Recensioni per
All'ombra della Quercia del Tasso
di Gio_gio
Evviva! Anch'io sono considerata una secchiona, e preferisco leggere che uscire. I miei amici mi odiano ^^" |
Oddio, fantastica! E poi, abitando vicino Roma, la tua idea delle poesie in romanesco mi stava simpatica (ma se po' dì che n'idea te sta' simpatica? n.d. Cervello). |
Bellissima! Scritta da un vero maestro della narrazione. Questa poesia è costruita tutta sulla mancanza, su quello che non ci è detto. Noi leggiamo le parole di questo romano, dalle quali emerge il ricordo della sua Julie, la ragazza francese. E quasi non c'accorgiamo dell'amico a cui si sta rivolgendo. Egli sembra essere inizialmente solo una zeppa, qualcosa di inserito solamente per far da base, da supporto, all'altro; ci sembra essere soltanto il pubblico necessario all'io per potersi esprimere. Compare esplicitamente solo in due parti del componimento, all'inizio, con il "Je", e alla fine, quando lo vediamo commosso correre lontano. Ma è proprio allora, leggendo l'ultimo verso, che sappiamo finalmente l'intera vicenda, e allora questo amico assume spessore, diventa un personaggio, e allora ci accorgiamo che la vera storia di questa poesia non è quella della bella Julie dai capelli rossi (che del resto è passata), ma la storia di questo amico senza nome, né volto, visto solo di riflesso nelle parole dell'altro. La sua storia d'amore, simmetrica a quella di Julie e del suo romano, è ancora incompiuta, e per fortuna: si può ancora sperare (forse non è tardi come credi). Ho trovato davvero stupenda questa poesia. Proprio per questo gioco di specchi, per il quale ci è raccontata una storia attraverso l'immagine di un'altra. E proprio questa specularità, che avvicina vicende e soprattutto personaggi diversi fra loro, mi sembra essere il fulcro di tutta la poesia: nella quale ho respirato un senso profondo di unione, di solidarietà, fra uomo e uomo. E allo stesso tempo però ho respirato un profondo senso di nostalgia e tristezza. Perché nel racconto della storia di Julie troviamo lo spaccato di un'intera esistenza, dell'esistenza di un uomo che si guarda dietro le spalle e vede già raccolta tutta la sua vita. E così, questo senso di fine, di cose effimere, mi è dato anche da questa corsa, sul finire, dall'amico che fugge lontano, verso il suo destino. Bellissima! |
Non so decidere quale delle due mi piaccia di più! |
Premettendo che sono di Milano, quindi non di parte, devo dirti che adoro la tua poesia. |
ho letto entrambe le tue poesie in romanesco. mi piace questa precisa scelta stilistica, sei bravo nel raccontare con questo fare scanzonato cose anche profonde e la lettura delle tue poesie è piacevole e interessante.:) |
Un tempo - parliamo di non troppi anni trascorsi - scrivere in dialetto significava scrivere nella propria lingua madre, la lingua imparata senza grammatiche fra le pareti domestiche, e nei ritrovi paesani. Scrivere in italiano - lingua di cultura, lingua letteraria, creata sul toscano, e pronta a rimodellarsi a esigenze espressive, e agli influssi di lingue straniere - significava invece scrivere in una lingua dotta, da studiarsi a tavolino. Allora il dialetto era la più alta espressione di spontaneità. Ora l'italiano non è più una lingua di cultura, la impariamo dai nostri genitori assieme al dialetto, e le due, l'italiano e il dialetto, ci appaiono così vicine e indistricabili, sebbene le evidenti differenze, che spesso una condiziona l'altra, e viceversa. In ogni caso, anche se il dialetto non è più quella rivendicazione delle proprie origini, come un tempo, rimane comunque ai miei occhi una lingua "intima", più dell'italiano, capace di rivestire meglio i nostri sentimenti. Infatti, se in una discussione capita di appassionarsi, e alzare la voce, mi ritrovo io stesso, senza essermene reso conto, a berciare e ad esprimermi nel più puro dialetto veneto (sono veneto), quasi che il dialetto irresistibilmente mi sia sgusciato di bocca, a tradimento - dolce tradimento. Così, ecco, per tutto questo, io sono sempre stato innamorato del dialetto! La lingua de Roma, poi, mi fa impazzire! Voi romani siete tutti, a prescindere, dei campioni in quella per nulla da minimizzare arte che è l'offendere, e in genere siete dei maestri in comicità. Provo per il romanesco un affetto grandissimo, e seguirò per forza questa tua raccolta! Del resto, già questa poesia mi è piaciuta molto. Molto bella, e molto ben riuscita, anche nel suo ritmo, che mi è piaciuto! Suona bene in bocca, a leggerla! Ciao! :) |