Ciao Ghevurah!
Sono davvero contentissima che tu sia tornata, mi mancavano le tue storie!
Anche questa volta la tua storia è stata una sorpresa, una bellissima e interessantissima sorpresa!
Adoro il modo in cui prendi alcuni momenti del Silmarillion e ne ricavi questi racconti così particolari, profondi e sempre con quella tua abilità stupenda di saper cogliere la prostettiva più insolita, o quella sfaccettatura che fa la differenza.
Io non amo per niente i personaggi di Atarinke e Tyelcormo, anzi proprio li detesto, con quel loro diventare sempre più arrivisti e menefreghisti, fino a mettere da parte persino il giuramento, a cui sono legati e che li lega ai loro fratelli, pur di accaparrarsi un regno in più.
Eppure ho apprezzato tantissimo questo tuo racconto, perché invece di parlare semplicemente di ciò che hanno fatto, delle azioni e delle loro conseguenze, hai parlato di loro. Hai descritto e raccontato Curvo e Tyelko, fino infondo, senza filtri. E questa è una cosa che amo immensamente trovare nelle fan fiction!
La prima parte è stata, per me, quella più dura da leggere: sai quanto io ami profondamente Findarato, quanto sia fermamente convinta che le sue azioni e le sue parole siano sincere e non siano affatto dettate da egoismo o ipocrisia, e vederlo sotto questa luce non è stato affatto piacevole, per me...
Stessa cosa vale per Nargothrond, che io ho sempre immaginato in maniera esattamente opposta: un luogo tranquillo, più sobrio di altre fortezze come per esempio Menegroth, e decisamente non così soffocante.
Ma so che questa è la visione che i due figli di Feanaro hanno di Findarato e della sua fortezza, e so che non potrebbe essere altrimenti. Ora che hanno perso tutto, ora che ciò che pensavano di aver conquistato gli sfugge di mano e si porta dietro anche Tyelperinquar, è ovvio che ogni cosa che riguarda Nargothrond e la memoria del suo re li disgusti e li soffochi, ancora prima di essere costretti ad andarsene.
Hai descritto perfettamente la rabbia di Curufinwe dopo che suo figlio lo ha rinnegato, con quella sua furia fredda pronta a colpire tutti, nessuno escluso.
Ho trovato in linea col personaggio anche il dettaglio dell’avversione di Curvo per il contatto fisico: personalmente penso che in certi contesti non lo detestasse poi tanto, ma sicuramente in una situazione come questa non avrebbe tollerato il contatto con nessuno, nemmeno con Turko che è sempre stato quello a lui più vicino.
Altrettanto mi è piaciuto come hai reso Tyelkormo, che all’inizio, umiliato quanto il fratello, risponde con altrettanta rabbia prima agli insulti di Curvo e poi, soprattutto, alla sua spietata accusa sul suo aver tenuto con se Huan, un legame vivente con i Valar.
Penso che all’inizio i feanorioni, e quindi anche Curvo, non si fossero preoccupati troppo della presenta di Huan, ma ora che proprio quel cane diventa parte della loro disfatta, in Curvo si risvegliano la rabbia e l’amarezza contro i Valar, contro la maledizione di Mandos che li perseguita, e così il grande cane non è più l’amico inseparabile di Turko, ma un nemico, un servo di quella maledizione.
Ma quando anche questo passa, Turko torna a pensare al fratello, ad osservarlo e a preoccuparsi per lui.
Turko è più impetuoso e istintivo del fratello, e la sua ira nei confronti degli abitanti di Nargothrond, per la perdita di Huan e di Luthien si è scatenata subito, e poi si è quietata.
E a quel punto il suo primo pensiero è diventato Curvo, Curvo e tutta la rabbia e il dolore che si porta dentro. E Turko, da bravo cacciatore, inizia prima a sondare il terreno, e poi agisce.
A tutto questo si intrecciano, costanti, i ricordi dell’infanzia e della giovinezza in Aman, mescolandosi al presente quasi di loro spontanea iniziativa, come se Turko non potesse fare nulla per fermarli.
Ho adorato i primi ricordi che rivive Turko: pieni del suo amore per le foreste e degli insegnamenti di Orome (Orome che hai descritto in una maniera incredibilmente suggestiva), ma soprattutto pieni del ricordo dei momenti di gioco con i suoi fratelli più piccoli.
La scena con i gemellini è stupenda, con Moryo che, come suo solito, riesce a fare lo scostante persino in un momento di gioia come quello XD.
Viene spontaneo anche a me associare i gemelli a Turko, forse perché sono tutti e tre cacciatori, per cui non ho faticato a immaginare l’affetto speciale che legava Turko ai piccoli Ambarto e Ambarussa!
Più complessi invece sono i ricordi che riguardano Curvo.
Questo è secondo me il punto in cui dimostri di più la tua capacità di trovare sempre quella prospettiva nuova: non avevo mai pensato a come Turko vivesse la grandissima somiglianza di aspetto, modi e carattere che c’era tra Curvo e Feanaro, ne cosa pensasse dei tentativi di curvo di emulare il padre.
Ho sempre pensato che Atarinke fosse orgogliosissimo di somigliare così tanto a suo padre, di avere ereditato la sua abilità nella forgia tanto da poter lavorare al suo fianco, ma non avevo mai pensato che sperasse di emulare il padre passo passo: immaginavo volesse, come lui, dedicarsi sempre ai talenti che avevano in comune, ma non che, per esempio, desiderasse sposarsi giovanissimo perché così aveva fatto Feanaro.
Eppure in questo contesto questa emulazione silenziosa ma testarda a senso, così come hanno senso i dubbi in merito dei fratelli maggiori, e in particolare l’aperta disapprovazione di Tyelko che, penso, preferirebbe vedere il fratello comportarsi come la persona che è, e non come suo padre, perché semplicemente Curvo non è Feanaro.
A cambiare tutto nella visione di Turko arrivano prima la sposa di Curvo e poi, più importante di tutti, il piccolo Tyelperinquar.
La scena in cui Turko trova il fratello con il figlio sulle ginocchia è, assieme al finale, il momento più dolce di tutta la storia: mi ha commossa lo sguardo con cui Curvo guarda suo figlio e la gioia del piccolo Celebrimbor mentre si fa pettinare dal suo papà!
E alla fine quell’emulazione, se c’era, è sparita difronte al desiderio reale di Curvo di avere una famiglia, e anche Tyelko se ne rende conto, come già aveva iniziato a fare il giorno del matrimonio, quando lui e Curvo si sono a loro modo riconciliati.
Tornando al momento in cui si svolge la storia, mi piace come Turko durante il viaggio si accorga di tutti i piccoli segni che dimostrano quanto faticoso sia quel percorso a piedi per Curvo: Curvo non è abituato al freddo, al lato più ostile della natura, al peso dell’arco sulla schiena... e Turko sa che farà sempre più fatica a mano a mano che il viaggio prosegue.
Eppure il suo tentativo di aiutare è ancora cauto, ancora a distanza, perché è evidente che Curvo non gli concederebbe nulla di più.
E’ nello Himring che la loro unione finalmente ritorna.
Il momento in cui Turko sfoga a modo suo la frustrazione per i rimproveri di Nelyo è la dimostrazione più cruda di ciò che dicevo sopra: lui la sua ira la sfoga sul momento, anche se non l’ho mai immaginato “sfogarsi” in una maniera così brutale.
Credo di aver capito però ciò che questa lotta contro quel lupo bianco significasse per lui: un abbandonare tutto, tutti i pensieri razionali, e affrontare qualcosa di concreto, da pari a pari.
La scena finale è la più intensa di tutta la storia, quella che, alla fine, ha commosso sul serio anche me….
Ho adorato il modo in cui l’hai gestita: Turko che all’inizio si muove, osserva e agisce come un cacciatore, per riuscire a ottenere realmente l’attenzione del fratello e per dimostrargli che non ha intenzione di desistere, questa volta.
Ma poi di quella durezza non c’è più bisogno, e il contatto e gli sguardi cambiano, iniziano a far trapelare tutto l’affetto che Tyelko prova per Curvo e quanto non sopporti di vederlo così.
Ma il momento più bello, quello che davvero mi ha colpita è stato quello in cui Turko decide di abbracciare il fratello non fisicamente, ma attraverso l’osanwe.
Hai descritto in maniera perfetta e intensissima questo scambio di pensieri tra fratelli, la reticenza di Curvo ad aprirsi, e come alla fine cede e si lascia consolare da Tyelko, mostrandogli quanto l’abbandono di quel figlio lo abbia ferito e continui a ferirlo, e non solo (inquietante il ricordo finale che ha Curvo del padre).
E Turko, dal canto suo, pur di fare del suo meglio per alleviare il dolore di Curvo fa di tutto per allontanare dalla propria mente ogni ricordo degli ultimi eventi, ogni traccia di rabbia e di sofferenza, per poter circondare i pensieri del fratello solo con l’affetto che prova per lui, con il suo desiderio di fargli sentire che lui c’è, e ci sarà sempre.
Davvero, non mi era mai capitato di leggere una descrizione così bella dell’osanwe, e ti ringrazio tantissimo per questo!
L’ultimissima scena è stata una sorpresa: pensavo che Turko si sarebbe limitato a un “abbraccio” mentale, e invece no: sente che Curvo ha ancora bisogno di sfogarsi, di piangere, e riesce ad aiutarlo anche in questo.
Penso che Curufinwe, nonostante tutta la sua rabbia e tutti i suoi tentativi di tenere lontano persino Turko, infondo abbia sempre sentito la vicinanza del fratello, ma che, per orgoglio e per la grande sofferenza, abbia voluto decidere lui quando aprirsi del tutto e mostrare quanto abbia bisogno a sua volta del fratello.
Una scena veramente stupenda!
Meraviglioso, Ghevurah, veramente: il modo in cui hai descritto tutte le caratteristiche e le sfaccettature dei due fratelli, le loro differenze di carattere e di atteggiamento, di abilità e di modo di sentire, mostrando allo stesso tempo quanto siano uniti, proprio come li vediamo sempre nel Silmarillion.
Una storia verametne stupenda, piena di dettagli, di particolari interessantissimi e di scene intense, che mi sono davvero rimaste impresse, anche grazie al tuo modo di descrivere, fatto non solo di immagini ma anche di sfumature e di sensazioni, una cosa che amo tantissimo del tuo stile!
Tantissimi complimenti!
Spero davvero di rileggere presto altre tue storie come questa, perché sono veramente stupende!
A prestissimo!
Un bacio,
Tyelemmaiwe
P. S. Ti faccio solo un minuscolo appunto: all’inizio del racconto ti è sfuggito un Norgothrond al posto di Nargothrond. |