Recensioni di Park Min Ri

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Recensione alla storia Fratello Mio - 05/03/13, ore 16:54
Capitolo 1: Fratello Mio
Che bell’indagine hai fatto sul legame Rei-Sei!
Hai messo in luce il rapporto di dipendenza tra i due e l’amore che entrambi nutrivano l’uno per l’altro, tanto forte da costituire un’arma a doppio taglio, perché gli eventi nefasti di cui i fratelli sono stati spettatori hanno portato il loro rapporto ad una chiusura, un punto di non ritorno non sano che poi s’è andato a concretizzare nel suicidio di Sei e nell’ossessione di Rei.
Quando Kira è pervenuta alla verità su Sei e sul motivo del suo suicidio, confesso di essere rimasta basita, perché anch’io ero incorsa nello stesso errore di valutazione che di lui aveva fatto Rei, errore da quale è dipesa l’ossessione che egli ha sviluppato riguardo alla concezione della vita, dell’amore e della morte, tutti elementi confusi per lui finché non li ha sperimentati assieme a Kira.
Ho apprezzato molto anche il fatto che in questa shot tu abbia inserito Kira, perché non si può scindere il legame Rei-Sei-Kira; non è possibile approfondire la relazione tra i due fratelli senza chiamare in causa la ragazza, poiché Rei ha scoperto chi fosse davvero suo fratello solo grazie a Kira, che del ragazzo suicida ha compreso a fondo l’anima prima e meglio di chiunque altro, anche per la grande affinità elettiva che la univa a lui.
Sei non era un animo delicato come ha pensato sempre Rei, non si è suicidato perché gli è mancata la protezione di suo fratello, aveva motivazioni ben più profonde e torbide e solo Kira le ha individuate, dando a Rei una pace insperata e una motivazione per desiderare di continuare a vivere, perché vivere ed esistere sono due cose diverse e, solo grazie a Kira, Rei ha smesso di esistere nell’attesa di ricongiungersi a Sei e pagare il debito con lui, e ha cominciato a vivere finalmente per sé e per l’amore di Kira.
Complimenti davvero per essere riuscita ad esprimere tutto questo con un componimento breve, però molto intenso e curato in ogni sua parte.
Sei proprio brava! È un piacere leggere i tuoi lavori. Come sono felice di averti scovata!
Recensione alla storia Forever with You - 23/02/13, ore 16:16
Capitolo 1: Forever with You
Attirata dal richiamo degli Evanescence e attratta dal collegamento tra essi e Mars per cui mi complimento con te, eccomi qui, senza aver avuto particolari aspettative iniziali devo dire, poiché non è semplice scovare storie significative e che trattino con adeguata profondità temi tanto delicati.
In questo racconto c’erano in ballo tematiche scabrose: la fragilità che impedisce al dolore di essere somatizzato, la disperazione che diviene ossessione, l’assillo che degenera in mania e la progressività della maniacalità che muta in peggio, fino a diventare malattia e insofferenza di esistere.
I malati mentali, anche quelli inconsapevoli e persuasi di esser solo afflitti e, perciò, convinti di essere ragionevolmente senza freno, trovano giustificazioni plausibili per addurre ragioni atte a legittimare ogni loro pensiero sopra le righe, tanto che oggettivamente si è portati a dar loro ragione e comprensione.
“They don't know you can't leave me”
“So cosa è meglio per loro…”
“Volevo portarlo con me, volevo portarlo da te…”
Queste frasi riassumono tutto quel che si agitava nell’animo di Shoko e, al tempo stesso, forniscono un’efficace illustrazione del percorso tormentato che l’ha spinta ad agire come ha fatto, nonché un’esauriente spiegazione.
Sei stata molto brava a partire dalla descrizione di una condizione di donna affranta e ad arrivare allo sviluppo e alla maturazione della malattia mentale; sei riuscita a mantenere vivido il problema di fondo: la debolezza di questa donna.
Le malattie mentali sono di fatto espressione della labilità interiore, che rende impossibile gestire problemi, situazioni travagliate e realtà complesse e, in virtù di questa verità, bisogna non etichettare chi è affetto da malattie mentali – qualunque esse siano – e stargli vicino, senza avallare le sue tribolazioni ma nemmeno ingigantendole.
Non è facile avere a che fare con chi ha questo tipo di malattie, ma i manicomi – che per fortuna/sfortuna hanno chiuso – o le strutture di igiene mentale che ospitano tali pazienti, non sono mai la soluzione definitiva giusta. Un periodo di permanenza in una clinica psichiatrica, infatti, a volte può essere l’unica opzione utile, ma non deve mai trasformarsi nella normalità del malato che è costretto a rimanervi continuativamente.
L’affetto viene percepito da chiunque, anche in presenza di malattie mentali gravissime che tolgono completamente la lucidità; il senso di abbandono è avvertito a tutti i livelli.
Takayuki non è riuscito a far arrivare a Shoko il suo affetto e, solo e incompreso anche lui, non ha saputo evitare di abbandonarla.
L’ha abbandonata già quando ella non aveva palesato l’intenzione di far del male ai bambini, ancor prima che diventasse violenta verso qualunque essere vivente che percepisse come una minaccia per i suoi figli, ma l’ha fatto perché incapace di manifestare il suo amore, d’altronde anche lui aveva dei limiti psicologico-comprtamentali dettati da traumi e insoddisfazioni personali, accresciutisi negli anni e diventati soffocanti con la morte del fratello.
Quest’uomo era un infelice, inetto nell’esprimere i propri sentimenti e privo della forza necessaria per sostenere Shoko, purtroppo; da qui il dramma.
Sei stata molto brava a gestire la narrazione dell’intera vicenda; hai indagato l’animo di una donna malata mentalmente e, soprattutto, ne hai delineato i tratti distintivi senza ergerti a giudice impietoso ma nemmeno a difensore a oltranza.
Sono proprio impressionata dall’analisi introspettiva che hai fatto di questo personaggio che, a mio parere, nel manga non viene approfondito con dovizia di particolari e per questo viene spesso messo in luce come del tutto irrazionale oppure come meritevole della compassione generale.
In questo tuo componimento, invece, v’era la compresenza di entrambi i punti di vista prima citati, poiché è emersa la debolezza di una donna che da vittima è diventata carnefice di se stessa, arrivando addirittura a distruggere – mossa dalla sua visione distorta della realtà – quel che di più prezioso possedeva: la sua famiglia.
Nel testo, ad un certo punto, Shoko ha affermato: “Sei tu il padre dei miei bambini e loro devono stare con te, noi dobbiamo essere una famiglia…” e solo in questo periodo si evince in pienezza la disperazione di questa donna, la sua frustrazione e il suo estremo bisogno di proteggere ciò che nella sua mente identificava con il termine famiglia. Complimenti!
Hai dato dignità al personaggio di Shoko e l’hai caratterizzata al meglio, con cura e con una mirabile capacità di comprensione, rivelando molta umanità.
Sono davvero soddisfatta di aver letto questo elaborato notevole e intriso di significato, la commistione poi di narrazione inedita, dialoghi estrapolati dal manga e parti estratte dal testo della canzone ottimamente scelta, è stato un arricchimento sostanzioso e considerevole per il componimento, che lo ha reso l’opera meritoria che è e che ti ringrazio di aver scritto.
Complimenti ancora!