Recensioni per
Cinquanta sfumature di Bieber
di _vavvabf_

Questa storia ha ottenuto 26 recensioni.
Positive : 23
Neutre o critiche: 3 (guarda)


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Recensore Junior
24/12/14, ore 17:08

Spero che il tuo computer funzioni al più presto haaha La storia mi piace molto e voglio assolutamente sapere cosa succederà 😍
Baciotti <3

Recensore Master
20/12/14, ore 16:28

Ooo che peccato speravo che fosse un capitolo ma vabbè spero che tu possa aggiornare presto ti aspetto con impazienza e ansia
bacioni
blery25

Recensore Junior
19/12/14, ore 22:22
Cap. 9:

Hey!! È la terza volta che scrivo questa recensione, le altre due mi si sono cancellate automaticamente:(
Amo questa storia, e tu la trascrivi molto bene, certo, alcune volte dimentichi di scrivere Justin al posto di Christian, ma ti capisco, lì sul momento non te ne accorgi. Anche io ho provato una volta a trascrivere una storia scritta su un libro, ma, a differenza tua, sono stata pessima, quindi ho dovuto cancellarle.
Io non ho visto il film di '50 sfumature di grigio' quindi non so cosa accadrà in seguito, quindi ti scongiuro...aggiorna presto.
Beh...spero tu, appunto, aggiorni presto.
Ci tengo a ripete che fai un ottimo lavoro.
A presto:*

Recensore Junior
18/12/14, ore 20:58
Cap. 1:

Non voglio sembrare cattiva o altro, ma devi sapere che efp è un sito dove varie ragazze scrivono storie loro, storie INVENTATE da loro.
Sinceramente non capisco quale sia stato  il motivo che ti ha spinta a trascrivere un libro già esistente...
Farei prima a comprarmi quello originale e immaginarmi Justin come protagonista.
L'idea è questa... ma a quanto pare tu non l'hai capita.
Comunque ti assicuro che non volevo offenderti  in alcun modo, ho solo detto ciò che pensavo.

Recensore Master
08/12/14, ore 17:29
Cap. 9:

Ciao sono una lettrice nuova, e ho trovato per caso la tua ff, mi sono tanto incuriosita per il titolo, sai cinquanta sfumature di grigio, hahaha non ho letto quel libro, pero mi piacerebbe continuare a leggere la tua storia, quindi mi farebbe piacere se mi avvertissi quando aggiorni, intanto metto la storia tra le preferite, mi piace tanto se molto brava baci
blery25

Nuovo recensore
04/12/14, ore 16:06
Cap. 9:

omg,non ho mai letto il libro originale ma questo cambiamento di personaggi mi piace!
se non si è capito sono curiosa di leggere il continuo!
aspetto con ansia,baci! :*

Recensore Junior
29/11/14, ore 09:32
Cap. 8:

Dunque wooow direi che mi piace questo capitolo, secondo me lui non vuole darle tante attenzioni, perché ha paura di innamorasi di lei.
Poi secondo me Anastasia si sta sognando o sta pensando..

Comunque non vedo l'ora di leggere il prossimo capitolo e vedere cosa succederà.


Se ce qualcuno che vuole consigliarmi una FF rossa dove Justin vuole avere il controllo su di lei, o perché e costretta a fare ciò che vuole lui. Mela invia tramite messaggio per favore. Ne voglio leggerne un sacco.

Recensore Junior
28/11/14, ore 02:58
Cap. 6:

fidanzato?»

«Il modo in cui lei gli ha sorriso, e in cui lui ha contraccambiato il suo sorriso.»

Fissa gli occhi nei miei. È così inquietante. Vorrei distogliere lo sguardo, ma sono catturata… ipnotizzata.

«È più che altro una specie di fratello»

Mormoro. Bieber annuisce, apparentemente soddisfatto della risposta, e contempla il suo muffin. Poi lo libera dalla carta in poche mosse. Io lo guardo affascinata.

«Ne vuole un pezzetto?»

Chiede. Sulle sue labbra ritorna quel sorriso divertito e misterioso.

«No, grazie.»

Aggrotto la fronte e ricomincio a guardarmi le mani.

«E il ragazzo che mi ha presentato ieri al negozio? Nemmeno lui è il suo fidanzato?»

«No. Paul è solo un amico. Gliel’ho detto ieri.»

Uffa, questo gioco sta diventando stupido.

«Perché me lo chiede?»

«Sembra nervosa con gli uomini.»

Accidenti, va sul personale. “Sono nervosa solo con te, Bieber.”

«Lei mi intimidisce.»

Divento rossa come un peperone, ma mi congratulo con me stessa per la sincerità. Lo sento inspirare profondamente.

«Capisco»

Annuisce.

«Lei è molto schietta. La prego, non abbassi lo sguardo. Mi piace guardarla negli occhi.»

Oh. Gli lancio un’occhiata, e lui mi rivolge un sorriso incoraggiante, ma ironico.

«Mi dà un’idea di quali possano essere i suoi pensieri»

Sussurra.

«Lei è un mistero, Miss Steele.»

«Non c’è niente di misterioso in me.»

«Penso che sia molto riservata»

Mormora.

Ah, sì?  “Oddio… e adesso che cosa dico?” È spiazzante. “Riservata, io? Per carità.”

«A parte quando arrossisce, il che accade spesso. Vorrei solo sapere cosa la fa arrossire.»

Si infila un piccolo boccone di muffin in bocca e inizia a masticarlo, senza togliermi gli occhi di dosso. E, neanche a farlo apposta, arrossisco. “Merda!”

«Lei fa sempre commenti così personali?»

«Non me n’ero reso conto. L’ho offesa?»

Sembra sorpreso.

«No»

Rispondo, ed è la verità.

«Bene.»

«Ma devo dire che non ha molto tatto.»

Bieber alza le sopracciglia e, se non sbaglio, arrossisce appena anche lui.

«Sono abituato a fare a modo mio, Anastasia»

Mormora.

«In tutte le cose.»

«Non ne dubito. Perché non mi ha chiesto di chiamarla per nome?»

La mia audacia mi sorprende. Come mai questa conversazione è diventata così seria? Non sta andando nel modo che pensavo. Non riesco a credere di essere così polemica con lui, ma sento che cerca di tenermi a distanza.

«Le uniche persone che mi chiamano per nome sono i miei familiari e pochi amici intimi. Preferisco così.»

Oh. Non ha ancora detto: “Chiamami Justin”.

È un maniaco del controllo, non c’è altra spiegazione, e una parte di me sta pensando che forse sarebbe stato meglio se fosse andata Kate a intervistarlo. Due maniaci del controllo insieme. Inoltre, lei è quasi bionda – be’, in realtà, ramata – come tutte le donne nel suo ufficio. “Ed è bella” mi ricorda la vocina interiore. Non mi piace l’idea di Justin e Kate insieme. Prendo un sorso di tè, e Bieber mangia un altro pezzetto di muffin.

«Lei è figlia unica?»

Chiede. “Oddio”… Continua a cambiare strategia.

«Sì.»

«Mi racconti dei suoi genitori.»

E perché mai? È una noia mortale.

«Mia madre vive in Georgia con il suo nuovo marito, Bob. Il mio patrigno vive a Montesano.»

«E suo padre?»

«È morto quand’ero appena nata.»

«Mi dispiace»

Mormora, e un fuggevole sguardo turbato gli attraversa il viso.

«Non ho nessun ricordo di lui.»

«E sua madre si è risposata?»

Sbuffo.

«Può ben dirlo.»

Aggrotta la fronte.

«Non lascia trapelare molto, eh?»

Dice seccamente, strofinandosi il mento come se fosse immerso in una profonda riflessione.

«Neanche lei.»

«Mi ha già intervistato una volta, e ricordo qualche domanda pungente.»

Mi strizza l’occhio.

Sta pensando alla domanda sull’omosessualità. Di nuovo, sono mortificata. Nei prossimi anni, lo so, avrò bisogno di sedute psicoanalitiche per non sentirmi imbarazzata ogni volta che ricorderò quel momento. Inizio a farfugliare qualcosa su mia madre… qualsiasi cosa per reprimere quel ricordo.

«Mia madre è incredibile. È un’inguaribile romantica. Al momento è al quarto marito.»

Christian mi guarda sorpreso.

«Mi manca»

Continuo.

«Adesso ha Bob. Spero solo che lui riesca ad aver cura di lei e a raccogliere i cocci quando i suoi progetti sventati non vanno come previsto.»

Faccio un sorriso affettuoso. È tanto tempo che non vedo mia madre. Bieber mi osserva con attenzione, mentre sorseggia il caffè. Dovrei proprio evitare di guardargli la bocca. Mi mette a disagio.

«Va d’accordo con il suo patrigno?»

«Molto. Mi ha cresciuto. È l’unico padre che conosco.»

«E che tipo è?»

«Ray? È… taciturno.»

«Tutto qui?»

Chiede Bieber, sorpreso. Mi stringo nelle spalle. Cosa si aspetta quest’uomo? La storia della mia vita?

«Taciturno come la figliastra»

Suggerisce Bieber. Mi trattengo dal fare una smorfia esasperata.

«Ama il calcio, soprattutto quello europeo, il bowling, la pesca con la mosca, e costruire mobili. È un falegname. Ex militare.»

Sospiro.

«Ha vissuto con lui?»

«Sì. Mia madre ha incontrato il Marito Numero Tre quando avevo quindici anni. Io sono rimasta con Ray.»

Aggrotta la fronte, come se non capisse.

«Non ha voluto vivere con sua madre?»

Chiede. “Davvero, non sono affari suoi.”

«Il Marito Numero Tre viveva in Texas. Casa mia era a Montesano. E… sa, mia madre era appena sposata.»

Mi interrompo. Mia madre non parla mai del Marito Numero Tre. Dove vuole arrivare Bieber con questo interrogatorio? Non sono affari suoi. “Deve mettersi in gioco anche lui.”

«Mi dica dei suoi genitori»

Chiedo. Lui alza le spalle.

«Mio padre fa l’avvocato, mia madre la pediatra. Vivono a Seattle.»

Oh… una famiglia benestante. Penso a una coppia di successo che adotta tre bambini, uno dei quali diviene un uomo splendido che entra nel mondo degli affari e raggiunge la vetta senza l’aiuto di nessuno. Cosa lo avrà fatto diventare così? Chissà come sono fieri i suoi genitori.

«Cosa fanno i suoi fratelli?»

«Elliot lavora nell’edilizia e mia sorella minore vive a Parigi, dove studia cucina con qualche rinomato chef francese.»

Il suo sguardo si vela di irritazione. Non ha voglia di parlare di sé o della sua famiglia.

«Dicono che Parigi è bellissima.»

Perché non vuole parlare della sua famiglia? Forse perché è stato adottato?

«È vero. C’è mai stata?»

Chiede, dimenticando la sua irritazione.

«Non ho mai lasciato gli Stati Uniti.»

Ed eccoci tornati alle chiacchiere inoffensive. Cosa nasconde quest’uomo?

«Le piacerebbe andarci?»

«A Parigi?»

Chiedo, esterrefatta. La sua domanda mi confonde… Chi non vorrebbe andare a Parigi?

«Certo»

Rispondo.

«Ma il posto che vorrei visitare più di tutti è l’Inghilterra.»

Lui china la testa di lato, passandosi l’indice sul labbro inferiore… “Oddio.”

«Come mai?»

Sbatto le palpebre più volte. “Concentrati, Steele.”

«È la patria di Shakespeare, della Austen, delle sorelle Brontë, di Thomas Hardy. Mi piacerebbe tanto vedere i luoghi che hanno ispirato quelle opere meravigliose.»

Tutto questo parlare dei grandi della letteratura mi ricorda che dovrei essere a casa a studiare. Guardo l’orologio.

«È meglio che vada. Devo studiare.»

«Per gli esami?»

«Sì. Iniziano martedì.»

«Dov’è l’auto di Miss Kavanagh?»

«Nel parcheggio dell’albergo.»

«La accompagno.»

«Grazie per il tè, Mr Bieber.»

Lui fa quel suo strano sorriso che sembra voler dire: “Ho un segreto scottante e non lo rivelo a nessuno”.

«Di niente, Anastasia. È stato un piacere. Venga»

Mi ordina, porgendomi la mano. Io la prendo, sconcertata, e lo seguo fuori dalla caffetteria. Torniamo verso l’Heathman in un silenzio che definirei privo di imbarazzo. Lui, in realtà, è calmo e controllato come sempre. Io, invece, sto cercando disperatamente di valutare come sia andato il nostro piccolo appuntamento. Mi sembra di aver fatto un colloquio di lavoro, ma non capisco bene per quale mansione.

«Indossa sempre i jeans?»

Mi chiede Bieber di punto in bianco.

«Quasi sempre.»

Annuisce. Siamo di nuovo all’incrocio di fronte all’albergo. La mia mente gira a vuoto. “Che domanda bizzarra…” E penso che il nostro tempo insieme sta per finire. Anzi, è finito, e io l’ho sprecato, lo so. Forse lui sta con qualcuno.

«Ha una fidanzata?»

Mi lascio sfuggire. Cavolo… “Non l’avrò detto a voce alta?”

Lui mi guarda, con un mezzo sorriso.

«No, Anastasia. Non sono un tipo da fidanzate»

Risponde sommessamente. Ah… “E questo cosa vorrebbe dire? Non è gay. Oh, forse sì… merda!”

Deve avermi mentito durante l’intervista. Per un attimo, mi illudo che prosegua dando qualche spiegazione, qualche indizio per decifrare la sua criptica affermazione, invece no. Devo andarmene. Devo cercare di raccogliere le idee. Devo allontanarmi da lui. Faccio qualche passo precipitoso e inciampo in mezzo alla strada.

«Maledizione, Ana!»

Urla Bieber. Mi afferra così forte per la mano che gli vado a sbattere addosso, proprio mentre un ciclista in contromano ci supera in un lampo, mancandomi per un soffio. Succede tutto così in fretta… un attimo prima sto cadendo, l’attimo dopo mi ritrovo tra le sue braccia e lui mi stringe forte al petto. Respiro il suo profumo fresco e intenso. Odora di biancheria pulita e di qualche costoso sapone. È inebriante.

«Tutto bene?»

Mormora. Con un braccio mi tiene stretta a sé, mentre con le dita dell’altra mano mi accarezza dolcemente il viso, tastandomi con delicatezza, esplorandomi. Con il pollice, mi sfiora il labbro inferiore, e sento il suo respiro spezzarsi. Mi sta guardando negli occhi, e io reggo il suo sguardo ardente per un attimo, o forse a lungo… ma alla fine, la mia attenzione è attratta dalla sua splendida bocca. “Oddio.”

Per la prima volta in ventun anni, ho voglia di essere baciata. Ho voglia di sentire quella bocca sulla mia.

Recensore Junior
28/11/14, ore 02:58
Cap. 5:

fidanzato?»

«Il modo in cui lei gli ha sorriso, e in cui lui ha contraccambiato il suo sorriso.»

Fissa gli occhi nei miei. È così inquietante. Vorrei distogliere lo sguardo, ma sono catturata… ipnotizzata.

«È più che altro una specie di fratello»

Mormoro. Bieber annuisce, apparentemente soddisfatto della risposta, e contempla il suo muffin. Poi lo libera dalla carta in poche mosse. Io lo guardo affascinata.

«Ne vuole un pezzetto?»

Chiede. Sulle sue labbra ritorna quel sorriso divertito e misterioso.

«No, grazie.»

Aggrotto la fronte e ricomincio a guardarmi le mani.

«E il ragazzo che mi ha presentato ieri al negozio? Nemmeno lui è il suo fidanzato?»

«No. Paul è solo un amico. Gliel’ho detto ieri.»

Uffa, questo gioco sta diventando stupido.

«Perché me lo chiede?»

«Sembra nervosa con gli uomini.»

Accidenti, va sul personale. “Sono nervosa solo con te, Bieber.”

«Lei mi intimidisce.»

Divento rossa come un peperone, ma mi congratulo con me stessa per la sincerità. Lo sento inspirare profondamente.

«Capisco»

Annuisce.

«Lei è molto schietta. La prego, non abbassi lo sguardo. Mi piace guardarla negli occhi.»

Oh. Gli lancio un’occhiata, e lui mi rivolge un sorriso incoraggiante, ma ironico.

«Mi dà un’idea di quali possano essere i suoi pensieri»

Sussurra.

«Lei è un mistero, Miss Steele.»

«Non c’è niente di misterioso in me.»

«Penso che sia molto riservata»

Mormora.

Ah, sì?  “Oddio… e adesso che cosa dico?” È spiazzante. “Riservata, io? Per carità.”

«A parte quando arrossisce, il che accade spesso. Vorrei solo sapere cosa la fa arrossire.»

Si infila un piccolo boccone di muffin in bocca e inizia a masticarlo, senza togliermi gli occhi di dosso. E, neanche a farlo apposta, arrossisco. “Merda!”

«Lei fa sempre commenti così personali?»

«Non me n’ero reso conto. L’ho offesa?»

Sembra sorpreso.

«No»

Rispondo, ed è la verità.

«Bene.»

«Ma devo dire che non ha molto tatto.»

Bieber alza le sopracciglia e, se non sbaglio, arrossisce appena anche lui.

«Sono abituato a fare a modo mio, Anastasia»

Mormora.

«In tutte le cose.»

«Non ne dubito. Perché non mi ha chiesto di chiamarla per nome?»

La mia audacia mi sorprende. Come mai questa conversazione è diventata così seria? Non sta andando nel modo che pensavo. Non riesco a credere di essere così polemica con lui, ma sento che cerca di tenermi a distanza.

«Le uniche persone che mi chiamano per nome sono i miei familiari e pochi amici intimi. Preferisco così.»

Oh. Non ha ancora detto: “Chiamami Justin”.

È un maniaco del controllo, non c’è altra spiegazione, e una parte di me sta pensando che forse sarebbe stato meglio se fosse andata Kate a intervistarlo. Due maniaci del controllo insieme. Inoltre, lei è quasi bionda – be’, in realtà, ramata – come tutte le donne nel suo ufficio. “Ed è bella” mi ricorda la vocina interiore. Non mi piace l’idea di Justin e Kate insieme. Prendo un sorso di tè, e Bieber mangia un altro pezzetto di muffin.

«Lei è figlia unica?»

Chiede. “Oddio”… Continua a cambiare strategia.

«Sì.»

«Mi racconti dei suoi genitori.»

E perché mai? È una noia mortale.

«Mia madre vive in Georgia con il suo nuovo marito, Bob. Il mio patrigno vive a Montesano.»

«E suo padre?»

«È morto quand’ero appena nata.»

«Mi dispiace»

Mormora, e un fuggevole sguardo turbato gli attraversa il viso.

«Non ho nessun ricordo di lui.»

«E sua madre si è risposata?»

Sbuffo.

«Può ben dirlo.»

Aggrotta la fronte.

«Non lascia trapelare molto, eh?»

Dice seccamente, strofinandosi il mento come se fosse immerso in una profonda riflessione.

«Neanche lei.»

«Mi ha già intervistato una volta, e ricordo qualche domanda pungente.»

Mi strizza l’occhio.

Sta pensando alla domanda sull’omosessualità. Di nuovo, sono mortificata. Nei prossimi anni, lo so, avrò bisogno di sedute psicoanalitiche per non sentirmi imbarazzata ogni volta che ricorderò quel momento. Inizio a farfugliare qualcosa su mia madre… qualsiasi cosa per reprimere quel ricordo.

«Mia madre è incredibile. È un’inguaribile romantica. Al momento è al quarto marito.»

Christian mi guarda sorpreso.

«Mi manca»

Continuo.

«Adesso ha Bob. Spero solo che lui riesca ad aver cura di lei e a raccogliere i cocci quando i suoi progetti sventati non vanno come previsto.»

Faccio un sorriso affettuoso. È tanto tempo che non vedo mia madre. Bieber mi osserva con attenzione, mentre sorseggia il caffè. Dovrei proprio evitare di guardargli la bocca. Mi mette a disagio.

«Va d’accordo con il suo patrigno?»

«Molto. Mi ha cresciuto. È l’unico padre che conosco.»

«E che tipo è?»

«Ray? È… taciturno.»

«Tutto qui?»

Chiede Bieber, sorpreso. Mi stringo nelle spalle. Cosa si aspetta quest’uomo? La storia della mia vita?

«Taciturno come la figliastra»

Suggerisce Bieber. Mi trattengo dal fare una smorfia esasperata.

«Ama il calcio, soprattutto quello europeo, il bowling, la pesca con la mosca, e costruire mobili. È un falegname. Ex militare.»

Sospiro.

«Ha vissuto con lui?»

«Sì. Mia madre ha incontrato il Marito Numero Tre quando avevo quindici anni. Io sono rimasta con Ray.»

Aggrotta la fronte, come se non capisse.

«Non ha voluto vivere con sua madre?»

Chiede. “Davvero, non sono affari suoi.”

«Il Marito Numero Tre viveva in Texas. Casa mia era a Montesano. E… sa, mia madre era appena sposata.»

Mi interrompo. Mia madre non parla mai del Marito Numero Tre. Dove vuole arrivare Bieber con questo interrogatorio? Non sono affari suoi. “Deve mettersi in gioco anche lui.”

«Mi dica dei suoi genitori»

Chiedo. Lui alza le spalle.

«Mio padre fa l’avvocato, mia madre la pediatra. Vivono a Seattle.»

Oh… una famiglia benestante. Penso a una coppia di successo che adotta tre bambini, uno dei quali diviene un uomo splendido che entra nel mondo degli affari e raggiunge la vetta senza l’aiuto di nessuno. Cosa lo avrà fatto diventare così? Chissà come sono fieri i suoi genitori.

«Cosa fanno i suoi fratelli?»

«Elliot lavora nell’edilizia e mia sorella minore vive a Parigi, dove studia cucina con qualche rinomato chef francese.»

Il suo sguardo si vela di irritazione. Non ha voglia di parlare di sé o della sua famiglia.

«Dicono che Parigi è bellissima.»

Perché non vuole parlare della sua famiglia? Forse perché è stato adottato?

«È vero. C’è mai stata?»

Chiede, dimenticando la sua irritazione.

«Non ho mai lasciato gli Stati Uniti.»

Ed eccoci tornati alle chiacchiere inoffensive. Cosa nasconde quest’uomo?

«Le piacerebbe andarci?»

«A Parigi?»

Chiedo, esterrefatta. La sua domanda mi confonde… Chi non vorrebbe andare a Parigi?

«Certo»

Rispondo.

«Ma il posto che vorrei visitare più di tutti è l’Inghilterra.»

Lui china la testa di lato, passandosi l’indice sul labbro inferiore… “Oddio.”

«Come mai?»

Sbatto le palpebre più volte. “Concentrati, Steele.”

«È la patria di Shakespeare, della Austen, delle sorelle Brontë, di Thomas Hardy. Mi piacerebbe tanto vedere i luoghi che hanno ispirato quelle opere meravigliose.»

Tutto questo parlare dei grandi della letteratura mi ricorda che dovrei essere a casa a studiare. Guardo l’orologio.

«È meglio che vada. Devo studiare.»

«Per gli esami?»

«Sì. Iniziano martedì.»

«Dov’è l’auto di Miss Kavanagh?»

«Nel parcheggio dell’albergo.»

«La accompagno.»

«Grazie per il tè, Mr Bieber.»

Lui fa quel suo strano sorriso che sembra voler dire: “Ho un segreto scottante e non lo rivelo a nessuno”.

«Di niente, Anastasia. È stato un piacere. Venga»

Mi ordina, porgendomi la mano. Io la prendo, sconcertata, e lo seguo fuori dalla caffetteria. Torniamo verso l’Heathman in un silenzio che definirei privo di imbarazzo. Lui, in realtà, è calmo e controllato come sempre. Io, invece, sto cercando disperatamente di valutare come sia andato il nostro piccolo appuntamento. Mi sembra di aver fatto un colloquio di lavoro, ma non capisco bene per quale mansione.

«Indossa sempre i jeans?»

Mi chiede Bieber di punto in bianco.

«Quasi sempre.»

Annuisce. Siamo di nuovo all’incrocio di fronte all’albergo. La mia mente gira a vuoto. “Che domanda bizzarra…” E penso che il nostro tempo insieme sta per finire. Anzi, è finito, e io l’ho sprecato, lo so. Forse lui sta con qualcuno.

«Ha una fidanzata?»

Mi lascio sfuggire. Cavolo… “Non l’avrò detto a voce alta?”

Lui mi guarda, con un mezzo sorriso.

«No, Anastasia. Non sono un tipo da fidanzate»

Risponde sommessamente. Ah… “E questo cosa vorrebbe dire? Non è gay. Oh, forse sì… merda!”

Deve avermi mentito durante l’intervista. Per un attimo, mi illudo che prosegua dando qualche spiegazione, qualche indizio per decifrare la sua criptica affermazione, invece no. Devo andarmene. Devo cercare di raccogliere le idee. Devo allontanarmi da lui. Faccio qualche passo precipitoso e inciampo in mezzo alla strada.

«Maledizione, Ana!»

Urla Bieber. Mi afferra così forte per la mano che gli vado a sbattere addosso, proprio mentre un ciclista in contromano ci supera in un lampo, mancandomi per un soffio. Succede tutto così in fretta… un attimo prima sto cadendo, l’attimo dopo mi ritrovo tra le sue braccia e lui mi stringe forte al petto. Respiro il suo profumo fresco e intenso. Odora di biancheria pulita e di qualche costoso sapone. È inebriante.

«Tutto bene?»

Mormora. Con un braccio mi tiene stretta a sé, mentre con le dita dell’altra mano mi accarezza dolcemente il viso, tastandomi con delicatezza, esplorandomi. Con il pollice, mi sfiora il labbro inferiore, e sento il suo respiro spezzarsi. Mi sta guardando negli occhi, e io reggo il suo sguardo ardente per un attimo, o forse a lungo… ma alla fine, la mia attenzione è attratta dalla sua splendida bocca. “Oddio.”

Per la prima volta in ventun anni, ho voglia di essere baciata. Ho voglia di sentire quella bocca sulla mia.

Recensore Junior
28/11/14, ore 02:57
Cap. 4:

fidanzato?»

«Il modo in cui lei gli ha sorriso, e in cui lui ha contraccambiato il suo sorriso.»

Fissa gli occhi nei miei. È così inquietante. Vorrei distogliere lo sguardo, ma sono catturata… ipnotizzata.

«È più che altro una specie di fratello»

Mormoro. Bieber annuisce, apparentemente soddisfatto della risposta, e contempla il suo muffin. Poi lo libera dalla carta in poche mosse. Io lo guardo affascinata.

«Ne vuole un pezzetto?»

Chiede. Sulle sue labbra ritorna quel sorriso divertito e misterioso.

«No, grazie.»

Aggrotto la fronte e ricomincio a guardarmi le mani.

«E il ragazzo che mi ha presentato ieri al negozio? Nemmeno lui è il suo fidanzato?»

«No. Paul è solo un amico. Gliel’ho detto ieri.»

Uffa, questo gioco sta diventando stupido.

«Perché me lo chiede?»

«Sembra nervosa con gli uomini.»

Accidenti, va sul personale. “Sono nervosa solo con te, Bieber.”

«Lei mi intimidisce.»

Divento rossa come un peperone, ma mi congratulo con me stessa per la sincerità. Lo sento inspirare profondamente.

«Capisco»

Annuisce.

«Lei è molto schietta. La prego, non abbassi lo sguardo. Mi piace guardarla negli occhi.»

Oh. Gli lancio un’occhiata, e lui mi rivolge un sorriso incoraggiante, ma ironico.

«Mi dà un’idea di quali possano essere i suoi pensieri»

Sussurra.

«Lei è un mistero, Miss Steele.»

«Non c’è niente di misterioso in me.»

«Penso che sia molto riservata»

Mormora.

Ah, sì?  “Oddio… e adesso che cosa dico?” È spiazzante. “Riservata, io? Per carità.”

«A parte quando arrossisce, il che accade spesso. Vorrei solo sapere cosa la fa arrossire.»

Si infila un piccolo boccone di muffin in bocca e inizia a masticarlo, senza togliermi gli occhi di dosso. E, neanche a farlo apposta, arrossisco. “Merda!”

«Lei fa sempre commenti così personali?»

«Non me n’ero reso conto. L’ho offesa?»

Sembra sorpreso.

«No»

Rispondo, ed è la verità.

«Bene.»

«Ma devo dire che non ha molto tatto.»

Bieber alza le sopracciglia e, se non sbaglio, arrossisce appena anche lui.

«Sono abituato a fare a modo mio, Anastasia»

Mormora.

«In tutte le cose.»

«Non ne dubito. Perché non mi ha chiesto di chiamarla per nome?»

La mia audacia mi sorprende. Come mai questa conversazione è diventata così seria? Non sta andando nel modo che pensavo. Non riesco a credere di essere così polemica con lui, ma sento che cerca di tenermi a distanza.

«Le uniche persone che mi chiamano per nome sono i miei familiari e pochi amici intimi. Preferisco così.»

Oh. Non ha ancora detto: “Chiamami Justin”.

È un maniaco del controllo, non c’è altra spiegazione, e una parte di me sta pensando che forse sarebbe stato meglio se fosse andata Kate a intervistarlo. Due maniaci del controllo insieme. Inoltre, lei è quasi bionda – be’, in realtà, ramata – come tutte le donne nel suo ufficio. “Ed è bella” mi ricorda la vocina interiore. Non mi piace l’idea di Justin e Kate insieme. Prendo un sorso di tè, e Bieber mangia un altro pezzetto di muffin.

«Lei è figlia unica?»

Chiede. “Oddio”… Continua a cambiare strategia.

«Sì.»

«Mi racconti dei suoi genitori.»

E perché mai? È una noia mortale.

«Mia madre vive in Georgia con il suo nuovo marito, Bob. Il mio patrigno vive a Montesano.»

«E suo padre?»

«È morto quand’ero appena nata.»

«Mi dispiace»

Mormora, e un fuggevole sguardo turbato gli attraversa il viso.

«Non ho nessun ricordo di lui.»

«E sua madre si è risposata?»

Sbuffo.

«Può ben dirlo.»

Aggrotta la fronte.

«Non lascia trapelare molto, eh?»

Dice seccamente, strofinandosi il mento come se fosse immerso in una profonda riflessione.

«Neanche lei.»

«Mi ha già intervistato una volta, e ricordo qualche domanda pungente.»

Mi strizza l’occhio.

Sta pensando alla domanda sull’omosessualità. Di nuovo, sono mortificata. Nei prossimi anni, lo so, avrò bisogno di sedute psicoanalitiche per non sentirmi imbarazzata ogni volta che ricorderò quel momento. Inizio a farfugliare qualcosa su mia madre… qualsiasi cosa per reprimere quel ricordo.

«Mia madre è incredibile. È un’inguaribile romantica. Al momento è al quarto marito.»

Christian mi guarda sorpreso.

«Mi manca»

Continuo.

«Adesso ha Bob. Spero solo che lui riesca ad aver cura di lei e a raccogliere i cocci quando i suoi progetti sventati non vanno come previsto.»

Faccio un sorriso affettuoso. È tanto tempo che non vedo mia madre. Bieber mi osserva con attenzione, mentre sorseggia il caffè. Dovrei proprio evitare di guardargli la bocca. Mi mette a disagio.

«Va d’accordo con il suo patrigno?»

«Molto. Mi ha cresciuto. È l’unico padre che conosco.»

«E che tipo è?»

«Ray? È… taciturno.»

«Tutto qui?»

Chiede Bieber, sorpreso. Mi stringo nelle spalle. Cosa si aspetta quest’uomo? La storia della mia vita?

«Taciturno come la figliastra»

Suggerisce Bieber. Mi trattengo dal fare una smorfia esasperata.

«Ama il calcio, soprattutto quello europeo, il bowling, la pesca con la mosca, e costruire mobili. È un falegname. Ex militare.»

Sospiro.

«Ha vissuto con lui?»

«Sì. Mia madre ha incontrato il Marito Numero Tre quando avevo quindici anni. Io sono rimasta con Ray.»

Aggrotta la fronte, come se non capisse.

«Non ha voluto vivere con sua madre?»

Chiede. “Davvero, non sono affari suoi.”

«Il Marito Numero Tre viveva in Texas. Casa mia era a Montesano. E… sa, mia madre era appena sposata.»

Mi interrompo. Mia madre non parla mai del Marito Numero Tre. Dove vuole arrivare Bieber con questo interrogatorio? Non sono affari suoi. “Deve mettersi in gioco anche lui.”

«Mi dica dei suoi genitori»

Chiedo. Lui alza le spalle.

«Mio padre fa l’avvocato, mia madre la pediatra. Vivono a Seattle.»

Oh… una famiglia benestante. Penso a una coppia di successo che adotta tre bambini, uno dei quali diviene un uomo splendido che entra nel mondo degli affari e raggiunge la vetta senza l’aiuto di nessuno. Cosa lo avrà fatto diventare così? Chissà come sono fieri i suoi genitori.

«Cosa fanno i suoi fratelli?»

«Elliot lavora nell’edilizia e mia sorella minore vive a Parigi, dove studia cucina con qualche rinomato chef francese.»

Il suo sguardo si vela di irritazione. Non ha voglia di parlare di sé o della sua famiglia.

«Dicono che Parigi è bellissima.»

Perché non vuole parlare della sua famiglia? Forse perché è stato adottato?

«È vero. C’è mai stata?»

Chiede, dimenticando la sua irritazione.

«Non ho mai lasciato gli Stati Uniti.»

Ed eccoci tornati alle chiacchiere inoffensive. Cosa nasconde quest’uomo?

«Le piacerebbe andarci?»

«A Parigi?»

Chiedo, esterrefatta. La sua domanda mi confonde… Chi non vorrebbe andare a Parigi?

«Certo»

Rispondo.

«Ma il posto che vorrei visitare più di tutti è l’Inghilterra.»

Lui china la testa di lato, passandosi l’indice sul labbro inferiore… “Oddio.”

«Come mai?»

Sbatto le palpebre più volte. “Concentrati, Steele.”

«È la patria di Shakespeare, della Austen, delle sorelle Brontë, di Thomas Hardy. Mi piacerebbe tanto vedere i luoghi che hanno ispirato quelle opere meravigliose.»

Tutto questo parlare dei grandi della letteratura mi ricorda che dovrei essere a casa a studiare. Guardo l’orologio.

«È meglio che vada. Devo studiare.»

«Per gli esami?»

«Sì. Iniziano martedì.»

«Dov’è l’auto di Miss Kavanagh?»

«Nel parcheggio dell’albergo.»

«La accompagno.»

«Grazie per il tè, Mr Bieber.»

Lui fa quel suo strano sorriso che sembra voler dire: “Ho un segreto scottante e non lo rivelo a nessuno”.

«Di niente, Anastasia. È stato un piacere. Venga»

Mi ordina, porgendomi la mano. Io la prendo, sconcertata, e lo seguo fuori dalla caffetteria. Torniamo verso l’Heathman in un silenzio che definirei privo di imbarazzo. Lui, in realtà, è calmo e controllato come sempre. Io, invece, sto cercando disperatamente di valutare come sia andato il nostro piccolo appuntamento. Mi sembra di aver fatto un colloquio di lavoro, ma non capisco bene per quale mansione.

«Indossa sempre i jeans?»

Mi chiede Bieber di punto in bianco.

«Quasi sempre.»

Annuisce. Siamo di nuovo all’incrocio di fronte all’albergo. La mia mente gira a vuoto. “Che domanda bizzarra…” E penso che il nostro tempo insieme sta per finire. Anzi, è finito, e io l’ho sprecato, lo so. Forse lui sta con qualcuno.

«Ha una fidanzata?»

Mi lascio sfuggire. Cavolo… “Non l’avrò detto a voce alta?”

Lui mi guarda, con un mezzo sorriso.

«No, Anastasia. Non sono un tipo da fidanzate»

Risponde sommessamente. Ah… “E questo cosa vorrebbe dire? Non è gay. Oh, forse sì… merda!”

Deve avermi mentito durante l’intervista. Per un attimo, mi illudo che prosegua dando qualche spiegazione, qualche indizio per decifrare la sua criptica affermazione, invece no. Devo andarmene. Devo cercare di raccogliere le idee. Devo allontanarmi da lui. Faccio qualche passo precipitoso e inciampo in mezzo alla strada.

«Maledizione, Ana!»

Urla Bieber. Mi afferra così forte per la mano che gli vado a sbattere addosso, proprio mentre un ciclista in contromano ci supera in un lampo, mancandomi per un soffio. Succede tutto così in fretta… un attimo prima sto cadendo, l’attimo dopo mi ritrovo tra le sue braccia e lui mi stringe forte al petto. Respiro il suo profumo fresco e intenso. Odora di biancheria pulita e di qualche costoso sapone. È inebriante.

«Tutto bene?»

Mormora. Con un braccio mi tiene stretta a sé, mentre con le dita dell’altra mano mi accarezza dolcemente il viso, tastandomi con delicatezza, esplorandomi. Con il pollice, mi sfiora il labbro inferiore, e sento il suo respiro spezzarsi. Mi sta guardando negli occhi, e io reggo il suo sguardo ardente per un attimo, o forse a lungo… ma alla fine, la mia attenzione è attratta dalla sua splendida bocca. “Oddio.”

Per la prima volta in ventun anni, ho voglia di essere baciata. Ho voglia di sentire quella bocca sulla mia.

Recensore Junior
28/11/14, ore 02:56
Cap. 3:

fidanzato?»

«Il modo in cui lei gli ha sorriso, e in cui lui ha contraccambiato il suo sorriso.»

Fissa gli occhi nei miei. È così inquietante. Vorrei distogliere lo sguardo, ma sono catturata… ipnotizzata.

«È più che altro una specie di fratello»

Mormoro. Bieber annuisce, apparentemente soddisfatto della risposta, e contempla il suo muffin. Poi lo libera dalla carta in poche mosse. Io lo guardo affascinata.

«Ne vuole un pezzetto?»

Chiede. Sulle sue labbra ritorna quel sorriso divertito e misterioso.

«No, grazie.»

Aggrotto la fronte e ricomincio a guardarmi le mani.

«E il ragazzo che mi ha presentato ieri al negozio? Nemmeno lui è il suo fidanzato?»

«No. Paul è solo un amico. Gliel’ho detto ieri.»

Uffa, questo gioco sta diventando stupido.

«Perché me lo chiede?»

«Sembra nervosa con gli uomini.»

Accidenti, va sul personale. “Sono nervosa solo con te, Bieber.”

«Lei mi intimidisce.»

Divento rossa come un peperone, ma mi congratulo con me stessa per la sincerità. Lo sento inspirare profondamente.

«Capisco»

Annuisce.

«Lei è molto schietta. La prego, non abbassi lo sguardo. Mi piace guardarla negli occhi.»

Oh. Gli lancio un’occhiata, e lui mi rivolge un sorriso incoraggiante, ma ironico.

«Mi dà un’idea di quali possano essere i suoi pensieri»

Sussurra.

«Lei è un mistero, Miss Steele.»

«Non c’è niente di misterioso in me.»

«Penso che sia molto riservata»

Mormora.

Ah, sì?  “Oddio… e adesso che cosa dico?” È spiazzante. “Riservata, io? Per carità.”

«A parte quando arrossisce, il che accade spesso. Vorrei solo sapere cosa la fa arrossire.»

Si infila un piccolo boccone di muffin in bocca e inizia a masticarlo, senza togliermi gli occhi di dosso. E, neanche a farlo apposta, arrossisco. “Merda!”

«Lei fa sempre commenti così personali?»

«Non me n’ero reso conto. L’ho offesa?»

Sembra sorpreso.

«No»

Rispondo, ed è la verità.

«Bene.»

«Ma devo dire che non ha molto tatto.»

Bieber alza le sopracciglia e, se non sbaglio, arrossisce appena anche lui.

«Sono abituato a fare a modo mio, Anastasia»

Mormora.

«In tutte le cose.»

«Non ne dubito. Perché non mi ha chiesto di chiamarla per nome?»

La mia audacia mi sorprende. Come mai questa conversazione è diventata così seria? Non sta andando nel modo che pensavo. Non riesco a credere di essere così polemica con lui, ma sento che cerca di tenermi a distanza.

«Le uniche persone che mi chiamano per nome sono i miei familiari e pochi amici intimi. Preferisco così.»

Oh. Non ha ancora detto: “Chiamami Justin”.

È un maniaco del controllo, non c’è altra spiegazione, e una parte di me sta pensando che forse sarebbe stato meglio se fosse andata Kate a intervistarlo. Due maniaci del controllo insieme. Inoltre, lei è quasi bionda – be’, in realtà, ramata – come tutte le donne nel suo ufficio. “Ed è bella” mi ricorda la vocina interiore. Non mi piace l’idea di Justin e Kate insieme. Prendo un sorso di tè, e Bieber mangia un altro pezzetto di muffin.

«Lei è figlia unica?»

Chiede. “Oddio”… Continua a cambiare strategia.

«Sì.»

«Mi racconti dei suoi genitori.»

E perché mai? È una noia mortale.

«Mia madre vive in Georgia con il suo nuovo marito, Bob. Il mio patrigno vive a Montesano.»

«E suo padre?»

«È morto quand’ero appena nata.»

«Mi dispiace»

Mormora, e un fuggevole sguardo turbato gli attraversa il viso.

«Non ho nessun ricordo di lui.»

«E sua madre si è risposata?»

Sbuffo.

«Può ben dirlo.»

Aggrotta la fronte.

«Non lascia trapelare molto, eh?»

Dice seccamente, strofinandosi il mento come se fosse immerso in una profonda riflessione.

«Neanche lei.»

«Mi ha già intervistato una volta, e ricordo qualche domanda pungente.»

Mi strizza l’occhio.

Sta pensando alla domanda sull’omosessualità. Di nuovo, sono mortificata. Nei prossimi anni, lo so, avrò bisogno di sedute psicoanalitiche per non sentirmi imbarazzata ogni volta che ricorderò quel momento. Inizio a farfugliare qualcosa su mia madre… qualsiasi cosa per reprimere quel ricordo.

«Mia madre è incredibile. È un’inguaribile romantica. Al momento è al quarto marito.»

Christian mi guarda sorpreso.

«Mi manca»

Continuo.

«Adesso ha Bob. Spero solo che lui riesca ad aver cura di lei e a raccogliere i cocci quando i suoi progetti sventati non vanno come previsto.»

Faccio un sorriso affettuoso. È tanto tempo che non vedo mia madre. Bieber mi osserva con attenzione, mentre sorseggia il caffè. Dovrei proprio evitare di guardargli la bocca. Mi mette a disagio.

«Va d’accordo con il suo patrigno?»

«Molto. Mi ha cresciuto. È l’unico padre che conosco.»

«E che tipo è?»

«Ray? È… taciturno.»

«Tutto qui?»

Chiede Bieber, sorpreso. Mi stringo nelle spalle. Cosa si aspetta quest’uomo? La storia della mia vita?

«Taciturno come la figliastra»

Suggerisce Bieber. Mi trattengo dal fare una smorfia esasperata.

«Ama il calcio, soprattutto quello europeo, il bowling, la pesca con la mosca, e costruire mobili. È un falegname. Ex militare.»

Sospiro.

«Ha vissuto con lui?»

«Sì. Mia madre ha incontrato il Marito Numero Tre quando avevo quindici anni. Io sono rimasta con Ray.»

Aggrotta la fronte, come se non capisse.

«Non ha voluto vivere con sua madre?»

Chiede. “Davvero, non sono affari suoi.”

«Il Marito Numero Tre viveva in Texas. Casa mia era a Montesano. E… sa, mia madre era appena sposata.»

Mi interrompo. Mia madre non parla mai del Marito Numero Tre. Dove vuole arrivare Bieber con questo interrogatorio? Non sono affari suoi. “Deve mettersi in gioco anche lui.”

«Mi dica dei suoi genitori»

Chiedo. Lui alza le spalle.

«Mio padre fa l’avvocato, mia madre la pediatra. Vivono a Seattle.»

Oh… una famiglia benestante. Penso a una coppia di successo che adotta tre bambini, uno dei quali diviene un uomo splendido che entra nel mondo degli affari e raggiunge la vetta senza l’aiuto di nessuno. Cosa lo avrà fatto diventare così? Chissà come sono fieri i suoi genitori.

«Cosa fanno i suoi fratelli?»

«Elliot lavora nell’edilizia e mia sorella minore vive a Parigi, dove studia cucina con qualche rinomato chef francese.»

Il suo sguardo si vela di irritazione. Non ha voglia di parlare di sé o della sua famiglia.

«Dicono che Parigi è bellissima.»

Perché non vuole parlare della sua famiglia? Forse perché è stato adottato?

«È vero. C’è mai stata?»

Chiede, dimenticando la sua irritazione.

«Non ho mai lasciato gli Stati Uniti.»

Ed eccoci tornati alle chiacchiere inoffensive. Cosa nasconde quest’uomo?

«Le piacerebbe andarci?»

«A Parigi?»

Chiedo, esterrefatta. La sua domanda mi confonde… Chi non vorrebbe andare a Parigi?

«Certo»

Rispondo.

«Ma il posto che vorrei visitare più di tutti è l’Inghilterra.»

Lui china la testa di lato, passandosi l’indice sul labbro inferiore… “Oddio.”

«Come mai?»

Sbatto le palpebre più volte. “Concentrati, Steele.”

«È la patria di Shakespeare, della Austen, delle sorelle Brontë, di Thomas Hardy. Mi piacerebbe tanto vedere i luoghi che hanno ispirato quelle opere meravigliose.»

Tutto questo parlare dei grandi della letteratura mi ricorda che dovrei essere a casa a studiare. Guardo l’orologio.

«È meglio che vada. Devo studiare.»

«Per gli esami?»

«Sì. Iniziano martedì.»

«Dov’è l’auto di Miss Kavanagh?»

«Nel parcheggio dell’albergo.»

«La accompagno.»

«Grazie per il tè, Mr Bieber.»

Lui fa quel suo strano sorriso che sembra voler dire: “Ho un segreto scottante e non lo rivelo a nessuno”.

«Di niente, Anastasia. È stato un piacere. Venga»

Mi ordina, porgendomi la mano. Io la prendo, sconcertata, e lo seguo fuori dalla caffetteria. Torniamo verso l’Heathman in un silenzio che definirei privo di imbarazzo. Lui, in realtà, è calmo e controllato come sempre. Io, invece, sto cercando disperatamente di valutare come sia andato il nostro piccolo appuntamento. Mi sembra di aver fatto un colloquio di lavoro, ma non capisco bene per quale mansione.

«Indossa sempre i jeans?»

Mi chiede Bieber di punto in bianco.

«Quasi sempre.»

Annuisce. Siamo di nuovo all’incrocio di fronte all’albergo. La mia mente gira a vuoto. “Che domanda bizzarra…” E penso che il nostro tempo insieme sta per finire. Anzi, è finito, e io l’ho sprecato, lo so. Forse lui sta con qualcuno.

«Ha una fidanzata?»

Mi lascio sfuggire. Cavolo… “Non l’avrò detto a voce alta?”

Lui mi guarda, con un mezzo sorriso.

«No, Anastasia. Non sono un tipo da fidanzate»

Risponde sommessamente. Ah… “E questo cosa vorrebbe dire? Non è gay. Oh, forse sì… merda!”

Deve avermi mentito durante l’intervista. Per un attimo, mi illudo che prosegua dando qualche spiegazione, qualche indizio per decifrare la sua criptica affermazione, invece no. Devo andarmene. Devo cercare di raccogliere le idee. Devo allontanarmi da lui. Faccio qualche passo precipitoso e inciampo in mezzo alla strada.

«Maledizione, Ana!»

Urla Bieber. Mi afferra così forte per la mano che gli vado a sbattere addosso, proprio mentre un ciclista in contromano ci supera in un lampo, mancandomi per un soffio. Succede tutto così in fretta… un attimo prima sto cadendo, l’attimo dopo mi ritrovo tra le sue braccia e lui mi stringe forte al petto. Respiro il suo profumo fresco e intenso. Odora di biancheria pulita e di qualche costoso sapone. È inebriante.

«Tutto bene?»

Mormora. Con un braccio mi tiene stretta a sé, mentre con le dita dell’altra mano mi accarezza dolcemente il viso, tastandomi con delicatezza, esplorandomi. Con il pollice, mi sfiora il labbro inferiore, e sento il suo respiro spezzarsi. Mi sta guardando negli occhi, e io reggo il suo sguardo ardente per un attimo, o forse a lungo… ma alla fine, la mia attenzione è attratta dalla sua splendida bocca. “Oddio.”

Per la prima volta in ventun anni, ho voglia di essere baciata. Ho voglia di sentire quella bocca sulla mia.

Recensore Junior
28/11/14, ore 02:55
Cap. 2:

che lavora in quel negozio da anni. “Posso farcela.”

«Mi servono un paio di cose. Tanto per cominciare, vorrei delle fascette stringicavo»

Mormora, con una punta di ironia negli occhi gelidi. “Fascette stringicavo?”

«Ne abbiamo di diverse lunghezze. Vuole che gliele faccia vedere?»

Mormoro, con voce tremante. “Datti un tono, Steele.”

«Grazie, Miss Steele, la seguo»

Dice. Cerco di ostentare nonchalance mentre esco da dietro il bancone, ma in realtà mi sto impegnando al massimo per non inciampare e franare al suolo: le mie gambe hanno la consistenza della gelatina. Sono così felice di aver indossato i miei jeans più carini stamattina.

«Si trovano nel reparto materiale elettrico, scaffale otto.»

La mia voce è un po’ troppo squillante. Gli lancio un’occhiata e me ne pento quasi subito. Accidenti, è proprio bello!

«Dopo di lei»

Mormora, allungando una mano dalle dita affusolate e perfettamente curate. Con il cuore in gola, imbocco uno dei corridoi che porta al reparto materiale elettrico. “Cosa ci fa a Portland? Cosa ci fa qui da Clayton?” E da una minuscola, poco usata parte del mio cervello affiora il pensiero: “È qui per vedere te”.
Impossibile! Perché mai quell’uomo splendido, potente e raffinato dovrebbe volermi vedere? È un’idea assurda, e io la reprimo immediatamente.

«È a Portland per affari?»

Chiedo, e la voce mi esce troppo stridula, come se mi fossi chiusa un dito in una porta o qualcosa del genere. “Cerca di rimanere calma, Ana!”

«Ero in visita al dipartimento di agraria della Washington State University. Ha sede a Vancouver. Sto finanziando alcune ricerche sulla rotazione delle colture e sulla micro morfologia del suolo»

Dice, in tono neutro. “Visto? Non è affatto qui per vedere te.” Le mie ridicole fantasie mi fanno arrossire.

«Fa tutto parte del suo piano per sfamare il mondo?»

Lo stuzzico.

«Qualcosa del genere»

Ammette, con un mezzo sorriso. Osserva la serie di fascette stringicavo. Che cavolo se ne farà? Non riesco a immaginarlo mentre si dedica al bricolage. Le sue dita scorrono sulle varie confezioni esposte e, per qualche inspiegabile motivo, devo distogliere lo sguardo. Si china a sceglierne una.

«Queste dovrebbero andare.»

«Le serve altro?»

«Vorrei del nastro adesivo di carta.»

“Nastro adesivo di carta?”

«Deve imbiancare?»

 Le parole mi escono prima che possa fermarle. Certo chiamerà degli operai, o avrà dei domestici che lo aiutano nei lavori.

«No, niente del genere»
Risponde in fretta, poi sorride, e ho l’inquietante sensazione che stia ridendo di me. “Sono così divertente? Ho un aspetto buffo?”

«Da questa parte»

Sussurro, imbarazzata.

«Il nastro adesivo di carta è nel reparto vernici.»

Gli lancio un’occhiata da sopra la spalla, mentre mi segue.

«È da molto che lavora qui?»

Parla a voce bassa e mi fissa. Arrossisco violentemente. Ma perché mi fa questo effetto? Mi sembra di essere una quattordicenne: impacciata, come al solito, e fuori posto. “Stai in campana, Steele!”

«Quattro anni»

Mormoro, quando arriviamo a destinazione. Per distrarmi, mi chino e prendo i due formati di nastro adesivo di carta che abbiamo in negozio.

«Va bene questo»

Dice Bieber, indicando quello più largo, e io glielo porgo. Le nostre dita si sfiorano e sento di nuovo quella scossa che mi attraversa come se avessi tocca to un cavo scoperto. Sussulto mio malgrado, in un posto oscuro e inesplorato del basso ventre. Cerco disperatamente di riprendermi.

«Qualcos’altro?»

Ho la voce roca e affannata. I suoi occhi si dilatano impercettibilmente.

«Un po’ di corda, direi.»

La sua voce, roca, riecheggia la mia.

«Di qua.»

Mi dirigo verso lo scaffale.

«Che tipo di corda le serve? Abbiamo quella sintetica e quella in fibre naturali… lo spago… il fil di ferro…»

Mi interrompo nel vedere la sua espressione, il suo sguardo che si incupisce. “Oddio.”

«Prendo cinque metri di quella in fibra naturale.»

Rapidamente, con dita tremanti, misuro la corda, consapevole di avere addosso i suoi occhi ardenti. Non oso guardarlo. Accidenti, potrei mai sentirmi più in soggezione? Prendo il coltellino dalla tasca posteriore dei jeans, taglio, e arrotolo con cura la corda prima di legarla con un nodo. Per miracolo, riesco a non tranciarmi un dito.

«Era negli scout?»

Chiede, piegando le labbra scolpite e sensuali in un sorriso divertito. “Non guardargli la bocca!”

«Le attività di gruppo organizzate non sono la mia passione, Mr Bieber.»

Lui aggrotta la fronte.

«Qual è la sua passione, Anastasia?»

Chiede con la sua voce vellutata, e si riaffaccia il sorriso misterioso. Lo guardo, incapace di articolare una risposta. Mi sembra di stare su placche tettoniche in movimento. “Cerca di calmarti, Ana”  Implora il mio subconscio torturato.

«I libri»

Sussurro, ma la vocina interiore sta gridando: “Tu! Tu sei la mia passione”. La soffoco subito, avvilita che la mia psiche alzi la cresta in questo modo.

«Che genere di libri?»

Piega la testa di lato. “Perché gli interessa tanto?”

«Oh, le solite cose. I classici. Soprattutto letteratura inglese.»

Lui si gratta il mento con il pollice e l’indice mentre riflette sulla mia risposta. O forse è solo annoiato a morte e sta cercando di nasconderlo.

«Le serve altro?»

Devo cambiare argomento… quelle dita, quel volto sono troppo affascinanti.

«Non so. Cosa mi consiglia?»

Cosa gli consiglio? Ma se non so nemmeno cosa deve fare!

«Per il bricolage?»

Lui annuisce, con lo sguardo animato da una strana luce. Arrossisco, e i miei occhi si posano sui suoi jeans.

«Tute da lavoro»

Rispondo. Ormai so di aver perso il controllo.

Lui alza un sopracciglio, divertito.

«Non vorrà rovinarsi i vestiti.»

Faccio un gesto vago in direzione dei suoi jeans.

«Posso sempre togliermeli.»

Sorride.

«Ah.»

Sento che le guance mi bruciano. “Smetti di parlare. Smetti SUBITO di parlare.”

«Prenderò qualche tuta. Dio non voglia che rovini i miei vestiti»

Dice in tono impassibile. Cerco di allontanare l’importuna immagine di lui senza pantaloni.

«A posto così?»

Gracchio, mentre gli porgo le tute blu. Lui ignora la mia domanda.

«Come sta venendo l’articolo?»

Finalmente una domanda priva di insinuazioni e disorientanti doppi sensi… una domanda a cui posso rispondere. Mi ci aggrappo come a una scialuppa di salvataggio, e opto per la sincerità.

«Non lo sto scrivendo io, ma Katherine. Miss Kavanagh. La mia coinquilina, è lei la giornalista. È soddisfatta di come sta venendo. È il direttore del giornale, ed era molto avvilita di non averla potuta intervistare personalmente.»

Mi sembra di aver preso una boccata di ossigeno…

«Le dispiace solo di non avere sue foto.»

«Che genere di foto vorrebbe?»

Okay. Non avevo previsto questa replica. Scuoto la testa, perché non lo so.

«Be’, io sono in zona. Domani, magari…»

«Sarebbe disponibile a posare per un servizio fotografico?»

La mia voce è di nuovo stridula. Kate sarebbe al settimo cielo se riuscissi a mettere a segno questo colpo. “E tu potresti rivederlo domani” Sussurra suadente quel punto oscuro alla base del mio cervello. Cancello quell’idea: non c’è niente di più stupido e ridicolo di…

«Kate ne sarebbe entusiasta… sempre che riusciamo a trovare un fotografo.»

Sono così contenta che gli faccio un ampio sorriso. Lui socchiude le labbra come se dovesse prendere fiato e sbatte le palpebre. Per una frazione di secondo, sembra quasi smarrito, e la terra si sposta leggermente sul suo asse, le placche tettoniche scivolano in una nuova posizione. “Oddio. Lo sguardo smarrito di Justin Bieber.”

«Mi faccia sapere per domani.»

Tira fuori il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni.

«Ecco il mio biglietto da visita. C’è anche il mio numero di cellulare. Mi chiami prima delle dieci del mattino.»

«Okay.»

Gli sorrido. Kate sarà elettrizzata.

«Ana!»

In fondo al reparto si è materializzato Paul. È il fratello più giovane di Mr Clayton. Avevo sentito che era rientrato da Princeton, ma non mi aspettavo di vederlo oggi.

«Ehm, mi scusi un secondo, Mr Bieber.»

Lui aggrotta la fronte, mentre gli volto le spalle. Paul è mio amico da sempre, e visto lo strano dialogo che sto avendo con il ricco, potente, super bello maniaco del controllo Bieber, è fantastico parlare con una persona normale. Paul mi abbraccia forte, cogliendomi di sorpresa.

«Ana, ciao, sono troppo felice di vederti!»

Esclama.

«Ciao, Paul, come va? Sei a casa per il compleanno di tuo fratello?»

«Già. Hai un aspetto magnifico. Davvero magnifico.»

Mi sorride, esaminandomi a distanza ravvicinata. Poi allenta la stretta, ma continua a tenermi un braccio protettivo sulla spalla. Io sposto il peso da una gamba all’altra, imbarazzata. È bello vedere Paul, ma è sempre stato troppo espansivo. Quando lancio un’occhiata a Justin Bieber, vedo che ci sta osservando come un falco, con gli occhi castani socchiusi e pensierosi, le labbra strette in una linea dura e impassibile. Il cliente stranamente interessato si è trasformato in qualcun altro, una persona gelida e distante.

«Paul, sono con un cliente. Una persona che dovresti conoscere»

Dico, cercando di disinnescare l’antagonismo che vedo nell’espressione di Bieber. Trascino Paul a fare la sua conoscenza, e i due si soppesano. L’atmosfera all’improvviso è polare.

«Ehm, Paul, ti presento Justin Bieber. Mr Bieber, Paul Clayton. Suo fratello è il proprietario del negozio.»

Per qualche strano motivo, sento di dover dare altre spiegazioni.

«Conosco Paul da quando lavoro qui, anche se non ci vediamo spesso. È appena tornato da Princeton, dove studia gestione aziendale.»

La sto facendo troppo lunga… “Fermati adesso!”

«Mr Clayton.»

Justin tende la mano, con un’espressione indecifrabile.

«Mr Bieber.»

Paul gliela stringe.

«Aspetti un attimo… quel Justin Bieber? Della Bieber Enterprises Holdings?»

Paul passa dalla stizza al timore reverenziale in un nanosecondo. Bieber gli rivolge un sorriso gentile che non coinvolge gli occhi.

«Wow… Posso fare qualcosa per lei?»

«Ha già provveduto Anastasia, Mr Clayton. È stata molto premurosa.»

La sua espressione è impassibile, ma le sue parole… è come se stesse dicendo qualcosa di completamente diverso. È sconcertante.

«Ottimo»

Replica Paul.

«Ci vediamo dopo, Ana.»

«Certo, Paul.»

Lo guardo sparire verso il magazzino.

«Le serve altro, Mr Bieber?»

«Solo queste cose.»

Ha un tono freddo e risoluto. Dio… non si sarà offeso? Con un respiro profondo, mi giro e mi dirigo verso la cassa. “Che problema c’è, adesso?”
Batto la corda, le tute, il nastro adesivo di carta e le fascette stringicavo.

«Sono quarantatré dollari.»

Alzo lo sguardo su Bieber e vorrei non averlo fatto. Mi sta osservando attentamente, con i suoi occhi intensi e misteriosi. È inquietante.

«Vuole un sacchetto?»

Gli chiedo, mentre prendo la sua carta di credito.

«Sì, grazie, Anastasia.»

La sua lingua accarezza il mio nome. Mi sembra di non riuscire a respirare. Infilo rapidamente i suoi acquisti in un sacchetto di plastica.

«Mi chiamerà se vorrà fare il servizio fotografico?»

Ha ripreso l’abituale pragmatismo. Annuisco, senza dire una parola, e gli restituisco la carta di credito.

«Bene. A domani, forse.»

Si volta per andarsene, poi si ferma.

«Ah… e… Anastasia, sono felice che Miss Kavanagh non abbia potuto fare l’intervista.»

Sorride, poi con rinnovata energia si dirige fuori dal negozio, facendo penzolare il sacchetto dalla spalla e lasciandomi tremante e in balia di una tempesta ormonale. Prima di tornare sulla terra passo diversi minuti a fissare la porta da cui è uscito. “E va bene… mi piace.” Ecco, dentro di me l’ho ammesso. Non posso continuare a negare i miei sentimenti. Non mi sono mai sentita così. Lo trovo attraente, molto attraente. Ma è una causa persa, lo so, e sospiro con un rimpianto dolceamaro. La sua venuta qui è stata solo una coincidenza. Comunque, posso sempre ammirarlo da lontano, no? Non può certo farmi male. E se trovo un fotografo, domani potrò ammirarlo meglio. A quel pensiero, mi mordo il labbro e mi sorprendo a ridere tra me e me come una scolaretta. Devo chiamare Kate e organizzare il servizio fotografico.
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Ciao a tutti! Sono riuscita finalmente a pubblicare anche il secondo capitolo. Già nel primo capitolo ho ricevuto 80 visite e ciò mi fa davvero felice, spero che il numero presto aumenti. Ringrazio anche le persone che hanno lasciato una recensione. A presto!

Recensore Junior
28/11/14, ore 02:54
Cap. 1:

.
 
«Grazie per l’intervista, Mr Bieber.»
 
«È stato un piacere»
 
Dice lui, educato come al solito. Mentre mi alzo, mi tende la mano.
 
«Alla prossima, Miss Steele.»
 
Non sono sicura se suoni come una sfida, o una minaccia. Aggrotto la fronte. Quando mai ci incontreremo di nuovo? Gli stringo la mano, stupefatta di sentire ancora quella strana scossa. Devono essere i miei nervi.
 
«Mr Bieber.»
 
Gli faccio un cenno di saluto. Con grazia atletica lui va alla porta e la spalanca.
 
«Solo per assicurarmi che la oltrepassi indenne, Miss Steele.»
 
Mi fa un piccolo sorriso. Naturalmente, allude al mio ingresso non proprio trionfale. Arrossisco.
 
«È molto premuroso da parte sua, Mr Bieber!»
 
Esclamo, e il suo sorriso si allarga. “Mi fa piacere che tu mi trovi buffa” Lo fulmino dentro di me, tornando nell’atrio. Sono sorpresa di vedere che mi segue. Andrea e Olivia alzano entrambe gli occhi, ugualmente sorprese.
 
«Ha un soprabito?»
 
Chiede Bieber.
 
«Una giacca.»
 
Olivia balza in piedi e va a recuperarla. Bieber gliela strappa di mano prima che possa consegnarmela. La tiene sollevata davanti a me e io me la infilo, vergognandomi da morire. Lui mi posa un istante le
mani sulle spalle, facendomi sussultare. Se nota la mia reazione, non lo dà a vedere. Chiama l’ascensore e restiamo entrambi in attesa: io sulle spine, lui freddo e controllato. Le porte dell’ascensore si aprono e io sfreccio dentro, ansiosa di scappare. “Ho davvero bisogno di andarmene da qui.” Quando mi giro verso di lui, mi sta osservando, appoggiato alla parete con
una mano. È davvero molto, molto bello. La cosa mi inquieta.
 
«Anastasia»
 
Dice, a mo’ di saluto.
 
«Justin»
 
Replico. E, per fortuna, le porte si chiudono.

  ______________________________________________________________________________________________ Ciao a tutti!! Questa è la mia prima storia che pubblico qua su EFP, che poi in realtà non è nemmeno mia :'). Non ho molto da dire, volevo solo specificare il fatto che questa storia non l'ho rubata, sequestrata o tutto ciò che volete :') ma ho soltanto cambiato il personaggio in Justin Bieber al posto di Christian Grey in Cinquanta sfumature di grigio. Ciao a presto

Recensore Junior
28/11/14, ore 02:53
Cap. 7:

Capitolo stupendo non vedo l'ora di leggere il prossimo, ad esere sincera nel film vorrei che ci fosse veramente Justin, sarebbe un sogno. Ci andrei tutti i giorni a vederlo , ti rigrazio moltissimo perché tu abbia deciso di scrivere questa fanfiction , io non la trovavo da nessuna parte



(P.s per farti aumentare le recensioni ho fatto un po di copia e in colla)

Recensore Junior
22/11/14, ore 22:41
Cap. 6:

Bellissimo il capitolooooo!!! non vedo l‘ ora di scoprire cosa c‘ è in quella stanza e cosa faranno justin e Anastasia!!!Continua prestooo!!!

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