Recensioni di Nirvana_04

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Recensione alla storia Novel of a Dreamless - 02/09/18, ore 17:20
Capitolo 3: Out of the Woods
Ciao!
Giungo finalmente per lo scambio libero!
Vorrei partire dal finale, perché recensendo a caldo, subito dopo aver finito di leggere il capitolo, è il particolare più forte che mi ha colpito.
Devo ancora vedere l'anime - è in lista, dietro a la quarta stagione di Sherlock e la prima seria de "L'attacco dei giganti", che avevo promesso di vedere e che spero di spuntare entro halloween (dai, due mesi dovrebbero bastarmiXD) - quindi quando ho iniziato questa storia avevo pensato che l'aspetto fantastico sarebbe sbucato nel presente di Miki, invece - particolare che mi ha entusiasmato - è lei che attraversa una specie di porta temporale (più avanti scoprirò cosa nello specifico sta succedendo) che la porta decisamente indietro nel tempo. Mi piace l'accoppiata ambientazione giapponese e viaggi nel tempo, ti confesso che ho alte aspettative. Ho visto "Clannad" qualche anno fa e mi ha stravolto (lì si parlava di leggende e mondi paralleli, in una maniera particolare che ti prende allo stomaco, grazie anche alle vicende narrate) e niente, sto divagando, il colpo di scena di questo capitolo mi ha sorpreso molto in positivo, soprattutto mi è piaciuto il modo in cui il cambio di scena venga accompagnato da un'introspezione accurata di Miki, la quale si mostra sconvolta e impaurita da questa situazione.
C'è un altro particolare che mi ha fatto dire "ah-ha" (figurati che per l'emozione ho dato una sbirciata al prologo, per confermare la mia idea): Murasaki! La donna di cui nel prologo si dice non avere alcuna esperienza del mondo e che si trova in una specie di limbo/inferno per donne e bambini. Forse anche la stessa donna che Miki ha sognato e con cui ha trovato affinità e disagi e ha scoperto un lato oscuro del suo carattere. Insomma, questo capitolo tira il primo nodo, diciamo che ci fa vedere il primo filo che lega la trama, e non ha fatto altro che aumentare le mie domande. A causa di Hiroaki, che si è rifiutato di parlare della leggenda, non so cosa è successo veramente a Murasaki. Ho capito, comunque, che anche lei era una gaijin e forse avrà conosciuto la stessa aura di disagio in cui è costretta Miki. Chi era questa donna? E' vissuta realmente o era solo una leggenda? Ha calcato il mondo reale? Cosa le è successo? Si tratta di una storia d'amore o più di demoni? Insomma, avrei voluto sgozzare Hiroaki, che ha deviato la conversazione.
E qui ne approfitto per farti un complimento, ovvero il modo in cui stai gestendo la storia: sicuramente hai una trama ben in mente, ma i fili del narratore sono ben nascosti tanto che alla fine sono i personaggi che fanno la trama. Questa storia ha l'impronta del "character driven", che io preferisco a quando è la trama che la fa da padrona, eppure al contempo si vedono alcuni nodi, come se ci fosse un filo del destino che lavora di sottofondo e che la stessa Miki sente, nel momento in cui scappa via dall'uomo e si intrufola in quel vicolo. Trovo, quindi, che il bilanciamento tra trama e introspezione/decisione del personaggio sia ben fatto, molto curato. La storia si sta dipanando con i giusti tempi, rivelandosi lentamente, non ci sono infodump e tu sei fin troppo brava a stuzzicare l'interesse del lettore.
Ancora una volta ti faccio i miei complimenti per l'ambientazione: un'ambientazione che più che esaltata da descrizioni, viene esaltata per contrasti. Sì, perché non ti perdi a dare informazioni o spiegazioni sulle tradizioni o sugli usi e le mentalità del Giappone, non spieghi il significato di alcuni termini; tu lasci che sia la narrazione a spiegarsi da sé, e lasciati dire che ci riesci benissimo. In questo gioco, il personaggio di Miki è fondamentale: grazie alla sua essenza puramente americana, tu crei atmosfera ponendo l'accento sul grande senso di rispetto che si respira dentro le famiglie giapponesi; attraverso le raccomandazioni della nonna, esalti il modo tipico che una ragazza deve mantenere di fronte alle molestie degli uomini (testa bassa e sopportazione a gogò. Per questo, batto il cinque a Miki, per la questione del rispetto le direi di darsi una calmata, se non altro per l'amore che prova verso la nonna); evidenzi come per i giapponesi l'onore della famiglia sia fondamentale. Ci sono delle gerarchie da rispettare - e le vecchie possono spettegolare e giudicare - e degli standard da mantenere. Insomma, sei riuscita a ricalcare perfettamente il mondo giapponese, a trasportarlo in queste pagine e a evidenziare le differenze proprio grazie all'incapacità di Miki di adattarvisi. Adesso voglio vedere come riuscirai a caratterizzare il contesto più antico del Giappone, che io penso essere più intransigente di quello odierno. E vediamo Miki come sopravviverà! Non vedo l'ora!
Lo confesso: io odio la tua protagonista, mi sta antipatica. E può non sembrare, ma è anche questo un complimento. Sì, perché se incontrassi una come Miki fuori le girerei le spalle e le direi addio (se dovessi leggere di una storia dove la protagonista è irrispettosa, vanitosa e tutta trucchi e musica pop chiudere il libro)... tu hai una protagonista così e non ho ancora chiuso questa storia. Perché? Perché il tuo personaggio non è una Mary Sue, non è una perfettina, vanitosa e antipatica perché tu/autore vuoi renderla bella e perfetta e intoccabile. Sei stata davvero brava a caratterizzarla volutamente come "bella, perfettina e intoccabile" per farla esaltare in questo contesto e soprattutto farla smontare in seguito, secondo me. Insomma, è una caratterizzazione che promette di evolversi, ma che intanto ha un suo perché. Sì, Miki è viziata, Miki è irrispettosa ma... Miki non ha la stessa mentalità delle donne del Giappone, Miki non permette agli uomini di considerarla un oggetto, Miki urla e si sente a disagio per il dolore inferto alla nonna ma è troppo orgogliosa per tornare sui suoi passi; Miki si sente soffocare. Ed è questo che a me è giunto di lei. Quindi è un personaggio curato, a cui tu hai dato una caratterizzazione ma l'hai fondata su piani più grandi e soprattutto l'hai dotata di una base solida, di un'introspezione credibile. E questo la rende un personaggio da scoprire.
La nonna Yori mi piace, invece: ha quella forza di donna grande e con il cuore sensibile, con un debole per i nipoti disagiati, che però le fa sempre affrontare ogni cosa con aria dignitosa, anche greve, di chi rispetta il passato e ne ha il giusto timore, ecco.
Hiroaki è la via di mezzo. Non è assolutamente uno scapestrato e non ha atteggiamenti da fighetto o un rifiuto verso la sua famiglia. A contrario di Miki sa ciò che vuole e lotta per averlo, rispetta la sua famiglia ma non sacrifica se stesso. Ha trovato un equilibrio. Mi piace il modo in cui si punzecchia con la cugina, c'è un legame profondo tra di loro, molto aperto e libero, che però non gli impedisce di rattristarsi quando la vede così ribelle nei confronti di chi lui invece in un certo senso compatisce, o comunque si sforza di comprendere.

Il testo è sempre ben curato e organizzato, molto espressivo. Sei bravissima a calibrare il giusto tono per assecondare la narrazione. Un esempio è proprio il finale, il modo in cui gestisci il passaggio tra la città moderna e quella antica. Mi è piaciuto anche il modo in cui non hai strafatto con le descrizioni di ciò che accade nel momento di passaggio, anzi: il tutto avviene con naturalezza, in maniera molto interna al personaggio. Le sue sensazioni, che ancora non comprendono del tutto, combaciato con quelle del lettore.
Ti consiglio di rivedere anche qui la punteggiatura dei dialoghi, perché non è molto coerente. A volte il verbo dicendi lo metti in minuscolo (cosa giusta) altre erratamente in maiuscolo. Nei dialoghi, poi, quando la battuta viene seguita da "disse" o comunque un verbo dicendi o più in generale da una scritta in minuscolo, non va usato il punto all'interno delle virgolette.
Gli unici refusi, infine:
una adolescente occidentale. -> un'adolescente
Miki si potrò teatralmente una mano al cuore -> portò

Ultima cosa, prima che mi dimentico: il titolo del capitolo.
Ha conferito un'affinità e un contrasto con il testo che mi è piaciuto moltissima. Sì, perché la storia è intrisa di mistero e di leggende, soprattutto nel primo capitolo e nella parte finale di questo, però l'ambientazione era in città, odierna. Il titolo quindi evidenzia il particolare di passaggio, di qualcuno che abbandona un luogo per arrivare in un altro, però si discosta allo stesso tempo dall'ambientazione. Il senso è molto metaforico, (che questo nuovo luogo misterioso chiarisca cose che, nella "foresta" erano confuse e ignorate?) quindi, e dona un'aura più antica e intrigante che mi è piaciuta moltissimo.
A presto!
Recensione alla storia Novel of a Dreamless - 22/08/18, ore 10:59
Capitolo 2: Un Passo dal Paradiso
Ciao!
Giungo pure io, finalmente!

Questo capitolo mi ha sorpreso: non mi aspettavo di finire nel 2010, ma per il semplice fatto che il prologo aveva creato un'atmosfera atemporale, illusoria, in precario equilibrio su mondi eterni come quello degli inferni e della mente/sogno.
Mi piace che questa escalation, iniziata nel prologo, continui e finisca con una terza parte posta a inizio di questo primo capitolo, ovvero il sogno con l'uomo con la tazzina di tè. Si parte dall'inferno delle madri morte di parto e dei bambini mai nati o morti prematuramente - un mondo che si trova dall'altro lato, possiamo dire - si continua con una scena psicologica, lo posso dire? piena di mistero e di fascino, divisa tra un sogno e un confronto interiore, un qualcosa che richiama moltissimo le opere giapponesi, quelle atmosfere lì insomma, e poi ti avvicini alla realtà di Miki con quello che si percepisce più come un sogno, ma che comunque mantiene degli aspetti inquietanti e premonitori.
La narrazione scarna del primo pezzo, il modo in cui introduci il fatto che sullo sfondo, dietro al sorriso del'uomo, ci siano sangue e spade, mi è piaciuto molto. Non hai inserito descrizioni che lo facessero immaginare, ma lo hai fatto percepire attraverso questo effetto narrativo, come se d'un tratto la "telecamera" che riprendere in primo piano l'uomo allargasse l'inquadratura, ed ecco il macabro.
Ora, ovviamente, ho altre domande: mi chiedo cosa c'entri un uomo che parla spagnolo e a cosa porta il rifiuto di Miki. Da dove la stava veramente cacciando via? Da Kyoto?

Tutte queste domande, che si portano dietro inquietudine e misteri, crollano nel momento del risveglio della protagonista. Tutto sparisce! C'è la normalità di una cheerleader che viene svegliata dalla suoneria del telefono, c'è una conversazione molto "americana" con il fidanzato che verte su amici, feste, università e il dolore per questa distanza (una distanza che, apro questa parentesi, sembra più legata alla solitudine e alla noia di Miki che al suo sentire la mancanza del suo fidanzato. Qui ci rivedo un po' il classico, ovvero la ragazza alle prese con l'ammissione al college che comincia ad avere dei ripensamenti sulla solidità della relazione amorosa liceale. Personalmente il cliché - se di cliché si tratta - non mi dà fastidio, anzi: la normalità che hai ricreato come bagaglio della protagonista ha l'effetto di scontrarsi ancora di più con il mondo in cui è stata catapultata nel sogno.) il suo sentirsi infastidita dalla mentalità di Kyoto, annoiata dalla vita lì, in attesa dell'unica ancora di salvezza: suo cugino.
Ci sono due cose che mi hanno colpito: la prima è pensare che in qualche modo Miki, a Kyoto, ritorni un po' più piccola. Lì non può bere, non può entrare in certi locali, per le vecchiette del luogo non può neanche urlare contro i pervertiti e i teppisti (troppo sboccata per loro!): Miki, per i giapponesi, è una ragazza ancora adolescente; e questo mi fa sentire ancora di più il suo trovarsi in un luogo lontano da casa, in parte sconosciuto (non è più i luogo dei dolci e dei sorrisi delle vecchie), lei non conosce la vera Kyoto, e in questa città lei è sola e piccola, all'oscuro di tutto. Non credo di aver saputo spiegare bene le sensazioni provate, ma è come se tu stessi preparando il terreno per qualcosa di grande che le farà aprire gli occhi per la prima volta, scoprire una parte di lei rimasta nascosta.
La seconda cosa che mi è piaciuta è l'interazione con il cugino. Di solito - e parlo pensando a serie tv e quant'altro - in America c'è molto contatto tra i ragazzi, i saluti sono fatti di abbracci e sorrisi e convenevoli; c'è un senso di complicità che esternano maggiormente e liberamente, ecco. Mentre in questo incontro tra Miki e Hiroaki io ho sentito molto spirito giapponese: saluti posati e rispettosi, soprattutto una deferenza e un affetto tenero verso la "nonna" e quindi verso chi è più grande, e una complicità tra cugini che esula l'aspetto fisico. Anche questo è un po' difficile da spiegare, anche perché non me ne intendo e rischio di dire castronerie, ma ho sempre percepito un certo distacco fisico negli anime e nel mondo giapponese in generale: la conoscenza e l'affetto vengono dimostrati con gesti e simboli, attraverso rituali e cerimonie particolari (penso al modo in cui festeggiano san valentino, per esempio), molte parole e sempre molto pudore nelle effusioni, anche e soprattutto all'interno della famiglia. Ecco, questo pudore e modo alternativo di mostrare affetto io l'ho ritrovato in questa scena, con un Hiroaki che si concede di sollevarla e farle fare un giro in maniera molto tenera ma pudica e lei che lo prende sottobraccio con tranquillità. Non ci sono abbracci e baci e strette di collo e grandi sorrisi, ma una complicità posata, elegante se così vogliamo dire. Ok, oggi sono un disastro a spiegarmi, ma riassumo dicendo che ancora una volta hai curato davvero molto bene il contesto e le atmosfere, e soprattutto sei bravissima a caratterizzare i personaggi anche a livello sociale e culturale.

Per entrare nel vivo delle caratterizzazioni aspetterò ancora un altro capitolo o due, perché Hiroaki è stato appena presentato e di lui posso solo dire che mi piace in lui la commistione tra il suo lato ribelle espresso in maniera posata: è un pittore, un uomo di spirito che si contrappone alla sua famiglia, eppure in lui non mancano il rispetto di essa e delle tradizioni. C'è una luce vispa nei suoi occhi ma è posata e tranquilla; e si contrappone a quella di Miki, che invece ha l'esuberanza e la "sfacciataggine" americana, quei modi più invadenti e diretti, indipendenti, ma che la rendono però anche più "infantile" rispetto al cugino.
Di Miki ho anche apprezzato i dettagli: il suo classico ruolo di ragazza perfetta che sta con lo sportivo della scuola si miscela molto bene ai suoi modi determinati e indipendenti, alla sua sicurezza e al suo carisma; ma c'è anche l'estraneità e la solitudine che prendono piede a causa di Kyoto e dei suoi misteri e dell'effetto inconscio che ha su di lei.

Per quanto riguarda la parte più tecnica, la parte centrale del capitolo ha avuto qualche incertezza, secondo me, di punteggiatura: in alcune frasi è usata molto spesso e spezza parecchio la fluidità della narrazione. Non sono veramente errate, ma volevo comunque fartelo notare.
Invece ti consiglio di togliere i punti all'interno dei discorsi diretti e di usare la minuscola (a volte lo fai, ma ogni tanto usi la maiuscola), come in questi casi:
“Brian O’Donel.” Brontolò, tirandosi a sedere contro la testiera del letto.
“Scusa.” Disse, mordendosi le labbra, e sperò bastasse.
Siccome sono verbi dicendi o verbi che ne fanno le veci, vanno in minuscolo, per continuità con la battuta.

E niente, chiudo facendoti i complimenti per il modo in cui sai creare le atmosfere, per il modo con cui sei riuscita a portarmi in Giappone e per il modo in cui hai creato le interazioni tra i personaggi, le ho trovate ottime per esaltare i personaggi e realistici all'interno dei contesti in cui avvengono.
A presto!
Recensione alla storia Novel of a Dreamless - 07/08/18, ore 16:06
Capitolo 1: 0. Imaginarium
Ciao!
Spero di aver fatto bene a iniziare da questo capitolo, perché nell'elenco dei capitoli è il primo, ma cliccando sul link della storia mi apre direttamente il secondo in elenco>.< Se ho sbagliato, posso rimediare leggendo l'altro, intanto inizio :)
Innanzitutto ti faccio i complimenti per la scena di esordio. Tu hai detto che serviva conoscere l'anime per questa storia, e io ho deciso di avventurarmici con blande conoscenze dei due personaggi storici, senza sapere nulla, perché ho pensato "è una long, quindi deve riuscire a creare un contesto per poter essere una buona long". Non so chi sia Murasaki, non conosco la storia del ciliegio e del pruno, ma la scena d'esordio, insieme al tuo stile, mi ha catapultato in Giappone. Mi è piaciuto il tuo stile sin da subito. Prima di chiederti lo scambio avevo letto solo la prima riga, e tanto mi è bastato per dire "ok, sarà piacevole leggerla". Hai uno stile fluido, semplice tanto quanto delicato, hai donato al testo un ritmo assuefacente, da leggenda, da mondo mitologico, di un sogno bello e orribile allo stesso tempo, di quella bellezza tragica e struggente che io ho riscontrato più volte in alcuni tipi di anime, quello dove la bellezza dei luoghi e la vivacità dei colori si mischia in un bellissimo contrasto con l'atmosfera di sangue e dolore e malinconia dei dettagli e dei personaggi. Inoltre mi è piaciuta la ripetizione di alcuni passaggi, mai ridondante e pesante o fine a se stessa, ma che crea un climax ascendente di emozione e sensazioni, dando enfasi alla scena.
C'è questa rivisitazione dell'inferno, dove lei guarda donne e figli senza voce, il che mi ha fatto pensare a un simbolismo molto potente per indicare figli mai nati o morti prematuramente e donne morte di parto o di dolore. Insomma, un luogo dove una certa tipologia di morti giungeva.
Murasaki sembra un'entità che non ha mai conosciuto corpo, eppure può prendere un ramo dal pruno (il suo parteggiare per il ciliegio mi ha incantato, e non so dire neanche perché, ma mi è piaciuto l'idea che desiderasse martoriarlo con quel prendere quel piccolo trofeo), conosce la sofferenza e la pietà, eppure sembra un essere senza una vera e propria morale, che non parteggia veramente per qualcosa. Lei è al di sopra di tutto. Una frase sopra tutte mi ha incuriosito, e spero di trovare risposta più avanti: Amava, ma languiva prigioniera nel corpo di altri. Mi chiedo cosa ella rappresenti, cosa incarni questo fantasma che aleggia e sussurra.

La seconda parte, invece, ha un sapore un po' diverso, e ancora una volta complimenti per lo stile che crea atmosfera. Qui il fantastico si mischia con la realtà. Hai saputo conferire a questa seconda parte un senso più tangibile e allo stesso tempo irreale, un po' come quando negli anime (faccio questo esempio per spiegare meglio ciò che ho provato) giapponesi la neve isola il mondo del personaggio, e questo personaggio si trova in mezzo a una bufera, tra sogno e realtà, confuso, calato in un'atmosfera inquietante e magica. e fa un incontro un po' misterioso.
Il modo in cui Miki cambia approccio e sentimenti nei confronti dell'altra donna, il passaggio tra la frase "Miki si chiedeva cosa l'avesse catturata in quella posa plastica" e "Improvvisamente, Miki si rese conto di avere la donna sotto il suo controllo; era stata così sciocca a non pensarci" mi ha dato l'idea che si trovasse all'interno di un sogno, o un conflitto tormentato, o comunque in una situazione semi cosciente, dove una terza forza in atto la spingesse verso quel cambiamento violento. Questo trovarsi una di fronte all'altra, la frase che dice che sembrano sorelle, con questa donna che ha occhi simili ai suoi ma più luminosi. Sembra che Miki veda un'altra sé allo specchio, magari una parte più nascosta e profonda, un io oscuro con cui deve convivere, la sua coscienza che la mette davanti alle sue verità nascoste.
Mi è piaciuto davvero tanto il modo in cui hai saputo ricreare questo tono magico e inquietante, illusorio, dove il candore della neve si mischia al rosso del sangue. La descrizione, questo rito della cavazione dell'occhio, è macabro, dettagliato, eppure non risulta affatto disgustoso. Lo descrivi in maniera minuziosa, un passaggio alla volta, utilizzando verbi potenti, precisi, come quel "lacerarsi" finale che non descrive l'atto finale ma sospende la scena nel divenire. Mi piace questo effetto di troncamento dell'azione, davvero un bellissimo effetto. E poi c'è quella voce fuori campo, che sembra quasi parte di Miki ma comunque avere coscienza propria, quasi un demone interiore che spinge Miki a cedere a quel desiderio violento, oscuro, e facendo questo sembra farla ricongiungere a quella parte che lei vuole ferire, renderla più oscura così come appare oscuro il sorriso della donna con il kimono.
Hai istigato molte domande in me: questo parallelismo è solo un effetto per creare un'affinità tra due personaggi diversi o è davvero una scena psicologica? Se è la prima, queste due si conoscono? In un primo momento sembra di no, ma poi si scopre che la donna non è mai stato gentile, ha gli occhi freddi nonostante la loro bellezza color smeraldo. Quindi che rapporto c'è tra di loro? e chi è questa donna? Miki lo sa oppure le sue sono sensazioni, un disprezzo e una rabbia inconscia che istiga in lei la violenza? Lasci tutto in sospeso, e mi piace.
Mi affascina il fatto che questa donna non abbia nome, sembra una sconosciuta, ma ha il potere di turbare l'animo della ragazza, di stravolgere i suoi sentimenti. Le descrizioni iniziali sono così "delicate", che sembra che Miki la ammiri, sia meravigliata da questo incontro. Poi arriva il contatto fisico, e le emozioni di Miki si alternano, si confondono. Arriva il senso di confusione - è reale o è cera? e se è reale perché non si muove, perché continua a sorridere? - e la derisione. Il sorriso della donna con il kimono passa dalla gentilezza alla presa in giro, diventa insolente, freddo, fastidioso, insistente. E Miki ha un'evoluzione: la sua curiosità diventa fredda pazienza, meticolosa tortura, distacco, rabbia e infine si ha proprio la scoperta di un suo lato spietato, rancoroso e invidioso, e c'è questa voce fuori campo che la istiga.
Insomma, sei riuscita a catapultarmi in questo mondo che imparerò a conoscere e gustarmi pian piano, com'è giusto che sia in una long che si rispetti. Intanto mi fermo qui.
A presto.

P.s. Ho trovato solo un errore di punteggiatura:
Non si sentiva un fiato, non un lamento e, più Murasaki le guardava, più provava pena per il loro sfortunato destino. -> la seconda virgola andrebbe messa prima della "e" o non avrebbe senso quell'inciso.
(Recensione modificata il 07/08/2018 - 04:06 pm)