Venom Tattoo

di Zomi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Para Jemanuele8891: esto relato es para ti, mi querida, y por agradecer de tsukasa.velvet.  Te quiero chica!!!

Zomi
 

 VENOM TATTOO 
 

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La spalla era viola.
Un viola intenso e pulsante.
Essa sembrava scalpitare dolorante e le piccole vene, che sotto l’epidermide scorrevano, bruciavano roventi sotto quei centimetri bluastri. Nami distolse lo sguardo nocciola dal riflesso della sua spalla destra che lo specchio del bagno le offriva, mordendosi il labbro inferiore per un’improvvisa fitta di dolore. Chiuse gli occhi un attimo, giusto il tempo per reprimere un grido di bruciore, riaprendoli a fissare quella scapola violacea. Un conato di vomito le salì alla bocca della gola, ma sforzandosi lo ricacciò giù nello stomaco.
Disgustata, puntò gli occhi ancora una volta quella mattina alla sua spalla sinistra.
In tutto quel viola doloroso, risaltava incredibilmente il suo ex tatuaggio, ora rosso purpureo e quasi vivente.
Deglutendo lo analizzò tremando di paura.
L’aveva cancellato dal suo corpo due anni prima, alla sconfitta di Aarlong, sostituendo quel simbolo di schiavitù e sconfitte con un altro di libertà e vittorie: l’intreccio di un ramo di mandarino e una girandola. Mamma Bellmere e Papà Genzo.
Ma ora, esso tornava in vita, riemergendo dall’ombra in cui lei lo aveva segregato e dimenticato con quel suo nuovo colore: rosso.
Un rosso assurdamente vivo, che sembrava si muovesse e respirasse. Un rosso amaranto che brillava sotto l’esile luce della specchiera, con i contorni più scarlatti e scuri, ma che si accendevano maggiormente di un rosso più vermiglio avvicinandosi al cuore del tatuaggio.
Nami fissò incredula la spalla. Da un paio di giorni a quella parte, le doleva parecchio, ma aveva creduto che fosse solo un malore passeggero, una botta casuale che si era procurata in qualche battaglia. Solamente dopo quella notte insonne e tormentata da incubi e ricordi diabolici –Aarlong, i suoi anni di schiavitù, la morte di Bellemere, botte e pirati crudeli incontrati lungo la sua vita- si era decisa a controllare con serietà la fonte di quelle fitte lancinanti che la infastidivano.
Certo non si aspettava di vedersi l’omero blu e palpante, men che meno di rivedere ancora su di se quel tatuaggio allegoria dei Pirati del Sushi.
Scosse la testa, non riuscendo a spiegarsi cosa le stesse accadendo. Con terrore, tornò a guardare la testa di pesce dai denti aguzzi amaranto che brillava sulla sua pelle. Sembrava acquistasse vigore attimo dopo attimo, assorbendo la linfa vitale direttamente dall’energia che scorreva nel sangue sotto di lui, da cui rubava anche il colore. Rabbrividendo, la navigatrice avvicinò il volto verso lo specchio del bagno comune della Sunny, ansimando e studiandosi.
Addossò tutto il suo peso sul palmo aperto della mano sinistra, tendendo dritto e fermo il braccio, alzandosi sulle punte dei suoi sandali neri per avvicinarsi meglio al suo riflesso.
Le era sembrato di vederla muovere, quella testa dai canini acuminati, e di veder scivolare qualcosa di vischioso e denso proprio dai denti affilati. Deglutendo, passò tremante le dita leggere della sua mano sinistra sul disegno, asciugando piccole gocce del suo sangue che fuoriuscivano direttamente da lei e da piccoli e impercettibili morsi che andavano ad aprirsi sotto il profilo delle zanne acuminate.
Si guardò le dita impiastricciate di sangue, sgranando gli occhi che iniziavano a pizzicarle di lacrime. Oddio, ma che stava succed…
-EHI MOCCIOSA!!!! LO LIBERI STO BAGNO, SI O NO?!?-
La navigatrice sobbalzò presa alla sprovvista.
Si accorse solo in quel momento di aver trattenuto il respiro per tutta l’analisi della scapola. Scosse la testa e, con gesto veloce e rapido, aprì il rubinetto del lavandino per sciacquarsi le mani, lavandole dal suo sangue.
-Un-un attimo…- balbettò, ricoprendosi la spalla con la mezza manica della camicetta nera che indossava.
Si osservò per un secondo allo specchio, cercando in lei qualche segno della sua preoccupazione e del suo smarrimento. Aveva gli occhi sgranati di terrore, circondati da lievi occhiaie blu. Il viso, solitamente diafano e sorridente, era pallido e sudato da piccole gocce di sudore freddo, che colavano dalle sue tempie e correvano lungo il profilo del volto. Le sue labbra tremavano incapaci di muoversi decentemente, come anche le mani e le gambe, che minacciavano di farla stramazzare al suolo da un momento all’altro. sospirò pesantemente e si rinfrescò il viso, bagnandoselo, e sistemandosi due ciocche di capelli legandoseli sulla nuca.
Ok, così poteva andare.
-Mocciosa!!!!- gridò ancora Zoro –Muoviti!!!-
-Arrivo, arrivo…- corse ad aprire la porta lei, dischiavandola e sorridendo al compagno spadaccino che aspettava il suo turno al bagno.
-Donne…- sbuffò quello -… la prossima volta usa il bagno che hai in cabina, invece che monopolizzare questo!!!-
-Il mio era occupato da Robin…- spiegò la rossa, non per niente invogliata di litigare, e addossandosi allo stipite della porta.
-Perché poi ti sei chiusa dentro? Che avevi paura che sbirciassi?!?-
Nami non rispose, intenta a perdersi nei suoi pensieri e a mordicchiarsi nervosamente l’unghia del pollice. Cosa cavolo stava succedendo?
Perché ora?
Perché?
Doveva chiedere aiuto a Chopper?
Ma lui avrebbe potuto aiutarla?
E se fosse stata invece una cosa passeggera?
Non valeva la pena impaurire il medico di bordo e tutti i compagni.
No, sarebbe tutto scomparso da lì a pochi giorni.
Si, si, doveva solo aspettare che il bruciore e l‘ematoma scomparissero. Solo pochi giorni è tutto sarebbe tornato alla normalità. In fondo, che erano pochi giorni di fastidio alla spalla sinistra?!?
Niente, in fatti, un nonnulla per una piratessa forte e coraggiosa come lei.
-Ohi!!! Ma mi ascolti?!?- la colpì in testa con il tubetto del dentifricio Zoro.
-Eh?!?-
-Ti ho chiesto se avevi paura che ti sbirciassi…-
-No, no… era solo… no, niente… ci vediamo in cucina…- scosse la testa minimizzando.
-Sicura di stare bene?- chiese ancora o spadaccino.
Nami gli sorrise, alzandosi dallo stipite.
Era starna. Taciturna, riservata, soprappensiero…
Non era la solita mocciosa di sempre. Qualcosa la tormentava, distraendola dalla realtà. Il suo sguardo perso nel vuoto, il fatto che non gi avesse risposto per le rime come suo solito, quelle frasi a metà, il mordersi nervoso delle unghie… No, di certo qualcosa non andava.
-No, tutto ok, buzzurro- sorrise falsa, per poi scappare dal bagno verso la cucina.
Zoro la seguì correre nel corridoio, sporgendosi dalla porta con metà busto, e scomparire dietro l’angolo di esso.
-Mah…- mugugnò insospettito, infilandosi in bocca lo spazzolino da denti.
 
  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***




-FAME, FAME, FAME, FAME, FAME…- canticchiava urlando Rufy, correndo intorno alla tavola della cucina.
-… FAME, FAME, FAME, FAME, FAME…-
Sanji, il povero e paziente cuoco, se ne stava chinato sul piano cottura, intento a finire di preparare la colazione, incurvandosi sempre più verso le pentole rumoreggianti sui fuochi a ogni nuova invocazione di cibo da parte del capitano.
-… FAME, FAME, FAME, FAME, FAME…-
Robin, seduta al tavolo, osservava la marcia del compagno attorno a lei e agli altri compagni già in cucina, ridacchiando a ogni nuovo passaggio dietro le sue spalle.
-… FAME, FAME, FAME, FAM…-
-AZZARDATI A DIRE DI NUOVO QUELLA PAROLA, E TI AMMAZZO!!!!- urlò idrofobo Sanji, saltando a pie pari sul bancone della cucina e brandendo in aria un coltello che assomigliava più ad una accetta che a una posata.
Rufy si bloccò di colpo dietro a Franky, intento a leggere il giornale, e osservò imbronciato il biondo.
-Ma io ho fame…- piagnucolò Cappello di Paglia, imbronciandosi e sedendosi di botto sul pavimento a gambe e braccia incrociate.
-NON ME NE POTREBBE FREGARE DI MENO, IDIOTA!!!!- lo colpì sullo scalpo il cuoco, furibondo.
-Su, cuoco...- intervenne bonaria e sorridente l’archeologa, soccorrendo con una carezza il capitano asfaltato al suolo e frapponendosi tra lui e Sanji -… lo sai com’è fatto il nostro Rufy…-
-Oh Robinchan adorata!!!! Come sei buona e dolce, anche con questo stupido imbecille!!!! I LOVE YOU!!!!!-
La mora scansò in tempo un abbraccio stritolatore da parte del biondo, che si schiantò contro la robotica e ferrea schiena del carpentiere, mentre la ragazza tornava a sedersi al suo posto, sorridendo all’arrivo della sua ramata sorellina.
Nami le sorrise di rimando, sforzandosi di non muovere troppo il braccio sinistro e di non far impensierire in alcun modo i suoi compagni, regredendo ogni traccia di dolore che le causavano le forti fitte all’arto. Si sedette e salutò tutti i presenti con un sorriso e uno dei suoi soliti solari “Buongiorno”.
-Yohohoho-ho… Buongiorno, Nami cara… Di che colore sono le tue mutandine, oggi?-
-Fratello!!! È inutile che insisti!!!! Tanto ogni mattina la sorella non te lo dice e, anzi, ti ritrovi sempre con il cranio segnato da uno dei suoi calci…- commentò Franky, scollandosi dal dorso Sanji strappandolo dalla cibernetica schiena come una gomma da masticare da sotto la suola di una scarpa.
-E poi non sono domande da fare di prima mattina e ad una delle mie Dee!!!!!!!- sbottò il biondo, tornando ai fornelli.
Nami sorrise per il solito umorismo mattiniero della sua famiglia e risparmiò Brook dal pestaggio mattutino, onde evitare di muovere l’arto dolente e urlare di male.
-Ecco la colazione, mie passerotte!!!!!!!!!!- roteò nella cucina il cuoco, emanando cuori di fumo verso le ragazze e offrendo loro due vassoi stracolmi di paste alla crema e fette di crostata.
-SIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!! Si mangia!!!!!!!!- balzò nell’aria Rufy, buttandosi contro al biondo e facendolo rovinare al suolo.
Con agilità da maestro, Sanji, riuscì a posare in tempo i vassoi con le cibarie sulla tavola e a salvarle da sbranamento certo.
-All’attacco ragazzi!!!!!!! Se no Rufy si mangia tutto!!!!- si gettò sui piatti Usop, afferrando a più non posso ogni più piccola briciola di cibo su di essi, sgomitando tra le braccia muscolose e forti di Franky, le ossa spigolose di Brook e le zampette pelose di Chopper.
L’archeologa e la navigatrice risero a quel spettacolino, ridacchiando quando il capitano si accorse delle mani vuote e inermi del cuoco.
-SANJI!!!!- urlò –DOV’E’ IL CIBO?!?-
Il povero biondo ebbe solo la forza di alzare un dito e puntarlo verso la tavola e i vassoi vuoti, che roteavano sulla tovaglia mentre anche l’ultima brioche spariva dentro la bocca di uno dei suoi Nakama.
-NOOOOOOOOOOOO!!!!- piagnucolò, sfoggiando due lacrimoni enormi ai lati degli occhi.
-Suvvia Rufy, tanto Sanji avrà preparato di certo dell’altro…- lo consolò ridacchiando Nami.
-Dici?!?- tirò su con il naso Cappello di Paglia, mentre una mano di Robin, apparsa dal pavimento, gli asciugava il naso umido. L’archeologa sorrise per l’infantilità del suo capitano, mentre lo vedeva saltellare di gioia verso la sua sedia, inseguendo il cuoco estrarre da dietro il bancone del piano cottura altri vassoi ricolmi di cibarie, e posarli sul ripiano
-‘Giorno…- entrò con passo strascicato Zoro nella cucina, salutando la ciurma con uno sbadiglio enorme -… ma come fate ad avere tutte queste energie di prima mattina?- domandò, guardando stupito la rapidità delle mani di Rufy agguantare brioche e torte velocissimamente.
-Perché non siamo bradipi addormentati come te, buzzurro…-
La risposta ironica e velenosa espressa dalla navigatrice fece ghignare lo spadaccino, che si sedette con un tonfo al suo solito posto davanti alla rossa.
-Meglio bradipo che arpia…- ghignò, contento di vederla sorridere per quella nuova scaramuccia che stavano per avere.
Quando quella mattina l’aveva vista totalmente assorta nei suoi pensieri, rapita da qualche preoccupazione oscura a lui, chiusa nel bagno del corridoio, si era impensierito parecchio. Credeva che qualcosa la turbasse e subito si era messo all’erta e sull’attenti, pronto a proteggerla da tutto e tutti. Ma sentirla prenderlo per i fondelli e bisticciare con lui, l’aveva tranquillizzato, rassicurandolo che l’ombra che aveva creduto di vedere sul suo viso, fosse solo una nube passeggera, ora spazzata via dal cielo dei suoi pensieri.
-Non saprei, buzzurro… almeno un’arpia non verrebbe mangiata da Rufy…- ridacchiò Nami, sorseggiando una tazza di caffé latte e assottigliando lo sguardo verso il verde ghignate.
-Uhm… Sanji ho un’improvvisa voglia di bradipo…- mugugnò il capitano, immerso nel cibo e dando conferma alla frecciatina della rossa.
Nami rise, portando il braccio sinistro sul tavolo e posandolo su di esso. Cercò di ignorare le scintille di dolore che provenivano dalla spalla, concentrandosi sul litigare con Zoro.
-Meglio, perché una gallinaccia come te non è buona nemmeno per fare il brodo…- sghignazzò lo spadaccino, versandosi della spremuta nel bicchiere.
-Bhè nemmeno la tua testa da verza lo sarebbe…- gli tirò la lingua lei.
-Simpatica come il mal di denti aggiungo…-
-Masochista? Non lo avrei mai detto di te…-
-Strega…-
-Buzzurro…-
-Mocciosa…-
-Ha parlato l’uomo vero? Alga marina…-
-Brutta stron…- ma un portentoso calcio zittì il verde, infossandogli il viso sul tavolo.
-NON T’AZZARDARE, SAI!!!!- si intromise Mr Prince, protettore delle indifese donzelle –La mia crostatina non è niente di ciò che hai detto. Lei è dolce, bella, gentile, affettuosa, formosa, indifesa…-
-Si, indifesa come una palla di cannone…- mugugnò Zoro, massaggiandosi il mento. Un altro calcio, da sotto il tavolo però, lo colpì su una caviglia, facendolo ululare di dolore.
-Ops… scusa, era tuo?!?- sogghignò Nami, arricciandosi innocentemente una ciocca di capelli.
-Maledetta mocciosa…- si massaggiò il piede il verde.
-Zitto, che hai avuto quello che meriti, Morimo della malora!!!!- sbottò Sanji, offrendo altro latte e caffé ai compagni e avvicinandosi alla navigatrice.
-La mia dolce sirena è una donna meravigliosa… di una bellezza rara e magnetica per qualsiasi uomo… se tu la consideri una “mocciosa” è perché uomo non lo sei neanche nell’ombra…-
-COSA HAI DETTO, DAMERINO IMPOMATATO?!? VIENI QUI CHE TI AFFETTO!!!!!- sbraitò Zoro, alzandosi in piedi dalla sua sedia e facendo bella mostra di una sfilza di denti da squalo.
-Ho detto la verità Morimo del cavolo…-
-Io ti…-
-E PIANTATELA!!!!- gridò Nami, picchiando entrambi con un pugno portentoso sul cranio e alzandosi in piedi, stanca di quell’inutile battibecco. La testa le pulsava dolorosamente per gli schiamazzi dei compagni, e le urla di litigio del cuoco e del samurai non le giovavano affatto. Persa la pazienza, aveva deciso di zittire quei due con la sua solita “Diplomazia pesante”. Purtroppo però, il brusco movimento del pestaggio, fece oscillare lievemente la spalla dolente, producendo una serie di tagli sulla pelle violacea nascosta dalla camicia nera. La navigatrice si morse un labbro, chiudendo gli occhi un secondo e cercando di nascondere la sua smorfia di dolore dietro la chioma rossa che le cadde sul viso. Contò fino a dieci, trattenendo le lacrime di dolore e riprendendo il controllo su di se, mordendosi la lingua per non farsi scappare un grido di bruciore.
-Nami…- la chiamò Robin, accortasi della sua espressione dolente e del mordersi feroce le labbra. La rossa riaprì gli occhi, guardandosi attorno.
Sanji e Zoro, anch’essi in piedi nella cucina, la stavano fissando ad occhi spalancati, studiandola in viso, per niente sofferenti per il pugno ricevuto.
-Stai bene mia adorata?- chiese il cuoco, anticipando lo spadaccino e Chopper, anche lui con occhi studiosi sulla navigatrice. Nami deglutì, passandosi una mano tra i capelli e riportandoseli dietro le spalle. Con gesto fluido e naturale, appoggiò la mano sulla spalla sinistra, trovandola bagnata e umida del suo sangue. Riportò la mano destra al suo fianco e sorrise come se nulla fosse.
-Tutto ok, tranquilli…- finse di stare bene -… ho solo preso lo spigolo della gamba del tavolo sull’alluce del piede…-
Fece dondolare il sandalo a mezz’aria, come a fargli prender aria e a far scomparire un qualche formicolio dovuto al falso colpo.
-Sicura…?- socchiuse gli occhi Robin, non credendole.
-Ma si, capita quando si deve tenere a bada certi bambocci!!!- ridacchiò, posando una mano al tavolo. La scapola le doleva da morire e iniziava ad avere anche qualche giramento di testa. Tentò di tranquillizzarli, ridacchiando alla bocca stracolma di cibo di Rufy, in un tentativo di soffocamento, sventato da una gomitata del boss.
-Cof… cof… grazie Franky…- sputacchiò qua e là Cappello di Paglia, per poi rimpiazzarsi nuovamente.
-Ma sei indecente!!!!!!!!!!- si schifò Sanji, allontanandosi a prendere altre cibarie per i compagni.
La navigatrice tirò un filo di sollievo. Almeno uno dei suoi 4 Nakama che la stavano passando ai raggi X era caduto nella sua frottola.
-Uhm…- mugugnò Chopper, al fianco di Zoro, osservandola –Sicura che…-
-Franky!!!- richiamò l’attenzione del boss Nami –Verresti con me  a controllare la rotta e sistemare le vele? Così faremo presto…-
-Subito sorella…- si alzò il robot, pulendosi la bocca con un tovagliolo e ruttando mentre usciva dalla cucina con lei.
Zoro si risedette al suo posto, non appena la navigatrice uscì dalla stanza, infossando il sopracciglio del suo unico occhio vedente sulla porta chiusa.
-Nami non è in gran forma…- affermò Chopper, impensierito dall’atteggiamento della rossa.
Zoro e Robin, gli altri due unici della ciurma, oltre al biondo cuoco, a essersi accorti di quella smorfia di dolore, annuirono silenziosamente.
Lo spadaccino incrociò le braccia al petto e puntò lo sguardo sulla tovaglia.
Il suo caro sesto senso non aveva avuto torto, quella mattina. La mocciosa non stava bene, lo confermava anche il dottore di bordo, e il fatto che lei negasse ciò con tutti con quella farsa patetica, significava soltanto che lei, di nuovo, voleva sistemare le cose con le sue sole forze e senza chiedere aiuto a nessuno, non facendo preoccupare e soffrire nessun altro che lei. In altre parole, qualunque cosa le stesse succedendo, era una cosa di cui preoccuparsi parecchio.  

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***




-Vira a Babordo di due gradi e mezzo…- ordinò Nami, puntando il Loge Pose in parallelo alla polena.
Franky spinse il timone dietro la figura della rossa, sterzando di poco l’andamento della nave e rimettendolo in asse con la rotta che stavano seguendo.
-Ok, sorella… Super come sempre…- si mise in posa il boss, ondeggiando infantile. La navigatrice rise felice, scordandosi per un attimo del dolore alla spalla.
-Ok, dai… ora ammanniamo le vele e leghiamole ben bene… la corrente marina sarà più che sufficiente per continuare a veleggiare…- suggerì, lasciando che l’azzurro compagno la precedesse sul pennone dell’albero maestro.
Sorridendo, passò la mano destra sulla scapola tatuata, posandola delicatamente. Percepì la spallina della camicia fradicia di sangue e quando si guardò la mano, la ritrovò macchiata di rosso rubino. Il sorriso le scomparve dal viso e la sua espressione si rattristò. Bagnò i polpastrelli del suo sangue, passandoli sulle macchie, come a voler cancellare quella verità che si faceva sempre più strada verso l’esterno, evadendo dal piccolo cassetto buio in cui lei cercava di trattenerla.
Chiuse a pugno la mano, serrando gli occhi.
-Passerà… passerà… è solo un male passeggerò… niente di cui preoccuparsi… un nonnulla… non mollare ora o farai morire tutti di paura…-
Ma lei stesa stentava a credere alle sue parole, tremando nervosa e impaurita da ciò che le stava accadendo.
-Ehi!!!! Nami!!!! Vieni?!?- il richiamo di Franky la scosse e lei, riaprendo gli occhi, gli annuì, guardandolo a cavallo dell’asse di tramezzo che reggeva le vele sull’albero maestro.
Rapida, scese dal castello di prua, attraversando il ponte erboso. Non si era accorta dei 4 paia di occhi che la fissavano sul castello di poppa, davanti la porta della cucina.
Lì, oltre la ringhiera in legno che abbelliva il terrazzino, Sanji fumava impensierito, acanto a lui, addossato alla parete in legno, Zoro infossava lo sguardo sulla navigatrice in profondo silenzio, mentre Robin e Chopper, la analizzavano posati sulla balaustrata.
La seguirono sorridere a  Usop e Rufy, intenti a giocherellare nell’erba, e ondeggiare a  tempo la chioma rossa sulle note del violino accordato di Brook, sdraiato sul parapetto di bordo.
L’archeologa incrociò le braccia al petto, pensierosa, mentre la sua sorellina si arrampicava lungo le reti di corda tese verso l’alto. Nami si arrampicò sull’asse opposta su cui sedeva Franky, sedendosi anche lei a cavallo del legno e iniziando a tirare le corde di leva per piegare le vele.
-Chopper…-mormorò la mora, non distogliendo un attimo gli occhi dalla navigatrice -… che cosa vedi?-
La piccola renna non studiava più la compagna con occhi preoccupati e apprensivi come la mattina, come il caro e affettuoso Nakama Tanukichan, ma con lo sguardo medico e preciso del dottor Tony Tony Chopper.
Veloce, memorizzava e studiava mentalmente ogni gesto della rossa, analizzandone le cadenze muscolari e i riflessi rallentati, disturbati da uno spasmo a intermittenze che le faceva mantenere quasi immobile il braccio sinistro.
-Muscolatura tesa e contratta del bicipite e tricipite avambraccio sinistro. Scapola sinistra mantenuta quasi totalmente immobile, ma in continua contrazione muscolare involontaria, dovuta possibilmente, a discontinuità a livello nervoso…- si fermò, puntandosi sulle zampe posteriori e allungando lo sguardo verso la rossa -… sudorazione fredda e sguardo oscillante da destra a sinistra con cadenza di 5 secondi della pupilla, che risulta, a  un esame superficiale, dilatata e vitrea…-
Il medico deglutì impaurito, abbassano il volto sulle zampe strette a pungo attorno alla ringhiera.
-Conclusione, dottore?- sbuffò del fumo nell’aria Sanji.
-Nami…- tremò la renna -… non sta affatto bene…-
Tutti e 4 volsero lo sguardo sulla navigatrice, intenta a fissare le vele ripiegate legandole saldamente.
-Cos’ha, secondo te?- sussurrò Robin, mettendosi di tre quarti verso i compagni con le braccia incrociate, ma fissando ancora la sorella.
-Così, a una visita superficiale e da una certa distanza, credo che Nami abbia qualche dolore abbastanza forte alla spalla sinistra…- si morse uno zoccolo sovra pensiero -… ma per esserne certo dovrei visitarla meglio… come ho detto, è una visita superficiale, potrei sbagliarmi…-
-Chiamala visita superficiale Chopper…- sorrise sforzandosi il cuoco -… sei stato fenomenale a capire che cosa turba la mia sirena da questa distanza…-
La renna annuì, non emozionandosi come suo solito per i complimenti rivoltegli, troppo impensierito dalla situazione da lui analizzata. Zoro, che fino a quel momento era stato zitto e pensieroso, grugnì rabbioso.
-Stupida mocciosa…- sbottò, digrignando i denti.
-Dobbiamo convincerla a farsi visitare…- concluse l’archeologa, volgendo lo sguardo sui compagni lì accanto e rivelando la preoccupazione che non riusciva a celare nei suoi occhi.
-E come? Questa mattina l’hai sentita, no? Ha negato di aver male alla spalla dicendo di aver sbattuto il piede sulla gambe della tavola… la mia Nami ha la testa dura ed è orgogliosa tanto quanto questo Morimo imbradipato…- spense con un colpo di tacco la sua sigaretta Sanji, puntando il pollice alzato verso lo spadaccino. Il verde non si scompose, rimuginando tra se.
-In qualche modo dobbiamo pur convincerla…- mormorò Chopper.
-Con la forza forse…-
-Non ci pensare nemmeno, Morimo del cavolo… la mia Dea non si tocca nemmeno con una piuma…-
-Dobbiamo parlarle…- riportò lo sguardo ceruleo a Nami, Robin -… non deve affrontare tutto questo da sola…-
Nel frattempo che i 4 discutevano, la navigatrice cercava con tutte le sue forze di mantenere l’equilibrio a cavallo dell’asse di tramezzo, armeggiando con le corde dure e sfibrate che reggevano le vele.
Aveva la vista annebbiata e le forze le venivano meno. Il sole caldo e lucente che brillava sopra di lei, le bruciava la pelle e la faceva sudare. Era scossa da brividi incomprensibili e la spalla, quella maledetta, sembrava fosse martellata ogni secondo da un martello pneumatico, provocandole fitte dolorose e lancinanti.
Strizzando gli occhi, finì di fissare la vela, legandola saldamente, e iniziando a spostare il suo peso verso l’ultima corda libera che restava da legare. Strisciando con il cavallo degli short in jeans sulla tavola di legno, raggiunse la corda vicina alla fine dell’asse, afferrandola decisa. Sentì la testa girarle vorticosamente, mentre cercava di tener fermo lo sguardo sul cavo e di rimanere in equilibrio sulla tavola, e la vista ondeggiò per un secondo. Veloce, si puntò con le mani sul legno, bloccando ogni movimento e chiudendo gli occhi. Aveva il fiato corto e il cuore le batteva con forza nel petto. Socchiuse l’occhio sinistro, indirizzandolo sulla mezza manica della camicia nera, dal cui bordo, un piccolo rigoletto rosso correva lungo il braccio teso, fermandosi poi nell’incavo del gomito a formare un piccolo stagno di sangue.
-Maledizione…- digrignò i denti.
-Yohohoho-ho… Nami!!!! Tutto ok?-
La navigatrice guardò sotto di lei, dove Brook, Usop e Rufy, la fissavano con sguardo attento.
-Si… tutto a posto… finisco qui è scendo!!!!- rispose, sbrigandosi a legare l’ultimo angolo della vela.
-La sorella non sta molto bene…- commentò Franky, saltando sul ponte, dopo aver finito di ammainare la sua metà di vele ed essere scivolato giù dalla cima dell’albero maestro.
-In effetti si muove con una lentezza del tutto inusuale per lei…- notò lo scheletro, portandosi una mano al mento.
Nami strinse saldamente la corda, ripiegando la vela. Sorrise, osservando l’operato e decise di scendere sul ponte, per poi andare a stendersi un po’.
Aveva bisogno di riposo.
Non solo le girava la testa, aveva i brividi e la spalla le sanguinava, ora si sentiva anche debole e priva di forze.
-Forse…- mormorò tra se -… ho perso troppo sangue…-
Si portò fino all’intreccio delle reti di corda tese alla fine dell’asse, calandosi su di esse per scendere. Si era appena girata a dare la schiena al mare, in modo da scivolare giù per la maglia di funi, quando le mani le tremarono. Strinse forte i pugni attorno alle cime a cui era aggrappata, evitando di perdere l’equilibrio. Una forte fitta alla spalla, la stava facendo tremare di dolore e la vista era tornata ad annebbiarsi.
Strinse i denti, aggrappandosi alla rete e restando ferma per recuperare sensibilità alle mani. Se si fosse mosse troppo bruscamente avrebbe potuto cadere dal suo appiglio e sfracellarsi sul parto erboso sotto di lei.
Respirò profondamente, cercando di controllare il battito cardiaco impazzito e di smettere di ansimare per la fatica.
-Ma che fa?- esclamò Usop, sorpreso come tutti di osservarla in difficoltà, abituato com’era di vederla salire e scendere da quelle maglie di corde agile come un gatto.
-Nami, che succede?- urlò Rufy, portandosi sotto al figura della sorella. Quella scosse solamente la testa, riprendendo la discesa. Vedeva doppio e tremava di freddo.
-Solo pochi metri…- si rassicurò, deglutendo e ignorando il fiumiciattolo di color cremisi che scorreva dalla mezza manica della sua camicia e le impiastricciava tutto il braccio sinistro, fino a macchiarle il palmo della mano.
Si muoveva con gesti troppo insicuri e tremanti, che le furono fatali, quando posò malamente la pianta di un suo piede su una corda tesa. Il sandalo scivolò dal cavo, facendole perdere l’equilibrio e smarrire l’aderenza sulle corde. I piedi scivolarono di lato, lasciandola aggrappata alla rete con le sole mani, mentre ondeggiava nell’aria.
-Maledizione!!!!!- inveì la navigatrice.
-NAMI!!!!-
Chopper corse sul ponte insieme ai compagni, fissando l’esile corpo della Nakama dondolare nel vuoto, sospesa a più di 10 metri nell’aria.
-Maledizione, maledizione, maledizione, maledizione!!!!- imprecò la rossa, cercando di alzarsi con la sola forza delle braccia e tornare con i piedi sopra l’intreccio della rete.
Piegò gli arti superiori, sforzandosi di sopportare la scapola urlante di male, e alzando il resto del corpo di nuovo sopra la rete tesa, mentre altro sangue le macchiava la maglia. Mancavano pochi centimetri e avrebbe potuto riposare i piedi sui cavi. Fece leva sulle braccia e le strinse attorno alle corde, alzandosi ancora.
Uno strappo di carni la fermò nel movimento.
Chiaro e forte come un lampo, sentì la pelle della spalla aprirsi, tagliata in due da quei appigli aguzzi del suo vecchio tatuaggio, che andavano a scavare nella sua carne in ricerca di linfa vitale. La spallina della camicia, da nera, si impregnò di un rosso scarlatto, che iniziò a gocciolare verso il basso, come leggera pioggia primaverile.
Nami si morse le labbra per non urlare, ma il dolore era troppo intenso e forte, e lei stava per cedere all’impulso di gridare per il male. Aprì la bocca in uno spasmo di dolore, mentre sotto di lei i suoi compagni si erano messi in moto per aiutarla. Zoro e Sanji si erano già gettati ad arrampicarsi sull’albero maestro, mentre Franky e Usop erano scesi sotto coperta per recuperare un telo su cui la navigatrice avrebbe potuto cadere senza ferirsi. Nami cercò di riprendersi, sforzandosi di riacquistare equilibrio e rimettersi sulle corde. Strinse forte le mani attorno ai cavi, impegnandosi a rialzarsi. Tentò di flettere ancora i muscoli, ma nuovamente la spalla tornò a tormentarla, con una nuova lanciante fitta più forte delle precedenti.
Incapace di sopportare oltre, Nami gridò disperata per il male, perdendo la presa sul suo appiglio e cadendo nel vuoto. Chiuse gli occhi, sfinita per il dolore, sospirando nell’aria mentre precipitava senza più nessun tentativo di resistenza. La scapola le doleva ancora e sanguinava copiosamente, lasciando libere e volanti piccole gocce cremisi che si infrangevano attorno ai passi e ai volti sbarrati e impauriti dei suoi Nakama.
L’ultima cosa che percepì, prima di perdere i sensi, furono mani morbide e forti che frenavano la sua caduta, prendendola nei loro palmi posandosi delicatamente sulla sua schiena, e un urlo di voce ben conosciuta che gridava: -Noventa Flor!!!!-
  

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Auguro una splendente e gioiosa Pasqua a tutti coloro che leggeranno questa Oneshot, ma in particolar modo e affetto a Angle, Anna300596, Annak95, Anthussa92, Botticon_e , Carin, Fior di loto, Jemanuele8891, Mars PR_Black Rose, Mikan93, Missnina91, Mitica Rosa_pessima94, Princessnami, Raika_86, Robinchan07, Nicorobin92, theminaSakura alexia, Shaula, Shavanna, Shioko, SpitFireScar, Yakemi, Zonami84, _Micky_ONDPDeYL che mi hanno concesso il grande onore di essere introdotta tra i loro Autori Preferiti: I LOVE YOU, GUYS!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Zomi
 

 
 
-… devi farlo, Chopper!!!! Non avremo più un’occasione del genere…-
-Ma Sanji… non mi sembra giusto, e poi deve riposare…-
-Dottore, è l’unico modo…-
-Già, Robin ha ragione… o così o legandola al letto quando sarà sveglia…-
-NON T’AZZARDARE SAI, NASONE!!!! NESSUNO FARA’ DEL MALE ALLA MIA SIRENA RAMATA!!!-
La discussione si susseguiva animata, disturbando il riposo di Nami che, semi cosciente distesa sul lettino dell’infermeria, riprendeva lucidità. Sbattendo le lunghe ciglia, riaprì gli occhi con enorme fatica, non riuscendo bene, però, a mettere a fuoco le figure che la circondavano, a causa dei giramenti di testa che la affliggevano. Puntandosi con la mano destra sul materasso, si mise a sedere, scrollandosi di dosso la fatica del movimento e schiarendosi la vista.
-Nami…-
Girando il capo, la navigatrice riconobbe la sua sorellona al suo fianco, appoggiata al lettino e con sguardo studioso sul suo viso pallido e sudato. Sorrise appena, cercando di capire che stesse succedendo.
-Robin…- ansimò, già a corto di fiato -… che… che è successo?-
-Hai avuto un malore e sei scivolata dalle reti di appiglio dell’albero maestro… Robin per fortuna ti ha preso in tempo…- le rispose Brook, avvicinandosi anche lui al letto.
-Ah… si ricordo…- sorrise appena, ricordandosi del dolore alla spalla e dalle forze che le venivano meno mentre cadeva nel vuoto -… dev’essere stato per via del caldo di questa zona… troppo sole!!!-
Ridacchiò, alzando il viso sugli altri suoi Nakama. Alla sua sinistra, vicino all’archeologa, erano in piedi a fissarla Usop, Chopper e Sanji. Tutti e tre la scrutavano seri, studiandola in ogni più minimo particolare. Ai piedi del letto, si ergeva serio e taciturno Zoro. Le braccia incrociate al petto e lo sguardo nero e torvo, rilevavano la sua rabbia e la sua preoccupazione. In fine, ma non da meno inquieti e in pensiero, vicino a Brook, vi erano Rufy e Franky.
Nami cercò di non dare peso ai loro volti scuri e preoccupati, ma era impossibile ignorarli. Abbozzando un timido sorriso, provò ad alzarsi dal letto, volenterosa di dimostrare a tutti che stesse bene e che non vi fosse niente di cui preoccuparsi.
-Ora sto bene però…- mentì, posando i piedi a terra e alzandosi in piedi -… smettetela con quelle arie serie e preoccupate!!! Visto? Sto benissimo!!!-
Saltellò sul posto, come a voler dar conferma del suo benessere, ma mordendosi la lingua per una rinata fitta alla spalla. Con la coda dell’occhio, guardò la scapola, ancora sanguinate che le aveva inzaccherato la manica, ma che per fortuna non aveva trapassato il tessuto andando a macchiare il lenzuolo del lettino dell’infermeria.
-Tranquilli… sto bene!!! Ve lo assic…-
-BASTA NAMI!!!!-
Ad urlare era stato Zoro. Scossa da quel grido rabbioso, la navigatrice si volse verso di lui, trovandolo tramante e iracondo a stringere la sponda di ferro del letto, appoggiandosi a esso e piegandone le sbarre. Il suo occhio nero, ridotto ad una fessura, la fissava sull’orlo di un attacco di collera. Digrignando i denti e trattenendo a stendo un ringhio, cercava di mantenere quella poca calma che gli era rimasta, concedendo alla compagna ancora pochi attimi di menzogne, prima di prenderla a schiaffi per la sua stupidità e reticenza.
-Togliti la camicia…- ordinò.
-Nemmeno se mi paghi, buzzurro maniaco!!!- finse di offendersi lei, ben capendo che il samurai avesse inteso l’origine del suo male. Incrociò le braccia al petto, pronta a litigarci pur di non confessare. Non era niente, ne era certa. Solo un male passeggero, ed era inutile impensierire tutti per un nonnulla come quello, che sicuramente da lì a pochi giorni sarebbe scomparso nel vuoto, come era arrivato.
-Nami…- intervenne Chopper -… per favore…-
La rossa spalancò gli occhi nocciola, incredula a quel sospiro. Credeva di essere stata attenta e di aver trattenuto bene le sue smorfie di dolore, facendole passare inosservate anche sotto l’occhio medico della piccola renna, ma forse quell’ultimo malessere che poteva costarle l’osso del collo, le era stato fatale nell’essere scoperta.
-Ragazzi… non è niente, tranquilli…- sorrise, aprendo le braccia e rivolgendosi a tutti i Nakama -… solo una bottarella da niente…-
-E allora fatti vedere da Chopper…- insisté Zoro, avanzando di una paso verso di lei nel piccolo studio del medico. Nami sostenne lo sguardo nero e serio del compagno, testarda a non volergli cedere.
-Ho detto che non è niente di serio…- sibilò, stringendo i pugni e ignorando le nuove fitte del tatuaggio risvegliatosi dal torpore dello svenimento.
-Smettila di mentire, mocciosa!!!!- ringhiò lo spadaccino –Tu stai male e non provare a negarlo…-
Nami mosse un passo verso il verde, gonfiando il petto, innervosita.
-Tu fatti gli affari tuoi!!!!- sbottò.
-Io mi faccio gli affari di chi mi pare e piace… e tu ora ti fai vistare da Chopper e subito!!!-
-Non prendo ordini da un’alga marina!!!-
-Quest’alga marina, se non ti fai visitare, ti prende a schiaffi e ti fa curare e con le maniere forti!!!-
-Provaci, se ne hai il coraggio… se solo t’azzardi ad alzare un dito io…-
-Basta…-
Rufy, con calma e pacatezza, si era messo in mezzo ai due, dividendoli posando su entrambi una sua mano. Con un sorriso tranquillo e sereno, gli fece entrambi voltare su di lui e smettere di discutere.
-Basta…- ripeté -… Zoro, calmati e Nami, sorellina, per favore: basta bugie. Non stai bene ed è la verità, quindi, per favore, permetti a Chopper di controllarti… se non è niente come tu dici, tanto meglio, ma se è qualcosa di serio, voglio che tu ti faccia curare…-
Nami lo fissò pensierosa, non sapendo bene come agire. Da una parte, era ben conscia di necessitare aiuto e che di certo la piccola renna dottore avrebbe potuto rispondere a tanti suoi dubbi, ma dall’altra non voleva agitare la ciurma per una sciocchezza e di nuovo essere l’anello debole di quella famiglia, incapace di difendersi da sola e risolvere da sé i suoi problemi. Sospirò, abbassando lo sguardo ai suoi piedi.
-Ok…- ansimò, facendo prendere a tutti un respiro di sollievo -… ma voglio che nell’infermeria resti solo Chopper, che nessun altro resti…-
-No, no… io voglio vederci chiaro e poi…-
-D’accordo Nami…- interruppe la protesta di Zoro, il capitano, e preso saldamente al braccio il verde, lo trascinò fuori dalla stanza, lasciandolo inveire sguaiatamente mentre agitava nell’aria gambe e braccia e seguito da tutti gli altri Nakama. Uno ad uno, i pirati liberarono la cabina, gettando un’ultima occhiata sulla navigatrice che tornava a sedersi sul lettino ortopedico, e che gli sorrideva tranquilla.
Sanji posò un leggero bacio tra i capelli della giovane, prima di uscire, e Robin accarezzò malinconicamente la sorella, guardandola preoccupata. La rossa sorrise eterea fino all’uscita di quest’ultima, continuando a mantenere l’espressione tranquilla sul viso finché Chopper non chiuse la porta dell’infermeria. Allo sciocco dell’uscio, tirò un profondo sospiro, svuotando i polmoni e rilassando i muscoli facciali, rivelando una smorfia di estremo dolore. Gemette sommessamente, digrignando i denti e prendendo corti e accelerati respiri, tentando di far scemare l’intenso dolore che la spalla le procurava. Era come se una forte scossa elettrica partisse dalla pelle dove era riemerso il suo ex tatuaggio, espandendosi come una ragnatela su tutta la scapola, fino a scendere in avanti, spargendosi lievemente sul petto, quasi mirando al letto del cuore, e sull’avambraccio sinistro, pizzicandolo con ferocia sull’epidermide, prenetrando sotto tutti e 5 gli starti di pelle e scivolando tra i fasci muscolari e i nervi tesi in elettrica fibrosi per il male, fino  raggiungere le vene e i capillari ripieni del suo sangue e da lì estrarne vita.
Sbuffò, alzando in aria il viso e chiudendo gli occhi reprimendo una nuova scarica di dolore, mentre Chopper assisteva senza fiato alle sue smorfie.
-N-nami…- le si avvicinò alzano una mano in aria nel tentativo di sfiorarle la spalla dolorante.
-NO!!!- si scansò la navigatrice, ansimando. Sudava e tremava allo stesso tempo, ed era certa che non avrebbe resistito ancora a lungo prima di urlare e cedere del tutto al bruciore. Deglutì a fatica, sorridendo debolmente per tranquillizzare l’amico.
-Scusa…- mormorò -… è che fa male…-
Chopper annuì lentamente, avvicinandosi a lei e studiandola in volto.
-Vuoi che aspettiamo un po’ prima di vedere?- chiese con sguardo tenero e calmo.
-No… tanto sarebbe inutile… il dolore aumenterebbe è basta…-
Sospirò ancora.
-Chopper mettiti dietro di me, così potrai vederlo meglio…-
Non capendo, il medico le andò dietro la schiena, recuperando da una mensola qualche suo arnese utile per visitarle, mentre Nami si sbottonava la camicia fino a metà busto e la faceva cadere sulla schiena fino all’altezza del seno, in modo da poter permettere a Chopper di osservare il tatuaggio ma di non imbarazzarsi troppo per la sua quasi nudità. Si spostò i capelli sulla spalla destra, liberando la visuale e evitando di macchiarli con il suo sangue rappreso tra camicia e pelle.
Chiuse gli occhi e strinse nei pugni il bordo del letto in ferro, mordendosi il labbro inferiore e sentendosi per l’ennesima volta debole e indifesa, incapace di difendersi da sola e con le sole sue forze.
-Mio Dio…- sentì sussultare Chopper, arrampicatosi su uno sgabello per poter medicarla meglio. La piccola seggiolina traballò per lo stupore del medico, zittendosi poi in un attimo, lasciando che il silenzio e la tensione prendessero il totale controllo dell’infermeria.
Chopper era incredulo di fronte a ciò che aveva davanti agli occhi.
Sulla solitamente candida e diafana pelle della sua Nakama, pulsava vivo e minaccioso un nuovo tatuaggio che non aveva mai visto prima su di lei. Sembrava una testa di pesce con il naso affilato, tagliente e pericoloso per quelle due file di punte affilate che lo adornavano. Esso si chiudeva a cerchio in se stesso, come una spirale, la cui punta finale si indirizzava nell’incavo creatosi tra capo e coda del pesce. Avvicinò lo sguardo sulla cima della testa, notandone alcune sporgenze a punta somiglianti a ciuffi di capelli. Ma non era tanto la forma inusuale e terrorizzante del disegno a spaventarlo, quanto le tinte che lo coloravano. Quel simbolo assassino era di un rosso porpora sconvolgente. Più scuro verso l’interno e più chiaro verso i limiti di esso, ma sempre pulsante e brillante in ogni dove. Quel rosso così vivo e lucente era spaventoso non solo per la sua strana vitalità, ma per la sua somiglianza con il sangue. Chopper annusò da lontano l’odore che esso emanava, riconoscendolo proprio come il scarlatto tessuto liquido. Denso e caldo, vitale e mortale, quel macabro simbolo era impregnato di sangue fresco e umido, che anche in quell’attimo sembrava fuoriuscire direttamente da Nami. Deglutendo sommessamente per non spaventarla, il dottore spostò lo sguardo sulla spalla violacea che circondava e faceva da sfondo al tatuaggio. Il viola scuro e profondo che martoriava la pelle, formava un cerchio perfetto attorno alla testa di pesce, fermandosi poco sopra la punta della spalla, rivelando appena piccole spire acuminate che si protendevano dal perimetro dell’anello viola, spingendosi verso la valle dei seni di lei e il resto del braccio sinistro. Erano appena visibili, sembravano piccole sfumature dell’ematoma, ma lo sguardo attento e medico di Chopper le avevano già identificate come prolungamenti di esso, quasi che fossero radici che dalla pianta madre andavano in ricerca di nuova acqua e linfa vitale.
-N-nami…- balbettò impaurito -… ora, ora, ti toccherò l’ematoma… se ti faccio male, dimmelo…-
Nami annuì, stringendo maggiormente la presa attorno all’orlo del letto, certa che se non si fosse controllata e non avesse mantenuta la calma, avrebbe potuto urlare di dolore non appena il suo compagno le avesse sfiorato la pelle.
Deglutendo concentrato, Chopper, posò il più delicatamente possibile le sue zampette sulla scapola della navigatrice, passandole dall’esterno del cerchio viola, verso l’interno, cercando di avvicinarsi pian piano al tatuaggio scarlatto e di studiarne l’origine. Percepiva la pelle tirata e pulsante sotto il suo passaggio, sentendone il debole e irregolare passaggio del sangue sotto di essa, come se fosse stato interrotto o deviato da qualcosa altro, che rendeva più fragile e lento il suo deflusso, rubando l’energia vita dal corpo della ramata.  Sentì Nami tremare per il suo tocco, scossa da scariche nervose di dolore. Mordendosi il labbro, avvicinò ancora gli zoccoli al disegno, fino a quasi sfiorarlo. Era a pochi millimetri dal suo contorno, quando un fiumiciattolo di sangue amaranto improvvisamente fuoriuscì copioso dalla fila di arpioni costeggianti il lato inferire del naso, scendendo incontrollati lungo la spalla e la schiena ricurva della giovane. Piccoli tagli, profondi e sottili, si aprirono come tagliati dall’aguzzo profilo, ferendo la carne e facendola sanguinare. Chopper alzò subito le mani in aria, afferrano veloce ago e filo medici per ricucire i tagli, mentre i labbri della ferita si aprivano sempre più al passaggio maggiore del sangue, che colava indefesso lungo la pelle bianca dalla navigatrice, macchiandola e facendola tremare per il dolore che essi provocavano con la loro corsa.
Veloce, la renna, infilò il piccolo ago medico nella pelle di Nami, iniziando a ricucire rapido i labbri sanguinolenti, ripercorrendo più e più volte il suo ricamo, in quanto sembrava troppo debole e inefficace per contenere la perdita di sangue.
-Accidenti...- imprecava, la piccola rena, conficcando nuovamente la punta dell’ago nella carne mutilata. Con due finali punti, richiuse l’ultimo taglio, fermando il deflusso. Aveva le zampe macchiate del sangue rosso e caldo di Nami, e la schiena della rossa ora era totalmente scarlatta. Sospirando, saltò giù dallo sgabello su cui aveva lavorato con ferocia facendolo traballare, avvicinandosi ad un armadietto con i medicinali. Estrasse dalle ante una piccola scatolina di antidolorifici, tornando davanti al viso di Nami. Si sforzo di sorridere, per darle coraggio e per aiutarla in quella nuova sfida. Tremante alzò lo sguardo sul suo viso, chino sulle ginocchia e nascosto dalla frangia ramata che le nascondeva lo sguardo. Non si era ancora rivestita e continuava a stringere tremante le mani attrono alla sponda del letto ortopedico.
-Questi dovrebbero aiutarti per il dolor… Nami?!?-
La vide tremare e, preoccupato, le andò ancor più vicino, fino a poterla vedere in viso. Aveva la bocca spalancata in un muto urlo di dolore, le gote e tutto il volto pallido e imperlato di sudore, gli occhi spalancati a fissare il vuoto, rapiti dall’intenso male in cui il tatuaggio e la sua vendetta rossa l’avevano racchiusa. L’unica espressine che si poteva leggerle in volto era quella di puro dolore allo stato grezzo, quello di cui si può morire crudelmente e senza poter opporre resistenza.
-Nami…- le prese le mani nelle sue il dottore –Nami, su… vedrai… troverò una cura…io…-
Ma le sue parole non la confortarono e l’unica risposta che gli fu concessa fu una piccola e lucida lacrima che scivolò lenta e silenziosa lungo lo zigomo della ragazza.
-Chopper…- sussurrò reprimendo i singhiozzi -… ti prego: aiutami…- 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Scusate, scusate, scusate!!! Si, lo so: 2 settimane di assenza, sono troppe, ma ho avuto problemi col computer e di “salute”. Sorry!!!!!!!
Questo capitolo è comunque e inevitabilmente dedicato solo e unicamente, come tutta la FF d’altronde, alla mia JJ: te quieto chica!!!!

Zomi

 

 
-MALEDETTO!!!-
Con ferocia e rabbia omicida, Zoro scagliò un potente pugno su di una colonna del piano cottura della cucina, facendola gemere indifesa contro le sue angherie.
Senza parole, Robin liberò l’intreccio delle sue braccia, ridonando la vista a tutti i suoi Nakama e facendo scomparire in un turbinio di petali rosa tutti le copie dei suoi bulbi cerulei, che avevano permesso la visione della visita di Nami alla ciurma, sostituendosi temporaneamente agli occhi dei vari membri. Angosciata e incredula, si addossò alla parete della stanza, alzando il viso al soffitto in legno. Con un sospiro, i pirati riaprirono gli occhi, puntandoli sul tavolo a cui sedevano in profondo silenzio.
L’unico che aveva avuto coraggio e rabbia per parlare era stato lo spadaccino, che, funesto e ringhiante, aveva cercato uno sfogo alla sua ira picchiando un ornamento della cucina.
-MALEDETTO BASTARDO!!!!- inveii ancora, scivolando lungo la parete della zona cottura e sedendosi sul pavimento con un tonfo. Ringhiando sommessamente, piegò le gambe al petto, accerchiandosi le ginocchia con le braccia e infossando il viso tra esse, nascondendo la mano rossastra per il colpo e gli occhi vogliosi di piangere.
-Cane maledetto di un Aarlong…- sussurrò ancora, chiudendosi in se.
-Ma… ma… cos’era?- balbettò tremante Brook, non capendo le imprecazioni del verde e le facce serie e contratte in una smorfia di rabbia del capitano, Sanji e Usop. I tre, seduti alla tavola, stringevano i pugni tremando, mantenendo gli occhi spalancati sulle assi chiare del ripiano. Incapace di star fermo, Sanji si alzò dalla sedia, posandosi al bancone dei fornelli, vicino a Zoro, accendendosi una sigaretta e mordendone con ferocia il filtro. Franky deglutì un conato di vomito a fatica, cercando di cancellarsi della mente l’immagine della spalla sanguinate e mutilata della sorella, ma non riuscendoci.
-Voi sapete…- mormorò Robin, sedendosi vicino a Rufy prima che le gambe le cedessero -… sapete cos’è quel simbolo… dove Nami se l’è fatto… quando… perché…-
Rufy alzò il viso su quello della mora, annuendo.
A parte lui, il cecchino, Zoro e Sanji, nessun altro della ciurma conosceva totalmente la storia della navigatrice. All’arrivo sull’arcipelago di Sabaody, dopo l’incontro con Hacchan, si erano limitati ad accennare che l’ex capitano dell’uomo polpo aveva ridotto in schiavitù Nami per molto tempo, non raccontando nient’altro per rispetto della Nakama.
Robin restò zitta, non chiedendo al pirata di raccontare, conscia che l’avrebbe fatto lui stesso di sua spontanea volontà non appena avesse ripreso pieno controllo su se stesso. Con un profondo sospiro e un deglutire amaro, Cappello di Paglia riportò lo sguardo sulla tavola, come se quello sfondo legnoso lo aiutasse a ricordare e rivivere ciò che più di due anni prima aveva dovuto affrontare per salvare la sua navigatrice.
Si schiarì la voce, stringendo ancora di più i pugni tesi sulla tavola.
-Nami… Nami non… Nami non ha mai avuto una famiglia sua…- iniziò tentennando -… i suoi genitori biologici sono morti durante una guerra, pochi giorni dopo la sua nascita e lei si è salvata dalla stessa fine grazie a Nojiko, sua sorella additiva, e Bellmere, sua madre adottiva anch’essa. Suonerà strano, ma era una Marine…-
Sorrise al ricordo del racconto che aveva sentito pronunciare da Nojiko a Coconat Village tanto tempo prima, mentre Sanji, con il fumo della sua sigaretta, disegnava figure femminili e agrumi nell’aria della stanza.
-… aveva partecipato alla guerra sull’isola natale di entrambe le ragazze, e una volta finita le aveva prese con se ritirandosi dall’esercito. Le aveva accolte a casa sua sull’isola di Coconat, allevandole come figlie proprie tra i suoi mandarini e non facendogli mancare mai niente, nonostante le loro difficoltà economiche… ma un giorno, quando Nami aveva 8 anni, sull’isola approdò Aarlong…-
Usop singhiozzò incrociando le braccia sul tavolo e nascondendo le sue lacrime, incapace ancora di ascoltare il resto della storia.
-Aarlong era un pirata e con la sua ciurma, i Pirati del Sushi, mise a ferro e fuoco la città dove Nami viveva, pretendendo una tassa esorbitante per ogni paesano che vi vivesse… Bellmere non aveva abbastanza soldi per pagare la tasse per lei e le sue due figlie, e nonostante Nojiko e Nami si fossero nascoste per non essere viste e quindi non dover pagare la tassa, su consiglio del medico del villaggio e di Genzo, l’uomo che le aveva fatto da padre, Bellmere non ha voluto negare la sua maternità verso di loro, ammettendo di non essere sola…-
Zoro, seduta a terra, ringhiò come un lupo rabbioso, incarognito dal ricordo e dalla rabbia che gli scorreva nelle vene.
-… Aarlong non aveva cuore, e uccise davanti agli occhi di Nami e di sua sorella la madre, sparandogli in fronte…-
Robin si portò una mano alla bocca, reprimendo un singhiozzo ma non una lacrima che le scese veloce dagli occhi. Franky spalancò la bocca senza fiato, mentre Brook strabuzzava gli occhi. Il cuoco, tremante, aspirò una grande boccata di fumo, sbuffandola poi nell’aria  a formare il candido e sorridente viso di Bellmere, che come si era formato si dissolse nel nulla in un attimo.
-Disperata, Nami quel giorno firmò un contratto con Aarlong in cui stabiliva di impegnarsi ad acquistare l’intera isola di Coconat da lui per una cifra pari a 100 Milioni di Berry, e per suggellare quel patto demoniaco il pirata la fece entrare nella sua ciurma, impregnandole nella carne e non più solo nell’anima il suo simbolo di schiavitù… quel tatuaggio, ora rosso, è stata la firma dell’accordo che per ben 10 anni Nami si è dovuta portare dietro in memoria del suo debito, impegnandosi a rubare e imbrogliare chiunque pur di salvare la sua gente…-
-Quando Sanji è entrato nella ciurma, lei è scappata via con la Going Merry verso Coconat Village, perché era riuscita ad accumulare tutti i soldi necessari…- ricordò ridacchiando Usop, rivedendosi davanti agli occhi la figura dell’esile caravella allontanarsi da loro guidata da Nami.
-… ma noi l’abbiamo seguita…- soffiò il cuoco, fissando la cenere della sua sigaretta arrossire e consumare la stecca -… e una volta raggiunta abbiamo cercato di convincerla di tornare con noi. Lei ha sempre rifiutato, fingendosi della stessa pasta di Aarlong, ma con in realtà l’obiettivo di tenerci fuor dai guai…-
-… pugnalandosi una mano per fingere la mia morte...- alzò il viso dal tavolo il cecchino.
-… buttandosi in mare per salvarmi e poi liberandomi dalle prigioni di Aarlong Park, rischiando di farsi scoprire…- mormorò Zoro, ancora seduto a terra.
-Una volta ottenuti i suoi soldi, Nami sperava di liberarsi per sempre del pirata, ma egli non ha voluto concederle la libertà, minacciandola che avrebbe ucciso tutti i suoi cari se non l’avesse seguito e reso ancor più ricco rubando ancora per lui… disperata, ha tentato di affrontarlo inutilmente e in un attimo di follia ha tentato di cancellare il suo patto squarciandosi il tatuaggio di dosso, pugnalandosi…-
Rufy prese un profondo respiro, abbassando il capo sulle sue mani tremanti. Robin, delicatamente, appoggiò la sua mano sulla spalla del capitano, cercando di aiutarlo nel sorreggere tutti quei ricordi.
-Ho sempre notato quelle strane cicatrici sulla sua spalla sinistra…- ammise sussurrando l’archeologa.
 Il moro abbozzò un sorriso, continuando a raccontare.
-Intanto Nojiko ci aveva detto tutto e insieme avevamo deciso di aiutarla… abbiamo sconfitto Aarlong e i suoi, liberandola… per giorni l’isola è stata in festa e non ho mai viso Nami sorridere e piangere di pura gioia come all’ora…-
-Ha deciso di farsi cancellare il tatuaggio dei Pirati del Sushi, sostituendolo con quello della girandola e del mandarino con cui l’abbiamo sempre vista…- spiegò Zoro, alzando lo sguardo verso il muro che aveva davanti e perdendovi in esso -… ma è rimasta comunque una leggera ombra di quel marchio di schiavitù in lei… è leggerissima, quasi non si vede, se non la si fissa abbastanza da notare quel contorno grigio e sottile appena sotto la pelle chiara della spalla…-
Il silenzio tornò nella stanza.
Tutti erano fermi e zitti, persi nei loro pensieri, a riordinare le idee, in ricerca di una spiegazione per la ricomparsa del tatuaggio cancellato, sperando di intravedere un esile e sensibile spiraglio di luce, in quella fitta e densa nebbia che ne avvolgeva l’origine e il motivo del suo ritorno.
Era passato tanto tempo da quando Nami aveva deciso di distruggerlo, e solo ora, dopo mille avventure e nuovi amici, esso ricompariva, senza alcun motivo apparente, e non con le sue tinte originali, ma con nuove e spaventosi sfaccettature, come a voler evidenziare la sua rinascita e incutendo le più terribile e remote paure che nessuno di loro aveva mai osato anche solo sognare di incontrare lungo la Rotta Maggiore.
-… grazie Chopper…-
Una voce leggera e debole si stava avvicinando, strisciando passi incerti e fragili lungo il corridoio. Zoro alzò lo sguardo dal muro velocemente, sentendo quel sussurro, ergendosi in piedi in un lampo e avvicinandosi al tavolo, fissando con il fiato sospeso e le mani tremanti l’avvicinarsi della renna dottore e della navigatrice.
Una chioma rossa fece capolino dalla soglia della porta e, reggendosi a una poderosa e muscolosa spalla del medico, nella sua forma semi-umana, Nami avanzò debolmente verso la cucina, tentando di non ansimare troppo e infossando il viso imbarazzato sui suoi passi, vergognosa della sua testardaggine e del suo immortale orgoglio che l’aveva, ancora una volta, cacciata in quel guaio, convincendola a zittire ogni fitta che aveva subito per quasi tre giorni alla spalla e reprimendo la debole possibilità pensata di chiedere aiuto alla famiglia.
Aiutandola con gentilezza e attenzione ai suoi movimenti, Chopper, la fece sedere alla tavola, in modo che riprendesse fiato dopo la breve camminata dall’infermeria a lì, che sembrava l’avesse distrutta. Posando leggero la zampetta sulla sua fronte, ne avvertì la temperatura in rapida ascesa, seguita da scosse di freddo che facevano tremare il corpo della giovane, che traballava sulla sedia, stringendosi nella sua esile e umida camicetta.
-Franky: prenderesti una coperta per Nami, per favore…?-
-Subito fratello…- si alzò da tavola il carpentiere, esaudendo la richiesta della renna.
La navigatrice sorrise appena, per le attenzioni messale a disposizione, mentre i suoi Nakama la accerchiavano guardandola preoccupati e apprensivi.
-Nami cara… hai fame? Vuoi che ti prepari qualcosa?- sussurrò Sanji, accarezzandole una mano pallida e fredda. Parlava sottovoce, pauroso che la sua solita voce baritonale e alta avrebbe potuto ferirla ulteriormente se fosse stata usata nella sua tonalità normale. La rossa, stringendosi nelle spalle, negò con un cenno del capo, ringraziando il cuoco con un debole sorriso. Manteneva ancora lo guardo basso, fissando i suoi piedi, senza osare alzarli.
-Ecco qui sorella…- posò la coperta sulle sue spalle Franky, facendola incurvare in avanti per il gesto un po’ troppo forte.
Con un ringhio e un’occhiata furente, Zoro e Sanji lo sgridarono in silenzio per quel suo gesto poco delicato vista la salute cagionevole della ragazza.
-Scusa…- si affrettò a dire il Boss, inginocchiandosi accanto alla sedia della rossa.
-T-tranquillo Franky…- abbozzò un sorriso Nami, stringendo nella mano destra la spalla dolorante, che aveva ripreso a sanguinare lievemente -… sono… sono io che devo scusarmi…-
Con un profondo sospiro, alzò lo sguardo nocciola su tutti i suoi compagni, rivelandolo opaco di lacrime trattenute a stento e implorante perdono.
-Ho sbagliato…- ammise, premendosi la coperta attorno alle spalle-… sono stata testarda e orgogliosa, mettendo davanti a tutti voi la mia cocciutaggine e stupidità, mettendovi in pericolo…-
-Ma che dici Nami?- le accarezzò una guancia Brook, cercando di rincuorarla.
-È la verità!!!- sbottò lei, scuotendo il capo –E se mi fossi sentita male durante un attacco della Marina? E se per il dolore non avessi valutato bene un uragano o proprio non l’avessi percepito? Ho messo in pericolo tutti voi, solo perché ho creduto di poter farcela per una volta da sola…-
Singhiozzò, trattenendo malamente le lacrime e mordendosi le labbra per non piangere.
-Sono stata una sciocca arrogante, che non ha saputo accettare i propri limiti, non chiedendo aiuto alla sua famiglia contro un qualcosa più grande di lei…- con un tonfo si inginocchiò a terra, gettando la coperta sullo schienale della sedia, posando le mani sul pavimento e prostrandosi ai suoi compagni -… scusate, scusate, scusate!!!! Non volevo mentirvi o tenervi allo oscuro di tutto, speravo solo di potervi proteggervi da questo nuovo casino che ho combinato, credendo di poterlo sconfiggere da sola. Vi prego: perdonatemi!!!-
Le prime lacrime scivolarono dai suoi occhi chiusi, cadendo silenziosamente sulle assi di legno del pavimento, nascoste dalle punte dei capelli rossi piegati in piccole onde di fuoco spento.
-Nami…- una mano grande e gentile le alzò il viso, asciugandolo con le punte delle dita -… non devi scusarti di niente!!!-
Rufy l’aiutò a rialzarsi e a sedersi nuovamente sulla sedia, mentre tutto il resto della ciurma appoggiava una mano sulla testa o sulla spalla sana di lei, in segno di affetto, sorridendole. Zoro, alle spalle del capitano, le accarezzava dolcemente il profilo bagnato del viso, spostandosi accanto a lei e ghignando mentre le prendeva nella mano libera una delle sue, pallida e fragile.
-È vero: hai la testa dura!!! Ma è anche per questo che ti ho scelto come mia navigatrice…-
La fece sorridere, mentre Robin le asciugava le lacrime con un leggero bacio.
-… e so che non hai voluto dirci niente per proteggerci e non per mentirci: ti conosco, Nami, sei una mia Nakama e so come sei. Ma sappi che ora ci siamo noi… abbiamo sconfitto Aarlong già una volta e questa non sarà da meno… vedrai: vinceremo…-
Nami annuì sorridente, lasciandosi abbracciare dal suo capitano e da altri suoi compagni.
-Grazie…- sussurrava, abbracciando Usop e lasciandosi baciare sulla guancia da Sanji, mentre Brook ridacchiava –Grazie…-
-Su forza… ora devi riposare…- allontanò tutti Chopper, prendendo la navigatrice per mano e aiutandola ad alzarsi -… hai perso parecchio sangue e devi recuperare le forze… intanto io e Robin faremo alcune ricerche…-
L’archeologa annuì sorridendo, seguendo il medico e la sua sorellina verso la zona notte. Il cuoco si mise subito ai fornelli per preparare qualche sua pietanza prelibata, utile per reintegrare le forze della sua Dea, mentre Franky e Usop uscirono dalla cucina verso il ponte a controllare la rotta. Rufy, Brook e Zoro continuarono a seguire con lo sguardo il cammino lento e incerto di Nami, sorretta da Robin e Chopper, studiandola attentamente.
La rossa ansimava con fatica, come se ogni passo le costasse uno sforzo immondo d’energia. Sudava gocce di febbre fredda, mentre tremava scuotendo le membra deboli e pallide del suo esile corpo. I suoi occhi erano tornati opachi di fatica e dolore e i capelli sembravano spenti della loro solita brace che li accendeva di vita, dirottata a forza altrove, ad alimentare un male che prendeva vigore attimo dopo attimo.
Il verde chiuse gli occhi soffiando con il naso, cerando di trattenersi dall’urlare per la rabbia. Vederla così debole e fragile lo faceva impazzire, e il sapere che ancora una volta la causa del suo dolore era Aarlong, gli faceva ribollire il sangue nelle vene per la rabbia e demoniaca voglia omicida di ammazzare quel lurido essere. Riaprì gli occhi sentendo Rufy avvicinarsi a lui.
-Tranquillo…- gli diede una pacca sulla schiena -… non la perderemo ancora. Non sarà sua di nuovo… questa volta siamo più forti… non è sola, e non ci sono solo io: questa volta ci sei anche tu a proteggerla…-
Zoro ghignò, voltandosi verso di lui e ricambiando il suo sguardo lottatore.
-Si…- posò una mano sulle sue katane e sorrise assieme al moro -… sta volta ci sono anch’io…-
  

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Era freddo.
Dannatamente freddo.
Sentiva le punte dei piedi ghiacciarsi, diventando insensibili e doloranti. Era come se lunghe lingue di ghiaccio la pugnalassero sulle piante dei piedi, spingendosi con forza sotto la pelle ed entrando con irruenza tra muscoli e tendini, masticando da dentro le sue membra in ricerca frenetica del sangue racchiuso nelle vene calde e pulsanti di vita nascoste in lei.
Gemendo e muovendo dolorosamente i piedi Nami aprì gli occhi, risvegliandosi dal sonno in cui era caduta pochi istanti dopo che Chopper e Robin l’avevano accompagnata nella sua cabina. Sbattendo le palpebre sorpresa, si accorse di non essere nel suo caldo letto. Non era nemmeno più nella sua cabina, men che meno sulla Sunny.
Si guardò attorno, osservando incredula la distesa innevata e silenziosa che la circondava. Una fitta e densa neve si ammassava tutto intorno a lei, imbiancando tutto ciò che la circondava, avvolgendolo in un freddo e bianco abbraccio.
Stupita, si alzò da terra dove era stesa, guardandosi attorno.
Non c’era niente.
Nessun altro essere umano, nessun albero o punto di riferimento.
Niente di niente.
Solo neve e freddo.
-È impossibile…- mormorò, stringendosi nelle spalle e abbracciandosi per il gelo -… il tratto di mare in cui navighiamo ha un clima estivo… questa mattina c’erano 30° gradi sul ponte… è impossibile che abbia nevicato…-
Massaggiandosi le braccia tentò di scaldarsi, continuando a studiare la neve che la circondava, in ricerca di un qualsiasi elemento per orientarsi e tornare dai suoi compagni. Mosse alcuni passi incerti in avanti, con la speranza anche che il movimento la riscaldasse, iniziando a camminare sulla morbida ma glaciale neve. Era scalza, e ciò le faceva percepire ancor di più la temperatura glaciale della neve, arrossandole i piedi e rendendoglieli paonazzi. Avanzò con delicatezza, spostando in continuazione lo sguardo attorno a lei sconcertata da tutto quel manto nevoso, quando si accorse di aver calpestato qualcosa di appiccicoso e caldo. Abbassò gli occhi sui suoi piedi, ritrovandosi sopra una stradina non troppo larga ma inspiegabilmente calda e bagnata.
Strabuzzò gli occhi, la navigatrice, osservando quella viuzza apparsa dal niente, sicura che non vi fosse, quando si era svegliata. D’altro canto, sarebbe stato impossibile non notarla in mezzo a tutto quel bianco glaciale.
La stradina infatti era di un rosso rubino brillante, che ardeva caldo e accogliente nel bel mezzo della neve, anche se ne era comunque bagnato da essa per vendetta. Ancor più sorpresa e incredula di ciò che aveva di fronte, Nami decise di proseguire il cammino seguendo quella lingua rossa, sperando che la conducesse dai suoi Nakama.
Continuava a sentire freddo, mentre camminava, e lo sfregarsi le mani attorno alle braccia e al busto era quasi del tutto inutile per il gelo che c’era in quel luogo. Per di più lei indossava solo un semplice paio di short in jeans e una maglia bianca dalle spalline larghe, sostituita alla precedente insanguinata camicia nera e scelta per la sua praticità nel poter abbassare le spalline con facilità per permettere così a Chopper di visitarle meglio la spalla malata.
Nami spalancò gli occhi.
La spalla.
La spalla non le faceva male, anzi sembrava che il freddo le giovasse, tamponando il dolore. Con gesto delicato, abbassò di poco la spallina della maglia sulla scapola sinistra per controllare che il tatuaggio non avesse ripreso a sanguinare. Incurvò il viso, in modo da poter veder meglio, e raccogliendo la chioma ribelle sulla spalla sana. Cercò con lo sguardo l’ematoma e il simbolo ramato, non trovandone traccia. Era come scomparso, assorbito nel nulla come era apparso tre giorni prima, non lasciando nessun segno del suo passaggio e riconcedendo alla pelle il suo solito colorito roseo.
-Ma che sta…- sussurrò con un filo di voce, prima che la neve sotto i suoi piedi iniziasse a vorticare velocemente. Con un esile grido di sorpresa, Nami perse l’equilibrio per il muoversi della strada che stava percorrendo, ritrovandosi a ginocchioni su di essa, posata con le mani e le gambe tra la neve rossa. Tutto in torno a lei girava su se stesso, incurvando e ravvicinando la stradina, che iniziava a stringersi su se stessa e a formare un vortice. No, non era il paesaggio che si stava muovendo, era la via stessa che aveva preso vita e che ora andava a disegnare un nuovo schema. Lottando contro il vorticare, Nami tentò di alzarsi in piedi, ma continuava a scivolare sulla neve rossastra, improvvisamente più viscida e untuosa. Con slancio, si resse sulle proprie gambe impiastricciate di rosso, reggendosi in piedi e ansimando per lo sforzo, mentre pian piano la strada scarlatta si fermava, permettendole di riprendere fiato e di pensare.
Non ci capiva più niente. Ma che stava succedendo?
Dov’era? Che posto assurdo era quello? E che cavolo ci faceva lei lì?
Ansimante, liberava piccole nuvolette grigie nell’aria, riflettendo e guardandosi attorno. Sovra pensiero si passò una mano tra i capelli, tirandoseli all’indietro, e asciugandosi alcune piccole gocce di sudore di panico che correvano giù dalle sue tempie.
Con disgusto, staccò schifata il palmo della mano dal viso, sentendola vischiosa e bagnata. La fissò un attimo, spalancando gli occhi sul palmo aperto e tremante, tinto di sangue. Di scatto alzò anche l’altra mano, studiando allo stesso tempo il gocciolare lento e continuo del liquido vitale appiccicato sulle sue gambe e sulla maglia, che colava a terra sul selciato rosso. Sangue caldo e denso la ungeva sulle braccia e sulle gambe, imbrattandole i fianchi e là dove si era posata a terra, quando era caduta. Strozzò in gola un acuto gemito di ribrezzo e con ferocia iniziò a ripulirsi le mani sfregandole sulla maglia. Ma sembrava tutto in utile. Più strofinava i palmi sulla stoffa bianca, più quella si macchiava di rosso e le mani non sembravano abbandonare quel rossore brillante e umido che le imbrattava.
Deglutendo un nodo di paura in gola, Nami tentò ancora i lavarsi le mani, raccogliendo da terra un po’ di neve e sfregandola tra i palmi, ma riuscì solamente a imbrattarsi ancora di più.
-Che succede? Che succede?- ripeteva incredula. Ansimante di paura, si guardò attorno, in cerca di aiuto, puntando lo sguardo sulla strada su cui era ferma. Essa, nel suo vorticare, si era raggomitolata su se stessa, quasi a formare una spirale che si chiudeva in essa. Girando sul posto, la rossa, la guardò a pieno, sgranando gli occhi man a mano che ne riconosceva i contorni e il profilo del disegno che formava.
In mezzo alla neve, tinta di sangue fresco e ancora caldo, si allargava ghignante il tatuaggio dei Pirati del Sushi, e lei, sporca dello stesso sangue che lo disegnava, vi era ferma al centro, immobile per il terrore.
Tremava non capendo che stesse accadendo, e il fiato infreddolito con l’aria gelida del luogo era alternato a piccoli singhiozzi che l’assalivano facendole tremare lo sterno. Continuava a girare su se stessa incapace di star ferma e di credere ai propri occhi nocciola, fissi sul macabro simbolo della sua infanzia.
-Nami…-
Sussultò al suono del suo nome, voltandosi di scatto verso la fonte del suono.
A pochi metri davanti a lei, avanzava prendendo forma da una bianca nebbia, una figura femminile, esile e slanciata.
-Nami…-
Un’altra figura, maschile sta volta, robusta e anch’essa alta, si aggiunse alla prima, avanzando verso di lei.
-Chi-chi siete?- domandò con un filo di voce gelato Nami, indietreggiando di qualche passo. Inciampò in qualcosa e si ritrovò seduta a terra, immersa di nuovo nel sangue cremisi come pochi istanti prima.
Alcuni schizzi si alzarono per la sua caduta, rimbalzando in aria per poi ricaderle attorno o su di essa. Dolorante, Nami si guardò attorno, in cerca dell’oggetto contro cui aveva urtato, e rabbrividì di terrore, vedendo un’esile e rossa mano immergersi nel brodo vermiglio del disegno da cui era emersa per afferrarla.
Non ebbe il fiato per urlare, perché subito un’altra mano le si aggrappò al polso, affiorando dal profilo del tatuaggio in cui lei stessa era a galla, e strattonandola in modo da farla cadere in avanti.
Il suo viso si ritrovò a pochi centimetri di distanza dal pelo dell’acqua vermiglia, e, strabuzzando gli occhi e sentendosi le corde vocali ghiacciate nella gola, Nami riconobbe chi l’aveva afferrata.
Proprio lì, al di sotto del livello cremisi del sangue, Nojiko, Genzo, Rufy, Usop e Sanji, la guardavano con occhi vacui e vuoti, bianchi come la neve che raggelava il paesaggio, alzando le braccia verso di lei nel tentativo di prenderla e trascinarla negli abissi in cui loro stessi stavano affogando.
-No… No… NO!!!!!- si divincolava lei, cercando di alzarsi in piedi e allontanarsi dalle loro mani unte di sangue, che emergevano dal profilo del disegno, muovendosi nell’aria per afferrarla.
-NO!!!!- colpì con uno schiaffo la mano della sorella, aggrappata saldamente al suo bordo della sua maglia, e mordendo con ferocia quella del suo capitano che la strattonava per il gomito. Rantolante di paura e tremante di freddo, si alzò di scatto da loro, allontanandosi e muovendo alcuni passi incerti fuori dal tatuaggio, buttandosi sulla neve bianca e gelida.
Con i capelli sconvolti e caduti sul viso, ansimava con le lacrime agli occhi, volgendo paurosamente lo sguardo sulla testa di pesce insanguinata. La vide ferma e piatta, immobile, senza alcun segno di vita ne sotto la sua superficie ne sopra, come se le sue persone care non avessero nemmeno tentato di seguirla al di fuori del sangue che li aveva uccisi.
-Nami…-
Sussultando di terrore, Nami alzò gli occhi davanti a lei, ritrovandosi a pochi metri di distanza, le due figure che prima l’avevano chiamata e che ora la guardavano in silenzio. Deglutendo, si rialzò da terra ricambiando lo sguardo con profonda felicità e amore, ritrovando per in attimo un po’ di coraggio e serenità.
-Bellmere… Zoro…- sorrise ansimando, muovendo un passo verso di loro. Era salva. Se lì con lei c’erano la sua mamma e il suo spadaccino, allora il peggio era passato, e tutto presto sarebbe tornato alla normalità.
-Siete qui… ho avuto tanta paura…- sorrise sollevata, camminando ancora. Con fatica e semi congelata, guardava i suoi salvatori. Sua madre era bella proprio come se la ricordava, con i suoi grandi occhi nocciola aperti e solari, la folta cresta rossa raccolta in una coda di cavallo e con i lati del capo rasati, indosso la sua camicia a quadrettoni e i suoi jeans sgualciti. Zoro invece era sempre il solito buzzurro di sempre, con quel suo unico occhio aperto che studiava ogni particolare che lo circondava e la zazzera verde mossa da una leggera brezza fredda. Indossava solo i suoi pantaloni neri, restando a braccia conserte sopra il torace nudo.
-Zoro…- rise Nami, pronta a stuzzicarlo per il suo abbigliamento poco consono alla neve -… ma che fai…? Non hai fredd…-
Bloccò la sua frase a metà, zittendosi all’assenza totale dei sorrisi di sua madre, così belli e luminosi, che sempre l’avevano accolta durante la sua infanzia, e del ghigno strafottente e ironico del samurai, sempre sfoggiato in ogni occasione. Fermò la sua camminata verso di loro, e li osservò con attenzione.
Oltre al suo nome, non avevano pronunciato altra parola, restandosene fermi e immobili a fissarla, con uno sguardo per niente amichevole ma anzi, ostile e iracondo.
-Zo-zoro… Bellmere… che succede?- chiese, preoccupata.
-Mi hai ucciso…- sussurrò Bellmere, fissando negli occhi la navigatrice.
-Ma-mamma che stai dicendo…?!?-
-È colpa tua se Aarlong mi ha ucciso…- continuò la ex marine.
-Mamma…- singhiozzò Nami, tremando e allungando una mano verso di lei.
-Se non ti avessi presa con me sarei ancora viva… avrei potuto avere una famiglia tutta mia e non una figlia ladra e bugiarda come te… è tutta colpa tua…-
-Ma-mamma… mi dispiace io…- balbettò la ragazza, che sempre aveva pensato di essere stata la causa principale della morte della madre -… io non avrei mai voluto… io…-
-E mentre la tua gente, tua sorella e tuo padre subivano le angherie di quell’uomo pesce, tu, tu dov’eri? A divertirti per il mondo eh? A fare shopping senza alcun rimorso verso i tuoi cari? A giocare alla “Gatta Ladra” eh?- la rimproverò ancora.
-No… mamma, io ho provato a salvarli il più in fretta possibile ma non che l’ho fatta… ho impiegato 10 anni, lo so sono tanti, ma io ce l’ho messa tutta… mamma credimi… ho speso 10 anni della mia vita a liberare la mia gente, ma alla fine ce l’ho fatta… - iniziò a piangere Nami, stringendosi nelle spalle, improvvisamente scossa da brividi di freddo ancora più forti per l’inatteso vento che si era alzato in quei pochi minuti.
-Tu non hai liberato la tua gente!!!!- si intromise ringhiando Zoro.
Nami strabuzzò gli occhi e lo guardò incredula.
-È stato Rufy a liberare l’isola di Coco… tu non hai fatto niente… io e gli altri ci siamo battuti per tua sorella, Genzo e gli altri… tu non hai fatto niente…-
Nami crollò a terra sconvolta, tremante di pianto per quelle parole. Si, lo sapeva di non essere di gran aiuto nella battaglia contro Aarlong, e una sua più grande paura era proprio quelle che qualcuno glielo rinfacciasse. Ma che fosse Zoro a farlo, la stava letteralmente uccidendo.
-Zoro…- singhiozzò -…io…-
-Tu sei inutile…- latrò a braccia conserte il verde, fissandola disgustato -… guarda cosa mi hai fatto, rubando la Going Merry a me e agli altri nel momento del bisogno…-
Con rabbia, si indicò il torace segnato dall’indelebile e quasi mortale cicatrice che Mihawk gli aveva aperto al loro primo incontro. Essa sanguinava come se fosse stata appena tracciata e tutto il busto dello spadaccino si tingeva di quel rosso cremisi di cui Nami si era unta fino a quel momento.
-Zoro!!!- gridò lei, cercando di avvicinarsi a lui per curarlo, ma il ringhio che il verde liberò la fece ricadere a terra spaventata dalla sua ferocia e ira.
-È colpa tua…- sbottò iracondo -… stavo per morire per causa tua… per colpa tua ho rischiato di dover rinunciare al mio sogno di gloria e onore e invece… e invece per tutta la vita dovrò portarmi addosso questo lurido simbolo di sconfitta e disonore…-
Nami ormai non riusciva più a trattenere le lacrime, e con un rantolo disperato si inginocchiò a terra piangendo disperata.
-Mi dispiace… mi dispiace davvero…- singhiozzava buttata a terra -… non volevo ucciderti mamma… non volevo… e mai, mai, potrei voler farti del male Zoro… MAI!!!... tu sei tutto per me!!!!... sei la persona più importante della mia vita… io ti amo, te lo giuro… ti amo…-
Ma le sue lacrime e le sue scuse sincere non raddolcirono i cuori furiosi dei suoi cari, che storsero la loro espressione seria in una smorfia di disgusto e disprezzo verso la navigatrice.
-Mi hai ucciso…- sibilò Bellmere.
-Hai segnato il mio destino, ungendolo di vergogna e infamia…- ringhiò Zoro.
-Ti sei macchiata del nostro sangue…- urlarono all’unisono -… e meriti solo la morte per questo…-
-Mi dispiace… mi dispiace…- mormorava tra le lacrime la rossa, infossando il viso nella neve e stringendola nei palmi insanguinati -… mi dispiace…-
-Sei una bugiarda…- le diede le spalle sua madre.
-Una sporca ladra…- sputò a terra lo spadaccino prima di andarsene.
-Meriti solo la morte…- si eclissarono nella nebbia e nel vento.
-E io sono qui proprio per darti ciò che meriti…- sghignazzò una voce rude e grossolana alle sue spalle.
Viola di terrore, Nami si voltò lentamente verso una sagoma che prendeva forma dietro le sue spalle, emergendo fibra dopo fibra, dal sangue che tracciava il tatuaggio nella neve, plasmando un essere alto e immenso rosso. Ridacchiante, esso mosse alcuni passi verso di lei, prendendo colore e delineando meglio il suo profilo, seguendo alla perfezione l’affilato profilo del suo naso a sega, lisciando i lunghi capelli neri sulla nuca, arricciando il cappello invernale sul capo e illuminando gli occhietti scuri e affamati di sangue che la fissavano con l’acquolina in bocca, mentre grosse e rumorose gocce di sangue cadevano dalle sue mani sulla neve, imbrattandola e tracciandone il suo avanzare.
Dettagli inutili dato che Nami l’aveva già riconosciuto dal solo timbro di voce: Aarlong.
-Ciao, bambolina… ti sono mancato?- ghignò l’uomo pesce, vedendola gattonare all’indietro spaventata come ai tempi in cui era una bambina e lui si divertiva a torturarla nei modi più svariati.
-No… no…- singhiozzava la rossa, testarda a non voler credere alla presenza di quel mostro -… no ti prego no…-
-Su, su, su…- latrò il pirata -… finiamola in fretta… in fondo te lo meriti no? Ti sei macchiata le mani del sangue di tua madre, di tuo padre, di tua sorella…- ad ogni famigliare pronunciato, distendeva un dito palmato della sua mano, indicandolo con l’altro arto libero, e sghignazzando divertito -… del tuo capitano, del cuoco, del cecchino, dell’uomo che dici di amare… no, no, bambolina, sei stata tanto, tanto cattiva…-
Alzò lo sguardo su di lei, ghignando e, con sospeso in aria un pugno, ridacchiò: -È ora di bilanciare i conti!!!!-
Con puro divertimento omicida e sadico, scagliò il suo colpo sulla neve, mancando di poco la testa della rossa, che si alzò di scatto da terra, scappando lontano da lui.
-Dove scappi?!? È tutto inutile!!!- rise quello, correndole dietro. In un lampo l’agguantò, prendendola per la spalla sinistra e buttandola a terra. Si mise cavalcioni su di lei, bloccandola contro la neve e posandosi sulla sua schiena. Nami gridava, urlava e piangeva, divincolandosi disperatamente, ma era tutto inefficace contro la forza bruta e crudele di Aarlong. Quello la teneva ferma con una mano, premendola a terra per il collo, mentre con l’altra aveva tagliato la pelle all’altezza della spalla, facendola sanguinare copiosamente e immergendo completamente le sue luride e palmate dita all’interno dei due labbri, strappando ogni fibra muscolare che toccava e aprendo maggiormente il taglio.
-NO, NO, NO… AIUTO!!!! BASTA!!!! AAAAAHHHHHH!!!! BASTA AARLONG!!!! BASTA!!!! AAAAAHHHHHH!!!!!-
A ogni grido di dolore, l’uomo pesce infossava sempre di più la mano nel suo corpo, sghignazzando e giocando con le sue interiora. Nami piangeva, piangeva lacrime di dolore e paura viva. Desiderò di morire, subito anche in quell’orrendo e atroce modo, purché tutto quel dolore finisse e avere finalmente un po’ di pace.
-AAAAAHHHHH!!!!! BASTA!!!! BASTA!!!! TI PREGO!!!! AIUTO… ZOROOOOO!!!! AIUTO!!!!! AIUTO!!!!!!!!! ZOROOOOOO…-
 
 
-… BASTA!!!!!!!! BASTA!!!!!!!! AARLONG TI PREGO, BASTA!!! AIUTO!!!!! AIUTO!!!!-
Robin tentava di tener ferma Nami, spingendole il corpo contro il materasso grondante di sangue della sua cabina. Già una decina di mani la trattenevano contro i lenzuolo umido, ma erano ancora insufficienti contro i movimenti bruschi e indemoniati della ragazza, rapita nel suo incubo.
-CHOPPER!!!!- gridò, sudando in evidente difficoltà la mora.
-Ci sto provando, ci sto provando!!!!- mugugnava lui, con il tappo della siringa in bocca e brandendo in aria lo strumento carico di morfina per calmare la navigatrice, ma essa si agitava troppo non permettendogli di trovare una vena libera per iniettare il calmante.
-AAAAAHHHHH!!!!- piangeva ancora la rossa, mentre un flusso infrenabile di sangue usciva dalla sua spalla, macchiando il lenzuolo e i suoi vestiti.
-Che succede?!?- arrivarono di corsa tutti gli altri membri della ciurma, svegliati nel cuore della notte dalle grida della compagna.
-NAMI!!!- si sgolò Zoro, trattenuto a stento fuori dalla stanza da Rufy e Franky, per lasciare spazio e luce ai due Nakama che provavano a fermare la navigatrice.
-Che è successo?!?- scuotè per il colletto Brook Sanji.
-Ha un incubo…- sibilò Robin, spingendo Nami per le costole contro il materasso e facendole incurvare la schiena in un modo per niente naturale -… un terribile incubo. Ha dormito bene per tutto il giorno, fino a dieci minuti fa… poi ha iniziato ad urlare e sgolarsi per il male…-
Deglutendo in assenza d’aria, Zoro indietreggiò di qualche paso, fino ad addossarsi alla parete del corridoio e ansimare senza fiato.
-Nami… Nami…- sussurrava, piegandosi su se stesso e cercando di prendere respiri profondi e regolari per calmarsi. Le grida della ragazza gli rimbombavano nel cranio, saltando da parte a parte e vorticando dolorosamente.
-AAAAHHHH!!!! BASTA!!! AARLONG!!!!-
-Nami…- soffiò ancora, ringhiando per la presenza in quell’inferno che stava sognando dell’uomo pesce. Non la lasciava in pace nemmeno quando riposava, tormentandola e facendola morire di paura.
-AIUTO!!!!! AIUTO!!!! AIUTO…!!!-
Chiedeva aiuto, ma come, come poteva aiutarla?
Si sentiva disarmato e debole, incapace di difenderla dal suo tormento, inutile e perduto senza la sua solita risata squillante e solare a rallegrarlo, ma solo le sue urla e i suoi gemiti di dolore. Che fare? Che fare? Che fare?
-AAAAHHH… AIUTO… ZORO!!!!-
Come una saetta, lo spadaccino al richiamo si catapultò nella stanza, facendosi largo tra Rufy e Franky davanti la porta, urtandoli con forza e correndo al letto di Nami.
Con foga, le presa una mano e inginocchiatosi a terra, gliela strinse con forza, puntando il suo sguardo sul suo viso pallido e sui suoi occhi vuoti e totalmente bianchi.
-Sono qui, Nami!!!- quasi urlò per rassicurarla –Sono qui e non mi muovo senza di te!!! Non sei sola mocciosa, questa volta ci sono anch’io. Aarlong stavolta lo sconfiggeremo assieme…-
Le sue parole sembravano tranquillizzarla e finalmente, mentre Robin bloccava il braccio sinistro, opposto a quello a cui lo spadaccino si reggeva a lei, Chopper riuscì a iniettare nel corpo della ragazza la morfina, infilando sotto la pelle tesa e pallida l’esile ago, che liberò veloce la sostanza che si disperse rapida tra il poco sangue rimasto in lei.
-Zo-zoro…- riuscì ancora a mormorare, sorridendo prima di svenire -… sc-scusami…-
Chiuse gli occhi, sfinita per l’incubo e per l’abbondante emorragia alla spalla, emettendo un piccolo rantolo di dolore e abbandonando la testa verso lo spadaccino.
Un’ultima piccola lacrima lucente scivolò lungo il suo zigomo, cadendo con un tonfo che squarciò quasi il silenzio che si era formato nella cabina, mentre cadeva a terra.
-Bravissimo Zoro…- lo spostò il medico, facendosi spazio attorno al letto e iniziando a medicare la navigatrice -… sei stato essenziale, ma ora permettici di cambiarla e curarla per bene… aspettateci in cucina: dopo devo dirvi delle novità…-
Il verde si alzò da terra, la bocca spalancata in un respiro assente e la testa scollegata dal corpo. Camminando incerto, si diresse verso i compagni, anch’essi atoni per l’accaduto. Sanji fumava preoccupato, Franky singhiozzava in un angolo con Usop, Brook sbatteva la testa contro la parete in legno.
-Rufy…- riuscì a sussurrare Zoro, avviandosi nel corridoio. Cappello di Paglia gli andò accanto e lo osservò preoccupato, studiando il suo viso pallido e lo sguardo perso.
-Zoro…?!?-
-Aiutami…- ansimò lo spadaccino, puntando lo sguardo sulle sue mani alzate a livello dell’addome -… aiutami a raggiungere il bagno…-
-Ma Zoro che…- ma gli bastò guardare i suoi palmi aperti e tremanti per capire.
-Ti prego Rufy… aiutami a togliermi il suo sangue dalle mani…-
Lo spadaccino infatti aveva entrambi i palmi macchiati del sangue della navigatrice, unti nel tenere la mano tremante e pallida di lei.
Con la voce spezzata e l’occhio lucido di disperazione, il verde alzò il capo dalle mani insanguinate al viso del moro.
-Aiutami a salvarla…-
 
 


ANGOLO DELL’AUTORE:
Spero di essermi guadagnata il vostro perdono per la mia assenza con questi capitoli. Del prossimo posso dirvi soltanto che finalmente tutto prenderà forma… CIAO XD

 

Zomi 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Strofinava con forza le mani sotto il getto d’acqua, tentando di lavarle.
-L’hai trovato?- quasi urlò a Rufy, grugnendo e imprecando.
Il moro, immerso tra le ante dell’armadietto del bagno, cercava, rovistando con gran lena e gettando dietro di se tutto ciò che trovava,  una saponetta.
-No…- rispose continuando la sua ricerca e buttando nell’aria alcuni asciugamani.
-Cerca ancora…- ansimò Zoro, grattandosi via dai palmi con le unghie il rosso scarlatto del sangue di Nami.
-Ehi, Zoro, Rufy!!! Siete qui?- sporgendo il collo nel piccolo bagno, Usop li chiamò.
-Ah… siete qui… vi scappava la pipì?- domandò, piegandosi di lato per evitare il lancio di un rasoio da parte del capitano, che continuava la sua ricerca.
-TACI NASONE!!!- gridò furioso lo spadaccino, aprendo al massimo il getto del rubinetto e sfregando ancor di più le mani nell’acqua.
-Ma che…-
-Sta tentando di lavarsi via il sangue di Nami, ma manca la saponetta… la sto cercando, ma per ora ho trovato solo queste caramelle giganti colorate…- spiegò Rufy, mostrando al cecchino una saponetta viola circondata ancora dal cellofan.
-IDIOTA!!! QUELLA NON E’ UNA CARMELLA GIGANTE!!! È UNA SPAPONETTA!!!- lo sgridò il moro, strappandogli di mano il pezzo di sapone e offrendolo a Zoro, del tutto sordo alle loro grida, concentrato nello sfregarsi a forza le mani e digrignando i denti per la rabbia.
-E che ne sapevo io…- si scusò Rufy, avvicinandosi al lavandino e osservando il verde insaponarsi rabbioso i palmi delle mani, riempiendo il lavabo di schiuma.
Zoro respirava appena, totalmente perso in quel rosso vivo e maledetto che gli ungeva le dita. Era il sangue di Nami, della sua mocciosa, quello che testardamente non voleva abbandonarlo, come a dimostrargli che anche quella volta avrebbe vinto lui, sconfiggendolo con facilità e piegando la debole e fragile vita della ragazza.
-No…- quasi urlò il samurai, graffiandosi le mani, disperato e incredulo di tutto quello che stava accadendo -… no…-
Una mano leggera e bianca, spostò la lancia del rubinetto dall’acqua fredda a quella calda, cambiando la temperatura del getto, che magicamente iniziò a formare una piccola scia di vapore nell’aria, appannando lo specchio del bagno.
L’acqua ora scorreva più lenta, ma riusciva a lavar via velocemente le macchie vermiglie dalla pelle bronzea dello spadaccino, e riversare quel macabro colore giù nello scarico, facendolo scomparire nel buio di esso.
Con un profondo sospiro, Zoro alzò il viso dalle sue mani verso il corpo addossato alla parte alla sua sinistra di Sanji, arrivato anche lui nel bagno in ricerca dei suoi compagni.
Calmo, liberò nell’aria della stanza una leggera e grigia nuvoletta di fumo, abbandonando il capo biondo al muro.
-Il sangue si lava con l’acqua calda… quella fredda non serve a niente…- aspirò altro tabacco.
-G-grazie…- sussurrò lo spadaccino, chiudendo il rubinetto e asciugandosi le mani fradice.
Con un tonfo si sedette a gambe incrociate sul pavimento, ai piedi del lavandino, battendo la testa rumorosamente contro la ceramica del mobile. Si fissò le mani respirando debolmente, cercando di rilassarsi con calma e di far scemare i battiti impazziti del suo cuore.
Il sangue non c’era più, ma gi sembrava che la sua pelle puzzasse ancora di quel liquido scarlatto, segno di morte, in quel momento, e di disperazione.
Perché? Perché proprio alla sua mocciosa, doveva capitare tutto ciò?
Non aveva già sofferto abbastanza nella sua breve vita?
Quanto ancora doveva piangere e urlare di dolore, prima di poter essere felice?
Le mani iniziarono a tremargli, e i denti a scricchiolargli in bocca.
No, non l’avrebbe permesso. Più nessuna lacrima avrebbe graffiato e inumidito il bel volto della sua mocciosa. Nessun pianto avrebbe più fatto sussultare il suo prosperoso petto e più nessun incubo l’avrebbe tormentata nei suoi sonni.
Ma come poteva, lui che riusciva a spezzare l’acciaio con la sola forza delle sue mani, sconfiggere un nemico incorporeo e che non poteva sconfiggere con l’uso delle sue katane?
Come poteva affondare la lama della sua spada nel corpo di quel nemico, se la stessa figura che martoriava Nami era dentro ella stessa?
Tremava incapace di riprendersi, sconfitto ancor prima di scendere in battaglia.
-Forza Marimo…- posò la mano libera dalla sigaretta sulla sua spalla, Sanji -… non disperare…-
-Si, non abbiamo ancora perso…- gli sorrise Usop, facendogli l’occhiolino e usando tutte le sue forze per non piangere.
-Devi avere speranza…- gi si inginocchiò vicino Rufy, guardandolo dritto negli occhi.
-Speranza?- ghignò Zoro, abbassando lo sguardo sulle sue gambe incrociate a terra –Speranza in cosa? Che non soffra troppo quando morirà? Il che potrebbe accadere, quando? Adesso, tra mezz’ora, domani? L’unica cosa certa è che soffrirà in modo atroce fino ad all’ora, perdendo il suo sangue senza possibilità di fermarlo, gridando di dolore e piangendo disperata… senza che nessuno di noi possa aiutarla… senza che io possa proteggerla come dovrei fare…-
Smise di parlare, emettendo un breve rantolo di dolore e tristezza, coprendosi il viso con le mani.
-Ti ammiro molto, testa di verza…- ghignò Sanji, schiacciando con la punta del tacco della sua scarpa il mozzicone di sigaretta rossiccio.
Zoro alzò il viso sul compagno, non capendo che stesse dicendo.
-La ami così tanto che il suo dolore è anche il tuo…-
A quelle parole, lo spadaccino si alzò di scatto da terra, ergendosi nel suo grande fisico.
-Ma… ma... che cavolo stai dicendo…?- balbettò arrossendo.
Rufy gli diede una leggera pacca sulla spalla, facendolo voltare verso di lui.
-È logico Zoro: l’ami, e stai letteralmente impazzendo per ciò che sta sopportando…-
Il verde lo vide sorridere solare, con alle sue spalle Usop che annuiva sorridente, mentre il cuoco si accendeva un’altra sigaretta.
Zoro spalancò la bocca incredulo.
La amava? Lui amava la sua mocciosa?
Possibile che fosse successo davvero?
Si era innamorato di Nami? Lui, che non sapeva nemmeno come si facesse ad innamorarsi, vi era riuscito sena nemmeno accorgersene?
Si, certo, le voleva un bene dell’anima, era la persona a cui più di tutte, in quella sgangherata e pazza famiglia, si era affezionato di più, imparando ad adorare ogni sua sfaccettatura e dettaglio, perdonandogli ogni più piccola e grande bugia, appezzando anche i suoi difetti e legandosi a lei con quel loro strano rapporto di litigate e riappacificazioni silenziosi.
Era l’unica con cui si capiva al volo. Bastava uno sguardo e si leggevano nel pensiero. Non importava quante differenze li distanziassero, le loro anime e i loro cuori erano uguali.
Sorridendo lievemente, si passò una mano tra i capelli, asciugandosi piccole gocce di sudore freddo che lo fecero rabbrividire piacevolmente di stupore.
Accidenti!!! Era vero!!!
L’amava, l’amava così tanto da non rendersene nemmeno conto. Annuì leggermente verso i compagni, che sorrisero compiaciuti di aver, almeno per una volta, vinto lo smisurato orgoglio dello spadaccino.
-Tranquillo Zoro: la salveremo… ma per riuscirci ci serve il tuo aiuto… devi combattere e avere la forza necessaria per contrastare tutto questo sia per te che anche per lei, aiutandola a lottare e standole sempre accanto…- lo animò Rufy -…devi essere forte per entrambi, lottando per il vostro amore…-
Zoro arrossì, sentendo definire quel piccolo sentimento che gli batteva nello stomaco suo e di Nami. Annuì con forza e ghignò pronto a combattere.
-Bene…- sorrise Usop, mentre Sanji si portava la pagliuzza alle labbra -…ora andiamo nella sala comune… Chopper ha delle novità…-
I 4 si diressero nella sala, rumorosa del vociale dei loro altri Nakama.
Erano tutti accomodati sui morbidi e confortevoli divani che ornavano la stanza, ma sembrava che stessero seduti su un tappeto di chiodi, dato che si sporgevano dal bordo dei sofà con nervosismo e tensione, verso quello occupato dalla navigatrice, ascoltando e sussultando per ogni suo respiro.
Non appena misero piede nella stanza, il piccolo dottore si illuminò.
-Oh bene, eccoti…- sorrise a Zoro, avvicinandosi a lui e lasciando Nami alle cure della sua sorellona.
Robin, con cura e delicatezza, asciugava con una pezzuola la fronte intrisa di sudore della rossa, rannicchiata in un angolo di un divano. Si stringeva in una coperta, stretta attorno a lei fin sotto il mento, cercando di nascondere i fremiti che la muovevano e infossando il viso nella trapunta, abbassando lo sguardo concentrato sui cuscini del sofà, intenta a trattenere dentro di se il dolore che provava a causa dei punti cuciteli sulla spalla ferita.
Si mordeva le labbra spasmodica, stringendosi al petto le gambe e cercando di scaldarsi da quella morsa di gelo che le congelava le ossa a causa dell’abbassamento di temperatura interno dovuto alla grande perdita di sangue.
Per lei era come se fosse ancora immersa nella glaciale neve del suo sogno.
-Su vieni…- spinse sul divano della rossa lo spadaccino, Chopper.
Con un tonfo, lo fece sedere sul lato opposto a quello della ragazza, alzandogli le braccia e aprendogliele a semi cerchio.
-Fermo così…- gli ordinò, tramutando la sua esile figura in quella più possente e muscolosa da semi umano e, prendendo in braccio la navigatrice, la depositò tra le braccia dello spadaccino, facendola sedere sulle sue gambe.
-MA CHE CAVOLO FAI CHOPPER?!?- arrossì imbarazzato Zoro, ritrovandosi la rossa, su di lui.
-Deve stare al caldo…- spiegò la renna, tornando alla sua normale statura e rimboccando la coperta attorno al corpo della ragazza -… è tu sei l’unico che può farla scaldarla in minor tempo possibile… teoria della trasmissione del calore tra i corpi…-
-Ma perché io?!?- strabuzzò gli occhi, incapace di capire.
-Bhè, lo farei io, ma devo poter avere le mani libere per curarla… Robin mi deve aiutare…- la mora sorrise sedendosi accanto allo spadaccino -… Brook non ha temperatura interna dato che è di sole ossa… Franky è fatto di ferro ed è quindi troppo freddo… Usop svenirebbe dopo pochi secondi per l’odore del sangue… Rufy è fatto di gomma e quindi è un isolante, e Sanji…- si voltò verso il biondo intendo a fumare lì vicino -… bhè, di Sanji semplicemente non mi fido: allungherebbe le mani e inizierebbe a perdere sangue dal naso a fiumi…-
-CHOPPER!!!- sbraitò il cuoco, mettendo in bella mostra una fila di denti squalini.
-È la verità…- sussurrò la renna.
Zoro annuì semplicemente, accerchiando per la vita Nami e stringendosela al petto. Era fredda. Poteva sentire la sua fronte gelida sul suo collo, mentre la ragazza respirava faticosamente mordendosi le labbra.
Si mosse un po’ sul posto, accomodandosi ben bene e posano delicatamente una mano sul capo ramato della navigatrice. Nami sorrise, rannicchiandosi tra le sue braccia e infossando il viso tra l’incavo di spalla e collo del verde, crogiolandosi del suo tepore.
Zoro era caldo.
Magnificamente, perfettamente e perdutamente caldo.
Era anche per quello che l’amava. Lui era sempre caldo, non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Il suo carattere indomito e coraggioso era più ardente di un incendio.
Niente avrebbe mai spento il suo grande onore e spirito combattivo, perchè lui avrebbe sempre lottato fino alla morte pur di mantenerlo scintillante e in vigore. Era quello, che più di tutto lei amava in lui: lui non si arrendeva mai.
Nessun nemico era troppo grande o forte per lui. Nessuno.
Innamorata, Nami alzò una mano da sotto la coperta, portandola sul lato opposto della gola dello spadaccino, accarezzandola in segno di ringraziamento e aggrappandosi con l’altra mano alla camicia aperta di lui.
Un piccolo lembo della trapunta scivolò dalle spalle di lei, cadendo sulle gambe piegate della ragazza. Un leggero brivido di freddo attraversò la pelle della spalla della ragazza, ora priva di coperta. Lì, su quella scapola sinistra, era messo in bella mostra il tatuaggio rosso ricucito da innumerevoli e scuri punti medici, che sporgeva crudele e nemico dalla spallina della nuova canotta verde di lei, ricordando alla ciurma che lui era sempre lì, seppur nascosto dalla coperta, e che lavorava in silenzio e senza tregua.
Intorno ad esso, l’ematoma viola, si era allargato e le piccole spire acuminate che il medico di bordo aveva notato alla prima visita, si erano allungate verso il braccio sinistro della navigatrice, andando a intaccare il suo tatuaggio blu, sovrastandone la punta e coprendone il bel colore marino. Altre braccia dell’anello viola, si spingevano oltre la spalla, incamminandosi verso il suo seno, puntandosi dritto dritto al letto del cuore della giovane.
Zoro alzò lo sguardo sui suoi compagni, ammutoliti da quel lento camminare del loro violaceo e rosso nemico. Chopper scosse la testa abbassando lo sguardo e sospirando pesantemente. Con gentilezza, lo spadaccino rialzò la coperta sopra la spalla mutilata, nascondendola e digrignando i denti per la rabbia.
-Grazie…- soffiò in un sussurrò Nami.
Lo spadaccino ghignò compiaciuto della situazione, posando la sua testa sul capo rilassato di lei, e stringendola ancora.
-Ragazzi…- richiamò l’attenzione di tutta la ciurma il medico, in piedi nel centro della sala comune -… sono contento di comunicarvi di sapere contro cosa combatteremo…-
Prese un profondo respiro e puntò lo sguardo sulla spalla della ragazza, che tremò scossa da un brivido di freddo e sollievo.
-Oggi, durante le mie ricerche, mi sono imbattuto in un libro di schiavitù…-
Tutti i pirati aggrotarono le fronti, non capendo cosa accomunassero gli schiavi con lo stato della loro navigatrice.
-Ebbene…- continuò Chopper -… in quel saggio si trattava anche di particolari metodi di marchiatura degli schiavi, in particolare della metodologia usata dai Draghi Celesti con i loro schiavi umani e uomini-pesce…-
Nami ebbe un fremito, stringendosi a Zoro e fissando lo sguardo sul suo Nakama.
-… essi impregnavo sulla pelle dei loro servi il simbolo della loro casata, per riconoscerli e distinguerli dagli altri schiavi… in tali sfregi essi non usavano solo inchiostro per tatuarli, ma anche il sangue di un pesce che vive nelle profondità marine delle fasce di bonaccia: il Pesce Dieci-anni o Pesce Vampiro…-
Zoro fissò la piccola renna, deglutendo amaramente. Quel nome non preannunciava niente di buono.
-E quindi? Su Chopper, non tenerci sulle spine…- lo spronò Franky, aprendo le enormi mani verso di lui.
-Ebbene, il sangue di questo pesce e velenoso ed è usato come difesa dall’animale contro i suoi nemici naturali. Ma esso, se inserito in altri organismi, si crea una piccola bolla in cui maturare e lasciare al bacillo che lo rende letale tutto il tempo necessario per la sua incubazione…-
-Non ne capisco l’utilità…?- mugugnò Rufy, grattandosi la testa da sopra il cappello di paglia.
-In effetti la spiegazione è un po’ macabra…- sussurrò Chopper, nauseato ancora da ciò che aveva letto quel pomeriggio in quel volume disgustoso.
-In pratica i Draghi Celesti volevano aver una certezza che i loro schiavi, quei pochi che riuscivano a superare i 10 anni di vita sotto le loro torture, morissero comunque… e di una morte il più dolorosa possibile…-
Usop rabbrividì tra i cuscini della poltrona in cui sedeva, stringendosi nella braccia.
-Chopper…- sussurrò Brook, in una leggera preghiera che continuasse a parlare.
-Ecco, presumo che Aarlong abbia usato la stessa tecnica anche con Nami, per vendetta verso gli uomini: come essi marchiavano i loro schiavi uomini-pesce, anche lui ha marchiato la sua schiava umana con questa maledizione…- prese un profondo respiro di incoraggiamento -… e dato gli ultimi avvenimenti di questa notte –l’incubo e la enorme emorragia alla spalla- dubito di sbagliarmi… effettuerò comunque degli accertamenti con delle analisi sul sangue di Nami…-
Un  profondo silenzio invase la stanza. Nessuno osava aprir bocca o sprecar parola.
Con un leggero tono di voce, leggermente rotto da alcuni spasmi di dolore, la navigatrice si schiarì la voce.
-Quindi…- ricapitolò -… quando Aarlong mi ha impresso il suo tatuaggio, mi ha anche iniettato insieme all’inchiostro del disegno anche il sangue del Pesce Vampiro, che presumo si chiami anche così per via dell’effetto del suo veleno, giusto?-
Chopper annuì.
-Si… in fatti il veleno causa il cedimento delle pareti venose, provocando enormi emorragie di sangue, da cui esso prende gli elementi nutritivi, tramite le spire di color viola che si espandono dal tatuaggio, necessari per distruggere il sistema circolatori e nervoso, il quale provoca appunto gli incubi…-
Nami annuì, strusciando il capo contro il mento di Zoro, che aumentò la presa intorno al suo corpo preoccupato.
-Hai detto che ha un incubazione di 10 anni, il veleno, giusto? Ma Nami ha il tatuaggio da molto più tempo e non ha mai avuto problemi… o almeno non così gravi…- parlò il verde.
-Credo che il cancellare il tatuaggio e l’averlo danneggiato pugnalandosi, abbia rallentato lo sviluppo del veleno, che ha necessitato di più tempo quindi per maturare…- rispose il medico.
Lo spadaccino infossò il viso tra i crini rossi della navigatrice, perdendosi nei suoi pensieri.
-Chopper …- deglutì a fatica Nami -… quanto… quanto tempo ho?-
Il medico tremò a quella temuta domanda.
-Sono passati tre giorni dalla nascita dei problemi, e il veleno  ne impiega circa 5 a far collassare del tutto il sistema circolatorio…-
Nessuno ebbe problemi a calcolare quanti pochi attimi di vita restassero alla loro Nakama.
-Ma forse, come è ritardato il rinascere del tatuaggio, forse abbiamo qualche giorno in più, no?- ipotizzò speranzoso Sanji.
-Spero di si…- mormorò a mani giunte Chopper.
La piccola renna indirizzò il suo sguardo nocciola verso l’amica, stretta nella morsa dolce e protettiva di Zoro, che sembrava necessitare quel contatto caldo e stretto più di lei.
-Comunque…- continuò serio -… ho trovato anche una soluzione, una cura…-
Tutti si rianimarono, soprattutto lo spadaccino che sorrise insieme a Nami, scambiandosi uno sguardo luminoso e pieno di speranza.
-Ecco, credo che si possa operare la spalla di Nami, estraendone la bolla in cui il veleno si è rannicchiato, liberando totalmente l’organismo dalla sua tossina… il problema è che io non ne sono in grado…-
-Che?!? Chopper non essere modesto!!!- rise Brook –Sei il miglior medico del Grande Blu… chi meglio di te può salvare la nostra cara Nami?-
-Ti ringrazio Brook…- dondolò sulle gambe la renna -… ma non ho incertezze sulle mie abilità, ma sul fattore sensibilità di Nami: già prima, ricucendo i tagli della spalla, l’ho fatta soffrire parecchio e nonostante tutta la morfina somministrategliele, i dolori alla spalla continuano forti e brucianti…-
Nami abbassò lo sguardo sulla coperta, triste che la renna si fosse accorta del suo dolore, nonostante lei avesse cercato di rimanere impassibile e calma durante la medicazione.
-Quindi?- chiese Usop.
-Quindi…- sospirò il medico -… dovremo cercare qualcuno che sia in grado di operarla senza toccarla…-
-È impossibile!!!- sbottò Zoro.
Chopper incrociò lo sguardo con Robin, la quale aveva formulato quella soluzione assieme a lui durante il pomeriggio di ricerche nella biblioteca.
-In verità qualcuno ci sarebbe…- disse la mora, incrociando le braccia al petto e ricambiando lo sguardo del medico.
-Qualcuno che abbiamo già incontrato e che è praticamente un chirurgo…- aggiunse la renna.
-Uhm… qualcuno che di certo vorrà aiutarci per ripagare un suo certo conto in sospeso con noi…- fumò Sanji, liberando una nuvoletta di tabacco nell’aria e capendo al volo di chi stessero parlando Chopper e l’archeologa.
-Qualcuno che potrebbe non solo aiutarci, ma anche portare un mucchio di guai…- storse il naso Franky.
-Qualcuno di cui possiamo fidarci…- lo corresse Usop, sorridendogli.
Zoro non capiva. Di chi stavano parlando?
Nami deglutì affaticata, muovendo le spalle indolenzite.
-Credi che possa aiutarci?- domandò a Chopper.
-Lo spero…- rispose.
-Uhm… tentar non nuoce…- sorrise Rufy, alzandosi dal tappeto in cui sedeva e correndo nella sua cabina -… dovrei avere il suo numero di Lumacofano da qualche parte in cabina… provo a chiamarlo!!!- gridò allontana dosi.
-Uhm… non so… in fondo ora è un Shichibukai… non vorrei che la marina ci intercettasse se lo chiamassimo…- rimuginò Brrok.
-Me ne infischio…- ruggì Sanji -… affronterò da solo mille flotte di militari, pur di portare quello scarabocchio vivente qui a salvare la mia sirena…-
A Zoro si gonfiarono le budella per la rabbia, strabuzzando gli occhi capendo finalmente di chi cavolo stavano parlando. C’era solo una persona al mondo che fosse chirurgo, membro della Flotta dei 7, loro amico e di cui Rufy si fidasse così ciecamente.
-OH NO!!!!!- gridò,  ringhiando –LUI, NO!!!!! NON PEMETTEO’ A QUEL DEPRAVATO COL PIZZETTO DI TOCCARE LA MIA NAMI!!!! GIA’ HO UN CONTO IN SOSPESO CON LUI DA PUNK HAZARD, IN PIU’ AVERLO QUI A GIOCHERELLARE A FARE IL MACELLAIO CON LA MIA MOCCIOSA, PROPRIO NO!!!!-
Nami arrossì per entrambe le volte che si sentì definita “sua” dallo spadaccino, aggrappandosi imbarazzata al suo alterato collo, dove due rosse vene iraconde pulsavano.
-È l’unico…- sorrise Robin, spingendolo verso lo schienale della poltrona che occupava e facendogli notare che si stava muovendo troppo e che avrebbe potuto indebolire Nami.
Ringhiando sommessamente, lo spadaccino cercò di calmarsi, tornando seduto composto e stringendo al petto la ragazza, ancora rossa in viso e teneramente abbracciata a lui.
Gli sorrise dolce, accarezzandolo sul viso, cercando di farlo calmare.
-Tranquillo…- gli sussurrò a fior di labbra contro il suo mento -… non mi succederà niente…-
-Oh, stanne certa!!!! Lo terrò d’occhio io quel medicattolo della malora…- ringhiò, infossando il mento e strusciando la fronte contro quella, ora più tiepida, della rossa.
-YUUUUUU!!!!!- tornò nella stanza Rufy, saltellando e gridando euforico –Ho appena chiamato: ha accettato e si sta dirigendo qui!!!!-
-Bene…- sorrise sollevato Chopper, puntando lo sguardo sulle prime luci dell’alba di quel nuovo giorno che filtravano rosee nella sala attraverso una finestra aperta -… con lui riusciremo di certo a farcela…-
-Si…- grugnì Zoro, ghignando diabolico –Se ha cara la pelle, quello scarabocchio con le gambe di un Trafalgar Law dovrà assolutamente farcela… altrimenti non avrà molti giorni da aggiungere alla sua vita da Membro della Flotta dei 7…-
 
 


ANGOLO DELL’AUTORE:
Ok, lo so… palloso ma è tutto quello che sono riuscita a scrivere per accontentare chi mi ha chiesto un aggiornamento veloce… Please, commentate in tanti (P.S. per Phoenix_passion: sorry per la mia scarsa capacità nel distinguere nik maschili da femminili!!!)

 

Zomi 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Gli eventi riportati in questo e nei prossimi capitoli, sono stati scritti presumendo che la saga di Punk Hazard finisca per il meglio e che Law, dopo la sconfitta di Ceaser Clow da parte di Rufy, ritorni dai suoi compagni e al mare aperto (speranza vana, suppongo, perché ho il presentimento che Oda abbia in serbo novità e sorprese sconvolgenti…)

Zomi
 

 

 
Non vi era onda che muovesse il mare.
Il blu cobalto dell’oceano riposava tranquillo e indisturbato, dondolando appena e brillando sotto i raggi celestiali del sole, alto e cuocente nel cielo sereno.
In un leggero sciabordare di schiuma, una lieve increspatura mosse il livello dell’acqua, stuzzicandolo appena e permettendo a pochi centimetri di ferro di emergere dalle sue profondità marine. Un piccolo boccaporto giallo fece capolino dal mare, donando un piccolo capriccio dorato a quell’immenso blu.
La botola dell’apertura si aprì, e una bronzea e muscolosa mano si aggrappò al bordo del semi cerchio di ferro, facendosi leva per fuori uscire dal resto dell’abitacolo.
Stiracchiandosi indolenzito, e sorridendo di sghembo al sole, Law si mise eretto in piedi sul bordo del boccaporto, mentre ancora il suo sottomarino avanzava silenziosamente sott’acqua verso la ridente e colorata nave pirata che vi era lì vicino.
Era una graziosa imbarcazione in legno, colorata e allegra, ancorata in quel desertico e solitario tratto di mare, la cui polena, un sorridente leone dalla criniera solare, rispecchiava la sincera felicità spensierata e bontà d’animo del pirata dalla taglia di 400 milioni di Berry che la governava.
Ghignando, il chirurgo incrociò le braccia al petto, soppesando la bizzarra telefonata che l’aveva portato fin lì.
 
Stropicciandosi gli occhi ancora addormentati, Law accese la luce della sua cabina, ringhiando sommessamente contro Penguine il suo braccio teso in sua direzione su cui sorrideva un Lumacofano.
-Si?- rispose all’apparecchio sbadigliando, mettendosi a sedere sul bordo del suo letto, mentre veniva lasciato solo dal suo compagno di viaggio.
-Ciao Law!!! Sono io, Rufy!!!- una voce trillante e assordante lo risvegliò del tutto.
-Rufy?!? Che succede? Perché mi chiami a quest’ora di notte?- socchiuse gli occhi il moro, passandosi una mano tra i corti capelli.
-Devo chiederti un favore…- iniziò Cappello di Paglia –Un mio Nakama sta molto male e mi serve il tuo aiuto per salvarlo…-
-Non hai un medico nella tua ciurma?- domandò assonnato il chirurgo.
-Certo, ed è il migliore... ma è stato proprio lui a chiedermi di chiamarti… dice che il male del mio compagno è curabile solo con il tuo aiuto e con l’uso delle tue capacità…-
Law si lisciò il pizzetto interessato.
-Uhm… è che male sarebbe?-
-È una cosa abbastanza grave e preoccupante… il mio Nakama sta male davvero Law…- la voce del ragazzo si acuì lievemente, appesantita da pensieri funesti e preoccupati.
-Interessante… quali sintomi presenta il tuo compagno?- si informò leccandosi con la punta della lingua il profilo delle labbra, pregustando qualcosa di molto appetitoso e singolare in quella stana telefonata di notte fonda.
-Accetti?!?- gridò speranzoso Rufy, facendolo tremare per l’acuto tono della sua voce.
-NON URLARE!!!! Qui dormono tutti!!! E comunque, dimmi di che si tratta e poi vedrò se raggiungerti o meno…-
-No, no… tu dimmi se accetti o no, e poi ti dico…- ribatté il pirata.
-Ufff… ma se non so di cosa si tratta come posso aiutarti?!? …su spiegati e poi deciderò…- tentò, sentendo ormai che tutta la sua curiosità si era risvegliata nel sentir nominare una malattia tanto strana da necessitare la presenza di due medici.
-NO!!! Accetta e poi saprai…-
-Brutto Baka!!! Parla o non verrò…-
-E non venire allora!!! Così ti perderai qualcosa di unico nel suo genere…-
Law digrignò i denti, certo che vi fosse qualcuno a suggerire a quel pirata zuccone cosa rispondergli esattamente per convincerlo, puntando sulla sua curiosità infinita nel campo medico. È il brutto era che ci stava riuscendo.
-Dimmi almeno che sintomi provoca questo male...- provò a corromperlo.
-Uhm…- lo sentì girarsi verso qualcuno che borbottò qualcosa -… dalla regia mi suggeriscono di dirti di…NO!!! Vieni e vedrai…-
-UFFF!!! E va bene!!! Dammi le tue coordinate e domani vi raggiungerò…- sbottò sconfitto il chirurgo.
-EVVIVA!!!!- esultò Rufy, passando il suo Lumacofano a Robin, lì accanto apposta per aiutarlo in quella difficile telefonata. L’archeologa diede le coordinate del tratto di mare in cui era ormeggiata la Sunny, sorridendo ad ogni nuovo sbuffo di Law, imprecante per essere stato raggirato da un pirata scemo dal cappello di paglia.
 
Ghignando con gli occhi a mezza luna, Law avanzava verso la nave dei pirati di Cappello di Paglia, dando l’impressione, alle tre figure sul ponte che lo attendevano non togliendogli mai gli occhi di dosso, che stesse camminando sul filo dell’oceano.
Zoro grugnì, stringendo le braccia al petto e digrignando i denti.
-Esibizionista…- sbuffò una nuvoletta di fumo nell’aria calda della giornata Sanji.
Con un lieve schiocco, il sommergibile del chirurgo iniziò ad emergere completamente dal mare, elevandosi al livello del ponte della Sunny e facendo scivolare milioni di goccioline d’acqua salata sul suo profilo metallico e brillante.
Un crepitio ferruginoso scricchiolò accanto al dorso della nave, mentre i motori del sottomarino si fermavano completamente.
Sorridendo con labbra sghembe, Law saltò sul ponte erboso della Sunny, fermandosi a braccia conserte a pochi metri dal capitano della nave pirata e dai due suoi sotto posti.
-LAW!!!- gridò felice di rivederlo Rufy, andandogli in contro a braccia aperte.
Lo abbracciò calorosamente, ridendo e mollando poderose pacche di benvenuto sulla schiena muscolosa del chirurgo.
-È un piacere poterti avere qui…- sorrise, prendendolo sotto braccio e avvicinandolo ai suoi due Nakama. Avanzò di qualche passo, sorridente e strattonando il membro della Flotta dei 7 che studiava rapido le figure scure in volto e ringhianti a cui stava andando in contro.
Lo spadaccino, Roronoa Zoro ex cacciatore di taglie, continuava ad alternare sguardi di fuoco e ira funesta a lui, ad occhiate veloci e pensierose ad una porta socchiusa del castello di poppa. Teneva le braccia strette al torace, ma era evidente che le sue mani, nascoste nell’intreccio degli arti, tremavano di trepidazione di poter tornare a svolgere un qualcosa che di certo il giovane samurai aveva fatto fino a pochi attimi prima.
Sanji, invece, il temuto Gamba Nera e cuoco della nave, fumava apparentemente tranquillo, liberando leggere nuvolette grigie nell’aria e lasciando navigare il suo sguardo annoiato e pigro alla figura del suo capitano e dell’ospite, che gli venivano in contro, fingendo disinteresse e placida tranquillità.
Ma bastava spostare lo sguardo dalla sua sigaretta ardente, alla punta della sua scarpa continuamente martellata a terra, per scoprirne il nervosismo nascosto e capire che gli innumerevoli mozziconi spenti a terra non erano stati bruciati solo per passare il tempo, ma per smorzare animi per più preoccupanti.
-Credo che le presentazioni siano inutili… no?- ridacchiò Cappello di Paglia, ricordandosi del loro precedente incontro ad Punk Hazard.
-Lo credo anch’io…- sorrise il cuoco, annuendo in segno di saluto a Law. Zoro si limitò a grugnire, dedicando l’ennesimo sguardo di fuoco contro il nuovo arrivato.
Il chirurgo sorrise studiando ancora i due pirati.
-Credo invece che io debba presentarvi due miei compagni…- ghignò, facendo segno a due pirati fermi sul boccaporto aperto del suo sommergibile di avvicinarsi a loro.
-Questo è Penguin…- indicò un ragazzo il cui sguardo era occultato dalla visiera del suo berretto ma il cui sorriso fece intuire ai tre Mugiwara la sua scaltrezza e intelligenza.
-E questo è Beppo…-
Un enorme orso polare bianco come la neve si fece avanti camminando sulle zampe posteriori, con indosso una tuta larga e arancione. Zoro posò la mano sinistra sull’impugnatura delle sue katane, vedendolo avanzare pronto ad un eventuale scontro con quella belva, ma non appena questi, molto garbatamente, si inchinò davanti a loro, ruggendo un esile e timido –Piacere di conoscervi…-, guardò stranito Sanji, che osservava stupito quell’educato animale.
Boccheggiando un po’, il biondo sorrise, riportandosi la pagliuzza alle labbra.
-Bhè…- sussurrò -… almeno è educato… piuttosto che altri pirati rozzi e indecenti che mi ritrovo attorno ogni santo giorno…-
-Uhm… mi stai forse dando dell’animale, Sanji?- domandò grattandosi il capo Rufy.
Il biondo si limitò ad aspirare una boccata di fumo.
-Spero che la presenza di questi miei due uomini non vi disturbi... ma la prudenza non è mai troppa…- sibilò Law, indirizzando una truce occhiata a Zoro, che ricambiò la mancanza di fiducia con un ringhiante ghigno.
-Stai tranquillo Law: qui nessuno ti è nemico…- sorrise passandogli un braccio attorno alle spalle Rufy -… se ti abbiamo chiamato non è per farti cadere in qualche trappola o che so io…. Abbiamo veramente bisogno del tuo aiuto per salvare il nostro Nakama...-
Il chirurgo soppesò silenzioso le parole del pirata, notando in esse solo sincerità e pura fiducia nelle sue abilità mediche. Sorridendo, il moro annuì.
-Bene, allora…- alzò lo guardo su tutti i pirati lì presenti sul ponte -… andiamo a visitare questo pirata…-
Ridendo di gioia, Rufy mollò una forzuta pacca sulla schiena del ragazzo, facendolo incurvare in avanti per la potenza del colpo e per il suo inatteso arrivo.
-Capitano Law!!!-  si mosse verso di lui Penguin, pronto a difenderlo, ma non appena lo vide ridere si tranquillizzò.
-Su andiamo…- incitò tutti Cappello di Paglia. Con un cenno del capo e un sorriso, fece segno a Zoro di andare, concedendogli finalmente la libertà di tornare sotto coperta.
Con mezzo ghigno, lo spadaccino percorse di corsa la rampa di scale che collegava il castello di poppa con il ponte della Sunny, percorrendo gli scalini a tre a tre e tuffandosi ansioso oltre la porta che aveva aperto con prepotenza.
Law assottigliò lo sguardo.
Era come se al samurai fosse stato concesso di nuovo il lusso di respirare e di vivere, permettendogli di inalare ancora avidamente l’aria dentro di se e di godere della calda luce solare dopo un lungo periodo di prigionia buia e fredda.
Sanji, il biondo cuoco, lentamente precedeva i due capitani e i sotto posti di Law, avanzando fumando sulle scale con ritrovata calma.
-Ti devo chiedere di essere molto delicato con il mio Nakama, Law…- gli parlò Rufy, liberandolo dalla presa attorno al suo collo –Sta veramente male… solo stanotte ha perduto metà del sangue che ha in corpo, o almeno così ha detto il mio medico di bordo, e non ha mai chiuso occhio… è tormentata da incubi terribili e nonostante il caldo di questa fascia di mare, è scossa da febbre fredda e fremiti dolorosi…-
Il moro alzò lo sguardo sul membro della Flotta dei 7.
-Sii delicato, per favore…- affermò con sguardo serio. Law si limitò ad annuire, mettendo piede nella grande sala comune della nave.
Era una sala enorme e ben arredata, con divani accoglienti e morbidi e bassi tavolini ottimi per passare il tempo con giochi o leggendo qualche buon libro che si affacciava nella stanza dalle grandi librerie alle pareti. Sul fondo dell’alloggio, un colorato e vivo acquario pieno di pesci tropicali e commestibili, animava ulteriormente la stanza, abbellendola di vitalità colorata e dell’acqua cristallina del mare.
Con il suo tipico sguardo studioso, Law analizzò le figure presenti nella sala.
Su un divano lungo e spazioso, posto alla sua destra, lo spadaccino di bordo stringeva al petto, protettivo e difensore, un esile corpo di donna, raggomitolato contro il suo torace caldo, rannicchiato contro la pelle che sporgeva dal tessuto della camicia rossa che il verde indossava, tremando convulsamente e stringendo le mani contro la carnagione bronzea del compagno.
La chioma rossa e ribelle che tremava sul capo incastrato tra collo e scapola di lui, nascondeva strozzati respiri sotto una camicia bianca, interrotti spesso e volentieri da scosse di freddo e dolore. Il corpo sinuoso e femminile della ragazza, si stringeva sempre più, raggomitolandosi contro il samurai, in ricerca di calore.
Zoro, evidentemente partecipe a quel dolore fisico, abbracciava per la vita la giovane, cercando di tranquillizzarla e regalarle tutto il suo calore corporeo.
-Va tutto bene… va tutto bene, mocciosa…- le sussurrava debolmente tra i crini, incapace di mentirle decentemente.
La ragazza, che dava le spalle a Rufy e agli altri appena tornati nella sala, era in balia di un altro suo incubo, scappato ferocemente e con violenza dall’intorpidimento della morfina che Chopper le aveva somministrato, in dosi industriali, per cercare di darle almeno un paio di ore di sonno tranquillo, smorzando per un po’ quegli incubi.
-N-noo…- mormorava a denti stretti mentre si muoveva nel sonno, stingendo tra le mani i lembi della camicia dello spadaccino, unico ascoltatore di quei pianti asciutti di dolore.
Zoro la strinse con maggior forza, chiudendo gli occhi contro la sua fronte.
-Nami…-
Accanto a loro, seduti sul restante spazio libero del divano, trattenevano il respiro Franky e Robin, osservando disarmati e impotenti i dolori che distruggevano dall’interno la loro navigatrice.
-Sorellina…- sussurrò piano l’archeologa, consolata da una mano leggera del carpentiere che le accarezzava la schiena incurvata per la preoccupazione.
In piedi nella stanza, dietro lo schienale del divano, lo scheletro Brook scuoteva tristemente la testa capelluta, incrociano le braccia alla cassa toracica vuota e infossando i bulbi senza contenuto sul capo ramato dell’amica.
-Povera cara…- sussurrava -… non riesce a trovar pace… le mie ninne nanne sono state tutte inutili, incapaci di donarle un meritato e tranquillo riposo…-
-Tranquillo Brook…- lo consolava Usop, battendogli una mano sulla spalla -… vedrai che presto starà meglio…-
Law, la cui presenza non era stata notata dagli altri membri della ciurma, troppo presi dall’ascoltare i deboli rantoli di vita della loro compagna, osservava attento tutti quei bizzarri personaggi, così diversi tra loro e che presi, uno ad uno, non avrebbe più saputo come accomunarli agli altri, non trovando tra essi nessun legame evidente. Eppure, sebbene così diversi e distanti tra loro, essi era una famiglia unita e compatta, che soffriva all’unisono per il dolore improvviso e apparentemente silenzioso di un singolo loro famigliare, come se fossero stati uniti da uno spirito infinito che intrecciava le loro anime in una unica trama morbida e soffice di tessuto, dipinta dei loro più diversi colori.
-Law…- lo richiamò Penguin, facendogli segno di accostarsi alla cucina adiacente alla sala. Il chirurgo si avvicinò alla stanza, dove già lo attendevano Beppo, Rufy, Sanji e una piccola renna dal cappello a cilindro rosso.
Quando mise piede nella stanza, la piccola renna gli sorrise calorosamente, saltando giù dalla sedia che occupava vicino al tavolo da pranzo della stanza, e andandogli in contro in segno di saluto.
-È un piacere rivederti Law…- gli sorrise, porgendogli lo zoccolo.
Il moro osservò perso nei suoi ricordi la renna.
Se non sbagliava, quello doveva essere Chopper, il medico di bordo, a cui, insieme alla navigatrice, al carpentiere e a Sanji lì presente, ad Punk Hazard, aveva scambiato i corpi. Sorrise al ricordo delle loro facce sollevate quando gli aveva fatti tornare nei rispettivi corpi.
-Dottore…- strinse in ricambio la zampa, il chirurgo.
-Sono contento che tu sia arrivato così presto… ho un disperato bisogno del tuo aiut…-
-Yohohoho!!!! Chopper!!!! Robin ha chiesto se… YOHOHOHO!!!! MA TU SEI LAW!!!! AAAHHH!!! CHE EMOZIONE RIVEDERTI!!!- urlò improvvisamente nella cucina lo scheletro di bordo, ondeggiando emozionato e portandosi le mani ossute sul cranio afro.
-Yohohoho!!! Ti prego, autografa il mio cranio… Yohohoho!!! Non sai da quanto aspetto di rincontrarti… devo chiederti assolutamente di concedere anche a me il privilegio di scambiarmi di corpo con la bella Nami o anche con la bella Robin, così da vedere le loro mutandine su loro stesse… anch’io voglio vivere un paradiso in terra come è successo a Sanji!!!!-
Law rimase a bocca aperta per la richiesta, osservando lo scheletro canterino inginocchiarsi a suoi piedi e implorarlo di eseguire su di lui lo Scramble dei cuori, mentre al suo fianco il biondo cuoco di Cappello di Paglia, si crogiolava al piacevole ricordo di aver potuto toccare il corpo della sua Nami in quella meravigliosa avventura.
-Ehm… ecco… io…- farfugliò.
-Babbeo!!!!!!!!!!- un rovente zoccolo si scagliò furente contro il cranio di Brook, e la dolce e pacata renna Chopper si tramutò nella sua forma animale gigantesca, rivelando due serie di denti squlaini all’interno delle sue fauci –Law è qui per guarire Nami, non per realizzare i tuoi sogni perversi!!!! E POI SI PUO’ SAPERE CHE CI SEI VENUTO A FARE QUI?!?-
Era evidente che la notte in bianco passata dal piccolo dottore e la crescente paura di perdere la sua cara amica, avevano deteriorato pian piano la pazienza della renna, facendola schizzare rabbiosa contro la scemenza del compagno.
-Yohohoho-ahia… Robin mi ha detto di chiederti se, per caso, non fosse opportuno fare una trasfusione di sangue a Nami… per stabilizzarla un po’… yohohoho-ahia…- farfugliò lo scheletro, alzandosi debolmente da terra, dove era stato asfaltato dal colpo del dottore.
Il medico si calmò, prendendo un profondo respiro e tornando alla sua forma naturale. Pensieroso, si portò una mano al mento, riflettendo sul da farsi e nascondendo lo sguardo pensieroso sotto la visiera del suo cappello.
-No…- decise, alzando lo sguardo su Brook -… eviterei una trasfusione… so che Nami ha bisogno di calore interno e energie, ma non vorrei che inserendo sangue nella circolazione, donassimo maggior vigore a… a…-
Chopper deglutì amaramente, disgustato al pensiero di indicare quel veleno mortale con un “Lui” e quindi identificarlo come una persona. Una figura che agiva nell’ombra e che gli stava strappando dalle sue tenere zampe la sua cara amica.
-… al veleno…- concluse, permettendo allo scheletro di tornare dal resto della ciurma. Brook annuì, capendo la sua decisione, e tornò nella sala comune.
Passandosi una mano sugli occhietti stanchi, Chopper si risedette sulla sedia che aveva occupato bevendo un caffé nero preparategli da Sanji per mantenerlo sveglio. Law lo guardava serio, indeciso se chiedergli di parlare di questo strano veleno che sembrava aver contagiato tutti e non solo la navigatrice, la più volte citata Nami se non ricordava male.
-Dottore…- lo chiamò, sedendosi accanto a lui.
La renna prese un profondo respiro.
-Da quattro giorni, oggi compreso, Nami sta combattendo contro una tossina che la sta letteralmente succhiando via la vita dall’interno, intaccando violentemente il suo sistema nervoso e facendo cedere il sistema venoso…-
-Hai già un’idea di cosa potrebbe trattarsi…?- chiese gentilmente il chirurgo, lisciandosi il pizzetto e ripassando, a mente, tutti i tipi di veleno a lui conosciuti che provassero tali dolori.
-Oh, non ho solo un’idea di cosa sia… ne ho la certezza…- rispose a fil di voce la renna -… una terribile, sanguinosa e mortale certezza…- 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Infiniti, gioiosi e zonamisti auguri a Jemanuele8891 per il suo compleanno (anche se sono in largo anticipo): FELIZ CUMPLEANOS MI QUERIDA, TODO LA DULCE ESCENA ENTRE ZORO Y NAMI ES PARA TI, TE QUIERO!!!

Zomi
 

 
 
Nella sala comune, Zoro continuava a tener d’occhio il nuovo arrivato, spostando la pupilla nera e torva del suo unico occhio sano da una figura all’altra delle tre vestite d’arancione che occupavano la cucina, che annuivano e rispondevano con brevi frasi alle parole sussurrate da Chopper.
Non voleva fidarsi del Shichibukai, ricordandosi perfettamente del loro ultimo incontro e di come, quel depravato, si era divertito a scambiare i corpi dei suoi compagni, affidando a quel demente pervertito del cuoco quello delicato e fragile della sua mocciosa, e di come Sanji, incapace di trattenersi, ne aveva approfittato per palpare ben bene le sue dolci curve femminili e sbavare allupato. Per di più, Nami, racchiusa dentro l’enorme mole di Franky, non era riuscita a capire come azionare i missili del Boss per usarli contro le mani lunghe e indiscrete del biondo, che l’aveva passata liscia per un paio d’ore, fin quando la navigatrice non era tornata la sola ed unica proprietaria del suo corpo e aveva pesantemente punito il damerino.
Law invece, l’aveva passata liscia, dileguandosi da Punk Hazard con il suo sommergibile, scappando dall’ira della rossa e del verde, ringhiante di rabbia per quell’affronto disumano e depravato nei confronti della sua mocciosa.
Ma tutti i nodi vengono al pettine, prima o poi, no?
Un leggero mugugno riportò l’attenzione del verde sul capo ramato che riposava in un minato dormi-veglia sulla sua spalla.
Nami si stava svegliando, scossa da brevi e strozzati gemiti di dolore. Dolcemente, Zoro avvicinò il suo viso a quello in risveglio della navigatrice, chiamandola sotto voce.
-Mocciosa… mocciosa… Nami su… va tutto bene… sono qui… sono qui Nami…-
Sussurrava così debolmente, che solamente la navigatrice riuscì a sentire le sue parole, aprendo faticosamente le palpebre.
Deglutendo invasa dal dolore, iniziò ad ansimare colta dal panico per il ricordo dell’incubo che l’aveva accompagnata fino a quel dolce risveglio, rivedendosi ancora davanti agli occhi le mani sporche di sangue d’Aarlong nel torturarla, e la smorfia di disgusto della madre, che la fissava inorridita della sua presenza.
Smosse le pupille velocemente, con il respiro accelerato che le faceva tremare lo sterno, mentre il cuore pompava a mille adrenalina e quel poco sangue che le era rimasto, nel corpo, sottomesso dal panico.
-Tranquilla Nami… tranquilla… ci sono qui io…- l’accarezzò sul viso lo spadaccino, vedendo i suoi begli occhini spalancati dalla paura e il suo viso imperlarsi a poco a poco di sudore freddo.
La rossa sbatté un paio di volte le palpebre, riconoscendo la voce del samurai e, distogliendo lo sguardo dal vuoto, lo incrociò con quello nero e protettivo di lui.
 -Zoro…- sussurrò con un filo di voce, ansimando affaticata.
-Ehi… tutto ok?- le ghignò di rimando.
-Non hai altro da chiedermi?- ansimò la rossa, inculcando meglio la testa nell’incavo tra spalla e collo del verde.
 -Dormito bene?- la canzonò lui, ghignando felice del fatto che, se il suo corpo ormai era sopraffatto dal veleno del tatuaggio, il suo carattere indomito e ribelle non si sarebbe fatto piegare altrettanto facilmente.
-Non sei morbido come il mio letto…- sorrise Nami, posando il profilo del viso contro la gola calda del samurai -… ma di certo sei più caldo…-
Zoro ridacchiò sommessamente, alzando lo sguardo sui suoi compagni. Sanji, Rufy e Chopper erano ancora in cucina con Law e i suoi, mentre il resto della famiglia riposava qua e là tra i divani, non badando molto a loro due.
-Ho urlato ancora nel sonno?- chiese sotto voce la navigatrice.
-Solo qualche mugugno… niente di che, tranquilla…-
Nami annuì, abbassando lo sguardo sulle sue mani abbandonate sulle sue gambe piegate in braccio allo spadaccino. Indossava ancora gli short neri del giorno prima, ma aveva di nuovo dovuto cambiare maglia, dato che un’altra emorragia l’aveva sorpresa all’alba. Ora indossava un semplice bikini blu e azzurro, coperta da quella camicia bianca. Non sentiva freddo, o almeno tra le braccia del suo buzzurro non lo sentiva.
Ciò che invece sentiva, doloroso e mordace, era il dolore che le nasceva dalla spalla. Percepiva il suo nascere e spargersi in lei, il suo lento cammino salirle la scapola sinistra, dove poi si divideva e scendeva o a valle, verso il suo seno e diretto minaccioso sul suo cuore, o ad intaccare il suo tatuaggio blu, ormai cancellato a metà dalle spirali viola che si ramificavano dal tatuaggio rosso.
Tremando, si strinse maggiormente al torace di Zoro, sospirando piena di sensi di colpa.
Quello che ancor di più sentiva era la pesante preoccupazione che tutto quel caos creava nei suoi compagni, la paura e la tensione che li faceva scattare come molle a ogni suo respiro strozzato, la tristezza che non riuscivano a nascondere dietro i loro mezzi sorrisi e l’impotenza contro quel nuovo nemico che attanagliava i loro occhi.
-Mi dispiace tanto…- singhiozzò, chiudendo gli occhi per non piangere.
-Sai…- le sussurrò all’orecchio Zoro -… è la seconda volta che mi chiedi scusa in meno di 6 ore e io non ho la più pallida idea del motivo per il quale tu lo faccia…-
Le alzò il viso con la punta delle dita, sorridendole.
-Sono un disastro buzzurro…- mugugnò lei -… mi dispiace scusa, combino solo guai… Aarlong, questo maledetto tatuaggio…- gli accarezzò con un dito un breve tratto della cicatrice che lo segnava sul petto -… questa…-
Lo spadaccino, dolce ma deciso, fermò la sua mano sul suo petto, accarezzandola dolcemente.
-Questa non è stata in alcun modo colpa tua…- le sorrise, commosso dalle sue preoccupazioni.
-Si, invece… se non fossi scappata con la Merry tu non avresti affrontato Mihawk e…-
-Occhi di Falco e questa cicatrice erano scritti sul mio destino con o senza la tua presenza… anche se tu fossi rimasta lì, con me, io avrei combattuto lo stesso con Mihawk, perdendo lo stesso miseramente… all’ora non eravamo nemmeno lontanamente paragonabili…-
La fissava dritta negli occhi, sorridendole mentre parlava.
-Aarlong poi è stato il minimo che potessimo fare per aiutarti… era inevitabile… dopo averti conosciuta e fatto diventare una di noi, credevi veramente che ti avremmo lasciato in tutta quella merda da sola?- riuscì a strapparle un timido sorriso -… e il tuo tatuaggio ora, non è niente di ché: riusciremo a vincere anche sta volta, vedrai... te lo prometto…-
Ghignò scuro di se, stringendosela al petto. Nami annuì, rimandando indietro tutte le lacrime che minacciavano di bagnarle il viso.
-Grazie…- sussurrò contro la guancia del verde.
-Non dirlo nemmeno…- sorrise di sghembo lui, strusciando il suo naso contro quello della ragazza. I loro occhi si incrociarono, allacciati da una strana magnitudine che impediva loro di allontanarsi. La navigatrice, sorridente, accarezzò dolcemente il profilo dello spadaccino, per niente imbarazzata della loro vicinanza. Desiderava da tempo poterlo aver così vicino da poter sentire il suo respiro sulla sua pelle. Chiuse piano gli occhi, muovendo il volto verso il suo, mentre Zoro sgranava il suo unico occhio vedente per l’incredibile sogno che gli si stava avverando davanti agli occhi. Davvero Nami acconsentiva a baciarlo?
Deglutendo, strinse piano per le spalle la giovane, avvicinandosela, pronto per sfiorare dolcemente le sue rosee labbra. Ghignò entusiasta di poterla baciare, come spesso aveva sognato segretamente, e non si stupì molto nel sentire il suo cuore battere frenetico. Sentiva il suo dolce fiato agro dolce di mandarino soffiato contro la sua bocca, socchiusa per accoglierla sensualmente. La fissava ancora, perso nel contarle le lunghe e scure ciglia, desiderando che nessuno lo svegliasse da quel sogno.
-Ciò che dici non è possibile!!!- sbraitò improvvisamente Law, uscendo a grandi falcate dalla cucina e giungendo a braccia aperte nell’aria nella sala comune. Sorpresi, i due giovani distanziarono i loro volti, indirizzandoli entrambi, come tutti glia altri pirati presenti intorno a loro, verso il chirurgo.
-Law non ti sto mentendo…- lo raggiunse Chopper, calmo e preparato alla incredulità del collega medico.
-Ma è impossibile!!! Non ci sono dati certi sull’uso del veleno del Pese Dieci-Anni nei tatuaggi degli schiavi dei Draghi Celesti… si, certo, non sarebbe una gran sorpresa scoprire che ciò è verità, ma mai un abitante di Marijoa permetterebbe che tale informazione trapelasse all’infuori della città sacra…-
Lo Shichibukai non voleva credere a ciò che il piccolo dottore renna gli aveva raccontato. Era impossibile che una leggenda come quella, che si raccontava ai bambini piccoli per convincerli a mangiare le verdure, minacciandoli col castigo del morso del Pesce Vampiro, fosse realtà.
Zoro strinse a se Nami, abbarcciandolo in segno di protezione e come deterrente dall’alzarsi dal divano e affettare quello scarabocchio che non voleva credere al vero e torturatore male che stava massacrando la sua mocciosa.
-Da quanto è arrivato Law?- chiese in un sussurro la navigatrice, abbracciando di rimando il samurai e puntando lo sguardo contro l’ospite.
-Stavi dormendo… comunque pochi attimi… giusto il tempo di farmi venir voglia di buttarlo a mare…- ringhiò il verde.
La rossa fissava astiosa il medico moro, che le dava le spalle continuando a dibattere con Chopper, mentre due figure a lei sconosciute, un orso polare e un uomo vestito con una tuta arancione, la fissavano invece con molta attenzione.
Penguin non le staccava gli occhi di dosso, non abituato a vedere una bellezza tale in una ciurma di pirati sgangherati e malfamati come quelli. Beppo, invece, annusava l’aria in estasi del dolce aroma di mandarino che proveniva dalla ragazza, lasciandosi cullare da esso.
Nami non gli badò, fulminando con lo sguardo quel cretino di un membro della Flotta dei 7 che aveva osato usarla come una bambolina insieme ai suoi compagni sull’isola di Punk Hazard, divertendosi con le sue abilità e i suoi giochi perversi, e che ora, per di più, interrompeva il suo primo bacio con il suo buzzurro. Law, si stava proprio aggiudicando un posto nella sua lista nera.
-Ricordami di picchiarlo, quando mi avrà curata…- sibilò acida.
-Oh, stanne certa…- ghignò il verde, rilassandosi nuovamente sul divano e accarezzando la schiena di Nami sovra pensiero, allegro che quel chirurgo avrebbe presto assaggiato la forza omicida e vendicativa della rossa.
-… le emorragie, gli incubi dovuti alle infiammazioni al sistema nervoso, i segni del cammino del veleno, le vene occluse dalla tossina… tutto torna…- conteggiava sui suoi zoccoli Chopper, cercando di convincere Law.
-No, no, no…- scuote il capo incredulo il moro -… ok, può essere che il veleno del pesce sia usato come tortura negli schiavi, ma nessuno di essi è mai vissuto abbastanza da poter morire di questa maledizione, ne vi sono libri che riportino tali torture simboliche..-
-In verità si…- si intromise Robin, alzando gli occhi cerulei da un libro che stava leggendo -… noi qui sulla Sunny ne possediamo uno: è l’ultima copia di una saggio proibito che è stato completamente distrutto nei 100 Anni di Buio… o almeno così dovrebbe essere… l’ho preso in prestito da una Biblioteca di Skypea tanto tempo fa…-
Chopper tirò un sospiro di sollievo, vedendo che la spiegazione della compagna aveva placato le incredulità di Trafalgar. Il moro, pensieroso e rimuginante, chiuse gli occhi riflettendo, lisciandosi il pizzetto.
-Dunque dottore… affermi che la tua navigatrice abbia un tatuaggio di inchiostro e veleno su di lei da 12 anni e che da quattro giorni presenti le sintomatiche della tossina contenuta nel veleno del Pesce Dieci-Anni…- riaprì gli occhi, puntandoli contro la renna -… ma come dice il nome, la tossina richiede 10 anni, e non 12, per svilupparsi… quindi, perché questo enorme ritardo nel suo risveglio?-
-Il tatuaggio ha subito alcuni danni e credo che essi abbiamo, fortunatamente, ritardato lo sviluppo della tossina…-  deglutì la renna.
-Uhm…- Law iniziò a camminare in cerchio nella stanza, puntando gli occhi chiusi su i suoi silenziosi passi -… il veleno impiega 5 giorni a uccidere il corpo che lo ospita… -
Zoro ringhiò contro quella minaccia.
-… e la morte, almeno così si dice, è dolorosa e massacrante in maniera allucinate…- alzò lo sguardo su Nami, in braccio allo spadaccino verde -… ma vedo che la paziente non sembra così morente…-
-Bada a come parli, scarabocchio!!!- rubò le parole di bocca a Zoro, Sanji –La cara Nami soffre più di quanto tu possa mai immaginare ma ha anche una soglia del dolore altissima e intaccabile… se non urla e si dispera per il dolore, poi, è solo perché non vuole far soffrire anche noi…-
Nami abbozzò mezzo sorriso, arrossendo per quelle parole di difesa, mentre Zoro ghignava compiaciuto, per una volta, della cavalleria del cuoco.
-Uhm, sarà…- sollevò in aria le spalle il chirurgo -… ma se non vedo non credo!!!-
Chopper aprì bocca per ribattergli che mai si sarebbe sognato di inventare una malattia del genere solo per disturbarlo, ma la navigatrice lo precedette.
-Bene… allora avvicinati e guarda con i tuoi stessi occhi…-
Debolmente, aiutata da una mano dello spadaccino, si alzò dal sofà, sedendosi su un tavolino basso e largo davanti al divano che occupavano. Con una smorfia di dolore per aver mosso il braccio dolorante, si sfilò la camicia di dosso, ripiegandola sulle sue gambe e librando la visuale sul tatuaggio rosso e l’anello viola che lo circondava dalla sua chioma rossa, raccogliendola sulla spalla sana.
Dava le spalle a Law e ai suoi uomini, lontani qualche metro dietro lei, mentre stringeva nelle sue mani quelle calde e tremanti di rabbia di Zoro, tentando di calmarlo e di non farlo scattare come una mola assassina contro la giugulare del chirurgo.
Con passo lento ma deciso, Law s avvicinò alla schiena della ragazza, curioso di vedere con i suoi occhi quella leggenda vivente.
-Spero per te che tu non abbia ancora pranzato…- affermò Rufy, rimasto silenzioso per tutta la durata della discussione tra lui e il suo Nakama.
-Ho lo stomaco di ferro, tranquillo…- ghignò il moro, sedendosi sul lato opposto del tavolo in cui sedeva Nami.
Deglutendo curioso, osservò estasiato la spalla della ragazza.
Lì, sulla diafana e lattea pelle della rossa, una ghignante testa di pesce mordeva la scapola della giovane, lasciando scarlatti e netti segni di morsi, dovuti al collasso indotto dalla tossina sulle pareti venose, le quali si spezzavano formando quei tagli. Le ferite, ricucite egregiamente con punti di satura, erano ancora sporche di sangue, segno che il cedimento all’interno del sistema circolatorio era ancora in atto. Tutt’intorno ad esso, uno scuro e violaceo ematoma si espandeva, formando un anello circolare e perfetto introno al tatuaggio, e dai cui bordi si ramificavano lunghi e sottili rami verso il braccio sinistro della rossa e verso il suo cuore, centro palpitante di vita e sangue, elemento necessario per la sopravvivenza della tossina.
-È meraviglioso, incredibile, straordinario…- balbettava euforico Law, mentre Penguin scappava fuori dalla stanza diretto a vomitare fuori bordo della nave pirata per ciò che solo aveva intravisto, e Beppo, rannicchiato in un angolo della sala, mugugnava contro quel maleficio.
-Non ho mai visto niente di questo genere!!! È in assoluto una scoperta meravigliosa, è sensazionale, è…è…è…-
-È meglio se cambi lessico, prima che Zoro ti uccida…- lo fermò con una pacca sulla spalla Rufy, notando lo sguardo assassino del suo spadaccino verso il chirurgo e la sua esaltazione per quella maledizione che stava uccidendo la sua mocciosa.
-Scusate…- sussurrò il moro, ricomponendosi -… ma non ho mai visto nulla di questo genere. Dottore…- si rivolse a Chopper, dietro di lui -… mi scuso per il mio scetticismo, avevi ragione fin dall’inizio: è lui, è il Pesce Vampiro, il Pesce Dieci-Anni!!!-
Chopper annuì, felice che il pirata accettasse la sua difficile diagnosi.
-Law…- lo chiamò Nami, voltandosi appena vero di lui. Lo guardò con i suoi grintosi e bellissimi occhi di cioccolato, facendolo rabbrividire di una strana sensazione di euforia mista incertezza per la loro brillantezza e calore -… mi aiuterai?-
Law annuì, ammutolito per quello sguardo denso e puro. Non aveva mai visto occhi così belli e perfetti. La navigatrice gli sorrise, ringraziandolo mentre si rivestiva e si alzava dal tavolino.
-Vado a stendermi…- comunicò ai compagni, mentre si dirigeva traballando e sorretta da Robin, verso la sua stanza.
Law deglutì ghignando euforico.
-Rufy…- chiamò l’amico, che gli si avvicinò -… grazie…-
-E di che Law? Sono io che ti ringrazio per essere venuto fin qui… accetterai di curare Nami?-
-Oh si…- assentì il moro -… accetto con molto, molto piacere…-
Zoro fissò rabbioso il suo ghigno sicuro e il suo sguardo languido che seguiva la camminata di Nami. Grugnì rabbioso e combattivo. Si presentiva aria di guai, grossi e dolorosi guai, ma non per lui, ne era sicuro, ma per quello scarabocchio, se mai si fosse azzardato a toccare la sua Nami per farle del male o per portargliela via.
Oh, si, che si azzardasse anche solo provarci. In quel malaugurato caso, tutte le sue conoscenze mediche non sarebbero state sufficienti nemmeno per ricomporlo a metà, e quella era una promessa, non una semplice minaccia. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Chiedo scusa per l’enorme errore di battitura del nome di Bepo, con una sola “P” e non con due, come da me sbagliato. Sorry!!!!

Zomi
 

 
 
-Tranquilla sorellona… va tutto bene… ho solo bisogno di pace e tranquillità per riposare…- sorrise debolmente Nami a Robin, che la osservava scettica sedersi sul suo letto.
-Sicura? Posso restare qui se vuoi…- incrociò le braccia al petto, studiandola in ogni sua azione.
-No, tranquilla… devo solo riposare… tu vai pure dagli altri e pranza con calma…-
L’archeologa si morse nervosamente un labbro, indecisa per la prima volta nella sua vita sul da farsi. Non si fidava a lasciare sola Nami. Non voleva che si sentisse male o che si addormentasse per poi risvegliarsi da sola, dopo un altro di quei suoi terribili incubi. D’altro canto, però, vedeva che la rossa necessitava di tranquillità e silenzio, elementi assai rari se non unici in quella nave pirata. Con i suoi azzurri occhi, studiò attenta la sorella.
Era seduta sul bordo del suo letto, le gambe, libere dai sandali puntate sulle assi di legno del pavimento, erano incrociate tra loro. Le mani bianche e tremanti reggevano il tronco, posandosi sul copri letto, aiutando così la rossa a restare eretta con la schiena e a guardare negli occhi la preoccupata mora.
-Sto bene Robin…- la tranquillizzò con un sorriso debole -… devo solo riposare un po’… tu vai…-
Robin la guardò in volto, mordendosi nuovamente il labbro inferiore.
Il dolce viso della navigatrice, paffuto e roseo, ora era bianco e quasi trasparente, composto da fragile vetro e non di pelle e carne. I suoi profondi e dolci occhi erano annebbiati da un pesante velo di dolore, che offuscava il loro splendido color cioccolato, rendendolo più opaco e stanco, e le piccole e appena accennate occhiaie viola che li circondavano, confermavano la debolezza e la stanchezza della giovane.
La chioma rossa, brillante e infuocata, tremava sul punto di spegnersi e perdeva, secondo dopo secondo, lucentezza e vigore.
-Potrei chiedere a Zoro di stare qui con te…- propose la mora, sorridendole.
-No… lascialo mangiare in pace… e poi non vorrei scocciarlo ancor di più, visto che già mi deve riscaldare 24 ore su 24…- sussurrò Nami.
-Come se gli dispiacesse… - sorrise la mora, socchiudendo gli occhi.
Nami arrossì per quelle parole, o almeno ci provò, perché nessun fiotto di sangue raggiunse le sue guance per imporporarle per l’imbarazzo, e nessuna vampata di calore la riscaldò nel pensare per un attimo che lo spadaccino gradisse quel loro contatto forzato.
-Vai Robin… il pranzo sarà già in tavola…- scosse la testa Nami, sorridendole.
L’archeologa spostò dubbiosa il suo dolce peso da una gamba all’altra.
-Il cuoco verrà di certo a portarti qualcosa da mangiare…- rimuginò.
-Non ho fame… dì pure a Sanji di non disturbarsi e che dia la mia porzione di cibo a Rufy… ne sarà di certo felice…-
Robin annuì e si voltò verso la porta. Stava per afferrare la maniglia, quando si rigirò verso la navigatrice. Non riusciva a lasciarla sola. E se si fosse sentita male?
-Robin vai…- la esortò di nuovo Nami, muovendo verso di lei una mano in segno che se ne andasse in fretta.
-Si, vado… prima che il capitano mangi tutto…- ma non mosse un passo, continuando a guardarla.
-Si, certo perché ora Rufy lascerebbe proprio te a digiuno… che idiozia…- sbuffò la rossa, alzando gli occhi al cielo per l’ingenuità della sorellona nel capire i sentimenti di quel pozzo senza fondo del loro capitano.
L’archeologa arrossì lievemente, avanzando di un passo verso la navigatrice, ormai decisa a non volerla lasciare.
-Senti Robin: o ora tu vai a pranzare, o ti giuro che ti ci porto io a forza… stai tranquilla!!! Ho solo bisogno di riposare, tutto qui!!!- sbuffò stanca Nami, tentando di minimizzare la sua situazione medica.
La mora sorrise e lasciò la stanza, richiudendo silenziosamente dietro la sua schiena la pesante porta della cabina, sperando di non dover rimpiangere la scelta di aver lascito sola la compagna. Nami puntò il suo sguardo sulla porta per un paio di minuti, per assicurarsi che Robin se ne fosse andata davvero, e che non la stesse tenendo d’occhio da dietro la soglia. Prese un profondo respiro e spostò lo sguardo attorno a se, in cerca di qualsiasi ceruleo occhio della mora che la stesse spiando. Guardò con attenzione su tutte le assi di legno del soffitto, per poi studiare meticolosa ogni piccolo anfratto della stanza.
Bene, nessun segno della sua sorellona. Nessun occhio azzurro e attento che la osservava, come quello che aveva intravisto sul cappello di Chopper quando l’aveva visitata la prima volta in assenza di tutti gli altri membri della ciurma.
Certa di essere sola, soffiò pesantemente l’aria dal naso, chiudendo gli occhi e levandosi dal viso quella maschera di calma e serenità che l’aveva aiutata a recitare davanti a tutti i suoi Nakama. In un attimo, l’espressione tranquilla e controllata che aveva mantenuto su di se, davanti a tutti i suoi compagni, si storse in una contratta e soffocata smorfia di dolore. Le carnose e pallide labbra di Nami vennero morse ferocemente dai bianchi denti di lei, che si conficcarono dolorosamente nella carne, in modo da strozzare quell’urlo disumano che le grattava in gola, sfogo di quel male che la lacerava dentro. Gli occhi chiusi per il dolore, le palpebre strette forte tra loro mentre le ciglia dibattevano inermi contro le lacrime che minacciavano di scenderle dagli occhi.
Le mani, strette a pugno attorno al copri letto del suo giaciglio, tremavano spasmodiche, insieme a tutto il bel corpo della navigatrice, scosso da ondate di dolore.
Faticosamente, Nami si tolse di dosso la camicia bianca che nascondeva a tutti il lento avanzare del veleno in lei, abbandonando l’indumento sul cuscino del suo letto. Si passò leggera una mano sulla spalla, sfiorando tremante l’ematoma violaceo. Velocemente ritrasse le dita protese verso il tatuaggio rosso, pervasa da una lunga e dolorosissima fitta di dolore nata dal semplice accarezzarsi.
Mantenendo gli occhi chiusi, strinse maggiormente il suo morso sul suo labbro, sbiancandolo e tagliandolo leggermente. Rabbrividendo di freddo e dolore, avvicinò nuovamente la mano sana alla scapola mutilata, decisa a fermare, se pur inutilmente, con la sua presa quel doloroso fiume di scariche elettriche che la attraversavano sul lato sinistro del suo corpo.
Dall’alba il dolore alla spalla era peggiorato vertiginosamente, aumentando d’intensità e il suo raggio d’azione, con l’avanzare silenzioso e senza freni dei rami viola che si espandevano dall’ematoma che circondava il tatuaggio.
Deglutendo a fatica, riaprì gli occhi, trattenendo ancora dentro di se i gemiti di male che sentiva. Il dolore alla spalla era insopportabile. Acuto e diffuso, la torturava da dentro, facendosi spazio in lei con violenza e ferocia. Era come se mille lance ardenti, con punta affilata e tagliente, si conficcassero con precisione chirurgica sulla pelle della sua spalla, a comporre perfettamente il disegno del simbolo che le deturpava la diafana scapola, ungendola di rosso cremisi e viola scuro. Da quelle piccole ma letali punte di ferro conficcate in lei, si ramificavano migliaia di penose scintille ghiacciate, che veloci e sicure si immettevano nella sua circolazione sanguigna, avanzando senza conoscere fatica o ostacoli, attraverso le varie pareti muscolari e nervose, assorbendo e  cibandosi di qualsiasi goccia di sangue che trovavano lungo il loro cammino, lasciando dietro di loro, segno del loro passaggio, solo dolore e  freddo mortale.
La tossina continuava a camminare, veloce e lenta allo steso tempo, all’infinita ricerca di nuova linfa vitale, insaziabile e affamata di quel nutrimento così goloso e saporito.
Nami alzò il viso al cielo, testarda a non voler cedere il controllo di se stessa a quelle luride e criminali lacrime di dolore e paura.
No, lei non poteva cedere.
Se avesse ammesso, anche con solo se stessa di aver paura, allora sarebbe stata la fine. Non sarebbe più riuscita a combattere contro quel male, a respingerlo e reprimere la dannata voglia di urlare di dolore che esso provocava, a cancellare dal suo viso la smorfia di sofferenza fisica che ora avvampava sulle sue morbide labbra.
Sbuffò, ansimando pesantemente da dietro i denti digrignati e stretti a mordere le labbra, soffocando ogni più piccolo gemito di fatica.
No, lei non avrebbe pianto.
Non poteva permetterselo. Non aveva mai potuto permetterselo. Fin da quando era stata costretta a lasciare Coconat Village, pur di salvarla, era cresciuta ben sapendo che non le sarebbe più stato concesso il lusso di piangere. Nessuno si sarebbe interessato al suo dolore e alla sua tristezza, ma anzi l’avrebbe derisa e maltrattata ancor di più per la sua debolezza. Aveva imparato, troppo presto, a piangere in silenzio, senza dar nell’occhio, con discrezione e senza versare una sola lacrima. Testardamente, si era imposta l’obbligo di non perdersi mai più in lunghi pianti disperati, dimenticando come si singhiozza e al massimo versando solo una lacrima, una soltanto, che le avrebbe rigato il suo dolce viso per pochi attimi, giusto il tempo di seccarsi sul suo profilo e morire silenziosamente.
Pur di sopravvivere in quel mondo di bugie e dolore, si era auto vietata di piangere.
Almeno fino all’arrivo di Rufy e degli altri, che le avevano dimostrato che quella piccola dimostrazione di dolore e sofferenza, non lo era anche di debolezza, ma che anzi, lo era di grande forza, la forza di ammettere i propri limiti e il coraggi di volerli superare.
Ma ora, davanti a un limite così grande e forte, vi era ancora quel coraggio di lottare?
Nami si asciugò con un gesto violento e potente del suo palmo gli occhi, ansimando per la gola secca e vetrosa che la pregava di urlare di dolore, liberandola da quella prigione silenziosa.
-No…- mugugnò a denti stretti -… non puoi piangere… se piangi capiranno che stai male e staranno male anche loro…- si ammonì, tirando su con il naso.
Doveva resistere per i suoi Nakama. Doveva lottare con tutte le sue forze, senza dimostrare però di aver paura. Ma lei aveva tanta, troppo paura.
Paura di non farcela, di morire schiacciata da quel mostro che da sempre la rincorreva, paura di perdere tutti i suoi cari, di perdere Zoro, il suo prezioso e amato Zoro, i suoi fratelli, la sua sorellona, di non poter più realizzare il suo sogno…
Aveva paura, ma non poteva arrendersi ad essa.
No, non poteva piangere e non poteva nemmeno arrendersi.
Aveva male si, tanto, illimitato e straziante male, ma doveva farcela. Quella lotta era sua, e nessuno altro doveva combatterla se non lei.
Deglutendo con fatica, si alzò dal letto avvicinandosi alla specchiera che solitamente condivideva con Robin. Si guardò attentamente, evitando di fissare i suoi occhini lucidi, ma infossando lo sguardo sulla sua spalla.
Vedeva le piccole venature viola dell’ematoma diramarsi sul suo petto, annunciando la loro prossima discesa sul lato interno del suo seno sinistro, mirando perfidamente al letto del suo cuore. Tremò, notando l’improvviso e raggelante moto di vita di una di queste piccole radici, che si spostò verso il basso, andando così a nascondersi sotto la stoffa azzurra e tesa della coppa del suo reggiseno.
Rabbrividì, mentre le sue labbra iniziarono a tremare impaurite. I suoi occhi le pizzicavano ostinatamente, imponendole di piangere.
-No… no…- mugugnava la rossa, asciugandosi le prime lacrime con le mani -… no… no…-
Un brusco e secco bussare la fece sussultare sul posto.
Deglutì sorpresa, voltandosi verso la porta.
-Mocciosa…- si sentì chiamare -… posso entrare…?-
La navigatrice saltò sul posto, correndo verso il suo letto per recuperare la camicia e coprire il suo male.
-Un-un attimo…- balbettò, infilandosi nervosamente la manica sinistra, e storcendo gli occhi per il dolore che provava nel muovere l’arto leso.
La porta cigolò acutamente aprendosi, mentre Zoro introduceva cauto il viso all’interno della cabina. Indirizzò sicuro il suo sguardo sul primo letto, quello di Nami, trovandola proprio di fronte ad esso, intenta a chiudersi la camicia mentre gli dava le spalle.
-Abbiamo finito di pranzare…- spiegò baritonale, avvicinandosi. Lei annuì semplicemente, muovendo la chioma rossa.
-Scarabocchio… ehm… cioè, Law e Chopper vorrebbero visitarti… se te la senti…-
Nami annuì ancora, rimanendo sempre di spalle e fingendo di sistemarsi l’orlo della sua camicia, ma cercando in verità di cancellare dal suo viso ogni traccia di pianto, nascondendolo alla visione del samurai.
-Mocciosa… va tutto bene?- chiese lo spadaccino, orami a pochi passi da lei.
-Non fare domande stupide…- sibilò acida, per poi subito pentirsi delle sue parole.
-Scusa…- mormorò, non voltandosi però verso di lui per guardarlo -… e che… che ho bisogno di stare da sola… di a Chopper e a Law che verrò tra un attimo…-
-Ok…- lo sentì mormorare atono, per poi retrocedere verso l’uscio silenziosamente.
Di nuovo la porta cigolò aprendosi, premettendogli di uscire e chiudendosi, con un tonfo sordo, dietro la sua possente mole.
Nami deglutì amaramente, in colpa per come si era comportata con lo spadaccino. Non era nemmeno riuscita a guardarlo in faccia, vergognandosi per quella sua debolezza e per quel dolore lanciante e mortale che voleva piegarla al suo volere.
Avrebbe voluto piangere, singhiozzare, urlare di dolore e sfogarsi, ma non poteva. Se avesse ceduto a quel desiderio liberatorio, avrebbe perso la sua ultima difesa dietro cui nascondersi, la sua ultima barriera dove celare il suo dolore per non far soffrire inutilmente i suoi compagni. Doveva resistere, combattere e non piangere. Per loro.
Ma era tutto troppo difficile.
La stanchezza, il dolore fisico e mentale per quegli orribili incubi, la paura di morire, la fatica nel reprimere tutto quella sua sofferenza…
No, era ormai al limite.
Stanca, si inginocchiò a terra, piegando le gambe e incurvando in avanti il busto, abbandonando il capo tra le sue mani, dove nascoste e libere, le lacrime iniziarono a scendere.
Quelle piccole gocce di dolore erano calde. Calde come il sole che filtrava dall’oblò della cabina, e che illuminava il suo corpo debole e fragile piegato alla legge del dolore.
Soffocati e bassi gemiti di dolore iniziarono a sfuggire alle sue labbra, scappando nell’aria pesante della stanza, perdendosi in essa e morendo contro le preti che lì li trattenevano.
-Non ce la faccio… non riesco a non piangere… come posso proteggere i miei Nakama dal mio dolore, se nemmeno io riesco a sconfiggerlo?... non ce la faccio…- ansimò Nami, scuotendo la testa tristemente e portando a coppa la mano destra sulla spalla dolorante, chiudendola in essa e cercando di fermare le scariche di male.
-Non ce la faccio da sola…- sussurrò, bagnando le sue parole con le lacrime che correvano ai lati del suo bel viso.
Forti e muscolose braccia di samurai l’abbracciarono da dietro, alzandola da terra sorprendendola. Stretta in quella morsa, la navigatrice si ritrovò contro il petto caldo e accogliente di Zoro, rimasto nella stanza, da cui aveva finto di uscire, per tutto quel tempo. Le robuste e bollenti braccia di lui la strinsero forte, smorzando per un attimo i suoi gemiti, mentre il mento bronzeo dello spadaccino si posava dolcemente tra i suoi crini ramati.
-Tu non sei sola, mocciosa…- le sussurrò piano -… ci sono io qui con te… non ti lascio sola, è una promessa… e piangi, piangi pure… tu sei l’unica che può qui dentro… non ti devi vergognare di niente, anzi… almeno tu hai il coraggio di ammettere che stai soffrendo… e non ti devi preoccupare: se è vero che il tuo dolore è anche il mio, allora è anche vero che la mia forza è anche la tua, e insieme ce la possiamo fare…-
Gli occhi di Nami tornarono a luccicare di lacrime, che scesero veloci lungo i suoi zigomi, bagnandole il volto nascosto tra le pieghe della camicia rossa del verde e inumidendo anche al samurai la pelle del torace.
Bassi singhiozzi erano spinti attenuati contro i pettorali di lui, dove morivano scontrandosi con il rumoroso battere sano del cuore dello spadaccino, che con il suo forte eco celava ogni singolo urlo di dolore della rossa, finalmente libera di sfogarsi, gridando tutto il suo male.
Le mani esili e fragili di lei stingevano con forza la stoffa vermiglia della camicia di Zoro, prova che lei avrebbe combattuto ancora pur di non perderlo, mentre calde lacrime venivano liberate dai suoi occhi.
Il verde, silenzioso ma sorridente, la stingeva protettivo al petto, orgoglioso che la sua mocciosa si fosse sfogata proprio con lui e con nessun altro.
Pian piano, le grida e i singhiozzi scemarono, permettendo al silenzio di tornare padrone della cabina. Nami tornò a sorridere e, alzando il volto umido verso quello del samurai, lo ringraziò a fil di voce. Lui ghignò semplicemente, abbassando nuovamente con una carezza il suo viso sul suo petto.
Nami chiuse gli occhi rassicurata.
La camicia rossa era umida e calda, come lo erano le lacrime calde che l’avevano bagnata, come il sole che illuminava la stanza, ma mai calda come il forte e nobile cuore di Zoro, cha suonava per lei a ritmo della sua promessa.
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Pubblicato per sdrammatizzare il precedente capitolo… =P

Zomi
 



 
Guardò annoiata le pareti della piccola infermeria.
Le mura nocciola erano ricoperta qua e là da riproduzioni del corpo umano, con sopra indicate le varie sezioni. A lato del lettino medico, su cui sedeva nel centro della stanza, un’enorme libreria custodiva i saggi e i vari libri medici che solitamente Chopper consultava per le sue ricerche.
In fondo alla stanza, poi, riposava in un caos infernale la scrivania del piccolo dottore, ricoperta da vari alambicchi e ampolle, addormentati vicino a libri e fogli sparsi su ogni ripiano del mobile, ma ordinate in qualche oscuro metodo medico. Una piccola porticciola davanti a lei, dava sul bagno privato della renna e alla stanzetta in cui riposava la notte. Da un piccolo spiraglio dell’uscio, si poteva intravedere un comodino basso ricolmo di libri, e una cornice intagliata nel legno che proteggeva una foto grigia.
Ben spolverata e accarezzata numerose volte, l’immagine ritraeva Chopper, il dottor Hillk e la dottoressa Kureha in mezzo alla neve, sorridenti e infreddoliti.
Nami sorrise distogliendo lo sguardo dall’apertura, piegando il capo verso la porta d’entrata della cabina, dondolando le gambe oltre il bordo del lettino su cui sedeva.
Come riferitole da Zoro, Chopper e Law volevano visitarla per controllare l’avanzamento del veleno e per verificare che l’operazione medica ipotizzata dalla renna dottore fosse possibile.
I due medici le avevano chiesto di aspettarli nell’infermeria della Sunny, mentre discutevano ancora dei particolari da accertare con quella visita.
Era da una decina di minuti che li attendeva nella cabina, e iniziava a preoccuparsi.
Sospirando alzò il volto al soffitto, muovendo le gambe soprappensiero come una bambina, e tamburellando le dita delle mani sul materasso del letto ortopedico su cui sedeva.
-Ufff…- sbuffò, cercando di distrarsi dal pungente e costante dolore alla spalla, che la tormentava anche in quel momento. La porta si aprì velocemente, e sorridente entrò Chopper.
-Law arriva subito…- la informò, posando alcuni libri sulla scrivania -… io intanto pensavo di spigarti come vorremmo visitarti oggi…-
La navigatrice annuì sorridendo.
-Bene…- prese un respiro di coraggio la renna -… dato che non sappiamo bene dove si trovi con esattezza la bolla in cui il veleno si è sviluppato in questi anni, Law userà le sue abilità per estrarre i vari strati di tessuti muscolari che compongono la tua spalla, alla ricerca del punto esatto in cui si annida la tossina. Una volta trovato, sarà poi facile operarti sempre grazie alle sue capacità, non facendoti soffrire più di tanto…-
-Non farà male…?- domandò scettica la rossa.
-Non credo… Law ha detto che sentirai appena un pizzicotto per lo Scramble iniziale, ma poi non dovresti sentire nient’altro…- annuì sicuro la renna, mentre preparava alcuni arnesi per la visita su un ripiano vicino al letto.
-Non dovrei?- ripeté  il condizionale, nervosamente Nami.
-Bhè, ecco… è tutto un discorso teorico il nostro… insomma, dato che il veleno è ormai diffuso per maggior parte del sistema nervoso, non siamo troppo sicuri che lo Scramble riesca a tagliare nettamente i vari collegamenti nervosi, e quindi scollegarli tra loro…-
Nami deglutì per niente rassicurata.
-… però tranquilla, ci sono qui io, e non appena vedrò che la situazione sta prendendo una brutta piega, fermerò Law per sistemarti…-
La ramata annuì, cercando di controllare la sua tremarella e di fidarsi ciecamente del suo Nakama. In fin dei conti, lui era il miglior medico che conoscesse, e se lui si fidava delle abilità di quel Shichibukai così misterioso, allora anche lei doveva aver fiducia in lui. Sospirando, abbassò il capo sulle sue gambe, desiderano in cuor suo che tutta quella faccenda finisse in fretta. Se almeno avesse avuto accanto Zoro, si sarebbe sentita molto più al sicuro, ma Chopper era stato chiaro: solo i due medici e lei dovevano essere presenti nell’infermeria, per quella visita.
Gli altri avrebbero dovuto aspettare tutti nella sala comune, in attesa di novità e non osandosi a bussare alla porta della cabina per chiedere informazioni, ed evitare quindi di provocare distrazioni ai due dottori al lavoro.
Certo, era un ragionamento molto logico quello, se si è adulti calmi e ragionevoli come potevano esserlo Penguin o Robin, ma se si è dei buzzurri testa di acciaio come Zoro, è tutto un’altro discorso.
-… me ne fotto!!!
Il ringhio di Zoro risuonò lungo le pareti del corridoio che conducevano all’infermeria, irritando maggiormente il già nervoso Bepo.
-No, Roronoa. Te l’ho già detto e te lo ripeto: io, il dottor Chopper e Nami saremo i soli a essere presenti in quella cabina. Nessun altro. E questo vale anche per te Bepo…-
Un’occhiata truce e severa fu rivolta all’orso polare, che abbassò il capo bianco offeso.
-Stammi bene a sentire scarabocchio dei miei stivali…- avanzò di un passo verso il chirurgo del male lo spadaccino, stringendo le sue callose mani in due pugni tremanti di rabbia -… non mi importa un bel niente se decidi di lavorare senza il tuo orsacchiotto formato gigante accanto, anzi, sai che ti dico, per me puoi pure gettarlo a mare… non m’importa nemmeno vederti all’opera se è per quello… quello che m’importa e che Nami abbia qualcuno accanto che la faccia sentire protetta e quello sono io…-
-Ci sarà Chopper con me nell’infermeria…- soffiò offeso Law, non sopportando quel nomignolo che il verde gli aveva affibbiato.
-Chopper ha già il duro compito di tenere d’occhio quel maledetto tatuaggio e te… non può occuparsi anche della mocciosa…- gli andò vicino Zoro, portandosi a pochi millimetri da lui.
I loro occhi, neri e profondi, si incrociarono in una morsa minacciosa e seria. Il chirurgo fissava quel ragazzo sfigurato con piacevole attenzione, incuriosito da quel suo temperamento così protettivo e riguardevole nei confronti della sua navigatrice, e da quella strana relazione che li legava.
Aveva notato da subito che lo spadaccino e la ragazza erano stretti tra loro da un rapporto ben più profondo che di una semplice amicizia o legame affettivo, come lo erano nei confronti del resto dei loro compagni. C’era qualcosa di più tra quei due personaggi.
Il loro parlare sommessamente, gli sguardi veloci ma pieni di significato, quel soffrire silenzioso della ramata tra le braccia del verde, quasi per tutela del ragazzo e non sua, e quel stringerla possessivo a se di lui, per infonderle coraggio e una forza che sparava l’aiutasse.
Ghignando, Law si incamminò verso l’infermeria della Sunny, seguito a ruota da Zoro e da Bepo, anche lui voglioso di essere presente alla visita per non lasciare solo il suo capitano con altri due pirati di cui non era certo di potersi fidare.
-E sia…- sbuffò incrociando le braccia dietro la testa e avanzando pigramente -… entra pure con me… ma sappi che poi ne voglio sapere la vera motivazione…-
-Te l’ho già detto il perchè, razza di specialista dei miei stivali…- ghignò vittorioso il samurai.
-Capitano… non puoi… 3 pirati, tra cui per di più una Super nova, e tu da solo in mezzo a loro… è pericoloso…- piagnucolò l’orso polare, superando il moro e fermando il suo cammino con la sua immensa mole.
-Ufff… Bepo… sei sempre il solito… che vuoi che mi posano fare?!?- alzò gli occhi al cielo il chirurgo.
-Bhè… quell’alga marina mi sembra innocua…- indicò con un artiglio della sua zampa Zoro, dietro le spalle di Law, sulla cui fronte iniziò a pulsare una vena rabbiosa -… ma quel piccolo dottore non mi convince molto… l’hai visto prima, no? Da piccolo che è, è diventato enorme…-
L’orso polare alzò nell’aria le sue bianche zampe, cercando di assumere un’aria gigantesca tanto quanto la forma semi gigante del dottore Mugiwara.
Law scosse la testa sconsolato.
-Ufff… e va bene… entra anche tu… ma vi avverto, a entrambi: alla prima parola che vola nella stanza, uscite tutti e due come frecce…- minacciò, spostando lo sguardo aggressivo e perentorio su entrambi i pirati.
-Si capitano!!!- si mise sull’attenti Bepo.
-Puff…- sbuffò nell’aria Zoro, storcendo il naso.
Con il suo bel ghigno sapiente stirato sulle labbra, il chirurgo entrò nell’infermeria, seguito a ruota dai nuovi due ospiti. Chopper, intento a sistemare alcune garze antisettiche sul lettino dove sedeva Nami, pronte all’uso nel caso fossero servite, guardò non molto stupito lo spadaccino addossarsi alla parete della stanza, proprio di fronte a dove sedeva la navigatrice, in modo che lo vedesse perfettamente per tutta la durata della visita. Fissò invece dubbioso della presenza del compagno pirata di Law, il quale si inchinò in un angolino della stanza, mettendosi in disparte e appallottolandosi su se stesso.
-Ehm… tutto ok?- domandò alzando un sopracciglio.
-Si… ma questi due testoni hanno voluto a ogni costo essere presenti alla visita della navigatrice…- borbottò il moro, avvicinandosi alla renna e annuendo a ogni arnese presente sul piccolo vassoietto sterile posato sul lenzuolo del letto ortopedico.
-Ti metti a litigare anche con gli orsi polari ora, Buzzurro?- ridacchiò Nami, alzando lo sguardo sul samurai.
-Io non litigo con i peluche troppo cresciuti… sono qui solo per mantenere la mia promessa… - ghignò incrociando le braccia al petto e guardandola dritta negli occhi.
-… è le promesse sono debito, vero…?- sussurrò arrossendo la ramata, sorridendogli dolcemente.
Il verde ghignò ancor di più, rilassandosi contro la parete.
-Bene… Nami noi siamo pronti, se vuoi possiamo iniziare…- le accarezzò la mano sinistra Chopper, attirando la sua attenzione.
Nami annuì e iniziò a sfilarsi la camicia, rimanendo così in bikini. Spostò delicatamente la sua chioma infuocata sulla spalla destra, indirizzandola verso il muro dietro la tastiera del lettino, in modo da permettere ai due medici di lavorare senza impicci.
Law e Chopper si posizionarono alle sue spalle, pronti a iniziare.
-Molto bene… Nami…- la fece voltare leggermente Law -… non sarà di certo indolore, ma cercherò comunque di essere il più delicato possibile…-
Zoro ringhiò sommessamente, infastidito da quella minaccia di sofferenza.
-Ok, Law… d’accordo… tranquillo…- l’ultima parola la navigatrice la indirizzò con uno sguardo allo spadaccino, rassicurandolo con un’occhiata dolce e un sorriso solo per lui.
-Perfetto, allora…- si scricchiolò le dita incrociandole tra loro il moro -… Scramble…-
Una bolla bluastra si alzò nell’aria, contenendo in essa una fine e sottile strato di pelle violacea.
-Strato per strato, dottore?- domandò a Chopper.
-Si, andiamo con calma…- annuì la renna, pronta ad intervenire con i suoi arnesi medici.
-Bene, allora epidermide con strato corneo…- spostò di lato la prima bolla, facendone apparire subito un’altra -… derma… dottore, guardi…-
-Si, l’ho notato Law… le terminazioni nervose libere che diffondono il dolore nel derma sono totalmente accerchiate dalla tossina e in iper attività…-
-Per di più i crepuscoli di Meissner, i sensori del tatto, sono totalmente distrutti e iper sensibili… uhm… Scramble…-
Una terza bolla azzurrognola si librò nell’aria, avvicinandosi ordinata alle altre due e posizionandosi in fila con loro. Zoro e Bepo osservavano in rigoroso silenzio i due medici al lavoro, ascoltando e capendo ben poco i loro commenti. Nami stringeva forte nei suoi pugni due lembi della sua camicia, piegata alla rinfusa sulle sue ginocchia, digrignando per il dolore i suoi denti.
Sentiva dentro di se qualcosa muoversi. Un flusso caldo e veloce che dal braccio risaliva verso la spalla, avanzando con grinta e violenza. Qualcosa si era risvegliato da un sonno profondo, minacciato dall’intervento dei due chirurghi, e ora stava risalendo le ramificazioni violacee per proteggersi.
-L’ipoderma è danneggiato tanto quanto gli altri livelli della pelle: le Clave di Krausse (indicatore del freddo Nda)sono totalmente impazzite per il basso flusso di calore nel sistema circolatorio, e i Corpuscoli di Ruffini (indicatore di calore Nda) ghiacciati inutilizzati…- si morse un labbro Chopper, allungando il collo verso una nuova bolla di Law, al cui interno un sottile strato di carne violacea oscillava.
-Inizio ad estrarre i primi fasci muscolari del deltoide… Nami va tutto bene?- chiese Law, sporgendosi oltre la spalla aperta all’aria.
La navigatrice riuscì solo ad annuire, troppo concentrata nel trattenersi dall’urlare per il dolore. Law glielo aveva detto: non sarebbe stato indolore. Ma accidenti, le aveva anche detto che avrebbe cercato di essere il più delicato possibile. Se quello era il massimo della sua delicatezza, non osava pensare a quando invece usava tutta la sua crudeltà.
-Deltoide e Trapezio infiammati… le hai somministrato dell’antibiotico?-
-No…- sospirò la renna -… ci ho provato, ma le vene erano occluse e non sono riuscito ad ignettarglielo…-
-Uhm… si… vedo infatti che la vena del Deltoide e l’arteria del Trapezio sono completamente occluse dalla tossina… dovremmo ricostruire queste pareti cellulari dopo l’operazione… i danni sono troppo estesi per una ricostruzione interna…-
-Si, lo sospettavo… hai raggiunto l’epifisi dell’omero?-
-Si, proprio ora… Scramble… eccolo qui… uhm…- osservò studioso l’attaccatura ossea tra omero e scapola della giovane navigatrice, che galleggiava nell’aria all’interno di una sua bolla -… la struttura ossea è danneggiata… che il veleno stia cercando di raggiungere anche il midollo osseo?-
-Uhm… no, non credo… controllo lo stato della clavicola…-
Con un movimento circolatorio del polso, Law sollevò nell’aria della cabina una bolla chiara e trasparente, portandola sotto la luce della lampada accesa che illuminava la stanza, poco distante dal lettino medico. Lì, oscillando tranquillo e beato, un osso lungo e sottile si lasciava esaminare dai due medici.
-È normale…- mormorò il chirurgo del male, avvicinatosi alla bolla con Chopper, dirottando così la loro completa attenzione su quel fragile osso.
-Almeno lui… credo che i danni all’articolazione sferica siano solo un rimasuglio del danneggiamento che il tatuaggio ha ricevuto anni fa…-
-Si, lo penso anch’io… ora che noto, vi sono alcune scaglie di risaldatura ossea intorno alle lesioni…- si lisciò il pizzetto Law, avvicinando con un gesto elegante della mano una piccola bolla ai loro sguardi, analizzando nuovamente il precedente osso estratto.
-Chopper…- chiamò Zoro, cercando di attirare la sua attenzione.
-Uhm, si dottore, ha ragione… questi danni risalgono ad almeno due anni fa…- commentò il moro.
-Si, ne sono certo… credo che la tossina sia in grado di danneggiare solo i tessuti muscolari e venosi…- annuì con un zoccolo sul mento la renna dottore, non ascoltando i richiami dello spadaccino.
-Chopper…- lo chiamò ancora il verde.
Bepo ringhiò in sua direzione, fulminandolo con lo sguardo. Se continuava a disturbarli, Law gli avrebbe cacciati fuori.
-… la tossina attacca solo le strutture umane con ricambio cellulare periodico, e non di crescita sormontata di cellule vive su morte come le ossa…- rimuginò ancora il membro della Flotta dei 7.
-Quindi non dovrebbe attentare alla struttura ossea… ma per quanto riguarda il muscolo cardiaco…-
-Chopper…-
-… credo che dovremmo verificare la tensione nervosa dei ventricoli per controllarne la resistenza e calcolare così quanto tempo abbiamo a nostra disposizione…- rifletté la renna.
-Chopper!!!- ormai Zoro urlava, ma i due dotti non si degnavano di ascoltarlo.
-Credo che, visto l’andamento del cammino del tatuaggio e la resistenza al dolore della paziente, abbiamo guadagnato almeno un altro giorno di vita…- ghignò entusiasta Law -… è stupefacente!!! Le lesioni al tatuaggio ci hanno regalato un giorno in più per studiare questo velen…-
-MALEDIZIONE!!! CHOPPER!!!- lo spadaccino batté un pugno sul muro da cui si era alzato, sporgendo verso Nami la sua possente e nervosa mole, richiamando l’attenzione dei due medici su di se.
-Roronoa ti aveva avvertito: una parola e tu e Bepo filate fuori… quindi…-
-Imbecille, taci, scarabocchio dei miei stivali!!!- ringhiò funesto –Nami!!!-
Con un moto veloce e secco della mano, indicò la navigatrice seduta sul lettino, il cui busto era incurvato in avanti, gli occhi aperti e sbiancati, e dalla cui bocca spalancata uscivano sordi rantoli di dolore.
-Oh merd…- imprecò il moro, saettando lo sguardo da bolla a bolla che galleggiavano nella stanza.
In esse, ogni singolo elemento che racchiudevano sanguinava copiosamente, riempiendo a mano a mano lo spazio vuoto dei loro trasparenti contenitori.
-Accidenti!!!- rapido, Chopper prese tutto il necessario per disinfettare la pelle lacerata, mentre Law ricongiungeva, bolla dopo bolla, le varie componenti della spalla, muovendo nell’aria le mani, che attraevano con fili invisibili le azzurre sacche d’aria, riportandole al loro giusto posto.
-Oh Nami… mi dispiace!!! Noi…- balbettò dispiaciuto il medico Mugiwara, mentre ricuciva nervosamente piccoli tagli che si erano aperti sulla sua spalla, risaldandoli e fermando la perdita di sangue che aveva imbrattato le bolle d’aria di Law.
Nami annuì leggermente, cercando di riprendere il controllo su se stessa.
Chiuse gli occhi, aggrappandosi alle lenzuola del letto e respirando faticosamente con la bocca. Non appena Law le aveva estratto la clavicola, le estensioni viola del tatuaggio si erano estese vertiginosamente verso il suo cuore, in ricerca disperata di sangue e elementi nutrizionali.
Stimolato dai movimenti dei tessuti, il veleno era avanzato notevolmente nel suo cammino, conquistando tutto l’avambraccio sinistro della giovane, e cancellando così totalmente il suo bel tatuaggio azzurro.
-Non… non imposta, Chopper…- deglutì sorridendogli, mentre si voltava verso di lui per tranquillizzarlo -… sto bene…-
Zoro digrignò i denti rabbioso.
Quella visita doveva aiutarla a stare meglio, non a ucciderla.
Furente fulminò con lo sguardo il chirurgo del male, intento ad osservate incuriosito il viso bugiardo della sua mocciosa, contratto in uno sforzato sorriso. Chopper arrossì imbarazzato, sentendosi in colpa per essersi fatto distrarre dal suo lato medico. Cero di balbettare qualche scusa, ma Nami scosse la testa interrompendolo, e sorridendogli ancora lo convinse che ora andava tutto bene.
-A-almeo è servito a qualcosa?- domandò debole lei.
-Si, tranquilla… ora ne sappiamo di più…- annuì la renna, finendo di medicarla.
-Ora sappiamo dire con certezza che il veleno non è racchiuso in un solo punto esatto da qualche parte tra i vari strati muscolari…- spiegò Law, avvicinandosi a lei e sedendole accanto.
-Non mi sembra tanto una buona notizia…- sbottò acido lo spadaccino. Bepo si alzò da terra, dove era rimasto raggomitolato fino a quel momento, mettendosi al fianco del suo capitano pronto a proteggerlo.
-Invece lo è…- continuò il moro, imponendo con un’occhiata al suo sottoposto di calmarsi e di smettere di ringhiare contro il samurai -… perchè ora sappiamo che la tossina si è espansa, negli anni, in tutti i tessuti sottostanti al tatuaggio, penetrando nella carne fino al terzo fascio di fibre muscolari del Deltoide… il veleno, quindi, non dimora tra un fascio muscolare e l’altro, ma in tutti essi, infettando più strati di tessuti…-
-In altre parole…- sintetizzò Chopper, notando la faccia scocciata, da tutta quella scienza, del verde -… la tossina è ferma sotto il tatuaggio per circa 5-10 centimetri nella carne… il che è un bene, perché durante l’operazione non dovremmo più ricercare il punto esatto dove il veleno si trova, ma toglieremo semplicemente dal corpo di Nami quei 5-10 centimetri di tessuti avvelenati e lei poi starà meglio… senza questa visita non lo avremmo mai saputo…-
Zoro sbuffò, addossandosi contro la parete della cabina e incrociando nuovamente le braccia al petto, calmandosi lievemente.
-Beh allora è stato un successo…- sorrise Nami, rivolgendo il suo sguardo speranzoso e lucente verso il volto di Law. Quello deglutì imbarazzato, arrossendo un poco per quei due enormi e caldi occhi color cioccolata che gli stavano letteralmente attraversando l’anima. Vi poteva vedere dentro mille soli lucenti, caldi e di un’energia incredibile. Sentì un moto doloroso ma piacevole all’altezza dello stomaco, che gli fece rivoltare le budella nella loro sacca toracica, mentre il suo cuore di pirata accelerava i battiti cardiaci impazzito, raggiungendo quasi quelli frenetici e incalcolabili di colibrì.
-Capitano…- lo tintonò Bepo, spintonandolo per una spalla. Il moro tremò, distogliendo lo sguardo da quello della navigatrice.
-Ehm… si… è stato un successo…- farfugliò abbassando il volto verso il pavimento.
-Bene, andiamo a dirlo agli altri… Zoro preparati, dovrai scaldare Nami per tutto il resto del giorno, perché la temperatura le è scesa velocemente per lo sforzo di sopportare il dolore della visita…- affermò Chopper, alzando una zampa verso il compagno mentre usciva dalla stanza.
-Uhm… e vabbè…- lo seguì il verde, voltandosi verso il corridoio e dando le spalle a Nami, nascondendo così il ghigno compiaciuto che brillava sulle sue labbra.
-Anch’io potrei scaldarti, sai? Io sono molto caldo…- dondolò sulle zampe posteriori Bepo, arrossendo mentre parlava direttamente con Nami -… e per via della mia morbida pelliccia…-
-Ne sono certa…- gli sorrise la navigatrice, rivestendosi con la sua camicia.
L’orso polare uscì dall’infermeria, camminando un metro da terra per quel bellissimo sorriso donatogli.
-Certo, ne sono convinto anch’io…- sibilò Zoro verso di lui, non appena furono soli nel corridoio e abbastanza lontani affinché ne Chopper o Law o Nami li sentissero -… ma a Bepo conviene non proporsi per certe cose, se vuole continuare a esser caldo, ma soprattutto vivo…-
-Whaaaa!!!- alzò una zampa nell’aria il pirata dalla tuta arancione, in una delle sue mosse di karate, pronto a difendersi dalle minacce del samurai.
Law si alzò dal letto ortopedico, muovendo alcuni passi verso la porta per uscire dall’infermeria. Posò una mano sulle assi di legno dell’uscio, accarezzandole soprappensiero, riflettendo sull’operazione che avrebbe dovuto eseguire su quella starna ma magnetica creatura ramata, il cui sguardo gli rivoltava, con dannato piacere, lo spirito.
-Aspetta Law…- lo richiamò indietro la serafica e debole voce di Nami -… vorrei parlarti…-
Il moro spostò la mano sulla maniglia della porta, chiudendola silenziosamente.
Un ghigno compiaciuto sulle labbra.
-Si?- si voltò verso di lei, deciso a rubare altri attimi di piacevole panico per la sua presenza.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



Ghignante, si voltò verso la navigatrice, assottigliando lo sguardo e osservandola ben bene.
Era decisamente il più bel ammasso di cellule umane di sesso femminile che avesse mai visto. Gi arti motori erano lunghi e slanciati, collegati sensualmente al busto toracico in modo perfetto. La cassa toracica seguiva a regola d’arte i lineamenti dei polmoni, proteggendoli insieme agli altri vari organi del sistema, ritmando sincronicamente i battiti del muscolo cardiaco con il lavoro meticoloso e fondamentale del Diaframma. Gli arti superiori, longilinei e muscolosi, sottolineavano la loro esile ma instancabile forza, mentre le mani leggere e morbide indicavano il loro lavoro esperto e meticoloso di ladri, abilità per la quale la ragazza si era avvalsa del suo felino nome.
Sotto l’aspetto medico, Nami era veramente una rappresentate degna e accattivante del mondo femminile.
Law ghignò, addossandosi alla porta chiusa.
Doveva ammettere, però, che anche ad un occhio non clinico come il suo, la navigatrice doveva apparire affascinate e perfetta.
Quel corpo curvilineo e prosperoso, doveva aver fatto girare la testa a molti uomini lungo tutta la Rotta Maggiore, e molti dei marine che le davano la caccia, confrontando la sua incantevole foto con i volti di numerose donne di tutto il mare, molto probabilmente custodivano gelosamente una copia della sua taglia come foto personale della bella piratessa.
D’altronde, come dargli torto. Chi mai avrebbe potuto resistere a quegli occhi color cioccolato, così profondi e magnetici?
Anche lui, terrorizzante Chirurgo del Male il cui solo soprannome impauriva i più, era imbarazzato nell’incrociare quei meravigliosi occhi dolci e sensuali. Sembravano così innocenti e puri, che quasi eclissavano la chioma rossa e ardente del capo infiammato della giovane. Quel rosso fiammeggiante ed esplosivo, rivelava la vera natura indomita e selvaggia della navigatrice. Si, quella donna aveva il fuoco che le scorreva nelle vene, puro ardente e bruciante fuoco, che infiammava anche il suo capo celestiale, dandole quell’aura da angelico demone della passione.
-Dimmi pure…- schioccò la lingua contro le sue labbra, il moro, ghignando e assottigliando lo sguardo alzandolo dal florido seno della rossa, dove l’aveva piacevolmente abbandonato, guatandosi da lontano la loro forma perfetta e soda.
-Vorrei avere da te un esame medico…- sussurrò debole Nami, stringendo nelle mani la camicia bianca e incrociando le gambe penzolanti dal bordo del letto medico.
-Riguardo a cosa?- incrociò il suo sguardo stanco ma combattivo.
-Riguardo un’emicrania…- lo squadrò ironica la rossa, inclinando di lato il capo e alzando al cielo i suoi occhi. Che genio di chirurgo a cui si era affidata…
Law piegò le sue labbra in un sorriso sghembo e incrociò le braccia al petto.
-Cosa vorresti sapere riguardo il veleno…- sbatté le ciglia osservandola ben bene.
-Non voglio sapere niente del veleno… voglio sapere se…- tentennò, lasciando a metà la frase. Prese un respiro profondo.
Quell’idea le ronzava in testa dall’alba, mentre rimuginava nervosamente sull’arrivo di quel pirata e sull’operazione proposta da Chopper. Sapeva che non sarebbe stata una passeggiata, che di certo era l’unica possibilità che aveva di salvare il suo braccio da quella cancrena viola che lo stava avvinghiando attimo dopo attimo, che l’estrazione del veleno dalla spalla l’avrebbe salvata.
Ma lei, così debole e al limite delle sue forze, sarebbe stata in grado di sopportare l’operazione e di uscirne viva?
Deglutì amaramente, abbassando lo sguardo sui suoi sandali.
-… voglio sapere se un’amputazione del braccio sarebbe un rimedio possibile contro l’avanzamento della tossina in me…-
Più che una richiesta era stato un rantolo disperato. Una preghiera disperata d’aiuto e paura. La rossa portò la mano sana sul braccio violaceo, stringendolo a livello del gomito, dove le ramificazioni dell’ematoma si fermavano. Strinse i denti, deglutendo faticosamente e lottando contro le lacrime di dolore che nascevano in lei a causa delle fitte lancinanti che provenivano dai punti di sutura che Chopper le aveva cucito sulla pelle rossa del tatuaggio, per fermare l’emorragia. Law la guardò serio, chiedendosi se la ragazza avesse preso in considerazioni tutte le conseguenze che tale mutilazione avrebbe comportato nel suo corpo.
La mozzatura avrebbe dovuto partire non dalla semplice attaccatura del braccio al tronco toracico, ma ben più in alto, dall’epifisi dell’omero, asportando così scapola e deltoide, e totalmente la spalla.
Sarebbe stato un delitto, rovinare in quel sanguinario modo una creatura tanto bella e celestiale, deturpando così una delle più belle opere che Madre Natura avesse mai creato sulla faccia della terra. Il chirurgo si avvicinò a lei, sedendosi alla sua destra e fissandola sul bel viso abbassato e pallido.
-Perché me lo domandi? Perché proprio a me?- le sussurrò con la sua sottile voce metallica.
Nami alzò lo sguardo vitreo di lacrime verso quello nero e profondo del moro. Le ricordava molto quello di Zoro, così scuro e imperturbabile. Avevano lo stesso bagliore di vita nelle pupille nere, lo stesso profondo desiderio di combattere e superare i loro limiti al costo della vita.  Lo steso sguardo di chi, come loro, era dovuto crescere in fretta e abbandonare tutte le innocenze infantili per sopravvivere in quel manicomio di vita. Sembravano uguali i loro sguardi, ma nascondevano vite e sogni diversi.
Nessuno mai sarebbe stato lontanamente somigliante al suo Zoro.
Nessuno mai avrebbe avuto il suo stesso coraggio e forza d’animo. No, Zoro era unico e irripetibile, l’unico che con il suo semplice sguardo le faceva battere a mille il cuore, che con una semplice occhiata magnetica diradava le nebbie del suo animo, capendo i suoi turbamenti e le sue paure. Poche ore prima, nella sua stanza, era bastato il timbro della sua voce inferma e sofferente a fargli capire che lei aveva bisogno del suo aiuto, senza che nemmeno lei volesse ammetterlo con se stessa.
Guardò ancora gli occhi neri e lucenti di Law.
No, si era sbagliata. I suoi occhi non erano come quelli profondi e meravigliosi del suo amato Zoro. Quegli dello spadaccino erano centomila volte meglio. Erano stati quegli occhi a farla innamorare di lui, e ora, fissandone degli altri neri e profondi, diversi da quelli speciali e perfetti dello spadaccino, non sentiva quel magico brivido di amore che solo lui riusciva a trasmetterle.
-Lo chiedo…- mormorò a fil di voce -… perché so che l’operazione pensata da Chopper potrebbe non essere efficace contro questa tossina…-
Law assottigliò lo sguardo, fissandola.
-Ammettiamolo Law: il veleno cammina in fretta e non siamo certi che, seppure estraendo il nucleo centrale di esso, il problema si risolava del tutto… potrebbe restarne qualche residuo in me… e se esso arriva al mio cuore sarà stato tutto inutile… quindi credo che l’amputazione del braccio possa essere una soluzione al problema veloce e sicura: tolto di mezzo lui e la maggior parte del veleno in circolo in me…- guardò per un attimo l’avambraccio viola -… non correrò più rischi… e lo chiedo a te, perché so che non ti farai prendere dai sentimenti come potrebbe succedere a Chopper o ad altri miei Nakama… non hai nessun legame con me… per te sono semplicemente una paziente qualunque, non una sorella o altro…-
Law la fissò serio, memorizzando ogni sua parola.
I suoi begli occhi cioccolato lo fissavano serie, pronti a qualsiasi sua risposta, coraggiosi e indistruttibili. Ma era certo di vedervi anche un velo di menzogna, un fine e tangibile strato di auto controllo che celava la paura di essere schiacciata da quel male e di perire nell’operazione che lui steso avrebbe svolto.
-Hai ragione… non siamo certi che l’operazione elimini totalmente dal tuo organismo il veleno, ma una navigatrice senza un braccio non è molto utile…- mormorò, alzandosi dal lettino e avvicinandosi al suo braccio mutilato.
-È sempre più utile di una navigatrice morta…- sussurrò, vedendolo alzarle il braccio con delicatezza ed esaminarlo.
Con gesto leggero, Law le alzò l’arto nell’aria, passando una mano sul retro di esso, e mantenendo l’altra al livello del polso, in studio delle palpitazioni cardiache. Il battito era lieve ma veloce, in tachicardia costante ma fragile. Con sguardo attento, il moro sfiorò l’interno del gomito della ragazza, ascoltandone il battito accelerare per il dolore e notando l’assenza totale di pelle d’oca, che avrebbe dovuto formarsi con il contatto della sua mano fredda. Provò a muoverlo nell’aria, facendolo ruotare verso l’alto e verso il basso, producendo in lei varie fitte di dolore lanciante, che costrinsero Nami a chiudere gli occhi per il dolore e a mordersi un labbro per non urlare.
-Uhm…- mugugnò, lasciando la presa sull’arto, appoggiandolo sul lenzuolo del letto affianco alla navigatrice -… questo braccio è praticamente inutile… hai perso totalmente sensibilità e amovibilità in esso, mozzarlo farebbe solo che bene…-
La vide tremare e deglutire con occhi sbarrati verso di lui.
-… ma non lo farò comunque…-
-Come?!? Perché?!? Hai detto che è inutile… praticamente già morto… perc…-
-Perché, sebbene l’operazione pensata dal tuo medico sia un azzardo e che non vi siano precedenti di essa, è una sfida… e io non mi tiro mai indietro davanti a una sfida…- le spiegò ghignando e incurvandosi verso il suo bel viso scioccato.
-Si, è vero… sarà un’operazione delicata e molto, molto dolorosa, non te lo nascondo, e fai bene ad averne paura…- le sussurrò sotto voce, facendola sobbalzare nel essere stata scoperta per quel suo timore segreto.
-Ma io sono un ottimo chirurgo, il migliore se premetti… e farò di tutto pur di salvarti, mia cara…- le alzò il viso con le punta delle dita, facendo leva sul suo mento e fissandola dritta negli occhi.
-E se qualcosa andasse storto…?- mormorò lei, ricambiando lo sguardo.
-Del tipo…?- le sorrise accattivante.
-Non lo so… il chirurgo sei tu…- sbatté le ciglia lunghe e suadenti.
-Niente andrà storto… con uno Scramble estrarrò il veleno e risucchierò quello in circolo nel tuo sistema circolatori e nervoso… cercherò di essere il più delicato possibile, ma farà comunque male… molto meno di quanto non possa essere se ti operasse qualcun’altro senza le mie abilità però… ti curerò, e sul tuo braccio tornerà a svettare il tuo tatuaggio blu e non questo rosso…-
Le posò dolcemente un leggero bacio tra i crini vermigli, tremando per l’intenso aroma di mandarino che poté assaporare da essi, mentre vi posava le labbra. Distanziandosi e tornado eretto, si leccò il contorno della bocca, incrociando le braccia al petto per trattenersi dall’assaggiare altro di quel meraviglioso corpo.
-Grazie…- sussurrò lei, iniziando a rivestirti -… grazie per aver risposto alle mie domande e per avermi rassicurato…-
Si infilò lentamente la manica sopra il braccio sinistro, per poi alzare nuovamente lo sguardo sul chirurgo. Quello, ghignando soddisfatto, si voltò verso la porta, posando la mano sulla maniglia.
-Un’ultima cosa prima di tornare dagli altri…- lo fermò -… se mai qualcuno dei miei Nakama ti chiedesse di fare lo Scramble dei cuori con me, per sostituirsi a me nel sopportare per qualche ora il mio dolore,ti ordino di negarglielo…-
Law si voltò verso di lei ridacchiando: -Mi ordini…?!?-
-Si, te lo ordino…- si alzò in piedi e gli si avvicinò fino ad arrivare a pochi passi da lui e sussurrargli diabolicamente, a pochi centimetri dal suo volto -… e così avrai salva la pelle dalla mia vedetta per Punk Hazard…-
Lo vide assottigliare lo sguardo e fissarla serio.
-Cosa credi? Che tutti possano usarmi come una bambolina coma hai osato fare tu? Oh, no… nessuno può… e ringrazia il cielo per la mia debolezza, o saresti già carbonizzato e fritto a far compagnia ai Re del Mare che nuotano qui intorno a noi… quindi, ti conviene ascoltarmi e non eseguire alcun scambio di cuori tra me e i miei compagni, altrimenti…- estrasse con agilità dalla cintura dei suoi short la sua arma, facendola scattare con un sonoro schiocco metallico -… la prossima volta che resterai solo con me, potrebbe essere anche l’ultima…-
Sorridendo malandrina, lo superò, scivolando dietro la sua schiena e uscendo veloce dall’infermeria, mentre rifoderava il Sansetsukon. Stupefatto, Law si leccò le labbra, deliziato dalla grinta minacciosa e provocatrice di quella ragazza, schioccando la lingua eccitato. Gli piacevano le donne che riuscivano a metterlo ai feri corti, zittendolo e facendolo sentire in pericolo anche con un semplice sguardo, quelle donne pericolose e rare che lo facevano imbizzarrire carico di ormoni, facendogli perdere ogni lume di ragione che possedeva.
Con un ghigno sghembo e lo sguardo chino ma diabolico, la seguì uscendo dall’infermeria e incamminandosi nel corridoio, raggiungendo la sala comune dove i suoi sotto posti, e il resto della ciurma di Cappello di Paglia, ascoltavano le parole di spiegazione del Dottor Chopper. Le sue parole echeggiavano nella stanza, rispondendo preparate alle domande sorprese dei suoi compagni.
Si addossò ad una parete della sala, ancora inebriato dai piccoli momenti di paradisiaco panico che aveva provato in compagnia della navigatrice, ripassandosi la lingua sulle labbra per ritrovare quell’aroma di mandarino che aveva assaggiato baciandola leggermente sul capo. Spostò lo sguardo serio e analizzatore da Penguin, che annuiva ascoltando la renna medico, al divano dove lo spadaccino dal capo verde abbracciava possessivo la compagna ramata, stretta a lui in un abbraccio protettivo e caldo.
Zoro strusciava dolcemente il mento contro le tempie fredde di Nami, seduta a cavalcioni sulla sua vita, e che premeva infreddolita il suo torace contro quello caldo di lui, ghignate di quel loro contatto.
Lo vide assottigliare lo sguardo del suo unico occhio, mentre abbassava pericolosamente il suo volto verso quello incastrato sulla sua spalla della navigatrice, che arrossì teneramente fissando le sue labbra parlare così vicino alle sue. Nami socchiuse gli occhi, strusciando leggermente il capo contro la gola del verde, mentre gli sussurrava qualcosa all’orecchio.
Zoro ghignò, abbassandole il capo sulla sua spalla e accarezzandola fino a farla addormentare.
Law ghignò perfidamente. Ora gli era chiaro che tra quei due vi fosse ben più che una semplice amicizia, e che ben altro sentimento li legasse. Ma gli era anche ben chiaro, che pure lui desiderava quella donna come lo spadaccino, e quando lui voleva qualcosa, non badava molto agli altri. Lui voleva quella navigatrice, e l’avrebbe avuta… 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Richiuse la pota dietro le sue spalle, soddisfatta di quella piccola minaccia espressa con coraggio proprio a un Membro della Flotta dei 7.
Dolorante per la visita, sistemò meglio la camicia sopra la spalla ancora sanguinate, incamminandosi traballante lungo il corridoio.
Voleva che Law sapesse con chi avesse a che fare, e che non credesse di poter ripetersi nel manipolarla come gli andava, com’era accaduto a Punk Hazard. Mai più nessuno l'avrebbe tratta in quel modo, giocando con il suo corpo e con il suo cuore. Se solo ci avesse riprovato, una tempesta di fulmini l'avrebbe colpito senza tanti complimenti, carbonizzandolo sul posto. Sorrise soddisfatta, avanzando lungo il corridoio, tremando di freddo e stringendosi nelle braccia, digrignando i denti.
Con i suoi densi occhi color cioccolato, buttò lo sguardo oltre un oblò del corridoio, notando la totale assenza di onde nel mare e la calma assoluta del cielo. Dovevano esserci più o meno 30° gradi fuori sul ponte, e l’assenza di vento o di ombra da parte di qualche nuvola, doveva rendere il caldo insopportabile. Nami rabbrividì ancora, percorsa da una violenta scarica di gelo.
Se vi erano 30° gradi all’ombra, lei proprio non li percepiva.
Sentiva solamente quel dannato freddo masticarle le ossa da dentro, spingendosi sempre più verso il suo cuore, in continua ricerca del calore che il muscolo involontario produceva immettendo sangue nel sistema circolatorio.
Scosse la testa, cercando di camminare, avvicinandosi alla sala comune. Il dolore era forte, accentuato ancor di più da quelle scosse di freddo, e le era molto difficile mantenere l'equilibrio sui suoi passi.
Tremò ancora, oscillando nel suo avanzare.
Aveva bisogno di caldo.
Aveva bisogno di Zoro.
Zampettò traballante lungo le assi di legno, stringendosi nelle spalle, e infossando il viso tra l’intreccio delle sue braccia attorno alle spalle. Cavolo, si sentiva i geloni ai piedi. Si affacciò alla sala comune, controllando i suoi compagni.
Seduti attorno al grande tavolo che ornava la stanza, quasi tutti i suoi Nakama ascoltavano il caro Dottor Chopper spiegare come l’operazione sarebbe stata eseguita su di lei, tentando di usare termini e frasi molto semplici affinché tutti capissero.
Franky e Usop, spaventati all’idea che la scapola della navigatrice venisse aperta come una scatoletta di latta dal Chirurgo del Male, si abbracciavano tra loro impauriti, piagnucolando. Robin annuiva a ogni affermazione della renna, mordendosi nervosa un unghia del pollice, sfibrandosi il dito, impensierita da tutte le possibili complicazioni che avrebbero potuto insorgere durante l'operazione. Rufy, seduto al contrario su di una sedia attorno al ripiano, posava il mento sulle braccia incrociate attorno allo schienale del sedile, dondolando la testa confuso.
-Io non ci capisco niente…- mugugnava, incrociando gli occhi e arricciando le labbra in una smorfia scontenta.
-Siamo in due…- gli sorrise bonario Penguin, addossato a una parete dietro le spalle del capitano, cercando di capire la spiegazione del dottore, senza però afferrarne pienamente il concetto.
Brook se ne stava zitto a sorseggiare una tazza di the, inclinando la testa a ritmo della cadenza della voce di Chopper, rimuginando i suoi pensieri, mentre Sanji, sigaretta accesa in bocca, soffiava piccole nuvolette di fumo grigio nella stanza, camminando in cerchio attorno al tavolo e annuendo alle parole della renna.
Sorridendo, commossa dalla preoccupazione dei suoi amici, Nami sgattaiolò silenziosamente dietro le loro schiene, passano silenziosa e invisibile a tutti, pur di non farsi notare e di non preoccuparli maggiormente con quel suo nuovo calo di temperatura. Strisciò fino ai divani, nel fondo della sala, raggiungendo quello grande e spazioso dove Zoro e Bapo s’incenerivano a vicenda, non degnando di molto il resto della ciurma.
Lo spadaccino, braccai incrociate al petto e sguardo serio contro il grande orso polare, mugugnava ingiurie contro il pirata peloso, ringhiandogli contro.
-Brutto ammasso di pelo lavato con la candeggina… orsacchiotto impolverato di farina del cavolo… se solo ci riprovi a proporti per scaldare la mia mocciosa, ti spello vivo…-
Seduto a gambe divaricate sul divano, gareggiava con i suoi latrati contro l’ospite bianco, infuriato per quella sua gentile esibizione di calore gratuito offerta alla navigatrice. Dal canto suo, Bepo, non se ne restava certo con le labbra serrate.
-Idiota di un’alga marina… spadaccino inutile come le mosche… ti metto KO con un solo dito… waaahhhh…-
Nami ridacchiò per quei loro leggeri latrati, avvicinandosi a loro e sorridendo divertita.
-E così che si da il ben venuto ad un ospite?- canzonò il verde, attirando la sua attenzione e quella dell’orso polare, seduto sul lato opposto del divano che occupava insieme al samurai.
Zoro alzò lo sguardo verso la compagna, ritrovandosela sorridente e solare al suo fianco destro, posata leggermente sul bracciolo del divano. Aveva gli occhi chiusi a semi luna, leggermente sottolineati da occhiaie blu. Il viso, una maschera di sudore freddo, pallido e tremante, contratto a nascondere quel dolore che si poteva solo immaginare vi fosse sotto quel sorriso dolce e tranquillo. Serio, non riuscì a rispondere alla sua battuta.
-Oh Nami swan!!!!- si alzò sull’attenti scodinzolando Bepo, arrossendo per l’arrivo della bella navigatrice.
Zoro lo fulminò rabbioso a quell’urlo di gioia. Ce n’era già uno che storpiava i suffissi ai nomi femminili e con molto poco cervello, non ne serviva un’altro e per di più formato gigante e coccoloso. Ringhiò sommessamente contro l’orso, incenerendolo con lo sguardo.
Nami ridacchiò per la gelosia del suo compagno, assottigliando lo sguardo dolcemente.
-Sarai stanca…- ondeggiò sulle zampe posteriori Bepo -… e avrai freddo… se vuoi ti scaldo io…-
Arrossì immediatamente, aggiungendo una piccola tonalità rosata al suo pelo candido, continuando ad ondeggiare per l’emozione di poter scaldare quella bella piratessa.
La navigatrice sorrise gentilmente, avvicinandosi però al verde, piuttosto che al pirata Heart.
-Non oserei mai approfittarmi così di te, Bepo…- gli sorrise angelica, mentre costringeva lo spadaccino ad allargare le braccia e ad accoglierla sulle sue gambe -… in fondo, sei un ospite… no, no, non ti preoccupare…-
Si sedette a cavalcioni sul bacino del samurai, abbracciandolo per le spalle e appiattendosi contro il petto che sporgeva dalla camicia aperta, schiacciandosi contro ad esso in cerca di calore.
-E poi il mio dottore ha dato il compito di scaldarmi a Zoro, e se non lo esegue, Chopper potrebbe arrabbiarsi…- spiegò candidamente, strusciando il capo ramato contro la gola del verde.
Zoro sghignazzò per quanto la sua mocciosa fosse brava a raggirare le persone, orgoglioso che mentisse per stargli accanto.
-Oh come vuoi bella Nami…- ondeggiò ancora Bepo, arrossendo per quei sorrisi rivolti a lui solo -… come sei gentile…!!!!-
Zoro alzò al cielo gli occhi, scuotendo la testa sconsolato. Oltre che ingombrante e fastidioso, quell’orso, era pure ingenuo.
Trotterellando entusiasta, Bepo ondeggiò per la sala, fino a raggiungere la parete su cui si era posato il suo capitano, appena arrivato nella stanza.
Zoro non degnò di molto l’arrivo del chirurgo, e accerchiò con un braccio la vita della rossa, avvicinandosela a se, passando l’altro arto attorno alle spalle e iniziando ad accarezzarle i capelli.
Erano morbidi e soffici, ma quasi del tutto privi del fruttato profumo della ragazza, che sembrava aleggiare leggero e dimenticato tra i crini. Dolcemente, tentando di non stringerla troppo per non farle del male, strusciò il viso tra i capelli, aspirando quel leggero soffio di mandarino che solitamente profumava la navigatrice.
La sentì fremere, forse di freddo forse di piacere, e stringersi maggiormente attorno a lui. Nami sorrise, infossando il viso contro il collo di Zoro, saziandosi avidamente del suo denso profumo di alcol e sale. Mugugnò piacevolmente, chiudendo gli occhi e nascondendosi contro la mascella di lui.
Zoro sentì le sue tempie fredde posarsi sulla sua gola e le braccia, sebbene coperte dalle maniche della camicia, trasferivano il loro freddo sul corpo dello spadaccino, implorando ardentemente del calore.
-Sei gelida…- le soffiò su un orecchio, iniziando a massaggiarle la schiena e il collo con le mani per scaldarla -… dovevi venire subito da me, e non fermarti a parlare con quel scarabocchio…-
-Ti sei accorto che ho tardato?- si stupì la rossa, voltando il viso verso quello del verde. Puntò il suo denso sguardo di cioccolato sull’occhio cieco di lui, aspettando una risposta.
-Mi pare ovvio…- ghignò quello, posando la testa sul capo ramato.
-Volevo solo chiedergli alcune delucidazioni…- spostò le mani dalle spalle muscolose di lui, fin sul suo torace, posandole sul letto del suo cuore.
-Riguardo a cosa?- alzò un sopracciglio curioso.
-A come si fanno i bambini…- soffiò ironica lei, avvicinando le labbra agli orecchini d’oro del verde.
-Per quelle potevi chiedere a me…- sghignazzò Zoro, voltando il volto verso quello arrossito di Nami, ritrovandosi a pochi millimetri di distanza dalle sue labbra.
Le gote pallide della navigatrice provarono ad arrossire, imporporandosi leggermente per le parole del verde e per quel loro nuovo avvicinarsi.
Nami fissò il suo sguardo su quelle belle labbra sottili e scure, studiandole nel loro sensuale profilo maschile e serio, mentre ghignavano divertite del suo imbarazzo.
Ripensò, brevemente, a quel loro esile tentativo di baciarsi, minato da Law, avvenuto poche ore prima. Desidera da tanto tempo poter baciare il suo buzzurro, assaporare il suo dolce sapore alcolico e sentire, sul suo palato e contro la sua lingua, quella del compagno, che spesso aveva visto in azione nei loro litigi, ma che ora più che mai voleva sentirla muoversi dentro la sua bocca.
-A che stai pensando?- sussurrò piano Zoro, vedendola persa nei suoi pensieri –Non devi aver paura dell’operazione… io ti sarò sempre accanto, promesso… niente andrà storto…-
Nami sorrise, strusciando la fronte contro la calda e accogliete gola del verde, avvicinando le sue labbra alla pelle bronzea e bollente del collo taurino.
-Non stavo pensando all’operazione…- soffiò dolcemente contro la gola del ragazzo, che fremette di piacere -… stavo pensando, che noi due abbiamo ancora un discorso in sospeso…-
Lo spadaccino assottigliò lo sguardo del suo occhio sano, avvicinando ancora il viso a quello della sua mocciosa.
-Ti riferisci a quel discorso che lo scarabocchio ha interrotto prima, quando eravamo sul divano…- intese subito, dato che anche lui era tornato a quel pensiero in quegli ultimi attimi, sentendo il suo dolce e fresco respiro stuzzicargli la pelle del collo.
Nami annuì sorridendo, portando le mani attorno alla nuca del compagno e iniziando ad accarezzargli i capelli.
-Se vuoi, possiamo riprenderlo ora…- propose, arrossendo.
-Uhm… forse dovresti riposare prima, sei stanca per via del freddo e del dolore… non vorrei mai farti svenire per le mie… ehm… argomentazioni…- ghignò sottovoce.
-Credi di potermi sfiancare? E che tipo di argomentazioni avresti, poi?- soffiò candida e ingenua, strusciando la punta del naso contro la mascella contratta in un diabolico ghigno del samurai.
-Sapessi...- sogghignò -… non appena starai meglio te le mostrerò… ma ora dormi, ne hai bisogno…-
Nami sbuffò contrariata, ma rilassò comunque il capo sulla spalla dello spadaccino, non smettendo però di accarezzarlo. Continuava a sfiorargli piacevolmente la nuca con una mano, mentre l’altra l’aveva riportata a livello del suo cuore, posandola ad ascoltarne i battiti. Quel dolce suono di vita era una ninna nanna perfetta per lei.
-Però questo discorso lo finiamo, eh…- sbadigliò, posando la fronte sulla  sua gola.
Zoro sorrise, accarezzandole dolcemente la guancia rivolta all’insù.
-Contaci… e poi ti devo anche dire una cosa importantissima… ma lo farò quando starai meglio, quando sarai di nuovo in forze…- continuava ad accarezzarla, affinché si scaldasse.
-Mmhh… anch’io… devo… dirti… una… cosa…- biascicò addormentandosi la rossa, chiudendo finalmente gli occhi stanchi e abbandonando entrambe le mani lungo il torace del verde. Il suo respiro si fece più regolare e meno forzato, mentre il battito del suo stanco cuore iniziò a pompare rinvigorito dal maggior calore ricevuto dal petto su cui era posato.
Lo spadaccino strinse a se la ragazza, rilassandosi anch’esso con lei e, delicatamente, appoggiando il mento sulle sue tempie, che si stavano riscaldano, smettendo di tremare e di sudare freddo. Posò una mano sulla sua nuca, sotto la cascata di onde ramate, reggendole la schiena con l’altra, mentre ascoltava il suo respiro regolare e tranquillo.
Piano, chiuse l’occhio vedente, ghignando e accarezzando la sua mocciosa, mentre assaporava a pieno il suo dolce profumo. Si, così andava bene. Lei che dormiva beatamente tra le sue braccia, il suo leggero respiro che gli accarezzava la gola, i capelli rossi che poteva sfiorare dolcemente senza alcun imbarazzo, nessun scocciatore nei dintorni…
-Sai Roronoa…- gli fece subito riaprire l’occhio il richiamo di Law, mandandolo subito in bestia -… mi devi ancora dire il perché…-
Zoro indirizzò la sua peggior occhiata furente contro il moro, sedutogli proprio di fronte nella poltrona della sala che accostava la sua, ringhiando. Non si era accorto del suo spostarsi verso di loro dalla porta, e la sua improvvisa vicinanza non gi piaceva affatto. Lo vedeva, vedeva come Law fissava la sua mocciosa, e percepiva chiaramente che lo Shichibukai provava una certa attrazione per lei.
Strinse maggiormente il copro addormentato di Nami contro il suo, abbracciandolo possessivo. Fissò il moro senza dargli risposta.
-Voglio dire…- ghignò quello, incurvano il viso verso il verde e posando il mento sulle sue dita intrecciate -…perché hai voluto assistere alla mai visita sulla tua navigatrice… di certo non ti fidi di me, ma intuisco, che vi è dell’altro… no?-
Lo sguardo del medico si spostò dal volto del samurai alle sue mani, sogghignando della loro presa ferrea e protettiva attorno al corpo della giovane.
Zoro ringhiò ferocemente.
-Non sono affari che ti riguardano…- latrò sommessamente per non svegliare Nami.
Law sogghignò divertito.
-D’altro canto, come biasimarti se ti sei innamorato di lei…- sussurrò canzonatorio -… è così bella e intelligente… e poi, ha il fuoco che le brucia dentro… il suo carattere indomabile e fiero brucia di voglia di vivere, e nel suo sangue scorre la più ferrea e indistruttibile volontà di realizzare i suoi sogni che in poche persone al mondo ho mai visto… è logico che la ami, come è logico che io te la porterò via…-
Zoro alzò di scatto la schiena dalla spalliera del divano, ringhiando feroce, mentre tentava di non muoversi troppo per non disturbare il sonno di Nami.
-Che hai detto?- tuonò, incenerendo il moro.
Law si piegò ancora di più verso di lui, sorridendogli sicuro di se e certo delle sue parole.
-Ho detto, che non appena Nami starà meglio, le chiederò di diventare la mia donna e di lasciarvi per entrare a far parte della mia ciurma… io te la porterò via, Roronoa… una donna bella e unica come lei non può stare con uno come te… merita il meglio, e solo io posso darglielo…-
Il cuore di Zoro ringhiò funesto, accelerando il suo battito cardiaco, che risuonò all’unisono con il digrignare dei suoi denti.
-Non te lo permetterò… lei è mia…- latrò reggendo al suo petto la compagna, mentre si sporgeva verso il chirurgo -… già troppe volte l’ho persa, e ora non sarai di certo tu a dividerci ancora… l’amo e sarà solamente mia…-
-Le tue sono solo parole…- sbuffò Law, alzandosi dal divano e ergendosi nella sua alta figura -… dimostrami ciò che sei disposto a fare per lei, e forse, dico forse, potrei anche ritirare il mio corteggiare…-
Zoro deglutì la bile rabbiosa nella gola, rispedendola nello stomaco e ghignando in segno di sfida.
-Chopper…- chiamò il suo Nakama, alzano dal suo petto il copro della navigatrice e posandolo delicatamente sul divano.
La distese con attenzione, ricoprendola con una coperta. Le si inginocchiò vicino, accarezzandole il contorno del viso addormentato.
-Te l’affido… io e Law dobbiamo discutere di una cosa fuori, e non vorrei svegliarla…- spiegò al medico non appena gli fu accanto.
-Ok…- annuì la renna, posando uno zoccolo sulla fronte della sua compagna per controllarne la temperatura. Con un ghigno per niente amichevole, lo spadaccino si alzò da terra, avviandosi dietro a Law, diretto sul ponte della Sunny.
Prima di uscire dalla sala comune, indirizzò un’ultima volta il suo sguardo sulla compagna, sorridendogli. Sapeva bene che lei ricambiava il suo stesso sentimento, lo aveva sempre saputo in fin dei conti, gli mancava solamente di dichiarasi apertamente, ma in fondo in fondo era come se fossero da sempre una coppia. Loro due, Nami e Zoro, Zoro e Nami, sempre uniti, nel combattere come nel litigare, nel bere come nel parlare. Loro stavano già assieme, e di certo non sarebbe stato quel medicattolo da 4 Berry a dividerli. Lei gli apparteneva di diritto da sempre, le loro anime erano legate tra loro fin dal loro primo incontro, ed era per questo che soffrivano e gioivano insieme. Niente e nessuno gli avrebbe divisi.
Con il suo ghigno combattivo sul volto, Zoro posò la mano sull’asta delle katane, uscendo nel sole del ponte.
No, nessuno gli avrebbe divisi, ed ora era il momento che anche Law lo capisse…
  

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Le spade cozzarono tra loro rumorosamente, alzando scintille e bave di ferro nell’aria afosa e calda del ponte navale. Con un balzo calcolato, i due contendenti si distanziarono ancora, liberando l’intreccio delle loro armi.
Law ghignò soddisfatto, roteando la sua katana nell’aria, ruotando abilmente il polso della sua mano destra, mentre con il palmo dell’altra misurava l’affilatura della lama.
Zoro assottigliò lo sguardo combattivo, stringendo maggiormente l’impugnatura della sua spada bianca, facendo scricchiolare le nocche attorno all’elsa d’avorio. Fissò lo sguardo sulle mani dell’avversario, misurandone la muscolatura.
Doveva stare attento a non danneggiarle troppo, o avrebbe comportato alcuni seri problemi per l’operazione di Nami. Portò la lama della sua katana a livello degli occhi, ponendola al limite del suo sguardo.
-Tecnica a una spada…- chiamò, balzando in avanti contro il chirurgo, che gli corse incontro dal lato opposto del ponte erboso.
-… scalata singola della torre…- saltò in aria, lasciando Law di stucco, sorpreso da quel suo scatto improvviso, rimanendo con le braccia immobili ad osservarlo librarsi in aria. Credeva che lo avrebbe attaccato frontalmente, indirizzando ancora la sua spada contro il suo petto, e si era preparato ad alzare l’arma bianca a fronteggiarlo e parare il colpo. Ma quel balzo repentino e alto del samurai, aveva rovinato i suoi piani.
Non appena Zoro fermò la spada nell’aria, dopo averla alzata nel suo saltare, un’ondata di vento nata dal suo movimento inondò il ponte, piegando tutti i fili d’erba del prato in un semi cerchio, nel cui centro Law tentava di resistere alla forza d’urto dello spostamento d’aria flettendosi sulle gambe, lottando contro quella forza che voleva schiacciarlo al suolo.
-Accidenti!!!- ringhiò tra i denti, coprendosi il viso con la katana, oscurandosi però così la sua visuale, e perdendo di vista l’avversario per una manciata di secondi.
Zoro ghignò quando vide la posa inoffensiva del moro, ribalzando a terra veloce, portando tutto il suo peso in avanti e sguainando la spada contro di lui, sfruttando la forza del vento che aumentò la sua discesa catapultandolo sul ponte come una palla di cannone.
-… ridiscesa singola della torre…- puntò la punta della sua spada contro Law, che si accorse del rapido avvicinamento del verde solo quando il vento cessò di soffiare.
-Maledizione!!! Scramble!!!- roteò la mano libera dall’impugnatura della spada, sgranando gli occhi e puntandola contro il verde.
Dal nulla, la spada di Zoro si sostituì a un mestolo, che di schiantò contro la fronte del chirurgo.
-BASTARDO!!!- ringhiò il pirata verde, saltando all’indietro e lanciando da parte l’arnese culinario.
-Avevi detto che non avresti usato le tue abilità, e che io avrei usato solo una mia katana!!! Maledetto bastardo!!!- latrò, portando la mano sull’impugnatura di un’altra sua spada.
-Tenevo le dita incrociate dietro la schiena…- gli tirò la lingua Law, mostrandogli le dita incrociate della mano sinistra, mentre un rossiccio bozzolo pulsava nel centro della sua fronte, coperto da alcuni ciuffi di capelli neri.
-Maledetto, io ti…-
-OH!!! MA LA VOLETE PIANTARE, BABBEI!!!- aprì di scatto la porta della cucina, che dava sul ponte, Sanji, brandendo la katana bianca di Zoro –Sto tentando di preparare la cena, io!!! E se continuate a farmi sparire i miei mestoli, stasera digiuno per tutti!!!! Escluse le mie Dee adorate, naturalmente!!!!-
-Zitto idiota!!!- sbottò lo spadaccino, arrampicandosi sul balcone del castello di poppa per recuperare dalle mani del biondo la sua arma –Va a spadellare, e smettila di rompere!!!-
Con un tonfo, saltò agile sul prato, impugnando velocemente la katana nell’aria, ringhiando innervosito dal ghigno soddisfatto del chirurgo. Si portò in posizione di difesa, brandendo l’arma davanti a se e piegandola leggermente verso la sua sinistra.
-Niente trucchi…- soffiò -… solo io e te, una spada ciascuno… niente Haki o abilità da Frutti del Diavolo…-
-Come vuoi…- alzò le spalle il moro, passandosi la sua spada dietro il capo a mo di appoggio, sorridendo ironico -… tanto potrei sconfiggerti anche a occhi chiusi…-
-Lo vedremo…- ghignò Zoro, balzandogli contro e facendo scontrare la sua lama affilata contro quella robusta della katana di Law.
-Babbei…- si accese una sigaretta Sanji, rientrando in cucina, mentre si ripuliva le mani sul grembiulino rosa che indossava.
Robin sorrise, facendo largo al biondo sulla soglia della porta, mentre questi borbottava tornando ai suoi adorati fornelli. Almeno quelli, se litigavano, non gli rubavano i mestoli, e non facevano ballare la nave con i loro salti indemoniati.
Silenziosa, l’archeologa incrociò le braccia al petto, avvicinandosi al balcone del castello, puntando il suo denso sguardo azzurro sullo scontro che si teneva sul ponte della Sunny.
Law e Zoro si battevano a spada tratta, non risparmiando all’avversario alcun colpo, calcolando ogni più piccolo dettaglio e distrazione dell’altro, sfruttandolo al meglio pur di mettere al tappeto il contendente.
Attorno a loro, oltre il bordo del ponte, sul sommergibile dei pirati Heart, la ciurma del chirurgo echeggiava, sgolandosi, nello spronare il suo capitano, agitando le braccia in aria e scuotendo la loro imbarcazione, che schiumava contro il mare, creando piccole onde bianche e blu.
-Avanti, avanti…- gridava loro Usop, con l’aiuto di Franky -… fate la vostra scommessa: lo Shichibukai contro The Beast Devil!!!! Si accetta ogni tipo di somma…-
Il carpentiere allungava le sue braccia robotiche verso quelle tese e con soldi sonanti dei pirati dalle tute bianche, agguantando veloce i Berry che gli ammiccavano.
-Fate il vostro gioco… forza, forza!!!!- sganasciava, contando le varie banconote.
-Unico avvertimento: nessun rimborso!!!- sussurrò il cecchino, allontanandosi dalla sponda a cui era ancorato il sommergibile, mentre il boss rubava le ultime banconote ai sbigottiti pirati raggirati.
Robin si coprì gli occhi con una mano, scuotendo il capo sconsolata. Tutto ciò era ridicolo, assurdo e inutile.
Indirizzò una fugace occhiata all’interno del castello, perdendo lo sguardo contro la penombra della porta socchiusa. Nami, addormentata sul divano della sala comune e sorvegliata da Chopper e Brook, non sapeva niente di tutto quel trambusto, ne cosa lo avesse provocato ne tanto meno che esso era incorso. Forse, era meglio così. Sorda a quei colpi forti e iracondi, poteva riposare meglio, e inconscia di essere contesa tra due uomini, avrebbe evitato di arrabbiarsi inutilmente, o almeno così sperava Robin.
Un tremendo scontro di lame inclinò la Sunny, che si piegò per una manciata di secondi sul suo lato destro, per poi dondolare allegra e tornare stabile sul mare piatto.
L’archeologa indirizzò il suo sguardo sui due spadaccini, trovandoli faccia a faccia, distanziati solo da quei pochi millimetri di aria carica di rabbia che veniva tagliata dalle lame delle loro katane, incrociate nel loro scontrarsi.
-Lei è mia…- ringhiò funesto Zoro, per nulla impaurito che tutti comprendessero le sue parole.
-Non è scritto da nessuna parte…- sbuffò Law, saltando all’indietro liberando la sua arma, per poi balzare nuovamente contro il verde. Lo spadaccino fu mancato di poco dalla punta affilata della grande spada del chirurgo, che si conficcò a terra tranciando alcuni fili d’erba. Agile e ghignate, il samurai affondò la sua spada contro il fianco scoperto del medico, cercando di ferirlo, ma egli roteò su se stesso sfruttando come appoggio la sua arma conficcata, evitando così l’attacco.
Robin sospirò pesantemente, avvicinandosi ai suoi compagni lì sul terrazzo ad osservare lo scontro.
-Se verrà sconfitto o si farà ferire…- mormorò soavemente fermandosi al fianco di Rufy -… Nami andrà su tutte le furie e picchierà tutti, colpevoli e innocenti…-
Rufy, esaltato dallo scontro, smise di sporgersi dal balcone verso il suo vice, quietandosi un attimo e volgendo lo sguardo verso la sua compagna. Vide il suo sguardo seguire rapido e apprensivo ogni movimento del samurai verde, trattenendo il respiro a ogni sferzata d’aria tagliata dai colpi di entrambi i guerrieri. I suoi occhi turchini e studiosi, tradivano il suo stato d’animo pensieroso e cupo.
-Tranquilla Robin…- le passò un braccio attorno ai fianchi, avvicinandosela a lui -… Zoro non si farà battere…-
-Nami sta già soffrendo troppo…- soffiò leggera la mora, stringendosi le braccia al petto -… Zoro dovrebbe starle accanto, e non farla star peggio combattendo inutilmente contro Law… se tornerà da lei ammaccato, la farà preoccupare a morte…-
Cappello di Paglia sorrise all’agitazione della mora, intenerito dal suo affettuoso preoccuparsi per la loro sorellina e per quel suo uomo tanto testardo quanto orgoglioso.
-Anche volendo, non potrei fermarlo più… lo vedi…- glielo indicò con il braccio teso, mentre il verde spingeva contro la lama scintillante del suo avversario, strusciando furiosamente la sua katana per fermare l’affondo del moro -… sta lottando con tutto se stesso… non l’ho mai visto combattere così furiosamente e con tanta passione…-
Robin volse il viso verso quello estasiato e solare del suo capitano, osservandolo sorpresa di tutta quella felicità nel vedere un suo Nakama battersi per un motivo tanto futile come quello.
-È solo un idiota…- sussurrò socchiudendo gli occhi tristemente -… un idiota che non si rende conto di lottare per una cosa che già gli appartiene: Nami è sua, da sempre… lei non potrebbe amare nessun altro se non lui… non c’è Law al mondo che tenga, il cuore della mia sorellina batte solo per lui… perché non se ne rende conto? Tutto questo è stupido e inutile…-
Rufy rise sguaiatamente, stingendosela maggiormente a se.
-Si, è vero…- ridacchiò, mostrando la sua bella dentatura bianca alla giovane -… Zoro è un idiota!!! Solo questa mattina ha accettato il fatto di essere innamorato di Nami, dopo chissà quanto tempo che si rifiutava anche solo di pensare a una cosa del genere… e ora, a non più di 10 ore di distanza, si batte come un demonio per lei… si, è un idiota che, nonostante sappia di amare e essere amato, ha voluto comunque battersi con Law solo per dimostrare quanto il loro amore sia forte e potente…-
Prese un profondo respiro, tornado a fissare sorridente il compagno spingere la lama della sua spada contro quella del chirurgo.
-Perché esiste… esiste un loro amore… esiste un loro… Zoro non si divide più dentro di se tra lui, e il combattere il per il suo sogno, e lei, per difenderla…- strinse forte il fianco di Robin, sussurrandole piano affinché sentisse solo lei e non anche Franky e Usop, che saltavano come indemoniati, per il compagno -… combatte per loro… per loro due… per loro e il loro amore… no, Zoro non sta combattendo per far capire a Law che non deve toccare Nami, perchè sa che lei lo ama e che non scapperebbe via con nessun altro… lui sta lottando per far capire a Law quanto il loro legame sia grande e forte, e per nessun altro motivo… combatte solo per loro due…-
Robin sorrise, abbassando il capo fino a posarlo sulla spalla forte e muscolosa di Rufy. Chiuse piano gli occhi e abbracciò di rimando la vita del suo capitano, lasciandosi stringere dalle mani grandi e protettive del moro.
-Loro…- sussurrò piano, contro il collo del ragazzo di gomma -… loro… ha un bel suono come parola… anche se credo che “noi”, suoni meglio…- prese un profondo respiro, alzando lo sguardo sul moro -…ma, esiste anche un noi…?-
Rufy abbassò il volto verso i capelli corvini dell’archeologa, posandoci dolcemente un bacio, riportando poi lo sguardo sul ponte dove lo scontro tuonava.
-Si… da sempre… e se vuoi da oggi ancor di più…-
Robin annuì sorridendo, infossando il viso sull’incavo tra capo e collo di Rufy, nascondendo il suo arrossire, mentre il moro sorrideva entusiasta.
-Vai Zoro!!!!- alzò un pugno al cielo, gridando con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre il verde tornava all’attacco verso il chirurgo.
Lo sferragliare acido delle lame che si scontrarono fermò l’aria, uccidendo ogni respiro del vento. Zoro digrignò i denti, infossando lo sguardo contro di quello di Law, che storse le labbra in un strozzato ghigno.
Le lame scivolarono tra di loro, producendo una cascata di scintille mentre il filo tagliente di esse stridevano tra loro. Le piccole lamelle lucenti caddero al suolo, bruciando rapidamente, come vite sfuggenti di anime violente, spegnendosi fredde contro le scarpe nere dei due guerrieri.
Law indietreggiò di un passo, prendendo spazio tra lui e Zoro, inclinando la schiena all’indietro, portando il braccio piegato dietro di se per caricarlo maggiormente di potenza, prima di scagliare veloce la katana verso quella posta in orizzontale del verde. Lo spadaccino incassò la forza del colpo, scaricandola a terra piegando le gambe, usando poi il contraccolpo per rialzarsi e spingere il suo corpo verso quello di Law, costringendolo ad incurvarsi sotto il suo peso.
-Co-complimeti…- soffiò il moro, sorridendo per la forza del verde -… non ti… non ti facevo così intelligente da sfruttare la mia forza per sopraffarmi…-
Zoro si limitò a ghignare.
-… ma nonostante ciò, lei sarà mia…- Law puntò la mano liberà al suolo, piegando la schiena verso l’erba e, con una capriola, sgattaiolare via dalla mole del verde e liberasi della sua pesante figura. Il samurai digrignò i denti, rigirandosi la spada nei palmi delle mani.
-Suvvia Roronoa…- portò la sua katana a livello degli occhi Law, tagliandosi in verticale il viso -… un guerriero come te non può permettersi certe distrazioni come lei… non sei un samurai devoto al Bushido? Il tuo unico dovere è la salvaguardia del tuo imperatore… nient’altro deve disturbare la tua concentrazione… portandotela via, on ti farò altro che un favore…-
Zoro assottigliò lo sguardo del suo occhio, flettendosi sulle ginocchia prima di correre e scontrarsi nuovamente con la lama spessa e lucente del chirurgo.
-Lei non è una distrazione…- soffiò la sua voce baritonale e calda contro la lama, appannandola -… lei è la mia più grande forza… e si, è vero: io sono un samurai devoto al Bushido… il mio dovere è proteggere il mio imperatore, anche se Rufy sa benissimo difendersi da solo… ciò non toglie, comunque, che lui non sia l’unico mio imperatore…-
Le lame scivolarono tra loro, mentre gli occhi neri e profondi dei due spadaccini non si mossero nemmeno. Agili ed esperiti, iniziarono a colpirsi a vicenda con veloci affondi e parate, non riuscendo, nessuno dei due, a colpire l’avversario. Ancora, le lame si scontrarono, rimanendo intrappolate tra loro da uno strano magnetismo.
-Perché? Perché lei?- domandò ansimando Law.
-Perché se Rufy detiene la mia vita e a lui devo tutto, Nami possiede il mio cuore, la mia anima, il mio spirito, e a lei devo tutto ciò che resta di me…-
Law sgranò gli occhi, ascoltando quelle solide parole, pronunciate con serietà e vera certezza.
-L’ami così tanto, da annientarti totalmente per lei? Ma agendo così, cosa resta di te?-
Zoro rise sguaiatamente, lanciando la sua arma contro quella dell’avversario, facendola stridere entusiasta di un suono metallico e melodioso.
-È per questo che lei non sarà mai tua, ma solamente mia…- lo derise, fermandosi a pochi metri di distanza da lui, per poi scontrarsi nuovamente e isolarsi nel cozzare delle lame, sordi alle grida di incitamento dei compagni -… perché non esiste un io, o un lei… esiste solo un noi… non vi è un punto in cui io finisco e lei inizia… siamo un tutt’uno… io sono totalmente suo, e lei è totalmente mia… noi non ci annientiamo per l’altro, ma ci doniamo l’un l’altro per completarci a vicenda…-
I visi si sfiorarono quasi, mentre le lame gridavano combattendo.
-È questo che tu non avrai mai da lei… la tua è solo un’infatuazione, un’accettabile cotta che ogni uomo, che l’abbia anche solo vista di sfuggita, ha per lei… l’hai detto tu, no? È logico… ma il sentimento che ci lega, è molto di più… è amore puro, di quello che non ha regole ne divieti… tu non l’avrai mai, non perché io ti sconfiggerò, ma perché lei non potrà mai essere di nessun altro se non mia… e lo stesso è per me…-
Law sgranò gli occhi davanti a quelle parole.
Possibile? Possibile che tutto ciò fosse vero?
Esisteva davvero una forza così potente e grande, ancor di più dell’Haki, che riusciva ad unire due persone così diverse in una morsa d’acciaio del genere?
Così energica da unirle in un unico essere e renderlo forte e fragile di un’emozione tanto speciale?
Il chirurgo saltò all’indietro, liberando la lama della sua katana e portandosela al fianco. Era impaurito, non dalla forza del samurai, ma dalla sua sicurezza e fiducia nel sentimento che la navigatrice provava per lui.
Ghignando a sguardo basso, rifoderò la sua arma, facendola scivolare dolcemente nella fodera nera a fiori bianchi. Come addormentata, la katana si rilassò nel tessuto rigido.
-Essia allora…- ridacchiò, infossando le mani nelle tasche dei pantaloni -… che sia tua…-
Zoro ghignò vittorioso, rifoderando la sua spada, riponendola al sicuro sul suo fianco.
-In fin dei conti è meglio così…- sorrise Law, piegando le braccia dietro la testa, avanzando verso la rampa di scale che conduceva alla cucina e alla sala comune -… se ti avessi battuto, di certo ti avrei anche ferito gravemente, e Nami non me lo avrebbe mai perdonato…-
-CHE COSA?!?- urlò Zoro, stringendo i pugni lungo i fianchi –Qui l’unico che rischiava di farsi del male eri tu, scarabocchio!!!!-
-Umpf… ma non farmi ridere…- alzò le spalle il moro.
-Ah si!?! Allora vieni qui che non ho ancora fino con te… sottospecie di invertebrato con i tatuaggi… scarabocchio con le gambe…-
-Ho da fare… la dolce Nami starà morendo di freddo su quel duro divano… qualcuno dovrebbe riscaldarla, e visto che tu invece vuoi solo menar le mani…-
-CHE?!? NON T’AZZARDARE SAI!!!!- lo rincorse veloce su per gli scalini, infischiandosene degli sguardi schioccati dei presenti, che non ci avevano capito un accidenti di quello che fosse successo.
-Ma… ma allora chi ha vinto?!?- chiese Usop.
-Mi par di aver capito che Law ha risparmiato l’alga da far la fine del sushi…- si puntò una zampa sul meno Bepo.
-Semmai il contrario…- puntualizzò Franky –E comunque, in questi casi, vince il banco!!!!- e così dicendo di volatilizzò sotto coperta con in braccio tutti i Berry accumulati delle scommesse, con Usop che raccoglieva le banconote volanti dalle cibernetiche braccia del Boss.
-Ho il sospetto di essere stato imbrogliato…- mugugnò Penguin, fissando il suo portafogli malinconicamente vuoto, mentre Robin sorrideva angelicamente, ancora stretta nell’abbraccio di Rufy.
-Non ti azzardare!!! Non la devi nemmeno toccare, la mia mocciosa!!!- ancorava sul terrazzo del castello Law, Zoro, appiattendogli il viso contro la parete di legno del balcone.
Il moro scivolò via dalla presa del verde, ergendosi nella sua figura e mostrando una pulsante vena rabbiosa sulla sua fronte. Zoro inclinò il capo verso quello del pirata, scontrandosi con il moro e soffiando adirato.
-Imbecille!!! Come osi?!?- sbottò Law, offeso dal nomignolo che ormai il samurai gli aveva affibbiato per via dei suoi numerosi tatuaggi –Scarabocchio, io?!! Io ti faccio finire nel corpo di un’acciuga, se solo osi di nuovo chiamarm…-
La lite fu interrotta bruscamente da un agghiacciante urlo di dolore. Zoro distolse lo sguardo dal viso contratto di rabbia di Law, spostandolo veloce sulla porta socchiusa che conduceva all’interno del castello.
-Nami…- sussurrò appena, prima di catapultarsi all’interno della sala comune, inseguito da Rufy e compagni e da Law, i cui occhi rivelavano solamente un unico pensiero: il quarto giorno di cammino del veleno si stava concludendo. Ne restava solo uno…
  

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Nami rantolò, spalancando la bocca e chiudendo gli occhi dilaniati da piccole venette rosse di capillari in asfissia, boccheggiando nella disperata preghiera d’aria.
Strinse forte le mani al petto, sullo sterno a livello del cuore, piegandosi su se stessa raggomitolata sul tappeto della sala comune, mentre la sua fronte accarezzava il tessuto azzurro e caldo dell’arazzo. La sua chioma rossa si piegava ad onde sulla trama di disegni e ghirigori del drappo, ornandolo di piccoli vezzi color mandarino.
Le ginocchia della navigatrice, schiacciate sotto il peso del corpo incurvato su di loro, s’inabissavano tra le curve del tappeto, nascondendosi da quel male che le piegava a terra.
-AAAAAHHHH!!!- riuscì a urlare ansimando la rossa, spalancando al massimo le sue mascelle, mentre piccole gocce di saliva si univano alle sue lacrime nascoste oltre le tende di capelli ramati che le cadevano sul viso. Strinse maggiormente la presa dei suoi palmi attorno al suo seno sinistro, tentando di fermare quel dolore massacrante e omicida che da quando si era risvegliata, a causa di un’implacabile fitta alla spalla pochi attimi prima, la stava letteralmente trapassando da parte a parte.
-N-nami…- tentò di avvicinarsi a lei Chopper, indirizzando una zampa verso il suo capo.
-AAAAAHHHH!!!-
Nuovamente un rantolo doloroso e acuto sfuggì dalla gola della navigatrice, risuonando nella sala. I polmoni della rossa avevano smesso di riempirsi d’aria, incapaci di muoversi senza il battito continuo e severo del cuore che gli intimava di lavorare.
Ansimando fragorosamente e senza un ritmo deciso, Nami continuava agonizzante il suo annegare nel salotto, straziandosi il petto, graffiando contro la pelle che ricopriva il suo seno, tentando così di imporre al suo cuore di riprendere a battere decentemente.
-AAAAHHHH…- gridava senza darsi pace.
Lo sentiva. Sentiva chiaramente il veleno avanzare in lei, scendere in profondità tra i suoi tessuti muscolari, puntando al muscolo cardiaco, masticando e distruggendo tutti i tessuti che incontrava, determinato e in frenabile.
Il cuore aveva rallentato il suo battere, impaurito da quel nemico, e troppo debole e fragile per continuare a combatterlo. Il martellare ritmato e vivo si era trasformato in un picchiare debole e senza ritmo. Un continuo rantolare faticoso e testardo che non voleva cedere all’evidenza che ormai stava perdendo su tutti i fronti.
-AAAAAHHHH…-
Lacrime di rabbia scendevano stupide e odiose dai suoi occhio color caramello, maledette dall’anima della rossa che mai avrebbe voluto mostrarsi così debole e fragile ai suoi compagni, ma che non riusciva ormai a contenere più quell’assurdo dolore che la martoriava da dentro.
Un fitto spasmo alla spalla le fece perdere nuovamente il respiro. Il dolore sfiorò punte di male indescrivibile. Nami spalancò gli occhi umidi e incapaci di controllare le lacrime, puntandoli vuoti e disparati sul tappeto, mentre la mano destra graffiava tremante e straziata l‘arazzo celeste.
-NAMI!!!!-
Il suo nome le arrivò lontano e ovattato, come tutti i suoni che la circondavano.
Gli zoccoli possenti e di corsa di Chopper, tornato nella sala comune con tutto il necessario per assisterla, la voce isterica e nel panico di Brook, che spiegava a tutti il suo brusco risveglio per il dolore e il suo accasciarsi al suolo rantolante, Law che aiutava il medico renna a preparare le varie morfine per calmarla, urlando in ogni dove nomi di medicinali oscuri e sconosciuti, Robin che tentava di nascondere il suo singhiozzare dietro le sue mani…
No, niente di tutto ciò giungeva al suo udito.
L’unica cosa che riusciva a sentire, chiaro e forte, era il continuo e costante dolore che le massacrava il corpo. La spalla sanguinava ardentemente, bruciandole la pelle e aprendole di nuovo i taglie sul tatuaggio. Il petto scoppiava invaso da mille incendi di brace, che incendiavano le sue interiora in ricerca del suo sangue ovunque.
Le ramificazioni dell’ematoma si spingevano, crudeli e taglienti, in lei, avanzando rapide lungo il suo braccio sinistro, colorandolo di viola, mentre si allungavano su tutte le falangi delle dita della mano sinistra.
Strazita dal dolore, Nami sbatté la fronte contro il tappeto, schiacciando le tempie fredde e congelate, sul tessuto, piangendo e mordendosi le labbra fino a farsi male. Ansimava frammentata, rantolando e muovendo la schiena avanti e indietro, nel vano tentativo di respirare decentemente. Ma il suo cuore batteva ancora a singhiozzo, cercando di lottare per difendersi dal veleno e continuare comunque a vivere.
Con la mano destra graffiò ancora l’arazzo, testarda a non volersi arrendere, mentre conficcò le unghie della sua mano sinistra sul petto, cercando di fermare l’avanzata del veleno. Caldo liquido umido le scivolò dalla spalla, correndo come un fiume in piena lungo il suo collo, imbrattandole il torace incurvato in avanti e guizzando vivido sul suo reggiseno azzurro. Nami non alzò nemmeno lo sguardo su di esso, ben conscia di sapere cosa la stesse bagnando.
Sangue.
Rosso, scarlatto, cremisi, vermiglio, amaranto, rubino, carminio, fulvo sangue colava dalla sua scapola, impregnando la camicia che indossava e spargendosi sul tappeto, colorandolo non più del rosso vivo dei suoi capelli sparsi sulla trama cucita, ma di un rosso mortale e spaventoso che fece sobbalzare tutti i presenti. Flagellata da quell’assurdo male, Nami si morse le labbra con i denti, imponendosi il silenzio più assoluto, pur di zittire quel dolore che la stava martoriando.
No, non poteva arrendersi ad esso. Lui non avrebbe vinto.
C’erano otto persone per cui doveva combattere, e per loro lei avrebbe dato la vita, piuttosto che farle soffrire.
Testarda, s’incurvò maggiormente sul tappeto, schiacciandosi la mano sinistra, ormai violacea e che difficilmente e con dolore riusciva a muovere, contro il cuore, pregandolo di calmarsi e di tornare a battere, mentre con l’altra mano stringeva forte alcuni fili celesti del tappeto, spalancando gli occhi lacrimanti sull’intreccio del drappo e concentrandosi nel trattenere le sue urla.
La ciurma osservava agonizzante e indifesa quella scena, incapace di rendersi utile.
Zoro non sapeva che fare.
Se ne stava lì, immobile, pietrificato, a pochi passi dal divano davanti cui la sua mocciosa era rannicchiata dolorante e urlante di male, il divano su cui l’aveva posata dolcemente non più di una mezz’ora prima, addormentata e al sicuro, protetta da quell’ultima carezza che gli aveva dato prima di lasciarla.
Deglutì a fatica, cercando di inumidirsi la gola, tentando di muovere anche un solo passo verso di lei, per aiutarla, per alzarla da quel tappeto sporco del suo sangue versato ingiustamente. Sollevarla da quel suo male feroce e malefico, e portarla lontano da tutto ciò, in un luogo protetto e indolore.
Ma non ci riusciva.
Non riusciva a muoversi, immobilizzato dalla paura di perderla, di ritrovarsi come suo ultimo ricordo quel doloroso quadro di lei urlante e piangente. Non riusciva a togliersi dagli occhi la sua espressione persa nel dolore, dalle orecchie il suo gridare strozzato e rantolante, dal naso l’acre odore del suo sangue che sgorgava a fiotti in frenabili e crudeli dalla sua spalla.
I suoi occhi erano sbarrati su di lei, la bocca spalancata a cerare parole di spiegazione che non avrebbero mai trovato.
Rufy e Franky, fermi e muti davanti a Zoro, respiravano a fatica mentre Chopper e Law si piegavano sul copro rannicchiato di Nami tentando di fermare la crisi.
-Dobbiamo iniettarle la morfina…- spiegava Law, tentando di trovare un lembo di pelle della navigatrice non ricoperto di sangue e che fosse utilizzabile per l’iniezione del calmante.
-Non c’è una vena libera… sono tutte occluse dal veleno o vuote di sangue… anche se ne troviamo una, il tranquillante non entrerebbe in circolo senza un liquido trasportatore…- ansimò Chopper, posando una zampa sulla spalla sana di lei e stringendo l’altra sul dorso della mano della rossa che strozzava il tappeto.
-Non possiamo aspettare che passi…- digrignò i denti il chirurgo, puntando lo sguardo sul viso sudato della renna -… potrebbe non sopravvivere…-
-Lo so, lo so…- scosse la testa il piccolo medico, indeciso sul da farsi -… ma non possiamo fare altro…-
-Come non potete fare altro?!?- urlò Sanji, alzandosi di botto dal divano in cui si era afflosciato dalla disperazione del vedere la sua Dea ramata ridotta in quello stato –E che volete fare allora?!? Lasciarla morire così?!?-
Con ira si ergeva nella sua oscura figura, pestando un piede contro l’orlo macchiato di sangue del tappeto, minacciando con pugno alzato i due medici.
-Non potete farlo… non potete…-latrò, avanzando di un passo, centrando così la pozza di sangue che si stava formando attorno a Nami. Il suo tacco nero e lucido si macchiò di cremisi, schizzando piccole gocce vermiglie intorno al passo furente del cuoco.
-Dovete fare qualcosa… Law…- soffiò Usop, implorando con lo sguardo il Chirurgo del Male, insieme a Franky.
-Chopper, Law vi prego… salvate la mia sorellina…- impose i suoi occhi azzurri e bagnati di lacrime Robin, stretta nell’abbraccio difensivo di Rufy.
-Chopper…- invocò Brook, posando una mano ossuta sulla spalla tremante di rabbia di Sanji per calmarlo.
-Noi… io…- balbettò la renna, non sapendo veramente che fare.
Di colpo, Nami alzò lo sguardo al cielo, buttando il capo all’indietro e rovesciando la sua chioma rossa sulla schiena. I suoi occhi chiusi e rigati di lacrime erano oscurati dalla sua frangia, che le ricadeva fradicia di sudore sulle tempie, mentre la bocca, digrignata in una smorfia di dolore e ringhiante di lotta, soffiava rantoli d’asfissia direttamente dalla gola, producendo bruttali e strozzati respiri.
Veloce e strazita, la ragazza si portò le mani alla gola, graffiandosi la pelle del collo, come se le fosse stretta, che le impedisse di respirare, ed era così. Il respiro le si era strozzato in gola, nella trachea, inceppata nel suo meccanismo di respirazione, e che ora vietava all’aria di entrare nei polmoni per riempirli.
Il suo diafano collo si colorò di bianco cadaverico, imperlandosi di piccole gocce di sudore che rigarono la pelle morente, scendendo nell’incavo del collo, dove annegarono nel rosso sangue che dalla spalla colava sul tronco della ragazza, macchiando con vividi rivoletti di lacrime e sangue le dita incrociate sulla gola di lei, che ancora rantolava in quel annegare secco.
Lentamente, una scia di rami viola si mosse dal dorso della rossa, scalando rapida la scapola sanguinate e tremante, salendo veloce lungo il collo. Lì, si nascoste sotto i palmi stretti alla gola, dividendosi in tanti piccoli rami stretti e sottili, che accerchiarono la parte mancina del collo, abbracciandola nella loro spirale violacea.
Ormai, l’ematoma del tatuaggio aveva conquistato tutto il braccio sinistro della navigatrice, mano compresa, la spalla e il pettorale sinistro, giungendo in prossimità di quel caldo cuore che tanto bramava, ma non soddisfatto avanzava ancora verso la diafana gola di lei, provando crudelmente ad ucciderla del tutto, rubandole la sua debole e bruciante vita.
-AAAAAHHHHH!!!!- Nami urlò spalancando la bocca e liberando piccole gocce di saliva nell’aria, mentre sveniva all’indietro e dai suoi occhi altre lacrime scendevano dolorose a sfigurarla.
Nella sala il silenzio più agghiacciante scese in frenabile e rumoroso, zittendo ogni pirata.
-Maledizione!!!- imprecò Chopper, ripresosi da quell’orrido spettacolo e buttandosi su di lei, reggendola prima che sbattesse il capo sull’asse del divano e mettendosi subito all’opera per stabilizzarla. Law era impietrito dal grido doloroso come la morte e straziante come un cuore infranto. Tremante, si avvicinò alla renna dottore, per aiutarlo, ma la mano possente e pallida di Zoro lo fermò a metà del suo primo passo.
-Fallo…- sussurrò lo spadaccino con gli occhi sbarrati sulla sua compagna -… esegui uno Scramble tra me e Nami…-
Non era il suo solito tono arrogante e strafottente. Non era nemmeno un ordine, quello che gli aveva appena chiesto. Era una preghiera, un’esile e tremante invocazione d’aiuto. Law fissò serio il verde.
-Non posso…- sussurrò, scuotendo la testa -… me l’ha vietato…-
Zoro lo fissò stralunato, spalancando gli occhi e non riuscendo a credere alle sue parole.
-Che cosa?!?- gridò, prendendolo per il colletto della sua maglia e tirandoselo accanto, fino ad avercelo sotto al naso –Cos’è che hai detto? Te l’ha vietato?!? E che altro di ha detto, eh?!? Ti ha anche ordinato di farla morire?!?-
Lo scuoteva indemoniato, controllato ormai solo dal panico e dalla collera che gli circolava nelle vene, mentre strattonava il chirurgo.
-Tu ora…- intimò al moro, sussurrando iracondo e privo di ragione -… scambi il mio corpo con quello di Nami, e subito… così per un paio d’ore avrà un po’ di pace in cui riposarsi, mentre io combatto per lei…-
-Non posso te l’ho detto… mi ha ordinato di non eseguire nessun Scramble con nessuno di voi…- posò il suo sguardo nero su tutti i Mugiwara, che già si erano avvicinati a lui per chiedergli lo stesso scambio, sperando di donare un po’ di sollievo alla loro compagna.
-TU SEI UN DEMENTE!!!! COME PUOI ESEGUIRE UN ORDINE TANTO CRETINO?!?- Zoro strinse le sue mani attorno alla gola di Law, infossando lo sguardo sul viso tranquillo e sereno del giovane.
-STA MORENDO!!!- ruggì –LA MIA NAMI STA MORENDO!!! CREDI DAVVERO CHE M’IMPORTI DI QUALCHE SUO STUPIDISSIMO E DELIRANTE ORDINE?!? SCAMBIACI I CORPI!!!!-
Law si liberò piano dalla presa del verde, ben capendo la sua ira e il suo disorientamento. Senza di lei la sua vita era vuota e senza un vero scopo. Se non fosse riuscito a salvare quella donna, avrebbe non solo permesso l’omicidio della più bella navigatrice che avesse mai visto in vita sua, ma avrebbe anche ucciso anche quello spadaccino forte e condottiero.
-Non posso…- mormorò, indietreggiando di un passo e tentando di avvicinarsi a Chopper e Robin, accorsa vicino alla renna per aiutarla nel medicare la compagna.
-No… no…- digrignò i denti il samurai, spalancando l’occhio sano -… tu devi farlo… non puoi portarmela via così…-
Law scosse la testa dispiaciuto. Non poteva davvero.
-Scambia il corpo di Nami con me…- boccheggiò Brook, avanzando verso il moro -… fintanto che è svenuta… non soffro carnalmente da anni, potrei farcela… se è il mettere in pericolo qualcuno per quel dolore, che preoccupava tanto la dolce Nami, io posso sopportarlo…-
Si batté un pugno sullo sterno, toccandosi le costole sotto la giacca scura che indossava.
-Fallo Law… fai uno Scramb…-
-No…-
Tutti si voltarono verso il divano, dove Chopper e Robin reggevano il delicato e dilaniato corpo di Nami.
-No…- ansimò ancora la rossa, alzando il capo dalla spalla della renna, dove era addossato -… nessuno… nessuno di voi… lotterà… lotterà questa mia battaglia…-
Il suo respiro era quasi normale. Accelerato e ansimante per lo sforzo di parlare e respirare contemporaneamente, ma più regolare di prima. Pian piano, la ragazza, puntò il suo sguardo pallido e di un impantanato e torturato color fango, sui suoi Nakama, tentando di parlare ancora.
-… sarebbe troppo egoista da parte mia…- sussurrò.
-Ma Nami adorata, noi…-
-No, Sanji…- fermò subito il cuoco -… no…-
Zoro si fece spazio tra i suoi compagni, avanzando iracondo verso la navigatrice e, a pochi passi da lei e con le braccia feroci e spalancate nell’aria, urlò.
-CHE INTENZIONI HAI, EH?!? DI MORIRE?!? SAPPI CHE NON TE LO PERMETTERO’!!! TU NON PUOI MORIRE!!! LAW SCAMBIERA’ I NOSTRI COPRI E POI STARAI MEGLIO E…-
-Avresti mai scambiato il mio corpo con il tuo, a Thriller Bark?- domandò rantolando un piccolo rivoletto di sangue dalle sue labbra la navigatrice –Mi avresti mai fatto sopportare al posto tuo, anche solo per un secondo, tutto quel male?-
Zoro si zittì, digrignando i denti e ringhiando brutalmente. Si ricordava quanto avesse sofferto, quanto avesse sopportato in silenzio e con fatica tutto quel dolore che aveva rubato a Rufy, e di certo, mai, mai avrebbe augurato alla sua Nami di provare anche solo un millesimo di quel male.
-Suppongo di no…- rispose al posto suo la navigatrice -… quindi non chiedermi di farlo con te… combatterò ancora, e ancora, finché avrò anche solo una briciola della forza del mio spirito in vita in me… solo quando non vi sarà più nemmeno quella scintilla a sostenermi, allora sarò sconfitta… ma nemmeno in quel caso nessuno di voi lotterà al posto mio questa mia lotta…-
Piano chiuse gli occhi, e posò il capo sulla spalla di Chopper, respirando faticosamente, riprendendo fiato dallo sforzo di zittire il verde.
-Andiamo…- esortò Law  e Robin il medico -… ha bisogno di cure urgenti…-
La raccolse in braccio e corse veloce nel suo studio, inseguito dal chirurgo e dalla archeologa. Nel suo correre, piccole goccie cremisi caddero dalle punte violacee delle dita di mani che dondolavano inermi dalla figura della ragazza, tracciando quella corsa contro il tempo e macchiando il pavimento di legno. Zoro fissò atono e ringhiante quelle lacrime rosse segnare la lenta fine della vita della sua mocciosa.
-Zoro…- provò a posare una mano sulla spalla del samurai, Rufy, ma il verde, cieco d’ira per la sua impotenza nel poter salvare la sua amata, si scostò bruscamente da lui, uscendo imprecante sul ponte.
 
  

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


-Stupida… cretina… incosciente…-
Era come contare le sue alzate.
-Cocciuta… testarda… orgogliosa…-
A ogni imprecazione scagliava un poderoso e ruggente pugno contro il sacco di sabbia, facendolo dondolare dolorante nell’aria, mentre la salda catena, che lo reggeva al soffitto della palestra, piangeva sconsolata per tutte quelle botte.
-Sciocca… ottusa…-
Le nocche del pugno destro di Zoro si scaraventarono furiose contro il sacco dei pugni, piegandolo dolosamente a metà, mentre l’anello di ferro che lo legava si spezzava, liberandolo, lasciandolo cadere al suolo. Con un sonoro tonfo, il quinto sacco di sabbia della giornata si apriva sul pavimento della vedetta, rovesciando il suo contenuto solido e friabile sulle assi legnose della stanza, mentre, imprecando ancora contro la navigatrice, lo spadaccino appendeva un'altro sacco per i pugni al soffitto, riprendendo il suo allenamento.
Era da quando aveva lasciato la sala comune, rabbioso contro la testardaggine della compagna e dalla sua logica morale e stupidamente coraggiosa, che si allenava a tirare pugni contro l’attrezzo ginnico, tentando di scaricare il nervoso e la rabbia per l’accaduto.
Aveva preferito saltare la cena, per evitare di vedersi davanti gli occhi la prova morente e fragile della sua impotenza contro il male che gli stava rubando l’amore della sua vita, incrociando gli occhi stanchi e cavi di Nami, testimonianza di quanto fosse impossibile per lui proteggerla.
Furente, aveva preferito sfogare la sua rabbia nella palestra allestita nella vedetta della nave, ignorando i richiami del suo capitano nel venire a cenare, e preferendo ascoltare i suoi battiti cardiaci accelerare affaticati per lo sforzo fisico, piuttosto che sentirli straziati dalla rabbia di perdere la sua mocciosa.
Aveva buttato da parte la sua camicia rossa, gettandola con ira in un angolo della vedetta, dimenticandola mentre si legava la sua bandana nera attorno al capo, concentrandosi nell’incanalare tutta la sua collera contro quell’avversario di sabbia e cuoio, che non provava nemmeno a difendersi dalle sue angherie.
Era ormai notte fonda, e tutto taceva sulla Sunny e sul sommergibile dei pirati Heart, che dondolava teneramente assonnato al fianco della bella nave pirata, unica ascoltatrice dei rochi soffi di rabbia che echeggiavano dalla postazione di guardia.
-Stupida…-
Inveì ancora contro la rossa, Zoro, stringendosi la bandana intorno alle tempie e infossando lo sguardo sul tessuto graffiato dai suoi colpi del punch ball, che continuava a dondolare sofferente contro di lui.
No, no poteva permetterglielo.
Non poteva tollerare che Nami si sacrificasse ancora per il bene di altri. Lui poteva benissimo sopportare il dolore di entrambi, combattendo a spada tratta senza paura e sostituendosi a lei in quella sanguinaria guerra. L’importante era che lei stesse bene. Perché lei non lo capiva?
Perché s’intestardiva a voler sopportare da sola, un male che la stava distruggendo senza pietà?
Perché non voleva capire che, permettendo a Law di scambiargli i corpi, lei avrebbe potuto guadagnare qualche ora di serenità e sopravvivere?
Accidenti!!! Ma non lo capiva che l’importante era che stesse bene lei?!?
Sarebbe stato tutto più facile, se quella testa ramata fosse stata più ragionevole e non così testarda e orgogliosa, e lo sarebbe stato ancor di più se il suo male fosse stato come quel sacco da allenamento, che così facilmente lo spadaccino maltrattava e mandava al tappeto con pochi colpi rabbiosi.  Ma, purtroppo, non lo era. Il dolore della navigatrice, quello che la stava portando via da lui, stava vincendo, solo perchè quella stupida ragazzina si ostinava a volerlo sopportare da sola. Non voleva che nessun altro provasse quel dolore, che nessun altro patisse per lei.
Che idiozia!!!
Zoro scagliò rudemente un altro pugno contro il dorso del sacco, iniziando una serie di decisi e veloci colpi contro il cuoio che rivestiva il cilindro insaccato, grugnendo e ringhiando puntando lo sguardo nero e furioso sulle sue nocche ormai rosse per la forza che impiegava nei suoi attacchi. No, erano tutte sciocchezze, quelle che Nami difendeva così ardentemente anche a costo della sua vita. Non importava che qualcun altro soffrisse, che lui soffrisse, lei doveva stare bene, essere sempre felice e mai più piangente.
Con un colpo secco e deciso, sfondò nuovamente il corpo del sacco da allenamento, trapassandolo parte a parte e lasciando che la sabbia che lo riempiva scivolasse a terra sconfitta. Soffiò pesantemente un respiro, stringendo i pugni lungo i suoi fianchi, rilassandosi e smuovendo il collo.
Nami doveva vivere.
Doveva tornare a sorridere e ridere come aveva sempre fatto, permettendo alla sua scintillante risata di ammaliarlo e stregarlo.
Nami doveva tornare a sorridere. Non avrebbe mai più dovuto piangere e urlare di dolore, mai più avrebbe rantolato dilaniata dalla sofferenza e mai più nessuna goccia di sangue avrebbe più lasciato il suo devoto posto all’interno del suo copro.
Zoro ringhiò di rabbia, concentrandosi sull’immagine di Nami rannicchiata a terra ansimante di male. Perché? Perché non gli aveva permesso di scambiarsi con lei?
…Avresti mai scambiato il mio corpo con il tuo, a Thriller Bark?...
Il sussurro di Nami si strusciò lungo il suo padiglione auricolare, ricordandogli quell’esile frase. Zoro sgranò gli occhi, scuotendo con forza il capo, tentando di scacciare la dolce e melodiosa voce della sua mocciosa dalla mente.
No, non poteva darle ragione.
Se era vero che mai lui le avrebbe chiesto di soffrire al posto suo, era vero anche che mai lei avrebbe dovuto soffrire così terribilmente come stava facendo, e che lui era disposto a tutto pur di sollevarla dal suo male. No, quel discorso andava ben per lei, ma non per lui. Lui poteva benissimo soffrire, ma lei mai.
Lo spadaccino si stropicciò gli occhi stanchi, storcendo la bocca.
Basta, era stanco. Avrebbe trovato risposta alla sua rabbia la mattina dopo, parlando faccia a faccia con la diretta interessata.
Scricchiolò le nocche, incrociandole tra loro, sbadigliando aprendo a dismisura le sue ganasce. Forse era ora di andare a dormire e di mettere a tacere tutti i suoi pensieri. Ci avrebbe pensato lui, la mattina dopo a convincere quella mocciosa testa dura ad ascoltarlo. Ma, la mattina dopo, ci sarebbe stata ancora una mocciosa testa dura da convincere?
Rabbrividì al dubbio, ma lo dimenticò presto scrollandoselo di dosso, smuovendo le spalle. Nami, sebbene fragile e debole, aveva detto che avrebbe continuato a combattere fino alla morte, pur di evitare a chiunque di lottare al posto suo. Per quella notte, solo per quelle poche ore stellate, l’avrebbe lasciata continuare la sua testarda e orgogliosa lotta, ma l’indomani l’avrebbe fermata a tutti costi, perfino picchiandola se fosse stato necessario.
Sbadigliando rumorosamente, iniziò a scendere giù dalle reti d’appiglio legate sulla cima dell’albero maestro, saltando con un tonfo, poi, sul ponte erboso, stiracchiandosi stanco. Aveva bisogno di dormire un paio d’ore.
Il mattino dopo sarebbe stato di certo più lucido e in forze, pronto per fronteggiare quella testa calda di una mocciosa.
S’incamminò sotto coperta, avvicinandosi alla rampa di scale che fiancheggiava il castello di poppa, quando si fermò bruscamente notando una figura seduta nel mezzo della scalinata.
Lì, gambe piegate al petto e capo posato sulle ginocchia strette nell’abbraccio delle deboli braccia, Nami se ne stava seduta in sua attesa, lasciando divagare il suo sguardo vitreo sui suoi piedi scalzi e infreddoliti. Smosse leggermente le dita dei piedi, facendole danzare sotto la luce lunare, stringendosi nelle spalle.
Con l’aiuto di Robin si era lavata e cambiata, cancellando momentaneamente dal suo corpo la presenza rossa e minacciosa del suo male. Certo, le sue urla si sentivano ancora riecheggiare lungo le pareti in legno della nave, ma erano solo echi lontani di un passato che presto sarebbe svanito come era scomparso il suo sangue dal tappeto della sala comune, lavato velocemente da Sanji con energia e rabbia.
Si, presto tutto sarebbe tornato alla normalità, e più niente sarebbe rimasto in memoria di quella orribile avventura.
Ma prima che tutto ciò accadesse, prima di stare meglio lei, Nami sapeva bene che doveva far star meglio qualcun’altro. Qualcuno che, orgoglioso e testardo proprio come lei, pretendeva di combattere al posto suo, per proteggerla anche da quel male che minacciava d’essere indistruttibile e mortale.
Nami sorrise.
Il suo Zoro.
Quel zoticone testa dura si era proposto di scambiarsi di corpo con lei, pur di sollevarla da quel male per un paio d’ore. Ma come gli era saltato in mente?
Come avrebbe mai potuto lei, che lo amava in ogni sua singola molecola, chiedergli di soffrisse gratuitamente al posto suo?
Forse non si era ancora reso conto di quanto l’amasse, di quanto gli volesse bene. Mai, mai gli avrebbe chiesto un tale assurdo favore, costringendolo a sopportare un dolore grande quanto quello che lei stessa a mala pena riusciva a sorreggere.
Non si sarebbe mai sognata di permettergli di sfiorare la morte nuovamente, come era accaduto a Thriller Bark quasi due anni prima, rivedendoselo davanti agli occhi immobile e paralizzato dal dolore, rinchiuso in un silenzioso sonno che solamente lui sapeva quanto assordante e straziante di male fosse stato. No, mai più avrebbe permesso che un’atrocità del genere gli accadesse.
Mai più avrebbe smesso di respirare in attesa del suo risveglio, come era accaduto in quei lunghi tre giorni del suo coma di silenziosa sofferenza.
Nami sospirò pesantemente, rabbrividendo un poco all’immagine del suo amato steso e immobile in quel letto sgangherato e di fortuna in cui aveva riposato per tutte quelle ora nel castello di Moria.
Pigramente, alzò lo sguardo sul ponte, disperdendo i suoi pensieri.
Lo stava aspettando da ore, ormai, decisa a volergli spiegare le sue motivazioni per avergli impedito di scambiare i loro corpi, ma soprattutto per rassicurarlo che lei era ancora lì, stava ancora lottando.
Per lui, per loro, per il loro amore.
Non le importava di soffrire, urlare di dolore, venire ferita o perdere la sensibilità su gran parte del suo corpo a causa dell’ematoma e del suo ramificarsi. Lei continuava a lottare, lei avrebbe sempre continuato la sua lotta, affrontando combattiva e aggressiva il suo nemico, lottando con le unghie e con i denti, pur di restargli per sempre accanto.
Lei non si stava arrendendo al veleno, no.
Lei persisteva nel combatterlo.
Una nuvola oscurò leggermente la luce della luna, lasciando che il ponte erboso venisse risucchiato nel blu notturno. Nami sorrise, inclinando il capo.
Doveva dirglielo. Doveva dirgli che lei era come la luna: anche se una nuvola dispettosa la copriva, come il veleno che la stava avvelenando, lei c’era lo stesso, luminosa e chiara dietro quell’ombra. Bastava aspettare, e ben presto sarebbe tornata a illuminare la notte, rischiarando i pensieri e cullando gli amanti clandestini che in lei si nascondevano nel loro amarsi proibito.
Piano, come se avesse letto i suoi pensieri, la nuvola si spostò dalla luna, lasciandola di nuovo brillare regina nella notte.
Sorridente la ragazza, puntò il suo sguardo ai piedi dell’albero maestro, vedendo finalmente lo spadaccino discendere dalla vedetta.
Non appena lo vide accorgersi di lei, balzò in piedi, mantenendo l’equilibrio con testardaggine, e iniziò a passo veloce ad avvicinarsi a lui.
Gli andò incontro, non meravigliandosi del suo sguardo severo e scontroso ne della sua serietà rabbiosa, ancora ostile per il loro breve battibecco di ore prima.
Nami si fermò a un passo da lui, perdendosi a fissarlo.
Non aveva la camicia, e quindi i suoi begli addominali scolpiti e muscolosi venivano illuminati magnificamente dalla luce della luna, che si piegava al volere della sua figura, giocando con le ombre e con le luci sulla sua pelle, lisciandola e illuminandola come quella di un Dio. La bandana nera, calata sullo sguardo, rendeva il viso di Zoro più maturo e squadrato, donandogli un’aria da vero samurai senza macchia ne paura.
Totalmente persa nell’ammirarlo, Nami si abbandonò a un sorriso innamorato, compiendo quell’unico passo che gli divideva. Sorridendo stregata, alzò la mano destra sul suo petto, posandola dolcemente sui suoi pettorali, accarezzandoli lievemente.
Risalì tenera lungo i muscoli del busto, sfiorandogli la gola e il collo taurino, giungendo in fine a posarsi sulla sua guancia sinistra, circondandogli l’ovale mascolino.
-Zoro…- sussurrò sotto voce, impaurita dal potersi svegliare dal sogno che stava vivendo, nel poter ammirare in quella sua figura perfetta il suo amato buzzurro.
Piano, alzandosi sulle punte nude dei piedi, si alzò verso di lui, addossando leggiadra la fronte fredda e sudata d’emozione contro quella calda e seria di lui, respirando appieno il profumo salato e alcolico del ragazzo, che poteva chiaramente assaporare dal suo soffio che le stuzzicava le labbra, sempre aperte in un sorriso e a poca distanza da quelle del verde.
Tremante di desiderio, chiuse dolcemente i suoi caldi occhi color cioccolato, baciandolo a fior di labbra e posandosi totalmente al suo petto.
Baciò passionale le sottili e serrate labbra dello spadaccino, immobile di fronte alla ragazza e che non reagiva al suo bacio. Nami continuò a baciare leggera la bocca del verde, accarezzandogli il viso con la mano destra, dato che non riusciva a muovere bene il braccio sinistro e la relativa mano a causa delle ramificazioni dell’ematoma, posando leggeri e dolci baci a stampo su quelle labbra tanto sognate da lei.
-Ti amo…- mormorò piano, tra un bacio e l’altro, incapace di fermarsi -… ti amo… ti amo…-
Lo sentì tremare sotto quelle parole.
Sforzandosi, alzò la mano lesa, posandola tremante sulla spalla destra del giovane, accarezzandolo con desiderio.
-Ti amo…- si dichiarò ancora, spingendo il suo petto contro quello dello spadaccino, alzando velocemente la sua maglia a maniche lunghe rossa per il battere innamorato del suo cuore -… ti amo… ti ho sempre amato… ti amerò sempre…-
Fermò i suoi baci, non abbassandosi però e lasciando le sue labbra contro quelle di Zoro, continuando ad accarezzarlo sul viso e sulla spalla.
-Sono qui Zoro…- sussurrò, sfiorando con la sua bocca e con le sue parole il mento e le labbra del verde -… sono qui per te… sono qui per restare… non me ne sto andando, non mi sto arrendendo… sto lottando… sto combattendo ancora… per me, per te, per noi… per il nostro amore…-
Prese un profondo respiro e riaprì gli occhi, fissandoli contro quello sbarrato e in ascolto di lui.
-Nessuno mi porterà via da te… sono tua… di nessun altro… non sono mai stata di nessun altro… solo tua, tua, tua… e lotterò sempre pur di restare tale… nessuno mi strapperà da te… sarò per sempre tua… e sto lottando per questo, perchè lo voglio… hai capito?... io voglio essere tua… voglio continuare a essere la tua mocciosa, voglio continuare a vederti ogni giorno della mia vita… sto lottando per questo, mi sto impegnando a sconfiggere questo male per noi… ma lo devo fare io, perché non posso chiedere a te di sacrificarti in questa mia lotta… devo sapere che tu stai bene per lottare al meglio… se tu stai male, se tu non ci sei perché ti sei sacrificato per me, allora che senso ha combattere?... no…- lo baciò ancora, circondandogli il viso con entrambe le mani e stringendolo con forza -… tu non puoi sostituirti a me perché  mi servi vivo vicino a me... perché finché ci sei, ci sono anch’io… se non ci sei tu, non esisto neanch’io… e tutto questo perché, stupido buzzurro ruba cuori, ti amo… ti amo… ti amo…-
Con slancio, Zoro prese in braccio la navigatrice, alzandola da terra afferrandola per la vita e circondandole i fianchi degli short bianchi con le sue grandi mani tremanti per quelle parole.
La baciò con forza, non reprimendo più il suo istinto animale che lo implorava di rispondere ai baci della rossa prima ancora che lei gli corresse incontro. Con forza, baciò quelle labbra fredde e bianche, leccandole in ogni loro piccola piega e accarezzando, dolcemente ma con desiderio, la lingua che Nami introdusse passionale tra le labbra del verde, muovendola frenetica sul suo palato.
-Ti amo mocciosa… ti amo anch’io…- ghignò stringendosela al petto e prendendole la mano violacea nella sua, baciandola su ogni suo centimetro, curandola dal male con cui l’ematoma la infettava.
-Io volevo solo alleviarti dal tuo male… lo so, lo so, che se sto male io stai male tu, ma lo stesso è per me…- alzò lo sguardo sui suoi occhi brillanti e color del cioccolato più dolce al mondo -… ma ti amo, e voglio solo vederti felice e in forze…-
Nami gli accarezzò il viso, baciandolo sulle tempie.
-Io sto bene solo se ci sei tu… stai con me, aiutami a vincere, e ti prometto che non ti farò mai più soffrire così…-
-Te l’ho già promesso, lo sai…- ghignò il verde, abbracciandola maggiormente e avvicinandola al suo sorriso diabolico -… non ti lascerò mai sola…-
Nami rise divertita, lasciando che lo spadaccino roteasse su se stesso facendola volteggiare sul ponte.
-… sembra una minaccia…- ridacchiò posando il capo e i capelli sciolti e rossi sulla spalla del samurai.
-Lo è…- ghignò quello, accarezzandole la testa e avviandosi verso sotto coperta.
La navigatrice strusciò dolcemente i crini ramati contro la gola del giovane, facendo le fusa, mentre si sentiva riaccompagnata in braccio nella sua cabina. Le mani di Zoro, ancora stretta attorno ai suoi fianchi, l’accarezzavano con delicatezza, scaldandola dal suo torpore.
-Zoro…- mordicchiò il collo taurino del verde, mentre questi entrava nella buia cabina della navigatrice -… dormi con me?... ho bisogno di te…-
Lo spadaccino sogghignò, posandola tra le coperte del suo letto. La fece stendere sotto le lenzuola calde, raggiungendola subito dopo essersi sfilato gli stivali. Robin era di certo in biblioteca, china su pagine gialle e nere d’inchiostro a uccidere i suoi orribili pensieri. Stesa sul fianco destro, la rossa si lasciò abbracciare dallo spadaccino, rannicchiandosi contro il suo caldo torace e stingendosi a lui. Posò il capo stanco contro il letto del cuore del verde, ascoltando la ninna nanna che quel coraggioso muscolo le cantava.
-Buona notte mocciosa mia…- la baciò sulle tempie, sfilandosi la bandana di dosso Zoro, mentre la sentiva addormentarsi -… dormi, riposati… domani ci aspetta la battaglia finale…-
 


 
ANGOLO DELL’AUTORE:
Zomi: eccomi qui!!! Sono tornata, contenti?
Lettori: grrrrrrrr!!! (occhi rossi di ira, ringhianti e minacciosi)
Zomi: ehm.. ecco, si… lo so… siete arrabbiati… 20 giorni di assenza per poi aggiornare con questi 4 capitolini non è un granché, però io…
Lettori: TACI!!!!! AUTRICE SCAIGURATA!!!! (i suddetti lettori sguainano le loro armi)
Zomi: AHAHA!!! Ma che fate?!? Che intenzioni avete?!?
Lettori: ora lo vedrai… all’attacco!!!
Zomi: AHAHAHA!!! AHIA!!!! HOIO!!!! AIUTO!!! No, Carin no!!! La mazza ferrata no!!! Ahah!!!! Jemanuele8891 posa la spada nera di Mihawk, ti prego!!! Ahia, sui piedi no!!!! Yuki31 no!!! L’accetta no!!!! Aiuto!!!! Phoenix_passion no, risparmiami dagli attacchi di fuoco fatuo di Marco!!! Ahia!!!! Brucia!!!! Ok, ok… ho capito!!! La prossima volta aggiorno prima.. però ora basta picchiarmi… ahia!!! Aiu… to…
Lettori: no, la tua punizione deve ancora compiersi…

 

(stendiamo un velo pietoso per proteggere
la delicata persona di alcuni lettori)
 

Zomi: coff… cofff… ci… ci vediamo… venerdì pr… prossimo… glip… (l’autrice saluta, prima di svenire in un leggero coma emorragico)

  Zomi
XP 
  

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


-… data la crisi di ieri, io e il dottor Chopper, abbiamo deciso che opereremo oggi Nami…- affermò Law, eretto nella sua alta figura a capo della tavola, bandita per la colazione.
La renna dottore annuì concorde, ripensando alla lunga notte di esami e ricerche effettuate insieme al chirurgo, pur di capire quanto tempo avevano a disposizione per salvare la sua Nakama.
Chopper strinse con forza le zampe in due pugni feroci.
Avevano poco, pochissimo tempo e la situazione della navigatrice sembrava peggiorare attimo dopo attimo.
Sospirando, alzò lo sguardo dai suoi zoccoli contratti per la rabbia, dirigendolo verso la rossa cartografa seduta sopra le gambe dello spadaccino di bordo.
La vide stringersi con esile forza con il braccio sano alle spalle del verde, abbracciandolo aggrappandosi a lui, decisa a non volerlo lasciare.
I suoi lunghi capelli rossi, mossi da onde di torturato fuoco spinto a rantolare il suo solito ardore, nascondevano la spalla mutilata e il braccio sinistro viola per il tossina che lo avvelenava. Le sue gambe, aperte per permetterle di stare a cavalcioni sopra il bacino di Zoro, dondolavano stanche e sconfitte ai lati della sedia che occupava il samurai, con una decadenza che contava i pochi secondi di vita che rimanevano ancora alla giovane da vivere. Il suo debole respiro era così leggero, che a stento perfino lui riusciva a sentirlo.
Nami posò il capo sulla spalla sinistra di Zoro, ascoltando Law spiegare il perché di quella scelta affrettata e urgente. Sapeva che non le rimaneva molto, e sentiva le sue forze sfuggirgli dal suo corpo con rapidità estrema.
Tentò, tremante, di alzare la mano violacea sulla maglia senza maniche bianca con cappuccio del suo spadaccino, provando a muoverla.
La mano, le cui dita violacee fremettero di dolore all’impulso nervoso di alzarsi e muoversi, traballò a pochi centimetri di distanza dall’appoggio su cui riposava, alzandosi debolmente sulla maglia del ragazzo.
Nami strinse i denti, ricacciando in fondo allo stomaco il dolore acido e bruciante che le grattava in gola, infossando lo sguardo sulla mano e orinandole di accarezzare il petto pulsante di rabbia e preoccupazione del suo Zoro, tentando di calmarlo. Il gesto le costò uno sforzo immondo, ma si concluse solamente a metà, quando tremate e debole la mano cadde sulla maglia del ragazzo, smettendo di muoversi.
La navigatrice chiuse gli occhi tristemente, odiandosi per non riuscire nemmeno più a sfiorare il suo amato. Avrebbe voluto essere più forte, più potente e resistente. Avrebbe voluto riuscire ad accarezzarlo sul viso, dicendogli che andava tutto bene, che sarebbe finito tutto per il meglio, ma sapeva bene che mentirgli non lo avrebbe affatto aiutato nel calmarsi, ne tanto meno a rassicurarlo.
Una piccola lacrima le scivolò lungo lo zigomo, bagnandole appena la pelle fragile e cadaverica della guancia. La sentì scivolare piangente accanto alle sue labbra e tentare di morire sulla fine del suo profilo, se non fosse che, una bocca sottile e sorridente, l’asciugò con un bacio, accarezzandola dolcemente a fior di labbra.
Nami riaprì gli occhi, fissando quello nero e ghignante di Zoro che la baciava teneramente sul viso, mentre le afferrava la mano lesa e l’alzava a livello delle sue labbra. Piano, dolcemente e sfiorando appena la pelle avvelenata, baciò su tutto il dorso la mano tremante d’emozione e stanchezza, bagnandola poi di baci sul palmo e distendendole le lunghe dita affusolate con le sue labbra.
-Non aver paura…- le sussurrò, tornando a sfiorarle la bocca con le sue parole e con i suoi baci -… ci sono io… non sei sola… durante l’operazione ci sarò io a tenerti per mano e ad aiutarti a combattere…-
Nami gli sorrise rassicurata. E dire che voleva lei tranquillizzare lui, quando invece, con semplici parole, c’era riuscito quel buzzurro e ominide di uno spadaccino.
Debolmente gli annuì, baciandolo a fior di labbra, mentre attorno a loro il resto della ciurma ascoltava Law.
-Avevi detto che avevamo tempo…- sospirò preoccupato Usop, ricordando le parole di Chopper dopo la visita del chirurgo alla navigatrice.
-Appunto per quello eseguiremo oggi l’operazione… non possiamo sprecare tempo prezioso, aspettando gli ultimi istanti di vita di Nami per salvarla…- spiegò deciso lo Shichibukai.
-Quindi, come hai intenzione di curarla?- tentò di capire meglio Franky, alzandosi dagli occhi gli occhiali da sole.
Law si morse un labbro. Era lecito che i compagni della ragazza volessero sapere come avrebbe eseguito l’operazione su di lei, in fin dei conti erano la sua famiglia. Ma spiegare un’operazione tanto complicata con parole semplici ed elementari, affinché capissero tutti, non era facile. Con i suoi profondi occhi neri, si guardò attorno nella cucina, in cerca di qualche buona idea.
Alle sue spalle, addossati alla parete della stanza, erano presenti anche i suoi due sottoposti Bepo e Penguin. Il primo, occhi fissi sullo spadaccino di Cappello di Paglia e sulla bella navigatrice che scaldava coccolandosela tra le sue muscolose braccia, storceva la bocca geloso, dondolando il capo mugugnando.
Il secondo, cappello calato sullo sguardo, non riusciva a sfiorare nemmeno con gli occhi la figura della ramata, terrorizzato da ciò che aveva visto il giorno precedente, pietrificato sulla soglia della stanza comune dei Mugiwara. Il ricordo del rosso sangue sgorgante dalla spalla della giovane, lo impauriva a morte, dandogli finalmente prova di quanto veramente grave fosse la situazione della povera navigatrice.
Scostò rabbrividendo lo sguardo altrove, distogliendolo dai due amanti abbracciati accanto alla tavola. Affianco ai due, alla loro sinistra, sedeva il medico di bordo, che scrutava in ogni dettaglio Nami, sussultando a ogni suo tremito doloroso.
Chopper deglutì e puntò lo sguardo su Law, dall’altro lato dei due ragazzi abbracciati, tentando di aiutarlo nel spiegare l’operazione al resto della ciurma e occupare, almeno per un po’, la mente, scacciando tutti i suoi dubbi riguardo all’intervento.
-Sarà come tagliare una torta…- sussurrò, attirando l’attenzione del chirurgo e dei suoi Nakama.
Con una zampetta, indicò al centro del tavolo la grande torta ripiena alla crema che Sanji aveva preparato per la colazione.
-Law, con le sue abilità, creerà un canale parallelo al tatuaggio, in modo da trovarne il cuore pulsante in cui dimora il veleno…-
Law annuì e, muovendo nell’aria una mano, estrasse dal centro della torta posta sul tavolo, un piccolo tubicino di pasta frolla, facendolo galleggiare in una bolla a mezz’aria nella stanza. Tutti i presenti s’incurvarono verso il centro del ripiano, per osservare meglio la simulazione di ciò che Nami avrebbe sopportato.
-Eseguito questo canale secondario…- riprese Law -… e trovato il nucleo del veleno, estrarrò tutto il veleno dal corpo di Nami, sostituendolo con sangue appositamente preparato per lei… quindi pieno di ossigeno e glucosio, per rivitalizzare il sistema circolatorio e nervoso…-
Con un secondo Sramble, Law aspirò tutta la crema pasticciera dal dolce, risucchiandola all’interno di una sua bolla trasparente, mentre con la mano libera, introduceva nella pasta frolla, che si svuotava, dolce marmellata scura di lamponi, che Chopper gli aveva offerto per eseguire la dimostrazione.
-Fatto ciò, rimetteremo tutto a suo posto…- annuì la renna, mentre Law reintroduceva nella torta il tubicino di pasta frolla estratto per primo -… riportando alla normalità il braccio e la spalla di Nami…-
Zoro, che aveva osservato tutto con sguardo attento e nervoso, abbracciò con forza la navigatrice a se, baciandola sul capo, che lei stessa riaddossò contro la sua calda gola dopo aver guardato la simulazione della sua operazione.
-Uhm… sembra facile…- mugugnò Rufy, prendendo tra le mani la torta al completo, e ingurgitandola in un sol boccone.
-Già... sembra…- lo colpì sulla nuca Sanji, punendolo della sua ingordigia e della sua maleducazione -… dove sta il problema?-
Chopper sospirò pesantemente, fissando il compagno accendersi una sigaretta.
-Law dovrà essere molto preciso e concentrato per eseguire tutto al meglio… ma soprattutto, il veleno non dovrà reagire alla nostra intrusione sgusciando verso il cuore di Nami, in cerca di calore che noi gli sottrarremo tentando di farlo uscire dal corpo…-
-Quindi, dobbiamo sperare che il veleno non, diciamo, si opponga?- chiese Brook.
-Già…- annuì Chopper -… so che è strano a dirlo, ma in fin dei conti, la tossina non è altro che un batterio parassita, e come tale la sua prerogativa è sopravvivere all’interno del corpo che lo ospita… quindi, contro un nemico, cioè noi, tenterà di scappare verso la sua fonte di forza, il cuore, o di combatterci, forse generando nuove emorragie o incubi in modo da ostacolarci, e quindi danneggiare il copro che infetta, intendendolo come suo diretto nemico…-
-AAHHHH!!!! Io non ci capisco niente!!!- sbottò Usop, grattandosi il capo confuso.
Robin sospirò pensierosa, addossando il capo contro la spalla tesa e nervosa di Rufy, chiudendo gli occhi in una silenziosa preghiera.
Brook unì le mani ossute, digrignando i denti preoccupato, mentre Sanji schiacciò furente la sigaretta appena accesa contro la parete, spegnendola con rabbia e frustrazione.
-Andrà tutto bene…- mormorò debolmente Nami, alzando il capo verso i suoi compagni, sorridendo tranquilla -… Chopper e Law sanno quello che fanno e di loro io mi fido ciecamente… so che mi cureranno…-
Lo spadaccino le accarezzò leggero una guancia, richiamandole lo sguardo su di lui. Nami si volse verso il suo tenebroso e suadente sguardo, accarezzandolo dolcemente con la mano sana, sorridendogli serena.
-Andrà tutto bene… non devi aver paura per me… se mi sarai accanto, nulla andrà storto…- lo baciò a fior di labbra, non vergognandosi di mostrare al resto della ciurma la loro unione e il loro amore.
Zoro rispose al bacio, abbracciandola al suo petto in un chiaro segno di difesa da quel male che minacciava di portargliela via.
-Ok…- sussurrò, allontanandosi di poco dalle labbra della compagna -… se tu ti fidi dello scarabocchio, allora anch’io mi fido…-
-Grazie tante, eh?!?- sbottò ironico Law, ghignando contro il verde.
-Bene, allora io e Law andiamo a preparare l’infermeria per l’operazione… ti verremmo a chiamare…- salutò con un sorriso Nami Chopper e, saltando giù dalla sua sedia, corse dietro al chirurgo per raggiungere l’astanteria.
Nami aspettò che anche i sottoposti di Law abbandonassero la cucina, uscendo sul ponte per far colazione sul loro sommergibile insieme al resto dei loro compagni, prima di alzarsi da Zoro e mettersi in piedi. Lo spadaccino l’aiutò sostenendola per i polsi, aiutandola a reggersi sulle sue gambe stanche e a non perdere l’equilibrio, nonostante fosse scalza e senza l’impiccio di alti tacchi.
Nami gli sorrise dolcemente e, stretta tra le sue braccia che l’accerchiavano attorno alla vita, sorrise ai suoi Nakama.
-Famiglia… sussurrò appena, decisa a voler salutare tutti i suoi famigliari, prima di sottoporsi all’intervento -… so che in questi giorni vi sto facendo penare parecchio…- tentò di ridacchiare, ma le mancò il fiato -… e so che il mio male vi ha contagiato…-
Prese un respiro profondo, rivolgendo un sorriso dolce e tenero al suo spadaccino, prima di aprire di nuovo bocca.
-Voglio salutarvi un’ultima volta…- sussurrò.
Rufy si alzò dal tavolo della colazione, scattando a quelle parole minacciose quanto tristi, avvicinandosi a lei.
-Nami, non devi…-
-Questo non è un addio…- lo fermò -… è solo un saluto per tranquillizzarvi, per calmare i vostri pensieri nervosi e i vostri animi in subbuglio…- prese un profondo respiro, per aiutarsi a parlare, a mentire meglio -… io uscirò da quella stanza sana e forte… non è un addio questo…-
Con una carezza, si liberò dalla presa di Zoro, abbracciando per le spalle Rufy, proprio davanti a lei. Lo strinse forte a se, alzandosi sulle punte pur di poterlo baciare su una guancia da quanto era cresciuto.
-Fratellone…- sorrise -… tu mi hai cambiato la vita… mi hai salvato dal mio incubo peggiore e mi hai dato tutto: una casa, un sogno, una famiglia, un futuro, Zoro…- si staccò da lui –Grazie, capitano, tu sei per me di già il mio Re…-
Rufy restò a bocca aperta per quelle parole, lasciandola scivolare dietro di lui, per abbracciare Robin, dai cui occhi azzurri e chiari, piccole lacrime scivolavano silenziose lungo le sue guance.
-Sorellona…- la strinse forte -… tu per me sei davvero una sorella… la migliore di tutte, l’amica più fidata e vera.. ti prego…- la strinse maggiormente, sussurrandole a fil di voce all’orecchio, affinché sentisse solo lei -… prenditi cura di Rufy e di tutti gli altri…-
-N-nami… no… tu non…- tentò di parlare, ma le lacrime glielo impedirono.
-Oh sorella!!!!- gridò disperato il boss, abbracciando la rossa, buttatasi a capo fitto sul suo petto ferroso.
-Boss sei super!!!!- rise la ramata –Sei un ballerino eccezionale e sono certo che nessuno sarà mai più super di te…-
-Nemmeno io?- si asciugò una lacrima Usop, sostituendosi a Franky, piangente su una spalla di Rufy, dai cui occhi enormi lacrimoni sussultavano per scivolare lungo la sua faccia gommosa.
-Oh Usop!!!! Ti ricordi come scappavamo, fifoni e indifesi, due anni fa? Guardaci ora: non scappiamo più, ma anzi combattiamo come gli altri… Sono certa che Kaya sarebbe infinitamente orgogliosa di te e del tuo coraggio…-
Nami allentò la presa del cecchino, avanzando di un passo verso il cuoco, la cui sigaretta appena accesa traballava sulle sue labbra nervose e secche.
-Sanji…- gli sorrise la ramata, prima di abbracciarlo dolcemente, lasciando che le grandi mani calde del cuoco la stringessero per la vita, e che l’aroma acre e al mentolo della sua pagliuzza le pizzicasse il naso.
-Grazie Sanji… grazie per avermi sempre trattato come una principessa, anche se non lo sono mai stata… sei il solo e unico Mr Prince, e ti giuro che ti voglio un bene dell’anima…-
Una singola lacrima scese da dietro la frangia bionda del ragazzo, le cui labbra tremarono tristi, reggendo il delicato corpo fragile della sua sirena.
-Oh Nami adorata...- la baciò sulle tempie, aiutandola a raggiungere le braccia aperte e in sua attesa di Brook.
Lo scheletro la fece volteggiare nella cucina, in una sua ultima solare piroetta, permettendole di danzare un'ultima ballata con lui. Nami, sorridente e con gli occhi fissi sulle orbite buie del compagno, danzò leggiadra con lui, prima di abbracciarlo e immergere il naso nella sua folta chioma afro, aspirandone avida l’intenso aroma musicale e armonioso.
-Bianche…- gli sussurrò piano.
-C-come, dolce Nami?- si stupì Brook, sentendola parlargli sotto voce.
-Bianche con un leggero pizzo ricamato sui bordi…-
Brook arrossì emozionato, allentando per l’eccitazione la presa sulle spalle della ragazza, ripensando che quella descrizione non poteva riferirsi se non alle mutandine che lei stessa indossava quella mattina.
Grandi mai calde e callose si sostituirono a quelle scheletriche del violinista, e la navigatrice si ritrovò nell’abbraccio più amato e desiderato. Sentì chiaramente il cuore di Zoro battere combattivo sotto la maglia bianca, suonando ancora per lei la melodiosa ninna nanna che per quella notte l’aveva cullata. Strusciò appena il capo contro il petto del samurai, baciandolo nel centro di esso, prima di alzare il volto verso il ghigno tipico del suo amato.
Debole ma incoraggiata dal sorriso sicuro di lui, Nami si alzò sulle punte dei piedi, baciandolo sulle labbra, accarezzandogli con la mano sana la nuca, mentre con la lesa si stringeva forte a un lembo della sua maglia.
-Ci sono troppe cose che devo ancora dirti…- gli mormorò a fior di labbra, sfiorandogli i capelli verdi e sorridendogli innamorata -… troppe storie che ti devo ancora raccontare del mio passato, troppi giorni che voglio vivere con te, troppe notti che voglio trascorrere con te…-
Lo spadaccino le accarezzò il viso, spostandole qualche ciocca di capelli di fuoco che le erano caduti sulla fronte nel salutare i loro Nakama.
-Da domani avremo tutto il tempo che vorrai per dirti tutto…- la baciò ancora, instancabile del suo sapore.
Nami lo baciò con passione e desiderio puro, pregando affinché quello non fosse il loro ultimo bacio. Lasciò che la lingua del compagno le regalasse altre silenziose parole di conforto nella sua bocca, accarezzandole il palato e la lingua, mentre l’accarezzava dolcemente tra i crini rossi e sulla schiena.
-Ti amo…- mormorò appena la ragazza, quando lo spadaccino allentò il loro bacio.
-Ti amo anch’io…- la strinse a se lui, alzandola da terra e abbracciandola con tutta la sua forza.
-Ti prego, non lasciarmi mai…- si aggrappò a lui la cartografa, sentendolo annuire e stingerla ancora.
Piccoli passi veloci si avvicinarono alla cucina. Chopper, con il fiatone per la leggera corsa dall’infermeria fin lì, sorrise a tutti loro.
-Siamo pronti…- annuì a Nami, che annuì sorridendogli.
Si staccò da Zoro, inchinandosi a terra per poter abbracciare quel suo piccolo ma sapiente Nakama, e abbracciandolo lo baciò con garbo sulla sua fronte, facendolo arrossire.
-Grazie anche a te, Chopper, per essere stato il mio fartellino più dolce ma anche il più sapiente… grazie, perchè so che oggi darai tutto te stesso per salvarmi…-
-Te lo prometto Nami…- affermò deciso e combattivo la renna.
La navigatrice si rialzò da terra, sorridendo della forza del medico. Regalò a tutti i suoi Nakama un altro ultimo sorriso, guardandoli uno per uno negli occhi, desiderando che potesse ancora vivere mille avventure con loro.
Deglutì decisa e iniziò ad incamminarsi vero l’infermeria. Aveva mosso u solo passo, quando sentì la mano grande e forte di Zoro prendere la sua malata, e stringerla possente nel seguirla verso lo studio del dottore. Sorridendo incoraggiata, Nami strinse con tutta la sua forza la mano del verde, decisa a non volerla mai abbandonare. Combattiva, si mosse verso la sua battaglia, forte del suo coraggio e della forza della sua vita. Avrebbe combattuto con tutta se stessa pur di sopravvivere, non solo per lei, ma anche per il suo capitano, Rufy, Robin, Franky, Usop, Sanji, Brook, Chopper e per il suo Zoro. Lei avrebbe vinto per la sua famiglia, o sarebbe morta nel tentativo di raggiungere finalmente la libertà da Aarolng. 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Il tavolo operatorio era gelido.
Ghiaccio puro, che congelava le interiora.
Era di metallo placcato di bianco, e il marmoreo colore faceva risaltare ancor di più la somiglianza del ripiano ad un blocco d'acqua congelata. La flebile e traballante luce dell’infermeria scintillava sulla superficie placcata del tavolo, illuminandolo come una stella di ghiaccio.
Zoro distolse lo sguardo dal contorno in rilievo del ripiano, spostandolo sul corpo disteso su di esso. Nami gli sorrideva tranquilla, puntando i suoi scuri e caramellosi occhi su di lui, fingendo calma e serenità anche se la tensione che la faceva tremare trapelava dal suo sguardo. Lo spadaccino ghignò per lei, per calmarla ancora, accarezzandole la fronte, spostandole una piccola ciocca di capelli dal viso.
La navigatrice era stesa a pancia in giù sul ripiano d’acciaio, mantenendo le braccia aperte su due lunghi braccioli ai lati del ripiano. Su quello di destra, si estendeva il suo braccio sano, la cui mano era racchiusa con protezione in quelle muscolose e serrate di Zoro. Il braccio leso, invece, era stato steso con grazia e attenzione sul bracciolo opposto, accertandosi di non muoverlo troppo per non provocare fitte dolorose alla navigatrice. Spogliatasi della sua maglia, e raccolti i capelli sulla spalla opposta, il tatuaggio e il suo ematoma violaceo erano ora esposti alla luce dorata della stanza, pronti per essere operati. Chopper e Law stavano preparando la trasfusione di sangue con cui avrebbero sostituito il veleno nel corpo della ramata, ripassando a mezza voce le fasi dell’intervento.
Lo spadaccino si vietò di ascoltarli, onde evitare tutti i terribili pensieri che avrebbero potuto nascere nella sua mente, risentendo nuovamente la voce dei due medici discutere su come avrebbero salvato la sua mocciosa. Scosse la testa, posando la fronte contro il dorso della mano tremante di Nami. La mano era fredda e sudata e, sotto la tesa e cadaverica pelle, si sentiva a mala pena il battere ostinato del cuore della rossa.
Zoro sospirò.
Era seduto su uno sgabello accanto al bracciolo destro della navigatrice, ma avrebbe voluto essere in qualsiasi altra parte del pianeta, piuttosto che nell’infermeria della sua nave in quel momento. Si sentiva inutile, d’intralcio, uno spadaccino ingombrante che avrebbe potuto ostacolare la delicata operazione che avrebbe salvato la sua amata, che non sarebbe riuscito, stavolta, a salvarla con la sua forza e il suo coraggio,
L’unico aiuto che poteva offrirle era la sua presenza, niente di più.
Il verde chiuse gli occhi, posando il capo sulle sue mani strette attorno a quella chiara di lei. Desiderava aiutarla in qualche altro modo, essere utile a Chopper e a Law, aiutandoli nel loro compito. Ma lui era solo uno spadaccino, un guerriero, e non un medico, ne un chirurgo, e sapeva che non avrebbe mai potuto aiutare i due dottori in alcun modo, e che l’unica cosa che poteva fare per sorreggere e difendere la sua mocciosa era quel semplice gesto d’affetto, umile e possente, di stringerle forte la mano, mantenendo la sua promessa di esserle sempre accanto, senza mai abbandonarla.
Si, in quel momento, il suo unico compito era quello di stringerle forte la mano, accompagnandola nella sua lotta solo con la sua presenza, standole sempre accanto e spronandola con la sua vicinanza a non mollare mai.
Piano, le baciò la mano, bagnandola leggermente, concentrandosi al massimo per quel compito affidatogli con fiducia dalla sua mocciosa.
-Tranquillo…- sussurrò lei a quel gesto cavalleresco, del tutto fuori luogo nei modi dello spadaccino -… vedrai che andrà tutto bene e che tra poco meno di un’ora saremo sul ponte a festeggiare la mia guarigione…-
Zoro alzò lo sguardo su di lei, ghignando convinto delle sue parole, mentre con mano leggera le accarezzava le labbra arricciate in quel delicato sorriso.
Lo spadaccino sorrise.
Diavolo, la mocciosa era bella anche in quel momento di nervosismo e tensione.
Sembrava un angelo, un bellissimo angelo senza ali, vestito di pantaloncini corti bianchi e di un semplice reggiseno diafano in pizzo. I lunghi e infuocati capelli ardevano contro il ghiaccio del tavolo su cui riposava, danzando ad onde contro la morte viola che le macchiava la spalla sinistra e il rispettivo braccio, minacciando d’incendiare il mare intero, pur di sopravvivere.
Zoro ghignò, compiaciuto di notare ancora quel dannato orgoglio di mocciosa scaldarle l’anima e il corpo, promettendo di dar battaglia contro ilo veleno.
Nami notò il suo bel sogghignare e, aprendo appena le labbra, succhiò dolcemente le dita che ancora le accarezzavano la bocca, lì dimenticate dal samurai perso nell'osservarla combattiva e ardente di vita, attirando lo sguardo del verde sul suo viso.
Sorpreso di quel gesto sbarazzino, Zoro ghignò verso il suo sguardo birichino e divertito nel vederlo perduto lungo il suo corpo. Scuotendo la testa sghignazzando, lo spadaccino si avvicinò maggiormente a lei, baciandola con forza e desiderio. Voleva che sapesse che era orgoglioso della sua grinta e del suo temperamento forte e sicuro di vincere. Sensuale, Nami ricambiò il bacio, aggrappandosi con la mano sana al colletto della maglia senza maniche bianca di lui, mordendogli le labbra e assaporando appieno il suo dolce soffio scaldarle il palato e la gola. La navigatrice sentì le mani del ragazzo reggerle la testa, alzata dal ripiano per baciarlo meglio, aiutandola nell’avvicinarsi a lui nonostante la scomoda posizione.
Il respiro le venne corto, emozionato dal contatto dolce e lussurioso della lingua umida dello spadaccino accarezzarle la bocca e le labbra, mentre le sue mani le scaldavano il viso e la gola.
Oddio, lo desiderava, Nami se ne rese subito conto, lo desiderava da morire.
Se avesse avuto le forze necessarie a spingerlo sul ripiano medico, avrebbe fatto l’amore con lui anche lì, subito, con Law e Chopper presenti nella stanza, permettendosi di abbandonarsi completamente a lui e ai suoi desideri più carnali e peccaminosi.
Piano, la mano del verde scese ad accarezzarle la gola e la pelle sopra i seni che, sudata e fredda, impazziva di piacere per il tocco caldo e lento, che scivolava divertito a stuzzicarle il petto. Zoro ghignò, sentendola aggrapparsi maggiormente a lui, mentre il suo cuore accelerava frenetico i battiti, animato dal bacio e mai sazio di lui.
Nami spinse la sua lingua in profondità tra le labbra dello spadaccino, perdendosi in lui, amandolo con ogni suo respiro, e desiderando di non essere mai divisa dal samurai. Sciolse la presa sul colletto del ragazzo, lasciando scorrere le dita, tremanti di piacere, lungo il suo petto, fino a sfiorargli il bordo dei pantaloni. Stuzzicò monella la cinghia nera che li reggeva, divertendosi ad immaginare cosa si nascondesse sotto il tessuto nero e teso del suo cavallo.
-Mocciosa…- lo sentì ghignare -… non giocare con il fuoc…-
-Roronoa!!!!-
La voce tuonante e infastidita di Law, bloccò a metà il sussurro del ragazzo, che scocciato aprì pigramente il suo occhio, puntandolo verso il chirurgo, eretto a braccia conserte, sul alto opposto del tavolo medico su cui Nami era stesa.
-Nami deve essere viva, durante l’operazione…- ringhiò -… quindi, ti pregherei, di non ammazzarla, facendole venire un infarto eccitandola…-
Zoro, la cui bocca era ancora impegnata a soddisfare la lingua insaziabile e lussuriosa della navigatrice, che sorda al richiamo del medico continuava a baciare il verde, ghignò compiaciuto. Si staccò, di mala voglia, dalle labbra della ramata, posano un ultimo bacio sulla sua fronte imperlata di sudore freddo, ghignando contro il moro.
-La stavo solo calmando…- soffiò ironico, mentre notava che Chopper trafficava ancora con sacche rosse e liquide di sangue.
-Oh si certo… e da quando in qua saresti anestesista, tu?- alzò al cielo gli occhi il Chirurgo del Male.
-Era solo un bacio…- scosse le spalle Zoro, sistemandosi sul suo sgabello, mentre Nami tornava a stendersi sul ripiano -… un piccolo assaggio di ciò che l’aspetta dopo l’intervento…- sogghignò malizioso alla ragazza.
Il moro, occhi chiusi per l’esasperazione rivolti al cielo, gli diede le spalle, mugugnando di pirati fissati e spadaccini maniaci, mentre avvicinava al tavolo il frequenzimetro.
Portò l’apparecchio in testa al ripiano, posando alcuni sensori tondi al livello del cuore della navigatrice, ben attento a non sfiorare minimamente alcun lembo di pelle troppo privato di lei, presentendo lo sguardo geloso e minaccioso dello spadaccino su di lui e sulle sue mani.
-Bene…- si avvicinò al tavolo anche Chopper, posando su un ripiano le sacche di sangue -… siamo pronti…-
Con sorriso ampio e sicuro, si sistemò di fronte al capo rilassato sul ripiano di Nami, armeggiando con le sacche per la trasfusione di sangue. Lo Shichibukai si spostò sul lato sinistro della ragazza, pronto per mettersi al lavoro sulla spalla, riscaldandosi muovendo i cerchio i polsi.
-Ora Nami…- spiegò la renna, azionando l’apparecchio contatore dei battiti cardiaci che le era stato collegato -… devi mantenere la calma per tutta la durata dell’intervento… so che è difficile, che il dolore aumenterà a picchi improvvisi e dolorosi, ma ti prometto che se manterrai il controllo su di te, lavoreremo meglio e più in fretta, liberandoti presto dal tuo male…-
La navigatrice annuì, muovendo debolmente il capo.
-Bene…- Chopper alzò una piccola leva del frequenzimetro, che subito iniziò ad emettere un leggero e fragile rumore acuto, e sul cui scuro schermo, iniziò a disegnarsi una linea zizzagante gialla, che saliva e scendeva a ritmo con il costante suono del marchingegno.
-Questo arnese ci segnalerà la forza del tuo cuore…- le spiegò ancora la renna -... indicandoci se stiamo estraendo il veleno in modo giusto o meno…-
Nami annuì ancora, osservando i battiti del suo cuore dipingersi con luce gialla elettrica sullo schermo nero dell’apparecchio. Cercava di respirare in modo regolare, prendendo profondi respiri con la bocca e buttando fuori l’aria dal naso, concentrandosi nel calmarsi.
-Se ha finito, dottore…- parlò Law, stiracchiandosi le braccia alzandole al cielo -… io inizierei…-
Chopper annuì, e afferrò rapido le sacche cremisi di sangue, avvicinandosele.
Nami deglutì impaurita, aggrappandosi, con tutte le unghie della sua mano destra, sul dorso bronzeo e caldo della mano di Zoro che la stringeva.
Lo spadaccino ricambiò la stretta, aggiungendo anche l’altro arto attorno alla debole mano di lei.
-Tranquilla…- le ghignò, fissandola dritta negli occhi -… ci sono qui io…-
La navigatrice annuì velocemente, mordendosi il labbro inferiore, mentre percepiva le dita fredde e affilate di Law accarezzarle il tatuaggio cremisi, che s’incendiò offeso dal suo tocco, ringhiando dolorosamente contro la pelle sfiorata.
-Non sarà indolore, lo sai…- lo sentì sussurrare -… ma con te, puoi starne certa, userò i guanti di velluto…-
-Lo so…- sorrise dandogli le spalle la ramata -… e ti ringrazio in anticipo…-
Il chirurgo ghignò, facendosi scricchiolare le nocche delle dita incrociandole tra loro.
-Bene, allora si inizia: Scramble…-
Con un roteare fluido e abituale del polso destro, una piccola bolla bluastra apparve nella stanza, aleggiando a pochi millimetri d'altezza dal tatuaggio.
Al suo interno, emergendo strato dopo strato, una colonnina di pelle e tessuti muscolari si trasferì in essa, traslocando da una piccola parte di pelle, tra spalla e colo di Nami, non intaccata dall’ematoma, e libera quindi dal veleno.
Roteando la mano, Law si apriva il suo canale d'entrata parallelo al tatuaggio, per riuscire ad estrarre il veleno.
Un leggero schiocco avvertì il medico di aver raggiunto la profondità giusta, in perfetto parallelo al nucleo principale della tossina.
-Mmmh…- Nami si lamentò a denti stretti per il dolore che aveva provato, sentendo la pelle pizzicarle infastidita dallo scambio. Il suo battito aumentò d’intensità, accelerando spaventato e sofferente.
Chopper osservò il monitor colorarsi di montagnette gialle zizzaganti, concentrandosi nel intervenire con dei calmanti se fosse stato necessario.
La navigatrice deglutì con sforzo, stringendo la mano dello spadaccino, chiudendo gli occhi e contando lentamente i secondi, finché non riuscì a dimenticarsi del dolore e a calmare le pulsazioni.
-Bravissima…- si leccò le labbra Law, fermo con le mani a mezz’aria in attesa di poter operare.
Chopper annuì, sorridendo nel notare i battiti scemare e tornare stabili.
-Ora Law eseguirà un altro Scramble e poi inizierà ad estrarre il veleno… se vuoi che si fermi, se hai troppo male o per qualsiasi altra ragione, diccelo…-
-O-ok…- mormorò concentrata Nami alla renna, mantenendo gli occhi chiusi e allentando la presa sulla mano di Zoro, il quale strinse invece di rimando la sua.
Vedeva le palpebre della rossa muoversi velocemente, concentrate al massimo per mantenere la calma, e le piccole labbra serrate a mordicchiarsi nervosamente, tentando di nascondere una paura che era difficile non notare.
-Sono qui…- le sussurrò, posano le labbra contro le sue dita fredde e tremanti.
La navigatrice sorrise, allentando la morsa dei suoi canini contro le sue labbra e rallentando il muoversi agitato delle pupille oltre le palpebre.
-Uhm, allora servi a qualcosa, spadaccino…- ridacchiò Law, notando che la presenza del verde tranquillizzava la ramata meglio dei calmanti.
Zoro sbuffò, non spostando il suo sguardo su di lui, ma mantenendolo fisso sul viso di Nami.
-Lavora, scarabocchio… non abbiamo tutto il giorno… Nami non ha tutto questo tempo…-
-Lo so…- sospirò il moro, creando una nuova bolla contenitiva -… ma la calma è il miglior bisturi, ricordatelo… Scramble…-
Risucchiato da una fonte misteriosa, pian piano, il veleno iniziò a distillarsi all’interno della nuova bolla azzurrognola, picchiettando, goccia dopo goccia, contro le pareti a semi cerchio, macchiando di viola la sfera, fuoriuscendo con lentezza dal canale aperto vicino al tatuaggio.
Le piccole lacrime viola, uscivano pigre dalla pelle aperta, scomparendo subito in un istante, per poi precipitare all’interno della bolla e annegare tra altre sue scure e velenose sorelle.
La navigatrice storse il naso, disturbata da un leggero formicolio che prendeva piede sulle punte delle sue dita. Era come se mille piccoli aghi le fossero sfilati dalla pelle, liberandola dall’immobilità ma lasciando, come ricordo del loro passaggio, un leggero dolore che nasceva a fior di pelle, per poi propagarsi fin al di sotto di essa e penetrare nei muscoli, risvegliandoli da un profondo letargo che li aveva imprigionati.
-C-credo funzioni…- sussurrò, mantenendo la calma e gli occhi chiusi-… riesco… riesco a muovere le punte delle dita…-
Con movimento lento e pigro, smosse appena i polpastrelli, facendoli strusciare sulla superficie placcato e glaciale del tavolo. Era come tornare a galla dopo aver trattenuto l’aria in apnea in acque profonde e nere, una bellissima sensazione di rinascita dal dolore, che le stava lentamente ridonando il tatto alla mano avvelenata.
-Si…- annuì Chopper, mentre reggeva sollevata una sacca di sangue, il cui contenuto scompariva debolmente, introdotta da una flebo finissima introdotta nel dorso della mano sinistra della rossa, che le aveva appena applicato -… funziona…-
-Ne dubitavi, forse, dottore?- ghignò il medico.
La renna scuotè la testa sorridendo, mentre una piccola lacrima le scivolava da un’iride nocciola. Zoro ghignava entusiasta.
Stava funzionando, stava funzionando davvero.
Presto Nami sarebbe stata meglio, sarebbe guarita e mai più il tatuaggio di Aarlong l’avrebbe torturata. Si, l’incubo stava ormai volgendo al termine.
-Forza mocciosa… forza…- soffiò contro le nocche della ragazza che stringeva nelle sue mani -… mantieni il controllo e la calma ancora un po’… combatti ancora…-
Sentì la mano diafana e fredda stingersi a lui con forza, in risposta alla sua richiesta, mentre il viso della navigatrice rimaneva serio e concentrato.
Law, sguardo fisso sul braccio sinistro della ragazza, seguiva il lento arretrare del veleno, che pigramente veniva risucchiato dal canale di scolo che aveva creato, liberando la pelle diafana della cartografa dall’inusuale color violaceo che l’aveva colorata in quei giorni, permettendo al candore di tornare a brillare sul dorso della mano e sul polso.
Minuto dopo minuto, la trasparente superficie dello Scramble si macchiava di veleno viola, che sgusciava e ondeggiava contro le pareti tondeggianti, inveendo contro la prigionia.
Lo Shichibukai attirava a se, piegando le dita e tirando fili invisibili, fiumi di violacea tossina, mentre nel corpo della ragazza rosso e sano sangue scivolava apatico, aiutandola a rimettersi.
Chopper, occhi fissi sul monitor del frequenzimetro, controllava che l’afflusso di sangue immesso non fosse eccessivo o insufficiente, e che provocasse qualche scompenso al cuore, ma fino a quel momento il battito rimaneva regolare e costante, calmo e controllato.
Zoro seguiva la fuori uscita del veleno dal corpo della sua mocciosa, ghignando vittorioso a ogni nuova goccia che cadeva all’intero della bolla di Law, e stringendo maggiormente la presa sulla mano della navigatrice ad ogni goccia che invece scompariva dalla sacca di sangue in lei, mentre il braccio e la mano sinistra riacquistavano il loro solito candore niveo.
-Dai mocciosa…- la spronava sogghignando, tamburellando impaziente con il tacco nero del suo stivale sul pavimento. Desiderava poterla rivedere in forza ed energica come sempre l’aveva conosciuta, poterla stringere calda e morbida tra le sue braccia e sentirla ridere di gioia di vivere –Dai mocciosi… forza… combatti…-
-Uhm… ho quasi finito…- mugugnò Law, dalla cui fronte contratta scivolò una goccia di sudore -… ora estrarrò il nucleo principale di veleno e poi avrò finito…-
-Bene…- annuì Chopper, sostituendo l’ennesima sacca di sangue sulla flebo –Nami... ce la fai a resistere ancora un po’ ? Vuoi che ci fermiamo per una pausa?- chiese la renna, spostandosi ad osservare il viso della ramata, la quale non gli diede risposta, restandosene muta.
-Nami…?!?- la chiamò ancora la renna.
La ragazza non aveva aperto bocca per tutta la durata dell’operazione. Non aveva più emesso nemmeno un piccolo gemito di dolore o sbuffo di fastidio, chiudendosi in un silenzio totale e intonso.
Chopper si avvicinò alla cartografa, portandosi vicino a Zoro. Lo spadaccino osservò, insieme al dottore, il viso rilassato della giovane.
Aveva ancora gli occhi chiusi, ma ora non vi era alcun movimento al di sotto della palpebre chiuse. Le labbra non erano più morse e la presa della mano della ragazza era quasi assente.
-Credo dorma…- sussurrò il verde, scostandole qualche ciuffo di capelli rossi dal viso.
In fin dei conti era normale. Ormai la maggior parte del veleno era stata tolta, e lei aveva sostenuto a meraviglia il dolore di quell’operazione con forza e coraggio. Un po’ di riposo se lo meritava, erano due notti che non dormiva e il continuo dolore che l’aveva tormentata l’aveva distrutta su tutti i fronti.
La renna dottore però iniziò a tremare.
-Nami…?!?- la chiamò ancora, posandole una mano sulla gola e ascoltandone i battiti -… NAMI!!!!-
-Che succede, dottore?- domandò stupito Law, sobbalzando del tono allarmato del collega.
-Nami, Nami, Nami…- scuoteva per la spalla sana la giovane Chopper, tentando di svegliarla -… NAMI!!!!-
Zoro fissò il compagno non capendo. Che succedeva? Perchè insisteva tanto per svegliare la mocciosa? Che c’era che non andava?
-Chopper che succede?- chiese agitandosi mentre il medico faceva ruotare il corpo della ragazza a pancia in su, lasciando la presa sulla sua mano.
Law interruppe l’estrazione del veleno, lasciando galleggiare nell’aria della stanza, accanto a lui, le due bolle crete per contenere la tossina e i tessuti muscolari estratti per creare il canale di esazione, fissando stupito Chopper.
-Dottore…- lo chiamò -… ma che le prend…-
-Il veleno!!!!!- gridò la renna, iniziando a praticare il massaggio cardiaco sul petto della rossa –Il veleno!!!!-
Sia Zoro che Law puntarono il loro sguardo sulla bolla violacea in cui fluttuava il liquido tossico estratto dal corpo della navigatrice, tentando di intravedervi una spiegazione del panico e delle parole del medico di bordo.
-Chopper… che cavolo succede?- si alzò dallo sgabello nervoso il samurai, iniziando a preoccuparsi davvero.
-Il veleno, il veleno!!!!- continuava a ripetere la renna, spingendo con forza sul torace di Nami, soffiando poi aria nella sua bocca.
Zoro non capiva. Sentiva che qualcosa non andava, ma non riusciva a capire cosa. Lo Shichibukai osservò attento il corpo della navigatrice, cercandovi qualche sintomo di malessere o dolore. Puntò lo sguardo sugli zoccoli incrociati del dottore Mugiwara spingere con forza e testardaggine sul letto del cuore della navigatrice, imponendo con testardaggine il suo volere di vita sul cuore che riposava nel torace.
Chopper spostò le zampe dal petto di Nami al suo viso, aprendole le labbra e soffiandoci potente aria all’interno, facendo così alzare il torace della ragazza.
Lì, sotto al candido reggi petto bianco, si vedeva ancora le ramificazioni violacee del veleno che non era stato ancora estratto, che macchiavano violente il petto della rossa.
Law assottigliò lo sguardo, fissandole. Sembravano essersi allungate dall’inizio dell’intervento, come se si fossero mosse proprio in quel momento, precipitandosi a…
D’un tratto capì.
Capì cosa non andasse e la ragione del panico della renna dottore.
-Oh merda!!!!- imprecò, catapultandosi sul ripiano dell’infermeria dove erano posati i vari strumenti medici di Chopper.
-Merda, merda, merda…- ripeteva, afferrando lo stetoscopio e infilandoselo veloce, mentre si precipitava ad ascoltare il battito cardiaco di Nami.
Zoro ruggì infuriato, battendo con violenza un pungo su un muro.
-O mi spiegate che succede…- ringhiò incenerendo i due medici che lo fissavano stupiti -… o vi affetto…- minacciò respirando pesantemente.
-Non è tempo per zuffe, spadaccino…- soffiò Law, sostituendosi a Chopper nel massaggio cardiaco alla navigatrice.
-Voglio sapere!!!!- tuonò il verde, ormai rabbioso e del tutto in balia del panico.
-Non possiamo perdere tempo a spiegare a una testa di alga come te che cosa sia successo…- ruggì agitato il moro.
-Si invece!!! Quella sul tavolo operatorio è la mia donna, e voglio sapere che le sta accadendo!!! Esigo una spiegazione!!! Che cazzo sta succedendo?!?-
-Sarebbe inutile!!! Non ti servirebbe a niente sapr…-
-Il veleno ha contrattaccato!!!!- interruppe Law Chopper, urlando mentre armeggiava con siringhe e boccette varie.
Sapeva bene che lo spadaccino era nel panico più totale nel vederli agire con tanta velocità e urgenza sul corpo della sua amata, e il non sapere che stesse accadendo a Nami era una morte orribile per anche per lui.
-Sebbene il frequenzimetro mostri un battito regolare del cuore…- indicò con un cenno del capo l’apparecchio Chopper, mentre preparava una siringa dal lungo ago, riempiendola di una densa e bianca sostanza -… il cuore di Nami non sta battendo in modo corretto…-
-Che… che… che vuoi dire?- balbettò incredulo Zoro.
-Sta dicendo che il veleno ci ha fottuto…- sbottò Law, premendo con forza sul petto della rossa .
-Dato che noi stavamo risucchiando il veleno dal corpo, il nucleo principale ha reagito a questo nostro attacco cercando la maggior quantità d’energia nel corpo in cui dimora… si è spinto quindi verso il cuore, intaccandolo e rubandogli tutto il sangue, che noi abbiamo immesso per far stabilizzare Nami, per sopravvivere all’attacco…-
-Chopper, che stai dicendo?- quasi urlò il samurai, portandosi una mano alla fronte e sperando di non aver capito bene.
-L’apparecchio indica le pulsazioni del cuore, ma esse non indicano il sangue che circola nel corpo di Nami, ma praticamente quello che le viene rubato dal veleno… Accidenti!!! Le stiamo praticando il massaggio cardiaco per aumentare il circolo di sangue in lei, rubandolo a nostra volta sangue alla tossina…-
Il verde prese per il colletto della maglia Law a quelle parole, ringhiandogli in faccia alzandolo da terra e sopra al lettino della navigatrice, interrompendolo.
-Mi stai dicendo che sta morendo?!? Che il veleno ha vinto?!?- soffiò sul punto di perdere il senno.
-No… Nami non sta morendo… ma è come se stesse avendo un emorragia in frenabile… il suo corpo necessita di ossigeno e elementi vitali del sangue, che sebbene vi siano non circolo le sono sottratte dalla tossina, che tenta come Nami di sopravvivere… e se noi non agiamo in fretta, aumentando il battito cardiac…-
-FALLO ALLORA!!!!- mollò la presa su di lui il verde, riposandolo sull’altro lato del tavolo –SALVALA!!!! FALLE UNA TRASFUSIONE, ESTRAI IL VELENO, APRILE IL TORACE… FAI DI TUTTO, MA SALVALA!!!!-
-Non è facile!!!!- sbottò furibondo Law, non sapendo che fare –Se immettiamo altro sangue, sarà rubato ancora… se estraiamo altro veleno, il nucleo si espanderà ancora sul cuore facendolo collassare… dobbiamo trovare un modo per far battere il cuore da solo e con forza per alcuni secondi, in cui estrarrò totalmente il veleno che così non lo intaccherà più, ma non so come fare…-
-Io si…- intervenne Chopper, montando a cavallo del corpo di Nami e tastando il suo petto in cerca di una vena, vicina al cuore, libera dal veleno -… questa è adrenalina pura…- mostrò la siringa che reggeva in una zampa -… se riesco ad ignettargliela, guadagneremo il tempo che ci serve… ma non riesco a trovare un vena libera…-
La renna digrignava i denti, concentrandosi spostando il palmo delicato dello zoccolo sulla pelle tesa della ragazza.
-LAW FA QUALCOSA!!!- urlò Zoro, spintonando il chirurgo per risvegliarlo dal suo stato comatoso, in cui era fermo non sapendo cosa fare per trarre in salvo la ramata.
-COSA?!? EH, COSA?!?- ringhiò il moro, fulminando il samurai con lo sguardo –NON SO CHE FARE!!!! NON POSSO FARE NIENTE!!!!-
-SEI INUTILE!!! CHE TI ABBIAMO CHIAMATI A FARE, SE NON SAI FARE NIENTE!!! STUPIDO ASSASSINO!!!! DOVEVI SALVARLA, NON UCCIDERLA!!!-
-CREDI CHE SIA COLPA MIA?!? CHE CREDI, CHE SIA UN DIO, IO? CHE POSSA CURARE OGNI DOLORE O MALE?!?- lo Shichibukai prese per il colletto Zoro, scuotendolo furioso –HO FATTO DI TUTTO PER SALVARLA, ALTRO NON SO FARE!!!-
-NO, DEVI PROVARE ANCORA!!!- gridò lo spadaccino, stringendo il polso del moro che lo aggrediva –DEVI TENTARE ANCORA!!! DEVI SALVARLA!!!! NON ME LA PUIO PORTARE VIA COSI’!!!!-
-SE SAI TANTE COSA, PORVACI TU ALLORA!!!! STUPIDO IDIOTA SFREGIATO!!!-
-SE LA UCCIDI, TI AMMAZZO!!!-
-NON SE PRIMA TI AMMAZZO IO, DEFICENT…-
-BASTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!-
Il grido di Chopper fermò le mani dei due spadaccini sulle else delle reciproche spade, i quali si voltarono scioccati dal grido furioso e incazzato della dolce renna.
-Siete due stupidi…- buttò la sirena a terra, inutile dato che non vi era vena libera attorno al cuore di Nami per iniettare l’adrenalina -… invece di litigare, aiutatemi, idioti…-
-Ma… Chopper… non si può fare altro…- balbettò Law, mentre Zoro abbassava lo sguardo sconfitto. La stava perdendo, stavolta l’avrebbe persa davvero.
Avrebbe pero per sempre la sua mocciosa.
-NO!!!- alzò le braccia la cielo Chopper, unendo gli zoccoli e ingoiando una Rumble Ball –C’è sempre qualcosa…-
Spostò lo sguardo sul viso in panico di Zoro, che ben aveva riconosciuto la posa del Nakama, e che subito si era proteso in sua direzione per fermarlo.
-Tranquillo…- gli sorrise il medico -… so quello che faccio…-
Un colpo secco e tuonante.
Un pugno così potente, le cui ossa che ruppe, si sentirono scricchiolare senza problemi nell’infermeria completa, accompagnando le urla di stupore e incredulità dei due spadaccini sbiancati dall’attacco allo sterno di Nami da parte di Chopper, ma che non riuscì a zittire l’urlo agguerrito e furioso di Chopper.
-BISTURI DI DIAMANTE!!!!-
 


ANGOLO DELL’AUTORE:
“Piatto ricco mi ci ficco”, direbbe il mi babbo per questo capitolo. Lungo e sostanzioso, spero vi sia piaciuto e che aspettiate con, almeno, lieve curiosità il prossimo. Vabbè, allora a venerdì prossimo (o quello dopo, dipende dal tempo…), ciao ciao e commentate per favore, grazie… XD

 

Zomi 
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


ANGOLO DELL’AUTORE:
Capitolo lungo anche oggi e pieno d'errori se mi permettete. Scusate… XD

Zomi
 

 
 
Le costole s’incurvarono verso l’interno della cassa toracica, piegandosi alla forza bruta e violenta del colpo.
Scricchiolando paurosamente, le ossa risuonarono doloranti e in preda al panico, mentre con forza rimbalzavano contro gli organi interni ritornando ad espandersi verso l’esterno del torace.
Il petto della navigatrice rimbalzò sul lettino ortopedico, lasciando che il dolce capo ramato della ragazza oscillasse contro il ripiano placcato.
In un attimo, il tempo che ebbe Chopper per abbassare le zampe lungo i fianchi contro il contraccolpo delle costole, gli occhi di Nami si spalancarono insieme alla sua bocca, rivelando tutto il tacito dolore che essa stava provando e che aveva trattenuto nel suo breve stato di incoscienza.
Un urlo.
Semplice ma che riuscì a squarciare il silenzio che si era creato nell’infermeria, gelando il sudore sulla fronte della renna dottore e fermando il battito nervoso del cuore di Zoro.
Come se fosse appena riemersa da acqua gelida, Nami gridò disperata, rantolando e ansimando in sconsolata preghiera d’aria, mentre le sue mani graffiavano il ripiano medico e i suoi occhi, i suoi bellissimi e profondi occhi color del cioccolato più dolce e denso, si rivelarono bianchi e privi di qualsiasi iride nocciola, spalancati a fissare il vuoto, rincorrendo le grida di dolore che fuggivano dalle corde vocali della rossa.
La schiena s’incurvò verso l’alto, piegando le spalle all’indietro, espandendo al massimo in polmoni, vuoti d’aria ma pieni di paura, che vibrarono rantolando, gridando di dolore.
-AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!-
Piccole lacrime ardenti scivolarono lente dagli occhi opachi, bagnandole il capo tremante che oscillava tra i crini rossi sparsi sul tavolo, mentre gli arti graffiavano e scalciavano contro un nemico che solo la cartografa riusciva a vedere e combattere.
-Abbiamo guadagnato qualche minuto…- ansimò Chopper, saltando giù dal tavolo medico e correndo verso il ripiano dei medicinali -… il veleno è stato deviato dal cuore verso il sistema nervoso cardiocircolatorio… era l’unica possibilità… ora il cuore batte con vigore per il dolore, ma Nami è in preda ad un incubo terribile per via della massiccia quantità di tossina nelle terminazioni nervose libere…-
La renna armeggiò rapida tra le varie ampolle mediche, infilzando boccette di vetro su siringhe varie, mescolando poi il preparato con movimenti rapidi del polso.
Come svegliato di soprassalto da un sogno, Law scosse la testa per riprendersi, ascoltando i rantoli strozzati e le grida doloranti di Nami coprire le parole del dottore renna. Chiuse gli occhi un decimo di secondo, riprendendo il controllo su di se.
Maledizione!!!
Si era affezionato troppo a quella ragazza, e ora, la possibilità di farla soffrire troppo e di perderla, gli aveva oscurato la mente, rendendolo succube di assurdi dubbi e barriere mediche per lui inesistenti.
Per la miseria, lui era Trafalgar Law, membro della Flotta dei 7, il Chirurgo del Male, colui che aveva donato 100 cuori di 100 pirati al governo mondiale per dimostrare la sua forza, non poteva lasciarsi frenare da uno stupido batterio tossico.
Lui era il miglior chirurgo in circolazione.
–NON SO CHE FARE!!!! NON POSSO FARE NIENTE!!!!-
Aveva urlato contro a Zoro non poco di 5 secondi prima, dimenticandosi totalmente che vi era sempre un modo per salvare la vita ai propri pazienti.
-…CHE CREDI, CHE SIA UN DIO, IO? CHE POSSA CURARE OGNI DOLORE O MALE?!?-
Si, lui era un Dio, un Dio della medicina che poteva concedere la vita a chi volesse e donare la morte a chi la meritasse.
Riaprì gli occhi, ghignando combattivo.
Quell’esile cedimento di debolezza, quel suo unico e solo sfogo d’impotenza, era stato solo un semplice sbaglio della sua mente, annebbiata dal bene che provava per la navigatrice Mugiwara, e che si era lasciata prendere dal panico per paura di perderla, ora che le era amico.
No, mai più gli sarebbe successo ancora.
Digrignando i denti, Law si arrotolò le maniche della maglia, mostrando i tatuaggi neri che lo disegnavano, pronto a salvare la donna che con il suo solo sguardo l’aveva messo alle strette, e che, sebbene non avrebbe mai potuto essere sua, era ormai diventata sua amica, dimostrandogli quanta voglia di vivere avesse e quanto combattiva fosse.
-Chopper…- chiamò la renna -… 10 unita di insulina rapida in arteria endo venosa… dobbiamo far battere quel cuore come se stesse correndo una maratona…-
La renna gli sorrise annuendo, felice di rivederlo in se e pronto a lottare per salvare la sua Nakama.
Il moro, ghignando e preparandosi a riprendere il suo lavoro, buttò un’occhiata su Zoro, ancora lì al suo fianco, ritrovandolo fermo immobile addossato al muro.
Respirava a mala pena, soffrendo insieme alla sua compagna, digrignando i denti e stringendo i pugni fino a ferirsi i palmi delle mani e farli sanguinare. Si sentiva inutile, incapace di difendere la sua mocciosa, sconfitto ancor prima di scendere nel campo di battaglia.
Idrofobo, si morse un labbro tagliandoselo.
No, no, no.
Non poteva perderla ora che era sua, non ora che si amavano.
Eppure non c’era niente da fare. Lui non poteva aiutarla, non poteva affrontare quel male con le sue katane, non poteva ferirlo o allontanarlo da lei. Non poteva fare niente. Era del tutto inutile, paralizzato dalla sua inadeguatezza in quella situazione e dalla terribile possibilità di perdere la sua mocciosa per sempre.
Non sapeva che fare.
Non poteva abbandonarla, ma non sapeva nemmeno come aiutarla…
Avrebbe tanto voluto rompere qualcosa per sfogarsi, ma gli tremavano le mani per la tensione che gli vibrava nelle vene.
-Roronoa…-
Alzò lo sguardo su Law, appena in tempo per vedersi arrivare in faccia il pugno chiuso del chirurgo, che lo smosse dalla sua posizione arrendevole contro la parete. Scricchiolando la mascella, dolorante per il colpo, fulminò con lo sguardo il moro, ringhiando furioso.
-Non ti arrendere, spadaccino…- ghignò il moro, leggendogli l’ira nello sguardo -… lei è ancora qui, sta ancora combattendo, urlando nella lotta e dando tutta se stessa per vivere… se lei non osa arrendersi, non lo fare nemmeno tu…-
Il ghigno tornò ad arricciare le labbra di Zoro, che, smuovendosi le ganasce con una mano, sghignazzò verso lo Shichibukai, annuendo.
-Grazie, ne avevo bisogno… e comunque, tranquillo: non mi do pervinto tanto facilmente, io…- ruggì fiero.
-Bene, perché ho bisogno anche di te e della tua rabbia…-
Con un cenno del capo, entrambi i guerrieri si avvicinarono al lettino medico, dove Nami continuava a dimenarsi ed urlare disperata. Chopper li raggiunse brandendo una piccola siringa contenete un liquido trasparente, che subito ignettò nel braccio destro della ramata.
-Ha un incubo…- spiegò breve Law, preparandosi a ricominciare ad aspirare il veleno dal corpo della navigatrice -… per ora il cuore pulsa contro la tossina, ma dobbiamo cercare di far tornare Nami cosciente o questo intoppo del sistema nervoso ci complicherà il lavoro…-
-Che devo fare?- tagliò corto il verde, afferrando la mano sinistra della ragazza e fermandole l’intero braccio che si agitava dolorante.
-Devi farla tornare con qualsiasi mezzo…- soffiò Law, portandosi dietro alla testa di lei e roteando le mani contro la spalla col tatuaggio, ora nascosto dalla posizione supina della ramata -… se riprende il controllo su di se, riuscirà a calmarsi e a controllare i battiti del cuore…-
-Hai detto che vi serve che il cuore batta a mille…- corrugò la fronte non capendo lo spadaccino.
-Si… ora il cuore deve battere a gran velocità…- annuì Chopper, introducendo una nuova flebo sul braccio destro di Nami, togliendo il precedente che si era staccato rivoltando il suo corpo per la rianimazione -… ma quando toglieremo tutto il veleno, i battiti dovranno scendere in fretta  ma con calma, se non volgiamo che abbia un infarto… ora stiamo introducendo molto sangue per far vivere sia lei che il veleno, ma una volta tolta di mezzo la tossina, l’affluenza entomatica troppo abbondante potrebbe essere eccessivamente forte e far cedere le pareti cardiache…-
-Si, si… ok…- sbuffò Zoro, stanco di tutta quella lezione medica -… tanto sangue per far vivere la mocciosa e il veleno, tolto il veleno ci sarà troppo sangue e il cuore non riuscirà a gestirlo tutto se continua a sto ritmo, per cui la mocciosa deve riprendere la calma e il controllo… porco Roger, Chopper, e parla come mangi…-
La renna arrossì, mentre Law ridacchiò scuotendo il capo.
-Forza…- ghignò prendendo in mano due sue bolle trasparenti -… facciamo l’impossibile…-
Lo spadaccino prese salda tra le sue mani quella tremante e scossa da fremiti nervosi di Nami, mentre Chopper aggiungeva sacche di sangue alla flebo, spegnendo il frequenzimetro e concentrandosi ad ascoltare, con il suo udito sopraffino, il cuore della navigatrice che danzava febbrile.
Chiudendo gli occhi per concentrarsi, Law arricciò le dita delle sue mani, alzandole al viso, velocizzando l’aspirazione della tossina, che, come un fiume in piena, iniziò a sgorgare attraverso l’apertura sulla spalla di Nami, riversandosi gorgheggiando negli Scramble del chirurgo. Chopper, mantenendo una zampa sul polso destro della ramata, ignettò altra insulina nell’avambraccio, mantenendo veloce e rapido il battito cardiaco.
Zoro digrignò i denti, distogliendo lo sguardo dai due medici, posandolo sul viso contratto di dolore e smarrimento di Nami.
Inginocchiandosi a terra, in modo da poterle parlare a livello del viso, strinse con forza la sua mano, bloccandole il braccio sinistro che si contorceva per il male, tentando di aiutare Law nel suo compito.
Il viso della navigatrice era pallido e imperlato di un umido strato di sudore freddo.
Dalle carnose e sbiancate labbra, urla e respiri affannosi, vibravano strozzati, mentre i nivei occhi di lei si spalancavano sempre più ad ogni grido, inferocendo le unghie delle mani che si conficcavano senza pietà nella carne del palmo di Zoro e sul lettino medico, sobbalzando per i suoi calci furiosi che si dibattevano sul ripiano.
-Nami…- ruggì lo spadaccino, sovrastando le sue urla -… mocciosa… sono qui… hai capito? Sono qui… non ti lascio… te l’ho promesso… ti sarò sempre accanto, non ti lascerò mai…- strinse maggiormente la presa sulla mano a cui si era incatenato -… sono qui e non ho alcuna intenzione di lasciarti andare… forza mocciosa, dai… combatti… combatti ancora… lotta con le unghie e con i denti… sconfiggi questo incubo bastardo e torna da me… recupera il controllo su di te e resisti ancora un po’… solo poco ancora, mocciosa… forza… forza… Nami, lotta… hai capito? Devi lottare… Nami, ascoltami, segui la mia voce e lotta per tornare da me…-
Il capo ramato della cartografa picchiò violento contro il ripiano placato, mordendo ferocemente le labbra zittendole per un istante.
-Z-zoro…- mugugnò la rossa, prima di riaprire bocca e strepitare dolorante.
Lo spadaccino strinse le mani attorno al polso della giovane, aggrappandosi ad esso.
-Sono qui, mocciosa… qui… ascoltami e torna da me…-
Nami chiuse gli occhi, continuando ad urlare, mentre un calore forte e pulsante iniziava ad inondarle il corpo.
Sapeva bene che si era addormentata durante l’operazione.
Si era accorta della pesantezza estrema e insostenibile delle sue palpebre che si chiudevano completamente, abbandonandosi tra le braccia morbide e ammaliatrici di Morfeo. Credeva che avrebbe dormito solo pochi attimi, come le succedeva spesso in quei giorni, risvegliandosi subito scossa da un incubo.
Ma così non era stato.
Riaprendo gli occhi, credeva di ritrovarsi ancora nell’infermeria della Sunny, distesa sul ripiano medico e con Law e Chopper che armeggiavano con la sua spalla e Zoro, il suo ghignate e strafottente Zoro, che sbuffava infastidendo il Chirurgo del Male. Ma il luogo in cui si era ritrovata era tutt’altro che l’infermeria del suo Nakama.
Lunghe e bianche mura la circondavano, correndo parallele tra loro, accerchiandola in un silenzioso e glaciale bianco inquietante.
Scossa da un brivido di freddo, la navigatrice si era subito resa conto di sognare, che tutto ciò che vedeva non era altro che un’ulteriore allucinazione che il veleno aveva provocato in lei.
Controllando veloce il braccio sinistro, ora nuovamente bianco e privo del tatuaggio rosso e dell’ematoma viola, aveva accarezzato nostalgica il suo tatuaggio cobalto che le era stato ricoperto dal veleno.
-Bhè… almeno qui ti posso rivedere…- aveva sorriso al disegno del mandarino e della girandola, cercando di trovare il lato positivo della situazione.
Sospirando, aveva alzato lo sguardo al cielo, completamente bianco, macchiato di qualche nuvola sbarazzina nera, che si muoveva lenta e pigra sopra di lei, spiandone i gesti. Nami scosse la testa, incamminandosi scalza seguendo le pareti che la costeggiavano, certa che da qualche parte l’avrebbero condotta.
La ramata lasciò scorrere lo sguardo lungo le mura immacolate, camminando tra loro e seguendone le curvature.
Non camminò a lungo però, prima di rendersi conto che le lunghe pareti si ramificavano in mura più estese e intricate, aprendosi in piccole aperture candide che conducevano in altri corridoi infiniti, e che altre pareti si univano a formare alti muri invalicabili, che si lanciavano in perpendicolare verso le nuvole nere, tentando di accarezzarle  con le loro cime.
Nami corrugò la fronte, ritrovandosi davanti ad un vicolo cieco, che la costrinse a tornare indietro sui suoi passi.
-Uhm…- incrociò le braccia al petto coperto solo dal suo reggiseno -… un labirinto… mi trovo in un labirinto…-
Osservò attenta le mura diafane che la circondavano, cercandovi una qualche caratteristica particolare da usare come punto di riferimento per orientarsi, ma le bianche pareti erano tutte uguali, intonse e mute, senza alcuna distinzione o scalfittura particolare, gemelle in ogni loro singolo calcinaccio.
La rossa sbuffò, portando le mani ai fianchi.
-Perfetto: una navigatrice che non riesce ad orientarsi… lo sapevo che a mettermi con quel buzzurro disorientato mi avrebbe fatto finire in pappa il cervello…-
Alzò al cielo lo sguardo, controllando le nubi, rimettendosi in cammino.
I tenebrosi cirri iniziavano a rumoreggiare brontolando, ingrossandosi e aumentando di volume. Si riempivano pian piano, avvicinandosi sempre più al labirinto, seguendo come segugi la navigatrice, pronti a scaricare pioggia e lampi su di lei.
Nami si fermò ad osservarle, corrugando la fronte e puntando nervosa i suoi occhi su di loro.
-Tre… due… uno…- contò a fil di voce, prima che lievi e silenziose gocce di pioggia iniziarono a lacrimare dalle nuvole, picchiettandosi contro di lei e alle pareti.
Piccole, pungenti e rosse lacrime di sangue gocciolarono dalle nubi addensate, colorando di cremisi le pareti chiare, macchiando il suolo intonso e placcato.
Nami non si smosse, per nulla impaurita dal bagnarsi di quel liquido vitale che pioveva dal cielo. Era stanca di aver paura, stanca di scappare dai suoi incubi.
Se doveva accaderle qualcosa, in quel labirinto sotto quella pioggia di sangue lenta e picchiettante, allora che accadesse. Non aspettava altro.
Era pronta, pronta per affrontare e combattere le sue paure.
Aveva promesso a Zoro che avrebbe lottato con tutta se stessa per sopravvivere al suo male, sfidando ogni tipo di avversario che le sarebbe apparso di fronte per terrorizzarla, con il chiaro e omicida obiettivo di farla soccombere di paura, come già era successo la sera precedente dell’arrivo di Law.
Con sguardo fiero e mani strette a pugno, Nami osservò la pioggia aumentare d’intensità, bagnandola sul torace prosperoso, macchiandole di rosso purpureo il reggi petto e gli short, segando i suoi passi tracciati nel labirinto.
Riprese a camminare, pronta a scansare o evitare qualsiasi attacco che avrebbe potuto colpirla, spuntando improvvisamente da dietro qualche parete, lasciando che le gocce vermiglie le scivolassero tare le dune dei seni, correndo giù lungo il piatto ventre, gocciolando dalle dita e dalle punte arricciate dei suoi capelli.
Non aveva paura.
No.
Sapeva che era tutto un sogno, uno stupidissimo e beffardo incubo, che il veleno le stava provocando intaccando il suo sistema nervoso. Chopper glielo aveva spiegato, la sera precedete a cena, che poteva accadere un evento del genere, e lei si era preparata mentalmente ad affrontare un nuovo terribile miraggio del suo passato.
Camminò ancora, sotto la pioggia, ascoltando attentamente il silenzio che la circondava, studiandone ogni sfaccettatura muta, distinguendo il ticchettio pungente del sangue che gocciava dal cielo dal suo respiro affannato.
Si sentiva stanca, forse per via della camminata, forse per il peso di tutta quella concentrazione estrema, e il fiato iniziava ad esserle corto.
Camminava lentamente, prendendo profondi respiri e muovendo i suoi passi che si appesantivano attimo dopo attimo.
Un giramento di testa, e si ritrovò inginocchiata a terra, ansimando dolorosamente.
D’istinto, si guardò la spalla sinistra, cercandone il tatuaggio rosso, ma non lo trovò.
Vide, invece, sul suo petto, sotto all’unto rosso e coagulato del sangue, una fitta serie di vene viola correrle sul seno sinistro, avvicinandosi pericolosamente al suo cuore.
-Tic tac… tic tac…-
Una risata sadica e grossolana risuonò dall’alto di un muro, ricadendo come vetro sul suolo.
-Tic tac… tic tac… quanto tempo resta alla mia bambolina?... tic tac… tic tac…-
Con un tonfo sordo e rombante, Aarlong si tuffò tra le pareti in cui Nami si trovava, coprendosi dalla pioggia con un leggero ombrello di carta di riso a pieghe d’argento, con su disegnato piccoli gigli bianchi che si macchiavano del rosso scarlatto della pioggia.
-A-aarong…- balbettò Nami, alzando lo sguardo su di lui, respirando faticosamente.
L’uomo pesce le si inginocchiò accanto, coprendola appena dalla pioggia con il suo ombrello, mentre le ghignava in faccia, gustandosi il suo malessere.
Con la mano palmata, alzò il mento di Nami, costringendola a fissarlo dritto negli occhi, mentre sul suo viso squamoso si apriva un ghigno strafottente e vittorioso.
-Il tempo è scaduto, bambolina…- sghignazzò, leccandosi le labbra e facendo bella mostra dei suoi denti aguzzi.
-No…- rantolò lei, liberandosi dalla sua presa e digrignando i denti -… io sono ancora viva… sto ancora lottando…-
Aarlong rise alle sue parole, alzandosi da terra e fissandola divertito della sua situazione. Era lì, sporca di sangue e rannicchiata a terra incapace di alzarsi per via del respiro affannato, debole per quei lunghi 5 giorni di dolore e tormenti, indifesa contro le sue angherie.
-Oggi è il tuo ultimo giorni di vita…- annunciò tronfio, roteando sopra il capo l’ombrello.
-No… sto ancora lottando… non mi sono arresa… ti posso ancora sconfiggere…-
-Uh uh uh… quanto inutile e stupido coraggio…- la derise, schiaffeggiando con la piante del piede la pioggia cremisi che si coagulava sul terreno -… e come credi di contrastarmi? Pensi di poter ferirmi? E con cosa, su, con cosa?-
Il sorriso sardonico del pirata si assottigliò maggiormente, infossando il suo sguardo di catrame contro quello abbassato per la fatica della navigatrice.
-Sei disarmata… sola… senza difesa… sei totalmente in balia del mio volere… non hai alcuna possibilità di scappare o sconfiggermi… rinchiusa nel labirinto del tuo passato… incapace di orientarti tra i tuoi dolori freddi e letali come il ghiaccio… come credi di poter sopravvivere, oggi? Eh? Come?-
Nami, tremante di dolore, rinvigoritosi dal centro del suo petto, come se il veleno si fosse concentrato totalmente lì, si alzò da terra, reggendosi malamente e traballando sui piedi scalzi. Volse, sicura e decisa, il suo denso e travolgente sguardo di cioccolato sul suo ex capitano, sorridendogli strafottente.
-Sei solo un sogno…- sussurrò flebile, accentando ogni sua parola con il suo sguardo canzonatorio e la sua voce leggiadra e autoritaria -… uno stupidissimo e inutile sogno… tu non sei reale… il vero Aarlong, colui che mi ha schiavizzata per 10 anni, sta finendo di vivere i suoi malaugurati giorni a Impel Down, in una fredda e affollata cella putrida di avanzi di galera come lui… tu sei solo un’illusione, niente di più…-
Il suo sguardo insolente e sicuro si posò sugli occhi sottili e iracondi dell’uomo pesce che l’aveva minacciata, ma che sul cui viso non svettava più alcun ghigno vittorioso, ma solamente una ringhiante smorfia d’ira e offesa.
-Lurida donna… inutile essere… come osi? Io un sogno? Io?!?- con ira, Aarlong chiuse il suo ombrello, impugnandolo con entrambe le mani -… se io sono solo un sogno, allora, di certo questo non ti farà alcun male…-
Con scatto agile e improvviso, il pirata si scagliò contro al corpo della navigatrice, che non riuscì a schivarlo o impedirgli di avvicinarsi a causa di un improvviso mancamento di forze.
Sentì forte e doloroso il capo sbattere contro la parete che aveva alle spalle, spinto su di esso dalla presa ferrea e arcigna dell’uomo pesce, che ringhiando l’aveva presa per il collo, bloccandola tra lui e la mura.
-Te l’ho detto, bambolina…- avvicinò le labbra al volto della navigatrice, che graffiava e scalciava contro al peso che le schiacciava la cassa toracica -… oggi morirai…-
Nami urlò disperata e dolorante, sentendo che i suoi polmoni stavano esplodendo per l’assenza d’aria. Sentiva il cuore batterle all’impazzata, risuonando doloroso tra le costole, mentre la testa tuonava di mille rumori e grida.
La pioggia continuava a bagnarli, intoccabile spettatrice di quella violenza.
Le piccole gocce rosse bagnavano anche Aarlong ora, che faceva ruotare nella mano libera, dalla presa sulla gola della rossa, l’ombrello nell’aria. Le lacrime purpuree scivolarono sul filo seghettato del suo naso, picchiettandosi contro il braccio teso dell’uomo, macchiandolo di rosso.
Divertito dai deboli tentativi di liberasi di Nami, Aarlong si leccò sulle labbra alcune gocce di sangue, gustandosi il sapore ferroso e di rame del liquido.
La ramata continuava a gridare, dibattendosi contro la presa stritolatrice di lui, graffiandolo sul polso e sulla mano, scalciando sulla parete bianca a cui era addossata, cercando di liberarsi dal peso del corpo del pirata che gravava su di lei, schiacciandole la cassa toracica e impedendole di respirare.
Rantolò, sentendo l’aria venire risucchiata malamente dentro di se, strabuzzando gli occhi per il dolore lanciante e improvviso che le frammentava il cuore, pulsante indemoniato, che batteva così forte da scontarsi contro le costole che lo proteggevano, finendo per ferirla anche lui.
-Uh uh uh… grida e scalcia quanto vuoi… nessuno ti salverà da me stavolta… sei sola…-
Il ghigno di Aarlong si aprì con gusto sul suo viso, mentre mostrava, nel palmo della sua mano dove pochi attimi prima era stretto l’ombrello, un lungo e affilato pugnale dal manico allungato, simile allo stesso stiletto che Nami aveva usato per ferirsi la mano, fingendo di assassinare Usop ad Aarlong Park.
-Tic tac… tic tac… quanto tempo ti resta? Poco, poco, mia cara, assai poco… e sai la cosa buffa? Eh, la sai? Morirai, oh si, morirai, e sarai sola, sola… come sola sei nata… come sola sei cresciuta… come sola hai vissuto… e come, ora, sola morirai…-
L’uomo pesce alzò il pugnale al cielo, brandendolo minaccioso, ghignando e preparandosi a colpire il petto violaceo di Nami, dove, sotto un fitto intreccio di rami di violacea tossina, il cuore della navigatrice fremeva impazzito dal panico.
Nami fissò terrorizzata la lama scintillare tra le gocce di pioggia cremisi.
Si zittì, fossilizzando il suo sguardo opaco e vitreo sulla lama argentata, rantolando silenziosamente e smettendo di scalciare.
L’adrenalina e il panico si fermarono nella loro corsa sfrenata al suo cuore, immobilizzandosi nelle vene intorpidite dalla tossina che ancora le feriva.
-Hai paura, eh?- fraintese l’improvviso silenzio di Nami Aarlong - Fai bene, bambolina mia, fai molto bene…- le soffiò sull’orecchio, ridendo del suo cuore combattivo che martellava ostinato nel non voler morire, unico segno suonante e vivo della sua riluttanza a non voler sottomettersi a lui.
La ragazza tentò di deglutire, per cancellarsi dal palato l’orrido sapore del panico più acre e acido, ma la presa stretta e d’acciaio dell’uomo pesce sul suo collo glielo impedì, stringendo maggiormente l’appiglio, vietando all’aria pesante della pioggia di rinfrescarle il fiato, aiutandola a respirare.
Smise di agitarsi contro la presa del suo nemico, concentrandosi nel calmarsi.
Aarlong rigirò il pugnale tra le sue dita palmate della mano libera, ridacchiando divertito, mentre fissava lo sguardo perso di puro terrore di Nami.
-Tic tac… tic tac… tempo scaduto… Nami…-
La lama scintillò tra le gocce amaranti del temporale, scagliandosi contro il petto della navigatrice, spinta con sanguinario istinto assassino e goduria dal pirata verso di lei.
Nami non chiuse gli occhi.
No, lei voleva guardarlo dritto nelle sue nere iridi mentre tentava di ucciderla. Voleva che la sua immagine atona e calma nella morte, gli s’imperniasse nel cranio, che i suoi occhi infiammati, bruciavano ancora di vita, segno che lei non si stava arrendendo, ma lottava, lottava ancora.
Gli occhi di Aarlong si spalancarono per la rabbia di veder scomparire dallo sguardo nocciola della ragazza tutto il panico che fino a pochi attimi prima li abitavano, sostituito da una forza ardente e vitale.
-Maledetta arrogante…- ruggì offeso dal suo sguardo combattivo, estraendo iracondo lo stiletto dal suo petto ferito.
-Io sono ancora viva…- sussurrò debole Nami, abbandonando la presa delle sue mani sul braccio che la strozzava -… puoi farmi quello che vuoi, ma io continuerò a vivere… io non smetterò mai di lottare…-
-Stupida!!!! Lottare? E per cosa? Perché? Credi di poter scappare da me?- ringhiò il pirata, alzando nella pioggia il pugnale, pronto a colpirla nuovamente.
-No… io non scappo più…-
Furioso e violento, Aarlong colpì Nami sul petto, a livello del cuore, affondando la lama in profondità, fino a toccarle le corde tese e vibranti del muscolo palpitante, che tuonò violato, sbattendo e dimenandosi ferito tra le costole.
Nami rantolò di dolore, sentendo la fredda e bagnata lama argentata lacerarle la carne, mentre mille grida e rumori ferrosi le risuonavano nella mente, spinti in lei da un luogo lontano e che le giungevano spezzati e confusi.
Aarlong, imprecando contro di lei, spingeva dentro al torace della rossa sempre più in profondità il pugnale, inviandolo in ricerca del suo cuore, odiandogli di smettere di lottare, di cessare di battere così ostinatamente e con così tanto orgoglio di vivere.
Nami tremò di male, aprendo la bocca e tentando di cacciare altre urla doloranti che le risuonarono mute e vuote alle sue orecchie.
Perdutasi di nuovo nel dolore, come spesso le era accaduto in quei giorni, si lasciò cullare dalle voci che abitavano il suo interno, tentando di dagli ascoltarle per avere un po’ di sollievo da tutto quel male.
Una voce, una voce in particolare, forte, potente, energica ma allo stesso tempo dolce e soave, le parlava con vigore, spronandola a non mollare.
-… mocciosa… sono qui… hai capito? Sono qui… non ti lascio… te l’ho promesso…-
La navigatrice sorrise riconoscendola, mentre la lama si spingeva sempre più tra la sua carne.
Zoro.
Il suo Zoro era lì, accanto a lei, nella sua lotta, incitandola a lottare ancora, a non lasciarsi sconfiggere.
-… combatti… combatti ancora… lotta con le unghie e con i denti… sconfiggiquesto incubo bastardo e torna da me… … recupera il controllo su di te e resisti ancora un po’… solo poco ancora, mocciosa…-
Si, aveva ragione.
Doveva lottare ancora, non permettere alla fatica e al dolore di sottometterla.
Doveva riprendere il controllo sul suo corpo e su quell’incubo, controllarlo e sconfiggerlo, combattere ancora come gli aveva promesso.
-…Nami, ascoltami, segui la mia voce e lotta per tornare da me…-
Nami annuì, mormorando appena a fior di labbra il suo nome, sorridendo serafica nel sentirlo così vicino a lei.
-Z-zoro…-
Aarlong ghignò divertito da quel mormorio strozzato e debole, espresso come ultimo desiderio prima dell’arrivo freddo e silenzioso della morte.
-Si, si… invoca il tuo cavaliere senza macchia e senza paura… tanto lui non arriverà mai da te…-
Nami sorrise debolmente, assottigliando lo sguardo e chiudendolo appena. Strinse, senza logica ma certa che vi fosse un qualcosa di caldo e solido in lei, la sua mano sinistra, percependo appieno la presenza del suo buzzurro.
-Si… hai ragione… questa volta lui non verrà da me…- alzò il volto al cielo di nubi corvine, che, incontrandosi con lo sguardo sereno e forte della navigatrice, iniziò a rischiararsi, diradando le nubi che cessarono immediatamente di bagnarla.
-… questa volta…- sussurrò ancora Nami rivolgendosi direttamente all’uomo pesce, che tremò vedendola ancora in grado di parlare e respirare nonostante i suoi colpi mortali al cuore -… questa volta, sono io che trono da lui…-
Iniziò ad urlare.
Con tutto il poco e fragile fiato che aveva nei suoi polmoni, facendo vibrare ferocemente le sue corde vocali e la gola arsa di dolore e fatica, Nami iniziò a urlare ferocemente sotto la pioggia cremisi.
Urlò tutto il suo dolore, la sua paura, la sua tristezza, la sua fatica e la sua combattiva lotta contro Aarlong, che indietreggiò da lei, lasciando cadere a terra il pugnale, sfilato dal petto della ramata, coprendosi le orecchie con i palmi delle mani.
-Smettila!!! Smettila!!!- sbuffava feroce, inginocchiandosi a terra.
-IO SONO VIVA!!!! IO SONO ANCORA VIVA!!!!- gridava con le lacrime agli occhi di felicità Nami, per la semplice e pura verità del suo sfogo.
Lei era ancora viva.
Dopo la morte di Bellmere, dopo 10 anni di schiavitù, dopo una vita d’inferno e dolori, dopo anni bui e silenziosi di notti solitarie, dopo mille avventure pericolose con i suoi compagni, dopo 2 anni di divisione dalla sua nuova famiglia e dopo il tatuaggio velenoso, lei era ancora viva.
Urlò ancora, e ancora, e ancora, fino a consumare ogni briciolo della sua forza, fino a perdere il fiato e la voce, ma non smarrendo mai il suo splendido e solare sorriso ardente di vita.
Si accasciò a terra esausta, piegandosi sulle sue gambe, mentre intorno a lei il labirinto chiaro si sgretolava come uno specchio rotto, e Aarlong, muto e atono, era pezzato come carta dal fuoco, riducendosi ad un semplice e soffice cumulo di cenere grigia, che un soffio di vento apparso dal nulla disperse nell’intonso cielo zaffiro che ora colorava lo sfondo in cui Nami riprendeva fiato.
Sorridendo sfinita dal dolore che ancora provava, ma felice di sentirsi così leggera e libera, Nami si alzò dal terreno celeste, guardò serena alcune piccole e morbide nuvole bianche danzare nel cielo dei suoi pensieri, cancellando ogni singolo dettaglio del passaggio di aarlong e di quella pioggia scarlatta.
Sorridendo, la navigatrice avanzò tra il cobalto del cielo.
Era ora di tornare da lui…

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Il corpo di Nami smise di dibattersi sul tavolo placato.
Gli occhi, bianchi e sbarrati, si chiusero dolcemente, rilassando la muscolatura facciale.
Le labbra, che fino a pochi secondi prima erano spalancate urlanti di dolore e disperazione, ora erano socchiuse in una muta espressione di silenzio e calma.
I folti capelli di fuoco, divampati di sudore e grida sul ripiano bianco, si chetarono, tramutandosi in calme e tranquille onde di mare, arrossate da un romantico tramonto.
Le mani abbandonate senza più energia ai lati del corpo non graffiavano più alcun nemico, e le lunghe e chiare gambe non tentavano più di scappare da un male che sembrava l’avesse quasi uccisa.
Chopper, alzando una zampa per accarezzarle il capo, ne ascoltò il respiro regolarizzarsi, diventando più ritmato e tranquillo.
-È tutto finito…- sussurrò più alla navigatrice che agli altri due pirati presenti con lui nell’infermeria -… ora possiamo solo aspettare che si risvegli…-
Dopo che Law aveva ripreso ad estrarre il veleno dalla spalla della navigatrice, la rossa si era dimenata e divincolata sul piano medico in modo convulso e urlante, gridando senza sosta, aggrappandosi con le unghie al bordo del tavolo, inclinando la schiena al cielo, spezzata a metà dal dolore, digrignando i denti per il dolore che provava, rantolando in ricerca d’aria.
Zoro, che le aveva stretto la mano per tutto il tempo dell’operazione, ora era muto e in attesa di un qualsiasi movimento del copro della sua mocciosa. Le stingeva ancora la mano, inginocchiato a terra, puntando serio e agguerrito il suo sguardo sul viso rilassato della navigatrice. Abbracciò, con la sua presa ferrea e determinata, il palmo pallido della rosa con entrambe le mani, deciso a non voler mollare la presa nemmeno sotto tortura.
Alla fine, Law era stato costretto ad estrarre il nucleo centrale del veleno in modo tradizionale, aprendo con un bisturi la fragile pelle tatuata della spalla e, immergendo tra i muscoli e i nervi intirizziti dalla tossina, le sue abili dita da chirurgo, aveva estratto un piccolo ammasso gelatinoso di color viola dalla scapola.
Nami aveva urlato come un demonio per il dolore, come se qualcuno la pugnalasse al cuore, gridando e scalciando sul tavolo, incurvando la schiena al cielo mentre le dita mediche del moro lavoravano tra le sue carni, macchiando il ripiano di sangue e di veleno.
Law era stato costretto a strappare il nucleo del veleno con forza, per toglierlo completamente dall’organismo, costringendo il residuo della sostanza letale, che era ancora in circolo nel corpo, a venir risucchiato nel suo punto originario e ad abbandonare il suo macabro operato per essere debellato del tutto.
Con le mani insanguinate e lerce di veleno, il Chirurgo del Male aveva rinchiuso la tossina in un piccolo contenitore di vetro, dove l’ammasso inconsistente si era arrampicato sulle pareti trasparenti, in ricerca disperata di quel nutrimento che fino a pochi attimi prima l’aveva nutrito, bramando il calore del corpo della navigatrice in cui era stato protetto per 12 anni, e in cui era germogliato floridamente.
La massa tossica continuava a strascicarsi lungo le pareti di vetro, allungandosi e diramandosi in ogni anfratto, in un ultimo disperato tentativo di sopravvivere, finché non si afflosciò inanime sul fondo del contenitore, non muovendosi più.
Chopper, veloce e sapiente, aveva riempito il contenitore con alcol etilico, in modo da eliminare totalmente la tossina, lasciando che l’antisettico sterilizzasse completamente il vaso, togliendo la vita del tutto al veleno, cancellandolo completamente.
Di quell’orrido ammasso violaceo di batteri non doveva restarne nemmeno il ricordo.
Da quel momento, dall’estrazione totale del veleno da Nami, la bella navigatrice si era racchiusa in un profondo e immobile silenzio, non emettendo più nemmeno un suono e bloccando ogni suo gesto.
Law e Chopper aveva subito verificato i suoi parametri vitali, monitorando i battiti del cuore e trasferendo altro sangue all’interno del sistema circolatorio del giovane corpo della ramata per stabilizzarlo. Ora non rimaneva che aspettare.
-Dobbiamo darle qualche minuto…- spiegò Law, notando il nervosismo di Zoro, nel non vedere alcun segno evidente di vita della cartografa -… non appena il cuore riprenderà a battere con maggior vigore e il sistema nervoso avrà ripreso pieno controllo sul corpo, allora Nami riprenderà a muoversi, disturbata dall’intenso calore del nuovo circolo sanguigno…-
Lo spadaccino scosse la testa, ignorando le parole del chirurgo non comprendendole a pieno e infischiandosene di sistemi nervosi e sangue caldo. Lui voleva solo che Nami riaprisse i suoi occhi, i suoi maledettissimi occhi che gli avevano rubato l’anima, e che gli sorridesse canzonandolo come sempre faceva.
-Devi avere pazienza…- appoggiò una zampa sulla sua spalla Chopper, sorridendogli nel tentativo di tranquillizzarlo.
Ma ormai era passata più di mezz’ora, e Nami continuava a starsene ferma immobile sul tavolo ortopedico.
-Perché non si sveglia?- tuonò ringhiando Zoro, trattenendosi dal battere un pugno sul tavolo placcato.
-Te l’ho detto, Roronoa: ha bisogno di tempo…- assottigliò lo sguardo Law, sistemando tutto l’armamentario di oggetti e medicamenti medici che lui e Chopper avevano usato durante l’intervento.
Zoro ringhiò spazientito.
Era da mezz’ora che aspettava. Quanti altri minuti doveva ancora contare, prima di poter prendere un bel respiro di sollievo, certo che la sua mocciosa fosse finalmente sana e salva?
-Calmati Zoro…- gli sussurrò Chopper, finendo di medicare la spalla di Nami, ricucendo i leggeri tagli che Law aveva aperto sulla pelle diafana per operare -… Nami sta bene… i battiti ora sono più forti… né accelerati né deboli… si stanno stabilizzando a poco a poco… devi aver pazienza…-
-E se non si svegliasse?- domandò tutto in un soffio il verde, stringendo maggiormente la presa sulla mano della navigatrice.
Chopper gli sorrise, alzandosi dal tavolo e riponendo al loro posto il filo medico e l’ago sterilizzato -Si sveglierà… ne sono certo…-affermò serio.
Law storse le labbra, distogliendo lo sguardo dai due Mugiwara.
Era certo di aver dato il massimo per salvare la navigatrice, ed era ancor più certo che l’intervento fosse andato al meglio. Per sapere se vi fossero o meno danni a livello nervoso, causati dal veleno che aveva infettato il sistema nervoso, doveva però attender il risveglio di Nami, e sottoporla ad alcuni test, ma lui era di già certo che la ragazza non avesse riportato alcun danno. Per la miseria, lui era il miglio chirurgo del Grande Blu, e nessun suo paziente poteva permettersi di crepare o non guarire perfettamente dopo le sue cure, navigatrice Mugiwara compresa. Ghignò e si voltò e fissò la figura silenziosa di Nami.
Il respiro era regolare, il battito in miglioramento, la colorazione riprendeva attimo dopo attimo una tinta più sana, i capelli assumevano nuova luce e vita, riprendendo ad ardere fiammeggianti, solo gli occhi, si i suoi meravigliosi cocchi color cioccolato, erano ancora  chiusi, nascondendo chissà quale pericolo.
Law scosse la testa ringhiando.
No, nessun suo paziente era morto, e lei non sarebbe di certo stata la prima.
Ghignando sicuro delle sue abilità di chirurgo e di aver eseguito la sua miglior operazione, si avvicinò al verde mugugnate al fianco di Nami.
-Prova a parlarle…- gli consigliò, attirando la sua attenzione mentre incrociava le braccia dietro alla sua schiena -… la tua voce ha uno strano effetto su di lei… la rianima e le da coraggio… forse, dico forse, il suo subconscio, sentendo la sua sgraziata e roca voce, potrebbe risvegliarsi con maggior velocità… di certo disturbato, è logico…-
Lo spadaccino soffiò dal naso infastidito.
-Che dici Chopper? Può funzionare?- chiese al suo Nakama, fulminando con lo sguardo il Chirurgo del Male.
-Bhè… ci sono studi piuttosto affascinati sull’impatto nervoso di stimoli esterni di suoni o altro, su corpi in momentaneo coma farmaceutico... io credo che, su basi scientifiche e mediche, riferendomi agli studi del celebre professor…-
-CHOPPER!!!!- gridò con denti da squalo il verde –SI O NO?!?-
-Ehm… tentar non nuoce…- alzò le spalle la renna, guardando ridacchiare Law, divertito dal nervosismo del samurai.
-Ufff!!! Ma guarda te che mi tocca fare…- sbuffò Zoro, mordendosi un labbro.
Si schiarì la voce, spostando il suo peso da una gamba all’altra ancora inginocchiate a terra accanto al lettino medico di Nami, continuando a guardarla serio. Osservò la dolce pelle delicata del suo braccio sinistro tornare diafana. Un leggero calore iniziava a scaldarle le dita e il palmo della mano che stringeva, e finalmente, dopo 2 giorni di assenza, il suo splendido tatuaggio oltremare di un mandarino intrecciato ad una girandola, tornava a svettare sulla sua spalla, irradiando una luce abbagliante e vitale.
-Nami…- la chiamò sotto voce, posando le labbra sui polpastrelli della sua mano -… ehi, mocciosa, ci sei?-
La navigatrice non mosse un muscolo.
Lo spadaccino si stiracchiò i muscoli del collo, smuovendo la testa e chiudendo un attimo gli occhi. Doveva svegliarla, non ce la faceva più.
La pazienza non era mai stata il suo forte, e dover aspettare per di più che la donna che amava riaprisse gli occhi per dargli conferma che stesse bene, lo lasciva pendere tra la vita e la morte.
Voleva, pretendeva che la sua mocciosa si svegliasse. Voleva che aprisse i suoi begli occhi e che lo fissasse nei suoi, sorridendogli e sbattendo quelle sue lunghe e scure ciglia da fata, tentando di incantarlo con il suo fare da monella, fingendosi bisognosa di aiuto, quando invece voleva solo fregarlo.
Voleva che aprisse le sue labbra, per deriderlo, per prenderlo in giro o ordinargli qualsiasi cosa. Voleva risentire la sua voce melodica e acuta stuzzicargli le orecchie, ammaliandolo come il canto da sirena.
Pretendeva che le sue labbra tornassero a baciarlo con ardore e desiderio, che la sua lingua stuzzicasse di nuovo il suo palato, amandolo con parole proibite e segrete a tutti, che solamente a lui aveva sussurrato. Reclamava le sue mani ad accarezzarlo, a picchiarlo per fino, esigendo ancora i suoi tocchi delicati e lussuriosi.
-Mocciosa ascoltami…- affermò serio, riaprendo gli occhi e puntandoli sul viso addormentato di Nami -… sono io, Zoro, il tuo buzzurro…-
Respirò profondamente dal naso, alzandosi da terra ed ergendosi nella sua alta figura.
-Sono il tuo vice capitano…- tuonò, non molando la presa sulla mano fragile della cartografa -… e come tale, ti ordino di svegliarti…- tuonò le ultime parole con maggior intensità, ghignando sadico.
Sia Chopper che Law si schiaffeggiarono la fronte, chiedendosi quale idea bacata gli fosse mai venuta in mente, spronando quel deficiente di uno spadaccino a parlare con Nami. Di certo avrebbero dovuto sapere che mai avrebbe usato parole dolci e carine per svegliarla dolcemente, e che un’uscita del genere era pienamente nel suo stile da, buzzurro senza cervello.
-IDIOTA!!!!- ruggì Chopper, alzando una zampa al cielo per colpire lo spdaaccino e la sua stoltezza –CREDI CHE NAMI SI VSEGLI CON CERTE FRASI?!? SE SI SVEGLIA TI PESTA A SANGUE!!!!-
-No, dottore… fermati…- lo tratteneva dal picchiare il samurai Law, stringendolo per la vita -… guarda…- gli indicò una mano della ramata, che lievemente tramava su ripiano -Sta funzionando…-
Chopper spalancò gli occhi, fissando le dita chiare della mano destra della navigatrice contrarsi debolmente, chiudendosi e aprendosi a ritmo delle parole del verde.
-Hai capito mocciosa?!?- continuava ghignando Zoro, divertito e notando anche lui il tremito della mano della navigatrice –Io ti ordino… oh si, io ti ordino di svegliarti…-
Una leggera ruga di concentrazione si piegò sulla fronte della cartografa, mentre le palpebre diafane degli occhi tremavano per aprirsi.
-Mocciosa…- la chiamò ancora, sporgendosi sopra di lei e parlandole a pochi centimetri dalle labbra -… apri gli occhi… su, aprili… te lo ordino…-
Le labbra di Nami si piegarono, contratte nel raccogliersi per aprirsi e insultare quell’insolente di uno spadaccino che osava darle degli ordini.
Strinse con forza le mani attorno al bordo del tavolo e alle mani del samurai che accerchiavano quella di sinistra, mordendosi un labbro concentrata per svegliarsi. I suoi occhi si dibattevano frenetici sotto le palpebre chiuse, muovendosi velocemente alla ricerca di una forza tanto grande quanto l’amore che provava per quella testa d’alga, una forza che l’avrebbe riportata da lui, per picchiarlo per il suo affronto.
La sua scaltra e veloce mente, macinava pensieri su pensieri, insultando Zoro, divertita delle sue provocazioni, impegnandosi al massimo per risvegliarsi e riprendere il pieno controllo del suo corpo, pronta per picchiare il povero spadaccino
-Dai mocciosa…- continuava Zoro, ghignando vittorioso, mentre i due medici presenti raccoglievano, da ogni dove, arnesi vari per visitare la navigatrice -… svegliati Nami… io te lo rodino…-
L’ultima ghignate parola fu soffiata con audacia contro le carnose e rosee labbra di Nami, che si incurvarono in un lieve sorrisetto, trattenendo a stento uno più grande e canzonatorio.
-Co-cosa… cosa hai... hai detto.. idiota?- mormorò appena, socchiudendo lievemente la bocca la rossa, aprendo debolmente gli occhi e puntandoli contro il bel viso trionfante e aperto in un sogghigno diabolico di Zoro, che la sovrastava con la sua figura.
-Ho detto che ti amo…- soffiò sulle sue labbra lui, accarezzandole il viso.
-Ah ecco… mi sembrava di aver sentito qualcos’altro di più stupido… ma devo essermi sbagliata…- sorrise Nami, alzando la mano sinistra ad accarezzarlo sul viso, posandola contro la sua mascella contratta a sorride euforica.
Lo spadaccino afferrò la mano ora libera dal veleno, portandosela alle labbra e baciandola in ogni centimetro della sua pelle, bagnandole il dorso e il palmo, baciandole le dita e continuando poi a sfiorarle il polso e l’interno del braccio, fino a succhiarle l’incavo del gomito, facendo sorridere di piacere la ramata.
-Zoro…- lo chiamò -… ti amo…-
Di slancio, lo spadaccino si buttò a baciare Nami, accerchiandole il viso con entrambe le mani, eccitato di poter sentire ancora la sua melodica voce dichiarasi a lui.
La baciò con foga e passione, entrando prepotentemente con la sua lingua tra le labbra della ramata, leccandole il palato e la lingua, schioccando lussuriosi baci sulla sua bocca e mordendole appena le labbra, facendole arrossare.
Nami si godeva tutti quei peccaminosi baci, accarezzando il viso vittorioso dello spadaccino con entrambe le mani, incurvando la schiena verso di lui, per poter avvicinare maggiormente il suo viso a quello del verde e approfondire sempre più il loro contatto. Si era completamente dimenticata della presenza di Chopper e di Law nell’infermeria, lasciandosi rapire del tutto dal compagno samurai e permettendogli di farle perdere il senno.
-Incredibile…- sbuffò ghignando il Chirurgo del Male -… lo sapeva… quell’alga marina lo sapeva perfettamente…-
-Cosa?!?- inarcò le sopracciglia la renna, non capendo bene a che si riferisse  il moro, e guardandolo di sottecchi, mentre si oscurava la vista con le zampe, imbarazzato dai baci ella coppia.
-Sapevo…- ghignò Zoro, staccandosi lievemente da Nami e aiutandola a mettersi a sedere sul letto ortopedico -… che, se gli avessi detto cose carine, per svegliarla,  se ne starebbe stata lì a godersele in eterno… invece, io che gli do un ordine è il peggior affronto che possa mai ricevere… e di certo si sarebbe svegliata di colpo…-
La navigatrice, stretta tra le braccia protettive del verde che l’abbracciavano per la vita, strusciò il capo sul collo di lui, baciandolo dolcemente. Era meraviglioso poterlo stringere nuovamente, con entrambe le mani, poterlo abbracciare e accarezzare senza fitte dolorose a ogni suo gesto. Alzò la bocca sul suo mento, baciandolo felice, mentre i due medici elencavano tra loro lunghi e complicati paroloni di test ed esami vari a cui si sarebbe sottoposto, per verificare che stesse bene davvero.
-Sto bene…- sussurrò lei, voltando il viso verso i due dottori -… grazie a voi, ora sto bene…-
Scese, sorretta da Zoro, dal tavolo, avvicinandosi a Law e a Chopper, che abbracciò con forza per le spalle, baciandoli sulle guance.
-Grazie, grazie, grazie… mi avete salvata… io non so come sdebitarmi.. io…-
Il moro la fermò con una carezza sul capo.
-Lasciati visitare…- ghignò, spingendola con Chopper nuovamente sul letto ortopedico e facendola stendere -… è il miglior pagamento che desideriamo…-
-Si, Nami… permettici di visitarti…- sorrise la renna dottore, portando lo stetoscopio al petto della ragazza -… è per essere sicuri che tutto sia tornato normale… e poi sei il primo caso al mondo di sopravvissuta al veleno del Pesce Dieci Anni… sei un caso clinico meraviglioso…-
-Lo prenderò come un complimento…- ridacchiò la cartografa, rilassandosi contro lo schienale del ripiano e lasciando lavorare i due medici. Zoro ghignò felice, baciandola ancora sulla fronte. L’accarezzò sul viso, lasciando scorrere il palmo della mano sul profilo del volto, per la gola, e infine posarsi dolcemente sul tatuaggio blu della spalla.
-Do la buona notizia a tutti…- rise di sghembo, allontanandosi di mala voglia da lei.
Sapeva che tutto il resto della ciurma attendeva con ansia notizie, e che la sua presenza nell’infermeria sarebbe stata solo d’intralcio a quei ultimi controlli medici. Non avrebbe resistito un solo attimo lontano dalle labbra di Nami, intralciando sia Chopper che lo scarabocchio. Le sue mani, poi, fremevano dal desiderio di posarsi sul corpo di lei, di accarezzarlo, sfiorarlo, controllare anch’esse che tutto fosse tornato alla normalità, che nessun più dolore piegasse o si nascondesse in lei. Ma farlo lì, sotto due paia di occhi medici all’opera, non era ne il luogo ne il caso.
Uscì dall’infermeria ghignando in direzione di Nami, che lo salutò lanciandogli un ultimo bacio, prima di vederlo scomparire oltre l’uscio di legno.
L’urlo di felicità che tirò Zoro, fuori dalla cabina medica, si sentì chiaramente per tutta la Sunny, e le grida di gioia e entusiasmo dei suoi compagni, che seguirono e accompagnarono quelle dello spadaccino, echeggiarono per tutte le pareti legnose della nave, facendola ballare di allegria.
-Bhè…- sorrise Law, misurando la pressione di Nami -… credo che ora tutti sappiano che tu stai bene…-
La navigatrice annuì, sorridendo mentre chiudeva gli occhi e si rilassava tranquillamente tra le mani mediche del chirurgo e del suo Nakama.
 
 
Il focolare acceso nel centro del ponte della Sunny, ardeva con alte e focose vampate di fuoco al cielo, alzandosi in mille scintille gialle e arancioni nella notte, tentando di raggiungere le bianche stelle che illuminavano il cielo notturno, mentre mille balli e canti le incitavano a volare sempre più in alto.
I ponti delle due imbarcazioni pirata, il sommergibile dei pirati Heart e dei Mugiwara, erano collegati da un enorme passerella di legno, costruito a tempo di record nel pomeriggio dal carpentiere di Cappello di Paglia, che non aveva smesso un secondo , per tutte le ore pomeridiane, di piangere e martellare con allegra furia, saltando ogni tanto sul ponte in qualche sua posa super, entusiasta della guarigione della sua sorella.
Sanji, beato ragazzo, si era precitato ai suoi fornelli dopo nemmeno 5 secondi dall’urlo di gioia di Zoro, buttandosi a capofitto nel preparare tutte le succose e saporite specialità che era in grado di cucinare per festeggiare la sua dolce Dea ramata,  piangendo e lanciando cuori e baci nell’aria, allenandosi a gettarsi a braccia sulla navigatrice, aperte non appena la giovane sarebbe uscita dall’infermeria, salutandola con amorevoli effusioni alla Mr Prince.
-Tu le stai lontano…- aveva tuonato minaccioso Zoro -… e smettila di dire che è la TUA Dea ramata… se no ti meno a sangue… al massimo Nami è la MIA Dea ramata, chiaro?!?-
I due, naturalmente, si erano azzuffati, inveendo a vicenda uno contro l’altro, ma mantenendo sui loro volti la ghignate espressione di  felicità per la ritrovata salute della navigatrice.
A sera, quando ormai entrambe le ciurme di pirati non aspettavano altro che l’arrivo del capitano Trafalgar Law e dei due sotto posti di Cappello di Paglia, fremendo di curiosità nel poter vedere la meravigliosa navigatrice, chi per primo come i compagni di Bepo e Penguin, di già sbavanti dai racconti dai due vice, chi nel poter riabbracciare la Nakama, finalmente i tre uscirono dall’infermeria.
Senza far rumore, misero piede nel ponte della Sunny, agghindato a festa e allargatosi unendosi a quello del sottomarino giallo del Shichibukai, apparendo dal sotto coperta e sfoggiando un bellissimo sorriso di pura gioia.
Chopper e Law, seppur stanchi e affaticati per l’intenso pomeriggio di lavoro, gridarono di contentezza nel poter sfoggiare la bella cartografa rinata grazie alle loro abilità mediche, accompagnandola per mano tra tutti i suoi compagni.
Nami indossava un leggero e ricamato vestito a mezze maniche blu, che lasciva scoperte, grazie alla sua mini gonna cobalto, le sue lunghe gambe affusolate e snelle. Il florido seno, sottolineato dall’abbondante scollatura, e i fianchi, cinti dal leggiadro tessuto che sembrava essere stato cucito apposta per esaltare la bellezza della donna, brillavano sotto le stelle del cielo, che sembravano però spegnersi di fronte all’angelico sorriso di vita di Nami.
Le sue labbra, arricciate in un meraviglioso sorriso, salutavano tutti i presenti, abbracciando e stringendo i suoi Nakama, facendo conoscenza con i compagni di Law, e baciando con foga Zoro, che l’aveva trepidamente aspettata per tutto il pomeriggio.
-FESTA!!!! FESTA, FESTA, FESTA!!!!!!!!!!!!- urlò Rufy, cozzando il suo bicchiere contro quello di Usop, bagnando mezzo tavolo di birra.
Brook iniziò a suonare indemoniato, piroettando tra la folla di pirati e ridendo felice. Chopper confabulava entusiasta con Robin dell’operazione, che sorrideva cordiale all’eccitazione del medico nel poter studiare un veleno tanto potente. Franky e Sanji piangevano di gioia, mentre Zoro e Rufy ridevano quasi ubriachi, seduti a terra e circondati da piatti unti e bicchieri lerci di alcol.
Law se ne stava in un angolo scuro del ponte erboso, bevendo pacificamente una pinta. Osservava studioso e interessato, quei pirati scavezza collo mezzi ubriachi di felicità e birra, che danzavano e gridavano tra le risate, mangiando e bevendo come se avessero patito la fame fino a pochi attimi prima, cantando e ululando al cielo e alle scintille di fuoco che brillavano nell’aria.
Oddio, erano così diversi, ognuno creato a modo suo, ma combaciavano totalmente con ogni loro compagno, formando quella famiglia strana e scombussolata, ma che mai nessuno avrebbe potuto frantumare.
-Ehi… posso parlarti, un attimo?-
Il moro spostò lo sguardo alla sua destra, nel sentire la dolce voce di Nami, sorridente al suo fianco. Law posò a terra, senza tante cure, il suo boccale di birra, voltandosi per poter parlare con la rossa.
Nami abbracciò di slancio lo Shichibukai, stringendolo con forza al petto e infossando il viso sul suo collo, che s’incendiò al contato con la sua pelle.
-Grazie, grazie, grazie… grazie di tutto Law… grazie di avermi persuasa a non amputarmi il braccio… grazie per non aver assecondato Zoro per scambiarsi con me… grazie per avermi curata… grazie per avermi fatto rinascere… oddio, grazie, grazie, grazie, grazie… mille volte grazie e ancor di più… sei il miglior chirurgo la mondo, davvero…-
Il pirata arrossì lievemente, ricambiando l’abbraccio della navigatrice, approfittando del contatto per assaporare il suo dolce profumo rinato tra i suoi crini, posando castamente le mani sulle spalle bianche di lei e sfiorandone appena la morbidezza.
-Ho fatto solo il mio dovere…- sussurrò scrollando le spalle.
-Mi hai salvato…- alzò il viso dal suo collo Nami, sorridendogli e accarezzandogli il profilo del viso -… sarò per sempre in debito con te…-
Lo baciò lievemente sulla guancia, vicino alle labbra, sfiorandole con il suo respiro, mentre il chirurgo spalancava gli occhi e fremeva emozionato.
-… quindi mi sa che ti sei salvato proprio del tutto dalla mia vendetta per Punk Hazard…- monella e suadente, Nami si allontanò da lui, ridendo e scappando nell’ammasso di pirati che festeggiava sul ponte, scomparendo tra le danze.
-Peccato…- ghignò Law, riprendendo a bere -… mi sarebbe piaciuto subire la tua dolce ira…-
La sua voce si disperse tra i balli, sconfitta dalla musica e dalle risate.
Tutti ballavano, ridevano, mangiavano, bevevano e cantavano, ormai stonati dall’alcol, sgambettando come ballerine di Can Can attorno al focolare, inebriati da un’innata voglia di vivere e dal forte e infinito desiderio di festeggiare il miracolo della vita. Erano così presi dal far feste, che nessuno, ad esclusione di Robin e dell’ormai ubriaco Sanji, che nonostante l’alcol diluito dal sangue nelle sue vene manteneva gli occhi ben aperti sulle sue Dee, si erano resti conto della fuga nel sotto coperta di Zoro e di Nami.
I due, approfittando della cagnara che il loro capitano, in combutta con Franky e Usop, producevano danzando e cantando sgraziati, erano sgattaiolati fin nella cabina della navigatrice, silenziosi e veloci come ombre.
Nami ansimò un’ultima volta, abbandonando il capo rosso fuoco sul suo cuscino, mentre lo spadaccino ancora le baciava il collo, succhiandolo qua e là, accarezzando il piatto ventre della cartografa e sfiorandole i fianchi scoscesi e seducenti.
Si puntò sui palmi delle mani, reggendosi sopra al corpo nudo e sudato della ragazza, respirando a fatica ma mantenendo il suo ghigno diabolico e sensuale sulle labbra. Nami sorrise socchiudendo gli occhi, stanca ma mai sazia del suo spadaccino, mentre gli accarezzava il collo e le spalle, scendendo a stuzzicargli monella il petto con le punta delle dita. Il verde si sdraiò al suo fianco, afferrando veloce la mano che lo sforava e baciandola con passione, mentre avvicinava al suo corpo quello della rossa, abbracciandolo per la vita. La fece stendere sul fianco destro, in modo da poterla fissare dritta negli occhi e che la spalla con il tatuaggio restasse libera dall’ingombro di coperte e cuscini.
-Ti amo…- soffiò sulle labbra sottili del samurai Nami, baciandolo e accerchiandogli il viso accarezzandolo.
Zoro ghignò, stringendola maggiormente per la vita, avviciandola e costirgendola a posare il capo sulla sua scapola sinistra, accoccolandosi sul suo petto caldo e accogliente. Posò veloce le labbra sulla bianca e liscia pelle della gola di lei, baciandola  scendendo verso la spalla, dove mordicchiò appena la cute, succhiandola e bagnandola con i suoi baci.
Lasciò scendere le mani dai fianchi della ragazza, fin sulle sue gambe, incrociate alle sue muscolose e grandi, che la scaldavano protettrici. Zoro baciò dolcemente e con lentezza il tatuaggio blu della rossa, ripassando con accuratezza l’ombra grigia e quasi invisibile del precedente disegno. Avrebbe voluto poterlo cancellare del tutto, farlo scomparire dal mondo interno, liberandola finalmente dal suo passato.
-Non importa…- sussurrò la navigatrice, accarezzandogli il capo piegato a baciarle la spalla -… non importa che vi sia rimasta una piccola traccia… il passato non si può cancellare… lo sai meglio di me…- gli sfiorò appena il petto, segnato dalla lunga cicatrice lo sfregiava da fianco a spalla -… ma sappi, che il passato, il tuo e il mio, se anche mai se ne andranno, li sopporteremo meglio insieme… uniti e non più soli…-
Lo spadaccino tornò a fissarla negli occhi, trovandoli lucidi di amore per lui e di speranza nel futuro. La baciò sulle labbra, reggendola il capo di capelli ribelli e di fuoco, annuendo convinto.
-Ti amo…- ghignò, riportandola sotto di se e riprendendo ad amarla come aveva fatto fino a pochi attimi prima. La navigatrice gemette di piacere,nel risentire le calde mani di lui circondarle i seni, mentre un altro calore le nasceva nel ventre, sentendo che il ragazzo si avvicinava sempre più a lei con il suo corpo.
Per quella notte, e per tutte quelle seguenti, nessun più incubo o grido di dolore animò le menti e i cuori della coppia.
Più nessun macabro simbolo del loro passato intaccò la felicità del loro presente, più nessun dolore impedì ad una carezza di sfiorare il viso dell’altro, più nessun male minacciò di separarli.
Più nessun tatuaggio velenoso disegnò le loro vite, perché più nessun nemico sarebbe stato in grado di distruggere il loro amore…
 
 

ANGOLO DELL’AUTORE:
Ringrazio con estrema gioia e devozione, tutti coloro che hanno letto questo mio delirio, in particolar modo Jemanuele8891, a cui è dedicato in ogni sua sillaba e parola, sperando che le sia, almeno un pochino, piaciuta.
Un grazie speciale a: BlAcK_pAnTeR_94, dubhe93, farshid, Funeral of Hearts, Gattino Bianco, Gold22, Ifera Black, JCMA, Kodomo  mik_hewer missnina91 Phoenix_passion, rafxsulfusxsempre, Reb and Jude, Sarugaki145, shaula, Sonietta93, SvEtY, sweet_shaylee, TheLulu96, themina,  TheTsunami, TwinElis, unlucky, Zonami84 che l’hanno inserita nelle seguite.
A:FedeKiryu, giu94lovezoro, jess_chan, Mitica Rosa_pessima94, NamixZoro, PatoPato , Phoenix_passion, pokemaster90, TheTsunami, xZoro98x che l’hanno aggiunta alle preferite.
A: Lyls, shaula, SvEtY che l’hanno messa nelle loro ricordate, e a tutti quelli che semplicemente l’hanno letta commentandola o no.
Vi prego di commentare quest’ultimo capitolo, con cui si conclude la FF (non in modo decente, ma è il meglio che sono stata in grado di scrivere), esprimendo la vostra opinione su tutto il racconto e riferendomi, senza peli sulla lingua, ciò che ne pensate veramente. Ringrazio ancora tutti, e spero di ritrovarvi nella mia prossima long-fic. Ancora grazie, grazie, grazie, grazie… GRAZIE!!!!

 

Zomi
 

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