Mi ci è voluta un po' di concentrazione per leggere questa tua nuova creatura - e tu sai che io adoro le tue RusAme, quasi a prescindere, e quindi trovarne una nuova e riuscire a leggerla con la dovuta calma e dedizione è per me fonte di grande realizzazione personale.
Qui hai affrontato il tema dell'"Americano", direi, o meglio: dello stereotipo dell'America e della sua presunta libertà che il mondo, durante la guerra fredda e tutto il secondo dopo guerra, ha avuto nel guardare e mirare gli USA. Neanche i Russi, almeno una parte di essi, sono scampati a questa sorte - e tu lo hai ribadito con quelle due figure, prima l'uomo e poi il bambino povero con in braccio la bottiglia.
La descrizione di Alfred da parte di Ivan risulta quello di un innamorato sognante, quasi, di un disperato costretto a sacrificare la sfera personale per quella pubblica, alla fine del tutto - perché Ivan non è solo Ivan ma è anche l'URSS, e questo crea non pochi problemi.
Non so se hai voluto sperimentarlo coscientemente, ma penso che il ritmo calzante che hai usato in questo tuo scritto sia appropriato ed efficace per la sorta di dialogo che instauri tra i tuoi personaggi e, specie, all'interno della mente di Ivan stesso.
Davvero brava, mi stupisci sempre (L) |