Ed eccomi a recensire la prima storia nata per la mia challenge! Come promesso, vedrò di fare una recensione il più esaustiva possibile e soddisfacente in termini di ampiezza e (si spera) di contenuti.
La grammatica è molto buona: ho trovato solo una piccola pecca, sicuramente dovuta ad una svista, che ti segnalo qui, non tanto per stigmatizzare l'errore, quanto per completezza di analisi nella recensione e perché tu, correggendolo, riesca a valorizzare fino in fondo una storia a mio avviso molto meritevole. “Tu, ancora una volta non stai pensando a me”: ti deve essere sfuggita una virgola per completare l'inciso; così com'è si tratta di un errore, in quanto la virgola si colloca fra soggetto e verbo.
A livello di stile, ho notato il parsimonioso uso che fai delle virgole, specie nell'incipit e nella prima parte della storia: all'orecchio del lettore queste parole suonano come una lontana voce extradiegetica. Quasi fossimo spettatori davanti ad un film ci sentiamo risuonare nelle orecchie una voce soffusa in lontananza, che richiama tempi passati. L'uso delle virgole avrebbe forse smorzato un po' questo effetto, conferendo delle pause alla tensione introduttiva, spezzandola. La seconda parte, invece, che vuole essere più narrativa ed emotiva, introduce infatti delle virgole che pongono le giuste pause.
Mi piace molto il lessico da te usato ed il linguaggio che, pur non essendo troppo aulico, si avvicina comunque all'idea di un linguaggio più arcaico, adatto alla tragedia greca. Io amo la tragedia greca, da buona ex classicista, e quella di Medea mi ha sempre colpito molto proprio per il dramma interiore di questa donna, che arriva a compiere il gesto più estremo ed innaturale per una madre: quello uccidere i suoi figli per punire l'uomo, che non la ama più, nella sua stessa virilità, simboleggiata dalla discendenza, dalla prole. Nella tua storia sei riuscita benissimo ad esprimere il punto di vista di Medea, anche se con poche parole. Hai espresso tutta la sua sofferenza e la sua rabbia, pur attraverso un filtro di tenerezza, di amore ancora intenso e bruciante per l'uomo che l'ha amata e poi rifiutata per un'altra. L'espressività è molto significativa e, come dicevo, l'uso di certi termini, di certe parole accostate ad altre è molto efficace.
Il personaggio è molto ben sviluppato, tratteggiato in maniera significativa. La ripetizione del nome dell'amato rende bene l'idea di un amore che non è mai riuscita del tutto a dimenticare e che, sotto l'odio e il disprezzo, c'è, esiste ancora. Mi è sembrato molto azzeccato il confronto fra Medea e Creusa, dove hai sottolineato ciò che, più di tutto il resto, colpisce della tragedia umana di Medea, prima che la sua sacrosanta ragione sprofondi dalla parte del torto nel suo gesto estremo di uccidere i propri figli, dei bambini non responsabili delle colpe del padre: il lettore rimane deluso, amareggiato, arrabbiato con Giasone non tanto per l'aver abbandonato Medea, ma per aver abbandonato Medea dopo tutto quello che lei ha fatto per lui, per amore di lui. Anche in questo caso si tratta di cose orribili (ha ucciso il fratello Apsirto prima e Pelia dopo), ma lei ha fatto dono a Giasone di sé stessa, della propria innocenza, della propria verginità e, cosa più importante, del suo amore; gli ha dato dei figli, frutto di questo amore, e ha dimostrato di essersi unita a lui anima e corpo, un'unione totale, sensuale e spirituale insieme, che ha qualcosa di arcano e primordiale. Ma Giasone ha rifiutato e disprezzato questo legame sacro per sposare, in nome della "civitas" greca, del disprezzo tutto greco nei confronti dei barbari e della barbarie, una buona donna greca, giovane, sottomessa e, appunto, greca (oltre che ricca e figlia di re...).
L'unica cosa che mi dispiace della tua storia è che è troppo corta e quindi, in parte, fuoriesce dai parametri imposti dalla challenge, ovvero quelli di riservare il medesimo spazio a tutti e tre i personaggi (non era obbligatorio farli parlare tutti e tre in prima persona, ma bastava che la stessa Medea, con la capacità con la quale sei stata in grado di farla parlare qui, raccontasse qualcosa di più di Giasone e di Creusa). Tuttavia, non posso proprio non dirmi soddisfatta del modo in cui, seppure brevemente, hai tratteggiato sia l'uno che l'altra. Sei stata infatti molto efficace, sebbene tu abbia rischiato di scivolare nel fuori tema. Giasone l'hai descritto molto bene nel suo essere sfiorato talvolta dal ricordo di Medea e tormentato, viceversa, da quello di Creusa, con la cui immagine in mente ancora si addormenta, pensando al loro matrimonio mai consumato. Un tratto molto vero, molto convincente della personalità di Giasone, spesso fin troppo bistrattato (sebbene capisca benissimo i motivi di tale rancore nei suoi confronti, che io in parte condivido. Citando la mia professoressa di latino del liceo: “Giasone e Teseo erano da prendere e rivoltare come dei calzini!” xD). Per quanto riguarda Creausa, il suo personaggio non è davvero indagato, ma letto attraverso gli occhi di Medea, che a sua volta la legge attraverso gli occhi di Giasone: un'immagine molto filtrata, che risulta quindi sfuocata, allontanandosi dalla mia richiesta. Tuttavia, sei riuscita bene a portarmi davanti l'immagine fresca ed ingenua di una ragazza giovane ed acerba, messa a confronto con il fascino oscuro e un po' selvaggio, sicuramente più maturo e sensuale, di Medea che nel suo essere non greca appare ancor più avvolta da un'aura arcana, magica, antica. Questo confronto fra le due figure femminili è stato molto efficace e mi è piaciuto alquanto.
Oltre a questa piccola uscita fuori tema, l'unica cosa che posso imputarti è la poca rilevanza narrativa che dai ai figli di Medea, ma in così poco spazio sarebbe stato fuori luogo attribuire loro un ruolo maggiore a discapito dei tre personaggi principali. La fine è molto bella: l'immagine, sicuramente triste per Medea, di Giasone che agogna gli Inferi per poter rivedere Creusa ed i suoi bambini. “Attendo la tua morte per cadere nella tomba viva della mia incoscienza.” Excipit molto toccante.
Hai scelto una Medea fuori dal tempo e dallo spazio, hai qui rifiutato, in maniera spiazzante ma originale, la versione ufficiale del mito di Medea sposa di Egeo, optando invece per una Medea quasi incorporea, che osserva da lontano il proseguire della vita dell'unico uomo che abbia mai amato. Mi è piaciuta questa soluzione che, pur sconquassando il mito, rende benissimo il particolare di questa vicenda. E poi, del resto Medea era una maga: chi può dire quali fossero i confini della sua magia?
Bella, la tua storia mi è piaciuta molto; per i dettagli sopra elencati e, in particolare, per l'atmosfera che sei riuscita a creare. È infatti molto importante conferire la giusta atmosfera ad un racconto che ci faccia immergere nel racconto stesso, nella vicenda dei personaggi, nel loro mondo. Leggendo la tua storia, mi sembrava di essere entrata dentro la Medea di Pasolini o dentro il vecchio sceneggiato dell'Odissea, il che per me significa che sei riuscita a trasmettermi le giuste sensazioni.
Davvero molto brava. Aspetto con impazienza un'altra tua storia! ^^
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