NON OSARE PIU' DIRE CHE QUESTA OS E' BRUTTA.
Louis Tomlinson era stato l’unico in grado di catturare il suo cuore da ragazzino e, inconsapevolmente, dopo quattro anni ne portava ancora un pezzo con sé. Tutto era nato con naturalezza, insieme alla musica che li aveva annodati stretti insieme a un destino che inizialmente sembrava tutt’altro che avverso. La musica era stata la colonna sonora per i loro passi compiuti insieme, con le dita intrecciate, adorandosi silenziosamente. Si erano conosciuti, si erano scoperti e avevano imparato l’uno dall’altro cosa volesse dire amare veramente fino a farsi male; avevano superato momenti difficili semplicemente stringendosi la mano, o toccandosi lascivamente dietro le quinte di ogni palco, confortandosi. Per Harry, Louis era stato il primo in tutto: il primo a farlo bere, il primo a farlo fumare, il primo ad amarlo sotto a delle lenzuola di cotone, il primo a giungere al suo cuore e a rubargliene un frammento ad ogni nuova emozione. Lo aveva fatto sentire importante come nessuno, donandogli sorrisi e ogni parte di lui che si piegava dolcemente ai suoi tocchi. Poi era cambiato tutto: una nuova ragazza a piombare nella loro vita come se fosse normale, voluta da qualcun altro per coprire delle impronte lasciate per sbaglio, una nuova copertura e una distanza più accentuata tra due corpi che si chiamavano a gran voce l’uno all’altro come calamite.
E, infine, il colpo di grazia: due immagini differenti che non gli appartenevano. Louis Tomlinson, nei giornali locali e internazionali, appariva il fidanzato perfetto che tutte le donne avrebbero voluto – e che Harry a sua volta voleva –, ma che solo Eleanor aveva il diritto di possedere; mentre quello che definivano il suo migliore amico, Harry Styles, cantante con ricci perfetti e un abbigliamento eccentrico talvolta esagerato, appariva il rubacuori che usa e scaccia le donne come fossero mozziconi di matite usate troppe volte.
Non c’era nulla di più sbagliato e quello fu l’inizio di una caduta in picchiata verso il vuoto.
Louis era provato. Viveva una relazione fatta di affetto e nulla di più, mentre era costretto a guardare Harry impegnarsi con donne diverse per mantenere una reputazione che non gli apparteneva e non faceva parte di lui. Il Management, lo staff, mille persone che si fingevano amiche e giuravano di capirli anche quando non era così, si stavano immischiando in affari che non li riguardavano, impedendo loro di toccarsi in pubblico, di passare del tempo insieme, fino a ordinargli perfino come parlare, come muoversi, dove camminare e al fianco di chi. E toccato il limite dell’indecente, Louis, nel febbraio del 2014 in un giorno di sole proprio come quello, aveva deciso di chiudere quella che non poteva nemmeno più chiamarsi relazione.
“La vita è una questione di scelte” gli ripeteva talvolta, “e ogni scelta porta una sua conseguenza”. E Louis aveva scelto la strada più semplice e quella apparentemente meno tortuosa: lo aveva lasciato e aveva eretto un muro con il solo scopo di difendersi l’uno dall’altro, allontanandosi definitivamente e spezzando la bellezza che era fiorita in quattro anni d’amore pazzo e sconsiderato. “Se smetteremo di parlare sarà più facile” aveva concluso in quel giorno d’inverno che si fece sentire fin dentro le ossa; ma Harry non aveva mai smesso di sognare Louis mentre gli baciava le spalle e il petto. Loro due che facevano l’amore nei letti degli alberghi, nascosti a tutti coloro che giudicavano con occhio critico la loro tresca, era un’immagine ricorrente nei suoi pensieri. Non aveva smesso di amarlo, nonostante in quel momento fosse luglio e fossero trascorse ben due stagioni. Non aveva mai smesso, e gli andava bene così, perché quel dolore lo faceva sentire vivo e gli permetteva di continuare a ricordare ogni singola sfaccettatura di quel rapporto che sembrava destinato a essere seppellito in una montagna di menzogne.
Mi fa male questa os,davvero male.... credo anch'io sia successa una cosa simile...
Nemmeno si era accorto, il minore, di aver serrato le palpebre e aver viaggiato con la mente. La musica si fermò e rimase solo la fredda eco delle note più lente e amplificate rimbalzare negli specchi. «Qual è il titolo?» chiese d’impeto, sentendosi provato e quasi affaticato dai suoi stessi pensieri.
«A very sad song for a broken heart.»
Harry si morse le labbra. «E’ la canzone perfetta per me…»
«È la canzone perfetta per entrambi.»
E a quell’affermazione, Harry non si sentì d’accordo. La prima volta aveva taciuto, ma il fiume di parole che aveva dentro, in quel momento, si stava ribellando. Scosse il capo e sfregò i palmi delle mani sui pantaloni morbidi, indeciso su cosa dire e cercando di calibrare le parole. Non voleva litigare, ma aveva bisogno di parlare con lui di quello che stava succedendo.
«A me non sembra proprio così.» confessò infine, trovando improvvisamente interessanti le macchioline sulle sue scarpe e non riuscendo a guardare gli occhi celesti di Louis trasformarsi in rabbia liquida.
Vide la sua ombra alzarsi in piedi e camminare a lunghe falcate verso uno degli specchi, le dita strette in due pugni e le braccia allacciate sul petto. Allora, il minore alzò il viso e notò che Louis digrignava i denti e respirava pesantemente, indeciso su cosa dire, non sapendo più come comportarsi con lui, dopo così tanto tempo. «Allora cosa ti sembra, eh? SENTIAMO!» urlò alla fine, la voce più alta di un’ottava. Iniziò a muovere le mani convulsamente, portandole al cielo prima di lasciarle ricadere mollemente lungo i fianchi. Le iridi chiare sembravano una perla di sole lacrime. «Illuminami Harry, perché a quanto pare io non capisco!»
Era veleno, quello che il maggiore gli stava gettando, così Harry rincarò la dose mentre si alzava a sua volta dallo sgabello e camminava verso di lui, mantenendo però le distanze. «Sembra che tu ti sia rifatto una vita con Eleanor! Tu hai lei ora, mentre io sono qui a guardarti mentre progetti il tuo futuro e ascolto la tua famiglia elogiare la tua fidanzata e futura signora Tomlinson.»
«Sei cieco e non vuoi vedere i miei occhi.» sputò il castano in un sibilo, senza girarsi a guardarlo. Non poteva farlo, o avrebbe taciuto tutto all’improvviso, troppo tentato dall’idea di baciarlo come faceva una volta per continuare a parlare di quella questione che li stava logorando dall’interno. Aveva bisogno di lui, nonostante fossero passati mesi, e ne era sorpreso. Lo amava ancora con ogni parte di sè, ma questo Harry non lo aveva capito, come non aveva capito il perché aveva deciso di chiudere quella storia che li stava soltanto distruggendo, impedendo loro di vivere quel desiderio completo e sincero. «Tu credi davvero che dopo quattro anni io possa aver dimenticato tutto? Tu ed io, che ci baciamo ovunque, o io e te che non riusciamo a starci lontani? Pensi che io abbia davvero dimenticato tutto quello?»
«Se non hai dimenticato, allora perché mi hai respinto?! Perché mi respingi tuttora, in continuazione?!»
Harry gli si fece un altro po’ più vicino, gli occhi smeraldini umidi di una tristezza disarmante che fece male a Louis, il quale era tornato a osservarlo attraverso lo specchio con la medesima frustrazione. Avrebbe voluto stringerlo a sé e baciargli la nuca. Avrebbe voluto accarezzargli le braccia ascoltare il suo cuore battere ritmicamente sul suo petto.
«Davvero lo vuoi sapere?» chiese retoricamente, prima di riprendere a parlare. «Perché non ce la faccio ad andare avanti così! Non ce la faccio ad andare avanti nascondendo alla mia famiglia che tu ed io facciamo l’amore come due sporchi ladri che si chiudono in uno sgabuzzino per…per paura di essere visti.» urlò Louis, gesticolando prima di chiudere le mani in due pugni stretti. Osservava Harry dallo specchio, che sembrava tentennare, indeciso se camminare nella sua direzione o se rimanere lì, a osservarlo mentre si arrabbiava, sull’orlo di un pianto isterico e nervoso. «Non ce la faccio ad andare avanti nascondendo a Eleanor la verità sul perché stiamo insieme, dopo due anni di relazione…nascondendolo a tutti, Harry! A mia madre che la ama, a mia nonna che la vede come una nipote, alle mie sorelle che la trattano come una sorella e un’amica. A tutti! Io non lo posso fare. Ci sto perdendo me stesso, non lo vedi?»
«No, Louis!» lo contraddisse Harry, non resistendo più e raggiungendolo con due falcate veloci. Si sentì scosso da un brivido mentre pronunciava il suo nome e si rese conto che sembravano essere passati anni dall’ultima volta che le sue labbra avevano accompagnato quel suono con movimenti lenti. Quando gli fu vicino, era tentato a toccarlo. Sentiva il suo profumo pungergli le narici: dopobarba mischiato al profumo di sigaretta, vizio che sembrava aver preso negli ultimi due mesi. Avvicinò le sue dita ai capelli castani di Louis, ma poco prima di accarezzarli si allontanò, colto dalla consapevolezza che avrebbe potuto respingerlo e lui non si sentiva pronto a un rifiuto. «Tu stai perdendo te stesso allontanandoti da me.»
Louis gemette, i frammenti di cuore nel suo petto bruciavano e tagliavano il suo corpo come lamine argentate. Scosse il capo, sentendosi sconfortato, e allacciò nuovamente le braccia al suo petto, con forza, come se in quel modo avesse potuto portare a se stesso un po’ più di calore, o come se in quel modo avesse potuto difendersi da se stesso e dalle sue emozioni. «Smettila. Ti prego. Soltanto…smettila di farmi sentire così.» sussurrò, la voce fievole e rotta. Chiuse gli occhi e li strinse forte per asciugare una lacrima prima che questa potesse cadere e bagnare una sua guancia. Si sentiva spezzato e qualcosa premeva all’altezza del suo sterno; una sensazione d'inquietudine che tentava in ogni modo di reprimere.
«Così come?»
Allora il castano si voltò a guardare Harry, che con la tristezza negli occhi smeraldini – gli stessi che un tempo riflettevano una felicità che non si assopiva mai – lo osservava, le guance umide di lacrime e un bocciolo cremisi stretto tra i denti.
«Così innamorato…e vulnerabile»
Non potè resistere più, Harry, e con due passi gli si fece più vicino e lo baciò con trasporto, senza più esitare o tentennare. La sua mano si era postata morbidamente sul collo di Louis nel momento stesso in cui le loro labbra, tremanti e umide, si unirono in un contatto travolgente e senza tempo. Fu uno sfioramento carico di vecchie emozioni che si erano assopite in quei mesi di lontananza; un baciarsi morbido e fievole, ma proibito, di una prepotenza e un impatto che entrambi sentirono percuotersi nei loro ventri. Farfalle antiche parvero risvegliarsi nelle loro pance, un batter d’ali nel loro stomaco e un turbinio di sensazioni che li accecava nei loro petti ampi. Uno sfioramento e un piccolo toccarsi e sfregarsi di pelle viva che pulsava per l’intensità di quel momento scatenò il finimondo dentro a ognuno di loro, mentre le dita di Louis, a poco a poco, presero a stringere con una possessività – che ormai pareva dimenticata – i fianchi torniti di Harry.
SONO COMPLETAMENTE MORTA....I AMO LE PAROLE CHE USI NEI DIALOGHI,MI FANNO SCIOGLIERE COME UNA CRETINA.
Quando Harry parlò, lo fece quasi d'impulso; non stava valutando le conseguenze, non stava pensando a niente che non fossero loro e il loro ostinato amore per il masochismo che li spingeva a toccare le loro pelli calde e a baciarsi in quella sala vuota. «Sii forte per entrambi e amami un’ultima volta.» sussurrò, gli occhi ancora chiusi e i nervi tesi, pronti a scattare per rincorrere Louis, se questo avesse deciso di rifiutarlo. Ma lui non si mosse e continuò a respirare affannosamente contro le labbra del riccio, che bramava il suo corpo da mesi, e Louis con lui. «Fallo qui, in questa stanza davanti a questi specchi, e quando usciremo da quella porta lasceremo alle spalle questo momento come se non fosse mai avvenuto.» aggiunse, prima di prendere coraggio e osservare gli occhi celesti e liquidi di Louis con i suoi, verdi e profondi. «Ti prego. Amami un’ultima volta.»
E quando le dita di Louis si avvicinarono al petto di Harry, entrambi sentirono come se tra loro non sarebbe mai stata un’ultima volta. Forse l’ultima volta che facevano l’amore, l’ultima volta che si permettevano di sfiorarsi in quel modo troppo fisico e intimo, ma non avrebbero mai smesso di provare quel sentimento che li soffocava e opprimeva insistentemente quando erano troppo lontani, o troppo vicini.
Le dita del castano sfiorarono con sicurezza quel corpo che conosceva a memoria. Louis avrebbe potuto dipingere Harry mille volte senza mai scordare i nei sul petto, senza mai scordare la larghezza delle sue spalle, senza mai scordare le scanalature dei suoi muscoli, o la V del suo ventre. Osservava una delle due ordini tatuate sul pettorale del riccio con nostalgia, rimembrando quando avevano deciso insieme quel disegno che in quella pelle risultava splendido; con il polpastrello ne tracciò il contorno, prima di avvicinare le sue labbra e succhiare quel marchio nero, come per suggellare l’importanza del ricordo impresso su di esso. Harry si morse la lingua per non gemere, fissando l’immagine di Louis sullo specchio, a capo chino sul suo corpo. Tutto quello – sensazioni incluse – gli era mancato in quei mesi di distanza. Ricordava quando facevano l’amore su un letto e provava nostalgia: Louis adorava fissare il suo corpo steso e modellabile sotto il proprio, e lo accarezzava lascivamente a mani aperte, guardandolo sussultare.
Quando Louis si allontanò, morse piano il suo collo prima di cominciare a girargli attorno. Le sue dita accarezzarono la stoffa morbida della sua camicia prima di soffermarsi sul suo fianco e accarezzarlo. Sfregò la sua carne calda e scossa dai suoi tocchi da sopra quell’indumento nero che quel giorno gli stava così bene e copriva il suo fisico allenato, ma comunque più tornito rispetto a un tempo. Piano risalì, esitando e dandosi il tempo per godere di nuovo nel sentire Harry sotto i suoi palmi. Giunse ai bottoni della camicia, all’altezza della pancia, e con entrambe le mani, con estrema disinvoltura, iniziò a slacciare le asole ad una ad una, con l’intento di scoprire il ventre splendido del riccio. Louis non si perdeva nessuna delle espressioni di Harry; lo osservava da sopra la sua spalla e sogghignava nel vederlo mentre teneva gli occhi puntati sulle mani di Louis che si muovevano sulla sua pancia, fino al bordo della camicia. Quando questa fu aperta del tutto, i palmi bene aperti accarezzarono la farfalla prima di scendere sui due rami d’ulivo tatuati sugli ilei che sporgevano sottopelle. Li toccò con dolcezza, facendo tremare e gemere il riccio sotto le sue mani, prima di raggiungere la cintura di cuoio e iniziare ad allentarla, slacciando la cinghia e facendo tintinnare la fibbia di metallo. Quando slegò l’asola del bottone e abbassò gli zip, i pantaloni caddero mollemente a terra. Ricordava ancora quando si nascondevano nei vicoli durante le sere in discoteca: quando provava ad abbassare gli skinny di Harry, questi rimaneva rigidamente incollati alle cosce del riccio, come una seconda pelle.
«Piegati, Harry.» gli ordinò, con una mano sulle scapole per fargli pressione. «E metti le mani sullo specchio.»
Harry lo ascoltò e si mise in quella posizione prima di chiedere, con voce eccitata, «Perché qui?»
Con il busto piegato, le natiche a premere sulla sua erezione ancora coperta e la pelle bianca e puntinata da nei castani, Harry attraeva Louis con una prepotenza tale da lasciarlo senza parole e fiato. Gli occhi celesti di quest’ultimo gli fecero la radiografia prima di tornare a osservare il muro, che rifletteva entrambi insieme. «Perché voglio fare l’amore con te un’ultima volta guardandoci allo specchio, per ricordare tutto questo. Per ricordare noi…» e prese una pausa breve, prima di gettare fuori il resto. «Per ricordare te, Harry, mentre con le labbra sussurri il mio nome.»
Con le dita bramose, Louis abbassò anche i boxer del minore, rigorosamente neri, i quali scesero lungo quelle gambe slanciate e snelle e raggiunsero il resto dei vestiti. Si piegò a baciare la pelle tra le scapole di Harry, succhiandone alcuni lembi mentre con le mani accarezzava quei fianchi morbidi e lisci. Ogni tanto, con la coda dell’occhio si osservava allo specchio e guardava Harry socchiudere gli occhi, strizzarli di tanto in tanto, ma senza mai smettere di fissarlo, nemmeno per un secondo; aveva le labbra dischiuse, respirava pesantemente mentre percepiva i polpastrelli del maggiore avvicinarsi alle sue natiche, consapevole che la destinazione era il fulcro del suo piacere e la sua apertura. Aveva sognato quel momento a ripetizione in quei mesi e in quel momento, Harry si sentiva bene, finalmente, ed era pronto.
«Togliti la camicia, Louis.» chiese flebilmente il riccio, e Louis lo ascoltò, allontanando le mani dal corpo di lui e facendo cadere la giacca blu elettrico nel pavimento, sbottonando subito dopo la sua camicia. Si sentiva scrutato – ed effettivamente era così perché quelle iridi verde prato lo fissavano intensamente –, ma quelle attenzioni gli piacevano e se le gustava a pieno, slacciando un bottone alla volta con lentezza disarmante, facendo sospirare il riccio, che guardava il tatuaggio “It is what it is” comparire a poco a poco. Era il suo preferito e spiccava in quel petto dalla pelle leggermente ambrata per il sole preso in quei giorni di libertà, nonostante il tempo poco clemente in quel periodo dell’anno. Quando anche la camicia bianca cadde a terra, toccò alla zip dei pantaloni scendere e nel vedere i polpastrelli del maggiore armeggiare con essa si morse le labbra, avido e desideroso.
Di nuovo la bocca di Louis si abbassò a baciare il centro della sua schiena, che Harry inarcò maggiormente a quel tocco. La sua lingua tracciò un piccolo percorso e dei ghirigori sulla colonna, soffermandosi all’altezza della zona lombare ed esitando appena prima di rialzarsi. Guardò lo specchio e portò due dita tra le sue labbra; le lambì e le succhiò, sotto le iridi smeraldine del riccio, che strinse i pugni su quella superfice liscia e fredda. Un buffetto sulla nuca, leggero e rassicurante, e poi un dito entrò dentro di lui, allentando l’anello di muscoli e facendosi largo nel suo orifizio. Gemiti si mischiarono nell’aria; ansiti rochi, eccitati e carichi di un desiderio palpabile, mischiato all’ossigeno e all’anidride carbonica. Louis si muoveva su quel corpo teso che fremeva sotto al suo palmo, che era tornato a posizionarsi sulle scapole per tenerlo in quella posizione. Con l’indice arricciato lo stimolava per sentirlo sussultare più forte, per sentirlo irrigidirsi, contrarre i muscoli e tremare. Quando aggiunse un secondo e un terzo dito, a sorpresa e senza avvisarlo, Harry sussurrò il nome di Louis più volte, come per pregarlo di avere di più.
Quando il maggiore lo sentì agevolare i suoi movimenti, spingendosi ritmicamente verso la sua mano, capì che Harry era pronto ad accoglierlo. Tolse l’indice e il medio, posizionando i palmi di entrambe le mani sulle natiche del più piccolo, allargandole appena per facilitare la penetrazione. Lo voleva come non avveniva da troppo tempo, lo desiderava tanto da perdere il senno, e lo avrebbe avuto perché Harry era lì, piegato e pronto a lui, gli occhi lucidi per il piacere e le labbra rosse per i morsi. Quando Louis sentì il calore dell’intimità del riccio sul suo glande, si sentì morire e soffocare dalle mille sensazioni ed emozioni che giunsero su di lui tutte in una volta, opprimendolo e facendogli tornare in mente tutte le volte che avevano fatto l’amore chiusi in una stanza qualsiasi; non importava se non c’era un letto, se non c’era un tavolo, se non c’era nulla: facevano l’amore ovunque, felici di essere loro e nessun altro.
Non c’era paragone con Eleanor. Fare l’amore con lei non era travolgente o estasiante. Non gli faceva perdere ogni inibizione. Quando raggiungeva l’orgasmo non pensava mai a lei, spoglia davanti a lui, ma a due occhi verdi e grandi e a due labbra gonfie e rosse come boccioli di rosa.
Si guardarono allo specchio memorizzando quel momento. Harry sentiva un dolore lacerarlo dall’interno, una sensazione di bruciore e fastidio, ma non gli importava finchè poteva vedere il celeste delle iridi di Louis puntate sulle sue, pronte a rassicurarlo. Le amava, amava tutto di lui e non c’era parte di quel viso che avrebbe cambiato nemmeno se avesse potuto. Amava il mento spigoloso, la mandibola definita, gli zigomi più coloriti, l’accenno di barba che quel giorno non aveva ma di cui si vedeva appena il segno, il naso piccolo, gli occhi a mandorla di un colore paradisiaco; amava il suo collo, le clavicole che spiccavano sotto la pelle, le braccia tatuate e belle da farlo impazzire, la pancia piatta e i fianchi delineati alla perfezione, sporgenti e che mentre spingeva collidevano con le sue natiche prepotentemente.
A ogni stoccata, Harry avrebbe voluto urlare il suo nome con tutto il fiato incanalato nei polmoni; voleva farlo per sottolineare che era suo e di nessun’altro in quel momento, magico e peccaminoso per entrambi. Staccò una mano dallo specchio e prese a toccare il suo membro duro e gonfio, sentendosi ormai così vicino da non riuscire a resistere. Si masturbò avidamente ascoltando ogni ansito, mentre Louis allungava il suo corpo per far aderire il suo petto alla schiena di Harry. Con una mano sfiorò il polso del riccio, mentre l’altra era stretta a una delle sue spalle e spingeva, senza mai esitare.
L’orgasmo crebbe con lentezza nel suo ventre, pronto a esplodere.
Harry si sentiva stordito, ma fissava insistentemente quell’azzurro cielo come se fosse l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi, oltre ai frammenti che pian piano si sgretolavano e mutavano in polvere fina dentro al suo petto. Stava perdendo l’ultima parte di sé, eppure si sentiva bene e vivo come non lo era da tempo. Il vortice di sensazioni in cui era incastrato lo stava facendo impazzire, mentre il suo corpo tremava. Poco prima di riversare i suoi umori in quel pavimento lercio e polveroso, sussurrò «Ti amo.», il cuore scosso da battiti continui che sembravano rimbombare in quella sala silenziosa.
Vennero entrambi, Louis subito dopo di Harry, gli occhi sbarrati davanti allo specchio per quella confessione che non udiva da mesi.
“Ti amo” si ripetè, una lacrima a pungergli l’occhio destro che minacciava di rigargli la guancia. Avrebbe voluto rispondergli che lo amava anche lui, che nonostante fossero passati ormai sei o sette mesi anche lui lo amava profondamente con sempre la stessa intensità, bagnando il suo cuscino la notte e fingendo di stare meglio il giorno dopo; avrebbe voluto urlare che lo amava terribilmente, ma non poteva: almeno lui doveva essere forte, lo aveva promesso a Harry che sarebbe stato forte per entrambi.
Quando Louis uscì dal riccio, si sentì spogliato della sua sicurezza. Il minore lo guardò, mentre si rimetteva perfettamente dritto, prendendo i suoi vestiti e indossandoli con lentezza – scrutandolo dallo specchio –, e si chiese se aveva sbagliato qualcosa. Si stavano entrambi rimettendo in ordine in completo silenzio, in imbarazzo forse, e per l’ultima volta Harry gli aveva esternato i suoi sentimenti senza nemmeno preoccuparsi delle conseguenze. Non si giustificò e nemmeno cercò di parlargli. Stava tenendo fede alla sua promessa: un’ultima volta e poi sarebbe stato tutto come sempre.
Louis indossò la giacca blu elettrico e camminò verso il pianoforte. Si sedette e sospirò tristemente, mentre posava le dita affusolate nei tasti bianchi. Di nuovo suonò la melodia triste, “A very sad song for a broken heart", mentre Harry sentiva i brividi salirgli lungo la schiena curva e le braccia. La trovava sempre più bella, e in quel momento sembrava prendere un sapore più amaro e impregnarsi di un nuovo senso struggente che tagliava l’aria con un coltello. «Suono questa canzone ogni giorno, Harry, e ogni giorno acquista un significato sempre più intenso.» disse, continuando a muovere le dita, senza mai fermare la musica. «Non dirò che ti amo perché sarebbe come giocare con il fuoco e fare mille passi indietro. Sappi che non tornerà mai tutto come prima. Tu ed io non torneremo a baciarci dietro agli alberi, dietro le quinte delle Arene, dentro ai bagni dei pub, nei vicoli o nelle camere d’albergo.» cominciò, cercando di respirare regolarmente e non cedere alle emozioni troppo forti. «Tu ed io continueremo a ignorarci, perché è giusto che sia così e dobbiamo rassegnarci: se vogliamo continuare questa vita, dobbiamo sacrificarci. Non siamo solo tu ed io, Harry. Siamo tu, io, tre ragazzi, altri quattro, un enorme gruppo di tecnici, lavoratori con famiglie da mandare avanti e milioni di fan che ripongono in noi fiducia e che parte non riuscirebbe ad accettarci, come il mondo.» le sue mani si fermarono di colpo e Louis si alzò in piedi, camminando verso il riccio. Gli accarezzò la guancia, e quel gesto parve un addio; e forse lo era, un simbolo per porre fine ai loro gesti, anche se non al loro amore platonico. «Non dirò che ti amo perché è come se lo avessi già fatto, ma sentirlo dalle mie labbra sarebbe un colpo troppo duro per te, e lo sarebbe anche per me.»
Un leggero bacio sulla labbra, un’intensa emozione, la tristezza a velare i loro occhi e un’ultima delicata carezza al petto del riccio. Louis lo guardò un’ultima volta, suggellando quel momento con un intreccio d'iridi color cielo e prato, poi si girò per andarsene senza più voltarsi indietro. Harry rimase solo con se stesso, il cuore in gola in mille briciole impossibili da ricomporre. Perciò si sedette sullo sgabello davanti al piano e ne toccò i tasti, prima di lasciarsi andare a un pianto straziante; l’ultimo di quel giorno, ma il primo di molti altri mentre nella sua mente vorticava un’unica melodia a narrare del suo cuore spezzato: “A very sad song for a broken heart”.
Credo che le mie urla l'hai sentite fin li....cazzo ho una voglia di piangere. Sono cosi tristi,cosi belli che non ho neppure le parole di spiegarti come sto. Quella canzone è bellissima e amo i tuoi larry,ce io sul serio resto colpita ogni volta,scrivi benissimo e scrivi cose bellissime *_*
Aaaaaaaaaaaaaaaaw io amo questa os,ti giuro. Sei sempre più brava Ila ,grande <3
Nora.
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