Recensioni per
Occhio, Cuore, Cervello
di claws

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
29/09/13, ore 16:18

[Contest "Le Lampade di Valar", di Silvar tales]
 classificata
 Occhio, Cuore, Cervello di claws, con 27,5 punti
 

Il mio giudizio su questa storia non può che essere estremamente positivo. Mi è sembrato opportuno toglierti solo qualche punticino nell'originalità, perché non mi hai offerto molti spunti per darti di più. La trama in sé è semplicissima - e con questo non voglio affatto dire che non mi sia piaciuta -, senza colpi di scena o particolari rivelazioni. Non so come dire, dal punto di vista della novità non ti sei sbilanciata, ma non te ne faccio assolutamente una colpa. Solo che non ho potuto darti di più in originalità (purtroppo questa voce spesso penalizza storie lo stesso molto belle, infatti sto cominciando a pensare seriamente di ridurne il peso o di toglierla del tutto). 
Tuttavia ci sono lo stesso degli elementi originali nella tua storia. E partirei dal più importante e banale: il fatto che tu ti sia concentrata sul personaggio di Leonardo. È qualcosa che capita di rado nelle storie su AC, si tende sempre a concentrarsi sull'assassino di turno. Invece stavolta hai voluto mostrarci una grossa porzione della mente dell'artista, infatti su questo versante il racconto è caratterizzato da una forte introspezione, per quel che riguarda Leonardo intendo. Ma non è un'introspezione noiosa e scontata, d'altra parte come potrebbe essere? È della testa di Leonardo da Vinci che stiamo parlando! Difatti secondo me hai caratterizzato questo personaggio alla perfezione, sei riuscita ad entrare nella sua mente contorta e raffinata, infittita di passaggi sottili e delicati, sei riuscita a descrivere la laguna di Venezia addormentata attraverso i suoi occhi, per citare uno tra i tanti esempi. E non chiederti perché hai guadagnato il massimo nella caratterizzazione: entrambi i personaggi sono assolutamente perfetti, in tutto e per tutto. 
Un altro elemento che ho trovato originale: il gatto, il gatto e gli esilaranti commenti che talvolta dispensa sugli esseri umani. È una presenza per nulla invadente, anzi curiosa e simpatica, inoltre offre spunti di paragone con Ezio e spunti di riflessione per Leonardo – anche se bisogna ammettere che per il nostro artista qualunque cosa è spunto di riflessione. Una bella trovata. 
E a proposito del paragonare Ezio con il gatto, l'hai fatto una volta, e con un piccolissimo tocco di genio hai colto l'occasione per rompere l'aspettativa del lettore. Cosa possono avere in comune Ezio e un gatto? Scommetto che a chiunque poni questa domanda, me compresa, la risposta sarà sempre: l'abilità nell'arrampicata. E invece tu, con una lieve ironia: 
A quel punto Leonardo constatò che esseri umani e gatti avevano davvero qualcosa in comune: l'espressione di Ezio era quella di un gatto soddisfatto per cibo e coccole
Ripeto, geniale rottura di aspettativa. Dimostra ancora una volta il tuo modo disinvolto di muoverti tra le parole. 

Cambiando argomento, un altro pregio che ha la tua storia sono i dialoghi. Frizzanti, diretti, limpidi e assolutamente realistici e consoni per i due personaggi. So che può sembrare un aspetto minore, ma seriamente i tranci dialogici sono così maturi e disinvolti che è un piacere infinito leggerli. 
Colgo l'occasione e passo a parlare dello stile. 
Lo stile è generalmente lineare, con qualche punta davvero raffinata (come quando paragoni Venezia a una sirena), solo talvolta qualche espressione colloquiale, ma restano casi isolatissimi di nulla importanza. Eppure, anche senza i pochi colloquialismi, lo stile non è lo stesso immacolato. Ad esempio: 

I soldati si stavano avvicinando con clamore d'armi e un po' di paura. → non sono riuscita a capire quest'ultima espressione, forse ci manca qualcosa in mezzo? O se così non è, mi pare questa un'eclatante caduta di stile, che oltre tutto non ha nemmeno senso (forse intendevi dire che i soldati incutevano paura? Oppure che erano gli stessi soldati ad avere paura? In ogni modo un po' seguito dal genitivo partitivo di paura è una costruzione che definirei quasi infantile che qui, in mezzo a un buonissimo tono stilistico come il tuo, non trova posto. Ma sono fermamente convinta si tratti di una svista). 

fare l'assassino richiedeva talmente tante energie che mai, mai Leonardo si sarebbe abituato. → formulata in questo modo la frase è ambigua, a cosa non si sarebbe abituato Leonardo? ad avere tante energie o a fare l'assassino? Presumendo che si tratti del secondo caso, è meglio riformulare in questo modo: fare l'assassino richiedeva talmente tante energie che mai, mai Leonardo ci si sarebbe abituato
Ma rimane comunque una frase un po' contorta. 

E a proposito di contorsioni, un'altra pecca che ho riscontrato nel tuo stile è che in un caso ti sei lanciata un po' troppo con gli intrecci metaforici, e secondo me sei caduta troppo nell'astratto, ho perso il filo. Lo stratagemma della personificazione è delizioso dal punto di vista stilistico, ma attenta a non esagerare, perché tradisci lo stile pulito e immediato che usi nel resto della narrazione. In particolare mi riferisco al pezzo Che quindi c'è un infinito dove Leonardo e Venezia... ...e la polvere delle proprie canzoni. → devo ammettere che non ho affatto capito questa parte. Ho seguito perfettamente da La notte, la notte, la ferita più dolce fino a di tutto quello che c'è nel mondo e tra le stelle, e anzi sono rimasta letteralmente affascinata dal tuo modo disinvolto di amalgamare stile poetico e consueto andamento prosastico (come ad esempio la ripetizione iniziale, sembra quasi dare inizio a una cantilena, o meglio, visto il soggetto, a una ninnananna), ma dopo, nelle due righe seguenti, continuando a insistere sul rapporto Leonardo/Venezia (affascinante ma, devo ammettere, non chiaro al cento per cento), sulla personificazione della città e sui conseguenti giochi metaforici che ne derivano, il lettore perde un po' il filo del discorso. O meglio, è costretto a fermarsi e a ragionarci a fondo per sbrogliare il nodo che proponi. E questo non lo ritengo mai un bene, perché va a discapito della scorrevolezza della narrazione, caratteristica che per il resto hai mantenuto egregiamente. Credo che avresti potuto trovare un modo più semplice e diretto di presentarci metafore anche ardite, di modo da non costringere chi legge a bloccarsi. 
Quasi dimenticavo, già che siamo in ambito. Questa frase: 
non era assolutamente sano per i dipinti e i progetti in giro abitare insieme a un potenziale pericolo ambulante 
con tutta la mia buona volontà, non l'ho affatto capita. Non è chiara, per nulla. 
Un'ultimissima cosuccia: 
Leonardo lo aspettava ai piedi della scalinata 
Perché Leonardo? Non è stato forse Ezio ad aver vinto la gara? 

Ed ora voglio cambiare versante, sto insistendo veramente troppo su ciò che in fin dei conti sono sciocchezze che ti hanno tolto non più di mezzo punto, perché per il resto lo stile che usi fila liscio che è una meraviglia, oltre ad essere circolare ed equilibrato, ogni frase è ben conclusa, padroneggi la narrazione con scioltezza e maturità, e tra piccole cadute e spicchi di vera eccellenza, il mio giudizio è senza dubbio più che distinto. 

Come ti dicevo prima, i personaggi rientrano perfettamente nella loro caratterizzazione originale. Non solo, il tuo non è un Leonardo "di facciata", è approfondito. Non si limita ad aderire passivamente alla sua caratterizzazione di base, ma la rende attiva e la ispessisce, soprattutto attraverso il mondo fatto di pensieri del quale talvolta ci offri uno scorcio. Ezio è già meno approfondito da questo punto di vista, ma rimane perfetto anche lui. Inoltre è naturale che sia così dato che - oserei dire - questa è una pov Leonardo, tranne in un pezzo dove abbiamo solo Ezio in scena. E a proposito di quel pezzo, ho molto apprezzato alcuni tuoi tentativi di rendere verosimili evidenti esagerazioni del videogioco, come il fatto che Ezio non gradisca tuffarsi nei canali veneziani per poi doversi asciugare, oppure quando descrivi lo spostamento della scala. Sei stata molto precisa e accurata, mi è piaciuta questa tua attenzione al risvolto "pratico" delle cose. 

La condizione di descrivere almeno un passaggio dal giorno alla notte è stata pienamente rispettata (anzi, ti sei persino dilungata fino all'alba, perfetta), temevo che ve ne sareste dimenticati, perché in effetti era una richiesta un po' insolita. Inoltre l'hai usata per inscenare ancora una volta i pensieri dell'artista. Ma dicendo così sembra quasi che questa storia sia tutta quanta introspettiva, invece no! Perché il tuo pregio è stato quello di unire stupendi e stimolanti filamenti di riflessione ai fatti, semplici ma curiosi e sfiziosi, come ad esempio la prova notturna della scatola luminosa. 
Il tuo modo di descrivere l'amicizia tra l'artista e l'Assassino è impagabile, è un'amicizia fatta di battute pronte, occhi alzati al cielo, sospiri insofferenti ma allo stesso tempo scherzosi, fatta anche di momenti malinconici: 

« [...] Ora alzati, che non so se tra dieci anni saremo ancora vivi o ancora qui a Venezia»
Profezia dura, ma assolutamente possibile; solo che il tono con cui Ezio la pronunciò la fece sembrare più serena, come se dopo la morte si sarebbero ritrovati tutti insieme davanti a un bicchiere di vin santo e qualche dolce secco

A parte il fatto che trovo assolutamente meraviglioso questo passaggio, forse il mio preferito in tutto il racconto, sembra quasi - non vorrei dire delle sciocchezze - che accenni al fatto che Leonardo morirà relativamente giovane. E oltre a questo, credo che questo pezzo rappresenti l'amicizia tra i due in tutta la sua profondità, e inoltre un'altra cosa che fai è dare uno spessore al personaggio di Ezio, una sorta di serietà drammatica che in realtà il suo personaggio possiede, anche se a una prima occhiata non è evidente. 
Credo che questa sia una delle più belle storie che parlano di amicizia in cui mi sia mai imbattuta. Senza essere sdolcinata, senza cadere in eloquenti effusioni, ma lasciando intendere il loro affetto sul sottile intreccio dei loro discorsi e dei loro pensieri. Ed è in questo modo, non palesandolo apertamente ma rendendolo implicito, nascosto dietro l'apparente insofferenza di Leonardo, che lo rendi ancor più credibile e veritiero. Brava. E te lo ripeterei all'infinito. 

Ma ora cambiamo argomento, perché prima di concludere voglio ancora sprecare qualche parola sull'ambientazione, legata anche all'attinenza: non potevo non darti il massimo. La storia è letteralmente piena di particolari di ogni genere, piccoli tasselli colorati che vanno a ricreare fedelmente l'atmosfera che si respira nella Venezia rinascimentale. Mi piace anche il fatto che tu abbia voluto soffermarti un secondo su personaggi come medici e cortigiane, che nel videogioco sono prettamente anonimi e funzionali (e questo rientra nel tuo tentativo di conferire verosimiglianza ad alcune storture che, per forza di cose, compaiono nel videogioco). Non c'è che dire quindi, il contesto è veramente ben costruito, con descrizioni precise, impegnate e fedeli. E inoltre la fine, con quell'affascinante spiccata di stile, è assolutamente perfetta (forse complice il fatto che hai scelto un momento della giornata che adoro, appena prima dell'alba, quando la notte inizia a sfumare nel giorno), ritengo che tu abbia ricreato benissimo quelle emozioni che si provano a stare qualche minuto fermi su un tetto, ad ammirare dall'alto la silenziosa laguna (dall'alto, qualsiasi ora del giorno sia, la città è sempre silenziosa nel mondo ricostruito di Assassin's Creed, si sente solo il vento), cosa che io ho gradito fare parecchie volte nel videogioco; d'altra parte, il secondo capitolo è il mio preferito - e so di non essere originale in questo. 
Perché Assassin's Creed non è solamente fatto di combattimenti e uccisioni, ma di paesaggi, ambientazioni, colonne sonore affascinanti che riescono a farti vivere in un altro mondo che profuma di antico. 
Bellissime anche le ultime frasi, dove non a caso riprendi il titolo (quel titolo che, quando ancora dovevo iniziare a leggere, non comprendevo e, anzi, mi sembrava bizzarro) spiegandolo, Davvero in Leonardo cuore e cervello lavoravano insieme, come fossero una cosa sola. → nulla di meglio per coronare la caratterizzazione di un personaggio che aveva già stra-raggiunto il top. Inoltre hai dato un senso anche alle precedenti riflessioni dell'artista sui progetti accantonati, è come se quelle invenzioni scartate avessero dato vita a un'altra, il paracadute. 
E credo che un paracadute sia un dono più significativo da fare a un amico, piuttosto che una lama celata. 


Grammatica 5/5 
Stile 4,5/5 
Originalità 3/5 
IC 5/5 
Attinenza 5/5 
Ambientazione 5/5 

Totale 27,5


Grazie ancora per aver partecipato!
Silvar

 

Nuovo recensore
07/08/13, ore 16:32

Questa storia é un capolavoro come pochi. Hai un modo di scrivere davvero intrigante e convincente perché sembrano davvero Ezio e Leonardo a parlare. Davvero bravo o brava xD