I will be.

di Breathinfire_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Keep calm and.. ***
Capitolo 2: *** ... make tea. ***
Capitolo 3: *** If you ask me to stay, I'll stay. ***
Capitolo 4: *** Destroy your fears. ***
Capitolo 5: *** She is goin' away, do you know? ***
Capitolo 6: *** I'm here to stay. ***
Capitolo 7: *** The rush, too much, and here it comes. ***



Capitolo 1
*** Keep calm and.. ***


Perché aveva accettato di andare al supermercato, proprio non lo sapeva.
Odiava le vecchiette che non rispettavano la fila e passavano avanti come se niente fosse, i mocciosetti che accompagnavano le madri e rompevano i coglioni fino allo sfinimento, e la perenne folla anche alle otto di sera.
La sua coinquilina aveva fatto irruzione nella sua stanza, chiedendole, quasi supplicando, di andare a fare la spesa, senza neanche dirle precisamente cosa doveva comprare. La dispensa era vuota, e quella sera avrebbero dovuto ospitare cinque leoni affamati, pronti a divorare qualsiasi cosa gli fosse capitasse davanti.
Camminava velocemente, non aveva voglia di impiegare più tempo del previsto per arrivare a destinazione e tornare a casa.
Entrò in quel benedetto edificio, e si preparò mentalmente a dover affrontare quella lunga giornata.
Non sapendo da dove iniziare, decise di prendere un po' di tutto. Specialmente quel che piaceva a lei, così almeno non sarebbe stato soltanto uno spreco di tempo.
Iniziò a dare un'occhiata agli scaffali stracolmi di cibo, e le sembrò quasi strano vedere quanti tipi, marche e gusti di pasta esistevano. Che poi, non era neanche minimamente equiparabile a quella italiana che di gran lunga era migliore.
Prese un carrello, si ravvivò i capelli rossi, e riordinò le idee:
- Le sarebbero serviti sicuramente dei bicchieri di plastica, meglio se colorati, quelli bianchi o trasparenti le facevano orrore;
- Tovaglioli con dei design particolari, perché la sua tavola oltre che funzionale, doveva anche essere particolare, e di certo vedere quei tovaglioli così carini sul tavolo, le metteva il buon umore;
- Vaschette di alluminio per cuocere i cibi. Sapeva che dopo una grande cena come quella che si sarebbe dovuta svolgere parecchie ore dopo, la sua cara amica non avrebbe toccato con un dito tutti i piatti, pentole e cose varie che c'erano nel lavandino, e lei non aveva intenzione di dover fare tutto da sola;
- Succhi di frutta, limonata, birre, cocacola, e vino rosato, erano indispensabili.
Si spostò, successivamente, verso l'area dedicata interamente alla carne.
Le piaceva come quel supermercato fosse diviso in aree specializzate. Non doveva dannarsi per trovare qualcosa, ringraziando il cielo.
Doveva assolutamente ricordare quali tipi di carne piacessero alla ragazza e al ragazzo che condividevano il suo stesso tetto, ma proprio non ci riusciva, quindi prese quel che piaceva a lei. Infondo, non era mica colpa sua! La prossima volta, Mad, avrebbe fatto bene a stilarle una lista, o perlomeno dirle cosa mancava, invece che mandarla allo sbando.
Dopo aver finito con quella, camminò a lungo per trovare il reparto farine, cereali e derivati, da cui prese farina OO, di grano duro, seitan e mais. Poi pan grattugiato, fette biscottate rigorosamente integrali, cereali da metter nel latte al mattino, e fette di pane già tagliate.
Si rese conto di quanto potesse essere stancante, noioso e odioso fare la spesa, più di quanto pensasse. Stava comprando tutta quella roba, ma cosa avrebbe cucinato?
- Potrei cucinare le ruote con la salsa alle noci. - disse ad altavoce, mettendo nel carrello quel che le restava da comprare.
Circa due ore e mezza dopo, finalmente fu pronta per il suicidio: la cassa.
Fortunatamente, ne aveva trovata una che era stata aperta in quel momento, quindi non c'era nessuno.
- Centoventidue sterline e cinquantadue. - esordì la cassiera, con un sorriso splendente.
Leyleen pensò a mille modi per ucciderla. Sicuramente, pensò, poteva capire 'spesa mia, vita tua', però se avesse continuato a sorridere alla gente facendo sborsare centinaia di sterline, nessuno sarebbe più andato in quel supermercato, quindi 'non spesa mia, non vita tua' .
Rovistò nella borsa sotto lo sguardo attento delle vecchiette che non aspettavano altro che darle una bastonata nelle ginocchia per farla andare via e poter pagare in santa pace.
Prese i soldi dal portafogli, e pagò prendendo le buste ed uscendo finalmente.
Quando arrivò fuori, sospirò sorridendo.
Quattro passi e sarebbe arrivata alla macchina, avrebbe posato tutto nel bagagliaio, e sarebbe andata nel suo amato negozio di the su Piccadilly Circus.
Una cosa che non poteva assolutamente mancare in casa sua, era il tè di tutti i tipi, fragranze, colori e gusti.
A volte, quando non lavorava, spendeva giornate intere a cercare di inventare il biscotto perfetto da accompagnamento che puntualmente non mangiava, dato che erano pieni di grassi.

L'unico modo per far sì che li mangiasse, sosteneva l'altro suo coinquilino, era che escogitasse una ricetta light, ma lei sosteneva continuava a ripetergli che poteva andare anche al diavolo: non avrebbe mai mangiato un biscotto light con il suo amato tè.
Salì in macchina, schiacciò la frizione, ingranò la marcia, accelerò poco lasciando piano la frizione, e partì.
Quel silenzio, però, le stava iniziando a dar fastidio. Così accese lo stereo che si trovava a pochi centimetri.
Prese dal cruscotto il suo CD preferito e lo inserì, iniziando a canticchiare sottovoce 'Glad You Came'.
Era andata numerose volte ai concerti dei The Wanted, oppure ai Meet & Greet.
Aveva decine di foto con ogni singolo membro, ed ogni volta che era in loro presenza, si sentiva stranamente felice.
Mad e Thomas la accompagnavano in ogni dove, solo per vederla sorridere felice e farle staccare la testa da quei dannatissimi libri.
Entrambi ritenevano che sì, era giusto studiare metà giornata per passare ogni singolo esame in tempi prestabiliti, però lei doveva anche capire che non poteva sfuggire dal mondo, dall'amore e dalle persone, rifugiandosi in noiose cose imparate a memoria. Che poi, a cosa serviva imparare così tante cose e non condividerle con nessuno? Non che non avesse amici, perché ne aveva, ma non aveva un ragazzo. Un uomo che la facesse sentire bella, che le occupasse la maggior parte della mente, e che le facesse abbandonare tutto quel cinismo.


Entrò in quel negozio ed inspirò a pieni polmoni quel meraviglioso profumo di tè, che non aveva una fragranza precisa, ma era frutto dell'unione del profumo di tutte quelle magnifiche bustine che c'erano su ogni ripiano.
C'erano pochissime persone, e secondo lei derivava dal fatto che soltanto pochi eletti potessero capire davvero quanto il tè fosse meraviglioso.
Si diresse subito verso il tuo adorato Peach Tea, che aveva finito.
Imprecò mentalmente. Uno street-boy si stava accingendo a prendere l'ultimo pacchetto.
Doveva assolutamente escogitare un modo per prenderlo per prima. Non poteva di certo correre, però. Sarebbe stato troppo palese.
Mentre lei pensava furiosamente, il ragazzo aveva già afferrato il suo tè, sorridendo contento.
Sospirò, ancora, pesantemente.
Il giovane, sentì il suo sospiro infastidito, e si girò.
Entrambi restarono immobili per infiniti secondi.
Lui non riusciva a non pensare a quanto quei jeans le fasciassero perfettamente le gambe, a quanto quella camicia azzurra le incorniciasse le curve perfette, e a quanto l'aveva cercata senza nessun risultato.
L'aveva riconosciuta. Era proprio lei!
Lei, invece, non riusciva a non pensare di avere davanti a sé i suoi idoli, ed il suo Nathan, che poi tanto suonon era.
Sarebbe anche arrossita se non fosse stato per la sua costante lucidità mentale.
Riusciva a controllare anche i suoi sentimenti, una cosa impensabile.
- Nath, stai bene? - chiese il ragazzo alla destra di Nathan, che non aveva riconosciuto la ragazza.
Poco dopo, ricevette una gomitata nelle costole da un riccio con gli occhi dolci, che lo costrinse a star zitto per il dolore.
- Sì. - e mentre lo diceva, pensava a come dire alla ragazza che l'aveva già vista. Se le avesse detto 'Ciao, ti ho già vista da qualche parte, ma non ricordo dove. ' sarebbe sembrato banale. Era una scusa per rimorchiare, e lui di certo non aveva quell'intenzione.
Dal primo concerto in cui l'aveva vista, poteva giurare che qualcosa in lei l'aveva spinto a cantarle 'Lie To Me'.
La ragazza, notò che lui sembrava riconoscerla, lo vedeva dagli occhi, ma si diede della stupida, pensando che fosse tutto frutto della sua mente bacata.
Nathan si accorse che la ragazza stava guardando il pacco di tè, e fu come se nella sua testa si accendesse una lampadina, proprio come nei cartoni animati.
- Lo volevi prendere tu? - le chiese, senza però specificare a cosa si riferisse.
I suoi amici lo guardarono sorpreso. Nathan Sykes non avrebbe mai rinunciato al suo tè. Tantomeno l'ultimo pacco!
Anche la ragazza restò interdetta, annuendo flebilmente.
- Allora prendilo tu, io prenderò quello alla mela verde. - le sorrise, porgendo quello che aveva in mano.
- Non ti preoccupare, ne prenderò un altro! - riprese la parola lei, allontanando il braccio del ragazzo si avvicinava.
- Sarà meglio che vada da mia madre, credo che potrebbe linciarmi. Sono già mancato al suo ultimo compleanno, e adesso che sono qui non ho scuse. - cercò di dileguarsi Jay, con una scusa banalissima ma vera. - E' stato un piacere rincontrarti... Leyleen? - si accertò, per non fare figure di merda.
- Leyleen. - ripetè Nathan, come conferma.
La rossa annuì di nuovo – Ciao, Jay. - sorrise abbracciandolo.
Pochi secondi dopo che il ragazzo uscì dal negozio, la ragazza cercò ancora di convincere Nathan a lasciar perdere. Infondo il tè l'aveva preso prima lui, no? Lei sarebbe tornata il giorno dopo.
- Davvero, prendilo. - e lei, sfinita, accettò sorridendo.
- Però, almeno vieni a berne una tazza a casa mia, mi sentirei in colpa! - subito dopo aver pronunciato quella frase, si sentii tremendamente imbarazzata. Temeva di sembrare una di quelle fan che avrebbero fatto di tutto per abbordarli.
Il ragazzo, però, accettò felice. Infondo, l'aveva cercata per cinque mesi, e non avrebbe mai sprecato un'occasione del genere.

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ciao ragazze! *w*
@Sasotta è tutto per te, ahah!
ringrazio in anticipo tutte quelle che recensiranno, e che hanno letto la storia.
I'll be back soon, I swear. *mandaunbacioatutte*

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Capitolo 2
*** ... make tea. ***


 

- Bella casa. - commentò lui, pochi istanti dopo aver messo piede in casa della ragazza.
Continuava a guardarsi intorno per scoprire qualcosa in più su di lei, d'altronde si sapeva che la casa, gli occhi e la scrittura, sono lo specchio dell'anima.
- Grazie. - sorrise gentile.
Anche se tremendamente imbarazzante, lei trovava la presenza del ragazzo molto piacevole.
Infondo, pensò, era quello che aveva sempre sognato: lei, lui ed il mondo fuori.
Nathan non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Era così bella, elegante, apparentemente timida ma decisa. E quell'accento straniero, gli faceva andare in tilt il cervello. Aveva ipotizzato che fosse tedesca, ed i suoi tratti lo confermavano, se non fosse stato per quei capelli corvini, con dei riflessi rossi, e quegli occhi verdi intensissimi.
Leyleen, intanto, stava cercando il più possibile di non arrossire, di non sembrare nervosa e soprattutto di non fare pessime figure irreparabili.
- Metto sul fuoco il bollitore, tu accomodati dove preferisci. - sparì in cucina, lasciandolo da solo in sala per poi ricomparire mezzo secondo dopo.
Notò che era seduto sul divano, composto e serio. Dubitava fortemente che quello fosse il vero Nathan. Sembrava abbastanza agitato ed irrequieto.
- So a cosa stai pensando. - disse all'improvviso, facendola sobbalzare.
Lo guardò alquanto accigliata, cercando di capire a cosa si riferisse.
- Mh, sentiamo. - sorrise lei, iniziando pian piano a sciogliersi.
- I decided you look well on me, well on me. - canticchiò, muovendo a ritmo la testa.
Lei scoppiò a ridere, pensando a quanto potesse essere idiota – In realtà stavo pensando a quanto sia bello Zayn Malik. - lo prese in giro, cercando di mantenere un'espressione abbastanza seria.
Prima che potesse scappare, lui le lanciò un cuscino dritto in faccia.
- Questa me la pagherai, stanne certo. - gli intimò prima di alzarsi per prendere il tè.
- Non ci proverei, se fossi in te. - l'avvisò il ragazzo, facendola girare.
- Ah, sì? -
- Sì. - mosse la testa su e giù, con fare solenne.
- Ti metterò il latte nel tè. - disse, dileguandosi in cucina per la seconda volta.
Lui inorridì al sol pensiero, pregando qualsiasi Dio affinché l'avessero protetto dalla pazzia di quella ragazza.

- Okay, non l'ho fatto. Non ne ho avuto il coraggio. Mi faceva schifo, e hai un faccino troppo dolce. -
Lui sorrise, mentre lei gli porgeva una tazza con due zollette di zucchero.
- Sei un angelo. - la ragazza pensò che fosse il suo modo di ringraziarla.
- Credi che non lo sappia? - rispose, sedendosi.
- Vivi da sola, qui? - cercò di iniziare una conversazione, che non fosse solo di prese in giro.
- No. Ci sono altri due idioti, con me. - sorrise, non riuscendosi a spiegare il motivo per il quale si stava lasciando andare. In un'altra circostanza, con un'altra persona al posto di Nathan, sicuramente non avrebbe risposto o, se l'avesse fatto, l'avrebbe invitata a pensare ai proprio business.
- Non mi chiedi qualcosa tipo 'e tu?' -
- E farti sprecare fiato, che potresti usare per fare altro – sorrise maliziosamente - solo per dirmi cose che già so? -
- Da quanto ci segui? - avvicinò la tazza alle labbra, sorseggiando piano e guardandola di sottecchi.
Le vide cambiare repentinamente espressione, quasi come se stesse obbligando la sua mente a non farla arrossire.
Non voleva che la loro conoscenza, se così la poteva definire, si fosse basata soltanto sul fatto che lui era un cantante famoso che le piaceva, ma voleva sapere da quanto tempo lei lo conosceva, e quanto tempo aveva perso lui prima di incontrarla.
- Due anni, più o meno. - rispose girando con il cucchiaino lo zucchero quasi sciolto completamente nel tè.
- Quante cose sai su di me? - chiese ancora.
- Una ventina? - sparò, sapendo già dove sarebbe andato a parare.
- Venti domande, ci stai? - tentò, sapendo benissime che lei sapeva molte più cose.
- Però non vale che vai a casa, te le prepari, e poi me le fai! - disse sforzandosi di non ridere.
- Sì che vale. -
- No! - rise , bevendo.
- Ma quanto puoi essere rompicoglioni? - rise lui, togliendosi il cappello e smuovendo i capelli.
- Tanto. E ringrazia il cielo che non mi conosci ancora bene. -
- Dio, solo tu puoi salvarmi! - guardò il soffitto, a mò di cielo.
Gli diede un colpetto sul braccio e lui subito l'abbracciò, ridendo ancora.
Lei si trovò tra le sue braccia, improvvisamente, e non riusciva a catalogare le emozioni, aveva soltanto qualcosa di pesante nello stomaco e la testa tra le nuvole.
Butterflies, butterflies, we were meant to fly. You and I, you and I, colours in the sky.
- Non svenire. - le sussurrò all'orecchio.
- Mica sei Zayn Malik! - tenne a precisare ancora. Sapeva che lui andava su tutte le furie, a sentir quel nome.

 

 

- Carne o pesce? -
- Carne. -
- Germania o Inghilterra? -
- Questa era bastarda. - ci pensò un attimo, mentre lui sorrideva – Germania. -
- Se potessi passare una giornata con una persona a tua scelta, chi sarebbe? -
- Zayn Malik. - rise ancora, mentre lui sbuffava rumorosamente incrociando le braccia al petto. Gli dava un fastidio tremendo che le potesse davvero piacere Zayn Malik. Non che avesse qualcosa contro, ma la sola idea che lei avesse scelto qualcun altro al suo posto, lo faceva andare su tutte le furie.
- Davvero? - le chiese.
- Sì, perché una giornata con te la sto passando adesso. - cercò di addolcirlo. Infondo era anche la verità.
Lui subito le si catapultò addosso, riempiendola di baci sulla guancia e sui capelli.
Entrambi, potevano giurare di essere in paradiso.
Nathan, che non era mai stato così sfacciato e diretto da fare uno dei primi passi con una ragazza, ce l'aveva fatta.
E lei, che mai avrebbe pensato di lasciarsi sbaciucchiare da qualcuno, l'aveva appena fatto.
- Chi sei tu, e cosa ne hai fatto del timido Nathan Sykes? -
- Chi sei tu, e cosa mi hai fatto? - rispose di rimando lui, posandole un ultimo bacio sulla fronte.
- Ti ho rubato il té. - rise lei, stringendosi a lui.
Per alcuni minuti, restarono in quella posizione, fin quando lui si staccò prendendo il cellulare dalla tasca.
- Ho un problema con il mio cellulare. -
- Credi che io sia uno dell'assistenza? -
Lui continuò come se non avesse sentito – Non ha il tuo numero. -
Lei rise, spingendolo piano – Sei un idiota. -
- Che ti piace. - continuò lui.

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scusate per la banalità di questo capitolo çwwwwç
non capisco Nath come faccia ad essere così dolce e scemo allo stesso tempo, aahhaha!
vi lascio, sperando in una recensioncina. (anche una tipo 'fai schifo, datti all'ippica' e.e )
cieus :3

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Capitolo 3
*** If you ask me to stay, I'll stay. ***


 

Quella mattina, Leyleen era più nervosa del solito: non si fermava più, camminava avanti e indietro in quello spazio ristretto, ripetendo la lezione che avrebbe dovuto esporre agli studenti del primo anno di Matematica e Statistica, voltandosi di tanto in tanto a guardare Thomas che si assicurava che non dicesse idiozie.
-Amore, ti calmi un pò, per favore? - le chiese, gentilmente.
Sette parole in una frazione di secondo, non gli facevano capire niente del discorso.
La mora si voltò di poco, fulminandolo con gli occhi.
- Se fosse stato così semplice, non credi che già l'avrei fatto? - gli gridò sottovoce, mentre lui si alzava sospirando per abbracciarla.
Lei si appoggiò con i palmi delle mani al lavello, chiudendo gli occhi e respirando regolarmente.
- Ti sei laureata con il massimo dei voti, conosci questo argomento alla perfezione. Hai parlato di fronte a dieci matematici, ed adesso hai paura di farlo davanti a centinaia di ragazzi che non sanno neanche la metà di quello che sai tu? - cercò di tranquillizzarla, accarezzandole i capelli.
Indubbiamente aveva ragione, pensò la ragazza, ma quel giorno sarebbe stato diverso.
Non sarebbe stata una delle sue solite lezioni, ne era sicura. Ci sarebbe stato il padre, che non aveva mai approvato la sua scelta universitaria, ed aveva sempre cercato di ostacolarla.
Non riusciva a trovare una buona motivazione, per quello.
Secondo lui, era assurdo che sua figlia avesse scelto quell'indirizzo invece di Giurisprudenza. Non era mai riuscito ad accettare che la figlia non volesse diventare un avvocato come lui, la madre ed il fratello.
Thomas la sentì borbottare qualcosa, e sorrise.
- Davvero, piccola. Fa come se lui non ci fosse. - continuò, prima di lasciarla scappare dalla presa dalle sue braccia.
- Ci proverò. - disse, prima di guardare l'orologio ed accorgersi di essere in ritardo pazzesco.
Nervosamente mise vari libri, che probabilmente non le sarebbero serviti, nella borsa e salì al piano di sopra per prendere un quaderno a fiori su cui aveva segnato degli appunti.
Diede un veloce sguardo alla libreria, e di quel quaderno nemmeno l'ombra.
- Porca troia! - imprecò ad alta volce, pestando i piedi a terra quasi fosse una bambina.
Mise a soqquadro ogni singolo centimetro della stanza, imprecando ancora ed ancora.
Intanto i minuti passavano, e lei era sempre più in ritardo.
- Leyleen, mi ha appena chiamato mamma, devo andare da lei. Mi dispiace, giuro che mi farò perdonare. -
- Thomas! - cercò di richiamare la sua attenzione, ma lui era già andato via. - Lo odio, lo odio, lo odio, lo odio. - diceva, quasi fosse uno sciogli lingua, rassegnandosi dal cercare quel benedetto quaderno.
Doveva dire addio al passaggio, e soprattutto al suo assistente per le dimostrazioni.
Era nella merda più totale.
Riscese, più veloce della luce, le scale e si precipitò a prendere il cellulare.
Doveva assolutamente trovare qualcuno disposto a farle da assistente, non c'erano vie d'uscita.
Sentii il campanello bussare, aggiustò la giacca, prese la borsa, ed andò ad aprire.
- Signorina, un pacco per lei. - le disse gentilmente il postino, indicando un pacco enorme accanto i suoi piedi.
- Oh, grazie! - esclamò lei, strappando lo scotch dalle chiusure per vedere cosa c'era dentro.
Libri di Fisica.
Aprì un bigliettino che c'era dentro.
'
Signorina Lehmann, buongiorno. Questi sono per la sua lezione di Matematica applicata di giovedì 27. - Lewis.'
Quello stramaledettissimo pacco, pensò, le sarebbe dovuto arrivare circa dieci giorni prima. Non sapeva neanche di dover tenere una lezione di Matematica applicata.
Se il buongiorno si vedeva dal mattino, sarebbe stata decisamente la giornata più brutta della sua vita.
Ringraziò il postino, mise il pacco in auto, dopodiché salì ed iniziò a guidare verso l'università.
Guardò l'orario segnato sul cruscotto: era sempre più in ritardo.
Stava per avere una crisi isterica, anche il traffico ci si metteva.
Decise di chiamare il professor Lewis, per avvertirlo.
- Signorina, sa che è in estremo ritardo? - non le fece neanche aprir bocca.
- Sì, per questo l'ho chiamata. Potrebbe posticipare la lezione di un quarto d'ora? -
- Ringrazi che è indispensabile. - ed attaccò.


- La statistica studia un fenomeno con lo scopo di metterne in evidenza gli aspetti
essenziali, risalendo anche alle leggi che lo regolano. Nella maggior parte dei casi rappresenta il mezzo più efficace per ridurre il margine di incertezza delle nostre scelte. - si fermò un attimo, guardando il volto di ogni singolo studente.
Alcuni sembravano spaesati, quasi come se non avessero scelto loro quella facoltà, altri impazienti che lei continuasse.
- E' diventato uno strumento indispensabile di lavoro in tutti i campi e proprio per questo è regolato da precise norme. La statistica indaga su fenomeni collettivi, raccogliendo informazioni relative ad essi e traducendole poi in un modello numerico che possa essere analizzato semplicemente e compreso da tutti. -
Decise di non prendere in ostaggio un povero malcapitato, ma di spiegare funzionalmente cosa fosse davvero la statistica.

 

 

Arrivata a casa, era esausta, sfinita, KO.
Fortunatamente il padre non s'era fatto vivo, per questo il suo umore a terra era dovuto soltanto alla stanchezza.
Si buttò a capofitto sul divano, senza neanche togliersi quegli scomodissimi abiti.
Cercò il cellulare per spegnerlo, ma poi si accorse di aver ricevuto un messaggio a cui non aveva risposto.
'E' passato Nathan, gli ho detto che eri all'università, e che poteva trovarti nel tardo pomeriggio. Renditi presentabile, babe! -Med.'
Saltò di scatto dal divano, accorgendosi di avere indosso soltanto una gonna alta ed una camicia azzurrina.
Sentì il campanello bussare, troppo tardi per cambiarsi.
Andò ad aprire, titubante.
Poteva giurare di non aver mai visto degli occhi così belli.
- Leyleen. - sorrise, cingendole il collo per abbracciarla.
Lei si sciolse completamente tra le sue braccia, ed inspirò il suo buonissimo profumo.
In quel modo entrarono, senza neanche staccarsi per chiudere la porta.
Le sembrò che lui non stesse aspettando altro che vederla, ed era una sensazione bellissima.
Lui pensò che non ci fosse cosa più bella che tenerla stretta a sè e sentire il suo respiro regolare, ed il battito accellerato.
- Nathan? - lo chiamò lei, sorridendo.
Vide sbucare la testa del ragazzo dai suoi capelli e notò un certo rossore sul suo volto. Lui provava uno strano impulso di baciarla, in quel momento, eppure si conoscevano da soli due giorni, in realtà.
- Mi sei mancata. - d'un tratto le sembrò che tutta la stanchezza fosse svanita, e che il cuore avesse perso un battito.
- Che ne diresti di restare? - gli chiese la ragazza, di getto.
Nathan pensò ai due ipotetici significati: il primo, di rimanere quella sera, il secondo di rimanere nella sua vita come.. qualcosa di più.
Preferiva fosse la seconda, ma aveva capito che lei era un osso duro, e che avrebbe impiegato un bel po' di tempo per raggiungere la meta.
- Per quanto vuoi. - rispose, dandole un sonoro bacio sulla guancia – Ero venuto qui per proporti una cosa, in realtà. - le prese la mano.
- Cioé? -
- Io e te a casa mia, ti presento gli altri. Ci stai? -
- Devo cambiarmi, però. -
- Sei bellissima anche così. -
- Sembro una vecchiaccia. -
- Sei bellissima anche così. -
- Siediti e zitto. - rise lei, salendo in camera sua.
Nathan si sedette sul divano, con un sorriso stampato sulle labbra che non accennava ad andare via.
L'aria che lo circondava aveva il profumo di Leyleen, e lui non potè fare a meno che respirare profondamente.
Pensava a lei ogni sera, immaginava che fosse lì con lui, e che con un braccio attorno alla sua vita. Immaginava di baciarle delicatamente la fronte, e stringerla più possibile. Lo aiutava a dormire e non riusciva a spiegarsi perché. Forse quella ragazza aveva davvero preso ogni singola parte del suo organismo.
Sentì delle labbra posarsi sul suo collo, e chiuse gli occhi per un attimo. Non poteva essere altro che lei, quindi si voltò sorridendo.
Indossava dei jeans stretti, ed una maglia verde acqua con scritto 'KEEP CALM and DRINK TEA'. Era decisamente la ragazza perfetta per lui.
- Andiamo? - gli chiese euforica.
- Bella maglia, andiamo, babe! -


- Leyleen, vero? - le chiese Max, tendendo la mano.
Di solito lei non stringeva mai la mano di nessuno, né tantomeno diceva 'piacere', ma in quell'occasione, come un incontro all'università, doveva farlo.
- Direi di sì. - sorrise, lasciando che lui afferrasse la sua mano.
- Mi ricordo di te! - la abbracciò Jay, che aveva intuito quanto la ragazza fosse in imbarazzo.
- Oh beh, anche io! - fece ridere tutti.
- Sei più bella dei racconti di Nath. - esclamò Tom, tirandola a sé.
Era più muscoloso di quanto immaginasse, si ritrovò a pensare lei, ed era anche più caldo.
- Però che palle, sempre io l'ultimo! Ciao Leen. - le baciò la guancia Siva.
- State già insieme? - andò dritto al sodo Tom, che come al solito non si faceva i cazzi suoi.
Era quasi più pettegolo di Jay, il che era abbastanza preoccupante.
- Tom! - lo rimproverò Nathan, stringendo la mano della ragazza.
I due si lanciarono degli sguardi di fuoco, fin quando Siva ebbe una splendida idea.
- Cocacola e patatine fritte is the way! - esclamò, catapultandosi in cucina.
- Seev, sei un idiota! - gridarono tutti insieme.
Nathan seduto sul divano azzurrino con Leyleen, che aveva appena appoggiato la testa sulla sua spalla, le diede un dolce bacio sul collo, che lasciò una scia umida.
- Sykes, chi ti dice che io non possa saltarti addosso in questo momento? - gli diede una leggera spinta prima di guardarlo negli occhi e sorridere.
- Fallo. - rise lui.

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Hiya, everybody!
Secondo me questo capitolo è bruttissimo, l'ho scritto di getto, ma spero che comunque vi piaccia almeno un pochino..
I hope for recensions (?), see ya soon! *fauncuoricino*

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Capitolo 4
*** Destroy your fears. ***


Da mezz'ora aveva la testa china su dei fogli a quadretti.
Calcoli sbagliati, cancellature infinite, dimostrazioni campate in aria, e disordine: ecco ciò che regnava in quegli esami.
Analizzando ogni singolo errore, capì che i suoi studenti non avevano ascoltato una sua sola parola.
Possibile che ad un ragazzo, come risultato di un'equazione, fosse venuto
3 = -9?
- Sta scherzando, spero! - esclamò, pensando di bocciarlo.
Non riusciva a credere che al secondo anno di università, una persona potesse ancora fare degli errori simili.
- Controllare i calcoli, no? Mi ha reso un esercizio semplicissimo, in una cazzo di equazione impossibile! - continuò, sempre più sconcertata.
Per lei era impensabile commettere qualsiasi tipo di errore, non solo in matematica.
Ogni volta che una persona ne feriva un'altra significava che non aveva pensato abbastanza sul da farsi e non c'era cosa che odiava di più di uno che agiva d'istinto.
Fin da piccola era stata abituata a riflettere immensamente su ogni cosa, anche la più banale. Perciò non aveva mai litigato con nessuno nè tantomeno alzato la voce, lo riteneva banale ed infantile, anche se qualche volta si trovava a perdere la pazienza, imprecare, e rivolgere alle persone delle parole poco carine.
Fredda, distaccata ed estremamente perfetta, questo dicevano di lei, ed era del tutto vero.
- Tesoro, ci sei? - sentii gridare dall'ingresso. Era decisamente Mad, aveva riconosciuto la voce, ed era l'unica rimasta a Gloucester.
- Sì, in salotto. - gridò di rimando, riponendo nella cartellina quell'ammasso di fogli che avrebbe preferito bruciare, piuttosto che correggerere.
La mora spuntò dalla porta, sorridendo – Nathan non è ancora passato? -
- Per quale motivo dovrebbe essere passato? - chiese subito, non capendo per quale motivo la ragazza le avesse fatto quella domanda.
- Pensavo che l'avesse fatto, dopotutto passate molto tempo insieme. - rispose tranquilla, sedendosi al tavolo e dando un'occhiata a cosa stava facendo l'amica.
Leyleen alzò le spalle, riponendo l'enorme ammasso di carte in uno di quei raccoglitori enormi ordinati in base alle priorità e materie.
- Mi ha inviato un messaggio prima che iniziassi a dare un'occhiata a 'sti cosi. - indicò ciò che aveva messo a posto poco prima – Aveva un'intervista stamattina, nel pomeriggio un meet and greet, e stasera di sicuro sarebbe stato stanchissimo. - Madison sorrise, sicura che l'indifferenza della sua amica significasse tutt'altro che indifferenza, la conosceva troppo bene.
Sapeva che dietro quell'enorme muro di cemento armato, c'era della morbidissima neve; perché lei non era così tanto dura, ma fredda sì.
- Io dico che un giorno abbasserai la guardia. - affermò decisa, ricordandosi di togliere il cappotto.
La rossa si alzò sorridendo e scuotendo la testa, per prendere un bicchiere di tè freddo dalla cucina e poi ritornare a sedersi.
- Io dico di no. - rispose semplicemente.
- Io invece dico di sì. E' indubbio che proviate qualcosa l'uno per l'altra, soprattutto tu! -
La ragazza sospirò – Insomma, calcolando diversi fattori, la probabilità che Nathan possa davvero interessarsi a me, è del 47%. La percentuale è molto bassa, Mad. - ribatté pacata, per poi diventare seria – Ed io non ho nessuna intenzione di farmi male. -
Madison sbuffò. Non poteva lasciare che lei buttasse via un'occasione per essere felice.
Una parte della stessa Leyleen sperava ardentemente che la statistica fallisse, ma l'altra parte, quella razionale, le diceva che seppur avesse sbagliato, Nathan, a rigor di logica, non si sarebbe mai interessato a lei.
- Perché non ti lasci andare? - eclamò isterica – La maggior parte delle cose per cui ti preoccupi non succedono! - continuò bevendo un sorso dalla tazza che aveva di fronte – Ed in più, ci sei già dentro. -
- Ci sarò dentro quando mi vedrai piangere fino a star male. - la liquidò, notando lo schermo del cellulare illuminarsi. Scrisse rapidamente qualcosa, e poi lo posò sul tavolo.
A Madison tornò in mente quello che le aveva detto prima - Sai qual è il problema? - chiese retoricamente – Tu non hai paura di amare, ma di non essere amata. -
- Non è come l'acqua, in cui due atomi di idrogeno si legano ad uno di ossigeno costantemente. - cercò di farle capire – Non c'è niente di sicuro, e questo mi spaventa, sempre. -
- Ti restano soltanto due paure da sconfiggere, tesoro. Questa e l'altezza. - le sorrise alzandosi per darle un bacio sulla fronte.
- Potrei farcela a sconfiggere questa, ma non quella dell'altezza. - rispose sicura, scherzandoci su.

 

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Hiya gurlz!
Lo so, lo so, lo so. E' piccinissimo questo capitolo, ma ci saranno delle svolte enormi, quindi preparatevi!
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
-Alaska.

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Capitolo 5
*** She is goin' away, do you know? ***


 

One week later.

 

 

Leyleen camminava tranquillamente per le strade di Glouncester, cercando un posto tranquillo dove chiamare Nathan.
Non si sentivano da parecchi giorni, e lei si ritrovava spesso a pensare a quanto le mancasse, ma ogni volta si dava della stupida: come poteva lui chiamarla, o soltanto mandarle un messaggio, indaffarato com'era?
Scorse un parco che non aveva mai visto prima, e decise di entrarci per sedersi su di una panchina, magari.
Alzò lo sguardo al cielo, c'erano milioni di nuvole pronte a scatenare la pioggia sebbene fosse quasi metà Aprile.
Si sedette dopo pochi secondi ed iniziò a frugare nella borsa in cerca del suo cellulare.
Cercò nella rubrica il numero, ed aspettò pazientemente che il ragazzo rispondesse.
Non sapeva cosa dirgli precisamente, voleva solo sentirlo.
Sperava, però, che nonostante i suoi impegni almeno, trovasse almeno cinque secondi per farle sapere che era vivo.
Cinque, sei, sette, otto squilli.
Era ovvio che non le avesse risposto.
Probabilmente, pensò, non si era resa conto che per lui, alla fine, lei non contava niente.



One week and four days later.

- Grazie per avermelo fatto notare, Max. - sprofondò sul divano, dopo una delle solite liti.
- Nathan! - lo rimproverò.
Nonostante le numerose volte in cui aveva provato a fargli capire che stava sbagliando, il ragazzo sembrava non capirlo ancora.
Il problema, riteneva, era che Nathan stava ferendo anche Leyleen.
La ragazza, apparentemente, sembrava una tipa tosta, che non s'illudeva, ma Max aveva capito che lei era il contrario. Era sicuro che in quel momento, sul divano di casa sua, stesse cercando un motivo valido per il quale Nathan fosse scomparso.
- Che c'è? -
- Visto che non ti importa un cazzo di lei – gli occhi del ragazzo si infuocarono, come poteva pensare che a lui non interessasse minimamente, lei? - almeno abbi le palle di chiamarla, e di dirle chiaramente che non ci vuoi avere a che fare. -
Nathan andò su tutte le furie, e Max si sentì estremamente soddisfatto: sapeva cosa gli stava succedendo, ed avrebbe fatto di tutto per farglielo ammettere.
- Sai, ho scritto una nuova canzone. Si intitola 'vai a fare in culo', te la dedico tutta! - si alzò e sbattendo la porta entrò in camera sua.



Two weeks later.


- E' brutto che io lo dica, ma vedete? Avevo ragione. - gridò Leyleen, entrando in casa e buttando la borsa a terra.
In tre anni di coinvivenza, Thomas e Madison, non le avevano mai visto buttare qualcosa dove capitava.
Era sempre stata una maniaca dell'ordine.
Entrambi si voltarono per guardarsi negli occhi – Thom, è un brutto segno? - sussurrò la ragazza alla sua destra.
- Direi di sì, Mad. - chiuse gli occhi ed inspirò pesantemente.
Leyleen entrò in cucina, e si sedette a terra incrociando le gambe.
Prese un libro, ed iniziò a sfogliarne le pagine sotto gli occhi preoccupati dei due che le stavano di fronte.
Trovò quel che cercava: una foto.
La prese, si alzò, estrasse un'accendino dalla tasca, e la bruciò nel lavandino.
Quello, era più di quanto tutti si aspettassero.



Three weeks later.

Da mezz'ora quella ragazza era ferma lì, a quel tavolino del bar, a guardare degli ammassi di carta su cui chissà cosa c'era scritto.
Jay non potè fare a meno di confrontare la sua faccia e quella di Nathan. Stessa espressione.
Si avvicinò, il massimo che poteva fargli era mandarlo a fanculo, lui era pronto.
- Ehi, ciao! - le sorrise.
Appena la ragazza alzò lo sguardo, lui vide un istinto omicida nei suoi occhi.
- Ciao, Jay. - cazzo se era fredda.
- Posso? - indicai la sedia di fronte a lei.
- Sì, certo. - mise via i fogli sui quali stava lavorando e gli sorrise.
- Come stai? - iniziò lui.
- Stanca, ma tutto sommato bene. Tu? -
- Stressato. - sorrise ancora.
- E' la vita da star, Jay. - fece una buffa espressione.
- Tu che combini? -
- Boccio gente. - Jay sbarrò gli occhi e rise forte, aveva sempre voluto sapere come ragionassero i professori.
- Ma come?! Poverini! -
- Un corno, mi fanno dannare a correggere e ad ascoltare gli esami! -
Passò un'ora, in cui spararono un quadrilione di cazzate, e Jay era sempre più sorpreso.
In sessanta minuti non aveva accennato nulla su Nathan, neanche per sbaglio.
Non aveva battuto ciglio neanche quando lui aveva ricevuto una sua chiamata.
Nonostante quello, però, non gli era mai balenato nella mente che a lei non importasse nulla di lui.
- Si è fatto tardi, devo andare. - gli sorrise – Però mi ha fatto piacere incontrarti. -
Jay si alzò, pronto ad abbracciarla – Anche a me, vuoi che ti accompagni? -
- No, no, tranquillo. -
- Jay è possibile che uno non ti trov.. - entrambi si girarono, e lo videro lì.
Il sangue di Nathan gli si gelò nelle vene, quando i suoi occhi incontrarono quelli verdi di lei.
Vedeva delusione, rabbia, e non riusciva a reggerli.
- Ciao Jay, ciao Nathan, ci si vede. - sorrise fintamente, lei, voltandosi per andare via.
Leyleen aveva pronunciato il suo nome interamente.
- Che cazzo aspetti, idiota? Vai! - gridò in silenzio il riccio, spingendolo.
- Con che faccia ci vado? -
- Con la tua solita faccia da culo, solo quella hai! - lo spinse ancora.
Leyleen, intanto, aveva già pianificato mentalmente tre modi per fuggire, mentre camminava.
Rivederlo le scatenò dentro mille emozioni che non aveva mai provato, e di cui non conosceva neanche il nome.
Sentì una mano poggiarsi sulla spalla, si fermò.
- Leen. - sussurrò il ragazzo, con il fiatone.
Lei meditò per infiniti secondi sul da farsi. Non voleva girarsi, né tantomeno parlare con lui. Aveva smesso di torturarsi per capire la fottuta ragione della sua scomparsa, e lui non poteva ricomparire così, all'improvviso.
- Sì, lo so. So a cosa stai pensando. - le disse, alzandole il viso – E non è Zayn Malik. - sorrise, cercando di alleggerire la tensione.
Lei non accennò neanche un sorriso, sembrava una statua.
- Bene, bravo. Sei un piccolo genietto, posso andare adesso? - chiese scocciata.
Sapeva che se fosse rimasta un solo minuto in più, ci sarebbe cascata. Come faceva con quegli occhi, quel sorriso, quelle labbra, quel faccino perfetto?
- S-s-sì. - balbettò, sconvolto dalla reazione della ragazza.
Infondo, c'era da aspettarselo, si disse Nathan. Si era comportato davvero da stronzo.
- Perfetto. - a passo svelto continuò la strada, mentre lui era immobile nel modo in cui lei l'aveva lasciato.
Idiota, stronzo, immaturo, coglione, e cazzone, erano gli unici aggettivi che gli venivano per se stesso.
- Non sei un dottore, non siamo in una sala d'attesa. - sobbalzò e gli occhi blu del ragazzo si mossero per cercare chi aveva parlato, anche se ne aveva riconosciuto la voce. - Lei non ti aspetterò come si aspetta un dottore in sala d'attesa. - specificò, sicuro che lui non avesse capito.

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Autor's corner (?)
Giuro che Jay è un genio assurdo! *w* Ho amato scrivere la sua parte u.u
Fatemi sapere cosa ne pensate, kadjiasfcdjncsidjcn vi amo tutte!
dio, 10 recensioni! siete bellissime.
next chapter will be here soon. veery soon.
- Alaska.


 

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Capitolo 6
*** I'm here to stay. ***


Da circa venticinque minuti, Nathan continuava a camminare sotto la pioggia, incurante degli sguardi della gente, e delle ragazzine che gli proponevano di asciugarsi a casa loro. Possibile che quelle non riuscissero a pensare ad altro?
Passo veloce ed un solo pensiero in mente: Leyleen.
Doveva assolutamente vederla, parlarle, stringerla tra le braccia, annegare nei suoi occhi verdi, e perdersi nell’odore di pesca dei suoi capelli.
Ignorarla era stato l’errore più grande che lui avesse mai commesso, e quel giorno era arrivato al limite.
Non poteva permettersi di perderla solo per una stupidissima promessa che si era fatto dopo un fallimento, di cui neanche più gli importava.
Pensava e ripensava al messaggio che lei aveva mandato a Jay.
Infondo, lo sappiamo.
Tutti se ne vanno, prima o poi.
Che tu lo voglia o no, non fa differenza.
Ed adesso tutti se ne sono andati.

Nathan, continuava a dirsi, però, che lui non sarebbe mai stato tra quelli che l’avevano lasciata sola.
Voleva esserci, per lei. Più vicino di quanto fosse mai stato. Più vicino di quanto potesse mai essere con se stesso.
La strada gli sembrava più vuota e solitaria del solito, un po’ come il suo cuore in quel momento.
Sentiva il freddo della pioggia penetrargli nelle ossa, ma non gli importava perché Leyleen valeva molto di più di una semplice febbre, di una bronchite o qualsiasi altra cosa.
Felicità e paura.
Due sentimenti apparentemente contrastanti.
In realtà, non c’era niente di più legato, indissolubile, inseparabile di quei due.
Si rese conto solo in quel momento, nonostante tutti gliel’avessero fatto notare, di essere un egoista e di esser stato un vero stronzo.
E se anche lei avesse paura, come lui?
L’aveva lasciata da sola con le sue paure, le sue domande, e le sue risposte spiacevoli.
Però come poteva aiutarla senza aver capito per primo come fare a togliere dalla testa tutte quelle inutili preoccupazioni?
Non era di certo il primo, e forse non sarebbe stato neanche l’ultimo uomo della sua vita; non erano perfetti e forse neanche insieme lo sarebbero stati. Ma con lei stava bene, il cuore rischiava di saltare fuori dal petto. Tutto quello era ciò che importava.
Doveva lasciarsi andare, proprio come aveva fatto lei con lui.
Non c’era niente di sbagliato in quel che provavano, potevano essere felici insieme e superare la paura.
Arrivato sotto casa sua, meditò per alcuni minuti sul da farsi.
Forse lei l’avrebbe spedito dall’altra parte della città a calci in culo, ma poco gli interessava.
Appoggiò la mano sul campanello, esitando per un attimo, poi prese coraggio e spinse il bottone.
Il peggio, però, doveva ancora arrivare.
Aspettò pochissimo prima che la porta si aprisse.
Le sorrise.
Lei sorrise impercettibilmente, alzando il viso ed incantenando i suoi occhi con quelli del ragazzo, che con le guance arrossate, gli occhi lucidi e i vestiti letteralmente zuppi d'acqua, l'abbracciò.
La sentì sospirare ed abbandonarsi alle sue braccia che la stringevano forte.
Una parte di lei voleva una risposta valida, ma l'altra parte, quella meno razionale, continuava a dirle che non doveva dar peso al cervello.
Perché lo lasciava vincere costantemente?
Perché aveva lasciato cadere la sua barriera?
L'aveva dimenticato, poteva giurarlo, ma poi aveva rivisto lui e il suo sorriso e si era maledettamente innamorata di nuovo.
- Non voglio starti lontano mai più, eccetto che al lavoro, al bagno o quando uno di noi deve fare qualcosa che l'altro non vuole fare. - le sussurrò, muovendo un passo verso il corridoio e chiudendo la porta con un sol piede.
- Sei bagnato. - osservò, staccandosi di poco da lui e facendo finta di ignorare le sue parole, per essere lucida – Ed è mezza notte, ne valeva la pena? -
- Sì. - rispose soltanto, dandole un bacio sulla guancia ed affondando di nuovo il viso nei suoi capelli profumati.
Il suo cuore la sentì sorridere e subito andò in tilt.
Le alzò il viso ed entrambi si persero negli occhi dell'altro.
Lei, infondo, non aspettava altro che lui tornasse, anche se non voleva ammetterlo.
- Scusa. - sospirò.

- Puoi chiedere scusa un milione di volte, dire che ci tieni a me. Puoi dire quello che vuoi, quando vuoi, ma se non hai intenzione di dimostrarmi che tutto quel che dici è vero, non dire niente e vai via. Perché se non puoi dimostrare, le tue parole non significano nulla. - disse lentamente, reggendo il suo sguardo.
- Ho sempre pensato a me ed a te come qualcosa di bello, bellissimo; ho pensato che saremmo durati tantissimo, fino al punto di stancarci, che poi non mi sarei mai stancata di te. - continuò, fermandosi per un attimo cercando le parole giuste da dire – E bastava provarci, mi ripetevo, e mi illudevo anche che potesse funzionare. Che tutto potesse andare nel verso guisto, ma mi sono sbagliata. Dovevo ascoltare le mie percentuali. -
Nathan prese il viso della ragazza tra le mani, e le asciugò quelle poche lacrime che le scorrevano lungo la perfetta pelle – Non era un'illusione. - disse cautamente – Il punto è che hai un bel viso, ed i bei visi mi rendono agitato. E mi piaci troppo, e fa paura. -
- Sei un idiota patentato, lo sai, vero? - sorrise fiondandosi di nuovo tra le sue braccia e lasciandogli un bacio sul collo, dato che non arrivava altrove.
Leyleen aveva completamente dimenticato che Nathan fosse una specie di spugna umana, ed anche lui stesso, e quando si resero conto che molto probabilmente avrebbero preso un malanno, scoppiarono a ridere fregandosene.


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Vashappenin?
Ringrazio tutte quelle che hanno recensito, che recensiranno o che leggono soltanto, siete bellissime!
*lescendeunalacrimaefaciaoconlamanina*

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Capitolo 7
*** The rush, too much, and here it comes. ***


- Sei sveglia? - le sussurrò all'orecchio, accarezzandole dolcemente i capelli.
Guardarla mentre dormiva, lo inteneriva più della vista di un gattino appena nato.
La piccola mugugnò qualcosa di incomprensibile per lui e portò, di scatto, la coperta al viso. Voleva dormire ancora un po'.
- Dai, piccola, sono le otto e mezza. - sorrise, posandole un leggero ed umido bacio sulla guancia.
Al sentir il soprannome con cui lui l'aveva appena chiamata, il suo cuore perse svariati battiti, per poi ripartire come un razzo.
Abbassò lentamente ciò che le copriva gli occhi, per accertarsi di non essere ancora in uno stato di sonno profondo: era effettivamente sveglia, gli occhi di Nathan brillavano a pochi centimetri dal suo volto, l'aveva appena chiamata 'piccola' ed era la cosa più dolce che avesse mai sentito.
Farfugliò ancora qualcosa simile ad un 'vaffanculo, stenditi e dormi' e si girò su un fianco, ascoltando silenziosamente la risata del ragazzo che continuava a scuoterla non curandosi dei suoi lamenti.
- Sapevo che avrei dovuto svegliarti con dell'acqua gelata. -
- E non l'hai fatto perché altrimenti ti avrei rovinato quel bel visino con un pugno? - chiese con la voce roca ed impastata dal sonno.
- Come se un gattino potesse far paura ad una tigre. - le baciò la fronte, lasciandole un'impronta umida.
Ignorò quello che aveva appena detto solo perché voleva star tranquilla e perché appena sveglia non era capace di reggere un discorso.
Silenzio.
Sentiva soltanto il sole riscaldarle la pelle, perciò intuì che il rompiscatole era andato via, lasciandola finalmente dormire.
Si rigirò nel letto, stiracchiandosi silenziosamente.
Si sentiva stranamente bene, mentre lui vergonosamente felice.
Tornò in camera con del tè alla pesca che le mise sotto il naso.
- Ti hanno mai detto che sei un amore? - gli sorrise, afferrando la tazza dalle mani di Nathan.
- Tre secondi fa mi stavi mandando a fare in culo. - replicò fingendosi offeso, mentre lei gli schioccava un bacio sulla guancia.
Bevve in silenzio per alcuni minuti, sotto lo sguardo tranquillo del ragazzo.
Si sentiva un po' in imbarazzo, però lui era lì con lei, sorridevano, ed era tutto ciò che aveva sempre desiderato.
- Che impegni hai, oggi? - gli chiese curiosa, posando la tazza sul comodino e sedendosi accanto a lui.
Il ragazzo meditò per alcuni secondi, non sulla risposta da dare, ma sulla domanda in sé.
Non capiva se quella domanda era stata fatta esclusivamente per curiosità, come traspariva dalla sua voce, o c'era qualcosa in più: lei voleva stare da sola con lui per un po'.
- Ho tutta la giornata libera. -
- Quindi mi accompagnerai all'università, giusto? - rise, sfoderando il suo solito faccino dolce ed irresistibile.
Lui le diede un piccolo buffetto sulla guancia, ridendo – Se proprio devo.. - alzò gli occhi al cielo.
- Il tempo di prendere degli appunti e sono tua. - sorrise di rimando, alzandosi in fretta per prepararsi.
Nathan sorrideva come un cretino, e sapeva il perché – Mi stai dando pieno potere decisionale riguardo la tua giornata? - si alzò, prendendola per i fianchi e avvicinarla a sè.
- Sì, e per questo portami in un manicomio, ti prego. Non so quel che faccio! - rise, respirando a pieni polmoni il profumo della sua pelle.
Profumava di buono, di casa, di sicuro.
- Sei una brutta strega! Io sono molto affidabile. - incrociò le braccia, lasciandola.
- Puoi scommetterci! - alzò il pollice e sparì in bagno.
- Vedi che sei una strega? -


- Buongiorno, Madison. - le sorrise, seduto accanto al tavolo, mentre lei entrava.
La ragazza rimase immobile e confusa per un po', chi era quello e perché si trovava nella sua cucina?
Pensò a cento modi diversi per ucciderlo o prendere il telefono e chiamare la polizia.
Appena sveglia non avrebbe riconosciuto neanche la madre, e Nathan notandolo, sorrise.
- Sono Nathan. Nathan Sykes, hai presente? - le chiese, aprendo di scatto le tende, per far sì che il suo viso fosse più visibile.
La mora fu accecata subito dalla luce, e imprecò silenziosamente contro di lui, andandosi a sedere.
Afferrò un pacco di biscotti morbidi ripieni al cioccolato, e si sedette accanto al ragazzo.
Dopo averne mangiati una decina,realizzò, finalmente, cosa stava succedendo. Gli sorrise battendosi una mano sulla fronte. Era una sottospecie di cretina laureata.
- Buongiorno, Nathan. - disse mentre addentava una fetta di torta.
Una cosa era certa: lei era un buco nero vivente, pensò il ragazzo.
In quell'istante, entrò Thomas, spezzando all'istante i suoi pensieri.
Il biondo era abbastanza indeciso su cosa fare: sferrargli un cazzotto sulle gengive, dargli un calcio in culo e cacciarlo da quella casa oppure insultarlo pesantemente.
Lo odiava, e questo traspariva dai suoi occhi. Nathan non potè fare a meno di abbassare lo sguardo, colpevole.
Era solo un maledettissimo ragazzo che non sapeva cosa faceva, e feriva inconsapevolmente una ragazza che non lo meritava: Thomas ne era sicuro.
- Cosa ci fai tu qui? - chiese a duro, senza neanche dargli il tempo di aprir bocca per salutarlo.
Madison gli diede una leggera gomitata nelle costole per fargli capire che doveva trattarlo in quel modo. Leyleen non era una ragazzina in fase di crisi ormonale, sprovveduta ed idiota. Era consapevole di quello che faceva, e loro non potevano di certo impedirle di vederlo: non erano né nella posizione di farlo – non si era mai abbassata al volere dei genitori, figurarsi al loro – né volevano farlo, visto quanto la facesse stare bene essere con lui, nonostante lui facesse enormi cazzate.
- Avevo bisogno di chiarire con Leyleen. - disse soltanto, alzando il viso verso i due.
Madison sentì lo sguardo di Nathan attraversarle il cuore che per un attimo rischiò di fermarsi.
- Non vorrei sembrare scortese e maleducato, ma penso che dopo averla trattata in quel modo, dovresti soltanto andare a fare in culo. - schietto come al solito.
In soli 7 minuti, l'avevano spedito in quel posto tanto ambito già due volte, pensò.
La ragazza lanciò uno sguardo di fuoco all'amico – Siamo solo un po' preoccupati. Insomma, fino ad un giorno fa la ignoravi, ed adesso sei qui. Per quanto ne sappiamo potrsti scappare domani in Guatemala e lasciarla di nuovo come una cogliona. - spiegò con calma, diversamente da quanto aveva fatto poco prima l'altro.
- Posso capirlo, però io tengo davvero a lei. - affermò convinto lui, sotto lo sguardo incazzato del biondo – E per questo credo che non farò più errori simili. -
- Bambolina, lo spero per te! - esclamò Thomas, che per evitare di picchiarlo, decise di andare via. Prese le chiavi dal ripiano e diede un bacio sulla guancia a Madison, prima di dirigersi verso la porta per andare a lavoro.
La ragazza continuava a guardare Nathan. Non riusciva a smettere di fissare le sue labbra, si sentiva come ipnotizata.
Il ragazzo, che sentiva il suo sguardo pesante addosso, era abbastanza imbarazzato, ma cercò in tutti i modi di non darlo a vedere.
Sentì una bacio umido sul collo, ed involontariamente sorrise. Chiuse gli occhi e gustò appieno il momento.
- Buongiorno gente! - salutò, sorridente.
- Buon umore, stamattina? - la prese in giro lanciandole una delle sue merendine preferite.
- Sì! - afferrò il piccolo tortino di cioccolato, guardandosi intorno – Ma Thom? -
- E' già uscito. -
La rossa si voltò subito verso Nathan – Ti prego, scusalo per qualunque cosa ti abbia detto, è solo che.. - lui la zittì, con un gesto della mano.
- Tranquilla. - lei sorrise per poi sbuffare.
- Che programmi avete per oggi? - cambiò discorso Madison.
- Non ne abbiamo idea, però sicuramente staremo insieme. - sorrise il ragazzo, prendendo la mano della ragazza.
- Sì, infatti. - sorrise – Per questo, non andrò neanche all'università. -
- Neanche dieci minuti fa volevi andare a prendere i tuoi appunti! - scosse la testa.
- Oh, è solo l'inizio. Di solito ci mette meno a cambiare idea su qualcosa, però quando si ostina sono cazzi amari. -
- Sì, continua con i miei difetti, che scappa! - incrociò le braccia, mentre Nathan rideva e le schioccava un bacio sulla guancia, e Madison le faceva la linguaccia.


- Sei una bruttissima imbrogliona, Leyleen! - le puntò un dito contro, dopo la terza perdita di fila a 'un, due, tre.. STELLA!'
- Non è colpa mia se tu non riesci a stare fermo! - sbuffò lei, guardando il faccino dolce ed imbronciato di lui.
- Tu conti troppo in fretta! - ribatté – E poi, non so dove, ma ci scommetto, hai uno specchio nascosto! -
- Secondo me sei solo troppo ventitré per giocare!. - rise, compiaciuta della sua bellissima battuta.
Nathan, però, non la comprese, perciò non le rispose a tono e la guardò interrogativa.
La ragazza rise ancora di più.
Lui non riusciva a capire il motivo per il quale lei stesse ridendo così tanto, e così forte; pensò che lo stesse prendendo in giro, quindi si imbronciò ancora di più, ovviamente per finta – Sì, sì. Continua! -
- Sei troppo ventitré per capire la mia magnifica, stupenda e suprema battuta! - continuò, con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo estrasse velocemente il cellulare, cercando su Google il numero 23.

'Il ventitré, nella tombola italiana, significa scemo.'
Le lanciò uno sguardo tra il divertito e l'offeso – Non la passerai liscia! - avanzò di qualche passo verso di lei, con fare minaccioso.
- Nath, lo sai che ti voglio bene, tantissimo, e sei anche bellissimo! - tentò, intuendo le sue intenzioni – Non farlo, non farlo! - iniziò a scappare per il parco ridendo, visto che lui non accennava ad indietreggiare.
Lui le corse dietro, cercando di prenderla, ma ogni volta che si avvicinava, ed era ad un metro da lei, la perdeva, perché cambiava direzione.
Si fermò per un attimo, ammirando il suo sorriso illuminato dal sole, era bellissima.
Sentì un groppo in gola al pensiero che aveva rischiato di perderla, ma seppellì tutto, e continuò a guardarla correre felice come una bambina.
La prese, facendola cadere a terra su di lui, per poi catapultare le posizioni e iniziarle a fare il solletico.
- Basta, basta, basta! - implorò, non riuscendo quasi a respirare per le risate.
Nathan si fermò a tre centimetri dalle sue labbra, facendole riprendere fiato, ma mantendendo il sorriso.
Con una mano si manteneva sul prato per non pesarle addosso, mentre con l'altra le accarezzava la guancia, spostandole di tanto in tanto una ciocca di capelli ribelle dal viso,
Si avvicinò ancora di più, tanto che Leyleen riusciva a sentire il suo respiro caldo sul viso.
- Sono troppo
ventitré anche per fare questo? - le sussurrò, intrappolando gli occhi verdi di lei, nei suoi azzurri.
- Decisamente sì. - scherzò ancora lei, prima che lui potesse annullare la distanza fastidiosa che c'era tra loro.

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ακούσατε dolcezze! *ballagladyoucame*
Volevo ringraziare ogni singola ragazza o ragazzo (non penso ce ne siano XD) che leggono questa storia, quelle che recensiscono ed anche le lettrici silenziose!
*-* siete bellissime!
Ma Nathan e Leyleen, si baceranno?
NON LO SO! AHHAHA XD
E' lunghissimo questo capitolo, scusate, ma c'ho preso gusto ahahah, è stato difficile interrompere la scena, ho dovuto tagliare un bel po' di cose. Erano 6 pagine di Word, non potevo torturarvi così tanto AHAHA :'D
Okay, okay. Vado via, e vi lascio in pace, che sto delirando!
Ci vediamo/sentiamo/ritroviamo al prossimo capitolo!
Loveyall! *cuoricino*

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