Recensioni per
Sera
di puciu

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
19/10/13, ore 12:52
Cap. 1:

Ho cliccato sul tuo nome nella pagina dei preferiti con la speranza forte di trovare un nuovo scritto, dopo mesi di clic a vuoto; era come se lo sentissi, che, oggi, ci sarebbe stata una poesia in più.
E' bella e struggente nella sua semplicità. Il tempo presente rende tutto eterno, perenne, incastonato in un passato che è sempre presente e che non si trasformerà mai: il tempo dell'attesa, precisamente quello. Dietro la semplicità, un grande significato, come sempre, dietro ogni tua peosia.
E poi le parole. Non so se ora vada di moda soffermarsi sul significato delle parole, fare congetture sulle loro implicazioni: ho questo sentore, come di una tendenza nell'aria, e sinceramente non riesco ad individuarne la sorgente. Io so che sempre ho fatto così e che sempre il mio cuore mi porterà a farlo. Perchè una "bandiera bianca" stesa sul tavolo è il passo indietro dopo un litigio, la richiesta del perdono tramite il cibo, tramite una gentilezza, e bastano quelle due parole per lasciar immaginare il tempo speso ai fornelli, quello a cercare di calmarsi, a respirare forte e profondamente, ad apparecchiare con cura la tavola (non so voi, ma io faccio attenzione a tutto, la posizione di ogni posata e di ogni piatto dev'essere precisa e studiata). E poi il "bentornato" che resta "muto", che è un'entità quasi estranea ma di cui ti approprii e che non può essere sfoggiata. Ed è un nuovo tempo, scandito non tanto dalle lancette, ma proprio da quel "resta muto / sulle labbra", che io immagino duramente chiuse, sempre più duramente, fino a quando quel "bentornato" non scomparirà, assieme alla "bandiera bianca".
Sarà che i litigi sono il mio pane quotidiano, ma anche questa è veramente bella.

Recensore Veterano
30/09/13, ore 19:31
Cap. 1:


A livello visivo, questa poesia sembra statica, ferma: ogni immagine è come un'istantanea, la bandiera sulla tavola, le lancette, la porta chiusa, e quelle labbra sigillate, quel sorriso che non può arrivare perché non arriva la persona alla quale è destinato. C'è un'immobilità incredibile, rassegnata: sono rimasta colpita da quel “quieta” lasciato lì da solo a fine verso, come a suggerire l'idea di una persona che finge di stare bene anche nella più completa solitudine. Anche il bianco mi dà l'impressione di un'emozione svuotata, di un viso che ha perso colore e vivacità. A livello uditivo, invece, mi sembra di cogliere, in un climax discendente, il progressivo spegnersi dei rumori: la bandiera che viene spiegata sul tavolo ed emette un fruscìo leggero e il ticchettio dell'orologio sono rivelatori di una speranza che muore perché la porta non sbatte, e le labbra restano chiuse, a sigillare un dolore silenzioso. Il connubio che hai creato tra vista e udito è pazzesco e rivela una fragilità profondissima che si può notare osservando la poesia da più punti di vista. Ottimo lavoro Michi, come sempre.