"Quando le ossa e i muscoli schioccavano e si riformavano nella danza della luna piena, e la brama saliva a colmare ogni angolo della mia mente assaporavo quello che significava davvero essere liberi. Bastava non farsi condizionare troppo dagli scrupoli morali quando si ritornava in forma umana. Fortunatamente per me, io non ho mai avuto scrupoli morali."
"Gli lanciammo un’occhiata piena di disgusto. Era un debole, un pavido. Non riusciva nemmeno a pronunciare le parole “lupo mannaro”, aveva paura di quello che era, di quello che sarebbe potuto essere… Era per colpa di creature del genere che il Ministero si sentiva autorizzato a controllarci, trattarci come “persone” di seconda categoria… Pensai, non per la prima volta, a come sarebbe stato bello ribellarsi a questo gioco, prendere il potere e poter vivere finalmente appieno la nostra vera natura. Dallo sguardo sul volto di Warrick intuii che i suoi pensieri dovevano essere simili."
Questi sono i due passaggi che più mi hanno colpita per la tua abilità nel caratterizzare Greyback.
Complimenti, un lavoro davvero ottimo.
Ma al di là della mera abilità nel tratteggiare un personaggio come Fenrir, ti devo tutti i miei complimenti per l'idea che ha dato spunto alla storia e lo stile - che è spettacolare come di consueto.
Niente da aggiungere: trovo davvero che quello che hai descritto sia ESATTAMENTE Fenrir Greyback. Trovo incredibile che disprezzi tanto l'umanità, quando alla fine lui stesso è umano nel senso peggiore: perché le bestie non conoscono crudeltà, ma istinto predatorio, mentre quella di Fenrir è furia e desiderio di arrecare più dolore possibile. Ha preso il peggio dalle due razze, praticamente.
Ancora, ancora e ancora complimenti! |