Ciao, continua il mio viaggio dentro nei meandri del tuo profilo. Oggi ho deciso di recensire questa, OS che ho in realtà letto già un paio di giorni fa ma che per svariate ragioni non ho potuto fermarmi a commentare prima. In genere preferisco sempre recensire a caldo, quando posso ovviamente, perché trovo non ci sia cosa più bella che riversare in una recensione tutte le sensazioni e i sentimenti che una bellissima storia ti ha fatto provare. Ci si ritrova spesso scombussolati ed emozionati alla fine di una bella lettura come lo è stata questa storia, per esempio ed è stupendo secondo me far capire tutto questo all'autore. Perché una delle cose più belle, e lo dico da autore, è la consapevolezza di emozionare chi legge. Questo caso però fa eccezione, perché la storia è psicologicamente molto profonda e prendermi due giorni, anche se per altri motivi, mi è servito a razionalizzare un pochino. La storia è breve ed è, come hai detto tu stessa, il delirio di una notte ma è una storia affatto banale e molto meno scontata di quello che si legge di solito.
Anzitutto lasciami dire che la decisione di ambientare la storia dentro il palazzo mentale di Sherlock è stata geniale, non sono molte nemmeno oggi che siamo nel 2019 le storie che sono ambientate o comunque incentrate sulla mente eccelsa di Sherlock. Vuoi perché resta un personaggio molto difficile e di cui tanto sta all'interpretazione, e in questo la quarta stagione ha complicato ancora di più le cose. Di conseguenza mi ha fatto davvero tanto piacere trovare questa storia che sì, è completamente incentrata su un qualcosa che Sherlock sente di dover fare, che vuole fare più di ogni altra cosa, ma che non riesce. Molto raro è il vederlo fallire, ma qui invece non riesce e sbaglia e quello che vuole non gli riesce. Già questo concetto di per sé sottolinea l'umanità profonda di questo personaggio, il suo non essere affatto un essere perfetto ma un uomo come ce ne sono tanti. Definizione che non vale sicuramente in quanto a intelligenza, resta un genio senza pari (forse solo battuto da Mycroft ed Eurus, mai lei non la conto mai), ma dal punto di vista umano Sherlock è un uomo comune. Con sentimenti, emozioni, con questo amore che spinge per uscire e che lui vuole cancellare. Vuole cancellare l'amore dalla propria mente, e per farlo lui vuole cancellare John ma ovviamente non gli riesce perché l'amore è irrazionale e testardo, e duraturo. Significativo è il fatto che per cancellare un sentimento Sherlock si rifugia nella propria mente, non ne fa una questione di cuore ma di cervello. Questo perché Sherlock è una persona razionale e, innamorato o meno, molto logica. Ne fa una questione di intelletto, di affinità elettive e mentali. John è nella sua testa, il che lo rende parte di lui, ma è tutto nel suo palazzo mentale. Lì sta e da lì non se ne vuole andare. E i tentativi di cancellarlo risultano vani, quasi goffi. Di certo non ci riesce, anche se averlo lì è confortante. Ed è questo il secondo punto cardine della storia, viene fuori quasi in sordina appena accennato e amplifica la trama principale. Sherlock ama John e questo pare il primo elemento molto ovvio della tua storia, ma il concetto di amore stesso non rimane teorico, non resta un concetto vago. Lo amplifichi e ci fai capire fino a che punto questo amore esiste, esiste nella sua testa. Principalmente nei ricordi, perché non dimentichiamo che la storia è un post Reichenbach dal punto di vista di Sherlock (anche questo poco usato). Ma esiste e questo John che viene fuori ogni tanto è un qualcosa a cui aggrapparsi. La tortura, la prigionia e le sofferenze della lotta alla rete gigantesca di Moriarty vengono appena accennate nella tua storia. Ne parli, ma non approfondisci mai. Ma attraverso una stupenda piccola frase, ci fai capire che Sherlock usa il suo amore per John, usa John stesso e i ricordi che ha di lui, per tenersi in vita per aggrapparsi ad essa come può, al meglio delle sue forze. E questo modo di amare, specialmente se si considera che Sherlock sta facendo tutto questo soprattutto per tenere John al sicuro, è semplicemente stupendo, struggente e bellissimo. Di sicuro doloroso, ma io trovo meraviglioso già che una persona come lui così chiusa in se stesso e introversa, che non ha mai badato a queste cose, ami John fino a questo punto. D'altra parte è uno dei motivi per cui mi piace tanto l'idea della Johnlock.
Altro punto fondamentale è il finale. Che non mi sarei mai aspettata e per il quale sono felice d'aver fatto passare due giorni. Sulle prime infatti non sapevo se la presenza di John reale, il suo arrivo alla fine fosse vero oppure soltanto simbolico o ancora se frutto della sua mente. Non sapevo davvero cosa pensare, ho teorizzato che Sherlock si immaginasse un John che lo raggiungeva. Il che sarebbe stato di una malinconia incredibile, lo ammetto. Poi invece ho pensato che John l'aveva trovato davvero e a suggerirmelo è quel: "E Sherlock capì che il John reale era ancora più testardo di quello dentro la sua testa." Che mi fa propendere per la seconda ipotesi. Ammetto di avere ancora dei dubbi, perché la frase: ""Sapevi che sarei arrivato, che ti avrei trovato, prima o poi. Non puoi cancellarmi, lo sai." lascia intendere che John riesca quasi a leggere dentro la testa di Sherlock e sarebbe sensato pensare che in realtà quel John sia una proiezione del suo palazzo mentale. Ma preferisco la seconda ipotesi, è più non so... romantica? Mi piace l'idea di un John che non crede alla morte di Sherlock e che fa di tutto pur di trovarlo. E che alla fine riesce a raggiungerlo, facendosi catturare ma ci riesce.
Insomma, è stata una lettura stupefacente e tu sei davvero una bravissima autrice. Ora mi resta da recuperare soltanto la tua long, Il teatro del sogno, ma arriverò anche a quella, intanto complimenti.
Koa |