Recensioni per
Abituata a vivere
di visbs88

Questa storia ha ottenuto 12 recensioni.
Positive : 12
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
09/12/17, ore 15:03

Terza classificata all'iniziativa "4 storie e... (un arbitro)".

Location (titolo e introduzione): 8/10
Il titolo è d’impatto, anche se sono riuscita ad apprezzarlo in pieno solo dopo aver ultimato la lettura. Interessante notare come possa adattarsi sia alla protagonista Shizue che alla povera Mae. Shizue è abituata ai suoi ritmi, a non avere un’abitudine… mentre Mae, come ogni essere umano mentalmente sano, è abituata a vivere seguendo uno standard preciso. Alla fine, tutto sembra ribaltarsi.
L’introduzione è interessante. Mi ha incuriosito e al tempo stesso mi ha dato un motivo in più per aprire la storia.

Menù (trama e personaggi): 7,5/10
Come ti avevo detto prima, l’introduzione mi ha subito incuriosito. L’incipit mi piace molto, ma c’è qualcosa che alla fine si spezza: hai descritto minuziosamente una scena erotica… mentre le scene “clou” vere e proprie sono state quasi trattate in maniera frettolosa. La trama c’è, è interessante… ma il tutto si risolve velocemente.
Quanto ai personaggi: Shizue è la protagonista; ci approcciamo alla storia guardando attraverso ai suoi occhi, finché ad un certo punto diventa l’antagonista. Se prima ho provato una sorta di empatia nei suoi confronti, ad un certo punto l’ho quasi odiata… perché sì: Mae è una ragazza qualunque, quella tipa che potrebbe avere quella marcia in più ma che non sa soddisfarci al 100%. Shizue è un personaggio quasi irraggiungibile (che ho gradito!), mentre Mae è la tipica ragazza ordinaria. Insomma, ci hai mostrato il bianco e il nero che si incontrano e si scontrano in una battaglia senza grigio.
Tuttavia, anche se reputo “in linea” col personaggio di Shizue il modo in cui decide di togliersi la vita (e soprattutto la motivazione), avrei preferito più introspezione. Più focus su quelle ultime due decisioni importanti. Avrebbero rafforzato la caratterizzazione dei personaggi.

Servizio (grammatica e impaginazione): 7/10
Per l’impaginazione ho poche parole da spendere: il testo è giustificato (come piace a me), hai utilizzato un font che apprezzo molto… ma – puro parere personale – ho trovato la dimensione del carattere un po’ troppo piccola. Dal cellulare si legge una meraviglia, dal pc no. E questo è un peccato.
Quanto alla grammatica, l’unico vero errore che ho trovato è stato un semplice refuso di poco conto:
Le divise della cameriere --> suppongo sia “delle cameriere”
Per il resto, avrei da ridire solo per alcune scelte sulla punteggiatura: in alcuni casi hai utilizzato la virgola, ma credo che un bel punto fermo avrebbe reso di più.

Conto (gradimento personale e quanto la storia è attinente con le informazioni (rating, coppie, generi, note e avvertimenti, AU, ecc): 6,5/10
Qui ti sembrerò odiosa, ma… ti spiegherò per benino il motivo di questo mio voto: in primis, credo che la coppia “slash” non sia presente nella storia e che quindi sia un avvertimento sbagliato; in secondo luogo, hai utilizzato solo il genere “Drammatico” e… non so. Credo manchi qualcosa. Forse, sbagliando, ci avrei aggiunto anche il genere “Suspence” anche se per farlo… avresti dovuto approfondire meglio l’ultima parte. E adesso veniamo alle note dolenti.
Non amo le scene rosse. Non quelle violente, quelle vanno benissimo, è proprio lo smut a non piacermi. Qui aveva il suo perché, ma credo che tu gli abbia dato troppo spazio mentre avresti potuto omettere alcuni dettagli o descrivere nello stesso modo minuzioso tutto ciò che Shizue ha provato mentre uccideva la povera cameriera e mentre stava per togliersi la vita.
I tuoi personaggi mi sono piaciuti molto (complimenti per questo, e per il lavoro fatto con Shizue) e anche l’idea di base mi attrae, ma credo che te la sia giocata. Insomma, se decidessi di riprendere la storia tra le mani, allungandola e trasformandola in una long, penso che ne uscirebbe fuori qualcosa di completo su tutti i fronti.
Altro mio limite che ha giocato a tuo sfavore: non amo le storie ambientate in Giappone, ma devo dire che tu sei stata brava nel creare un piccolo universo nipponico dove esistono una Shizue, un maid café e una povera Mae. Tutto questo per dirti: non hai fatto un cattivo lavoro, anzi. Ma se avessi sfruttato tutti i punti della tua shot… il risultato sarebbe stato migliore.

Recensore Master
09/12/17, ore 15:02

TERZA CLASSIFICATA (4 storie e... un arbitro): Abituata a vivere

Location (titolo e introduzione): 7/10
Leggendo l’introduzione, si finisce per chiedersi “chi? Chi, è abituata a vivere?” Ma nonostante la breve domanda che suscita il titolo, l’introduzione incuriosisce. Forse avrei gradito un estratto del testo, anche per avere subito un’idea dello stile dell’autore.

Menù (trama e personaggi): 7/10
Qui mi divido. Da una parte ho apprezzato molto le descrizioni e la fantasia, l’aver imparato qualcosa di nuovo (non avevo idea di cosa fosse un maid café, quindi: grazie, per avermi invogliato a cercarlo! È sempre bello quando una storia insegna), persino l’ossessione della protagonista. Ho apprezzato lo snodarsi graduale della vicenda, la narrazione in stile “long” e l’odio per l’abitudine (argomento raro).
Ciò che ho apprezzato meno è stato il finale. Shizue che “confessa” ciò che ha fatto, preda della rabbia. Mi è venuto spontaneo chiedermi perché la protagonista abbia deciso di trascinare proprio Mae nella sua ossessione, perché volesse istruire proprio lei… Sì, Mae era bellissima, sprecata per quella vita, ma il loro rapporto non è descritto in modo così intimo, non è descritto nella “crescita”. Ciò che mi sono chiesta è stato: perché con lei sì, e con altri, persino i suoi genitori (che la attendono sempre a casa, fanno lavori “abitudinari”, restano ad ascoltare i suoi racconti ogni volta che lei vuole) no? Perché arrivare a “perdere il controllo”?

Servizio (grammatica e impaginazione): 7,5/10
La narrazione e la grammatica vanno benissimo. Il testo andrebbe giustificato, ma per il resto l’impaginazione va bene.

Conto (gradimento personale e quanto la storia è attinente con le informazioni (rating, coppie, generi, note e avvertimenti, AU, ecc): 7,5/10
La storia è interessante. Il personaggio di Shizue è complicato e ben descritto. È facile odiarla, è facile dire “non la capisco” (che per un personaggio come il suo è, per l’autore, aver raggiunto l’obiettivo).

Recensore Master
05/12/17, ore 17:16

Ciao! Ti lascio il taccuino per la storia :)

Location: 7,5/10
Non sono un'amante dei titoli in italiano, ma questo l'ho trovato abbastanza accattivante. L'introduzione dice poco, forse troppo breve a mio parere, ma a primo impatto riesce a incuriosire abbastanza.

Menù: 8,5/10
L'ho trovata una trama particolare e originale, ben pensata e sviluppata, e anche le due protagoniste erano ben caratterizzate. Anche Shizue, come la trama, è particolare e originale, ciò è un punto a tuo favore. Proprio per evitare l'abitudine riesce sempre a sorprendere anche il lettore nella parte finale della storia. Ciò che mi ha fatto abbassare il voto è il mio non essere amante di questo tipo di storie, seppur io riconosca che sia una buona storia, e forse una mancanza di descrizioni un po' più approfondite dei personaggi secondari dato che, visto come la storia viene sviluppata molto nel dettaglio, forse viene un po' a mancare.

Servizio: 8,5/10
Grammatica impeccabile, non c'è che dire, anche se a volte aggiungere una "d" tra due vocali che non sono le stesse risulta un po' ridondante, ma non ho notato nessun errore. Per quanto riguarda l'impaginazione, avrei diviso la One Shot in due capitoli, poiché personalmente la vista di una OS così lunga scoraggia un po' la lettura, ma comunque il font è piacevole da leggere e la varia suddivisione in paragrafi era azzeccata.

Conto: 8,5/10
Mi è piaciuta la storia, il risvolto finale era inaspettato; ma trovo forse un po' faticoso da leggere quando ci sono molteplici descrizioni, fin nei minimi dettagli, e alcune le avrei evitate per lasciare più spazio all'immaginazione, ma comunque è stato piacevole da leggere in generale. Nelle note e negli avvertimenti avrei sicuramente aggiunto anche il genere erotico vista la scena esplicita, per il resto è attinente a ciò che viene detto. Come detto prima, non sono un'amante di questi generi e ciò forse ha penalizzato un po', ma è stata comunque una piacevole lettura.

Recensore Master
04/12/17, ore 19:00

Ciao, ecco il mio taccuino per quattro storie e... (un arbitro)

LOCATION (titolo e intro): 6/10
Il titolo è una parte complicata, forse la più complicata di tutta una storia. Va scelto con cura, perché deve essere accattivante per il lettore, deve convincerlo a cliccare su una storia – o a scegliere di acquistare proprio quel libro, romanzo o saggio che sia – e deve abbracciare il lettore, farlo sentire a casa e introdurlo all’interno del racconto che si sta per leggere.
Una rogna, non giriamoci intorno.
Qui il titolo suggerisce qualcosa che mi porta a ritenere che sia la protagonista la persona abituata a vivere; invece, la lettura del racconto mi porta in tutt’altra direzione.
L’introduzione – altra bestia nera di ogni scrittore – deve invogliare alla lettura avendo a propria disposizione un maggior numero di parole. Se il titolo è l’esca, l’introduzione deve essere l’amo che agguanta il lettore e non lo lascia andare. Qui ce la caviamo con una micro-sinossi che riassume la vicenda senza sbilanciarsi troppo. Forse, ci si sbilancia troppo poco, regalando all’introduzione il sapore di un riassunto come quelli che appaiono sulle schede di lettura in biblioteca.
 
MENU (trama e personaggi): 4/10
Il voto è veramente basso perché questa sezione paga lo scotto di una serie di problemi.
Il primo, è l’ingenuità. La storia è ambientata in Giappone, a Tokyo, ma il lettore più smaliziato coglie che quella descritta non è Tokyo, ma una qualsiasi altra città che l’autore ha deciso di chiamare Tokyo. Questo perché non traspare affatto la mentalità giapponese che ci si aspetterebbe dagli abitanti di Tokyo, e del Giappone in generale (ci ritorneremo).
Il secondo, è che il personaggio di Shizue, la protagonista, è decisamente sopra le righe.
Il terzo è che l’ossessione che affligge la protagonista non viene percepita come una vera e reale ossessione.
È come se l’autrice avesse voluto tentare un esperimento, e gli esperimenti, si sa, possono o non possono riuscire.
Il punto forte di questo racconto è la scena di sesso che si consuma all’interno del locale, ed è anche quella che ha uno spazio maggiore all’interno del racconto. L’autrice si sente a casa, a proprio agio; sembra quasi che sia questo, il suo pane, tanto conduce con scioltezza e consapevolezza la descrizione di questa scena. Il problema è che questa scena gode di uno spazio che sbilancia l’equilibrio del racconto. È come se in un menù vegetariano il pezzo forte fosse costituito dal roast-beef. Il sesso è una componente del racconto, e le note lo dicono chiaramente, quindi mi sarei stupita dell’assenza della suddetta scena. Tuttavia, la scena di sesso è l’unica, in tutto il racconto, in cui l’autrice mostra, e non dice.
Show, don’t tell è – o dovrebbe essere – la regola aurea di ogni scrittore, dal professionista allo scribacchino.
Se mostri, il lettore entra in confidenza con la tua storia.
Se mostri, il lettore percepisce sulla propria pelle i sentimenti dei personaggi di cui legge le vicende.
Ma se l’autore dice, cominciano i guai, ché se l’autore dice, è come se io lettrice mi ritrovo con il terzo incomodo, l’autore. È come, restando in metafora, se nel letto ci fosse una terza persona; la mamma – o peggio ancora – la suocera. E non è esattamente un’esperienza piacevole, almeno non per gli amanti del genere!
L’autrice dice più e più e più volte una serie di informazioni su Shizue, ma non ce la mostra. Sottolinea in grassetto delle frasi che avrebbero avuto una maggiore forza se solo fossero state o dei pensieri di Shizue, oppure se l’autrice avesse deciso di mettere in bocca suddetti pensieri a qualcun altro personaggio. Invece, inserendole all’interno del racconto, tramite il filtro della voce narrante, è come se l’autrice avesse lasciato una scia d’evidenziatore su un testo in bianco e nero. Spicca, certo; ma dice, non mostra, ed è un peccato, ché se l’autrice avesse avuto il coraggio di fare un passo indietro, la storia ne avrebbe tratto giovamento. Forse l’autrice deve solo prenderci le misure.
Shizue è un personaggio sopra le righe, si diceva sopra. Capisco che, essendo lei la protagonista, la si debba strutturare con maggiori dettagli e debba avere maggior spazio nell’economia della storia: stiamo facendo una passeggiata nelle sue ossessioni, dopotutto.
Ma si fatica davvero a considerare Shizue una donna giapponese. Shizue è una ragazzina viziata e boriosa – e la sua caratterizzazione riesce benissimo all’autrice; vien quasi voglia di assestarle un paio di schiaffi. A Shizue, non all’autrice, sia chiaro! – ma la vedo più come una donna italiana, europea al massimo, non come una giapponese.
Non esiste società più ossessionata dal senso del dovere di quella giapponese, e il dovere si declina anche nell’occupare il proprio posto nella società, tramite il lavoro, o tramite il matrimonio. Shizue lavora, è una fotografa; eppure, parla di sé come se la fotografa fosse un’estranea. Il fatto che consideri suo padre, il rispettabile notaio – anche se temo che la figura del notaio sia un retaggio medievale che sopravvive soltanto in Italia – di buona famiglia, sia una specie di bancomat cui accedere per soddisfare i propri sfizi. E io mi chiedo perché il padre di Shizue non abbia chiuso da tempo i cordoni della borsa.
Le stravaganze si possono accettare durante l’adolescenza – si tende a chiudere un occhio nelle famiglie normali, non nella buona società – ma se è vero che il padre di Shizue occupa un posto in società, io lettore mi aspetto che costui tenti di rimettere in riga la figlia. In Giappone esistono i nullafacenti, sia chiaro; ma sono esterni alla società. Non hanno legami, radici. La società giapponese è molto simile ad un formicaio, o ad un alveare: in gruppo, si vince. Da soli, si perde, e le figure solitarie sono destinate ad una fine tragica e disperata.
Ma mettiamo il caso che il padre di Shizue abbia cercato di arginare la figlia trovandole un lavoro come fotografa: costei, Shizue, viaggia senza posa, a destra e a sinistra per i suoi reportage fotografici. Chi paga? Perché questi viaggi sono costosi, e i giornali, anche il National Geographic, difficilmente pagano tutto il viaggio: alle volte, quando va bene, si ha o l’albergo o il volo; quando va male, c’è un rimborso spese, che spesso non può sforare un certo tetto. Shizue, invece, viaggia a destra e a manca, senza nemmeno preoccuparsi di sistemare le proprie fotografie o di stendere i resoconti di viaggio che le sono stati commissionati. Anzi, Shizue arriva a denigrare il proprio lavoro affermando di collaborare con un giornaletto sovvenzionato dal proprio paparino.
La stranezza sta nel fatto che anche quando si svolge una professione artistica – che sono quelle meno benviste dalla società – si cerca di renderle presentabili e appetibili, agli occhi della gente. Shizue, no. Shizue sfida quasi il mondo, e a venticinque anni (se ho ben compreso l’età della protagonista) è un po’ tardi per farsi prendere dalle crisi di ribellione adolescenziale, no?
L’impressione che se ne ricava è che all’autrice piacesse l’idea di ambientare questa vicenda in un paese straniero; desiderio più che legittimo, ma quando si attuano codeste scelte, si deve tenere conto della società in cui si va ad inserire il racconto. Qui, ancora una volta, non si sono prese bene le misure, col risultato di avere un Giappone di nome e non di fatto, del tutto sovrapponibile all’Italia.
Le ossessioni di Shizue sono ben poca cosa rispetto all’approccio che la protagonista ha nei confronti del mondo. Shizue sembrerebbe affetta da un delirio di onnipotenza, più che da un’ossessione. Le ossessioni sono paure. E o le si teme – generando delle fobie – o le si porta avanti attivamente – e si generano le manie. Shizue, qui, ha solo paura di essere banale. Se ripetesse due volte la stessa azione, non si fermerebbe il mondo, non proverebbe una paura irrazionale che le blocchi il respiro; l’unica cosa che indispettirebbe Shizue sarebbe essere simile alle altre persone.
Shizue si sente onnipotente, al punto da permettersi qualsiasi nefandezza, dall’usare una donna come se fosse una bambola, all’accoltellare una ragazza, al rivelare le sue colpe con i poliziotti dall’altra parte di una parete. Certo, poi paga le sue colpe – e ci mancherebbe altro! – ma qui non c’è l’ossessione di fare le cose in maniera sempre diversa, quanto quella di non essere banale, un delirio di onnipotenza che l’autrice è riuscita a rendere benissimo. Peccato davvero per la mancata aderenza alla cultura giapponese. Peccato davvero.
 
SERVIZIO (grafica e impaginazione): 6/10
Quello che si nota subito è una certa compattezza del testo. C’è poco spazio, poco respiro.
In alto a sinistra troviamo il classico schema che i giudici di un concorso impongono – resti tra noi, ma li trovo odiosi È come avere una staccionata in mezzo al proprio giardino, tra il cancello e la porta di casa. – e c’è poco da fare, se non rispettare le regole. Però si può ovviare a quest’obbligo inserendo qualche spazio in più tra le note obbligatorie e il titolo. Da evitare il sottolineato per il titolo.
Anche un’interlinea (tra 1,5 e 2,0) non guasterebbe. Quando si legge un testo su di un supporto elettronico – specie se retro-illuminato come lo schermo di un computer o quello di uno smartphone – ci si stanca con maggiore facilità rispetto alla parola su carta stampata.
Più spazio si inserisce tra una riga e l’altra del testo, meno l’occhio si affatica e più si gode una storia. Si tende a dimenticarlo troppo spesso, così come si tende a dimenticare di andare a capo il più spesso possibile, onde evitare dei periodi troppo densi.
Quanto agli stili, c’è una sorta di insicurezza che porta a strafare. Corsivo e virgolette alte per i pensieri si rivelano pleonastiche. O l’uno, o le altre. Il troppo stroppia. Il corsivo regala anche enfasi a ciò che evidenzia, come se la voce calcasse la parola o la frase in questione. Qui è usato per sottolineare il carattere della protagonista e i suoi sentimenti – invece di mostrarli al lettore – e non per le parole straniere. Maid, -san e –sama sono termini stranieri, e il corsivo ci vuole. È come se fossero delle eccezioni all’interno della lingua usata per il racconto – in questo caso, l’italiano – e le eccezioni si sottolineano, che sia tramite lo stile corsivo o tramite delle virgolette alte.
Non ho apprezzato l’uso della parola maid come sinonimo di cameriera. Non lo è. Lo è per i giapponesi, che distinguono tra メイド (maid), ウェイトレス (waitress, che è colui o colei che troviamo nei ristoranti), e 給仕 (Kyuji, cameriere in giapponese). Per loro ha senso usare un termine al posto di un altro, ché maid indica solo la cameriera col grembiulino bianco e la crestina che lavora in certi locali, e nient’altro. Maid non fa parte del vocabolario italiano, e l’autrice avrebbe dovuto usare il nostrano cameriera.
Anche il nome del locale è a metà strada. L’opzione migliore sarebbe stata Pink Maid, rispetto ad un pedissequo Pinku Maido.
Ho davvero apprezzato l’uso di È al posto dell’abusato ed inflazionato E’, che ritroviamo anche nei libri stampati – romanzi o saggi che siano.
Ho trovato un solo refuso in tutto il racconto: Spero che le mie ragazze l’abbiano servita con cortesia.
 
CONTO (gradimento personale e attinenza alle note): 6/10
Purtroppo, il voto deve tenere conto delle problematiche riscontrate nella sezione Menù. La sufficienza arriva grazie ai dialoghi e al rispetto alle regole grammaticali e sintattiche, qualità rare nel mondo della scrittura amatoriale, e perché i suoi personaggi mi hanno suscitato dei sentimenti forti: pietà per Mae e antipatia viscerale per Shizue.
La sufficienza, però, è data dal senso di straniamento che mi ha lasciato la lettura di questa storia. Il titolo suggerisce una cosa, l’intro aggiusta il tiro, ma la lettura mi pone di fronte a tutt’altro.
Mi aspettavo di leggere di un’ossessione – che può portare ad esiti violenti, sia chiaro! – ma qui l’unica ossessione che io riscontro non è tanto quella di compiere due volte la stessa azione, o di compierla nello stesso modo per più di una volta – ossessione che ci accoglie e abbraccia all’inizio della storia, ma poi scema, finendo quasi in sordina; qui l’ossessione è più quella di non essere come gli altri, che vivono le loro vite secondo schemi prestabiliti. Shizue si sente quasi superiore al resto dell’umanità proprio per questa sua ossessione di non ripetere due volte la stessa azione: è questo che interessa a Shizue, essere superiore al suo prossimo. È come se l’obiettivo scivolasse dalle piccole manie di Shizue – che assomigliano più a vezzi, a pallini, che a vere e proprie ossessioni – al suo latente delirio d’onnipotenza, che esplode come una granata tra le mani.
Gli altri, vivendo le loro vite lungo binari rassicuranti, ai suoi occhi assomigliano a bambole di carne, pecore al pascolo o poco più.
Shizue tramite i suoi comportamenti – che generano l’abitudine di evitare l’abitudine, paradosso dei paradossi – è come se potesse considerare se stessa l’unico, solo e vero essere umano.
Forse non avrei mai letto questo racconto se non fosse stato per l’iniziativa in corso, ché tendo ad evitare le storie con un risvolto psicologico: sono complesse da rendere e da gestire; ma, se ben scritte, sono molto, molto interessanti.
Ma l’audacia va premiata. Proprio perché non sono facili da gestire e da rendere, costituiscono delle sfide di per sé. E solo il fatto di averci provato merita un incoraggiamento.
Mi sento, però, di dare un consiglio all’autrice, quello di documentarsi meglio, prima di ambientare un racconto in un paese straniero così diverso dal nostro. L’ambientazione di un racconto è importante, sia quella storica, sia quella geografico-culturale. Se questo racconto fosse stato ambientato in Italia – magari ideando l’apertura di un Maid Cafè, che so?, a Milano, Firenze, Roma o Napoli – sarebbe stato molto, ma molto, ma molto più rotondo e ben radicato, e il mio voto, di conseguenza, sarebbe stato più alto. 
 

Recensore Veterano
03/12/17, ore 16:04

Ciao! Ecco il mio taccuino per l'iniziativa "4 storie.. (e un arbitro)".

LOCATION (titolo ed introduzione) : 7/10
Il titolo della storia è attinente e rivelatore del contenuto; dopo la lettura ho apprezzato la scelta del verbo “vivere” trovandola azzeccata e quasi macabramente ironica, constatando la fine che fa la protagonista, ma credo che questa sia soltanto una mia sensazione e lettura del tutto. L’introduzione è semplice, sintetica e diretta. Ci svela a grandi linee cosa ci si appresta a leggere, incuriosendo alquanto; personalmente preferisco (ed apprezzo in generale) l’utilizzo di parti del testo stesso, ma posso tranquillamente condividere tale scelta.

MENÙ (trama e personaggi): 10/10
La trama di questa storia, senza esagerare, mi ha veramente colpita tantissimo. La OS è una piccola perla delirante; un viaggio ben costruito nella psicologia malata di Shizue: un personaggio davvero azzeccato, nella sua psicotica insanità mentale. Ho adorato il modo in cui hai descritto tutte le sue più piccole ossessioni quotidiane. Leggendo le note finali, ho preso atto del tuo pensiero riguardante l’introspezione ridotta all’osso: beh, io credo che lo stile da te usato sia stato veramente perfetto ed adatto al fine di far entrare il lettore in questo particolare mondo freddo, distaccato ed anaffettivo. Sei riuscita a creare un personaggio squisitamente inquietante, complimenti. Accanto a questo “mostro” sociopatico si perde un po’ la figura di Mae, anche se messa in risalto dalla sua particolare realtà kawaii; comunque l’ho apprezzata, poiché adoro il Giappone e tutte le sue stranezze. La narrazione è in ogni caso una vera e propria escalation di follia pragmatica (il che la rende ancora più inquietante e disturbante); ho amato la parte Lemon nella quale, nonostante lo squallido obbiettivo, si riesce a percepire passione ed eccitazione. Infine la conclusione, una chicca macabra e magari un po’ sbrigativa, ma che è riuscita a sorprendermi lasciandomi quel senso di soddisfatto appagamento che solo una bella lettura riesce a darmi. Ti riporto anche due frasi che mi hanno particolarmente colpita, rimanendomi in testa: “Era la terza volta che si scusava senza nessun sincero pentimento”; “Spezzare la noia spezzando una vita”. Bravissima, davvero!

SERVIZIO (grammatica ed impaginazione): 8/10
Sull’impaginazione credo di avere veramente poco da dire: la lettura risulta scorrevole ed io apprezzo molto l’uso del corsivo con il fine di dare rilevanza a determinate parole o intere frasi. Per quanto riguarda la grammatica non ho denotato errori particolari, nonostante abbia letto la storia attentamente due volte. In alcuni periodi ho però notato un forse eccessivo utilizzo di virgole che, considerando la narrazione lineare e senza fronzoli, non sarebbe stato a mio parere necessario.

CONTO (gradimento ed attinenza alle informazioni): 10/10
Riconfermo il mio bel dieci, poiché ho adorato questa storia che ha in sé tutto quel che più mi piace: malattia mentale, erotismo, un po’ di sangue ed una visione dell’esistenza molto particolare e ben articolata. Quasi come se tutto fosse plausibile, nel suo essere esplicitamente folle: hai narrato questi accadimenti con maestria e non è assolutamente facile, secondo me. Trattare certi temi così particolari senza farli risultare grotteschi o eccessivi; beh, credo di aver letto pochissime storie così in tutta la mia vita, e ti assicuro che ho letto migliaia di fan fiction e di libri. Quindi non è per nulla facile sorprendermi, ecco: tu ci sei riuscita, bravissima! Passando al secondo punto, penso che le informazioni siano attinenti, ma che non sia possibile riassumere quel che è questa storia soltanto con l’ausilio di qualche sigla. Per quanto riguarda l’averla collocata nel genere “noir” non so, forse potrebbe essere catalogata anche come un thriller psicologico, o addirittura un horror (ho letto racconti di King che potrei tranquillamente accostare a questa storia, non scherzo). Credo di non essere la persona adatta nel giudicare ciò, poiché anche io sono spesso indecisa. Quindi tale dilemma non ha in alcun modo influito sul mio voto.

Complimenti, la tua storia è stata sicuramente la mia preferita.
Ciao :)

Recensore Master
28/08/13, ore 14:13

Okay, sino letteralmente rimasta a bocca aperta. Che storia affascinante e fuori dagli schemi.
Devo ammettere che io sono stata tra quelle che hanno cercato maid café su google >.<
Trovo che il punto forte di questa storia, oltre all'originalità, sia la personalità e, di conseguenza, la caratterizzazione della protagonista. Una persona folle, ma che tu sei riuscita a descrivere con la massima precisione, nonostante le difficoltà di esporre a parole imrifirimdimuna mente malata.
Nonostante non adori le femslash proprio per niente, Cara, la tua scena rossa era così hot e carica di Eros che mi ha fatta sospirare!^^
Davvero complimenti!

Nuovo recensore
02/08/13, ore 22:10

Ciao! Sono nuova e partecipo allo stesso contest cui la tua storia è destinata. =)

Complimenti vivissimi per la storia, l'ho trovata fantastica.
Io che non amo leggere di scene erotiche/sessuali (di qualsiasi tipo, non ho pregiudizi) ti assicuro che ho trovato la tua talmente scorrevole, delicata e appropriata (non trovo un termine migliore) che mi è scivolata dentro senza distaccarmi dalla storia.
Lo stile che hai usato è davvero accattivante e il climax della follia della protagonista è reso magistralmente, così come la cruenza è ben descritta e la zuccherosità non è stucchevole ma è ben resa.

Giuro che ho amato il pezzo finale "AGENTI!" "TROIA!".
In un momento così cruciale della vicenda, in cui tutto (che un po' si poteva prevedere, ma chi andrebbe mai a pensare una cosa simile realmente?!) viene alla luce, la follia sta sgorgando... Lei, nella sua pazzia, è quasi comica.
Lì ho capito che la protagonista avrebbe continuato a starmi simpatica, nonostante la sua insanità mentale.

Complimenti =)

Recensore Master
31/07/13, ore 22:56

Che storia pazzesca! *.* letteralmente, hai descritto il lento scivolare nella pazzia di questa donna in maniera magistrale!:) hai svolto il pacchetto in maniera impeccabile, a mio avviso!:)
Sono davvero felice di averti nella mia squadra!
Ye ye ye!!!
Baci 
Lav

Recensore Master
21/07/13, ore 17:06

Ciao Visbs!
ero curiosissima di vedere come avevi interpretato il pacchetto, e sono rimasta colpita!
intanto mi è piaciuto il modo veramente diverisissimo in cui l'abbiamo usato, e la tua scelta dell'ambientazione "metropolitana", moderna e tagliente è stato davvero ottimo.
Il ristorante 'attuale', che per i frettolosi giapponesi che corrono tra lavoro e casa è più probabilmente un caffè, un fast food, è giusta e realsitica e credo che quei bar con le camerierine sexy siano il non plus ultra per la clientela.
di solito maschile, oppure una ragazza che deve provare, perchè di solito un posto così "rosa" non è di suo gusto, purchè cambi tavolo, e possibilmente costringa la realtà a mutare intorno a lei, di modo da trovare sopportabilee ripetere l'esperienza di un posto.
ma c'è chi è semplicemente stabile nella sua semplice ripezione dei gesti, o nasconde i cambiambiamenti per svelarli solo alle persone fidate.
Shizue non lo accetta, uccide senza rimorso per creare un forte diversivo, dare una diversa prospettiva alla donna che l'ha 'ammaliata' (almeno al momento)e quando tutto si ritorce contro di lei, preferisce morire; non tano per il processo, la condanna, ma per il terrore fobico della noia della prigione.
non avrei mai penmsato una soluzione così, è davvero bella!
ti auguro buona fortuna con la storia, e ci vediamo sul contest!
baci, Setsuna
p.s vorrei un pasticcino rosa, adesso...

Recensore Junior
18/07/13, ore 18:57

Ciao, Visbs.
Non so davvero da che parte cominciare... ti dico solo che, come sempre, riesci a stupirmi col tuo modo così originale di vedere e farci vedere le cose...
soprattutto, per quanto riguarda il tema particolarmente ostico e contorto come può esserlo solo quello dell'ossessione... ma, soprattutto, per il tipo di ossessione che hai scelto di descrivere...
l'abitudine... davvero, io stessa non avrei mai pensato che potesse esserci qualcuno con una paura simile...

Per non parlare poi, del modo a dir poco magistrale che hai avuto nel farci entrare nella mente della protagonista, e della sfortunata donna che si troverà ad essere testimone del suo gesto estremo...
il ritmo incalzante che usi, il tuo uso sapiente delle descrizioni di luoghi, sensazioni, colori, il rosa innanzitutto, i dialoghi, sui quali mi soffermerò più in là nella recensione, fanno di questa shot un capolavoro assoluto.

Parliamo della protagonista, Shizue... già dall'inizio, si capisce che la ragazza ha come un terrore atavico di tutto ciò che rientra nel consueto, banale e ripetitivo... ma, soprattutto, che per lei questo atteggiamento è perfettamente normale... la miriade di interessi che la circondano, insieme al suo continuo variare orari, momenti, ordine in cui fa qualsiasi cosa, ti trascinano in una spirale che per me, abitudinaria fino all'estremo, è a tratti vorticosa e quasi inimmaginabile... Shizue è un continuo turbinio di cambiamenti...

Dopo l'incontro con l'altra protagonista, Mae, Shizue ha quella che io considero una speranza: riuscire a trasformare quella ragazza, abitudinaria, legata a ciò che è stabile e continuo, in una persona simile a lei.
Mirabile il momento in cui Shizue, dopo aver fatto sesso con la ragazza, si aspetta qualche cambiamento, e invece, non accade nulla... quel momento ci da una sfaccettatura fino a quel punto non vista della sua follia...

Ma, il momento che ho preferito, e, che secondo me racchiude perfettamente lo spirito della fic, è questo:

-Non capisci? Non capisci che è l’abitudine ad essere malvagia? Non capisci quanto misera sia la tua vita?-

Qui, infatti, s'intuisce tutta la follia mista a qualcosa che, a mio avviso, può essere riconducibile a terrore infantile, di Shizue.
Terrore che culminerà nel momento in cui sceglierà di morire, piuttosto che essere costretta a vivere giorni tutti uguali in prigione.

Mae è un po' il suo opposto, con quel suo modo di far entrare il color rosa un po' in tutto nella sua vita, e il suo fare le cose pressocché sempre allo stesso modo. E, in fin dei conti, forse sarà stato un po' questo, ad attrarre Shizue, no? E, per questo, ha dovuto pagare un prezzo molto alto. l'ultimo dialogo che avrà con Shizue, rappresenta il culmine del conflitto tra le due, del quale Mae verrà a conoscenza solo quando la ragazza ormai fuori controllo, glielo sbatterà letteralmente in faccia. Hai costruito in quelle poche frasi, un qualcosa di potente e perfettamente verosimile, nella sua unicità ed originalità.

Per questo, ci tengo a ringraziarti e farti i complimenti per lo splendido lavoro.

Naturalmente secondo me la scelta di ridurre le introspezioni al minimo è azzeccatissima, visto il tema, molto dinamico, che hai scelto di trattare e che peraltro ti è riuscita splendidamente.
l'Unica pecca, è che, forse al tuo posto, io avrei evitato di descrivere l'ossessione di Shizue in maniera diretta, lasciando al lettore il compito di comprenderla da solo, creando così una full immersion ancor più forte e scioccante.

Spero che tu non ti offenda per questo, è solo la mia opinione.

Detto questo, ti saluto e ti abbraccio fortissimo.

Con affetto, Werewolf1991

Recensore Junior
18/07/13, ore 00:33

(Segnalazione indirizzata all'amministrazione per l'inserimento della storia tra le scelte)
Mi piacerebbe che questo capolavoro di fanfiction finisse tra le Scelte, innanzitutto, la storia è scorrevole, scritta benissimo e coinvolgente. Lo stile è bellissimo perché mescola benissimo azione e introspezione, facendo credere davvero nelle motivazioni dei personaggi senza però annoiare il lettore, cosa che è davvero difficile, oltre che rara, nelle storie così corte.
In questa storia meravigliosa è soprattutto la protagonista che colpisce: pure nella sua pazzia non ha un solo momento in cui agisce fuori dai suoi schemi, non c'è un solo cedimento. Lo stesso si può dire della co-protagonista che per quanto accennata è perfettamente coerente con la storia e con il suo stesso personaggio!
Sono favolosi i dettagli: i viaggi che la protagonista prepara scrupolosamente per non abituarsi allo stesso posto, pur non accorgendosi di essersi abituata a viaggiare, tutto il rosa che circonda il mondo di Mae, i genitori di Shizue che sono solo accennati ma ben presenti in tutta la storia...
Sono questi i motivi per cui credo che questo racconto si meriti di figurare tra le storie Scelte del sito.

Recensore Junior
17/07/13, ore 23:15

... Vicchan io sono... Boh, non so come sono.
Cercando di fare una recensione decente sappi che dal punto di vista grammaticale è tutto perfetto, o, se non lo è, il ritmo frenetico della storia non lascia tempo per farci caso.
Dio mio, che storia. Shizue è completamente pazza, ma allo stesso tempo è un personaggio perfettamente coerente con sé stessa. Idem per Mae che, poverina, probabilmente vuole solo vivere la sua vita nel suo bel café rosa.
Dal punto di vista della (a parer tuo) mancata introduzione sappi solo questo: questa storia è così perfetta che un minimo di introduzione in più o in meno l'avrebbe rovinata. Senza contare che se anche è vero che l'azione domina sull'introspezione sei comunque riuscita a mostrare tutto ciò che dei personaggi andava mostrato.
Davvero bella. Sono quasi impazzita pure io.
E credo che sta notte metterò il pigiama prima di lavarmi i denti, tanto per cambiare un po'.
Complimentoni, Vì!!!
Locchan