Inizierei con una citazione tratta dalla Fic.
"nascondendo completamente ai presenti la battaglia che stava scoppiando nel suo essere, tirò fuori gli occhiali dalla giacca e, cercando disperatamente di ignorare il sangue che bagnava le dita con cui inforcava le lenti, desiderò per la prima volta, mentre i suoi subordinati lo guardavano sollevati, di non essere mai diventato un Re."
No, non posso crederci, è brevissima, eppure mi ha suscitato un... senso di tristezza quasi come se mi fosse possibile stare a guardare Reisi a fissare quel vuoto, che in realtà è pieno di rimpianto e rimorsi. Quella scena, nell'anime, è ricolma di dolore. Allora non ci ho colto solo io un coinvolgimento così particolare...
Non ho parole per dirti quanto bene tu abbia espresso la coscienza di Reisi, il suo obbligo nell'essere sempre e comunque un Re, poco importa se colui che è morto, il cui sangue bagna le sue dita, sia quello di un amico, un collega, un fratello, o tutto ciò che Reisi ha sempre pensato in gran segreto di Mikoto. Freddo e impassibile, come un pezzo di ghiaccio, costretto a nascondersi dietro ai suoi occhiali per mantenere la facciata di Re spietato e padrone di sè (gli occhiali: dettaglio impeccabile).
Stupenda anche la definizione di battaglia interiore: ne ha appena finita una, e già ne deve combattere un'altra dentro di sè. Eppure noi lettori/spettatori dell'anime, non sappiamo se Reisi sia in grado di vincerla o perderla, scivolando nell'alone di tristezza portato dalla triste fine di Mikoto.
Vola tra le preferite, i miei più sinceri e sentiti complimenti, perchè hai saputo riassumere, senza tralasciare alcun dettaglio, il pensiero di un Re che ancora prima di essere un sovrano o un leader, è un uomo, una persona, che prova sentimenti e paure. Mi hai offerto degli interessanti e fecondi spunti di riflessione, quindi, davvero, grazie.
~ Nexys. |