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Recensione alla storia Feast of five Senses - 04/12/17, ore 18:49
Capitolo 1: Capitolo Unico
Ciao!
Eccoti la mia recensione per Quattro Storie e... (un arbitro).

Location (titolo e intro) : 6/10
Il titolo è accattivante, anche se personalmente non amo i titoli in inglese; si fa riferimento ai cinque sensi, ma io ne ho scovati solo tre su cinque. 
In più, non riesco a vedere un collegamento tra un banchetto di tutti e cinque i sensi e la necessità del protagonista di dimostrare a se stesso la propria esistenza, di trovare qualcosa che resti, anche dopo la propria morte. Feast è sia banchetto, pranzo, che gioia, piacere, festa. To feast è banchettare, pranzare lautamente. Ho come l’impressione di essermi persa qualcosa per strada.
 
Menù (trama e personaggi): 7/10
Il personaggio è uno solo. Il Daisuke, che compare nell’intro, appare solo alla fine, un silenzioso contraltare che ascolta, spalla a spalla, la confessione a cuore aperto del protagonista. Che cresce, in maniera dolorosa, autolesionandosi fino a non poterne più, fino a passare il punto di non ritorno e scegliere, comunque, di vivere.
 
Servizio (grafica e impaginazione): 6/10
Forse si potrebbe fare qualcosina in più. Il giustificato è funzionale al flusso di coscienza ed è azzeccatissimo per portarci dentro alla spirale in cui è caduto Tooru; tuttavia, il lettore si ritrova davanti a dei blocchi massicci, densi di parole e concetti. Io aumenterei l’interlinea, così da dare un po’ di respiro al testo. L’unico appunto: nella frase “neppure mi ero e sarei messo” va ripetuta la particella pronominale “mi”. E le virgolette alla caporale sono queste « (ALT+174) e » (ALT+175).
 
Conto (gradimento personale e attinenza alle note): 5/10
Ho apprezzato l’idea di base e lo svolgimento. 
Non mi sono piaciute, tuttavia, le svisate stilistiche che hanno reso ondivago il registro lessicale.
È un flusso di coscienza, un racconto a cuore aperto, in cui un registro colloquiale va benissimo, anzi: arrotonda ancora di più la storia, rendendola reale.
Invece, termini come taliattuamentopiastrellamento, sono termini correttissimi, per carità; tuttavia, queste parole appartengono ad un registro più alto, che fa a pugni con le scelte stilistiche riportate in buona parte del testo, primo fra tutti quel cascare, in vece di un più corretto cadere, o mettersi al posto di indossare, che rendono perfettamente l’idea, per carità, ma che stridono come le unghie sulla lavagna.