli baciò la fronte. – Ascoltami, tesoro, noi ora dobbiamo andare via, ma tu non devi avere paura, d’accordo? Domani torneremo qui a prenderti, promesso. –

- Papà… - pigolò il piccino, imbronciandosi. – Gno, gno, io vojo dae a casa, a casa! –

- Lo so, amore mio, lo so. –

- James. – intervenne Harry, dolcemente. – James, sei un bimbo coraggioso, tu? –

James tirò subito su con il nasino, e si stropicciò gli occhi per nascondere le lacrime. – Ti. – rispose, borbottando fieramente.

- Sei coraggioso come il tuo papà, eh, tesoro? –

- Ti. Come te. –

Harry gli sorrise, con le lacrime agli occhi per l’orgoglio. - Ok. Allora me lo devi dimostrare, va bene? Devi restare qui finché io e papà Draco non torniamo a prenderti domani, hai capito? Dovrai essere un ometto coraggiosissimo, tesoro, dovrai essere l’eroe più eroe di tutti. –

- Più eloe di te? -

Harry si morsicò un labbro, prese James dalle braccia di Draco e se lo strinse forte al petto. – Certo, campione, molto più di me. – disse con voce incrinata. – Tu sei sempre stato molto più eroe di me, tesoro mio. –

James chiuse i grandi occhi azzurro fumo, e attorcigliò le dita fra i capelli di Harry, mugolando mestamente.

- James… - lo chiamò Draco. – Non c’è nulla di cui aver paura. –

- Tesoro, io e papà Draco torneremo qui a prenderti domani, va bene? E poi ti porteremo a mangiare un bel gelato grande, e andremo al parco a giocare, vuoi? –

- Ti. –

- Ti vogliamo bene. – sussurrò Draco.

 

James fu messo in braccio a Nancy, e non versò nemmeno una lacrima, nonostante il suo visetto fosse tutto rosso, e le sue labbra fossero contratte in una smorfia dolorosissima.

Era un bambino coraggioso, lui.

 

 

ANGOLINO!

 

Ripeto di nuovo, che non si sa mai, da domani sarà via qualche giorno, quindi ci sarà da aspettare un pochino per gli aggiornamenti, ma non vi preoccupate!

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Tempo di confessioni ***


Harry e Draco tornarono a casa insieme, ma non vollero che Hermione li accompagnasse, né che gli altri li raggiungessero

Harry e Draco tornarono a casa insieme, ma non vollero che Hermione li accompagnasse, né che gli altri li raggiungessero. Si accordarono per il giorno dopo, per rivedersi a casa loro e decidere, pianificare, fare, dopo aver passato almeno una notte a cercare di schiarirsi un po’ le idee, a farsi una ragione di ciò che stava succedendo, ed accumulare la forza di reagire, di rimettersi in piedi.

 

Avevano bisogno di stare soli, a leccarsi le ferite l’un l’altro, se volevano sperare di non impazzire.

Draco aveva tentato di farsi dire da Hermione che cosa avesse intenzione di fare, ma lei era stata franca nel rispondergli di darle fiducia, e di cercare di riposare, nel frattempo, per essere lucidi abbastanza per affrontare il delicato processo del giorno dopo. Più che altro, capiva che rivelare i propri piani ad un Draco e ad un Harry tanto sconvolti sarebbe servito soltanto a peggiorare le cose, a mettere loro addosso un’ansia che li avrebbe inevitabilmente fatti correre e sbandare nella direzione sbagliata.

 

Harry esaminò il disordine dell’ingresso, rimasto immutato da quando i tre Auror erano venuti a prendere il loro James. Con un movimento stizzito del polso fece ritornare a posto le cose cadute, e fece sparire le tracce sul pavimento, veementemente, come se questo avesse in qualche modo potuto cancellare l’intera, assurda faccenda, come se pulire il pavimento potesse servire a far riapparire James davanti a loro.

Draco teneva lo sguardo fisso sul punto dove il piccolo giocava sempre, sul tappeto. Sembrava non capacitarsi del fatto che James non fosse lì, accucciato sui suoi giocattoli, a ridacchiare e a parlottare con Bu Bum. Aveva gli occhi spenti, e tramortiti, ed Harry sapeva che una lunghissima notte avrebbe atteso entrambi, che sarebbe passata sui loro occhi aperti rigandoli di rosso, che li avrebbe fatti contorcere senza pace in un letto diventato di spine. Sperò soltanto che non li facesse litigare, almeno questo. Erano troppo tesi, e troppo sconvolti, tutti e due, per non temere che qualcosa di simile potesse succedere; ma allora sarebbe stata davvero la fine.

- Draco. – gracchiò con voce affaticata.

Draco si riscosse debolmente dal suo stato catatonico, e si voltò. - Abbiamo sbagliato a lasciarlo lì. – sussurrò.

- Dobbiamo avere fiducia in Hermione. – mormorò Harry. – Se ci ha detto di fare così è perché sa quello che fa. –

- Non ho mai passato una notte senza il mio piccolo. A meno che non fosse da te. –

- Lo so. – Harry si lasciò cadere sul divano senza forze. – Vieni qui, ti prego. Ho un bisogno disperato di abbracciarti. –

 

Per un po’, almeno una mezz’ora, Draco ed Harry rimasero stretti, a condividere un dolore intimo come una ferita all’addome, eppure identico, tanto identico da spingerli a mischiare il sangue per scaldarsi a vicenda.

Entrambi cercavano di trovare un po’ di forza nelle braccia dell’altro, un motivo per non lasciarsi andare alla desolazione cieca, che bussava alla finestra tentandoli, sussurrando loro di arrendersi.

 

In quella casa era sceso un gran silenzio, un silenzio che arpionò Draco alla gola, un silenzio che faceva il prepotente con le orecchie, che si divertiva a sottolineare l’assenza di James nel modo più meschino. Niente scalpiccio di piedini che correvano con le calzette antiscivolo, niente richiami insistenti, niente gridolini di gioia, o paroline incomprensibili. Niente giocattoli a spasso per il salotto, niente acqua tiepida che scorre per lavare le manine prima di mangiare, niente proteste perché è presto per le nanne, niente domande buffe e malposte, niente frasine spezzate, niente risate spumeggianti, niente Harry che corre come un cretino con il figlio sulle spalle, giocando all’unicorno imbizzarrito, niente Draco che gli solletica il pancino, niente visetto vispo di un bimbo di due anni.

Niente rumori, niente gioia, niente amore. Niente James.

Niente aria da respirare, niente luci oltre le finestre, niente candele e lampade accese perché non inciampasse in qualche spigolo, niente di niente, non senza il piccolo James Draco. Non senza il loro piccolo bimbo, il loro cucciolo, il loro figlio.

Solo qualche sospiro, di tanto in tanto, di due bocche diverse e adulte, vicine per scaldarsi e farsi forza a vicenda, inutilmente, perché l’assenza di James era come la desolazione dopo un uragano, le macerie che si lascia dietro un piccolo tornado dagli occhietti allegri.

 

Harry fissava dritto davanti a sé, smarrito e rabbioso, preoccupato per cose che forse Draco non avrebbe saputo comprendere.

I serpenti non sono creature semplici da capire e da gestire, nemmeno se parli il loro linguaggio, e James riusciva a stento a far capire i suoi discorsetti confusi ai suoi genitori, figuriamoci a creature così selvatiche. Se fosse successo di nuovo, lui non sarebbe stato lì a salvarlo, e questo lo faceva impazzire, lo strozzava, gli bruciava lo stomaco e la gola.

Draco era a pezzi come solo un genitore può essere.

A pezzi perché davvero gli avevano strappato la carne dall’anima, perché metà del suo cuore era rimasto nelle manine del figlio, e se l’altra metà era riuscita a tornare a casa era soltanto grazie ad Harry.

Aveva la gola secca e dolorante, e gli veniva da piangere, da morire, ma era come se un vuoto nero, all’altezza dell’ombelico, si ingoiasse qualsiasi cosa, persino la forza di volontà per alzarsi e andare a prendere un bicchiere d’acqua.

Bere, in ogni caso, non serviva, non sarebbe servito ad altro che a vedere i biberon di James nel lavello e nella credenza, e a fargli venire le vertigini fino alla nausea, perché James non c’era, il piccolo James non era a casa con i suoi papà. Non era in casa, ed era tutto vuoto, vuoto, vuoto. Morto.

 

Draco si raggomitolò fra le braccia di Harry. – Rivoglio James. – sussurrò.

- Ce lo riprenderemo. – soffiò Harry. – Ad ogni costo. -

- Giuramelo. Giurami che niente e nessuno ci porterà davvero via il nostro bambino. -

- Niente e nessuno, Draco, te lo giuro. Dovessi abbattere le mura del Ministero, domani ce lo andremo a riprendere. -

Draco diede uno strattone involontario, feroce, con le braccia. - Ma perché non vogliono capire che ha bisogno di noi! – gemette. – E’ un bambino, maledizione, è solo un bambino. -

- Perché hanno paura di lui, e del suo potere, e per questo vogliono farne un burattino. Come fecero con me. -

- Ma lui non può, non deve… - Draco si divincolò per poter guardare almeno il mento di Harry. - Tu i genitori li hai persi, ma lui li ha, e siamo noi, siamo noi! –

- Lo so, e lo sanno bene anche loro. -

- E allora perché… -

Draco lasciò cadere la sua domanda in un sospiro esausto, a cui Harry non rispose subito. Si strinse forte le tempie fra le mani, cercando di mettere un po’ a tacere le urla di dolore della sua testa. – Lo sai come lo chiamavano tutti, su in Scozia, Draco?- scandì piano.

- No. -

- Lo chiamavano “l’arma”. –

Draco si irrigidì, mentre Harry rizzava la schiena contro il divano.

– L’arma. – ripeté. – Lo chiamarono così quando il potere del suo sangue divenne la nostra risorsa principale. Me la ricordo ancora, la pozione in cui lo impiegavano. Era quasi trasparente, ed aveva un odore acre e freddo. Ed era capace di fare da scudo a decine di uomini alla volta, era capace di rispedire al mittente le maledizioni più potenti, e davvero, non saprei dirti con esattezza quante vite ha salvato, fra le nostre e quelle degli innocenti finiti in mezzo al conflitto. La mia l’ha salvata più di una volta, però, questo posso garantirtelo. Perché ogni volta era uno strazio. –

- Uno strazio? – mugugnò Draco.

Harry sembrò avere improvvisamente freddo, nella semioscurità del tramonto.

- Ogni volta che sentivo l’odore di quella pozione, ogni volta che la sentivo agire su di me, isolarmi e proteggermi, pensavo a James, e a te. – disse stringendo un po’ di più le braccia attorno alle spalle di Draco, che si appoggiò al suo petto. – Era come se per qualche istante io potessi sentirvi vicini, così vicini da riuscire a vedervi, a toccarvi. Avevo così tante cose da dirti, Draco, in quel periodo. Così tante da spiegare a mio figlio. Mi spaccavo la testa su voi due, mi chiedevo se andasse tutto bene, se steste bene. E che cosa steste facendo, se qualcuno, in questa casa, mi pensasse mai. – Harry si portò una mano sulla fronte, stremato. – E gli occhi, Draco. Mi chiedevo come fossero gli occhi di mio figlio, passavo ore buttato su una branda, a cercare disperatamente di immaginare quanto potesse essere bello il mio bambino. Cercavo di immaginarlo mentre giocava, mentre rideva, e diventavo pazzo, credimi. Pazzo. Lentamente pazzo. E tutti gli altri, intorno a me, che ne parlavano come fosse l’ennesimo prodigio che avessi compiuto, come se fosse un incantesimo ben riuscito. –

- Un incantesimo. – sussurrò Draco, stridulo.

- Mio figlio. – ripeté Harry con voce roca.

 

Nessuno dei due mangiò nulla, per cena, e nemmeno propose di farlo. Draco si concesse una doccia, per ritemprarsi un pochino, ma ne uscì in lacrime, con i capelli tutti umidi, e l’asciugamano avvolto scompostamente attorno al corpo, buttandosi addosso ad Harry e singhiozzando che non ce la faceva a stare lontano anche da lui.

Harry lo tenne strettissimo finché un po’ della sua disperazione non si fu sfogata sui suoi vestiti, e ci volle tempo, perché Draco aveva bisogno di piangere, e anche lui. Lo riaccompagnò in bagno, gli asciugò i capelli e gli fece indossare maglia e boxer per la notte, perché non prendesse freddo. Per tutto il tempo gli accarezzò la schiena o le braccia, lo coccolò con tutta la devozione che umanamente poteva esserci in lui, ma ogni ombra di tenerezza nei suoi gesti veniva vanificata ed assorbita dall’assenza, nera e vigliacca, dal buco nero che dentro di loro si mangiava ogni cosa.

 

Si coricarono subito, per non dover restare in piedi come mendicanti ad aspettare una notte che tanto non si decideva ad arrivare, e salendo le scale entrambi, tacitamente, evitarono di rivolgere gli occhi verso il corridoio buio che si inghiottiva la stanza di James, vuota e silenziosa.

Draco si mise sotto le coperte con movimenti prudenti e accorti, come se avesse cercato di non far rumore per non disturbare qualcuno che dormiva vicino a lui. Harry invece si buttò addosso il piumino, svogliatamente, ed aspettò di riuscire a sentire la pelle di Draco vicino alla sua per toccarlo. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma senza urtarlo, e allo stesso tempo avrebbe disperatamente voluto poter fare qualcosa, qualsiasi cosa, che non fosse aspettare di vedere Hermione il giorno dopo, e intanto stare a massacrarsi di paura e di rabbia. Draco adesso era la sola cosa a cui aggrapparsi, e Harry sapeva di essere lo stesso, per lui. In fondo un rapporto era anche questo, era non lasciarsi le mani nei momenti più duri. E quel momento era quasi impossibile, e quel “quasi” era proprio Draco, era il suo respiro affannoso e frantumato dai singhiozzi, era il suo dolore, identico ma forse, meno razionale, più sfrenato.

- Parla, Draco, ti prego. – lo implorò. – Ho bisogno di sentirti parlare, ho bisogno di parlare di James. –

- Non ci riesco. – soffiò Draco. – Dio, ho fatto così tanti sbagli con mio figlio. –

No. I sensi di colpa no.

Harry strinse forte i denti. – No, Draco, no, ascoltami. Ti prego, non dirmi che stai cedendo a colpe che non hai. Se solo io ci fossi stato fin dall’inizio, se solo non avessi perso così tanto tempo con te, adesso… -

- Non c’eri! Infatti! – stridette Draco. – Tu non c’eri, tu non sai! Io l’ho… tu non puoi sapere, io l’ho… odiato. – Draco singhiozzò violentemente. – L’ho odiato, capisci? Ho pensato cose orrende di lui, ho odiato James, ho sparato che sparisse dalla mia vista, e adesso come pensi che possa sentirmi? Adesso che non c’è davvero, James non è qui con me, e solo il cielo sa quanto lui sia diventato la mia vita. –

- Draco… -

- Ti prego. Non riuscirò a sopportare il tuo disprezzo, non adesso. –

- E come potrei, se l’unico che davvero ha qualcosa da farsi perdonare qui sono io. Draco ti prego, non pensare di non essere il padre meraviglioso che sei. James vuole tornare qui a casa con il suo papà Draco, perché ti ama tantissimo, e tu te lo meriti. –

- Meriterei la forca solo per aver pensato ciò che ho pensato del bambino più buono e dolce del mondo. –

Harry toccò con un dito solo la guancia di Draco rivolta verso l’alto. – Importa che cosa pensi di lui ora, Draco. – disse quanto più teneramente potè.

- Ora… - Draco si passò frettolosamente la mano sugli occhi. – Io so solo che non potrei vivere senza il mio piccolo. Che sarebbe tutto… inutile. Inutile. – Draco cominciò a parlare lentamente, a singhiozzo. – Quello che mi dà… non lo so, James è l’unico miracolo che sia mai accaduto nella mia vita. -

Harry si dedicò ancora un po’ ad accarezzare i capelli di Draco, lasciando che lui cercasse di spiegare il suo amore per il figlio, a modo suo, esitando, eppure senza riuscire a scegliere le parole, ripetendosi e aggrovigliandosi su sé stesso. Draco che parlava di James era qualcosa che faceva male allo stomaco e bene al cuore, qualcosa che frustava e dava forza allo stesso tempo. Era l’amore di un padre troppo giovane, per un figlio troppo piccolo, una comunione di sentimenti che venivano fuori parola dopo parola.

- Avrei voluto esserci, sai, mentre Draco Lucius Malfoy si trasformava pian piano in papà Draco. – mormorò quando Draco smise di parlare. – Avrei voluto poter sentire la sua bocca di James dire la sua prima parola, e avrei voluto esserci, il giorno del suo primo compleanno, per riuscire ad esorcizzare le mie paure. –

Draco tirò su con il naso e annuì. – Sapevo che avevi paura di nostro figlio. –

- Avevo paura di tante cose, Draco. Del mio passato, innanzitutto. Avevo paura che si ripetesse tutto quanto di nuovo, avevo paura di condannare un bambino al mio stesso destino, e credimi, ho passato notti intere senza dormire, pregando, implorando che a mio figlio fosse concessa una vita migliore, che gli fosse concessa la serenità di una vita normale, e adesso che qualcuno sta cercando di portarlo via da noi, io lo sento, Draco, lo sento qui, nel petto, l’amore fisico per James, riesco a sentire tutti gli echi del mio passato, e riesco a capire la loro forza. Riesco a sentire mio padre morire per me come io morirei per James, e riesco a sentire mia madre che proteggeva la mia testa con tutte le sue forze, perché io voglio fare la stessa cosa per il nostro piccolo. –

Draco si raggomitolò un pochino. – Adesso che ci penso. – disse con voce un po’ più solida. – Non abbiamo mai parlato dei tuoi genitori. Devono mancarti molto. –

- Mi mancavano da morire, prima di James. Ma adesso non lo so, essere diventato padre ha cambiato così tante cose in me, che credo di avere in qualche modo superato il complesso dell’eterno orfano. Per me che non ho mai avuto un padre, esserlo diventato ha un significato immenso. –

Harry sentì le labbra di Draco contrarsi un pochino sul suo petto. – E’ per questo che sei un padre magnifico. – lo sentì mormorare.

- Non lascerei mai James in altre mani che non siano le mie e le tue, lo sai, vero, Draco? –

- Sì. lo so. –

Lo sapeva davvero, ed era un po’ tornare a respirare. Harry riprese ad accarezzargli i capelli, lentamente.

- Quando sono diventato abbastanza grande da capire che un giorno anche io sarei diventato padre, ho cominciato a fantasticare su quanto perfetta sarebbe stata la mia famiglia, su quanto felice sarei stato con una moglie e un figlio, magari più di uno, perché no. Mi vedevo prendermi cura di un neonato, e sognavo disperatamente di riuscire a sentire un po’ dell’amore dei mie genitori, facendo ciò che loro non avevano potuto fare per me. Ho passato anni ed anni della mia vita ad aspettare il giorno in cui finalmente sarei riuscito a crescere, a realizzare ciò che volevo, e ho combattuto duramente, per tutto questo, ho combattuto contro Voldemort non per sperare di riavere indietro i miei genitori, ma per poter crescere i miei figli, ed ero pronto a partire per la guerra, così. Ma poi sei arrivato tu, ed è successo tutto così in fretta, e io non sono mai riuscito a trovare il coraggio di dirti che non volevo che andasse così, che non dovevi essere tu, che non doveva succedere per la guerra. Non sai quanto avrei voluto urlare, come un pazzo, che non era giusto, che una volta ancora c’era qualcuno che stava mandando in fumo i miei sogni, che quel figlio non lo volevo in quel modo, non lo volevo in quel momento. Ho fatto anche io i miei errori, ho sbagliato con te fin dall’inizio, e finché non ho ricevuto quel tuo biglietto non ho fatto altro che pensare che non potesse  capitarmi cosa peggiore nella vita. –

- Hai odiato così tanto James, anche tu? –

Harry scosse debolmente la testa, sul cuscino. - No. – ammise. – Ho odiato te, per un po’. Ma James mai, non ci sono mai riuscito, ad odiarlo. Lui era pur sempre il figlio che ho aspettato per tutta una vita. E poi sei cambiato anche tu, sei diventato qualcosa di diverso, giorno dopo giorno, fino ad arrivare al punto di non riuscire a pensare a James senza immaginarlo in braccio a te. Ed è soltanto per questo che ho esitato a tornare da voi. Sapevo già che avrei dovuto affrontare anche quel qualcosa che tu mi facevi sentire nel cuore, e invece ho sbagliato tutto quanto. –

- Scusa. – mormorò Draco con voce tremula. – Lo so che è il momento peggiore per dire una cosa del genere, però… mi dispiace, per come ti ho trattato, e per tutto quello che ti ho fatto passare. È stato orribile da parte mia impedirti di avvicinarti a James. –

- Lo hai fatto solo per proteggerlo dal papà cattivo venuto dal nulla. –

- Volevo proteggere tutta la mia vita da te, Harry. –

Harry non rispose.

Che cosa avrebbe dovuto dire, davanti a parole come quelle? La verità è quella frase che non ti lascia nulla da replicare, ed Harry rivisse in pochi flash tutto il calvario che aveva dovuto affrontare per conquistare la fiducia di Draco, e la confidenza di James. Adesso che Draco stava rannicchiato fra le sue braccia, e che c’era un bimbo che aspettava di essere recuperato dal Ministero, tutto aveva un significato diverso. Ma era pur sempre una lotta, un’altra battaglia da vincere per forza.

- … Ma adesso che sembrava che le cose cominciassero a funzionare, quei… - Draco singhiozzò nervosamente, e strinse i denti. – Non lo so, se ne escono dicendo che non sei suo padre, che devi andartene… -

- Ti ho già detto perché lo fanno. – sospirò Harry. – Sanno benissimo che James è mio figlio, ma contro di me non hanno armi di ricatto. Contro di te invece ne hanno una molto potente, per costringerti a mollare la presa. –

- Come fanno a credere che potrei arrendermi e perdere James? –

- Non lo so, non chiederlo, sembra assurdo anche a me. Evidentemente nessuno di loro sa cosa significhi avere un figlio. –

Draco annuì con decisione. - Mio dio, voglio andare a riprendermelo. –

- Lo faremo – sospirò piano Harry.

- Ancora non riesco a crederci. A credere che stia davvero succedendo tutto questo, e non capisco perché James, perché non riescono a vedere che stanno facendo del male ad un bambino. –

- Il Ministero vede solo ciò che vuole vedere. È sempre stato così, ormai ho rinunciato a cambiare le cose. Ma credimi, se mi sono rassegnato alla loro ottusità, di sicuro non permetterò che questo mi porti via James o faccia condannare te per qualcosa che non ha niente a che fare con te. –

Draco cercò la sua mano a tentoni, fra le lenzuola, e vi si insinuò dentro.

- Voglio che tu rimanga con me. – disse. – Voglio che tu rimanga qui, con me, e con nostro figlio, e non permetterò mai che qualcosa ti allontani di nuovo da noi. -

Harry strinse la mano di Draco anche con l’altra, racchiudendolo come dentro ad un guscio. – Sì. – soffiò. – Non lo permetterò nemmeno io. Il cielo mi ascolti, dovranno uccidermi, per portarmi via da voi. -

 

*          *          *

 

Papà?

Dove sei, papà?

Non riesco a fare le nanne, senza Bu Bum.

Sei a casa con papà Harry? È sempre a casa con noi, da qualche giorno.

Papà, non avete preso un altro bambino al posto mio, vero? Tu mi dici sempre che io sono il bambino più bello del mondo, e quindi vuol dire che non esiste un bambino più bello di me. Non ne hai trovato un altro, giusto?

Papà Harry e papà Draco hanno detto che verranno a prendermi domani, e io credo ai miei papà, i papà non raccontano bugie, solo i bimbi cattivi lo fanno. Mi hanno detto di restare qui fino a domani, e di non avere paura.

Quando viene domani? Devo aspettare che ritorni il sole grande grande? E se non succede? Se il sole non si accende più? Se si è rotto? Verrete lo stesso a prendermi?

Io spero di sì. Non voglio stare senza il profumo dei miei papà. No, davvero, voglio le favole, e i giochi, e le nanne nel lettone caldo. Voglio i baci del mio papà Draco, solo lui sa darmi i baci che sanno di buono. E voglio fare le lotte con papà Harry. E i voli sulla scopa, e la nanna sul divano, papà Harry ha un petto grande, ci sto sopra tutto quanto, fino ai piedi.

Non ho capito perché mi hanno portato via da voi, ma spero solo di non essere stato cattivo. Se domani tornerete, prometto che non farò mai più i capricci, mai mai più.

Non mi lasciate qui da solo. Non mi piace stare senza di voi, mi sento molto solo, e ho tanta voglia di stare in braccio.

Venite a prendermi. Papà Harry, papà Draco. Mi mancate tanto.

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Eccomi di ritorno, ho fatto prima che ho potuto, e non vi nascondo le difficoltà che questo cap mi ha dato… Per chi segue, presto ci sarà anche l’aggiornamento di Virgin!

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** L'arringa ***


Un portone grande, piuttosto imponente, di legno chiaro

Un portone grande, piuttosto imponente, di legno chiaro, cassettonato. I battenti di ferro dorato, ed un tappeto rosso porpora. Dentro, un brusio insistente, rumore di passi, di richiami, di sedie e di carte.

L’assemblea che si riuniva per il processo, per decidere sul caso James Draco Malfoy-Potter.

Fuori, Hermione spiava la situazione attraverso quel poco che si poteva vedere dalla fessura di una delle ante socchiuse. La sua espressione era allo stesso tempo tirata e determinata, e dal canto suo Hermione sapeva di avere fra le mani un’arma efficace, ma sapeva anche di dover essere molto prudente nell’usarla, contro Wharrel e il Ministro.

I giudici, tre, avevano preso il loro posto, era ora di entrare anche per loro. Per lei e Draco, perché ad Harry era stato vietato di partecipare, in quanto elemento completamente estraneo alla vicenda. Sì, come no.

 

– Pronti ad andare in scena? –

Harry annuì, e Draco gli strinse la mano.

- Pronti. -

- Allora è tutto chiaro, vero? –

- Aspetterò qui fuori. Buono come un agnellino. – sbuffò Harry.

- Finché non sentirai che è il momento giusto per intervenire. –

Harry annuì con riluttanza, e quasi a voler confermare ulteriormente le parole di Hermione, estrasse da una tasca una coppia di Orecchie Oblunghe.

- Mi raccomando, sii prudente, o rischierai di rovinare tutto. –

- Non rovinerò niente, Hermione. Si tratta di mio figlio James, so quando non è il caso di fare di testa mia. –

Hermione accennò ad un sorrisetto paziente. – Io entro. Fai in fretta, Draco, ti aspetto. – disse solamente.

 

Draco aspettò che Hermione fosse scomparsa dietro al portone, prima di avvicinarsi ad Harry. Lo fece per pudore, principalmente, ma anche perché a Draco Malfoy creava pur sempre un certo fastidio mostrarsi fragile davanti a qualcuno che non fossero i suoi amici più stretti, o Harry.

Harry lo sentì abbracciargli saldamente la vita, e stringersi a lui più che potè, con infantile ostinazione.

- Draco. – mormorò affondando morbidamente la bocca sui suoi capelli. – Mi dispiace di non poter entrare con te ed esserti vicino. -

- Sì, lo so, ma non è colpa tua. – borbottò Draco. – Voglio che questa faccenda sia finita presto, voglio tornare a casa, voglio… -

- Stasera andiamo a mangiare fuori, tutti e tre. –promise Harry.

Draco si lasciò coccolare da quel “tre” per qualche istante; lo respirò a fondo, per trovare in esso la forza di affrontare la corte che lo aspettava, dietro a quella porta.

Uno e trino, perché James era quell’uno che faceva il tre, era l’elemento che davvero faceva la differenza, che con la sua presenza, piccina e chiassosa, segnava il confine fra una coppia e una famiglia, un mondo monotonamente adulto ed uno ibrido, fatto di linguaggi simili ma a volte ostici, fatto di sorrisoni e di capricci, di passati di verdure e di notti che non finiscono mai.

Ed era James che Draco stava andando a riprendersi, ora, là dentro. Con Harry fuori, che non poteva far altro che aspettare, ma la sua presenza, la sua forza, la sua determinazione erano contagiose; Draco le poteva sentire scorrere da lui al suo corpo, dargli coraggio, dargli la certezza che sarebbe andato tutto bene, perché c’era Harry con lui, perché lui avrebbe saputo che cosa fare, sarebbe riuscito a salvare tutto, da vero eroe che era.

- Vai. – soffiò dolcemente Harry. – Vai e falli tutti fuori. -

 

*          *          *

 

- … per questo motivo il Ministero ritiene il signor Malfoy non idoneo alla custodia dell’oggetto della disputa, ed auspica che la corte riconosca l’assoluta necessità di mantenere il bambino adeguatamente sorvegliato, perché possa essere cresciuto ed educato al controllo del suo potere. Tutti noi ci auguriamo, come cittadini e membri della comunità magica d’Inghilterra, che in un futuro prossimo il bambino di cui oggi si discute, e di cui è giusto temere il potenziale, diventi un grande Auror, un difensore della legalità e della giustizia, un amico della comunità ed un monito a chiunque volesse tentare ancora di minacciare la pace della nostra società. -

Dai membri della corte si sollevò un brusio eccitato e confuso, intervallato qua e là da qualche esclamazione di incredulità.

Wharrel accennò ad un mezzo sorriso e si sedette al suo posto, di fianco a Lowerton, che gli bisbigliò qualcosa nell’orecchio.

 

Draco scoccò un’occhiata tesa ad Hermione, che gli strinse brevemente un braccio per rassicurarlo, prima di alzarsi.

- Signori, membri del consiglio. – scandì chiaramente. – Il signor Draco Lucius Malfoy intente controbattere personalmente alle insinuazioni che contro di lui sono state rivolte. Io, Hermione Jane Granger, sono pertanto qui solo in veste di consulente. Le mie parole e le sue saranno pertanto da intendersi come parti di un’unica linea difensiva, e con questo inizio subito con il contraddire le parole del signor Wharrel, che ha detto il vero solo in parte. Draco Lucius Malfoy è, effettivamente ed innegabilmente, membro della famiglia Malfoy, e unico figlio di Lucius Malfoy, che in questo momento si trova rinchiuso ad Azkaban, accusato di crimini orrendi che voi tutti conoscete, meglio di me. -

Hermione inspirò profondamente, gli occhi fissi e concentrati in un punto impreciso davanti a lei. – Ma… - riprese lentamente. – Ciò che non deve essere frainteso, e che invece il Ministero vorrebbe spingervi a credere, è che il signor Malfoy sia in qualche modo stato coinvolto nelle attività dei Mangiamorte, durante il periodo della guerra, o che sia anche solo sospettabile di ciò. Draco Malfoy non è un Mangiamorte, non lo è mai stato, e se è vero che anni fa fu coinvolto nell’assassinio di Silente, è altrettanto vero che il ragazzino terrorizzato di allora non è l’uomo che avete di fronte ora. - 

Draco si alzò in piedi, piantando i palmi sul banco. – L’uomo che avete di fronte ora è venuto a riprendersi suo figlio. – ringhiò. – Un figlio che mi è stato strappato, a me e ad Harry, in modo vergognoso. –

- La sua mancanza di collaborazione ha costretto i nostri Auror ad agire di conseguenza. – commentò Wharrel.

- Lei crede? – fece Hermione. – E per agire di conseguenza intende dire usare uno Schiantesimo violentissimo contro un uomo che teneva in braccio un bambino di due anni? Uno Schiantesimo che avrebbe potuto uccidere quel bambino, se lo avesse colpito? -

- E’ solo un miracolo che mio figlio James non si sia ferito cadendo. – abbaiò Draco. – E voi, ai vostri Auror, dovreste insegnare la differenza fra un nemico ed un bambino. -

- I nostri Auror ed il loro operato non solo l’oggetto della riunione di oggi. – ribatté Wharrel, gelido.

- Forse no, ma l’operato della persona da voi nominata responsabile di James sì. – Hermione si volse bruscamente verso la prima fila, occupata dal Ministro e dal suo corteggio. - La signorina Nancy Avery, se non erro. -

Wharrel sembrò esitare, ma uno dei giudici, quello più a destra, gli rivolse un’occhiata che lo costrinse ad annuire in risposta. Nancy impallidì, ma l’avvocato le fece con la testa il cenno di non aprire bocca.

- Molto bene. – Hermione sorrise, determinata. – L’avvocato, prima, deve essersi scordato di raccontarvi un piccolo aneddoto molto singolare. Qualcosa che ha a che vedere con un bambino di due anni lasciato solo in una stanza piena di serpenti velenosi. -

Dagli spalti della corte si levò un mormorio scandalizzato, soprattutto da parte delle signore.

- Il bambino in questione è un rettilofono. E quei serpenti li ha evocati lui stesso, con il suo spaventoso potere. -

- Ma davvero? – sputò Draco. – Beh, è curioso che il figlio che tanto vi ostinate a negare sia di Harry Potter parli il Serpentese, non trovate? -

- Harry Potter non è parte di questo processo, signor Malfoy. -

Draco fulminò Wharrel con gli occhi. - Harry Potter è il padre di James Draco Malfoy-Potter tanto quanto lo sono io, stronzo, e se ora vuole lasciarmi proseguire… -

- Signor Malfoy. – lo riprese uno dei giudici.

Hermione gli scoccò un’occhiata tesa, ma Draco ebbe un’occhiataccia anche per lui. – Lei si faccia strappare un figlio dalle braccia, e poi mi venga a raccontare come le viene voglia di chiamare chi glielo ha portato via. – rispose, brusco. – E se ora mi lasciate finire, vi racconterò qualcosa a proposito di mio figlio. Che sarà pure potente quanto volete, ma non è un dio, è solo un bambino di due anni. E non è in grado di eseguire incantesimi alla cieca. -

I membri della corte si guardarono l’un l’altro, interrogativi, e a quel punto Hermione riprese in mano la situazione.

- Quello che il signor Malfoy intende dire è che il bambino non è capace di lanciare incantesimi autonomamente. Ma può farlo per imitare qualcuno. Qualcuno che abbia eseguito l’incantesimo davanti a lui. -

Nancy, sulla panca di legno, sembrò tentare di farsi più piccola.

- Nessuno qui poteva sapere che James fosse un rettilofono, ed è per questo che lei ha evocato un Serpensortia, non è così? Per verificare se lui fosse in grado di interagire con lui. -

- Io non… -

- Signorina Avery. – la invitò uno dei giudici.

- Io… io… - Nancy Avery vacillò pericolosamente, le ginocchia che le tremavano, nonostante fosse seduta. – Io ho fatto ciò che mi era stato ordinato di fare. Ho evocato un serpente innocuo, ed ero pronta a farlo sparire, nel caso in cui James non avesse reagito. Ma poi lui ha sorriso, ha detto qualcosa al serpente, e all’improvviso si è scatenata la sua magia, e dal nulla sono comparsi almeno dieci serpenti. E non erano affatto innocui, nossignore, erano grossi, e minacciosi. -

- E lei è scappata, lasciando il bambino da solo, in mezzo ai serpenti? -

- Avevo paura! -

- Paura di mio figlio? – sbraitò Draco, schiantandole le mani davanti. – Ma vi rendete conto che siete ridotti ad aver paura di un bambino di due anni? -

- Un bambino dotato di poteri incontrollabili. -

- Incontrollabili per voi! Perché voi gli fate paura, perché lui vuole tornare a casa con i suoi genitori! -

- Incontrollabili perché questo bambino è il figlio di colui a cui voi vi ostinate a non voler riconoscere la paternità . – scandì Hermione.

- I metodi dei Babbani per riconoscere la paternità di qualcuno non sono considerati validi in questa sede, signorina Granger. – asserì il giudice seduto in mezzo.

Wharrel si alzò, brandendo un piccolo dossier, che posò con leggerezza sul banco dei giudici. – La signorina Granger sembra piuttosto restia ad accettare ciò. – commentò. – Ma come voi stessi, a nome di tutta la Corte, potete verificare, in questi documenti, che sono i certificati di nascita e di riconoscimento originali del bambino, il nome e la firma di Harry Potter non compaiono in alcun luogo. L’unico genitore del bambino è e resta il figlio di un Mangiamorte. - 

Silenzio, nell’aula.

Il giudice analizzò con attenzione le carte, rigirò più volte alcune pagine, indicò ai colleghi alcuni passaggi, talvolta tamburellò con le dita sulle parole, tracciate in corsivo.

- Stando così le cose. – sospirò. – Il signor Potter non può… -

 

- Oh, il signor Potter può eccome, invece. -

 

Harry irruppe nella grande sala, le braccia incrociate sul petto, e gli occhi incendiati.

- Signor Potter! – gemette Lowerton, sbiancando come uno straccio.

- Esca immediatamente da qui, lei non ha il diritto di… -

Harry ignorò completamente Wharrel, e il mormorio di tutti i presenti. Saltellò lungo i gradoni degli spalti e raggiunse Hermione, che lo aspettava con un sorriso aperto e sollevato. Insieme, i due raggiunsero a passo di marcia Draco, di fronte ai seggi dei Giudici, ed Harry cacciò fuori dal mantello un foglio di pergamena, che ebbe cura di schiantare sul tavolo, sotto al naso dei magistrati.

- Questa, signori… - cominciò, soave. – E’ l’iscrizione di mio.figlio.James a Hogwarts. Come potete vedere risale a circa un anno e mezzo fa. E, sempre se la vostra vista non vi inganna… - Harry ghignò, maligno. – Qui sotto c’è la mia firma. -

Draco diede un sospiro quasi singhiozzato per il sollievo, quando la firma di Harry comparve, chiara e sfavillante, sulla pergamena giallognola.

Wharrel si alzò di scatto, ma qualsiasi cosa avesse tentato di dire fu soffocata da un rumoroso “oooh” di sorpresa, da parte di tutti i membri del consiglio.

- I documenti incantati non mentono. – continuò Hermione, professionale. – E voi, meglio di me, saprete che se Harry Potter non fosse davvero il genitore naturale, o il tutore legale di James, la sua firma sarebbe scomparsa dalla pergamena. -

- Ma i certificati di nascita del San Mungo… - protestò debolmente Lowerton.

- Momentaneamente impossibilitato a firmarli. – recitò Harry, rivolgendo un sorrisino innocente a tutta la Corte. – Forse i signori non si ricordano. In quel periodo mi trovavo in guerra. –

Harry si prese tutto il tempo per un sospiro teatrale. – A salvare tutti quanti voi da V.o.l.d.e.m.o.r.t. – si divertì a sillabare, facendo rabbrividire violentemente metà dei presenti.

- E ad ogni modo la legge non fa distinzioni fra documenti. – concluse Hermione. – E’ sufficiente che la firma di Harry risulti su un documento ufficiale, perché lui possa essere riconosciuto come padre del bambino. E l’iscrizione ad Hogwarts lo è. -

- E adesso ridateci nostro figlio. – ringhiò Draco, le mani ficcate in tasca, la destra stretta attorno alla bacchetta, in una minaccia nemmeno troppo velata.

- Non potete affidare un bambino tanto potente al figlio di un Mangiamorte! – ruggì Wharrel. – E’ un pazzia! -

- Al figlio di un Mangiamorte forse no, ma ad Harry Potter sì. – gli ringhiò contro lui. – O forse non ho fatto abbastanza, per voi? Forse non mi merito ancora un po’ di pace, un po’ di tranquillità, una vita normale? Voi siete qui a giudicare noi, ora, ma stasera tornerete a casa dai vostri figli, e preparerete loro la cena, e li farete giocare, e non avrete paura che qualcuno possa cercare di portarli via per farne un’arma da usare contro chissà chi, per il bene del Ministero! -

- Questo non ha nulla a che vedere con… -

- Un’altra parola. – sibilò Draco. – Lei dica solo un’altra parola, Wharrel, e le giuro che le farò desiderare di non aver mai visto la mia faccia. -

Harry non si voltò nemmeno, lasciando che Draco si levasse la soddisfazione di mangiarsi quel diavolo di avvocato.

Aveva la sua di arringa da fare, ora.

- Sapete dirmi, signori, per cosa abbiamo combattuto, per più di un anno, lassù in Scozia? – fece, carrellando tutti i presenti con lo sguardo. – Margaret, non hai forse combattuto per i tuoi figli, nascosti in Spagna, da quella tua zia lontana di cui mi parlasti una volta? E tu, Darius, non hai combattuto per il tuo ragazzo, perché potesse continuare i suoi studi? -

I due membri chiamati in causa sobbalzarono sui loro seggi, ma annuirono, debolmente. Harry sorrise, di un sorriso rabbioso, e continuò imperterrito.

- Jack. La tua primogenita si doveva sposare, prima che scoppiasse la guerra, e tu giurasti a te stesso che avresti dato la vita per poterle regalare un futuro lontano dai pericoli. Come sta, ora? -

- Sta bene. – rispose un uomo di mezza età, con un gemito. – Aspetta una bambina. -

Harry annuì lentamente, davanti a tutti. – Bene. Auguri, Jack, sono sicuro che sarai un ottimo nonno. E adesso, se non vi dispiace io aspetto il mio, di bambino. -

- Per l’amor del cielo, ridate loro quel bambino! – gridò una voce femminile, accorata.

- Portate qui il bambino. – ordinò il giudice di sinistra, facendo cenno a due Auror.

- No. -

Una vocina esitante si fece largo nel chiasso generale, e l’attenzione di tutti fu calamitata da Nancy, che si alzava timidamente. – Forse… - disse, trasalendo. – Forse è meglio che vada a prenderlo io. In fondo sono quella con cui ha avuto più confidenza. -

Draco le scoccò un’occhiata di fuoco, ma il giudice si strinse nelle spalle, ed acconsentì che fosse lei ad infilare la porta per andare a prendere James.

 

- Papà? -

- Sì, tesoro, ci sono i tuoi papà. Adesso andiamo subito da loro, eh? -

- Ti! Ti! Adetto, adetto papà! -

James fece capolino agitandosi come un pazzo fra le braccia di Nancy, che conteneva a malapena il suo entusiasmo disperato.

- James. – soffiò Draco, correndogli incontro appena lo vide passare oltre il cordone di Auror di guardia.

James voltò la testolina verso di lui, e il suo visino di illuminò di una gioia disarmante, che gli invase gli occhietti e tutte le guance.

- Papà Daco! – trillò.

- Piccolo mio. – Draco lo artigliò dalle mani di Nancy, e lo strinse fortissimo a sé, singhiozzando violentemente.

James si aggrappò forte ai suoi capelli, affondandovi tutte le ditina, e quando Harry li raggiunse alle spalle fece un sorrisone enorme, e allungò una manina verso di lui, con gli occhioni pieni di lacrime, finchè Harry non li ebbe stretti entrambi.

 

Qualcuno, da qualche parte, nell’aula, cominciò a battere le mani.

Era Hermione, ferma davanti al banco dei giudici, commossa e felice.

Qualcun altro le venne dietro, dopo pochi secondi.

Era l’uomo che Harry aveva chiamato Jack, in piedi, in mezzo agli altri membri della corte.

A loro seguirono tutti gli altri, uno dopo l’altro, chi con più convinzione, chi con meno. L’ultima, quella che forse ebbe più difficoltà a trovare il coraggio di applaudire, fu Nancy. Ma ci mise anche un sorriso, quando lo fece. Applaudivano tutti, alla famiglia più strana del mondo, alla coppia di genitori più coraggiosa della storia, al bimbo più umano e bello che ci fosse, che sollevò gli occhietti interrogativi su tutto quel baccano, si osservò le mani con aria concentrata, e cominciò a batterle anche lui, goffamente, senza nemmeno sapere perché, applaudendo a sé stesso, e ai suoi papà, a quello biondo e a quello eroe.

 

- Papà, è domani? È domani adetto? -

- Sì, tesoro, adesso è domani. – mormorò Draco, premendo un bacio sulla fronte di James. – Ce ne torniamo a casa, vuoi? -

- Bu Bum. -

- Vuoi Bu Bum? È a casa che ti aspetta, insieme a tutti gli altri giochi, amore mio. -

James pigolò qualcosa, e si fece passare fra le braccia di Harry.

- Ho fatto eloe. – annunciò, risoluto. Harry si sentì vinto su tutti i fronti, innamorato come uno scemo di suo figlio, stordito dalla gioia  di averlo di nuovo fra le braccia.

- Lo so. Adesso sei tu il più grande eroe di tutto il mondo, sai? -

- Più più di tutti? -

- Proprio di tutti. -

James gongolò per un attimo ma altrettanto repentinamente ricominciò a piagnucolare e a sporgersi verso Draco. E dopo un momento appena, di nuovo verso Harry. E continuò così, a farsi passare dall’uno all’altro, ubriacandosi di coccole e di abbracci, senza volersi decidere a scegliere, finchè fu Harry a dirgli di stare buono con Draco.

Perché lui aveva una piccola cosa da sbrigare.

 

- Fatemi firmare questi schifo di fogli, e che sia finita qui. – sibilò Harry, afferrando il plico di documenti del San Mungo, brandendo una penna e scarabocchiando il suo nome in tutti gli spazi liberi, persino in quelli per le date. – E che non debba mai più sentire che è un pezzo di carta a decidere se un bambino e figlio di qualcuno o no. Mai più. –

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** A cena fuori ***


Draco saltellò precariamente oltre la graticola del camino, rischiando di scivolare sulla cenere, o su qualche ceppo

Draco saltellò precariamente oltre la graticola del camino, rischiando di scivolare sulla cenere, o su qualche ceppo. Ma non gliene importava niente, non aveva alcuna intenzione si staccare le braccia da James per tenersi in equilibrio, e dal canto suo il piccolo era aggrappato talmente forte ai suoi capelli che gli faceva persino male.

- Siamo a casa, tesoro. – mormorò, mentre Harry compariva dietro di lui con uno sbuffo verdognolo.

James mugolò qualcosa di incomprensibile e smise di tirargli i capelli, preferendo loro il collo del suo papà.

Draco si buttò sul divano senza preoccuparsi della giacca, delle scarpe, o di qualunque altra cosa che non fosse James, e la sua presenza sicura fra le sue braccia. Harry si levò soltanto la giacca, e li raggiunse proprio mentre Draco stava lasciando che James gli si sedesse sulle ginocchia, per poterlo coccolare ancora un po’.

Si sedette alla sua sinistra, a avvolse le spalle di Draco con il braccio, per poter stare vicino sia a lui che a James.

- Campione… - disse sorridendo, e baciandogli la testolina arruffata.

- E’ il mio piccolo. Il mio bambino. – sussurrò Draco, ad occhi socchiusi, di nuovo tiepido nell’abbraccio di Harry.

Harry sorrise. – Lo so. E tu sei bellissimo. –

- E’ finita, adesso, vero? -

- Certo. – Harry afferrò una manina di James, e ci giocherellò, sorridendo alla risatina del piccolo. – Non un’altra parola su questa storia.

- Credo di non essere mai stato più felice, in tutta la mia vita. – sospirò Draco. – Non credo che avrei retto un minuto di più senza di lui. -

Harry ridacchiò di cuore, e scoccò un’occhiata all’orologio. – Dai, adesso non ci pensiamo più, in piedi. Andiamo a cambiare James, fra una mezz’ora usciamo. –

Draco aggrottò le sopracciglia. – Usciamo? Per andare dove? –

Harry ghignò. – Sono un uomo di parola, io. Te l’avevo detto che vi avrei portati fuori a cena. -

 

*          *          *

 

- Quel tavolo laggiù mi ricorda qualcosa. – Harry ghignò, vagamente malizioso, accennando ad un tavolo sulla sinistra del locale, affacciato direttamente sull’ampia vetrata panoramica. – E’ possibile avere quel tavolo laggiù? -

- Certamente signori. -

Un cameriere in livrea chiara, e dall’aria rigorosamente professionale accompagnò i tre al tavolo che Harry aveva richiesto, e trasfigurò una delle sedie in un seggiolino per il piccolo James.

- Eccoci qui di nuovo. -

Draco posò le mani sulla tovaglia candida, quasi sperando che fosse la stessa della volta prima. – Già. – disse con un mezzo sorriso. – Ma questa volta abbiamo un commensale in più. -

- Un terzo incomodo… - Harry allungò un buffetto a James, che eccitatissimo si guardava attorno e cercava di allungare le mani verso i camerieri che facevano fluttuare davanti a loro dei piatti da portata.

- Gli prendiamo una zuppa, e gli facciamo tritare della carne. – Valutò Draco, scorrendo il menu.  

- E gli offriamo un bicchiere di vino. – ridacchiò Harry. – In fondo è lui il festeggiato. -

 

- Naaaa! -

Draco alzò gli occhi al cielo. – James, basta. Non si gioca con il tovagliolo, mi hai capito? -

- Aaaaah, gno, gno!!! -

- James. – lo rimproverò Harry con voce ferma.

Il piccolino mise un broncio lungo fino a terra, davanti al suo purè di verdure, e desistette dal cercare di affogarci dentro il tovagliolo.

Harry fece un mezzo sorrisino, guardandolo mentre studiava i pezzetti di carne con diffidenza. Essere padre era piuttosto stancante, a volte; ma, doveva ammetterlo, anche tremendamente spassoso.

Versò un mezzo bicchiere di vino bianco a Draco e pigramente allungò una mano attraverso il tavolo, raggiungendo la sua, abbandonata vicino al tovagliolo. La accarezzò in silenzio, con una tenerezza tutta intima e anche un po’ incantata, e poi la strinse fra le sue dita, attirandola un po’ più verso di sé.

- So che avevo detto che non ne avremmo più parlato, però devo proprio dirtelo. Sei stato grande, in quell’aula. – disse, sinceramente ammirato.

- Anche tu. – Draco strinse con il pollice il dito indice di Harry. - E sei stato grande anche fuori. Non sai che paura avevo che tu irrompessi nel momento sbagliato. -

- Andiamo, non sono poi così disperatamente impulsivo. – ridacchiò Harry. – Anche se non ti nascondo che qualcosa dentro di me mi gridava di spaccare tutto e di andare a riprendermi James, subito. -

Draco annuì. - Lo avremmo fatto, vero? Se avessimo perso. -

Harry fissò la mano di Draco, assente. – Ma certo. – mormorò. – Lo avremmo fatto insieme, io e te. –

Draco lasciò che Harry gli tirasse la mano fino alla sua bocca, e che la baciasse con le labbra socchiuse. Rabbrividì leggermente, per il contatto, per la sensazione della guancia di Harry, e delle sue ciglia sulla punta delle dita, morbide.

 

- Papàààà! -

Draco sobbalzò violentemente. James li scrutava entrambi, con il visino corrucciato, e si tendeva disperatamente verso Harry, verso le loro mani, cercando di toccarle. – Papà, io, io! -

Harry sbuffò, divertito, e allungò un buffetto sulla guancia del piccolo. – Cosa c’è, vuoi mettere anche tu la mano? –

- E’ viziato e straviziato. – commentò Draco, con aria un po’ colpevole.

Harry ridacchiò. – Su, vedrai come si mette buono, adesso. Mangiamo un po’ di pollo, eh? Lo vuoi il pollo, James? -

- Gno. -

Harry infilzò un pezzetto di carne nella forchetta. – No? Nemmeno se te lo porta la scopa magica? – lo tentò, facendo svolazzare la forchetta con la mano.

- La copaaaa…. Aaaa… Ammmh! – James addentò il boccone con entusiasmo e lo ruminò ben bene, senza staccare gli occhi dalla “scopa” che si ritirava.

- Non capisco come tu faccia ad essere così bravo con i bambini. – ammise Draco.

- Ho sempre voluto averne. Mi sono allenato nel frattempo. – rispose Harry, sornione. – E poi dovrò pure trovare un modo per ritagliarmi il mio spazietto di amore familiare, visto che non vengo considerato da te, no? - 

- Che cosa vorresti dire? – ridacchiò Draco.

Harry mise un broncio identico a quello del figlio. – Che tu dai sempre a lui tutti i baci. – mugugnò.

- Oh, e a te non ne do mai, signor Potter? -

Harry scosse la testa, risentito.

Draco alzò gli occhi al soffitto e puntò le mani sul tavolo per sporgersi in avanti. – Lo sai che sei tremendo? – mormorò divertito.

Harry posò la forchetta di James e si alzò di un poco, con un’espressione dolcemente beata. – Mmm, vieni qui. – disse, raggiungendolo a metà del tavolo, e chiudendo gli occhi un attimo prima di baciarlo. Lo baciò teneramente, assaporando le labbra di Draco, e la sensazione del suo naso dritto vicino al suo, che sfregava con dolcezza sulla sua guancia.

PLAF

Harry socchiuse un occhio, e sospirò.

- No, James. – gemette Draco.

Troppo tardi.

James guardava i suoi genitori con un sorrisone enorme sulla faccina imbrattata di budino alla fragola color rosso acceso.

- Sei cattivo. – lo rimproverò Draco. – Non si mettono le mani nel cibo, lo sai! -

L’espressione del piccolo cambiò repentinamente dall’entusiasta all’indeciso. James si osservò la manina incriminata, da cui colavano grosse gocciolone di budino denso, e tentò di porre rimedio al pasticcio leccandosi le ditina.

Draco scoppiò a ridere suo malgrado, mentre Harry si armava di tovagliolo e di paterna pazienza, e cercava di ripulirlo un po’.

- Guardati, sei riuscito a sporcarti fino alle guance, eh? -

- Su, non eri così fiero che tuo figlio fosse un vero Potter? Ne hai avuto la prova adesso, nessun Malfoy al mondo si sarebbe mai sognato di ficcare le mani in un budino. Questi geni sono senza dubbio tuoi. -

- Gno, è buono, è buono! – protestò James, quando Harry fece per levargli il piatto di budino da sotto il naso.

- Non mi sembra che ti piaccia, altrimenti lo mangeresti, invece che giocarci. -

- Gno, gno, papà, è mio, è mio! -

Harry fece una smorfia, e gli restituì il piattino – E questi invece sono mooolto Malfoy. – insinuò.

- Sta solo cercando di… James! -

James ritirò la manina all’istante. – Pappa. – si difese, agitandosi sul seggiolino.

- E da quando la pappa si mangia con le mani? -

James sfarfallò le ciglia, sfoggiando la sua miglior faccina innocente. Afferrò il cucchiaino e lo offrì a Draco, incoraggiante.

– Pappa? – ritentò, facendo gli occhi grandi.

Draco alzò gli occhi al cielo, e sbuffò, mettendocela tutta per sembrare spazientito, ma Harry riuscì quasi vederlo diventare di gelatina, e sciogliersi completamente per gli occhioni del suo piccolino.

- Sei molto dolce quando imbocchi James, lo sai? – bisbigliò Harry, inclinando dolcemente la testa verso di lui.

- Beh, è necessario, non puoi certo ficcargli il cucchiaio in bocca, poverino. -

- Non intendevo dire per come lo fai. È per come lo guardi, per come ti muovi per lui, per come sei attento a tutto. -

Draco sfilò il cucchiaino dalla bocca di James, che si gustò il suo boccone di dolcetto senza nemmeno impiastricciarsi troppo. Mentre era impegnato ad ingoiare, Draco gli sfiorò il nasino con un dito, guadagnandosi una sua occhiatina perplessa.

- E’ cresciuto, sai? – mormorò assorto. – Mi sembra ieri che stava in una culla, che si muoveva appena, con i suoi pagliaccetti colorati addosso. Era così fragile, così minuscolo, e ora è un ometto, corre e gioca dappertutto. -

- E crescerà ancora molto. – asserì Harry. – Ha ancora tanta strada da fare. -

- Nulla mi toglie dalla testa l’impressione che James abbia cominciato veramente a crescere solo quando sei tornato tu. -

Harry rimase con il bicchiere a mezz’aria. Attraverso il vetro poteva vedere gli occhi di Draco, fermi sul suo piatto, senza che lo stessero davvero guardando.

- La vuoi sapere una cosa, Draco? Una cosa a proposito di quello che ti ho detto ieri notte, del mio desiderio di diventare padre. – disse a mezza bocca.

Draco inarcò le sopracciglia, ed Harry sorrise, vagamente imbarazzato.

– James è il bambino dei miei sogni. – confessò con semplicità. – E’ esattamente il figlio che ho sempre sognato di avere, perfetto in ogni cosa, dal viso al carattere, al modo di ridere. È come se tu lo avessi tirato su apposta per me. –

Draco arrossì violentemente, facendo sorridere Harry. – Ma tu non lo hai allevato apposta per me, vero? – mormorò. - Non credo che tu ti sia scritto una lista di cose da fare per rendere Harry Potter l’uomo più felice del mondo, al suo ritorno. –

- No. – ammise Draco, persino divertito. – No, ovviamente no. Però lui mi faceva pensare sempre a te, e quindi tante volte mi sono trovato a chiedermi, stupidamente, come ti saresti comportato tu al mio posto. Come lo avresti rimproverato per un capriccio, o come avresti premiato le sue conquiste. -

Harry sorrise in un modo che Draco trovò molto significativo, e sincero. - Che cos’hai fatto, quando James ha fatto i primi passetti? -

- Beh… - Draco inarcò un sopracciglio, e dopo qualche istante sorrise. – Lo abbracciai forte, lo sollevai e lo feci girare. Mi ricordo che lui rideva come uno scemo, ma poi non riuscì più a camminare, quel giorno, perché gli girava la testa, e non riusciva più a stare in equilibrio. -

Harry prese di nuovo la mano di Draco, e ne attirò il palmo sulla sua bocca. – E’ esattamente la stessa cosa che avrei fatto io. – sussurrò sulle sue dita. – Grazie, Draco. –

- Ammmh, ammmh! -

Draco sospirò, sconfitto.

James aveva ficcato la faccia nel piatto, e si era riempito di budino dappertutto, quasi fino ai capelli. E sembrava essere assolutamente fiero di sé.

 

*          *          *

 

Harry controllò che la copertina che avvolgeva James fosse ben rimboccata, e gli diede un buffetto leggero sulla guancia. Il piccolino era stordito dalla stanchezza, e dalle emozioni di una giornata decisamente molto movimentata, ed aveva davvero bisogno di una bella dormita. Si era già appisolato sulla via del ritorno a casa, in braccio a Draco, e aveva continuato a sbadigliare anche mentre Harry gli metteva il pigiama e lo metteva a letto.

Gli sistemò Bu Bum all’altezza del petto, e James subito gli strinse una manina attorno ad una zampa, sospirando. Un’ultima occhiata, un ultimo sorriso, e Harry fece spegnere tutte le luci della cameretta, ed uscì.

 

Quando entrò in camera, Draco gli dava la schiena, e stava finendo di svestirsi. La sua camicia e il suo maglioncino erano già sistemati su una poltroncina, e le scarpe erano sparite dentro l’armadio. Harry, prudentemente, si socchiuse la porta della stanza alle spalle.

Draco si accorse del cigolio sommesso, e si voltò con aria interrogativa. Guardò prima Harry, negli occhi, e poi la porta, e poi di nuovo l’espressione imbarazzata di Harry.

- Oh. – disse con espressione consapevole.

Harry fece un sorrisino esitante. – Ti… andrebbe? – tentò con una certa indecisione.

- Io… - indugiò Draco. – Io credo di sì. –

Harry finalmente si staccò dalla porta, per raggiungerlo. Lo abbracciò da dietro, impacciato, ma immensamente tenero.

- So che lo facciamo raramente. - ammise. – Però stasera sei davvero troppo bello. –

Draco gli concesse un mezzo sorrisino. – Siamo sicuri, per James? –

- Dorme come un angelo. – sussurrò Harry, sfiorandogli con la bocca la spalla nuda, ad occhi chiusi, lasciandosi stordire dal suo profumo.

 

*          *          *

 

- Papà! -

Draco aprì gli occhi giusto in tempo per vedere la porta della camera aprirsi, ed animarsi della luce della mattina. James la sospinse fino in fondo, con tutte e due le manine, ed entrò zampettando.

- Mmm… James, sei uscito da solo dal lettino? - Draco recuperò riflessi a sufficienza per tastarsi le gambe e il petto. Fortunatamente si era rimesso addosso boxer e canottiera.

Si tirò a sedere sbadigliando, ed allungò una mano verso Harry, scuotendolo per svegliarlo. E a quanto sembrava, lui invece non si era rivestito, prima di addormentarsi.

- Dai, vuoi venire sul lettone? -

Domanda retorica, ovviamente. James si slanciò verso di lui, facendosi acchiappare al volo, e ridacchiando, più vispo che mai.

- Papà Dedy, bam, bam! -

- Harry. – biascicò Draco.

Harry grugnì qualcosa socchiudendo gli occhi.

- Uhm, tesoro, papà Harry ha ancora sonno. – sospirò Draco. - Non è che vuoi dormire un po’ qui anche tu, eh? - 

Per tutta risposta James cominciò ad agitarsi energicamente sulle ginocchia di Draco, e a gridare versi incomprensibili, ma che nella sua lingua probabilmente erano dichiarazioni di guerra ai suoi papà.

Harry allungò una mano a casaccio sotto le lenzuola, e recuperò la canottiera. Poi fece un attimo mente locale sul figlio, e su di sé, e decise che forse era meglio recuperare anche i boxer. James era già pronto a buttarglisi addosso, e lui non aveva nessuna voglia di spiegargli come mai papà dormisse senza mutande. Riuscì persino a chiedersi se anche lui avesse mai rotto l’anima ai suoi genitori, da piccolo, beccando suo padre in situazioni così compromettenti. Ma l’idea dei suoi genitori in una situazione del genere gli fece venire un brivido sulla schiena, che lo convinse a lasciar perdere questioni simili, e a concentrarsi sulla lotta contro James il piccolo drago.

 

 

 

 

MAXI ANGOLINO!

 

Dunque, ho due o tre cose da dirvi, andiamo con ordine…

Oddio ecco che attacca a blaterare… fermatela! (NdHarry)

Crepa, stupido Potter, che tanto se tu tiri le cuoia io sistemo Draco con Krum, che per la cronaca è molto più galante di te. E anche più virile, tiè!

AAAAARGGHHH!!! Non devi mai nominare tu-zapere-ki! Oooodio Viktor Krum!!!

 

1_Wowowo, com’è che qui si fondano Eserciti di Liberazione James a mia insaputa! Che cavolo, se lo sapevo prima mi ci iscrivevo! (Ahm… Stat, non puoi, tu sei l’autrice, tecnicamente saresti la super partes della situazione NdHermione) 

…Ah. -____- Bah, brutto affare essere autrici…

E comunque qui ci stiamo riempiendo di sigle, e voi dovete capirmi, io sono una povera rintronata con difficoltà mnemoniche insormontabili.

Riassumendo…

C’è L’ELJ (che fra l’altro adesso vi toccherà riconvertire in qualcos’altro, visto che James sta benone. Volete che faccia rapire/arrestare/fustigare qualcun altro? Non so, potremmo organizzare una fic in cui tutti gli studenti di Hogwarts finiscono ad Azkaban per l’assassinio di Ms Purr)

L’ ES

E il MFS

Ne ho persi altri per strada?

 

2_ Sto aspettando una mail dalla direzione del sito, perché ho richiesto delle informazioni per una cosa (di cui non vi dirò assolutamente niente), e quindi vi avverto che finchè non riceverò una risposta, non potrò proseguire con la pubblicazione della fic. Penso che in realtà questo avvertimento sia inutile, perché solitamente le risposte alle mail giungono nel giro di qualche giorno, ma per scrupolo ve lo dico, in modo che non vi preoccupiate se non mi vedete aggiornare presto.

 

3_ un po’ di pazienza per l’aggiornamento di Virgin, sto lavorando in condizioni veramente crudeli, passo le mie giornate a procacciarmi libri e fascicoli in giro per Milano… Mooolto antierotico…   -__-

 

 

4_ C’è qualcuno che sa usare Photoshop? Volevo riuscire a fare qualche fanart di Fathers, mi sono anche procurata delle belle foto (con l’assistenza della povera Zucchero, che è diventata pazza), ma non so da che parte cominciare!

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Un (altro) giorno speciale ***


Un (altro) giorno speciale

Questo capitolo ha una dedica speciale!

A Fanny (che lo aspetta da secoli) e a Minerva, per il loro fantastico regalo di Natale.

 

 

 

 

Harry si svegliò dal suo sonno leggero al primo accenno di luce che filtrò nella stanza. Sbatté le palpebre, già più che sveglio, e preda di un’eccitazione tutta infantile. Silenziosamente, sollevò le lenzuola e sgattaiolò fuori dal letto, muovendosi come una lucertola per non svegliare Draco. Non dubitava nemmeno per scherzo del fatto che Draco dovesse essere eccitato almeno quanto lui, ed in quel poco, pochissimo tempo di convivenza era riuscito se non altro ad imparare a leggere il suo sonno superficiale dal suo modo di sibilare. Il più piccolo fruscio lo avrebbe svegliato, ma quella mattina non doveva andare così. Avrebbe fatto tutto lui.

 

La cameretta di James era immersa in un buio placido, e il piccolo dormiva tranquillo nel suo lettino, accoccolato su un fianco, con il fedele Bu Bum seduto sul cuscino a fare da guardia contro gli incubi cattivi.

Harry entrò in punta di piedi, e comandò che un paio di candele si accendessero, per potersi muovere con un minimo di cognizione.

- James! – bisbigliò, affacciandosi sul lettino.

Niente da fare, James dormiva come un angioletto.

Harry sbuffò.

- Hey, James! – ritentò, strattonando un po’ la rete protettiva del letto, e facendolo ondeggiare.

- James! Dai, sveglia! –

James soffiò un filo d’aria dal nasino e allungò in avanti un braccio, ma non diede alcun segno di essersi svegliato. Aveva la guancina premuta per metà sul cuscino e per metà sul materasso, e quella rivolta verso l’alto era rossa, di un rossore innamorato.

Harry sentì che era davvero, davvero crudele ciò che voleva fare, ma si morse la lingua, e decise che con i sensi di colpa che sarebbero derivati dalla sua azione criminale avrebbe fatto i conti un giorno un po’ meno speciale di quello.

Allungò un dito, e pizzicò delicatamente il pancino di James.

- Naaa! – James si svegliò di soprassalto, agitandosi tutto per il solletico.

- Oh, ci siamo svegliati. – fece Harry, sornione.

- Harry! -

- Tranquillo, sono già qui io! -

E’ mio. Tutto per me.

Harry rivolse al suo piccolo un sorrisone delinquente, guadagnandosi in risposta un mugolio assonnato.

- Che giorno è oggi, James? – cantilenò, acchiappandolo per la vita e cominciando a strapazzarlo con entusiasmo.

- Gno, gno… -

- Oh sì invece. Chi compie gli anni oggi? -

James cercò di divincolarsi, ed osservò Harry sempre più allarmato, ma Harry se lo ficcò sulle spalle e partì a razzo per la camera.

 

- Eeeee… La scopa più veloce del mondo sta atterrando! – gridò, lanciandosi sul letto con James, e terrorizzando Draco a morte.

- Ma sei scemo? – sbraitò Draco, precipitandosi su un lato del letto, e addio lenzuola e coperte. – Vuoi farlo fuori proprio oggi? -

- Oh, non rompere, è il compleanno del mio nanerottolo, niente storie! -

 

James proprio non riuscì a capire che diamine fosse preso all’improvviso ai suoi papà, o che cosa fosse questo compleanno che a quanto sembrava stava sconvolgendo le vite di tutti. Ma se ciò significava un mare di coccole extra nel lettone grande, beh, allora lui di certo non si sarebbe lamentato.

Papà Harry sembrava impazzito completamente. Continuava a tormentarlo, a rivoltarlo di qua e di là come un bambolotto di pezza, a dire cose senza senso riguardo questo compleanno, o quello che era. Mah, certe volte papà Harry era davvero un tipo strano.

Anche papà Draco comunque sembrava un po’ fuori di testa. Ma se l’udito non lo ingannava, lo aveva sentito nominare la pera frullata con il cioccolato. Oh, buona, la pera frullata con il cioccolato, tanto cioccolato!

 

- Naaa! – James mise le manine sulla faccia di Harry e cercò disperatamente di respingere il suo tentativo di soffocarlo di baci.

- Lo farai vomitare. – borbottò Draco, alzando gli occhi al cielo in una muta richiesta di aiuto.

- Ma smettila, ride come uno scemo. -

- E’ tuo figlio, Potter, ridere come uno scemo è nel suo patrimonio genetico. -

- Papà, accio Bu Bum, dai, dai, accio Bu Bum! -

- Niente Bu Bum, ora ci alziamo, su. -

Draco si stiracchiò, ridacchiando del figlio che si era messo con le manine tutte alzate, e gli occhietti attenti sulla porta, aspettando che il suo pupazzo comparisse dall’altra stanza, richiamato da un incantesimo che nessuno aveva lanciato.

Non si stupì nemmeno troppo, di vederlo arrivare fluttuando qua e là, in modo piuttosto traballante, come sostenuto da un fantasma ubriaco, e finire dritto nelle sue manine.

Il suo piccolo, tremendo maghetto.

 

*          *          *

 

Diagon Alley era piacevolmente tranquilla, nel periodo primaverile. Nessuna ricorrenza ad animare i negozi, niente acquisti scolastici, niente corse e deliri collettivi. La gente si dedicava più che altro a passeggiare fra le vie, a passare un po’ di tempo in tranquillità, divertendosi ad esplorare le vetrine e a commentare le ultime novità editoriali al Ghirigoro, senza badare troppo ad un passeggino che fendeva la folla, condotto da un ragazzo dai capelli biondi come paglia.

 

- Allora, James!- Draco sembrava francamente più entusiasta del figlio, ed Harry sbuffò, divertito.

- Guarda che è il suo compleanno, al tuo manca ancora un po’.-

- Oh, finiscila.- lo liquidò Draco. – Che cosa compriamo al mio piccolo campione, eh?-

- Mari e monti, eh, Malfoy?-

- Se servisse a farlo felice, certamente. –

La cosa davvero spassosa è che Draco si stava comportando esattamente come lui aveva pronosticato. Cielo, ci avrebbe potuto scommettere la cicatrice, Malfoy era sempre Malfoy.

Proprio in quel momento i tre passarono davanti al negozio di scope, che sfoggiava in vetrina la nuovissima Nimbus Ultimate. Harry rallentò il passo cercando in ogni modo di dissimularlo, ma davanti al magnifico manico di scopa tirato a lucido dovette leccarsi le labbra secche un paio di volte, esibendo un’aria pateticamente adorante.

- Scordatelo!- lo scosse Draco, imperioso. – Niente scopa, finché non sarà abbastanza grande!-

- Ma… –

- Ho detto no.-

- Ma Draco…-

- Ho detto no!-

- Uffa. -

- Potter…- Draco inarcò le sopracciglia con aria irritantemente saccente. – Vedi, Potter, mio caro, stupido Grifondoro, se questa scopa dovesse davvero servire a James, ci farei più di un pensierino. Ma il fatto è che so benissimo che è solo un pretesto per poterla usare tu!-

Harry si diede una grattatina risentita sulla nuca, e osò dissentire. Almeno, ci provò.

- Al tuo compleanno ci penseremo. Forse.- annunciò Draco, ben deciso a passare sopra la questione.

- Ma io la voglio adesso. –

Draco gli rivolse un’occhiata accigliata. - Sei peggio di tuo figlio, te ne stai rendendo conto, spero.-

- E va bene, va bene, mi arrendo! Andiamo al maledetto negozio di animali!-

Draco sfoderò un sorrisino soddisfatto, e riprese a spingere la carrozzina con più energia di prima.

 

- James, vuoi scendere dal passeggino, così ne scegli uno? – Draco si prese in braccio il figlioletto e lo sfilò dal passeggino. James fu posato in mezzo a centinaia di gabbie rumorose, e prese a voltarsi e a rivoltarsi su sé stesso, attonito, le manine strette al petto, e la bocca spalancata.

Draco lo superò, dopo essersi assicurato che ci fosse Harry a tenerlo d’occhio, per andare a parlare con la corpulenta commessa del negozio, circa l’animale più adatto ad un bimbo così piccolo.

- Niente di aggressivo.- si affrettò a mettere in chiaro. – O di troppo grosso. Insomma, non lo so, io pensavo ad un gattino, oppure…-

Harry giocherellò con il un pedale del passeggino. Gli animali più suscettibili erano storati in gabbie fuori dalla portata delle manine curiose di James, ma lui voleva assolutamente riuscire a dare un’occhiata più da vicino alla salamandra di fuoco, o a quel fantastico riccio scavatore che stava tentando di evadere dalla sua gabbietta.

- Bellooo!!!!- la vocina eccitata di James raggiunse sia Harry che Draco alle spalle. Entrambi si voltarono, assieme alla commessa, sulla figura del piccolo chinato su una delle gabbie del livello più basso, quelle che toccavano terra.

- Cos’hai trovato, campione?-

- Bello, bello!- James indicò la gabbietta davanti a sé saltellando, e battendovi sopra la manina per far vedere anche ai genitori l’animaletto accoccolato dentro.

Draco impallidì.

Harry affondò i denti nel labbro inferiore e inspirò a fondo, cercando di contenere le avvisaglie di un pericoloso tremolio delle guance.

- Ahm, tesoro…- cominciò Draco. – Non credo che QUELLO vada bene.-

- Secondo me è perfetto. – azzardò Harry, fra i denti.

La commessa sorrise apertamente - Perché no, signor Malfoy? Per un bimbo è l’ideale.-

Harry singhiozzò sonoramente. - Ascolta la signora, Draco, per me dovremmo prenderglielo.-

Draco lo polverizzò con un’occhiataccia. – E’… un furetto!- esclamò, scandalizzato.

- Lo vedo. - Harry decise di arrendersi al soffocante solletichio della propria gola, e scoppiò in una sonora risata. – Oddio, Malfoy, tu mi fai morire!- proclamò fra le lacrime. – Quando si dice tale padre…-

- Chiudi il becco, Potter!-

- E dai, è destino! Compriamogli quel furetto!-

- Nemmeno morto.-

- Avanti, Malferret!-

- Ti vieto di chiamarmi in quel modo!-

- Ma pensaci! Farete sicuramente amicizia, tu sei così empatico con i fur…-

- Un’altra parola, Potter. Ti sfido a dire un’altra parola su quella bestia.-

- Uhm…- Harry si schiarì la voce, riuscendo a tornare più o meno serio. Si portò innocentemente le mani dietro la schiena, e le fece oscillare. – Che ne dici di “ti amo”?- sussurrò nell’orecchio di Draco con un sorrisetto.

Draco avvampò, ed Harry si fece una risatina soddisfatta.

- Papà! È bello, bello!-

- Non se ne parla, James. Scegline un altro.-

- Ma dai, Draco, gli piace il… furetto!-

Niente da fare. Harry ci stava davvero mettendo l’anima, ma non c’era modo di riuscire a non scoppiare a ridere ogni volta che si trovava a dover pronunciare quella parola. La bestiola li fissava tutti con il suo musetto perplesso, da dietro le sbarre della gabbietta, e Draco le rivolse uno sguardo decisamente esitante.

- Su, vedrà che le piacerà, signor Malfoy.- lo incoraggiò la commessa. – I furetti sono animali adorabili.-

- Oh sì, posso confermarlo. - Harry si diede ad un altro eccesso di risate, e James pensò che potesse essere una buona idea imitarlo, e mettersi a ridere a sua volta.

- Piantala subito!- esplose Draco. – Basta, tutti e due! E va bene, che diamine, sia! Prendi quel dannato pellicciotto, e finiamola qui!-

 

James ebbe il suo pellicciotto.

Un furetto adorabile, un piccolo, lungo cosino morbidissimo, che di tanto in tanto si affacciava dal suo cestino, e rifilava occhiate indagatrici al suo nuovo padroncino, con i suoi occhietti scuri e brillanti. Draco sbuffava a più non posso, ed Harry cercava ancora di avere ragione della sua bocca, e smettere di ridere. Ma guardare la faccia di Draco e soffocarsi di risate senza ritegno era quasi una cosa automatica. Gli piaceva da morire la sua espressione imbronciata, e sotto sotto felice, per aver fatto contento James, e gli piaceva da morire che uno squarcio del loro passato fosse tornato prepotentemente nelle loro vite, a ricordare loro che avevano un trascorso, insieme.

Un po’ burrascoso, forse. Decisamente burrascoso, però in un modo o nell’altro si conoscevano fin da quando erano ragazzini, non erano due sconosciuti con un figlio in mezzo. Avevano passato anche dei momenti divertenti, insieme. Beh, più per lui che per Draco, probabilmente. Ma alla fine anche il fiero Malfoy si sarebbe affezionato a quella bestiola, forse per gli stessi motivi per cui lui già la adorava.

- Come lo vuoi chiamare, James?- domandò, incoraggiante.

- Uhm… mmm…- James si portò un dito alla bocca, indeciso. – Gatto!-

- Ma tesoro, non puoi chiamarlo Gatto. – osservò Draco, scettico. – A parte che porterebbe male un nome del genere ad un furetto, e poi i gatti sono un'altra cosa!-

- Papà ha un’idea, se vuoi! Perché non lo chiami Malferret?-

- Potter!-

- Ahia!-

- Ti sbatto fuori di casa assieme a quel sacchettino di pulci, se ci provi un’altra volta!-

- Ma Draco, hai una vaga idea di quanto tu fossi assolutamente carino? -

Draco fece per replicare, ma Harry fu rapidissimo ad abbracciarlo bloccandogli anche le braccia. Il passeggino di James proseguì per poco più di un metro per inerzia, e poi si fermò, mentre Harry sollevava Draco e giocava con le sue guance arrossate.

James non si accorse dell’interruzione, occupato com’era ad accarezzare la testolina del suo furetto, e Draco, per la prima volta, non ebbe nulla da obiettare alla momentanea distrazione di entrambi dal suo preziosissimo bambino, occupato com’era a lasciarsi baciare da Harry davanti a tutti, nel bel mezzo di Diagon Alley.

 

E se non altro, giunti a casa, la spuntò su una questione. Al furetto venne dato il nome che lui aveva candidato, abbastanza altisonante da permettere alla bestiola di diventare parte della famiglia.

“Augusto”, fu battezzato con una certa solennità. Harry scrisse il nome in caratteri rosso granata sulle sue ciotole, e sulla cuccia, e Draco impazzì, per quella cicatrice Grifondoro nella cucina.

James sembrò un po’ titubante, lì per lì, ma poi si convinse anche lui della bontà della scelta di Draco, e tutto entusiasta prese a cantilenare “Gutto”, correndo qua e là con il furetto alle calcagna.

 

 

 

 

AVVISO! ( e non angolino)

 

Signori, questa è una cosa serissima ( e ciò significa che Stateira blatererà per un quarto d’ora, perciò fate un bel sospiro e preparatevi).

Dopo lunghe et attente ponderazioni, ho deciso di scrivere una Missing Moments di questa fic (L’hai deciso in treno, vigliacca, non raccontare panzane NdLa tua Coscienza), visto che di Missing Moments in questa storia ce ne sono a valangate.

Per chi non lo sapesse, normalmente una Missing Moments è organizzata come una raccolta di shot, che raccontano appunto i “momenti mancanti”, quelli che nella fic non sono stati trattati, che sono stati glissati, e così via. Esempio stupido, potrebbero esserci una o più Missing Moments dedicate al periodo della guerra vista dalla prospettiva di Harry, che non ho voluto affrontare, sulla morte di alcuni dei personaggi che nella fic vengono solo citati da Blaise, o dai giornali. Oppure una Missing Moments su un episodio particolare della vita di Draco e James, prima del ritorno di Harry. O ancora, la fase di preparazione del processo, che nella fic non è approfondita.

Insomma, ovunque voi vediate delle ellissi, delle glissature, delle scene non approfondite, qualcosa di non raccontato o di appena accennato, ecco, quello è il terreno per una Missing Moments

 

Questo per dirvi che avrei intenzione di condurre una vera e propria Missing Moments on demand.  Potete sbizzarrirvi a chiedermi quello che volete (purché le richieste siano strettamente pertinenti alla fic, naturalmente) su James, su Draco, su Harry, su Pansy, su Blaise, su chi vi pare. Data la natura della fic, prevedo che ce ne sarà per tutti i gusti, dalle scenette familiari più buffe, a momenti più malinconici, a quelli romantici, a quelli drammatici.

 

Ha parlato con l’amministrazione del sito, prima di darvi l’annuncio, per concordare le modalità di richiesta, che qui di seguito vi esporrò. Vi prego caldamente di fare attenzione e di seguirle, soprattutto per rispetto verso quei santi che gestiscono il sito.

 

Due metodi:

1- Via mail. Contattatemi dal sito (attraverso il link “contatta” che compare vicino al nome dell’autore). Considerate che non potrò rispondere alle mail, per un motivo molto semplice: ho un accesso degno di tal nome alla Rete per due giorni alla settimana, quindi o pubblico o rispondo a tutti voi. Mi trascriverò le vostre richieste, e di volta in volta segnalerò nel capitolo chi mi ha richiesto quella MM, naturalmente con i debiti ringraziamenti. Risponderò, questo è chiaro, nel caso in cui mi chiediate dei chiarimenti, o abbiate dei dubbi, ecc.

Il metodo della mail è sempre valido, qualsiasi momento è buono.

 

2- Attraverso lo spazio recensioni, ma attenzione, SOLO dopo aver scritto una VERA recensione di un capitolo.

Esempio: Questo capitolo è molto commovente, i sentimenti di Draco sono ben delineati ecc. Per la MM vorrei chiederti…

Mi raccomando, è davvero una cosa importante.

E attenzione, in questo caso pongo anche un’altra condizione: non posso pensare di controllare continuamente le recensioni di Fathers, a mesi di distanza, per vedere se ci sono nuove richieste, perciò avrete tempo fino ad una settimana dalla conclusione della fic (che ovviamente vi segnalerò) per espormi le vostre idee e le vostre richieste.

Dopo tale data, se vi venissero altri spunti in mente, vi chiedo di aspettare l’inizio della pubblicazione della Missing Moments (che con grande fantasia si intitolerà Fathers Missing Moments, o giù di lì), e scrivermi nello spazio recensioni della Missing Moments, non più in quello di Fathers, ricordandovi che qui vale la stessa regola di prima, quindi sempre e comunque una vera recensione, che poi comprende la richiesta.

 

 

Naturalmente non posso promettervi di riuscire ad accontentare tutti, dipenderà tutto dal numero, numero, ma ce la metterò tutta!

La pubblicazione della Missing Moments avrà una cadenza più rada della fic vera e propria, perché, trattandosi di shot, le scriverò nel tempo libero, le long fic in pubblicazione avranno la precedenza.

 

Che scegliate l’uno o l’altro metodo, vi domando solo di seguire qualche piccola regola per la richiesta (per facilitarmi il lavoro, portate pazienza):

 

Segnalatemi per favore il capitolo di riferimento dell’episodio che vorreste fosse trattato.

Rispettate i termini temporali. Ribadisco che dopo una settimana dalla conclusione della fic non accetterò più richieste nello spazio recensioni di Fathers, ma solo in quello della Missing Moments, o per mail.

 

Esempi della richiesta ideale per la quale vi adorerei:

 

Cap 5, “nove mesi dopo”. Vorrei vedere il momento in cui Draco esce di casa per andare al San Mungo a prendere James. Quello che pensa, che cosa fa ecc.

 

Cap 13, “una tazza di tea”. Harry torna il giorno dopo a casa di Draco. Mi fai vedere come ha passato la nottata, le sue riflessioni, le sue idee sul figlio appena conosciuto, ecc?

 

Vanno bene anche situazioni più generiche, che possano avere senso nel contesto, per esempio “Harry che porta a spasso il figlio da solo, perché Draco ha un impegno”, oppure “ momenti in cui i tre giocano assieme”, o “James a scuola”.

Insomma, questi sono esempi banali, giusto per darvi un’idea.

Ho già scritto un paio di MM, comunque, e le pubblicherò per prime in modo da darvi un po’ l’idea.

Per qualsiasi dubbio contattatemi e chiedete pure, intanto vi ringrazio per la pazienza e l’attenzione, e spero che la mia idea possa piacervi.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Le crociate di James. Epilogo? ***


Le crociate di James: epilogo

Quattro mesi dopo

 

Harry diede una stropicciata al giornale, e voltò pagina. Faceva ancora caldo, e la casa di Draco – la loro casa, ormai da un po’ – era piena di finestre su cui il sole batteva implacabile. Si fece distrattamente aria con il lembo superiore della Gazzetta del Profeta, e si aggiustò gli occhiali sul naso, arricciandolo leggermente.

- Ma guardati. – lo motteggiò Draco. – Sembri un vecchio padre di famiglia, ti manca solo la pipa in bocca. –

Harry si affacciò oltre la pagina del quotidiano e gli rivolse un sorriso furbetto tutto James. – Il tuo è un patetico tentativo di ottenere il giornale, Draco Malfoy. – sentenziò. - Ma non ce la farai. Niente al mondo mi distoglierà dal leggere l’articolo sui Cannons. –

- Oh, povero Potty, ti piacciono le letture tragiche, a quanto pare. -

- A ha, continua a fare lo spiritoso. Sei pronto a mangiare la polvere, domenica? -

- Detto da uno che una volta si è quasi mangiato un Boccino, potrebbe persino suonare ridicolo, sai? -

Harry alzò gli occhi al soffitto, e borbottò qualcosa che scatenò una smorfia indignata di Draco.

 

Harry era tornato dalla sua famiglia da un anno. Draco probabilmente nemmeno sapeva che, per l’esattezza, mancavano dieci giorni tondi all’anniversario della sua irruzione notturna e concitata a casa sua. Ma Harry lo ricordava molto bene, invece. Era una di quelle date che erano ritagliate un angolino nella sua testa, assieme a quella della nascita del loro piccolo James, a quella del loro primo bacio, e ad altre cose vergognosamente romantiche che avrebbero fatto fare a Draco una gran risata. Una risata di cui lui si sarebbe innamorato fino a sentire la testa girare, ma questo aveva poca importanza. Draco era una persona insopportabilmente pragmatica e poco propensa a lasciarsi andare a qualche tenerezza, ma era anche una persona immensa, e lui era maledettamente felice, e fortunato, che lo avesse ritenuto un padre degno, per James, nonostante tutto quello che era successo, e che lui aveva fatto passare loro. Da quando aveva visto il piccolo per la prima volta, in braccio a lui, aveva sentito fin nelle ossa che avrebbe dedicato tutta la sua vita a quel visetto vispo, ma molte volte in verità gli era capitato di chiedersi  che cosa sarebbe successo, se non lo avesse mai incontrato; se sarebbe mai riuscito a fare a meno di lui, o se piuttosto lo avrebbe cercato per sempre, per la strada, fra la folla, se avrebbe continuato a spaccarsi la testa chiedendosi che sapore potesse avere un bacio del suo piccolo James, che suono la sua risata. E se non avrebbe davvero più pensato a Draco.

Lo guardò, ancora fermo sulla soglia della cucina, gli occhi che scorrevano curiosi su qualche parola dei titoli della prima pagina, e si disse che no, a Draco ci avrebbe pensato eccome. Ci avrebbe pensato per sempre.

- Vieni! – Harry sorrise all’improvviso, scansò il giornale e si batté le mani sulle ginocchia. – Lo leggiamo assieme, dai. -

- Non mi interessa il tuo giornale, Potter! -

- Ma a me interessa avere te sulle gambe, perciò muoviti, vieni qui! -

Draco alzò gli occhi al cielo, come se fosse stato in procinto di sacrificarsi a chissà quale fatica, e trotterellò fino alla poltrona, vagamente dinoccolato.

- Sei davvero bravo a fingere che ti pesi stare un po’ da solo con me a farti strapazzare, sai, Malfoy? – ghignò Harry. – Eri quasi riuscito a farmi sentire in colpa. -

Draco si aggiustò sul grembo di Harry, e agguantò il suo giornale, spalancandolo sulle pagine sportive. – Stupidaggini. – fece, addossandosi al petto di Harry. – Sai benissimo che ti tormenterò a vita per aver permesso a Weasley di portare al parco il mio James Draco. - 

- Ma finiscila. – Harry gli stropicciò i capelli, guadagnandosi un grugnito infastidito. – Ron adora James, e Hermione è un angelo, con i bambini. Si divertirà come un matto. -

- Tuo figlio si diverte sempre con tutti, perché è un sempliciotto, come te. –

- Espansivo, Draco, espansivo. James è espansivo, da bravo Potter. – Harry ridacchiò. – Sempre meglio che acido come qualcuno di mia conoscenza. –

- Ritira quello che hai detto! – Draco allungò le mani all’indietro, e piantò un pizzicotto sull’addome impreparato di Harry.

- Ma sei atroce! – ululò Harry. – Diavolo di un Malfoy, tu e la tua stirpe! –

- A ha, attento, papà Harry, o la tua maledizione si ritorcerà contro il tuo frugoletto. –

Draco sghignazzò con genuino piacere, della sua vittoria su Harry. Cielo, fregarlo con le sue stesse armi era qualcosa di meravigliosamente appagante. Harry poteva avere tutte le qualità di questo mondo, e le aveva, per Dio. Ma di certo il cielo sarebbe diventato verde, prima che lui riuscisse a sopraffarlo in un battibecco dialettico come quello.

- Perso la lingua? – insinuò, ruotando la testa all’indietro.

Harry lo guardava scuotendo le palpebre, vagamente perplesso. Stupidissimo, meraviglioso Harry James Potter.

- Come mi hai chiamato? – sussurrò.

- Uhm? – Draco inarcò un sopracciglio, e fece rapidamente mente locale. – Oh, sì. – ghignò. – Papà Harry! Perché, non si può? –

Harry non rispose subito. Se ne rimase fermo, pensieroso, concentrato sulla schiena di Draco, inarcava verso di lui. E poi lo abbracciò all’improvviso, stringendogli forte la vita.

- Ouhf, Harry! – protestò Draco, trascinato all’indietro sullo schienale della poltrona.

Harry gli schiacciò le labbra sulla bocca, e Draco potè sentirlo respirare forte con il naso, sulla sua guancia.

- Voglio che mi chiami sempre così. Sempre. – disse Harry precipitosamente, ancora per metà sulle sue labbra. – Oddio, sì. È proprio questo il mio nome. –

 

*          *          *

 

- Papà!- James zampettò entusiasta verso Harry, gli si aggrappò ai pantaloni e glieli strattonò quasi fino a levarglieli, finché non fu accontentato e preso in braccio.

- Hey, campione! Ti sei divertito, con lo zio Ron?-

- Tì!- trillò il bimbo, eccitatissimo.

Harry gli concesse un buffetto sulla testina. – E’ stato bravo? – chiese ad Hermione.

- Un tesoro. – confermò lei, annuendo con una certa energia. Le brillavano gli occhi in un modo strano. Orgoglioso, in qualche modo, ed entusiasta, più di James stesso.

- A parte quando ha fatto levitare la piscina delle palline. -

- Ron! -

- Che c’è! – si inalberò Ron, arrossendo sulle guance. – Io ho impiegato anni ed anni, per riuscire a far volare una seggiola! – borbottò con una certa invidia.

- Non è successo niente. – lo liquidò Hermione, rivolgendosi ad un Harry già allarmato. – Non l’ha fatto apposta, cercava solo di afferrare le palline, e poi siamo intervenuti subito. Nessuno si è accorto di nulla. –

Draco sospirò, e prese in consegna il piccolo James da Harry, che rimase in cucina a scambiare due parole con gli amici davanti ad un tè.

Prima Pansy, Blaise, e dopo Harry si erano aggiunti anche la Granger e Weasley. Gli sembrava sempre più di vivere in una specie di enorme famiglia allargata piena zeppa di zii acquisiti, con buona pace del suo spirito Serpeverde di padre gelosone. Certo che quei due potevano pure farsene uno loro, di figlio, invece che portare a spasso il suo.

Bah, Grifondoro, valli a capire.

 

- Come sono le manine, James? – gli disse, sulle scale per il piano di sopra.

James sfoderò un sorrisone incontenibile, e tutto tronfio si affrettò a mostrargli i palmi della mano, completamente neri di terra, di polvere e di chissà quali giochi.

Draco si lasciò andare ad un gemito sconsolato.

- Ecco, appunto. Troppi, troppi Grifondoro. –

 

*          *          *

 

- Tzk! Non mi piace che James frequenti i Weasley.- borbottò Draco, fra un boccone e l’altro, ben attento a non dirlo troppo ad alta voce. Ma Harry gli scoccò ugualmente un’occhiataccia, da sopra la testolina di James.

- Ma piantala, Hermione e Ron sono adorabili, con James. –

- Ma compromettono la sua educazione, con le loro idee strampalate. –

- Per esempio quelle sulla parità fra purosangue e figli di Babbani? –

- Esatto! – si infervorò Draco. – Precisamente per quelle, Potter! Ma ti rendi conto di dove andremo a finire? –

Harry alzò gli occhi al soffitto, e gemette qualcosa a mezzavoce, quando James scostò improvvisamente il cucchiaio di carne macinata con cui stava per imboccarlo, e gli si inerpicò addosso.

- Papà!- piagnucolò, piazzando le manine sulle clavicole di Harry e rivolgendogli contro tutto il potere dei suoi occhioni luccicanti. Aveva proprio l’aria di chi ha passato almeno gli ultimi cinque minuti a rimuginare su qualcosa di estremamente importante, e che ora era determinato ad ottenerla. – Mi compi? Mi compi?-

- Ti compro, tesoro?- Harry inarcò un sopracciglio. – Papà Draco ti compra già troppi giocattoli. -

James scosse la testa, seccato. - Gno! Mi compi una to… to… tolelina?-

Draco tossì precipitosamente. A giudicare dal rimbombo della sua testa, si convinse di essere svenuto, e per un paio di secondi rimase persino in attesa di impattare con il pavimento. Harry invece fu certo di aver sentito la sua mandibola infrangersi al suolo ed andare il mille pezzi.

- Ahm, tesoro. – gracchiò disperatamente, tutti i muscoli della faccia contratti in un’espressione impossibile.

- Daaaai! – insistette James. – Una tolelina! Papà! –

- Ma James. – mormorò, Harry, accomodante. – Una sorellina… insomma, non è un gioco, lo sai? Poi bisogna curarla. –

- Gno, gno, bella, bella tolelina! – James annuì con sincera convinzione. – E… e… poi io faccio camminae! – 

- Ma tesoro, non basta farla camminare. - a Harry sarebbe venuto persino da ridere, se l’espressione terrorizzata di Draco non lo avesse dissuaso.

- Ma… ma io do i… i giochi!-

- Sì, ma James…-

- Papà!- implorò James, e Harry sentì la sgradevole sensazione delle sue ginocchia che si squagliavano.

- Ahm… Draco?- boccheggiò.

Draco scosse vigorosamente la testa. - Scordatelo! – strepitò. – Gestiscitelo tu questo problema! L’avevo detto, io, che non dovevi lasciarlo andare con quei Weasley, loro, e le loro manie di fare figli!-

Harry sospirò, e si impose di non litigare con Draco, non in una situazione così disperata. – Senti, James, ci pensiamo, eh? –

- Gno. – sbuffò il piccolo, tutto deluso.

- Tesoro, non è una cosa così facile, sai? –

- Tì! Compi, al negotio! –

- Ma gliel’hai messa tu in testa questa cosa del negozio?- sbraitò Harry.

Draco, per tutta risposta, grugnì. – Beh, che altro dovevo dirgli? – si difese orgogliosamente.

- Alloa fai le tille! Accio tolelina! -

Harry sentì il bisogno di prendere una bella rincorsa e andare a sbattere contro ad un muro, da qualche parte. - Ma James, non ci sono magie per fare una sorellina! – gemette.

Draco gli scoccò un’occhiataccia critica. – Che fai, menti a tuo figlio? –

- E tu vuoi complicarmi la situazione? – ringhiò Harry.

- Ma tu scei il mago più più più gande! –

- Lo so, ma… -

- Tsk! –

- Ignora tuo papà Draco, James. Dicevo, lo so, però non posso fare Accio. Senti, facciamo così, tu vai a letto, e alla sorellina… ci pensiamo domani, eh? –

- Guarda che domani se lo ricorda, e te lo chiede di nuovo. –

Harry guardò Draco di traverso, disopra il cespuglietto di capelli di James. – Dì un po’, hai proprio deciso di fare l’uccellaccio del malaugurio, tu? –

 

*          *          *

 

Un paio di ore dopo, anche Harry e Draco erano a letto. James, malgrado il broncio, si era addormentato quasi subito. Resistere alle coccole di Draco era veramente impossibile, per lui, soprattutto quando si trattava di un Draco particolarmente paterno, come quello di quella sera. Gli era crollato fra le braccia mentre lui gli stava tenendo una mano sul pancino caldo, e gli soffiava sulla testolina, accarezzandogli i capelli con le labbra. Poi Harry lo aveva preso in consegna e lo aveva portato di sopra, per metterlo a nanna. Adorava poter dare la buonanotte al suo piccolo, e in quell’annetto era diventato un vero asso nel rimboccargli le coperte senza infastidirlo. Lui e Draco erano rimasti in salotto, a farsi venire sonno, per un po’ di tempo ancora. Qualche parola di tanto in tanto, anche se servivano a poco, ed erano più che altro timidi accenni di affetto, pronunciati con voce un po’ roca. Probabilmente per certe cose sarebbe servito ancora un po’ di tempo. Soprattutto a Draco.

 

Draco si raggomitolò sotto la coperta leggera, e andò in cerca di una spalla di Harry, per potervicisi rannicchiare. Harry tese il braccio e lo lasciò fare, senza in verità prestargli troppa attenzione. Doveva essere assorto in qualche ricordo suo, lontano, qualcosa che lo stava rapendo al sonno, e al presente. La sua espressione concentrata era bella da guardare, e fragile, legata al silenzio e alla penombra che li avvolgeva. Draco non intendeva disturbarlo, anche se gli sarebbe piaciuto da morire sapere a cosa stesse pensando, a chi stesse rivolgendo gli occhi della sua memoria con tanta intensità. Doveva essere qualcuno di davvero importante, perché lo sguardo gli brillava sotto le ciglia come quando guardava James. Decise che chissà, forse gliel’avrebbe chiesto la mattina dopo, svegliandolo.

Stava quasi per addormentarsi, quando un brusco sussulto lo avvertì che Harry doveva essersi ripreso dai suoi pensieri.

- Draco?-

- Uhm?-

Harry circondò Draco con entrambe le braccia, portandole davanti al suo volto, e con la mano destra prese a sfregarsi distrattamente l’avambraccio sinistro.

- Senti, e se dopotutto… gliela facessimo sul serio, una sorellina? –

 

 

 

 

FINE (?)

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

È finita. Eh già, prima o poi doveva pur succedere, no?

Mi dispiace un po’ averla terminata, anche se il pensiero delle MM mi consola, avrò ancora tempo e modo di divertirmi con la nostra famigliola delle meraviglie.

E, a proposito, grazie a tutti quelli che mi hanno scritto, per mail o via recensione, per proporre le loro idee e i loro suggerimenti. Li ho già raccolti tutti in un elenco, non temete, non ne ho tralasciato nessuno. Ne approfitto per ricordarvi che se volete fare la vostra richiesta nello spazio recensioni avete tempo una settimana, quindi fino a domenica prossima. Dopo tale data, mail, oppure aspettate che cominci la MM. Non vorrei dire scemenze, ma dovremmo essere a quota 9 richieste, fino ad ora, considerando naturalmente che alcune sono dei “doppioni” che più di qualcuno ha richiesto.

 

Come sempre, grazie infinite per tutta la vostra pazienza, il vostro entusiasmo, e il vostro incoraggiamento.

 

Grazie, una volta di più.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=99913