Scusa il ritardo! ^^
Vengo a postare come recensione la valutazione!
Recensione per il contest "My Beloved One"
Sono veramente contenta che mi sia capitata in sorte questa storia. Di solito tendo a leggere tutto con occhio estremamente critico e mi capita poche volte di farmi prendere a livello emozionale tanto da commuovermi, però tu ci sei riuscita…
Prendi le critiche che ti farò come dei consigli, perché la storia mi è piaciuta e per di più non sono di certo una professoressa e nemmeno una editor/scrittrice/LaFontedellaSapienza!
La mia valutazione non sarà breve, anche perché tendo a essere parecchio puntigliosa e logorroica, perciò preparati psicologicamente (?)
Dal punto di vista grammaticale ho notato alcuni errori non particolarmente gravi, soprattutto di distrazione… Ti ho segnato anche degli errori di punteggiatura e dei casi in cui, a mio parere, ci sarebbe voluta la virgola per rendere la frase più scorrevole. Ripeto, niente di madornale.
*prima gli erano serviti gli occhiali, ma ormai erano talmente inutili che si era rassegnato a vederci così poco da (non) avere (più) bisogno di quello scomodo ausilio. --- > Da quel che ho capito, gli occhiali non gli servono più perché sono diventati inutili, di conseguenza non ne ha più bisogno.
*Purtroppo quel tipo di conversazione pareva essere l’unico riconoscibile tra tutti i loro dialoghi e per questa ragione entrambi sapevano che anche quella discussione sarebbe andata inesorabilmente in contro (incontro) a un’inconcludente fine.
*Si era investito da solo del ruolo di eroe, visto che nessuno glielo aveva chiesto(,) e che Arthur volesse o meno il suo aiuto l’avrebbe tirato fuori da quella situazione.
*magari Arthur l’avrebbe odiato, magari non l’avrebbe più voluto vedere per mesi quando sarebbe stato meglio, però intanto Alfred voleva essere certo che (ci) arrivasse, a stare meglio.
*ma avendo evitato l’argomento l’ultima volta che era stato lì(,) aveva sperato di poter finalmente chiedere all’inglese come stessero procedendo le cure
*“Come lei ben sa(,) la malattia le è stata diagnosticata con un consistente ritardo
*Sentendo le prevedibili parole dell’inglese, Alfred mosse le labbra per ripeterle facendo una lieve smorfia(,) anche se subito dopo gli sfuggì un sorriso(,) e si rivolse verso il piano della cucina deciso a recuperare dai vari cassetti ciò che gli serviva per apparecchiare la tavola.
*Prima di giungere a conclusioni affrettate(,) tuttavia, Alfred si rispose senza alcun problema e con tutto l’ottimismo possibile
*C’erano tante cose su cui Arthur aveva mentito, convinto in passato che la bugia fosse la difesa migliore che aveva(avesse)(,) e si era reso conto troppo tardi che non era così.
*Si sciacquò il volto, indossò gli occhiali e si calmò fino a quando il respiro tornò ad essere regolare e non più rumoroso. ----- > Qui ci sono fondamentalmente due errori, uno a livello grammaticale (“si calmò” è un’azione conclusa, perciò non può essere riferito al “fino a quando”… Sarebbe più corretto dire “cercò di calmarsi, fino a quando il respiro tornò a essere regolare etc”) sia di significato, in quanto una persona non può calmarsi quando il suo respiro è ancora affannato, ma si sarà calmata dopo che il respiro sarà tornato regolare.
*Sapeva qual’era(qual era) il potere di quei sogni
*sistemandosi sul cuscino libero accanto all’inglese e rivolgendo uno sguardo mesto ai suoi occhi persi in un punto imprecisato poco più in là della folta pelliccia di Oberon(,) che ancora si beava delle attenzioni del padrone.
*Arthur parve preso in contro piede(contropiede)
*Ne avresti tutte le ragione(ragioni)
*Purtroppo però i miracoli paiono non essere poi così intenzionati a giovare proprio ad Arthur Kirland(Kirkland)
Ho apprezzato molto i dialoghi. Credo siano il tuo punto forte, perché risultano molto naturali e scorrono piacevolmente, senza forzature o toni melodrammatici. Sono realistici e questa è una caratteristica che apprezzo molto. Insomma, mi sembrava davvero di sentir parlare Alfred e Arthur, come se fossero davanti a me, ed è stata una sensazione bellissima. Apprezzo molto anche le descrizioni dei gesti e dei luoghi. Sono efficaci, dai i dettagli significativi senza annoiare e attraverso di essi contribuisci a formare un’immagine dei personaggi. Mi riferisco a questa parte in particolare:
"Si era sorpreso di quanto il suo cervello potesse creare dal nulla illusioni con la sua voce, come si sorprese di quanto il suo cuore fosse capace di desiderare altra sofferenza trascinandolo di nuovo all’appartamento come se potesse ancora trovarlo, intento a imprecare contro la teiera, a concentrarsi di fronte allo schermo del computer, o a sussurrare i nomi dei libri man mano che ne ripassava le costine con la punta delle dita."
Mi è piaciuta così tanto che l’ho letta tre volte di fila, con gli occhi spalancati per l’entusiasmo… Per poi vedere tutto sfocato, dato che ero sul punto di piangere. >ignorami<
Ma una cosa che ho notato, a livello di stile, è che tendi a costruire dei periodi che in certi punti possono risultare pesanti e ridondanti. Questo, dal mio punto di vista, è dato sia dall’uso frequente di avverbi, sia dalla tendenza a voler dire troppe cose nella stessa frase. Tendi a riunire tanti pensieri diversi nello stesso periodo e chi sta leggendo rischia di perdersi un po’, il che è un vero peccato, perché così si finisce per non concentrarsi più sulle emozioni che i personaggi stanno provando. Potresti provare a spezzarli… Questo ti aiuterebbe sia a rendere le frasi più scorrevoli, sia ad analizzare al meglio le singole emozioni. Ti porto due esempi – mi sono limitata a spezzare della frasi, non ho cambiato altro:
*anche se lo aiutava spontaneamente ricoprendo un ruolo che per altro non lo metteva nelle condizioni di dover necessariamente sapere, negli schemi mentali di Alfred conoscere la situazione di Arthur era per lui un diritto più o meno tanto quanto lo era per il diretto interessato e, consapevole che affrontare apertamente il discorso avrebbe solo portato entrambi a un vicolo cieco di silenzio e manovre evasive per parlare d’altro, l’americano giunse alla conclusione che scoprire le cose da solo sarebbe stato meglio per entrambi.
--- > anche se lo aiutava (spontaneamente) di sua spontanea volontà ricoprendo un ruolo che per altro non lo metteva nelle condizioni di dover necessariamente sapere, negli schemi mentali di Alfred conoscere la situazione di Arthur era per lui un diritto più o meno tanto quanto lo era per il diretto interessato (e,). Consapevole che affrontare apertamente il discorso li avrebbe solo portati (entrambi) a un vicolo cieco di silenzio e manovre evasive per parlare d’altro, l’americano giunse alla conclusione che scoprire le cose da solo sarebbe stato meglio per entrambi.
*Era quasi del tutto certo che Arthur lo ritenesse ancora un ragazzino immaturo nonostante tutto ciò che stava facendo per lui, era sicuro che lo considerasse incapace di capire non solo ciò che stava passando lui, ma anche mille altre cose e non si sarebbe certamente sorpreso se si fosse sentito dire dall’inglese che non aveva idea di come avesse fatto a conquistare la fiducia del suo capo al lavoro, ma dopotutto ad Alfred andava bene così: sentirsi dire una cosa del genere sarebbe stato un tantino umiliante e duro da digerire, ma in un certo senso sarebbe stato un segno in grado di fargli capire che l’Arthur da lui conosciuto dalla più tenera infanzia non se n’era andato, che era lì, un po’ provato, ma sempre lì. E in un certo senso, quella consapevolezza lo rincuorava perché sapeva che quell’Arthur non si sarebbe mai spezzato, nemmeno in una situazione come quella che stava vivendo.
--- > Era quasi del tutto certo che Arthur lo ritenesse ancora un ragazzino immaturo nonostante tutto ciò che stava facendo per lui, era sicuro che lo considerasse incapace di capire non solo ciò che stava passando lui, ma anche mille altre cose (e). Non si sarebbe (certamente) sorpreso se si fosse sentito dire dall’inglese che non aveva idea di come avesse fatto a conquistare la fiducia del suo capo al lavoro, ma dopotutto ad Alfred andava bene così: sentirsi dire una cosa del genere sarebbe stato un tantino umiliante e duro da digerire, ma in un certo senso sarebbe stato un segno in grado di fargli capire che l’Arthur da lui conosciuto dalla più tenera infanzia non se n’era andato, che era lì, un po’ provato, ma sempre lì. E in un certo senso, quella consapevolezza lo rincuorava perché sapeva che quell’Arthur non si sarebbe mai spezzato, nemmeno in una situazione come quella che stava vivendo. (Niente, volevo solo dirti che quest’ultima parte mi ha fatto battere il cuoricino raggrinzito che mi ritrovo per la dolcezza e… Alfred è così Alfred).
Sia Arthur che Alfred sono perfettamente I.C. e ti invidio così tanto, perché io non saprei mai descriverli così bene! Mentre leggevo li ho trovati così naturali, ben descritti e caratterizzati, con i loro pregi e i loro difetti, e senza esagerazioni… Ti ho adorata, davvero. Mi è capitato raramente di esclamare “Oddio, sono proprio loro!” leggendo una storia con quei due, però è stato proprio quello che ho fatto nel tuo caso. Arthur in particolare mi è piaciuto tanto tanto. La sua mania per l’ordine, il suo essere acido, orgoglioso e introverso ma allo stesso tempo premuroso e dolce sono stati illustrati magnificamente. Credo che in una situazione del genere si sarebbe comportato esattamente come hai descritto. Mi è venuto facile calarmi nei panni di Alfred, che come sempre si sente come l’eroe che dovrà salvare la persona a cui vuole più bene, nonostante sia tenuto all’oscuro da tante cose e nonostante Arthur non voglia essere salvato... Ci tengo a ringraziarti per non averlo reso un egoista o un decerebrato, di aver dato a questo povero personaggio spesso bistrattato una profonda introspezione. Certo, è sempre un po’ egocentrico, idealista, troppo ottimista e ingenuo, ma non è uno stupido, non è un insensibile. Ho proprio amato il modo in cui li hai resi. E anche il loro rapporto era così ben descritto: due testardi orgogliosi che, nonostante litighino in continuazione e siano l’uno l’opposto dell’altro, si vogliono un bene dell’anima. Mi sono fatta coinvolgere e prendere da loro e dalla situazione narrata, tanto che a un certo punto mi sono resa conto che avevo gli occhi lucidi e mi sento stupida perché ce li ho pure adesso che sto scrivendo questa valutazione.
La trama, per quanto il tema trattato non sia particolarmente originale, non è per niente banale. Mi è piaciuto il modo sensibile e realistico con cui hai trattato la situazione di Arthur, costretto a convivere con una malattia che gli impedisce di essere indipendente e di compiere le azioni più scontate. È straziante la lentezza con cui la realizzazione che non migliorerà, anzi... Mi ha colpita con la stessa intensità con cui ha colpito Alfred.
Mi è piaciuta l’aura di mistero che hai tenuto fino alla fine attorno alla figura di Arthur, quasi volessi rispecchiare con la scrittura la sua riservatezza. Si intuiva che stesse soffrendo molto, ma non con tale gravità da togliersi la vita. Ciò che si muoveva dentro Arthur è spiegato dal personaggio stesso nella lettera che lascia ad Alfred e questo particolare mi è piaciuto tanto: è come se alla fine si fosse aperto del tutto con l’amico, per la prima volta, ed è un peccato che l’abbia fatto solo da morto. Il fatto che abbia voluto proteggere Alfred fino alla fine, questo è straziante.
Altro elemento originale è la relazione fra i personaggi. Era certamente amore quello che li legava, ma l’amore ha tante forme e non deve essere necessariamente di tipo romantico. Quello che tu hai descritto in questa storia è un amore puro, innocente e calmo, che non toglie ma dà. Alfred vuole salvare Arthur, Arthur vuole ridare ad Alfred la libertà. Entrambi vogliono il bene dell’altro. È triste il fatto che Arthur alla fine si sia arreso, ma non gliene si può fare una colpa, né si può biasimare la sua scelta.
Il finale mi ha uccisa. Subito dopo il sogno di Alfred, quando lui va a casa di Arthur e scopre che è ancora vivo, avevo tirato un sospiro di sollievo e mi sono schiaffeggiata mentalmente per essere troppo pessimista. E un paragrafo dopo Arthur era morto. Non sai quanto ci sono rimasta male. Sapere che Alfred è diventato un medico, probabilmente per curare e salvare chi ha la stessa malattia di Arthur, mi ha fatto trattenere il respiro. La lettera, oh, la lettera è stata il colpo finale. Questa storia è così triste e commovente, che alla fine lascia un forte sentimento di malinconia.
Per concludere, la tua storia mi è piaciuta. Ho apprezzato molto il modo realistico e introspettivo con cui hai descritto i due protagonisti e il loro rapporto, senza mai cadere nella banalità o nell’esagerata drammaticità. Mi sono lasciata coinvolgere con piacere dalla narrazione, nonostante qualche periodo mi abbia complicato un po’ la lettura (ma, in fondo, si tratta anche di gusti). È una di quelle storie che entrano nel cuore e, per quanto tristi, ti lasciano una sensazione positiva.
Alla fine, ho avuto l’impressione che con la morte di Arthur entrambi abbiano ritrovato la pace che avevano perso con l’apparizione della malattia. Ma allo stesso tempo all’idealista che è in me dispiace che Arthur si sia arreso senza lottare, anche se sono del tutto consapevole che la sua scelta è del tutto IC, a essere sinceri… Il che è ancora più triste, ma vabbe’, lasciami sola con il mio dolore (?)
Ti rinnovo i miei complimenti, hai scritto una storia davvero bella e che mi è piaciuta tantissimo :)
Baci, SunliteGirl |