Quando ho letto questa meraviglia il mio fidato iPod mi stava proponendo "Angry Chair" degli Alice In Chains: a parte la somiglianza dei titoli, credo che la canzone e il tuo scritto siano piuttosto simili anche nello stile e nelle tematiche affrontate.
Entrambi sono permeati da un'atmosfera di pura angoscia e, almeno a me, danno quasi l'impressione di soffocare: le parole utilizzate sembrano essere sassi aguzzi, pronti a ferire i piedi senza alcuna pietà, e si susseguono con una cadenza che diventa sempre più incalzante, quasi volessero assalire il lettore/ascoltatore e dargli l'impressione di essere seguito da qualcuno.
Entrambe hanno come tema centrale (spero di averci azzeccato) la storia di un qualcuno che non riesce a darsi pace, e le parole utilizzate -che ricordano degli scenari apocalittici, post-catastrofe- comunicano chiaramente questa situazione.
Concordo con te: l'originale in inglese è meglio della versione italiana, perché la musicalità e il ritmo nella nostra lingua si perdono, ma la traduzione è indubbiamente utile (;
Gli ultimi due versi sono quelli che mi sono piaciuti di più: credo riassumano il contenuto dello scritto intero, e aggiungono ulteriore sofferenza a quella provata leggendo gli altri... è come se una spessa cortina di oscurità, di fumo denso avvolgesse tutta la poesia, non so se mi spiego.
Mi è piaciuta un sacco: mi dà l'idea di un animo tormentato che cerca di trovare un po' di sollievo, un po' di conforto calcando con forza queste parole su un foglio... mi pare di vederle, quelle dita, stringere con ansia la penna.
Beh, che altro dirti?
Ancora complimenti: ormai non so più come dirti che adoro il modo in cui riesci a rendere poesia qualunque cosa :')
Bacioni e alla prossima,

Dazed;
(Recensione modificata il 15/06/2013 - 04:18 pm)