Recensioni per
Antologia delle ombre
di HellSINger

Questa storia ha ottenuto 10 recensioni.
Positive : 10
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
25/09/14, ore 11:35
Cap. 11:

Bellissima! Un amore che provoca dolore, parole che pugnalano l'anima... stupenda! Forte l'immagine della lenza in gola, ma i versi che più mi hanno colpito sono stati i primi due: "Se ti spogliassi di questa innocenza
capiresti che l'amore nasconde violenza."
Mi hanno fatto venire i brividi.
Compliment :D
Au revoir

Recensore Veterano
19/09/14, ore 23:01

Una poesia meno violenta del solito, dai toni smorzati, come se fosse un segno di rispetto per quel mondo. Un mondo splendido, un mondo che in potenza racchiude ogni felicità, ogni bellezza, ma che eppure è oscurato, resta rinchiuso nella sua cella, è inesprimibile. Io penso che, se deve andare così, se non siamo capaci di esprimere quanto sentiamo, quanto vorremmo esprimere e vivere, allora siamo maledettamente imperfetti, ed è un'imperfezione che fa innervosire di più ad ogni giorno che passa. Siamo noi stessi ad oscurare quel mondo; e sì, certo, potremmo dare la colpa al mondo esterno, che ci condiziona e ci limita e ci impone una scomoda superficialità preconfezionata, potremmo dare la colpa alla nostra natura e a quella maledetta imperfezione, eppure... è anche, soprattutto colpa nostra, di questo corpo umano così materiale e che male combacia con quel mondo dall'estensione illimitata, colpa nostra che non troviamo le parole giuste al momento giusto, colpa nostra che preferiamo perderci malinconicamente nel mondo interiore, forse non abbiamo veramente intenzione di viverlo? Fa troppa paura? Serve troppo impegno per tentare?
Bellissime le figure che hai utilizzato nelle varie strofe, bellissima l'immagine del cieco che vive in un mondo visivamente indiscriminato, coperto d'un nero impropriamente definito tale; eppure credo che quel cieco ben poco si curerebbe della definizione di un colore. Per lui non avrebbe senso, è un fattore superfluo; sarebbe come se noi ci crucciassimo per sapere come ci apparirebbero i raggi gamma se potessimo inquadrarli con la nostra vista.
Belle le ultime strofe, con l'ombra della fine che si fa avanti, mentre quel mondo interiore muore in uno dei tanti corpi di una folla indistinguibile, massificata, così uguale, così monotona, così indifferenziata. Una folla grigia e vuota, e quel cuore destinato a morire, là, senza avere avuto la sua occasione. Scomparirà. Scompariremo. E nella folla chi vuoi che s'accorga della nostra assenza?

Bellissima poesia. Complimenti!

ps.

"innamorarsi E alla fine tutte "

Qua c'è una maiuscola di troppo o volevi andare a capo o manca un punto? (sì, lo so, sono precisino)

Recensore Veterano
03/09/14, ore 19:48

Questa poesia mi è parsa insolita, sai? E sì, iniziare così sta diventando un'abitudine (forse anche piuttosto irritante, eh?), però mi trovo un po' a disagio nel vedere una tua poesia presentata in maniera così elegante, è come un piccolo fiore curato, coltivato da tanto, tanto tempo, e non il solito fiore, magnifico ma randagio, colto - anzi no, non colto ma catturatto, strappato via con violenza - su un ciglio della strada mentre vagavi in cerca di qualcosa.
Mi piacciono questi versi, è una poesia breve ma è d'una delicatezza estrema (ed è strano che una delicatezza possa essere estrema, non trovi?), si direbbe sia una poesia assai autobiografica e quindi commentare le tue parole diventa un po' più complicato. Spero mi perdonerai se qualche parola ti suonerà inappropriata e spero perdonerai anche le mie interpretazioni che magari andranno fuori strada.

"M’accolse suon di petali caduti,
sulla porta delle labbra, parole,
mai più sentii i giuramenti muti,"

Il primo verso dipinge una tela - è il primo tocco d'artista - e delle schegge di un cuore composto solo da petali e d'un tratto spezzato, coi petali che prendono a spargersi e così l'attenzione si sposta su quei petali in caduta libera, coi loro suoni appena percettibili; mi ha fatto pensare ad una melodia morente, silenziosa, discreta, senza voci alte e senza archi ad accompagnare delle percussioni acusticamente isolate. E quelle parole non dette, quelle parole ancora da pronunciare, destinate a restare chiuse dietro quella porta, sigillate fra le labbra. E i giuramenti muti, come gli sguardi d'intesa e le promesse implicite e forse infrante, attirano l'attenzione, rimandano a inversi e primavere trascorse con nostalgia. Sembra la promessa di un amore infranto e la delusione è palpabile, cocente ma composta. Ha il portamento fiero di una nave destinata allo smantellamento, ma su cui ancora issano ogni bandiera quotidianamente e la sventolano in alto, come chi vive con il peso d'una delusione addosso, ma non lascia trapelare nulla al mondo.
Quei giuramenti...

"caddero come ali di farfalla,
da occhi d’acqua profonda,
lacrime a seppellir i sentimenti."

caddero così, precipitarono dopo aver sfiorato il cielo e caddero con eleganza, come fa questa poesia, caddero senza far troppo rumore, caddero senza scomporsi, non esteriormente. Lasciando solo una traccia, oltre quel tonfo sordo e impercettibile, lasciando delle scie azzurre a seppellire i sentimenti, come sotto due torrenti (e temo che non siano abbastanza profondi da non lasciarli riaffiorare di tanto in tanto), e quelle scie da ricordare e ripetere come un mantra per non ricascarci più, per far finta che non ci sia più alcun sentimento - finché non calerà il gelo, l'apatia, a fermare i torrenti.

"Il suo cuore lentamente muore
come l’albero, che le foglie
Perde e il gelo avvolge…"

Forse per questo il suo cuore lentamente muore, a piccole dosi, perché quelle scie sono ancora fresche, perché quei petali fanno ancora un rumore, quasi impercettibile, eppure per alcune anime è come sentire un fracasso. E giorno dopo giorno perde qualcosa, forse l'occasione di vivere meglio, di vivere di più, forse soltanto di vivere e basta, e il suo cuore sarà spoglio di petali, come un albero di foglie, in un giorno d'inverno.

È una bella poesia, eppure... spero che non sia la poesia che ho letto, spero tu non ci abbia lasciato una parte di cuore in quei versi - pareva quasi d'intravederlo.

Recensore Master
03/09/14, ore 19:25

Anche qui usi immagini bellissime ed originali... mi sono innamorata dei tuoi versi e del tuo modo di scrivere. Inoltre avverto molta malinconia...
Le strofe che più mi hanno colpito sono queste:
"Piove deserto sulla mia anima
C’è suono di vita per la città
Ma non c’è nessuno qui

Benzina serpeggia nell’acqua
di qualche pozzanghera
brilla di colori che spengono i fiori"
Au revoir

Recensore Master
03/09/14, ore 19:19
Cap. 8:

Hai uno stile proprio particolare. Evochi immagini insolite che mi piacciono tantissimo, come questa:
"Mi cruccio, mi accartoccio come
Le parole che fanno incidenti"
o questa:
"Come un fiore in una birra scura"
Ti citerei quasi tutti i versi...
Complimenti.
Au revoir

Recensore Master
03/09/14, ore 19:14
Cap. 9:

Dopo tanto amore resta solo odio a volte. Ma come si smette di amare, si smette anche di odiare, perché entrambe le cose significano che provi ancora qualcosa per quella persona... invece non c'è niente di peggio dell'indifferenza.
Amo questa strofa e la similitudine che hai usato:
"tra le tue mani
come una lucciola
in un barattolo."
Au revoir

Recensore Veterano
30/08/14, ore 18:23

Sono versi strani, come curioso trovo che sia il tuo modo di fare poesia, che a prima vista (o seconda, o terza, o quarta) sembra spontaneo e sembra fuggire da qualunque schema, da qualunque revisione, da qualunque artificio e da qualunque ornamento pomposo in stile barocco.
Non che tu sia esclusivamente essenziale, anzi, ci sono parole di troppo che galleggiano fra una strofa e l'altra, messe lì - direbbe il lettore - solo per confonderlo, forse addirittura per pessuaderlo - a smettere di leggere.
C'è un caos calmo (mi fa tornare in mente quel libro che s'intitola così) che sopravvive nelle tue parole e che lasci espandere a propria misura, come chi ha molto da dire ma in maniera del tutto naturale e graduale, non con sfoghi improvvisi col il primo che capita (c'è chi non andrebbe a letto col primo che capita, c'è chi non leggerebbe una poesia al primo che capita; sono modi diversi d'uno stesso pudore e d'una stessa insoddisfazione, no?), perché si tratta d'un ripiegamento introspettivo doloroso e possibile solo perché, col tempo, è diventato abituale. Sei abituata a lasciar scorrere la tua immagine siu di uno specchio di carta, sei abituata a lasciare che i pixel catturino la tua anima, con quel deserto che costantemente la ricopre di tempeste di sabbia. C'è la tua anima e c'è la sua prospettiva del mondo.
Non c'è molta differenza, dopotutto, fra quel mondo esterno e quel mondo interno in cui convivono una desolazione strutturale, innata e difficile da estirpare; non c'è differenza se la bellezza evapora e gli arcobaleni cominciano a riflettersi su pozzanghere di benzina; non c'è differenza tra la grande illusione, quel mondo macchinoso e manipolato, e quella nostra coscienza mai sincera, che riesce ad essere onesta con se stessa solo e soltanto (forse) in dei versi criptici, difficili da leggere, in dei versi gettati via, versi che sono freudianamente determinati, mai casuali. Le parole non sopraggiungono mai per caso e non esiste alcuna ispirazione. Esiste solo una coscienza e ciò che vorrebbe non fosse mai esistito.
E sì, siamo esseri strani, ambigui, inventiamo la definizione di "strumento" per garantirci una vita libera, a free will, tormentandoci con il ricordo delle vite perse e spese per raggiungere una libertà ed una indipendenza tanto agognata. Ma la vita - la vita stessa è una dipendenza, la vita ci illude e disillude, ci indirizza in una giostra di speranze e delusioni, di progetti estinti sul nascere e risultati tanto ovvi da essere predestinati. Viviamo di paradossi: l'età della tecnica talvolta si lascia ancora soggiogare dalla superstizione, dalle religioni che si fanno estreme e totalizzanti, forse perché nutriamo il bisogno di essere guidati, anzi di più, di essere manipolati ed usati e maltrattati, per riempire le nostre vuote esistenze con gli affanni d'una lotta: vivere per liberarci dal male, vivere per liberare uno stato da un tittatore, vivere per cosa altrimenti?
Quei pupazzi sordi e pazzi non si rendono conto di essere afflitti da controsensi che, se diventassero espliciti e riconosciuti, porterebbero all'autoannientamento. Forse è una benedizione la loro sordità, perché altrimenti nulla potrebbe frenare la loro follia dilagante e invasiva.

Non ti leggevo da un po', ma era tutto come ricordavo, con quello stile spontaneo e (almeno apparentemente) poco curato, quell'ermetismo e quel modo di scrivere così.... netto, come di chi colpisce e ferisce, senza angoli da smussare o forbici dalla punta arrotondata, in maniera cruda, capisci cosa voglio dire?
Complimenti!

Recensore Master
27/06/14, ore 15:43

Molto bella l'espressione di avere un mondo nel cuore, che dopotutto è il nostro mondo interiore, quello che pensiamo. Una corolla di un fiore in mano ad un assassino, quindi in mano a qualcuno che può ucciderla, non può capire e non sa a amare. E' tutto visto da un cieco, nero, oscuro. È come il fiume che travolge un innamorato, il non udire, il non intendere l'amore. E' come il sospiro di una notte insonne, molto profondo questo concetto. È come un ultimo bacio nella grigia folla
che ormai non sa più soffermarsi, tutto le cose cadono nella banalità. Alla fine il concetto e quello che volevi comunicare si conclude con questa frase che a mio parere è molto significativa.
Alla prossima.
-JB45

Recensore Master
21/06/14, ore 15:33

Bella poesia, molto profonda da interpretare. Il suono dei petali caduti...Mi chiedo come i petali possa fare rumore...
Il resto del contenuto credo di averlo capito, la similitudine del cuore che muore come l'albero che perde le sue foglie è molto bello come riferimento, complimenti.
Mi scuso in anticipo se ho capito solo parte della poesia, spero tu possa perdonarmi.
Alla prossima!
-JB45

Recensore Veterano
15/06/14, ore 11:00

Il programma di questa tua antologia è ambizioso ma affascinante, in effetti l'ombra è per antonomasia un luogo ideale dove nascondere il peggio di sé, tutto ciò che ci fa paura o può fare paura agli altri. Quell'ambiguità va svelata, quel viaggio rischioso in cui si raggiunge o l'autocoscienza o l'estremo tentativo di illudersi, fra zone d'ombra dove riafferrare o lasciar morire parti spesso semplicemente troppo umane, questo è il loro unico difetto.
Gli "aspetti oscuri della personalità" spesso sono tali solo per sciocche consuetudini e modi di pensare, altre volte sono dovuti a carenze educative (o d'affetto), qualunque sia la ragione io credo tuttavia che sia il sognatore sia l'assassino siano stati, a modo loro e in sfumature diverse, incompresi dal mondo, traditi dai loro simili.
Nei tuoi versi si ritrovano due figure interessanti, il poeta e l'assassino. Verrebbe da chiedersi se abbiano qualcosa in comune, ma non importa, ché in quest'occasione le due figure non s'identificano; anzi, il poeta è condannato a scrivere passi leggiadri e a concedere troppe attenzioni a chi ha assassinato le sue emozioni, ad un amore frainteso probabilmente, che lo ha inibito e reso insensibile all'amore, nonostante egli scriva - scrivere non in senso lato un gesto d'amore?
Eppure ho un dubbio; gli ultimi versi fluttuano in maniera vaga e lasciano aperta un'altra strada, quella in cui è lo stesso poeta ad aver assassinato l'amore da cui adesso è stato abbandonato. In che modo? Difficile a dirsi; i poeti raramente si interrogano sulle cause, preferiscono crogiolarsi nel dolore e nella perdita, nella loro meravigliosa e crudele capacità di amplificare l'intensità d'ogni emozione.
Mi è piaciuto molto il distico "fuori posto", quel:

"La regina degli inferi ti osserva
Nei tuoi peccati, amore malato."

che sembra rappresentare un avvertimento, il ricordo di un avvertimento o qualunque forma psichica e trascendente abbia, un'incidentale che interrompe il trascinarsi del poeta fra immagini crude, violente, socialmente inaccettabili, tipiche d'un poeta maledetto. Se avessi scritto in questa strofa:

"Sono un poeta maledetto
adorno la mia volontà
di scrivere passi tetri,"
 
Poeta con la maiuscola, avrei anche potuto pensare che avessi impersonato un Baudelaire o un Rimbaud, ma non è così, credo piuttosto che tu abbia guardato in te stessa e messo in mostra introspettivamente quel rifiuto del mondo e delle sue regole, la voglia di contrariarlo solo (anzi, non solo) per mostrarti irrispettosa e diffidente di regole imposte e che spesso non sono più razionali dell'irrazionale.

Complimenti per la poesia, poeta maledetto, mi è piaciuta molto.

ps.

"cocci ci vetro"

di vetro*, no?