Recensioni per
Italia, madre orfana
di arib

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
Nuovo recensore
05/05/12, ore 16:50

   Ciao Ari,

se la patria potesse parlare, direbbe le medesime parole una per una.
L'immagine dell'Italia come una madre che si trova  ormai orfana è molto triste, ma molto bella.
In questi frangenti è difficile riuscire a pensare alla propria terra natia come a un'amorevole mamma, che vorrebbe darti le opportunità per realizzarti,
ma che - ahimè - non può fare di più che vedere i suoi figli partire in cerca di fortuna altrove.
Probabilmente, dovremmo tutti sforzarci di vedere così la nostra povera Italia.

Complimenti! Arriva dritta al cuore, facendo riflettere (anche se le riflessioni sono per lo più amare...).

Come al solito, leggere le cose scritte da te è un piacere visto che scrivi sempre così bene sia per lo stile, sia per la profondità ;)

Un bacione,
Ale.

Recensore Master
04/05/12, ore 19:18

Non so perchè ma a me le tue parole hanno ricordato molto la canzone " Generale" e purtroppo adesso come allora queste parole sono vere, certo i figli di questa Italia non si allontanano per la guerra ( per fortuna) ma per cercare di sopravvivere e di andare avanti in una maniera dignitosa...ma sono parole vere e sullo stile non ho niente da dire, sei perfetta come sempre :)) un bacione !!

Recensore Veterano
04/05/12, ore 17:34

Bellissima! Un ritmo molto bello e malinconico, simile ad una ballata, e concordo con te sul fatto che sia molto triste e sì, anche frustrante. Parecchie persone tendono a credere che non sia così importante dove vai a finire, dove lavori, dove fai i soldi. Non è così. Un Paese non vale l'altro, questo è quello che vuole farci credere la faccia scura della globalizzazione. Un Paese è fatto dalla gente che ci abita, dalla gente per cui quel pezzo di cielo, quel muretto o quella piazza hanno un significato, altrimenti muore. Ma non è una morte indolore, perchè quella morte uccide anche un pezzetto di chi quel Paese lo ha amato, e non serve a niente dirci di non fare i nostalgici: senza dare importanza a queste cose l'uomo non sarebbe uomo, e non avrebbe senso smettere di commuoversi per aver reciso il legame ancestrale con la propria terra e stare meglio se questo significa disumanizzarsi. E perdere un po' di felicità.
Ho letto da poco "L'ombra di quel che eravamo" di Sepulveda, dove i cileni e i cubani in esilio tornano al loro paese e scoprono che il paese dei ricordi è rimasto, appunto, nei loro ricordi di un tempo ormai finito. Ecco, noi giovani siamo esuli, in parte volontari, in parte costretti.
Il prossimo anno inizio l'università e farò del mio meglio per rimanere in Italia.
Grazie per la bella poesia!

Recensore Master
04/05/12, ore 17:12

Non è una visione allegra, ma purtroppo molto veritiera. Una posia col sapore d'altri tempi, ma quel tocco di modernità che la rende fin troppo attuale. Mi ricorda, ma non saprei dire perché, una vecchia canzone goliardica risorgimentale, forse per il ritmo o la personificazione così dolente.