Recensioni di _Fren

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Recensione alla storia NE RESTERÀ SOLTANTO UNO - 16/03/20, ore 14:48
Capitolo 4: Il ritorno
Non voglio sfidare la sorte e rischiare di incappare in altri impedimenti, quindi cercherò di sfruttare ogni occasione utile per proseguire la lettura e lasciarti i relativi commenti... credimi, ho una vergogna assurda a (ri)cominciare questa tua opera adesso, nel 2020 (ci voleva una pandemia per farmi muovere). Te però non sta a controllare troppo le date! >//< XD

Il pezzo iniziale, con il viaggio in barca e le battute scurrili tra i marinai l’ho trovato magistrale. Non so quanti fanwriter avrebbero osato ambientare una scena su una bagnarola di pescatori, un po’ ti vuoi male eh! E di certo non ti si può accusare di scegliere la strada più facile ma oh, sei stata eccelsa: tutto credibilissimo, personaggi vividi e una sboccataggine assolutamente riuscita, perfino divertente. Sarò ripetitiva ma, davvero, sei bravissima, complimenti.

Perfetta anche la coerenza nella caratterizzazione di Ranma: non stupisce l’inesorabile impassibilità con cui ricorda (vagamente) i tizi che ha ucciso perché avevano tentato di derubarlo. È quasi canzonatorio quando ipotizza la stessa fine del marinaio qualora osasse fare altrettanto. Ammetto che il mio cuore di fangirl ha palpitato per quel suo accenno ad Akane: non l’ha dimenticata! Penso sia importantissimo, questo, essendo Ranma un immortale che ha perso il conto delle vite che ha incontrato. E che non si fa più scrupoli nel valutare sommariamente il valore di una vita ed eventualmente porvi fine con le sue stesse mani. Che si ricordi di quel brevissimo incontro di una sera di una decina d’anni fa, con una ragazzetta riottosa, a me fa proprio sdilinquire *_*

Altra caratterizzazione azzeccata: Ryoga.
Ho sorriso immaginandomelo alitare sul collo dei samurai che inseguiva, terrorizzato all’idea di perdersi nel castello del suo futuro suocero e anche quando, nel suo sogno ad occhi aperti, la sposa dalla chioma fluente era, in realtà, Soun. Sono invece scoppiata proprio a ridere quando si dice: “Che importanza aveva? Erano soli, dopotutto, in quel magnifico boschetto di pruni in fiore”. Sono proprio i sogni ad occhi aperti che ci si aspetta da lui! Così come l’immaturità della sua infatuazione per Akane. Un Ryoga perfetto.
E, ammetto, mi ha piacevolmente stupita che non sia uno degli immortali. O, almeno, do per scontato non lo sia, avendo un padre e una famiglia dagli antenati certi e conosciuti... in totale contrasto con Ranma, così solo. E con Happosai, anche lui dalle origini non definite. Di quest’ultimo non è ancora chiaro il ruolo, ma il suo rapporto con Ranma, questo talismano che gli ha prestato e, soprattutto, quella frase sibillina di Ranma nel capitolo scorso sul fatto che Happosai non ama perdere tempo, nemmeno con tutta l’eternità a disposizione... sono tutti frammenti che mi hanno portata a trarre la mia conclusione, ecco.
Non vedo l’ora di sapere quali altri personaggi hai deciso di usare, e COME!

Altra splendida scelta, questa volta oserei dire “di regia”, più che di sceneggiatura, è stata la scena del combattimento tra Akane e Ryoga. Le vicende viste dai diversi personaggi e quindi con interpretazioni contrastanti, per non parlare della scelta di inframezzare ricordi e narrazione. Non sei solo brava a scrivere, ma hai anche una dote mirabile nello scegliere questi stili non lineari e scontati. Da lettrice, te ne sono grata.
Come altri commentatori prima di me, anch’io sono convinta che il matrimonio con Ryoga non sarebbe stata la devastante clausura paventata da Akane. Ryoga nutre nei suoi confronti un’infatuazione talmente immatura ed idealizzata da rasentare una sorta di soggezione. Akane avrebbe potuto rigirarlo come un calzino ma... non può saperlo, né tantomeno può immaginarselo, visto che non era quello che ci si aspettava dalle donne dell’epoca. E poi, soprattutto, Akane non è capace di soffermarsi a riflettere ma è solita caricare a testa bassa: non può far altro che osteggiare con tutta sé stessa un fidanzamento imposto.
Bello però che nell’accanimento con cui Akane attacca Ryoga, subentri anche un’altra forte componente: l’invidia. La sua acredine nei confronti di Ryoga sembra essere dettata in larga parte dall’invidia per la libertà con cui lui può condurre la sua vita. Una libertà a lei preclusa. È un’ostilità multisfaccettata e comprensibile, mi piace.
Grazie per questa Akane così complessa, è un personaggio a cui sono molto affezionata e spesso viene “mosso” dagli autori in un modo che mi fa soffrire.
Grazie davvero, questa tua storia si sta rivelando un vero e proprio regalo a noi fan.
Recensione alla storia NE RESTERÀ SOLTANTO UNO - 13/03/20, ore 17:33
Capitolo 3: Sussurri dalle ombre
Rieccomi >//<
Ci riprovo, sperando che non si riveli anche questa una falsa partenza.
Ho ricominciato la lettura e, una cosa che non ti avevo detto nel mio precedente commento, è quanto mi facciano impazzire le tue similitudini! Riesci a mantenere l’atmosfera sempre, SEMPRE!, pure nelle figure retoriche! Ogni volta che le leggo mi viene quasi da squittire per la gioia. “Le dita tese come corde di koto”, “i pensieri duri e acuminati come punte di frecce”, sentirsi sprofondare non all’inferno ma nel Jigoku... e Ranma, che era considerato un bell’uomo anche in virtù del fatto che avesse tutti i denti in bocca... sono quei dettagli che, quando sono così perfettamente incastonati nel racconto, decuplicano la gioia della lettura. Applausi scroscianti, sei di una bravura incredibile.
Continua poi ad essere eccezionale la cura e la precisione con cui ricostruisci le consuetudini della società feudale giapponese. In questo capitolo in particolare mi ha colpita come tu sia riuscita a incorporare nella narrazione le 50 sfumature di inchino (Akane che può limitarsi a chinare il capo mentre le serve devono prostrarsi fino a terra) e il “rituale” con cui le dame di compagnia escono da una stanza. Per non parlare di come tu abbia palesato la vita di rassegnazione e rinuncia delle donne dell’epoca senza ricorrere a uno “spiegone” ma dipanandola attraverso i dialoghi dei personaggi: il loro sentirsi come misere pedine (del Go, altra similitudine **) alla mercé non soltanto degli avversari ma anche (e soprattutto?) degli alleati.

Non so poi se fosse una cosa voluta o se è solo un parto della mia mente bacata, ma tutto il capitolo mi sembra snodarsi attorno al simbolo dello specchio.
All’inizio abbiamo Akane e la sua dama di compagnia davanti allo specchio, entrambi i loro volti riflessi. Dolce la loro iniziale complicità – Yuki che srotolando pergamene immaginarie più variopinte di quelle che adornavano le pareti del palazzo (wow) consente ad Akane di vivere una vita di riflesso.
Amaro scoprire che si tratta di una complicità solo di superficie, e che l’ombra dietro all’immagine riflessa è quella di Nabiki, colei che ha orchestrato il rapporto tra Yuki e Akane.
Sempre riconducibile allo specchio mi sembra la caratterizzazione di Akane, il suo essere trasparente: un viso che riflette le emozioni, la sua incapacità di essere imperturbabile, al contrario delle sue sorelle, e al contrario di ciò che ci si aspetta da una donna del suo tempo e del suo rango.
Ecco, la caratterizzazione continua ad essere meravigliosa: cambia il contesto e l’atmosfera, ma rispetti i personaggi originali, per me sono riconoscibilissimi <3
L’astuta Nabiki, qui avida di informazioni e notizie, più che di soldi. Manipolatrice, dai fini imperscrutabili. Getta benzina sul fuoco della (malcelata) disperazione di Akane per l’imminente matrimonio - la scelta chirurgica degli aggettivi con cui descrive il castello in cui dovrà vivere. Mi piace pensare che il suo possa essere uno dei suoi modi distorti e contorti di proteggere la sorella da un matrimonio imposto, ma è ancora troppo presto per capire dove vuole (anzi, dove vuoi tu, Tiger XD) andare a parare.
Ah oltre alla caratterizzazione dei personaggi adoro di un’adorazione suprema i rimandi al manga! Ryoga che si perde nel suo stesso castello, l’accenno a Tofu (non faccio per niente fatica a immaginarmelo un monaco del tempo, anzi!) e l’allusione al disgusto di Akane per gli uomini. E poi quella scena, Ranma che salta alle spalle di Akane, sfiorandole il capo con due dita, e Akane immobile con il pugno a colpire l’aria, uguale al loro primo allenamento nel manga.

Mi sono già dilungata tantissimo ma non posso proprio non indugiare un po’ (non so quanto, scrivo mentre penso, porta pazienza ;-;) sull’incontro tra I DUE.
Innanzitutto: bella la scelta di amalgamare i dialoghi alla narrazione del ricordo, tipo flusso di coscienza *^* è proprio così che noi ricreiamo il passato nelle nostre menti, senza linea di demarcazione tra parlato e vissuto. Mi è piaciuto un sacco!
E anche qui: caratterizzazione fantastica.
Akane cocciuta, impulsiva (non esita a inseguire uno sconosciuto fuori dalle mura), combattiva (lo sfida, tenta di tenergli testa). Ranma rude, sgarbato, beffardo. Quanto sono riconoscibili in questo primo battibecco, quanto?!? <3 Akane che si incaponisce e si lega al dito le offese paventando una futura vendetta, Ranma che la insulta accusandola di non essere carina e di non avere seno. Déjà vu potente <3
La domanda di Nabiki, quando chiede ad Akane cos’è che l’ha spinta a mostrare il suo vero temperamento, trova risposta: Ranma. Proprio come nel manga, è lui a scuoterla dal torpore. “Era la prima volta che lasciava la sua dimora da sola e di notte. E non avrebbe più smesso”. Con lui riesce ad essere sé stessa, spogliandosi delle convenzioni che le vengono imposte dal suo sesso e dalla sua classe sociale. Proprio come nel manga in cui, con l’arrivo di Ranma, Akane interrompe quel suo tentativo di Kasumizzazione. Non è necessario che si nasconda dietro a un ruolo, nessuna interpretazione ma soltanto l’onesta manifestazione di sé stessa.
Quella sé stessa a cui sta stretto il ruolo di figlia del signore della guerra.
E riecco lo specchio: Akane detesta specchiarsi, non riesce a sostenere il proprio stesso sguardo perché la sua immagine riflessa è quella di una donna sconfitta e rassegnata a portare avanti un ruolo che non ha scelto ma che le è stato imposto.
Non vedo l’ora che Akane sfoderi la sua forza bruta per infrangerlo, quel riflesso. La amo. E ho amato questo capitolo.
E amo la tua scrittura. Non solo per il rispetto dell’ambientazione e del manga originario, ma anche perché è proprio bella. Alcuni passaggi sono degni di sottolineatura e copiatura, come avviene quando si desidera custodire alcune citazioni dei romanzi. “Le notti erano popolate di incubi che faticava a dimenticare e di sogni che avrebbe voluto vivere”. E quello scambio di battute sul colore degli occhi di Ranma: che lui definisce come pozzanghere di fango, e Akane ribatte che “le pozzanghere catturano il cielo e lo portano sulla terra”.
Complimentissimi Tiger, davvero.
E mò mi fermo, sennò non la smetto più.
Al prossimo capitolo *^*
Recensione alla storia NE RESTERÀ SOLTANTO UNO - 24/10/13, ore 17:02
Capitolo 2: Solitudine
Sei bravissima. È questa la prima cosa che continuava a venirmi in mente mentre leggevo: sei veramente, ma veramente brava.
Ti scrivo con estrema titubanza perché ammetto di sentirmi alquanto intimidita >//< dal fandom italiano in generale, dalla fama di questa storia, dalla tua fama come autrice ma, soprattutto, dalla mia incapacità di riuscire a fare mente locale e scrivere come si deve quello che avrei voglia di esprimere. Tant’è che mi ero convinta di leggerti facendo finta di niente e disperdermi nel mare magnum di lettori non commentanti ma nisba, è più forte di me. Mentre ti leggevo mi veniva in mente un marasma di cose e quindi beccati uno dei miei sconclusionatissimi commentacci >//<
 
Meravigliosa la caratterizzazione: nonostante il contesto e la situazione siano estremamente distanti dalle atmosfere del manga, ho trovato sia Ranma che Shampoo assolutamente riconoscibili. Sono LORO, calati in un’ambientazione diversa, ma a me sembravano proprio loro.
Shampoo ostinata, caparbia e vitale, sì, nonostante l’età e nonostante sia in fin di vita. Che differenza rispetto a Ranma, lui così spietatamente lontano dalla morte e, forse proprio per questo, incapace di sentirsi vivo, privo di voglia di vivere...
Shampoo invece continua ad aggrapparsi alla vita, ad aggrapparsi a Ranma; sia fisicamente, afferrando e stringendogli il braccio, che con le parole, cercando di strappargli fino all’ultimo una promessa, una frase che la faccia sentire ricambiata, amata, che le riconosca per sempre il suo ruolo di moglie, almeno nella memoria del ragazzo, visto che non potrà più stargli accanto per rivendicarlo di persona.
Tutti quei “Certo” con cui Ranma risponde meccanicamente... riesci proprio a trasmettere vividamente la sensazione di un copione trito e ritrito, l’estenuante ripetersi di battute pronunciate troppe volte per un ruolo che chissà quante altre volte dovrà interpretare...
Percepisco distrazione anche nei suoi gesti: quelle carezze, l’apparente dolcezza con cui tiene la moglie morente tra le braccia... sembra tutto drasticamente privo di trasporto. Ma, in fondo, come potrebbe essere altrimenti? Ranma non è più in grado di lasciarsi influenzare dagli eventi e dai sentimenti perché deve averne provati troppi, o meglio, per troppo tempo. Come si può avere un ascendente sui sentimenti di un uomo la cui esistenza non ha fine? È come se la mancanza della morte renda Ranma incapace di vivere... ucciso dalla troppa vita...
È stata una scena veramente forte l’impassibilità con cui Ranma assiste all’ultimo respiro di Shampoo: sembra uno spettatore che osserva dall’esterno, nonostante quella che gli stia morendo tra le braccia è sua moglie, la donna con cui ha convissuto per gli ultimi... quanti? Dieci anni? Hai reso proprio palese il fatto che Ranma non può che essere uno spettatore: a lui è precluso il ruolo di protagonista, nella morte. E la morte altrui è uno spettacolo la cui emotività si è logorata nel corso del tempo, troppo assuefatto per riuscire ad esserne realmente coinvolto... non credo sia indifferente, penso sia soprattutto sfinito, talmente stanco da sconfinare ormai nell’apatia... e forse c’è anche una componente d’invidia... ci sono troppi altri pensieri, ricordi, riflessioni che gli girano per la testa, Shampoo ora potrà riposare in pace, lui è condannato ad andare avanti all’infinito: come potrebbe esserci spazio per altri sentimenti, per una reazione diversa dalla rassegnazione?
Anche quando accenna alle altre, al fatto che tutte se ne sono andate... il rimpianto che prova, sembra dipendere dal fatto di non riuscire a raggiungere anche lui la fine della sua vita e non per la nostalgia del tempo trascorso con le sue mogli... almeno, questo mi suggerisce la frase: “Certe suggestioni erano precluse a quelli come lui”. Suggestioni, l’amore non lo considera nemmeno un sentimento ma una suggestione. Nel corso della sua infinita vita, si è sorbito un overdose di emozioni, sì, ma emozioni altrui. A uno come lui non è concesso il lusso di poter dimenticare ma nemmeno quello di poter morire.
E, come se non bastasse, “non si decideva a piovere”. Almeno la pioggia avrebbe potuto distrarlo, fornendogli un rumore, un odore, una percezione fisica, qualcosa su cui focalizzarsi per lasciar scivolare via quell’ennesima morte. E invece no, nemmeno quella piccola consolazione.
L’unica cosa che gli restava da fare era dare la caccia ai suoi simili. Perché mettere in gioco la sua vita era l’unico momento in cui riusciva a tollerarla abbastanza da trovarla accettabile.
U A U.
Che meraviglia.
E sono appena all’inizio.
E non mi sono soffermata sulla bravura con cui riesci a caratterizzare anche i personaggi di sfondo (il becchino, la prostituta, i semplici passanti!), la cura con cui hai tratteggiato il contesto storico-geografico che dimostra impegno e documentazione - qualità rarissima.
Sono senza parole... anche se non si direbbe, data la lunghezza del mio commento!
Complimenti, Tiger. Sei bravissima.
(Dubito che riuscirò a trattenermi e temo ti rifilerò altri papironi mano a mano che proseguo nella lettura - ti avviso ><)
Recensione alla storia Sleeping Awake - 21/10/13, ore 18:18
Capitolo 7: 7. Everywhere
Io ammetto che tendo ad essere sempre piuttosto apatica, nelle mie reazioni. Anche se qualcosa mi suscita un’emozione forte, tendo ad essere sempre piuttosto indifferente, soprattutto se questa emozione forte mi viene suscitata da qualcosa che leggo. Non so spiegarlo, adoro leggere e penso sia la cosa, insieme alla musica, a cui mai potrei rinunciare nella vita. Però si contano, letteralmente, sulle dita di una mano i brani che sono riusciti a scuotermi “fisicamente”.
Tutto questo preambolo per dirti che questo capitolo mi ha fatto venire il magone. Davvero.
E un po’ ti detesto per questo perché io resto la Ranmakanista che ambisce al lieto fine per loro - uccidetemi tutto ma non quei due.
E invece, per colpa tua, mi sto appassionando a una storia in cui dubito fortemente ci possa essere un finale felice. E non solo mi ci sto appassionando, ma mi sto facendo coinvolgere tanto da avere reazioni che pochi autori (di libri editi eh, mica pizza e fichi) sono riusciti a farmi avere. Ecco perché mi sono dilungata tanto su questa cosa: dirti “sei quasi riuscita a farmi commuovere” non avrebbe reso la potenza dell’emozione che mi hai suscitato con questo capitolo.
E non sto esagerando.
Ma forse già hai iniziato a capire quanto so essere Madame Frigidaire quindi può essere che sia l’ennesimo esempio di un mio sproloquio inutile... bubi ><
 
C’è talmente tanto, in questo capitolo, su cui varrebbe la pena soffermarsi, frasi e concetti su cui si potrebbe scrivere un tema!
Mi vengono in mente talmente tanti commenti, su tutto!, che non so da dove partire. Sono seriamente in difficoltà.
Mi ero detta che avrei potuto prendermi tempo (cosa che non faccio mai :P) per cercare di elaborare una recensione, sì, per una volta, recensire e non commentare. Però mi conosco e quindi ho preferito lasciarti un banale commento a caldo, per trasmetterti tutto l’entusiasmo che sto provando per questa tua perfidissima Sleeping Awake.
Perché è perfida.
Mi sta facendo malissimo.
Lo sfogo di Ranma, quando si rivolge al dottor Tofu chiedendogli con che coraggio sta lì a raccomandargli di non perdere il contatto con la realtà quando lui, ormai, non riesce nemmeno più a capire cosa sia realtà e cosa sia illusione. E poi continua, dicendo che ha come l’impressione che l’inferno si stia sovrapponendo alla realtà. O almeno a quella che crede tale.
E, aggiungo io, a quella che sembra essere la sua realtà ideale: un rapporto ormai stabile e consolidato con Akane, la fine delle incomprensioni con le altre fidanzate e anche con gli altri amici-nemici Ryoga e Mousse...
E quel concetto di inferno inteso non come punizione ma semplicemente come uno dei possibili modi in cui reagire alla morte, uno dei possibili modi in cui vivere la non-vita...
Angeli e demoni come riflessi della nostra anima.
E ripenso a quante volte le allucinazioni di Ranma erano sembrate dei riflessi da incubo della realtà. E ripenso a quante volte, specchiandosi, Ranma aveva visto riflesso l’altro sé, quello che sembrava essere diabolico.
Ma forse è Ranma che si sta negando la pace eterna, e gli incubi stanno cercando di svegliarlo dal sogno con cui lui sta cercando di ingannarsi. Non saprei spiegarmi altrimenti la frase che pronuncia dark!Ranma: “Il tempo scorre in fretta e a te non ne rimane poi molto”. Sembra un vero e proprio avvertimento, no?
Forse Ranma non riesce ad accettare la morte (la sua? di Akane? di entrambi?) e si sta aggrappando ai suoi desideri e, così facendo, rischia di... dannarsi l’anima?
Ho trovato estremamente commovente quando Ranma non riusciva a capire perché, eppure sentiva che il discorso del dottor Tofu era giusto, aveva senso.
Sembra quasi che stia iniziando a realizzare cosa dover fare... e questa mia convinzione si fa sempre più certa quando arriva l’ennesima citazione musicale sibillina: è dura pensare che tu possa non essere reale. Quando mi sveglio non ci sei, ma quando dormo sei dappertutto...
Ranma ha fallito, è stato troppo lento, non è riuscito a salvare la situazione.
La kurutami non è una persona ma è un’emozione: il senso di colpa, il disinganno? La rabbia? Il dolore? E se dark!Ranma dice che gli appartiene, che la vuole tutta... forse è per il bene di Ranma? Perché la smetta, perché continuando a illudersi così non fa che rischiare di perdersi per sempre?
E, soprattutto, di dimenticare. E questo, sì, sarebbe imperdonabile.
 
È meraviglioso, Mana. Grazie.
Mi sta facendo male in tantissimi modi ma è un capitolo splendido. Mi è piaciuto tantissimo.
E scusa se, anche questa volta, non sono riuscita a recensirti ma mi sono limitata a tazzarti l’anima con uno dei miei soliti sproloqui...
Recensione alla storia Sleeping Awake - 21/10/13, ore 17:58
Capitolo 6: 6. Until it sleeps
Un capitolo interlocutorio, dove non ci vengono date risposte (#ANSIA). Ma dove il lavoro di caratterizzazione raggiunge degli apici di rara fighezza.
Ranma che, mentre è impegnato a parlare con Shan-pu, intreccia le sue dita a quelle di Akane per calmarla, facendole capire che non deve dar peso agli attacchi della cinesina *A*... una stretta di mano che continua, prosegue per tutto il capitolo, un tacito contatto che racconta più di mille parole. Che bello, Mana! Hai un modo di caratterizzare i sentimenti, non solo i personaggi ma proprio le sensazioni che li muovono, in un modo veramente toccante. Profondo, sentito. Vero.
Stringere la mano di una persona che si ama e sentire che quella persona ricambia la stretta ha davvero un potere consolatorio impareggiabile. Ed è bello il potere che hanno l’uno per l’altra: Akane calma Ranma, Ranma calma Akane, ed entrambi sono rincuorati dal gesto *A*
Non solo, sempre con un semplice gesto, Akane riesce anche a impedire che Ranma aggredisca Obaba.
Io adoro quando incappo in storie in cui il racconto avviene per immagini (sì, sono una devota fan del “Show, don’t tell”). È un talento raro e tu ce l’hai: è con questi gesti che riesci a rendere il grado di intimità e di vicinanza raggiunto dai due. E questa cosa è di una dolcezza disarmante e, attenzione, è dolce ma non smielata. E penso sia per questo che mi piace così tanto (così come mi son sempre piaciuti tantissimo i vari momenti fluff in tutte le tue storie ecco - ogni tanto fa bene ribadire l’ovvio)
 
Quella frase in cui Ranma si chiede se sarebbe mai riuscito a far sapere ad Akane quanto fosse insostituibile il sostegno che gli stava dando... quando ammette che sarebbe stato perso senza di lei... io sono sempre più convinta che questa frase contenga la chiave di lettura di tutta la storia...
 
Molto bello anche il lavoro fatto su Ryoga: in questa vicenda ha un ruolo marginale ma, nonostante questo suo ruolo secondario, riesci ugualmente a caratterizzarlo meravigliosamente nelle scene in cui lo fai comparire. Il fatto poi che dimostri di conoscere Ranma molto bene, è un tipo di introspezione che condivido in toto: anche in questo caso dimostra di conoscerlo ben più di Ukyo, colei che si auto-proclama la migliore amica in virtù di una conoscenza avvenuta brevemente e più di dieci anni prima. Ryoga invece non solo conosce il Ranma attuale ma lo capisce anche: lui stesso odia dimostrarsi debole e sa che non c’è niente di meglio che la pratica delle arti marziali per sfogarsi.
L’ennesima dimostrazione della tua capacità di mostrare il racconto senza limitarti a spiegarlo.
Quelle frasi invece... le cosiddette visioni uditive... penso che sia la stessa cosa che era avvenuta con Obaba durante le nozze: frasi fuori contesto, pronunciate da un'altra versione dei personaggi...? O pronunciate dai veri Ryoga e Obaba, mentre Ranma è addormentato, perché questo è solo un sogno? *continua ad avere in mente il titolo, “Sleeping Awake”* O si tratta di un’altra realtà, quella dell’incubo, che continua a filtrare a causa della instabilità crescente di Ranma?
La carne al fuoco continua ad essere tanta mentre le risposte continuano ad essere poche. Anzi, direi quasi totalmente assenti.
E in questa penuria di soluzioni, direi che l’unico rimedio possibile è davvero fare le portinaie e impicciarsi degli affari altrui! XD bravo Ranma, anche se non te l’ha prescritto il dottor Tofu, quello è un tipo di terapia a cui sei ricorso più volte nel corso del manga e posso io stessa confermare che funziona! Ed è divertente! XD
E dopo questo finale demenziale, ti faccio un altro inchino e proseguo la lettura.