(Mi rendo conto che ogni volta la cosa più difficile del dover dire qualcosa è iniziare a parlare, la prima sillaba proprio.)
Parto dalla cosa che, non troppo stranamente, mi ha commosso (che non si pensi a fiumi di lacrime, quelli sono riservati ai film, ai lunghi libri con storie agoniate e a qualche cartone animato): il discorso su quanto sia difficile esserci per qualcuno che c'è ma non sempre per te. Sono sincera, non ho mai voluto guardare la cerchia delle mogli (diciamo tutta la verità, in particolare una ma questa è un'altra storia) con un occhio che non si soffermasse solo su ciò che veniva mostrato. La parte dietro, il retroscena, le "quinte" di tutto il teatrino Sevenfold, dei loro capricci, delle loro pretese perché sono sicura ce ne siano state, non è qualcosa sulla quale io abbia mai avuto voglia di fermarmi. Forse è un male, forse no. Principalmente mi soffermo sulle cose che catturano la mia attenzione e che fanno si che la mia mente non si distragga così facilmente da loro. Che può essere una cosa contata ma allo stesso tempo potrebbe non esserlo. Il senso critico delle "situazioni in toto" non è una peculiarità che mi ha mai caratterizzata. Questo per dire che: leggere e vedere una Michelle così, comune agli occhi di tutti ma con delle sfumature che se non presti attenzione non vedi, mi ha fatto pensare a quanto la mente sia abile a celare le cose che non vogliamo vedere facendoci credere di non averle viste veramente. L'essere concentrati spesso sulle caratteristiche che vediamo (o vogliamo vedere, il discorso finisce sempre lì) in qualcuno, inevitabilmente ci porta ad esserlo meno sulle caratteristiche di qualcun'altro di cui abbiamo la presunzione di conoscere i tratti distintivi e siamo, in certi momenti, sicuri siano quelli. Questa credo fosse una sorta di confessisone, la storia penso fosse il sacerdote o qualcosa di simile. Il responso non sono ancora sicura di quale possa essere.
Uscendo dal profondo momento religioso, posso dire che ho l'ennesima conferma di come a volte stare crogiolati nel proprio "happy place", che esso esista o meno nella vita che conduciamo, possa salvare qualcosa che a volte sembra insalvabile.
Chiudo la parentesi no sense.
With love.
P.s. so che cambio continuamente nickname ma in fonde la ricerca del proprio alter ego può rivelarsi più ardua del previsto.
Giulia Yuki.
(Recensione modificata il 11/10/2014 - 01:39 pm) |