Se non mettevi la nota dell'autore in fondo eri più ganzo. La poesia diceva già tutto in maniera precisa e sottile. Compreso quel sottile senso di distruzione della natura sopra le cose costruite dall'uomo, la tempesta che se ne va triste non più ad inzuppare la terra e a sradicare gli alberi, ma a scolorire le case; forse invidiosa, forse vendicativa, forse ancora semplicemente la tempesta, che nulla è se non fame incarnata, come tutto ciò che esiste.
Come le sua manifestazioni, il lampo e il tuono, la tempesta non dura che un attimo, sopra la tua testa. Ma chissà sopra quale altra si è andata ad abbattere.
Non sono avvezzo a dire "bravo" o "mi ci riconosco", ma ti riporto semplicemente ciò che mi ha fatto pensare questo componimento, che come tutto ciò che si scrive è un capriccio per far durare ciò che era destinato a morire e che non ha mai chiesto di durare in eterno. Una lampo, un tuono, e poi via, queste parole hanno già perso l'elettrictà che le compone. Ma per quell'istante, sono distruzione e nutrimento.

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