Non hai idea di quanto ti capisca, ma tu, dopotutto, mi conosci bene, senpai.
Direi che il desiderio di piantarsi un chiodo nelle tempie, di dire al proprio cervello 'smetti di torturarmi!' sia una cosa comune ai più dei giovani che si sono imbarcati almeno una volta nella scrittura. I pensieri che premono, che lottano per venire fuori non possono rinunciare alla loro valvola di sfogo una volta che ne hanno trovata una, e così ci torturano, implorandoci di dare loro un volto, un'identità. Quante matite abbiamo consumato, quante pagine di Word abbiamo nascoste, salvate nei recessi del nostro computer, che forse non saranno mai più toccate... idee di un momento, ispirazioni che non ritroveremo mai più, frammenti della nostra anima che non riusciremo mai più a posizionare nel puzzle che nel tempo della loro nascita avevamo ideato. L'ispirazione è una tortura, un ospite non voluto che ti piomba in casa all'improvviso obbligandoti ad occuparti solo di lui a discapito di ciò che stav facendo prima e che, quando lo chiami tu, si rifiuta di venire ad aiutarti...
Grazie per aver dato voce ai miei pensieri.

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Neppure lontanamente puoi immaginare quanto io ti capisca. Innumerevoli sono state le volte nelle quali  snetendo bruciare dentro di me un fuoco palpitante ho provato ad esternarlo sul foglio di carta, ritrovandomi con lo stesso foglio, ore dopo, completamente vuoto. Pensieri, idee, ambizioni, tutto schiacciato dentro di me. Non sono mai pienamente soddisfatta alla fine di una mia composizione, mai: so di avere ancora miliardi di parole impresse nella mia mente, ma lì rimangono, purtroppo, poichè non riesco a trovare il modo di esprimerle qui, fuori. Credo di avere anche avuto paura del foglio di carta, a volte, paura dei suoi strani poteri, della sua capcità di riscucchiare tutto, rendendo le mie idee così poco innovative, una volt trcciate su di lui. Pensavo di essere l'unica, prima di leggere queste tue righe.

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