Recensioni per
Arms. Di battaglie e di memorie
di avalon9

Questa storia ha ottenuto 37 recensioni.
Positive : 37
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
02/05/18, ore 14:12
Cap. 4:

Shura è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto di Saint Seiya. C'è qualcosa di dannatamente complesso e meraviglioso nella sua parabola esistenziale. E' il paradosso del suo gesto. Uccide Aiolos, il modello. L'ingiustizia nell'atto di giustizia, il peccato nel gesto di fede. E' questa, la sua condanna. Vivere una vita nell'illusione di servire una dea che si rivela in carne e ossa ai suoi occhi, ma lui è troppo cieco per riconoscere.

Recensore Master
02/05/18, ore 14:06
Cap. 3:

Quando l’uomo viene al mondo, le sue mani sono chiuse, come per dire: il mondo intero è mio, voglio tenerlo per me. Quando lascia il mondo, le sue mani sono aperte, come per dire: non ho conservato niente di ciò che esiste in questo mondo.

Quanto è vero. Mi piace il tuo modo - personalissimo e originale - di ricamare nuovi significati sui personaggi di Saint Seiya. Nelle tue mani sono come musica. Le note sono sempre sette, ma capaci di creare infinite combinazioni musicali. Lo stesso è per te con Saint Seiya. Questa non è una delle mie drabble preferite, devo ammettere. Ma ha qualcosa di evocativo che comunque mi cattura. Complimenti vivissimi!
S.

Recensore Master
18/03/18, ore 16:26
Cap. 2:

Ho riletto la tua drabble due volte per carpirne fino in fondo il messaggio. Forse tu non ne sarai soddisfatta fino in fondo (e chi, di noi autori, lo è mai del tutto delle proprie produzioni? Io no di certo), ma dal punto di vista del lettore questo cammeo funziona, eccome! Ci sono una sacralità e un senso di eterno che pervadono ogni riga del tuo racconto. Molti i contrasti, spesso evidenziati dall'uso del corsivo, che richiamano l'attenzione del lettore sui concetti giustapposti che vuoi rappresentare. La fragilità e la forza, l'umano e il divino, la produzione (le mani) e la distruzione (le armi). Il punto di vista di Atena/Saori, con la (ri)presa di coscienza della propria natura divina è molto originale e maledettamente ben descritto. WOW, sei veramente brava. Chapeau!
S.

Recensore Master
18/03/18, ore 16:03
Cap. 1:

Eccomi anche qui. Leggo con estremo interesse questo tuo progetto, al quale mi avvicino mentre è già in corso. Avendo avuto modo di leggere altri tuoi scritti in questo fandom ho aspettative molto elevate. Sono certa che saprai superarle. I Santi d'oro sono tema sensibile. Dodici segni e dodici caratteri. Ognuno di noi ha i suoi preferiti. Fremo all'idea di leggere la tua resa dei miei.
A presto!
S.
(Recensione modificata il 18/03/2018 - 04:05 pm)

Recensore Veterano
22/02/18, ore 20:04

Mi era mancata, questa raccolta. Dopo tanto tempo, torno a fare un giro su EFP, e proprio nei giorni in cui ricomincio a leggere qualcosa, trovo un tuo aggiornamento. E che aggiornamento! Ripeterti quanto ami il tuo stile - e questa sua evoluzione "smaliziata" e diretta me lo fa apprezzare ancor di più - sarebbe ridondante. Death Mask non è solo il Cavaliere d'Oro che semina morte e distruzione, ma è Angelo, un bambino con le mani così grandi da poter accogliere in esse il cielo; è il ritratto di un bimbo, poi uomo, che ha appreso il peso della violenza lì dove la sua vita è iniziata. Ma in questa drabble c'è posto anche per la dolcezza, che a quella violenza si mescola in un quadro dipinto con le parole, che profuma, nella mia testa, di limoni siciliani, di sole, e di cielo azzurro. Come sempre, i miei complimenti!

Recensore Master
19/02/18, ore 16:07

Le mani. Le chele. E sì che vuoi prendere il cielo con quelle mani - con quelle chele - che si devono temere e baciare, insegno di riverenza. Che punti a volere che siano le tua, quella da vasari con una ferinità così simile alle distese di sabbia, muretti a secco e fichi d'India che crescono lungo la strada, fregandosene di tutto e tutti.
Le mani sono così dolorosamente materiali che fanno terra, fanno lavoro, fanno sudore, e fanno sì che Death Mask - il tuo Death Mask - si infili nella raccolta a modo suo: sfacciato, ferino, sfrontato. Quello che fa la voce grossa, che mena per primo per menare due volte, che abbaia, con la speranza di sembrare più grande. Che è più testardo di un calabrese, come si direbbe giù, e contorto come un olivo saraceno. Ma è lì, davanti agli occhi di Saro, ché ne intuisce il potenziale, vedendo più in là degli altri cani con cui Angelo ha avuto a che fare sino al suo arrivo.
Death Mask non è un personaggio facile, nossignore; ma tu riesci a renderlo deliziosamente strafottente, conscio di essere un pupi tra altri pupi, per citarti, sì; ma il pupo con la più bella corazza di tutta palermo, mica pizza e fichi.

Bentornata.
E anche se il tuo ritorno sarà breve, aspetterò.
O ti verrò a cercare, prima o poi, ché l'acqua sa essere paziente, sì; ma anche una gran seccatura, alle volte.

Recensore Master
24/01/18, ore 15:11
Cap. 7:

La terra che accoglie. A pensarci, solo la terra può accogliere, ché accogliere significa sì inglobare in noi, ma col presupposto che poi, ciò che abbiamo inglobato, lo si renda al mondo, un po' come fa la conchiglia che non si chiude su se stessa, ma protegge il paguro; e come fa la terra, che accoglie il seme e lo trattiene sino a quando non diventerà una piantina che sbucherà dal terreno per godere la luce del sole.
Aldebaran è un bel personaggio, c'è scritto così poco su di lui ché puoi permetterti di partire alla scoperta di un territorio sconosciuto e inesplorato, nemmeno stessimo cercando la sorgenti del Nilo...

Ora, io lo so che questa storia è in gestazione da tempo, e lo so che è brutto e antipatico andare a chiedere se, per caso, casomai, ché ognuno ha i suoi tempi, i suoi spazi e le sue necessità. Ma io so. So perché ho visto - ho sbirciato - alla greca proprio, e se la mia curiosità non sarà soddisfatta, non ne morirò (non siamo melodrammatici, suvvia), ma mi sembrerà che mi manchi qualcosa. Un pezzetto, un tassello, un frammento di vetro azzurro attraverso cui guardare il mondo con gli occhi del nostro siciliano del cuore.
Mi rimetto alla tua gentilezza.

Recensore Master
24/01/18, ore 14:52
Cap. 6:

Le altalene linguistiche mi spiazzano, e forse è questo che volevi rendere, lo sfasamento da un sistema linguistico all'altro. In che lingua pensi, tu? Camus, in fracese, di quel francese duro e aspro che profuma di alghe della Bretagna (ho un piccolo vuoto di memoria: era bretone, il tuo Camus, n'est-ce pas?), ma quando finisci in una realtà diversa dalla tua, dove la lingua, i costumi e le abitudini sono diverse, penserai in francese, ma arricchirai un altro vocabolario, ché il samovar non ha corrispettivi: sì, è una specie di teiera, ma è assimilabile alle teiere che portiamo in tavola per il tè delle cinque, quelle di più o meno pregiata porcellana bianca a fiorellini blu. E il blu: per un francese il blu è il cielo, o il mare, dipende da dov'è che si vive; ma qui, in Siberia, il blu è quello delle mani livide e delle labbra violacee. E fa paura. E non è più un luogo che ti abbraccia colla sua serenità, ma profuma di freddo.
E sì, ancora una volta, Camus ha una freddezza costruita a tavolino, per abbracciare quel ghiaccio eterno di cui dovrà diventare signore. Si combatte il fuoco col fuoco, e il ghiaccio col ghiaccio, no?

Recensore Master
24/01/18, ore 14:38

Shaka non parla, Shaka è gesto che si fa parola
Sì, sì, sì!
Sì, sant'Iddio, sì!
Se Shaka è difficile da rendere - troppe cose, tutte assieme: è Santo, è Bodhisattva, è Guerriero, è Silenzio - tu ci sei riuscita mirabilmente, ché l'iconografia è la lingua degli incolti. L'iconografia parla a tutti, ché i gesti, quando impari a decodificarli, sono gli stessi, sia che tu parli hindi, sia che tu parli svedese, francese o tedesco. O farsi. Ed è nel silenzio che si impara la misura dei gesti, il loro valore, la loro potenza. Nel silenzio di un gesto che, da solo, vale più di mille parole.

Recensore Master
24/01/18, ore 14:31
Cap. 4:

La Spagna è terra di sangue, e terra, e sudore e orgoglio. Tanto orgoglio. E l'orgoglio, quando è eccessivo, acceca, ci scombussola, mischia le carte in tavola come fanno i giocatori per le strade, con le carte segnate e i complici che alleggeriscono gli incauti dei loro portafogli. E per strada siamo, in tempo di fiera - in quel caos che è Pamplona, quando la voglia di vivere e di ridere in faccia alla morte corre per le stradine inseguita da una mandria di tori liberati - tra le mani di una chiromante che legge il nostro futuro.
Una linea spezzata che richiama indubbiamente a Corto Maltese; se non sapessi del tuo amore per il marinaio, l'avrei comunque riconosciuto nelle ombre di questo piccolo capolavoro.
No, non sono di parte. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.
Shura è spezzato, sissignore, così come spezzata è la linea della vita di Corto; la differenza sta nel fatto che, se entrambi la interrompono colle proprie mani - una che impugna un coltello, e l'altra che è una spada - Corto lo fa volontariamente, in balia di quell'orgoglio che ti fa andare avanti a testa alta; Shura no. Shura comprendo solo dopo anni che il suo gesto ha spezzato se stesso senza che questa fosse la sua, di volontà. Ecco perché uno è spezzato e l'altro, ahimé, in frammenti.

Recensore Master
24/01/18, ore 14:20
Cap. 3:

Dici che la scelta è macchinosa; forse, ma tu sei stata bravissima a non renderla tale. Un conto è la genesi di un'idea, che può essere elaborata quanto il seguire passo passo la ricetta del soufflé; un altro paio di maniche è la sua realizzazione, e tu qui hai saputo mettere tutti gli ingredienti dosandoli con sapienza, a colpi di pennellate, incisive ma delicate al tempo stesso.
Ci vuole coraggio, a vivere e a morire, e il tuo punto di vista sul sacrificio di Aiolos è più che condivisibile. Anzi, è una di quelle idee che se ne restano lì, buttate sul fondo della coscienza perché ci fanno troppa paura, ché a pensare che un ragazzino di quattordici anni sia andato incontro alla morte, ti tremano le vene dei polsi. Lasciar andare se stessi è l'ultima prova che ci capiterà in quest'esistenza, ché, non neghiamolo, alla vita siamo tutti attaccati, colle unghie e coi denti, anche oltre l'umana decenza; anche quando siamo stanchi, spossati, esausti e ci fa male anche solo pensare, restiamo aggrappati a quest'esistenza perché è l'unica e la sola che conosciamo.
Quando dovremo andare dall'altra parte - ammesso che esista, questa benedetta altra parte - ci dovremo addentrare per un sentiero sconosciuto, da soli, senza il conforto né delle nostre armi - quel tendine teso, pronto a falcidiare il nemico - né delle mani di un fratellino o della bambina per cui stiamo donando, la nostra vita.

Recensore Master
24/01/18, ore 14:06
Cap. 2:

Eccola qui, la tua Anissa, la tua personalissima firma - la tua zampata, potremmo dire - che fa sì che ci si senta subito a casa, come quando vai a trovare un caro amico e ritrovi quella nicchia.
C'è un senso quasi paterno, nel Sacerdote che assiste all'evento impassibile, e pensa alla dea come ad una bambina; forse anche per lui è ancora solo una bambina, forse anche Sion deve abituarsi all'idea. Ma il suo primo pensiero, mentre le sue mani (che sono armi) afferrano quelle della bambina (che forse, lo sono ancor di più delle sue) è far sì che lei non pianga.
C'è un amore che trasuda dalla maschera inespressiva. Tutto, per lei.
Ma quello che mi ha sinceramente ammaliato è stata la presa di coscienza della bambina, o meglio: la percezione del cosmo di Athena che s'è fatto carne e sangue e ha ripreso a fare i conti con quelle sensazioni che non ricordava, o che forse aveva rimosso: il calore, la vista, la pelle - leggera e pesante allo stesso tempo - qualcosa di diverso, qualcosa che prima non c'era, e adesso c'è. Quasi fosse un gioco di prestigio.

Recensore Master
24/01/18, ore 13:56
Cap. 1:

Sono arrivata a questa storia tramite il soffio gentile del vento; stavo cercando una cosa su google ed è uscita l'epigrafe come primo risultato. Il primo pensiero è stato io lo sapevo che potevo fidarmi di lei; il secondo, C'è una storia di avalon9 che non ho adocchiato?.
Così, eccomi qui, a fare un pezzetto di strada assieme.
Ogni autore, prima o poi, ci casca nel desiderio di dare il giusto spazio ai Santi che gli sono rimasti nel cuore, ché il Cialtrone butta tutto dentro al frullatore e lo avvia alla massima velocità, senza essersi ricordato di mettere il tappo al bicchiere.
Interessante anche il doppio senso tra il braccio e le armi, ché sì, le mani umane possono imparare a fare qualsiasi cosa - o quasi - ma quelle dei Santi di Athena, no; le loro, che lo vogliano oppure no, sanno solo combattere. Per la dea, certo; ma sempre di combattimento si tratta.
Io salgo a bordo, scippando un passaggio dall'origami della gru che campeggia nella tua pagina autore. Posso?

Recensore Junior
13/05/12, ore 20:07
Cap. 1:

Bella! Una delle mie raccolte preferite di pensieri e emozioni dei Cavalieri! Avevo letto le prime drabble pubblicate sul sito di Shiryu e credo che arrivassero fino a "Brulant". Ottimo stile, perfetto l'uso della lingua, anzi delle lingue, interessanti gli accorgimenti tecnico-linguistici e il significato che hanno, interno alla storia. Davvero un lavoro di pregio!
(Recensione modificata il 13/05/2012 - 08:08 pm)

Recensore Veterano
30/05/10, ore 01:37
Cap. 3:

Dopo aver recensito azzurro, non potevo non lasciare un commentino anche qui.
Mi piace infinitamente, grazie per questo intenso ritratto

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