Questa scandisce molto bene il concetto che ho espresso anche nella prima recensione.
Le tue storie mi ricordano quelle dei vecchi indiani d'america.
Storie legate alla terra e all'uomo.
Ma queste sono immensamente più tristi, più crude, ma più vicine alla realtà che ci si prospetta.
Figli esuli di un mondo che non ci vuole più.
Figli indegni, pronti a lasciare tutto pur di avere la nostra fetta, e tornare con la coda fra le gambe quando abbiamo sperperato tutto ai 4 venti, neanche fossimo figliol prodighi.
E così, le tue storie raccontano di una vita dura e aspra, ma sincera fino al midollo. Forse è per questo che sento un senso immenso di malinconia e tristezza alla fine di ogni lettura. |