Recensioni per
Buon sangue
di Kafkaesque

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
07/11/16, ore 16:00
Cap. 1:

Era da molto – moltissimo – che volevo recensirti, ma non l’ho mai fatto (e questo perché sono pigra) per lo stesso motivo per cui volevo disperatamente farlo: sei una delle mie autrici preferite. E non è che lo dica così, tanto per dire, lo dico perché è la sacrosanta verità: ho letto e riletto le tue storie – questa in particolare, perché questa è speciale. Non perché è la mia preferita – perché trovo che tutte le fic nel tuo profilo siano così riuscite e così vicine al mio modo di sentire da non poter scalare una classifica – ma perché è come un cristallo. Trasparente, preziosissima, fredda, e lucente. Sì, uh, okay. Così sembro solo pazza. Ricominciamo. 
Trovo che questa storia debba essere letta più di una volta, che debba essere letta così tanto da perdere di vista il significato (o più che altro la struttura stessa, ecco), perché non ha una morale, d’accordo, ma il fine sta proprio nel non avere una fine, non avere una trama. Avere solo una vita vuota come il bicchiere della madre di Lucius durante i pranzi, ma con in realtà un contenuto che non si vede, che è un bianco più bianco, uno sporco che c’è ma si può solo intuire in contrasto col vuoto alle pareti.
Sono solo immagini e luoghi comuni (i ritratti crepati, sempre uguali, con pigmenti appena sfumati e i detti di Abraxas, che regolano l’intera esistenza di Lucius e l’intera storia, a partire dal titolo), non c’è niente di nuovo, ed è tutto detto, ridetto, fino allo sfinimento. Così tanto, che messo nero su bianco così, con la semplicità delle cose che ormai si sanno, fa quasi impressione. 
Il fil rouge dell’intera vicenda, io l’ho trovato proprio qui: nelle ripetizioni. Nelle immagini che si susseguono sempre uguali e appena diverse, ma solo perché passano anni e cambiano i guanti, le mani, le guance rosse, si aggiungono quadri alle pareti, non c’è mai troppa polvere sui mobili, ma si trovano nuove schegge nei tappeti persiani della villa, al posto delle urla che arrivano da sotto.
Come sempre, ovviamente XD, ho amato particolarmente la scelta di parole, certo, ed in particolare l’appartenersi di Lucius e Narcissa, che non è un amarsi, ma solo perché Lucius e Narcissa non sono persone, sono successioni di lettere, sono armocromia, condivisione di silenzi,  incontro-fusione di solitudini – sono più che umani e meno che umani, esattamente come nel ritratto che si fanno fare. Mi hanno piacevolmente colpito, anche, immagini ed espressioni, come il vestitino azzurro apocalisse di Narcissa, il ronzio delle api ch’è la voce della madre di Lucius, il sangue, il rossetto, il vino che si mescolano, che sono tutt’uno, che sono, semplicemente, rossi, carminio, un colore poco femminile sull’aspetto acerbo delle due signore Malfoy (almeno fino alle scene finali, dove Cissy è solo simile a sua madre, ma in realtà ha ben poco della precedente “Cara” di Abraxas). E il bianco più bianco, ch’è solo un altro modo per dire che c’è dello sporco che non si vede, l’attenzione generale per gli accostamenti – dai gioielli e gli occhi scelti per i gioielli e non viceversa, al rosa pallido delle labbra, ma anche, forse soprattutto, al bianco e nero della prima notte di nozze e alla scelta dei pezzi degli scacchi, le dita di Cissy che accarezzano le rose e il sangue che non deve sporcarle il vestito – come non dovevano macchiarsi di vino le gonne della moglie di Abraxas.
Altre cose che mi sono piaciute particolarmente: a) le caratterizzazioni. Lucius in primis, dal momento che in fondo è della sua vita che si parla, del modo sottile in cui è in gabbia senza rendersene conto, di come fa suoi i detti del padre, cambiandoli però radicalmente nella forma e lasciandoli uguali nel contenuto (Buon sangue che non mente – buon sangue che mente e mente con costanza, ma non ci sono urla sotto i tappeti, non c’è polvere, è tutto dello stesso bianco, quindi non c’è nulla da dire e perciò non si può mentire; Una donna non si tocca neanche con un fiore – e neppure con le spine. Certo, coi guanti neri è un’altra cosa; il rosso, di nuovo, che non è un colore da donna, non dona nei segni della pelle, nel rossetto, né sui vestiti, ma è, paradossalmente, il rosso del sangue per cui vivono, …)
Ed anche, viste attraverso gli occhi azzurrissimi di Lucius, le caratterizzazioni perfettamente coerenti del padre e della madre, ed infine di Narcissa che è forse quella che cresce di più, matura e cambia: sboccia. Così come cambiano i colori che le donano.
b) I vari parallelismi fra Narcissa e la madre senza nome, ché una bella dose di complesso di Edipo fa sempre bene XD In special modo, il ribaltamento graduale, quasi naturale, di Narcissa che solo sulla carta è come sua madre, ma in realtà è di seta, acciaio e vetro e sa essere dura e spietata come un’arma (come sua madre, invece, proprio  non era). Come la storia inizi con sua madre che è un’ombra elegante, che quasi non si vede, che siede sempre nell’angolo giusto della stanza. E finisca con Cissy, che non si deve guardare (e quindi è quasi impossibile da non notare), nell’angolo sbagliato della stanza.
Con Abraxas che usa i guanti anche per accarezzare sua moglie e con Lucius che invece se li toglie, per prendere (no, aspetta, offrire, che è più aristocratico) la mano a Cissy.
E i continui rimandi: il sangue che non è acqua, ma se lo fosse sua madre sarebbe un fiore i fiori che poi finiscono nella tomba – le rose che Narcissa non raccoglie; i tappeti su cui la madre cammina in punta di piedi – i tappeti sotto cui si sento grida – i tappeti fra le cui maglie, a guardare bene, si possono trovare schegge di vetro. E poi di nuovo, il sangue, il sangue che come un talento, un merito, si può vedere da lontano.
c) I dialoghi-non-dialoghi. Così. Perfetti. Oh. L’effetto che hanno lasciato a me, più che di un film in bianco e nero, è quello di una storia raccontata su un arazzo. Come se ci fosse un velo, fra la fiaba e l’ascoltatore, qualcosa che dovrebbe edulcorare, ma in realtà rende solo più evidente in non detto. Perché questa è in effetti una favola di sangue, una tragedia annunciata, ma è molto dolce, nei termini in cui è raccontata. Lascia solo all’ultimo la sensazione raccapricciante dello sporco che c’è ma non si vede e delle urla attutite dai tappeti e io continuo a ripetermi perché, davvero, non ci sono similitudini più azzeccate di quelle che hai usato tu.
E qui posso tranquillamente allacciami al punto d), perché in realtà non è un vero punto, ma solo un “ramo” del c): la mancata morale, chiamiamola così. Il fatto che questa non è una favola (non ha morale), ma è una fiaba: la storia di una vita già decisa, precisa, tutta racchiusa in un armadio. E qui riporto pari pari quello che hai scritto tu, ché se no non la finisco più: “Suo padre gli raccontava delle Sacre Ventotto prima di andare a dormire, tra le mani guantate una prima edizione de’ Il Canone dei Purosangue di Cantankerus Nott: se una storia fa addormentare un bambino con un sorriso sulle labbra, qualcuno potrebbe dire, è una fiaba. Lucius è fortunato, però, perché l’unica fiaba che gli sia mai servita per sorridere è la propria vita […] Questa è la loro storia, e non c’è alcuna morale, e se la si racconta troppo tardi non lascia più dormire.”
Il fatto è che tutto, in questa OS, grida È GIÀ SUCCESSO, ad Abraxas e alla Cara Signora Malfoy, È GIÀ SUCCESSO, a tutti i quadri che nascondono il bianco più bianco, e celano lo sporco che non si vede, È GIÀ SUCCESSO, NULLA DI NUOVO, È GIÀ STATO TUTTO RACCONTATO. E non c’è un riscatto, se non nel cambio-colore dei vestiti, nell’orgoglio sezionato (bellissima scelta di termini) di Lucius e in quello di seta, acciaio e cristallo di Narcissa (che, certo, potrebbe essere scambiato per rassegnazione, ma è affilato e tutto il resto). E nella frase di chiusura, che mamma mia *^*

Be’, okay, questa non è una vera recensione perché in una recensione come si deve bisognerebbe anche dire cosa non è piaciuto, ma non c’è qualcosa che non mi sia piaciuto, per cui uh. Mi rendo conto che suoni come una sviolinata, ma, davvero, ho amato tutto dalla prima all’ultima parola con l’intensità di mille soli. Non ho niente di nuovo da dire.
Forse, ecco, forse c’è una cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa, ma che poi ripensandoci ho scoperto azzeccatissima e assolutamente coerente con la dinamica della storia e quindi niente – è il fatto che questa storia (una trama che non è una trama, una vita riassumibile in un ritratto con gli stessi pigmenti) non ha un nodo. Un argine. Un momento in cui il flusso continuo si blocca, per poi sciogliersi in altro modo. Continua imperterrita, incurante, tutta allo stesso modo, fino a quando, alla fine- ah, ma è già finita? Non si nota subito, non si riconosce immediatamente, lo svolgimento, la rottura dell’equilibrio iniziale. Solo che, be’, c’è, ma è in fondo. Così infondo, nelle ultimissime righe, che poi c’è solo lo spazio per la conclusione, che però non ristabilisce l’equilibrio, ma lo cambia, lo riscrive, delinea nuove regole. Che poi è una cosa che si ricongiunge al discorso favola-fiaba, a nessuna morale etc etc, ma lì per lì mi ha lasciato con un senso di incompiuto che non riuscivo a sciogliere (in realtà, poi, è proprio questo uno degli aspetti che ho amato di più della OS, ma, ecco, questo solo col senno di poi.)

(A questo punto, stabilito che questa non è una recensione, ma solo una serie di fangirlamenti senza un filo logico, posso dirti che una delle mie scene preferite è quella del matrimonio, subito seguita dal pranzo con Abraxas che parla dei Valpurga e la madre che per la prima volta “Caro…” lo interrompe, ma poi nulla di nuovo, nessun rumore, solo il sole abbacinante e la tovaglia macchiata.
Ma — il matrimonio. Cioè, il ballo. La costola. Il vestito rosso alle prove, e le caviglie fasciate e Lucius che pensava che Narcissa fosse fatta per ballare e invece no, e – l’ho già detta la costola? – e come il fatto che il nome di Cissy non sia importante, anche se non sa che effetto fa sulle sue labbra pallide e fra i suoi denti un po’ storti, almeno finché non scopre che L, M, N. 
e poi si sposano il 29 Febbraio. Perché la classe, come il sangue, non è acqua – ma loro hanno comunque un sangue così puro che in un bicchiere sarebbe trasparente. Il. Ventinove. Febbraio. Ché “c’è un certo fascino a sposarsi in un giorno che sposso non esiste.” Penso di aver strillato di gioia, a quel punto.)

E, well, niente, okay, è tutto fantastico,
(Tutto questo in effetti solo per dire: è tutto fantastico.)
Anon_

Nuovo recensore
15/03/16, ore 00:26
Cap. 1:

Ciao! 
Spero di non essere arrivata troppo tardi a commentare. 
Beh, che dire? Forse è vero, questa storia non ha né un inizio né una fine (forse è più la fine che manca), ma io l'ho trovata assolutamente stupenda.
Ho amato il tuo stile di scrittura, è fluido e delicato, in certi punti mi ha fatto sentire come se qualcuno mi lanciasse acqua fredda addosso, per quanto sia volutamente distaccato. Le metafore e l'uso di aggettivi e parole ricercate è degno di nota; le caratterizzazioni dei personaggi le ho trovate decisamente complete e riuscite. Oserei dire che per la pacatezza e la musicalità che trasmetti, a tratti la tua storia mi ha ricordato veramente un film in bianco e nero. 
Ultima postilla: quanto mi sarebbe piaciuto leggere della nascita e dello sviluppo di Draco! 
Comunque sia, ancora complimenti! 

A presto,
Wawes! 

Recensore Junior
25/10/14, ore 16:23
Cap. 1:

Ciao, devo dire che la tua storia non è male, anche se in pratica non ha un vero finale né un filo conduttore degno di questo nome... Fa un effetto un po' strano. A me sembra che tu abbia fatto un buon lavoro di caratterizzazione, anche se Lucius e Narcissa a tratti sono così gelidi da non sembrare neanche umani D: non so, io li ho sempre immaginati cone una coppia molto innamorata, ed è interessante leggere una versione diversa del rapporto tra i due. Sei brava a scrivere (ma questo te l'ho scritto già tante altre volte, divento ripetitiva xD): anche se la storia non ha, come dici tu, una "morale", una fine o un qualcosa che gli dia un senso si può comunque apprezzarla come piccola creazione estetica, per la scelta delle parole e tutto il resto. Come fanfiction è anche un po' disturbante a dire il vero... Si vede che hai il pallino per le storie inquietanti! u.u

Recensore Master
15/10/14, ore 23:08
Cap. 1:

Non... Non lo so.
Questa storia non ha una vera e propria conclusione; non ha un perno stabile e sono solo similitudini, parallelismi e cerchi che non si chiudono ma si trasformano in spirali.
Eppure la amo immensamente.
E devo dirti una cosa, in verità... Lucius sarà pure fashion perché ce l'ha nel dna, però in questa storia il suo essere fashion è serissimo e io boh, non so neanche come esprimere il concetto. Fatto sta che la storia è serissima e delicata insieme; mi viene da riprenderti e dire che è un fiore o un vaso di cristallo chiuso nella vetrinetta di quel mobile che nessuno guarda mai, che è troppo lontano, così sai che è fragile ma non rischi mai di romperlo.
Boh, ogni volta che ti leggo poi mi lasci questo strascichi di dire le cose in modo strano XD
Comunque sappi che ti sto amando <3
E adesso voglio leggere la Harry/Rose ma sono inquietata prima ancora di averla sottomano, sappilo u.u