Dato che ormai ho preso l’abitudine imbarazzante di scrivere recensioni a fanfiction così indietro nel tempo da rendermi ridicola, ho pensato che fosse giunto il momento di recensire anche questa. Perché questa notte alle due (imbarazzante a dir poco)? Perché sono insonne e perché ogni volta che torno indietro a leggere vecchie fanfiction la tua è quella che non manco mai di leggere di nuovo.
Questa storia è perfetta e non è un eufemismo. Sono sei anni almeno che torno a leggerla perché è una di quelle poche storie che non hanno la pretesa di una trama intricata o di intrecci che sono pericolosamente simili a quelli di una telenovela. La storia è semplice, efficace e tremendamente emozionante. Il modo di Sherlock di affidarsi completamente a Watson senior e trovare in lui una figura paterna che sembra mancare nella sua vita, che mi fa già emozionare di per sé, viene decorato con una buona dose di destino, con quel filo invisibile che parte da Sherlock, passa attraverso Chris e finisce con John.
Chris, il giocattolaio per eccellenza che, alla fine dei suoi giorni, sistema i pezzi del puzzle dove dovrebbero essere. Non disturba, a noi lettori, che John non si faccia mai vedere (non è forzata la spiegazione) o che Sherlock non vada mai da Chris se non il 6 gennaio (perché è Sherlock su, è legato alla sua infanzia come nessun altro e le tradizioni sono parte dell’infanzia). Non è inverosimile, anzi, è quanto di più vero possa esserci. Noi come esseri umani ci aggrappiamo al familiare, al consueto, all’abitudine, per riuscire a navigare nell’ imprevedibilità della vita: questo, lo fa anche Sherlock, e lo fa anche John.
Per questo non è forzato il loro incontro, e non è forzato il loro legame, perché si costruisce nelle quinte di ogni incontro tra Sherlock e Chris e, sei stat* bravissim* tu a farlo, viene alimentato dallo stesso Chris. Se la storia fosse stata costruita male, l’incontro tra John e Sherlock non avrebbe avuto la stessa potenza emotiva che ha.
In breve, non è un caso che io ritorni a leggere questa storia ogni anno, quando ho voglia di piangere (è il complimento più alto di cui sono capace)
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