Recensioni per
Tu sei per me il coltello
di TheSecretLifeOfDaydreams

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
07/10/15, ore 16:58

Parto dall’ultima frase (“…Adesso c'è Sherlock Holmes…”) perché è quella che mi ha scosso, come il tocco deciso di una mano sulla spalla, facendomi riaffiorare lucidamente dalla compiaciuta marea di commozione che mi aveva suscitato la lettura e che ha rafforzato la mia impressione di aver davanti un’ottima, rara FF. L’argomento lo credevo ormai sviscerato in tutte le sue possibili implicazioni, quindi la sorpresa piacevole è stata netta. Ho avuto, alla fine, la conferma che hai scritto con equilibrio ed eleganza su un tema che avrebbe potuto facilitare lo scivolamento nello scontato, nel dolciastro di scene alquanto improbabili, visti, soprattutto, l’enigma del cuore di Sh e la sua complessa personalità. Siamo in pieno “angst”, in quel paesaggio desolato che è l’animo di John perso nel vuoto assordante della sua vita dell’immediato post-Reichenbach, in cui l’unica traccia sensibile dell’esistenza di Holmes è una lapide nera, insensibile alle lacrime e al dolore di chi si è pentito di ciò che non è stato mai detto.
E’ un John composto, su cui la sofferenza ha steso come una pesante coperta che soffoca le reazioni più incontrollate ed inutili. Inutile piangere ed arrabbiarsi, ciò non avrebbe riportato in vita Sh. Ma, all’improvviso, la sensazione che qualcosa sia cambiato e che ci sia qualcuno nella stanza al 221b irrompe prepotentemente e lo fa volare su per i famosi tredici gradini. Poi, la luce abbagliante nel silenzio e nella musicalità di quella frase che lo libera dalle sue catene (“…Ti stavo aspettando, John…”). Hai scritto un pezzo veramente valido, con efficaci sconfinamenti nel linguaggio poetico che, personalmente, ho apprezzato tanto e, soprattutto, hai fatto in modo che il colpo di scena finale fosse senza sbrodolature sentimentali poco credibili. Voglio citare alcune frasi che mi hanno particolarmente colpito per la loro originale espressività:
“…per raccogliere tutte le briciole di anima che ha perso…stretti in pugno i suoi ultimi respiri… il cuore dell'uomo è il paese più straziato… pulsa estasi nelle vene…due occhi stellati che sembrano una notte di Van Gogh…”

Recensore Master
04/10/15, ore 20:59

Se dovessi descrivere questa storia con una sola parola, direi che è poesia. Poesia pura. Sono vivamente impressionata dalla delicatezza dello stile e dall'accortezza delle parole che hai utilizzato, tutte ben calibrate a ritrarre questo straordinario John Watson in un dopo Reichenbach che, incredibilmente, riesce ancora a stupire se messo nelle giuste mani. Quando pensi che certi argomenti siano ormai triti, ritriti e che non possano fare altro se non annoiarti, ecco che arriva un nuovo autore a raccontarti il suo Reichenbach. In un modo straordinario, drammatico nei sentimenti che sei magistralmente capace di tirare fuori. In questo dolore di John che è quasi straziante ed enormemente violento.

Confesso di aver commesso l'errore di aprire senza leggere tutta l'introduzione fino in fondo. Pertanto ero sicura che il significato della storia fosse quello di creare un John Watson talmente distrutto dal dolore per la perdita di Sherlock, che impazzisce letteralmente, finendo quindi col mescolare i sogni con quella che è la realtà. Creandosi, di fatto, una sua illusoria vita parallela in cui Sherlock torna a casa e non è morto. Poi invece ho letto quello che dici nell'intro ovvero che Sherlock è tornato veramente, in un modo diverso e di sicuro dalle parvenze molto meno comiche di quanto lo abbiamo visto (perché anche lì, c'era un universo di cose sotto che... va beh!). Per certi versi è decisamente molto più liberatorio il fatto che sia tornato per davvero. Mi ha tirato via un peso, lo giuro.

Tornando a John. Mi ha colpita il modo con cui lo hai descritto. Ne ho visti tanti di John Watson e molti ben poco convincenti, ma questo stupisce perché ha una sfaccettatura che non mi aspettavo. In pratica è come se ci calassi in una Baker Street statica nel tempo. Che sembra non essere mai andata avanti negli anni, ma che pare sia stata congelata quel giorno del volo dal tetto del Barts. Amo i parallelismi e qui non lo si può non notare. C'è una staticità nelle stanze che ci descrivi, nel modo in cui le inframezzi ai ricordi di John di quel giorno maledetto, e non si può non cogliere la similitudine. Il fatto che, così come il 221b si è cristallizzato, così ha fatto anche il cuore di John. Parallelismo intelligente, commuovente ed immensamente drammatico che hai decritto, appunto, con tutta la poesia di questo mondo. In questo ho visto tutta la devozione, la meraviglia, lo stupore e l'attaccamento che John provava per Sherlock.

L'entrata in scena di Sherlock è quasi muta. Lui dice solo una frase, e forse è questa battuta che mi ha tratto in inganno la prima volta che ho letto la storia, perché ero sicura che quella fosse la follia di John. Ed invece era esattamente lui, che torna a casa dopo essere morto e che risorge presentandosi senza troppi fronzoli, senza tante parole, ma solo dicendo la pura e più sincera verità: "ti stavo aspettando, John". Ed è assolutamente così. Sherlock è quasi spietato nel modo in cui gli si presenta, non indora la pillola, non fa di tutto per addolcire l'incontro quasi non gliene fregasse un bel niente di rendere le cose più soft. Da una sola frase lo percepiamo quasi come immensamente egoistico, vuole vedere John e va a Baker Street. Punto. Non fa nient'altro, non maschera i propri sentimenti con quell'ironia falsa che utilizza nella serie, che non riesce a nascondere il terrore di rivedere John e di essere detestato da lui. Qui è sfacciato, plateale (perché Sherlock Holmes lo è molto spesso) eppure l'ho trovato estremamente più semplice e meno macchinoso, soprattutto nella maniera che ha di affrontare i suoi sentimenti ed emozioni. Sherlock non c'è quasi in questa storia, filtra dalle parole e dai ricordi di John, ma sembra più che altro un concetto astratto. Suona vagamente di amore perduto, ma non si sa bene che amore sia. Il concetto sembra molto generico per certi versi. Solo alla fine arriva e diventa reale. E basta una singola frase, e dice tutto. Su chi è. Su cosa prova, eccetera, eccetera, eccetera...

Complimenti. Davvero tanti complimenti. La storia finisce tra le mie preferite perché merita davvero e spero venga recensita.
Koa


Ps. Ora come ora sono colta da un dubbio... ho la sensazione di aver sbagliato quella che era la tua intenzione per questa storia... non è che John si suicida e il "coltello" del titolo rappresenta l'estremo gesto? *dubbiosa* la devo rileggere questa storia...
(Recensione modificata il 04/10/2015 - 09:20 pm)

Recensore Veterano
03/10/15, ore 21:54

Questa è poesia. Incanto. Una carezza che per arrivare al cuore deve prima aprire ferite nella carne. Bellissima storia, incantevole capacità di raccontare. Non ho altre parole.