Recensioni per
Lamia
di barry_doyle

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
10/08/15, ore 01:25

Se dovessi e potessi accompagnare alla recensione un breve e conciso sottotitolo (un titolo sarebbe considerevolmente più impegnativo) a tirare le fila di "Where is my mind?", vi scalzerei tutti nel Programma recensioni con un micidiale: "Un capitolo che getta una luce intermittente sulla mente di un Tom Riddle ancora moderatamente integro (o quasi) prima che la sua umanità, concetto già alquanto aleatorio nel suo caso, coli a picco nel sospirato tentativo di disseminare in questo mondo gramo brandelli di sé come molliche di pane." Oltre a un palese problema con i sottotitoli, questa considerazione convoglierebbe l'attenzione sulle modalità strutturali, stilistiche e, più in generale, narrative con cui sei riuscito a conferire statura non solo psicologica, ma anche politica a un Tom Riddle sospeso sulla soglia di sé stesso. Inizierei dalle punte di realismo riscontrabili nella conversazione con quello straordinario e vivido essere che è Burke (personaggio che, detto fra noi, sembra aver avuto ben più successo di Tom nello spargere Horcrux al di qua del binario nove e tre quarti, specialmente tra i seguaci di movimenti-che-non-devono-essere-nominati - ma sorvoliamo).
La disarmante lucidità che emerge dalle considerazioni di Tom, per quanto latentemente revanscistiche e populistiche (in breve, per tener fede al manifesto parallelismo proposto da J. K. Rowling, da saltimbanco politico in piena Repubblica di Weimar), ha aperto in me un abisso di terrore che travalica di molto il consueto "È per voialtri ingrati che mi sto sporcando le mani, visto e considerato che sono l'unico qui ad averne il fegato e il discernimento." di lightiana memoria (sì, insomma, semplificato all'osso). L'ho trovato spiazzante e, a suo modo, terrificante, a un livello che definirei prerazionale, "primitivo". Ammetto, inoltre, che mi ha fatto pensare - in maniera alquanto periferica, giusto per autocitarmi - a "La rosa bianca", di cui, a suo tempo, abbiamo apprezzato proprio il carattere demistificatorio e "attualizzante".
Ora, non so se l'effetto che tenterò adesso di rendere sia intenzionale (scommetto di sì), in ogni caso è stato di un impatto formidabile: mentre illustra a Burke la propria visione delle relazioni fra popolo magico e babbano e ne profila con stringente coerenza i margini di miglioramento in fatto di gestione della cosa pubblica e delle dinamiche "interspecie", inframezza alle tesi secondo le quali da parte dei maghi e delle streghe non ci sia alcuna necessità di nascondersi - da cui, a rigor di logica, scaturirebbe un generico "peace and love" in amorevole convivenza con la comunità babbana (certo, dopo il dovuto e non trascurabile "prezzo da pagare") - disinvolti incantesimi di spostamento dirigendo scope (!) e stracci negli angoli più negletti del negozio e sparando, così, in faccia al lettore (questa è perlomeno l'impressione che ho avuto io) svariati fotogrammi a selezione casuale dal neanche troppo vago sapore di pulizia etnica e non, come solo la propaganda dell'ultimo secolo ha saputo fare. Il contrasto fra queste due immagini è violentissimo e, insieme all'avvicendamento finale con i tre strati del sé (sé stesso, per l'appunto, Silente e Aodnhait) è uno degli elementi di maggior interesse di quest'ultimo capitolo, a mio avviso.
Quantomeno a un livello puramente teorico, la lotta per il controllo di sé e la riassunzione della corporeità perduta nell'attraversamento dello specchio (non sfugge l'ironia relativa a un altro specchio, quello che incanterà Harry solo qualche decennio più tardi, seppur per ben altri motivi) darebbe adito a diverse interpretazioni di matrice psicoanalitica in cui, tuttavia, preferirei non arrischiarmi, pur di non irritare l'aspirante Signore Oscuro soffermandomi su quisquilie di sorta giacché, come recentemente appurato, Tom non sembra accordare grande stima alle arti e alle scienze babbane (a meno che non contribuiscano a fornirgli mantelli a volontà, cosa dalla quale paiono essersi volute sinora esimere). Ad ogni modo, trovo notevole nelle battute conclusive il dosaggio di azione e sospensione, non soltanto a livello di "eventi", ma anche stilistico, soprattutto in corrispondenza della terza manifestazione, nel corso dell'attacco del Basilisco e dell'incendio magico, al cospetto di Aodhnait. In realtà ci sto girando attorno sin dall'inizio e... be', devo dirlo? Ho ancora i brividi per l'incontro fra Aodhnait e Tom a Magie Sinister. I singoli movimenti, gli scatti, persino la neutralità (o presunta tale) di determinati gesti celano un abisso (l'ennesimo) di ignoto, dal momento che entrambi risultano a loro modo indecifrabili, pur giovandosi il lettore del punto di vista interno di uno dei due personaggi chiamati in causa, e, al contempo, di tensione nuda, manifesta, quasi sfacciata fra i corpi e le loro rispettive materialità - costantemente in bilico quella di Aodhnait, riconquistata di recente con il fuoco quella di Tom.
Tom, che si scopre a poco a poco, e più cresce, più densa si fa la sua ombra - e con lei il mio oramai smisurato entusiasmo per questa storia.
Alla prossima!
F.
(Recensione modificata il 10/08/2015 - 01:32 am)

Recensore Junior
31/07/15, ore 19:50

Oramai è il tuo terzo capitolo che leggo e comincio a non nutrire più alcun dubbio: le descrizioni sono decisamente il tuo forte. Affrontando l'ardua sfida di una scrittura "sinestetica", che coinvolge suono, movimento e arti figurative in quella spazialità dinamica tipica del mondo magico, sei riuscita a verbalizzare una melodia ricorrendo ai suoi effetti fisici, tattili e, naturalmente, acustici, a partire dal ronzio dei vetri che vibrano all'emissione della prima nota dello Stelo Rosso. Procedendo, hai portato alla luce in poche pennellate una ricca serie di spunti narrativi e iconografici - dall'incantesimo di disillusione a protezione dell'istituto Litschev sino ai preziosissimi dettagli strutturali e compositivi, passando, con un ritmo piacevolmente irregolare, per i brevi ma stringenti cenni ai miti di fondazione del collegio bulgaro. Non passa inosservato, tra l'altro, il mirabile sforzo creativo che hai compiuto per conferire fisicità e identità alla scuola di Sofia e, non da ultima, trovo estremamente originale la ricerca architettonica e figurativa che emerge dalle osservazioni e impressioni di Aodhnait in questa prima parte di capitolo.
Di grande impatto risulta anche la lezione di Divinazione del professor Schatz: coraggiosa, a suo modo, priva di pesantezza nonostante l'ingente quantità di informazioni trasmesse, fluida e nient'affatto cattedratica, valorizzata in particolare da un ritmo confacente all'atmosfera e, al contempo, allo stato psichico della narratrice, la quale, a lungo andare, si colora di toni sempre più ombrosi e "personali" - persino realistici, se si cala la parola in una matrice semantica compatibile con il contesto magico circostante.
L'unica mia perplessità (sorta nel corso della primissima lettura del capitolo) concerne la relazione fra Aodhnait e Marat e, nella fattispecie, il loro primo pomeriggio insieme. Ho avuto l'impressione che accadesse tutto troppo in fretta, in maniera non particolarmente lineare e caotica, per l'appunto. Non va escluso, naturalmente, che si tratti di una scelta intenzionale - che cosa ci nascondete, barry_doyle? - e del tutto coerente con la caratterizzazione del personaggio Marat che, del resto, trovo straordinario e vividissimo. Mi auguro, anzi, che ricopra un ruolo di spicco nella storia - ne varrebbe assolutamente la pena, a mio avviso.
Intanto, attendo il prosieguo e mi congratulo ancora per l'ottimo lavoro svolto finora. Alla prossima!
F.

Recensore Master
28/07/15, ore 20:57
Cap. 1:

Wow, complimenti. Avete un ottima capacità descrittiva, sia di luoghi che di emozioni. Il vostro stile è ricco, ma non in modo eccessivo, è ricco e comprensibile, quel genere che adoro perché mi permette di immedesimarmi nella lettura. Credetemi, più di una volta mi è sembrato di essere in quello scompartimento.
La protagonista femminile ha un nome impronunciabile, ma mi ispira curiosità. Da un lato mi ha ricordato l'Hermione undicenne con la sua supponenza. M'intriga parecchio anchenla figura di Aristides.
E Tom. Wow, lo avete delineato magistralmente, come se fosse un vostro personaggio, senza cadere nell'OOC. Sapevo che era lui, era impossibile sospettare il contrario.
Bravi, si prospetta una lettura originale, ricca e interessante.

Recensore Junior
19/07/15, ore 11:50

Rieccomi qui, dopo anni di strenua latitanza, a scrivere una recensione - e non solo! - in merito a una fanfiction eccellente, una specie di unicum nell'enorme e affollato parco giochi (giusto per non risultare offensiva nei confronti delle colleghe sin dai primi due righi - v. sotto) della categoria "Harry Potter".
Ebbene, del primo capitolo abbiamo già discusso esaurientemente, credo, e, se non ricordo male, parte della nostra chiacchierata verteva sul POV - quello straordinariamente vivido di Miss Morrigan e, nel capitolo che tento qui di recensire, quello di Riddle, dominato da un sarcasmo disarmante, lucido e, al contempo, britannicamente annoiato (sì, ho appena scritto "britannicamente", preparami una pira). Si tratta in entrambi i casi di punti di vista interni e in prima persona molto convincenti e ben articolati. Ancor più sorprendente, tuttavia, ho trovato la terza persona in apertura del secondo capitolo che, devo confessare, prima di leggere il prosieguo, credevo provenisse non da un'entità onnisciente o da un "personaggio osservante" propriamente detto, bensì da "qualcosa" di concreto, presente, sì, ma incapace di scrutare la scena nella sua interezza, di coglierla a 360°, senza approssimazioni, macchie bianche e parzialità. Un punto di vista interno, insomma, come appartenente a un oggetto calato nella spazialità dello scompartimento e non privo di una propria individualità, seppur, appunto, oggettuale (in principio ho pensato persino al finestrino, memore dei tuoi numerosi esperimenti in tal senso - l'insetto di Cr., per dirne una).
Comunque sia, senz'altro "la prospettiva esterna è d'aiuto", per citare Riddle, e l'effetto che sortisce è di grande impatto - lo stesso che, incidentalmente, attribuirei anche alle descrizioni e alle variazioni stilistiche riscontrabili in questo e nel precedente capitolo. A tal proposito, sarei lieta di spendere qualche parola proprio in merito allo stile, del tutto in linea, a mio avviso, con il modus scribendi di Mrs Rowling, in termini tanto linguistici quanto caratteriali, senza che ciò mini l'originalità della tua espressione. Del resto, ritengo personalmente che la sfasatura più comune (ma non necessariamente opinabile - sarebbe alquanto ipocrita da parte mia sguainare la spada in un tale contesto, dal momento che dell'"out of..." sono una specie di portabandiera) in una fanfiction non attenga tanto ai personaggi (il beneamato "out of character"), quanto, piuttosto, all'uniformità stilistica (chiamiamolo pure "out of style"). In diversi momenti del capitolo ti sei, invece, mostrata "fedele" al punto giusto alla tua percezione dell'universo di Harry Potter - penso in primo luogo al dialogo fra Riddle e il povero Brian (a.k.a. "desperate housewife") - manifestando un'uniformità stilistica per me nuova e di grande, grande interesse.
Non posso che ringraziare ancora una volta per aver pubblicato la storia, un barlume di buon senso in questo scarno paesaggio di freak stories (nel senso più disagiante del termine).
Alla prossima!
F.