Mi ricordano le riflessioni del protagonista dell'amico ritrovato le tue. Trovo lo stile scorrevole, davvero introspettivo, quasi un flusso di coscienza sospinto dal disincanto, dalla delusione, dall'amarezza.
Hai colto nel segno di una delle problematiche più che attuali: desideriamo essere compresi, necessitiamo di condivisione, ci facciamo prendere dai dubbi. E se avessi sbagliato qualcosa? E se avessi dovuto tacere questo o quell'altro? E se fossi sbagliato?
Credo non ci sia mai una sola risposta a questi interrogativi. Posso dirti, se posso osare ipotizzare un'eventuale componente autobiografica nella tua storia, che spesso la comunicazione fra esseri emblematicamente umani è disturbata. No, non parlo della ricezione dei cellulari, parlo della ricezione della nostra mente. Il segnale è intermittente, spesso i messaggi non arrivano, vengono fraintesi, vengono interpretati in maniera del tutto erronea. E allora ci sentiamo feriti e disillusi.
Spesso ci mettiamo in testa di non aver sbagliato in nulla, che "certe persone è meglio perderle che trovarle". Io mi sento di darti un consiglio, da bravo impiccione quale sono: aprirti, parlare con chiarezza, spesso evita tante complicazioni, tanti se e tanti ma, che non fanno che farci soffrire. È una delle prime regole dell'amicizia: dare all'altro prima che possa anche solo dir di aver bisogno di qualcosa, ma soprattutto prima ancora di questo bisogna che qualsiasi problema avvertito dall'una o dall'altra parte, sia condiviso e affrontato insieme. I confini, nei rapporti umani, non sono mai così nettamente separati: ci sono compromessi, non è mai tutto bianco o nero!
:) ancora complimenti, alla prossima, Indice. |
