Mi piace tantissimo questa poesia e quel suo gioco di parole, a-mai (anche a me capita spesso di giocare così, con le parole spezzate e ricongiunte da un trattino, anche quando scrivo una cosa qualunque).
Questa poesia sa d'irrazionale; come sempre le parvenze di senso logico e compiuto (che siano strofe o periodi sintattici) vanno a farsi benedire nei tuoi versi; non ci sono regole a cui le tue parole possano sottostare - mi sbaglio? A me sembrano decisamente anarchiche. E non fraintendermi, perché magari può non sembrare un complimento, ma lo è, io invidio molto la tua capacità di creare legami e sensi vorticosi fra frasi ad una prima occhiata sconnesse.E mi piace moltissimo la frammenteazione e il senso di frantumazione di questa poesia; la cosa strana è che c'è un abbozzo di struttura in questa poesia, con due distici, una aprte centrale distaccata e altri due distici. Io credo però che non sia frutto d'una ricercatezza, quanto più di una coincidenza, nel senso che quei versi ben s'adeguavano a questa sorta di schema. Sono stati loro a sceglierlo e non il contrario.
Una poesia del genere, una poesia sul suicidio - non per forza fisico -, tratteggia quella sensazione d'aver finito il tempo a disposizione, che più spesso è l'apparente manifestazione di una diversa e celata sensazione: la sensazione di non poter rimediare ad una determinata situazione, che reputiamo disperata. Detto così sembra aver risolto il problema, il fatto è che le cose non sono così semplici. Perché sebbene i nostri problemi possano apparire, ad occhi esterni o agli occhi della nostra severa coscienza, futili, banali, risolvibili, aggirabili, superabili, è anche vero che ciò che ci tormenta ha la propria raison d'être, talvolta inesplisabile, tale da condizionare il nostro vivere. E se smettiamo d'amare la vita e ogni secondo è destinato a trascorrere nell'indifferenza, nella sofferenza e nella freddezza interiore, se è così che vediamo le cose, se il mondo comincia a nausearci perché ad un certo punto lo osserviamo e ci appare monotono, insopportabile, troppo difficile e troppo elementare allo stesso tempo, allora l'insoddisfazione perenne avrà la meglio su di noi e quel delicato piano di suicidio sarà la fine di ogni sofferenza, di ogni incomprensione, di ogni derisione del mondo attorno che non comprende le nostre ragioni, che trova la propria salvezza in una superficialità che permette di passare da una persona all'altra e da un evento all'altro in una routine perfettamente sopportabile (ma come farà?).
Non è una routine per tutti. Ci sono alcuni che non riescono ad accontentarsi - davvero, ce la mettono tutta ma proprio non ci riescono. E a volte non capiscono - il mondo, il "destino", se stessi - e non capire, per loro, è terribilmente fastidioso.
Così sorge quel piano e così s'attua quella vendetta (verso chi?); mi piace moltissimo l'ultima parte, con quei due distici che in modo veramente delicato descrivono quell'atto come un dono e delle labbra rosse e il risentimento scorrere via, sarebbe stato crudo - mi sembra una sorta di pudore interiore, come dicevo nell'altra poesia, ciascuno ha il proprio forse - eppure sarebbe anche stato da te raccontare senza mezzi termini di quel sangue scorrere da quella ferita autoinferta e quelle vene lacerate come simbolo di un rifiuto e di un r-d/ecesso, per andar via più in fretta da questo mondo ostile e troppo strano.
A-mai (più).
Splendidi versi. Complimenti! |