Leggendo il titolo, subito mi è venuto in mente l'accostamento alla 'Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare', di cui hanno fatto un film d'animazione diversi anni fa.
Poi ho letto il tuo componimento e mi ha fatto sorridere leggere della seconda parte, perché effettivamente la madre della gabbianella, Kengah, muore immersa nel petrolio e questo parallelismo innocuo che mi era venuto si è rivelato più vicino di quanto credessi.
Ma tralasciando questa breve introduzione, passo a parlare del tuo delizioso componimento poetico.
Ho notato la divisione della poesia in due parti, dalle quali scaturisce qualcosa che viene espresso e scritto in modo diretto ma coinciso e forte, perché tende a criticare non solo un ambiente sporco e pieno di malignità ma anche la condizione solitaria di una persona e la sua sopravvivenza difficile nel mondo, specialmente affrontata individualmente.
Una società che distribuisce alle persone modelli da seguire, vite corrette e politically correct da vivere e sempre meno pensieri creativi che possono essere davvero, l'anima si sente quasi abbattuta nel sviluppare le sue idee e la volontà tale da andare controcorrente e fare le scelte con la propria testa, non perché viene imposto da qualcun altro, da una pubblicità o quant'altro.
Il gabbiano ha la capacità di volare sopra questi apparenti problemi ma se agli occhi degli altri può apparire come magnifico e senza effettive problematiche da risolvere, se egli si addentra nella profondità dei problemi che noi tutti viviamo non riesce ad uscirne, mostrandosi debole e quasi incapace di risolvere e di uscire da tutto quel petrolio che compone il male del nostro vivere quotidiano.
Penso che questa poesia sia certamente diretta ma è anche significativa e dal messaggio molto vivo ed attuale, che stupisce e fa riflettere di conseguenza.
Ora, io non so quanti anni tu abbia ora e quando l'hai scritta ma sappi che mi fa molto piacere averla letta perché mi ha colpito per la sua schiettezza e la bellezza che possiede, complimenti.
Un abbraccio,
Watashiwa
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