Grazie per l’omaggio, cara, anche se, più che alla trilogia “Principio-passione-ed orgoglio”, mi ha richiamato alla mente “Porno e cioccolata calda”, la quale, ambientata poco dopo la fine del torneo contro Cell, si dipana tra l’apatia del saiyan ed i tentativi di Bulma di coinvolgerlo in una quotidianità qualunque.
Con la differenza che - nella suddetta - il sapore e la vista del sangue erano generati da uno stuzzicadenti e da una bottiglia di vino rovesciata a terra, nell’ambito di una descrizione equivoca, fatta apposta per confondere il lettore e far presagire il peggio.
Nella tua storia, invece - che ha un’autonomia tutta sua, sia chiaro - Vegeta pare avere veramente voglia di procurarsi del male, tanto forte è il suo malessere.
“…Non aveva espressione. La bocca, abitualmente contrita o comunque scocciata e sprezzante, pareva ora una anonima linea sul volto, disegnata svogliatamente da un pigro illustratore. Lo sguardo, da sempre ardente e magnetico, era ora un buco nero immobile, incapace di inghiottire o restituire alla vita tutto ciò che gli stava attorno. La postura intera, usualmente ben diritta e fiera, s'era trasformata in un informe stravaccamento; le spalle appena ricurve, le braccia lasciate cadere oltre i braccioli della poltrona con noncuranza...”.
Una narrazione analitica e perfetta per raccontare di questo Vegeta depresso, che nel vuoto e nella noia più assoluta si ritrova a giocherellare - si fa per dire – con i mikado.
Altro che “pigro illustratore”, tu sei ben altro!
Ho molto apprezzato l’introduzione, che gioca sul rapporto odio/amore non tra il saiyan e la scienziata – come ci si aspetterebbe - ma tra Vegeta e… niente di meno che una poltrona di velluto.
Quel “…sinceramente…”, sul finale, è veramente ben messo e la domanda di Vegeta è una di quelle esistenziali da far aprire un capitolo a parte.
La parola “fine”, poco più in basso, già da sola e tutta in nero, con la concisione di un manifesto funebre, dà una risposta più che soddisfacente.
Complimenti!
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